Neuroanatomia (PG)

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Neuroanatomia del professor Donato (neurologo)

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Il sistema nervoso (S.N.) è il sistema più nobile che abbiamo in quanto senza questo sistema non riusciremmo a percepire la realtà esterna, a programmare ed eseguire movimenti, ad avere una vita di relazione, né a regolare la funzione dei visceri. Da un punto di vista anatomico possiamo dividere il S.N. in due parti topografiche. -IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE (S.N.C.) -IL SISTEMA NERVOSO PERFIERICO (S.N.P.) Il SNC è posto dentro una teca ossea costituita da neurocranio e canale vertebrale, mentre il SNP è quella parte di SN che si trova al di fuori della teca. Queste due parti sono in ogni modo connesse sia anatomicamente sia funzionalmente. Da un punto di vista funzionale possiamo ancora dividere il SN in due parti: -IL SISTEMA NERVOSO SOMATICO -IL SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO O AUTONOMO Il SN somatico è quella parte di SN (centrale o periferico) che ha a che fare con il soma in senso lato, dove per soma intendiamo i muscoli scheletrici, la cute e la mucosa vicino alla cute. Il SN vegetativo è quella parte di SN (centrale o periferico) che ha la funzione di regolare e controllare la funzione dei visceri.Tale sistema è autonomo fino ad un certo punto in quanto studieremo strutture centrali in grado di controllare tale sistema. Se volessimo rappresentare il meccanismo alla base dell’anatomia e fisiologia del SN somatico potremmo pensare ad un circuito costituito da un interruttore collegato ad una lampadina: ogni volta che pigiamo l’interruttore la lampadina si accende in modo stereotipo ossia costante possiamo schematizzare tale circuito come segue:

Nel SN l’interruttore , per convenzione internazionale viene rappresentato come segue:

1 dendrite assone PERIFERIA SNC 2 3

direzione dell’impulso---->

dove l’elemento nero e’ l’interruttore e il rosso la lampadina

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dove l’1 è il pirenoforo o corpo cellulare di un neurone a cui segue un prolungamento (che non è ne assone ne dendrite) il quale, dopo un brevissimo tragitto si divide a “T” per dare due branche: la branca 2 va in periferia e tale branca e’ un dendrite in quanto l’impulso elettrico viaggia verso “verso” il soma, cioè in direzione centripeta; La branca 3 che va verso il SNC e tale branca è un assone perché porta l’impulso lontano dal pirenoforo. Fin’ora abbiamo descritto l’interruttore e la lampadina, tale circuito monosinaptico ossia con una sola sinapsi tra neurone sensitivo e neurone motore (cioè tra interruttore e lampadina) si chiama anche BASE ANATOMICA DELL’ARCO RIFLESSO SEMPLICE.E’ detto “base anatomica” perché possiamo apprezzarlo con il microscopio, misurare le proprietà elettriche, “arco” perché è un arco; “semplice” perché è coinvolta solo una sinapsi; “riflesso” in neuroanatomia significa che ad una cosa (stimolo) consegue un effetto in maniera stereotipa. Noi uomini abbiamo gli archi riflessi semplici ma in genere abbiamo circuiti più complessi. Sempre rifacendoci all’esempio della lampadina è possibile modulare l’intensità di luce introducendo nel circuito un reostato. Allo stesso modo è possibile modulare una risposta introducendo tra neurone sensitivo e neurone motore uno o più neuroni.

Moltiplicato all’ennesima potenza questo è quello che abbiamo nel nostro SNC, un sistema complicato ma che regola il rapporto tra neurone sensitivo e neurone effettore,tale per cui noi siamo caratterizzati da una gamma vastissima di movimenti possibili. Quindi la possibilità di modulare risposte è proporzionale alla complessità del sistema che regola il passaggio dell’ informazione dal neurone sensitivo al neurone motore, ossia dal sensore all’effettore. Questo modulo si ripete dovunque nel SN e raggiunge la massima complessità nell’encefalo.

MUSCOLO

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COSTITUZIONE ANATOMICA DEL SNC Il SNC è costituito dall’encefalo che è contenuto nel neurocranio e, in continuazione nel canale vertebrale, il Midollo Spinale. A sua volta l’Encefalo è costituito da: TRONCO DELL’ENCEFALO DIENCEFALO TELENCEFALO CERVELLETTO Il tronco dell’encefalo è posto cranialmente al midollo spinale. Esso si continua ancora più cranialmente e verso l’avanti con il diencefalo. Quest’ultimo è nascosto quasi totalmente trovandosi dentro al telencefalo. Dietro al tronco è posizionato il cervelletto. Tutte queste strutture sono pari, ossia sono costituite da due metà simmetriche. Nel telencefalo è presente una scissione molto profonda che va dal davanti all’indietro, detta scissura INTEREMISFERICA, la quale separa il telencefalo in due emisferi; un emisfero di destra e uno di sinistra. Il Tronco dell’encefalo è a sua volta suddivisibile in tre parti: - BULBO (o midollo allungato) che rappresenta la continuazione craniale del midollo spinale - PONTE - MESENCEFALO Il midollo spinale è unito al tronco il quale è unito al diencefalo, il quale è unito al telencefalo. Ma anche il cervelletto è strettamente connesso al tronco dell’encefali. Altro punto importante è che il telencefalo ha una “buccia” detta corteccia.In particolare la corteccia degli emisferi cerebrali si chiama CORTECCIA CEREBRALE, mentre quella del cervelletto è detta CORTECCIA CEREBELLARE. Se osserviamo il telencefalo alla sua superficie, durante il suo sviluppo,vediamo che, passando dalla ventunesima settimana di vita intrauterina alla quarantesima settimana (termine della gravidanza), il telencefalo aumenta progressivamente di massa e che nella superficie telencefalica vengono via via a crearsi solchi profondi e solchi meno profondi che assumono un ben determinato ordine. I solchi più profondi sono delle SCISSURE mentre quelli meno profondi sono dette semplicemente SOLCHI. Lo spazio di corteccia compreso tra due solchi o tra un solco e una scissura prende il nome di CIRCONVOLUZIONE o GIRO. La Corteccia Cerebrale cioè la parte esterna del telencefalo rappresenta il livello gerarchico più alto del sistema nervoso. Questo perché essa in maniera geneticamente predeterminata per ogni specie ma, in qualche modo, modulabile dall’esperienza, è il luogo deputato a: 1-PERCEPIRE INFORMAZIONI CHE VENGONO DALLA PERIFERIA

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2-CODIFICARE E SUCCESSIVAMENTE DECODIFICARE 3-PROGRAMMARE UNA RISPOSTA 4-DARE L’ORDINE DI ESECUZIONE DELLA RISPOSTA 5-CREARE LA MEMORIA E CONSERVARLA 6-ELABORARE LE RISPOSTE EMOTIVE SIA ISTINTIVE CHE NON ISTINTIVE 1)CORTECCIA COME LUOGO DI PERCEZIONE: percezione significa che se tengo un oggetto nella mano non ho bisogno degli occhi per capire che sto tenendo l’oggetto nella mano destra ma comunque lo percepisco: questo significa che i sensori che ho a livello della cute assumono una certa informazione (tattile) che mi arriva ad un certa area della corteccia. 2)CHE COSA SIGNIFICA CODIFICAZIONE: se sono un neonato e mi è messo in bocca per la prima volta un ciucciotto allora il mio cervello comincia a memorizzare la forma, la dimensione e la consistenza del ciucciotto ossia comincia a codificare l’informazione. Una volta che questo processo è avvenuto, le successiva volte che mi si mette il ciucciotto in bocca, non devo fare più l’operazione di codificare ma quella inversa ossia di DECODIFICARE delle sensazioni. Quindi DECODIFICARE SIGNIFICA ATTRIBUIRE UN SIGNIFICATO ALLA SENSAZIONE. 3-4)PROGRAMMARE E DARE L’ORDINE DI ESECUZIONE: se consideriamo ad esempio il movimento, esso è il risultato di due attività distinte, in sequenza, ma distinte:una è la programmazione del movimento e l’altra è l’esecuzione del movimento. 5)LA CORTECCIA E’ LA SEDE DELLA MEMORIA: Noi abbiamo una forma di memoria detta MEMORIA GENETICA, la quale ci viene trasmessa con i geni ed entro certi limiti sta alla base di alcuni istinti:come ad esempio l’istinto di fuggire dal pericolo. Poi abbiamo un’altro tipo di memoria che è LA MEMORIA DICHIARATIVA O ESPLICITA O DA APPRENDIMENTO che si riferisce ai fatti e agli eventi. Ciò vuol dire che ho memoria di un evento solo se lo ho sperimentato. Sono memorie dichiarative la memoria di un luogo, di una persona, di una data ecc. Ci sono zone della corteccia importanti per fabbricare e conservare tale memoria e questo porta con se’ il concetto di sentimento:non c’è sentimento senza memoria. Un malato di alzaimer che ha perso la memoria non ha più sentimenti verso il figlio o la figlia e questo perché non ha più memoria di loro. 6)ELABORARE LE RISPOSTE ISTINTIVE E NON ISTINTIVE: Alcune delle nostre risposte sono istintive. Se io sento puzza di “cacca” sono fabbricato per allontanarmi (odori avversi).Però se la puzza di “cacca” viene dal pannolino di mio figlio allora non mi allontano, anzi lo pulisco. Uno stesso stimolo ha innescato due comportamenti diversi.la corteccia è anche quindi la sede di emozioni che poi si traducono in comportamenti più elaborati (attività corticale superiore). Infine la corteccia è il luogo dove si fabbrica il pensiero e si formula il giudizio che ci permette di fare scelte. Questa è una attività mentale superiore ed è appannaggio della corteccia cerebrale. La corteccia, per poter funzionare , ha bisogno di strutture poste nel telencefalo, che sono fatte di neuroni immersi in sostanza bianca sottocorticale. Tali strutture sono chiamate NUCLEI DELLA BASE: essi partecipano, essendo connessi alla corteccia, ad alcune attività della corteccia e quindi fanno parte del 1° livello gerarchico del sistema nervoso. ORGANIZZAZIONE GERARCHICA DEL SISTEMA NERVSO

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1° LIVELLO GERARCHICO: LA CORTECCIA CEREBRALE; NUCLEI DELLA BASE E CERVELLETTO Il Cervelletto appartiene al primo livello gerarchico perché è l’organo che presiede alla coordinazione del movimento, attività fondamentale per lo svolgimento delle normali funzioni della vita. Se ho una lesione al cervelletto non riesco a stare in piedi, non riesco più a seguire una traiettoria di movimento in maniera fluida. Infatti, siccome sono cosciente di tale mia incapacità, spezzetto il movimento in tanti piccoli movimenti alternando un movimento complessivo a ruota dentata. 2° LIVELLO GERARCHICO: DIENCEFALO Il secondo livello gerarchico è costituito dal diencefalo. Il diencefalo è il secondo livello perché partecipa ad alcune attività della corteccia come la capacità di percepire, la capacità di elaborare programmi di movimento ecc. Sta ad un livello inferiore rispetto alla corteccia. Se prendiamo un cervello umano e analizziamo le dimensioni del diencefalo rispetto a quelle del telencefalo facendo un rapporto tra il peso (o il volume) di queste due parti, vediamo che questo rapporto è minore di 1.Se ripetiamo questo esperimento in un ratto, vediamo che otteniamo sempre un rapporto minore di 1 ma più vicino all’unità rispetto al valore ottenuto per l’uomo. Questo perché negli animali più bassi della scala zoologica, molte attività che nell’uomo sono attività corticali sono appannaggio del diencefalo. Ciò significa che nel corso dell’evoluzione alcune funzioni che erano appannaggio del diencefalo sono state “corticalizzate” cioè sono state assunte dalla corteccia che si è ingrandita. Il diencefalo rappresenta quella parte del SNC da cui si dipartono gli ordini per regolare l’attività secretiva e peristaltica del tratto gastroenterico, per regolare il calibro dei bronchi e le secrezioni bronchiali, per provocare l’erezione o al contrario la non erezione. Da ciò si capisce che il diencefalo ha un ruolo molto importante e nella vita vegetativa e nella vita di relazione. 3° LIVELLO GERARCHICO: TRONCO DELL’ENCEFALO Il terzo livello gerarchico è costituito dal tronco dell’encefalo il quale rappresenta il luogo di passaggio di tutte le vie di comunicazione che dalla periferia vanno verso la corteccia e viceversa. Il secondo motivo d’importanza del tronco dell’encefalo è che in tale sede abbiamo il CENTRO CARDIO RESPIRATORIO vale a dire un gruppo di neuroni che regolano la frequenza e la forza di contrazione del cuore e la frequenza e la profondità del respiro. Se si rompono le vertebre cervicali (il collo) di una persona essa muore istantaneamente sia perché si lesiona il midollo spinale ma soprattutto perché si interrompe la comunicazione tra centro cardio-respiratorio e centri sottostanti. Il terzo motivo dell’importanza del tronco dell’encefalo è che da questo si dipartono delle vie dirette verso il basso dette VIE DI MOVIMENTO o DI MOTO. Alcune parti del tronco dell’encefalo hanno delle comunicazioni privilegiate con il cervelletto. 4° LIVELLO GERARCHICO: IL MIDOLLO SPINALE Il quarto ed ultimo livello gerarchico è il midollo spinale. Tale struttura è abbastanza primitiva per certi aspetti ma è strategica in quanto è percorsa da fibre che salgono dalla

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periferia e che scendono dal cervello. E’ il luogo attraverso cui le informazioni salgono verso la corteccia e attraverso cui scendono le vie di movimento. Il midollo spinale è anche il luogo dove avvengono molti riflessi talora monosinaptici e quindi stereotipi che rappresentano una sorta di minibase del movimento, che noi utilizziamo poi integrandoli con altre informazioni che vengono dalla corteccia per fare un movimento complesso. Se però non ci fossero questi riflessi la nostra corteccia dovrebbe perdere tempo ad organizzare i più semplici movimenti e non avrebbe tempo di fare altro. LOBI CEREBRALI Abbiamo già visto come la corteccia cerebrale sia sollevata in circonvoluzioni e giri al fine di aumentare la superficie. Osservando un emisfero lateralmente possiamo osservare DUE SCISSURE: una scissura va dall’alto in basso e un po’ in avanti ed è detta SCISSURA CENTRALE O DI ROLANDO. La seconda scissura è quasi perpendicolare alla prima ed è detta SCISSURA LATERALE DI SILVIO. La massa di cervello posta al davanti della scissura di Rolando prende il nome di LOBO FRONTALE. La massa di cervello posta dietro la scissura di Rolando e sopra la scissura di Silvio ma anche al di sotto della scissura di Silvio viene divisa in tre lobi mediante un piccolo artificio:prolunghiamo idealmente la scissura di Silvio(posteriormente) con una specie di ipsilon “ ----< “ e otteniamo: un LOBO PARIETALE, che è quella parte di telencefalo posta dietro la scissura centrale, sopra la scissura laterale di Silvio e al davanti del prolungamento ideale superiore della scissura di Silvio. Un LOBO OCCIPITALE che è quella parte di telencefalo compreso tra le due branche immaginarie della ispsilon costituita. Un LOBO TEMPORALE che è quella parte di telencefalo che si trova sotto la scissura di Silvio e al davanti del prolungamento ideale inferiore della scissura di Silvio. Questi aggettivi (frontale, parietale, occipitale e temporale) derivano dal rapporto anatomico e topografico che esiste tra questi lobi e le varie ossa del neurocranio. La neurologia e la neurochirurgia ci hanno insegnato che un danno in un certo punto della corteccia provoca un danno neurologico preciso. Così la distruzione della corteccia occipitale produce un individuo cieco. E’ per questo che il lobo occipitale è definito LOBO VISIVO. La corteccia occipitale ha a che fare con la codificazione e decodificazione delle immagini che noi vediamo. Il lobo parietale è invece definito LOBO SOMESTESICO (dal greco SOMA = corpo ed ESTETICA = sentire) perché è il lobo che ci permette di AVVERTIRE IL CORPO. Il lobo parietale è infatti il lobo dove arrivano tutte le informazioni sensitive (tattili, termiche e dolorifiche) e la sensibilità PROPRIOCETTIVA la quale ci permette di sapere in ogni istante come siamo disposti nello spazio (seduti, supini, in piedi ecc.) e come le singole parti del nostro soma sono disposte rispetto alle altre parti e rispetto allo spazio. Il lobo temporale è il lobo della sensibilità uditiva e quindi ipersemplificando si può dire il lobo dell’UDITO. Il lobo temporale è importante anche perché nella profondità di tale lobo è posto l’ippocampo struttura importante ai fini della memoria recente e dichiarativa (che si riferisce ai fatti e agli eventi).L’alzaimer comincia proprio colpendo i neuroni dell’ippocampo. Il lobo FRONTALE è il lobo del movimento, è il lobo dove si programma il movimento e da dove partono gli ordini per il movimento.

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Ma il lobo frontale è anche il lobo dei sentimenti ed in particolare dei sentimenti ragionati in quanto è il lobo delle attività del pensiero e delle attività cognitive e quindi ci permette di giudicare e di operare scelte. E’ per questo che tale lobo è il più grande e quello FILOGENETICAMENTE più nuovo. IL MIDOLLO SPINALE Il midollo Spinale (MS) da un punto di vista anatomico macroscopico appare come una struttura cilindrica, leggermente appiattita in senso antero-posteriore, lunga, nell’adulto, circa 42cm. L’estremo caudale è detto CONO MIDOLLARE in quanto finisce a punta. Il MS presenta lungo la faccia posteriore un solco longitudinale detto SOLCO DORSO-MEDIALE che presenta davanti un corrispondente più profondo detto SCISSURA VENTRO-MEDIANA. Tali solchi ci permettono di dividere il MS in due metà simmetriche o ANTIMERI: l’antimero di destra e l’antimero di sinistra. L’ANTIMERO DI DESTRA RICEVE INFORMAZIONI DA L’EMISOMA DESTRO E MANDA INFOMAZIONI DI MOVIMENTO ALLO STESSO EMISOMA, MENTRE L’ANTIMERO DI SINISTRA HA A CHE FARE CON L’EMISOMA DI SINISTRA. Se guardiamo da dietro un MS vediamo che da esso spuntano delle RADICI o RADICOLE, fatte esclusivamente di assoni, che a gruppi convergono in una specie di nodo detto GANGLIO. Se seguiamo un gruppo di queste radicole che fanno capo allo stesso ganglio spinale capiamo che vanno a finire ad un pezzo ben preciso di MS che prende il nome di NEUROMERO. Quindi IL MS E’ LA SUCCESSIONE DI UNA SERIE DI NEUROMERI. OGNI NEUROMERO E’ UN SEGMENTO DI MS CUI FANNO CAPO GRUPPI BEN DEFINITI DI RADICOLE CHE A LORO VOLTA FANNO CAPO AD UNA COPPIA DI GANGLI SPINALI (UNO DI DX E L’ALTRO DI SIN). In realtà LE RADICOLE POSTERIORI SONO COSTITUITE DA FIBRE CHE ENTRANO NEL MS e siccome tutto ciò che entra nel MS è sensitivo allora queste radici sono dette RADICI SENSITIVE. Tagliando queste radici si ottiene una paralisi sensitiva per cui il soggetto non prova alcun tipo di sensazione tattile, dolorifica, termica e propriocettiva. Anche dal davanti del MS emergono delle radici che però non fanno capo ad alcun ganglio. Il taglio di queste radici provoca una paralisi motoria. Le radici anteriori sono dette radici motorie. Dall’unione, al di fuori del canale vertebrale (teca ossea), delle radici motorie (o anteriori) e delle radici sensitive (o posteriori) si hanno i NERVI SPINALI che sono quindi NERVI MISTI ad eccezione del primo nervo spinale, ESCLUSIVAMENTE MOTORIO, in quanto il primo neuromero ha solo radici anteriori. Alcuni nervi spinali convergono a formare PLESSI (es: plesso brachiale) mentre altri rimangono singoli (es: nervi intercostali). Ogni neuromero dovrebbe corrispondere ad una vertebra, questo è vero con una eccezione:I NEUROMERI CERVICALI SONO 8 A FRONTE DI SETTE VERTEBRE CERVICALI. Il nervo C1 esce dall’alto tra l’osso OCCIPITALE e la prima vertebra cervicale o Atlante. Un’altra cosa che possiamo vedere dalla FIG1 è che il MS finisce tra L1 e L2 mentre il suo numero di neuromeri è pari al numero delle vertebre + uno e si può inoltre osservare la presenza di coppie di gangli per ogni vertebra.

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Il fatto che andando da C1 in giù l’asse centrale delle radici si inclina tanto che, verso L2, tale asse diventa verticale. Ciò significa che le radici (anteriore e posteriore) devono percorrere un certo tragitto verticali dentro il canale vertebrale prima di arrivare al proprio ganglio. Al di sotto di L1 il canale vertebrale contiene solo RADICI ANTERIORI E POSTERIORI. La matassa di fibre sotto L1 è definita CAUDA EQUINA. La conseguenza pratica dell’’esistenza della cauda equina è che sotto L1 non ho più midollo spinale e questo permette di fare la PUNTURA LOMBARE che viene fatta tra L2-L3 o tra L3 ed L4. Inoltre non c’è rischio di ledere la cauda equina perché le radici di destra sono separate da quelle di sinistra per cui in mezzo c’è una zona deserta. I GANGLI SPINALI CONTENGONO ANCHE I CORPI CELLUALRI O PIRENOFORI DEI NEURONI GANGLIARI SPINALI O SENSITIVI OLTRE CHE ALLE FIBRE. I NEURONI GANGLIARI SPINALI SONO NEURONI PSEUDOUNIPOLARI in quanto sembrano neuroni ad un unico polo ma in verità non lo sono. Il loro corpo dà infatti origine ad un unico prolungamento che, dopo un breve tragitto, si divide a “T” con una branca che va in periferia ed una branca che va al centro, ossia al MS ossia con una branca centrifuga ed una branca centripeta. Dato però che la corrente percorre un assone a senso unico ed obbligato, allora avremo che, essendo il flusso unidirezionale le due branche non sono omologhe comportandosi l’una da dendrite e l’altra da assone. Un’altra conseguenza dell’organizzazione del ganglio è che il pirenoforo non viene innervato da niente ( secondo alcuni autori ci sarebbero in verità degli interneuroni). Se osserviamo una sezione trasversale vediamo che il MS non occupa tutto lo spazio che ha a disposizione. Questo dipende dal fatto che la teca ossea è rivestita da una membrana di tessuto connettivo detta DURA MADRE. Alla dura madre si applica un’altra membrana detta ARACNOIDE (dal greco ARACNOS = RAGNO) Il MS è a sua volta avvolto da una terza membrana detta PIA MADRE. L’insieme di DURA MADRE, ARACNOIDE E PIA MADRE costituisce le MENINGI ossia UN INVOLUCRO CHE AVVOLGE IL MS E L’ENCEFALO E CHE PROTEGGE IL MS E L’ENCEFALO. Mentre l’aracnoide è incollata alla dura madre, non lo è la pia madre. Lo spazio tra aracnoide e pia madre è detto SPAZIO SUB-ARACNOIDEO e contiene:

• Tralci fibrosi che vanno dall’aracnoide alla pia madre. • Vasi che hanno il compito di portare sangue al MS. • Un liquido chiaro e limpido come l’acqua e della stessa composizione del liquido

interstiziale (acqua, ioni, glucosio, aminoacidi) che è chiamato LIQUOR o LIQUIDO CEREBROSPINALE o LIQUIDO CEFALO-RACHIDIANO.

Tale liquido forma una specie di CUSCINETTO IDRICO posto intorno al MS che impedisce al MS stesso di venire a contatto con le superfici ossee, fungendo da AMMORTIZZATORE. Quindi il liquor ha la funzione di proteggere il MS e l’encefalo dai mini traumi. Abbiamo detto che con la puntura lombare non c’è rischio di ledere qualche elemento della cauda equina. Questo perché per tutto il canale vertebrale esistono dei legamenti

DENDRITE ASSONE

Corrente

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disposti frontalmente che vanno dalla parete laterale alla faccia laterale del MS a destra e a sinistra e che si chiamano LEGAMENTI DENTICOLATI perché sono come i denti di un pettine. Questi legamenti, che sono dipendenze della dura e dell’aracnoide, fissano latero-lateralmente il MS ed inoltre rappresentano una barriera per cui le radici posteriori sono separate fisicamente da quelle anteriori ed inoltre fissano tali radici nel luogo in cui stanno impedendo loro di spostarsi verso il centro. Il risultato è che gli elementi della cauda equina sono tutti spostati lateralmente e quindi non si trovano nel mezzo dove viene fatta la puntura. Se facciamo una sezione trasversa di MS vediamo, oltre alle radici posteriori e a quelle anteriori, due solchi dai quali entrano le radici posteriori e dai quali escono le radici anteriori. Chiameremo SOLCO VENTRO LATERALE il solco da cui esce la radice anteriore e SOLCO DORSO LATERALE quello da cui entra la radice posteriore. In oltre osservando la sezione trasversa vediamo una parte centrale più scura che ha la forma di “H” o di farfalla, circondata da una massa di sostanza bianca detta SOSTANZA BIANCA. La sostanza grigia è tale, ossia è grigia, perché vi si concentrano i corpi cellulari dei neuroni spinali ossia i pirenofori che sono relativamente grandi. Le fibre che si hanno dentro la sostanza grigia sono amieliniche in quanto sono costituite da dendriti che per definizione sono amielinici e da assoni amielinici. La sostanza bianca è tale perché non contiene pirenofori ma contiene fibre che per la maggioranza sono mieliniche. La sostanza grigia si organizza macroscopicamente in DUE CORNA ANTERIORI CORTE E LARGHE e/in DUE CORNA POSTERIORI LUNGHE E SOTTILI (raggiungono il solco dorso laterale). Queste 4 corna sono unite dalla COMMESSURA GRIGIA (la barretta dell’H). La COMMESSURA GRIGIA presenta centralmente un canalino detto CANALE CENTRALE O EPENDIMALE che contiene il LIQUOR. La sostanza bianca è organizzata in CORDONI (O FUNICOLI) e precisamente da 6 cordoni, 3 a dx e 3 a sn: 2 CORDONI POSTERIORI che sono le due regioni cuneiformi di sostanza bianca che sono comprese tra il solco dorso mediano e i solchi dorso laterali 2 CORDONI ANTERIORI che si estendono dalla scissura ventro-mediana ai solchi ventro-laterali 2 CORDONI LATERALI compresi tra i solchi ventro-laterali e quelli dorso-laterali, che sono i più grandi. La stragrande maggioranza delle fibre mieliniche che formano la sostanza bianca decorrono longitudinalmente ossia sono fibre che salgono dalla periferia ai centri nervosi superiori o che scendono dai centri nervosi superiori alla periferia. Se confrontiamo le sezioni trasversali fatte a vari livelli del MS vediamo che la sostanza bianca è più abbondante a livello cervicale e lo è meno a livello sacrale. Questo è logico se pensiamo che una radice sensitiva a livello di S1, per esempio, deve salire per tutto il MS per arrivare ai centri superiori dove deve essere programmata una risposta a tale sensazione. Quindi a livello di C1 troveremo anche le fibre che salgono dai neuromeri inferiori. Lo stesso discorso vale per le vie discendenti di moto: al livello di C1 passeranno sia le vie che si fermano a C1 che quelle che vanno a S5. Se osserviamo la sostanza grigia invece vediamo che il massimo di sostanza grigia si ha a livello LOMBO SACRALE, la minima quantità si ha a livello toracico e una quantità intermedia si ha a livello cervicale.

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Per capire il perché diciamo molto schematicamente che le corna anteriori sono CORNA MOTRICI in quanto contengono i pirenofori di neuroni motor-somatici i cui assoni escono dalle radici anteriori e che le CORNA POSTERIORI sono CORNA SENSITIVE in quanto sono costituite dai pirenofori di neuroni i cui assoni raccolgono le sensazioni alla periferia ed entrano nelle radici posteriori. NEL TRATTO LOMBO SACRALE ABBIAMO IL MASSIMO NUMERO DI NEURONI SIA SENSITIVI CHE MOTORI PERCHE’ LA QUANTITA’ DI MUSCOLO CHE DEVE ESSERE INNERVATA DALLE FIBRE MOTORIE (muscoli dei glutei, della coscia, della gamba e del piede) E’ NETTAMENTE SUPERIORE ALLA QUANTITA’ DI MUSCOLO CHE DEVE ESSERE INNERVATA NEL TORACE. Lo stesso discorso vale per la superficie cutanea dalla quale raccogliere le sensibilità che è molto maggiore nel tratto lombo-sacrale rispetto a quello toracico, ragione per cui le corna posteriori sono maggiori nel tratto lombo sacrale rispetto a quello toracico. I conti però non tornano se confrontiamo il tratto cervicale con il tratto toracico: la quantità di muscolo dell’arto superiore non è sicuramente maggiore rispetto a quella toracica e la superficie cutanea del braccio è addirittura minore rispetto a quella dell’EMITORACE e questo non è in accordo con il fatto che le corna anteriori e posteriori cervicali sono più grandi delle corna toraciche. In realtà però con l’arto superiore noi siamo in grado di fare movimenti particolarmente fini (scrivere, dipingere accarezzare ecc.) particolarmente rapidi e che richiedono particolare attività motoria. Analogamente se devo sentire la qualità di una stoffa uso le dita e non certo il torace. Questo perché la densità (per mm2) dei recettori sensitivi che abbiamo nei polpastrelli delle dita della mano è nettamente superiore rispetto alla densità dello stesso tipo di recettori a livello del torace. E’ per questo che il numero di neuroni a livello delle corna posteriori dei neuromeri cervicali è molto maggiore rispetto a quello che abbiamo a livello toracico. Questo per quanto riguarda la sensibilità. Per il movimento è la stessa cosa: con i muscoli toracici noi non riusciamo a fare né movimenti fini né rapidi né che richiedono particolare abilità motoria. Anche se il peso dei muscoli dell’arto superiore non si discosta dal peso dei muscoli del torace quello che varia è, il RAPPORTO DI INNERVAZIONE che è dato dal numero di fibre muscolari scheletriche innervate da una singola fibra motrice, ossia R.I.= n° fibre_muscolari

1_ assone.

TANTO PIU’ BASSO E’ IL NUMERATORE, TANTO PIU’ FINE E’ IL MOVIMENTO. Per le fibre muscolari scheletriche del braccio il rapporto di innervazione è basso mentre tale rapporto è alto per le fibre dei muscoli del torace. TIPI DI NEURONI E SINAPSI CHIMICHE Morfologicamente esistono 3 tipi di Neuroni:

1. NEURONI PSEUDOUNIPOLARI (che abbiamo già descritto) 2. NEURONI BIPOLARI caratterizzati da un pirenoforo dal quale, dai poli opposti, si

dipartono un dendrite ed un assone.Questo tipo di neurone, non è particolarmente diffuso.

3. NEURONI MULTIPOLARI dal cui pirenoforo si diparte un solo assone ma, dal polo opposto a questo si dipartono molti dendriti che si ramificano. Questo tipo è il più diffuso.

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Inoltre sappiamo che da un neurone origina un solo assone ma ciò non significa che un neurone innerva una sola cellula effettrice in quanto l’assone, ad una certa distanza dal pirenoforo da cui origina, può ramificarsi. QUESTO CI PERMETTE DI INTRODURRE IL CONCETTO DELLA CONCENTRAZIONE DELL’INFORMAZIONE E DELL’AMPLIFICAZIONE DEL MESSAGGIO. Per quanto riguarda il concetto della concentrazione dell’informazione, dobbiamo tener presente che un neurone può avere un numero elevato di dendriti che possono ricevere informazioni da un altrettanto elevato numero di altri neuroni (sinapsi asso-dendritica) e quindi può rappresentare un LUOGO DI CONVERGENZA DI IMPULSI. Dall’altra parte dello stesso neurone parte un solo assone che però può dare vari rami che vanno a reclutare altrettanti neuroni amplificando l’informazione (DIVERGENZA DELL’INFORMAZIONE). Quindi abbiamo 2 piramidi simmetriche, speculari, unite per l’apice nel quale è posto il neurone, che rappresentano da un lato la convergenza dell’impulso che dalla base va verso l’apice della piramide e la divergenza dello stesso dall’apice alla base della seconda piramide. CONVERGENZA DIVERGENZA Bisogna anche sottolineare che NON ESISTONO NEURONI CHE NON INNERVINO QUALCHE COSA. GLI STESSI NEURONI SECRETORI VANNO A CONTATTARE, CON IL LORO ASSONE, UN CAPILLARE. Il bersaglio di un neurone può essere un altro neurone, una fibra muscolare striata, una fibrocellula muscolare liscia, una ghiandola endocrina oppure una ghiandola esocrina. Per prendere contatto con la cellula bersaglio, l’assone finisce con un bottone sinaptico a valle e ad una certa distanza dal quale si trova il bersaglio. La membrana del bottone è detta membrana pre-sinaptica mentre quella del bersaglio è detta membrana post-sinaptica. Lo spazio tra queste due membrane è lo spazio sinaptico.La membrana presinaptica ha un macchinario, enzimatico e non, che permette di far fondere le vescicole presinaptiche,

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ognuna delle quali contiene un quanto di neurotrasmettitore, con la membrana presinaptica e di rilasciare il neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. D’altro canto la membrana post sinaptica possiede specifici recettori per il neurotrasmettitore rilasciato ed un corredo enzimatico in grado di distruggere il neurotrasmettitore una volta che ha agito. La trasmissione dell’eccitazione dall’elemento pre sinaptico a quello post sinaptico avviene quindi mediante una sostanza chimica ed è per questo detta SINAPSI CHIMICA. Esistono anche sinapsi elettriche che sono state trovate però solo negli invertebrati e nei pesci. La nostra specie proprio perché ha sinapsi chimiche, si è evoluta per introdurre una CERTA LATENZA nel passaggio dell’informazione dall’elemento presinaptico a quello post sinaptico: ESISTONO LATENZE MISURABILI NEGLI EVENTI DEL SISTEMA NERVOSO. Il motivo per cui è stata introdotta tale latenza è il seguente: benché il passaggio di informazione all’interno del SN possa essere sufficientemente veloce (va da 20cm/sec a circa 200cm/sec), gli effettori, come ad esempio i muscoli scheletrici che devono compiere i movimenti, per come sono istologicamente fabbricati, non possono rispondere alle sollecitazioni nervose altrettanto velocemente: LA LATENZA DEGLI EVENTI CONTRATTILI E’ DI GRAN LUNGA SUPERIORE RISPETTO ALLA VELOCITA’ DI PASSAGGIO DELLO STIMOLO DALLA CORTECCIA AL MUSCOLO. Questo perché gli eventi biochimici alla base dell’accorciamento del sarcomero sono più lenti rispetto agli eventi elettrici alla base della trasmissione dell’impulso. Nonostante la presenza delle sinapsi chimiche si ha disuguaglianza tra conduzione dell’impulso e contrazione, figuriamoci se le sinapsi fossero state elettriche. TIPI DI SINAPSI CHIMICHE ECCITATORE ED INIBITORIE L’interazione tra neurotrasmettitore e recettori bersaglio a livello postsinaptico può dar luogo a due tipi diversi di risposte: la membrana postsinaptica si depolarizza facilitando la trasmissione del messaggio oppure la membrana postsinaptica si iperpolarizza per un certo periodo impedendo la trasmissione del messaggio. Nel primo caso si ha una SINAPSI ECCITATORIA e nel secondo una SINAPSI INIBITORIA. Dato un dendrite, su di esso possono fare sinapsi molti assoni e quindi può ricevere contemporaneamente sinapsi inibitorie e sinapsi eccitatorie. Il nostro sistema nervoso è fatto di catene di neuroni disposte in serie ed anche in parallelo. Tali “circuiti” nervosi sono GENETICAMENTE DETERMINATI E QUINDI TUTTI GLI INDIVIDUI DELLA STESSA SPECIE HANNO GLI STESSI CIRCUITI MA PUO’ ESSERE DIVERSO L’USO CHE NE VIENE FATTO (PLASTICITA’ DEL NEURONE). Quindi ogni dendrite riceve un numero di sinapsi che è geneticamente predeterminato ma la risposta in ogni momento, dipende dalla somma algebrica delle sinapsi che vengono attivate. I circuiti che abbiamo possono essere eccitatori o inibitori. Molto importante è la tipologia dei circuiti inibitori in quanto la stragrande maggioranza delle nostre sinapsi è di tipo inibitorio per cui molti eventi nervosi sono dovuti al blocco dell’attività inibitoria di un certo numero di neuroni. Abbiamo 4 tipologie di circuiti inibitori: 1)INIBIZIONE ANTEROGRADA o DIRETTA

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2)INIBIZIONE RETROGRADA 3)INIBIZIONE PRESINAPTICA In questo tipo di inibizione l’assone del neurone inibitore prende contatto con il bottone presinaptico di un neurone eccitatorio. Tale contatto fa si che il bottone presinaptico non si depolarizzi, anzi si iperpolarizzi: non si ha trasmissione del segnale perché non si liberano le vescicole del neurotrasmettitore dal bottone presinaptico. 4) CIRCUITO DISINIBITORIO Questo tipo di inibizione consiste nell’inibizione di un neurone inibitore. Per avere un circuito disinibitorio sono necessari almeno quattro neuroni in serie ed è indispensabile che il primo ed il quarto neurone siano eccitatori, mentre il secondo ed il terzo inibitori. Se il neurone “1” eccita il “2” questo, essendo inibitorio, va ad inibire “3” che essendo inibitorio non viene attivato e quindi non va ad inibire 4 che così può scaricare.

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Questo meccanismo è alla base dei circuiti di connessione tra corteccia e nuclei della base i quali sono indispensabili per l’apprendimento motorio (come ad esempio, l’imparare ad andare in bicicletta) e per riportare alla mente lo schema motorio appreso ogni qualvolta è necessario (ad esempio, anche dopo 10 anni che non vado più in bicicletta sono in grado di rifarlo in quanto ho memorizzato lo schema motorio dell’andare in bicicletta). TIPI DI INIBIZIONE Il bottone presinaptico di un neurone inibitorio rilascia un neurotrasmettitore inibitorio nel senso che questo, legandosi ai propri recettori presenti nella membrana post sinaptica, produce una transitoria IPERPOLARIZZAZIONE, dell’elemento post sinaptico che non è in grado, per un certo periodo (qualche msec), di rispondere ad uno stimolo che gli può derivare per sinapsi con un secondo neurone che è disposto in parallelo. Così se il neurone “C” è inibito da “B” esso non può rispondere allo stimolo eccitatorio che gli deriva da “D” che è posto in parallelo con “C” perché tale stimolo trova una membrana iperpolarizzata.

SENSIBILITA’

In un ganglio spinale si hanno diversi tipi di neuroni, sempre pseudounipoalri gangliari, che possono essere diversi per dimensioni, i cui dendriti fanno capo a diversi recettori periferici. Questi recettori possono trovarsi nel derma della cute, nelle tonache proprie delle mucose (specialmente le mucose vicino alla cute come la mucosa orale,nasale, anale) oppure a livello di articolazioni (es. le capsule articolari) o a livello dei tendini ( o meglio alle giunzioni tra tendine e muscolo).I recettori che abbiamo nominato sono variamente diffusi e non sono recettori di sensibilità speciale. La morfologia di questi recettori varia: alcuni non sono dei veri e propri recettori in quanto è il dendrite che si sfiocca e non fa capo a nessun recettore ma è la stessa terminazione dendritica a fungere da recettore. In tal caso è sufficiente uno stimolo fisico (caldo, freddo, dolore) per eccitare il terminale dendritico. Altri invece sono dei recettori molto complessi: questo è il caso del FUSO NEUROMUSCOLARE. Quindi DATO UN NEURONE SENSITIVO SPINALE, IL DENDRITE FA CAPO AD UN RECETTORE STRUTTURATO O NON STRUTTURATO ED E’ IL RECETTORE CHE VIENE STIMOLATO DALL’EVENTO CHIMICO O FISICO CHE POI CI DARA’ IL PARTICOLARE TIPO DI SENSIBILITA’. Prima di proseguire dobbiamo fare un distinguo tra SENSIBILITA’ GENERALE e SENSIBILITA’ SPECIALE. Noi abbiamo 4 FORME DI SENSIBILITA’ SPECIALE CHE SONO VISTA, UDITO, OLFATTO E GUSTO. Tali sensibilità sono dette SPECIALI perché I RECETTORI SONO TUTTI LOCALIZZATI NEL CRANIO (occhi, lingua, naso, orecchie). La SENSIBILITA’ GENERALE è così chiamata perché I RECETTORI SONO SPARSI OVUNQUE (cute, mucose ecc.) DALLA TESTA ALLA PIANTA DEI PIEDI. Tale sensibilità corrisponde alla: • SENSIBILITA’ TATTILE

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• SENSIBILITA’ TERMICO-DOLORIFICA • SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA I recettori per le prime due sensibilità NON SONO UNIFORMEMENTE DISTRIBUITI (densità = n° dei recettori x cm2) ma la loro densità varia: quelli per la sensibilità termico-dolorifica sono più sviluppati sul dorso (e quindi anche sul gomito e sul dorso della mano) e questo perché il nostro progenitore a 4 zampe esponeva il dorso al sole e alla pioggia. I recettori per la sensibilità tattile, detti CORPUSCOLI DEL PACINI, sono invece più concentrati nella PARTE VENTRALE DEL SOMA (polpastrelli delle dita) La SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA è un particolare tipo di sensibilità che si origina invece a livello delle articolazioni, dei tendini, delle giunzioni miotendinose (dove la carne diventa tendine). E’ una forma di sensibilità di cui non ci rendiamo conto a meno che non facciamo l’esperienza di raccontare, ad occhi chiusi, come siamo disposti nello spazio. La SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA è L’INSIEME DELLE SENSIBILITÀ TATTILE e TERMICO-DOLORIFICA in quanto tali sensibilità ci permettono di sentire il mondo esterno a noi. La SENSIBILITA’ SOMATICA invece è L’INSIEME DELLE SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA E PROPRIOCETTIVA in quanto ci permette di sentire il soma nel suo complesso. A queste forme di sensibilità dobbiamo aggiungere la SENSIBILITA’ INTROCETTIVA che si genera nei visceri. I visceri non hanno un’abbondante innervazione sensitiva che, poi, è di tipo dolorifico. Normalmente non sentiamo il cuore battere, lo stomaco macinare e rimescolare il bolo per trasformarlo in chimo ecc. Questo, comunque dipende oltre che dalla scarsità dei recettori, anche e soprattutto dalla ELEVATA SOGLIA DI SENSIBILITA’, ossia dalla bassa sensibilità. La soglia di sensibilità è l’intensità minima dello stimolo alla quale si avverte una sensazione. La soglia di sensibilità è invece bassa a livello della sensibilità propriocettiva. Soprattutto a livello dei visceri la soglia di sensibilità è alta e questo ci permette di stare tranquilli. Un’altra forma di sensibilità è la SENSIBILITÀ CINESTESICA (che ci fa avvertire il movimento) che si origina esclusivamente nell’orecchio interno. Lo stimolo che genera tale sensibilità è rappresentato dal movimento attivo o passivo del capo. Tutte queste forme di sensibilità ci servono per creare nella nostra mente rappresentazioni spaziali di noi stessi e del mondo, percepire gli oggetti con cui veniamo a contatto, dare un significato agli oggetti che vediamo, tocchiamo, sentiamo ecc. Ci servono per organizzare e programmare delle risposte motorie ed infine dare il via a tali risposte motorie. Infatti noi non siamo in grado di programmare ed eseguire risposte motorie in assenza di informazioni sensitive. SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA Per capire che fine fa l’informazione (afferente) che entra nel MS, dobbiamo per prima cosa descrivere come è organizzata la sostanza grigia del MS. I neuroni non sono infatti dislocati a caso: TUTTA LA SOSTANZA GRIGIA DEL MS E’ ORGANIZZATA IN LAMINE VERTICALI NELLE QUALI, FATTE ALCUNE ECCEZIONI, INDIPENDENTEMENTE DAL NEUROMERO DOVE CI TROVIAMO, SI HA CHE OGNI LAMINA CONTIENE UN CERTO NUMERO DI NEURONI CHE SONO IMPLICATI IN UNA BEN DEFINITA ATTIVITA’. OGNI ANTIMERO (META’ NERUOMERO) CONTIENE 10 LAMINE CHE SI ENUMERANO CON I NUMERI ROMANI (DA I A X).

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Il corno posteriore è diviso in 6 lamine disposte una davanti all’altra. L almina X si trova davanti al canale ependimale ma la sua funzione non è nota. La parte antero-laterale del corno anteriore contiene neuroni che costituiscono la lamina IX mentre la parte antero-mediale del corno anteriore contiene neuroni che costituiscono la lamina VIII. La restante parte del corno anteriore costituisce la lamina VII che è la lamina piu’ grande ed anche la più eterogenea. Le prime VI lamine (corno posteriore) sono fatte di neuroni implicati direttamente o indirettamente nella ricezione della sensibilità generale somatica sia esterocettiva che propriocettiva. In particolare la sensibilità propriocettiva si scarica esclusivamente a neuroni delle lamine VI, ossia la lamia VI è fatta di neuroni che accolgono assoni di neuroni pseudounipolari i cui dendriti vanno a finire alle articolazioni, alle giunzioni miotendinose ecc. In realtà anche in neuroni della lamina VII ricevono neuroni della sensibilità propiocettiva. La sensibilità tattile o meglio una forma di essa si scarica sui neuroni delle lamine IV e V. Anche un certo tipo di sensibilità termico-dolorifica scarica su neuroni della lamina V. Noi abbiamo due tipi di sensibilità dolorifica: • SENSIBILITA’ DOLORIFICA PROTOPATICA che si riferisce al dolore diffuso e mal

localizzabile. Tale dolore è solitamente cronico ossia dura da tanto tempo (LAMINA V). • SENSIBILITA’ DOLORIFICA ACUTA o EPICRITICA che si riferisce al dolore acuto e

puntiforme che è ben localizzabile (es. taglio, puntura di spillo, di insetto). Questa sensibilità scarica su neuroni che si trovano sulla LAMINA I.

Le lamine II e III sono costituite da interneuroni, la maggior parte dei quali sono inibitori, che scaricano sulla lamina I o sulla V ossia sui neuroni che mediano la sensibilità dolorifica. Nella lamina IX sono contenuti esclusivamente MOTONEURONI SOMATICI ossia neuroni i cui assoni innervano uno o più muscoli scheletrici. La lamina VIII è molto complessa e sarà esaminata in seguito. La lamina VII possiede oltre a neuroni che accolgono la sensibilità propriocettiva, un tipo di motoneurone che fa parte del SN autonomo (che regola le attività viscerali) il cui assone va a regolare l’attività della muscolatura liscia o l’attività secretiva di una ghiandola endocrina o esocrina. Tale motoneurone è detto quindi viscerale ed è localizzato nella regione laterale del corno anteriore. Nella lamina VII abbiamo anche un terzo tipo di neurone che in realtà è un interneurone, solitamente inibitorio che va a scaricarsi sul motoneurone somatico (lamina IX), questo è un esempio di inibizione retrograda. E’ il tipo di neurone più abbondante nella lamina VII.

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VIA SPINO TALAMICA

Una volta che l’informazione sensitiva è arrivata a tali neuroni della sostanza grigia, questi la trasmettono ai centri gerarchicamente superiori. Per capire come questo avviene scegliamo un qualsiasi neuromero del midollo spinale ad esempio S5. Osserviamo tale neuromero, vediamo un neurone pseudounipolare sensitivo che manda il suo dendrite alla cute, in questo esempio è la cute perianale. Se ho prurito all’ano (il prurito è una forma di sensibilità dolorifica protopatica) i miei recettori dolorifici raccolgono tale stimolo e lo inviano al neurone pseudounipolare S5. Da tale neurone parte un assone S5 che scarica alla lamina V a livello di un neurone dolorifico posto in questa lamina. Avviene che tale neurone manda il suo assone al corno anteriore controlaterale al confine tra cordone anteriore e cordone laterale attraversando la commissura grigia. L’incorciamento si fa davanti al canale ependimale, per cui al davanti di questo canale abbiamo per tutta la lunghezza fibre che si incrociano e questo riveste una notevole importanza nelle malattie di tale canale. Quando tale assone è arrivato al limite tra cordone anteriore e laterale improvvisamente piega ad “L” e sale percorrendo tutti i neuromeri da S5 a C1 senza interruzioni. Si forma così una via la quale origina dal MS (nell’esempio a sinistra) incrocia controlateralmente (va a destra) e sale fino a percorrere tutto il tronco dell’encefalo per andare a finire al talamo (PARTE DEL DIENCEFALO). Tale via è detta SPINO TALAMICA perché un neurone del MS fa sinapsi con un neurone talamico: LA LAMINA DI SINISTRA ARRIVA AL TALAMO DI DESTRA. I NEURONI TALAMICI INVIANO POI I LORO ASSONI ALLA CORTECCIA DX. Da questo si deduce che: 1) IL DOLORE APPLICATO ALLA PARTE SINISTRA DEL CORPO VIENE SENTITO

CON IL CERVELLO DESTRO E VICEVERSA (LEGGE DELLA CONTROLATERALITA’)

2) SE SUBISCO UN TRAUMA ALLA COLONNA VERTEBRALE CHE TAGLIA LA META’ DESTRA DEL MS, AD UN CERTO LIVELLO AD ES. T9,ESSO INTERROMPE TUTTA LA COMUNICAZIONE TRA CERVELLO E MS AL DI SOTTO DI T9.

Ciò significa che non avrò sensibilità nelle zone innervate dai neuroni sotto a T9 (da coccigeo 3 a T9 incluso) e quindi non sentirò sensibilità dolorifica all’arto di sinistra, al gluteo di sinistra, all’emitorace di sinistra fino all’altezza dello spazio intercostale di T9. AVRO’ UN’ ANESTESIA CONTROLATERALE ALLA LESIONE DAL LIVELLO DELLA LESIONE IN GIU’. Il discorso fatto per la conduzione del dolore protopatico vale anche per il dolore acuto ma anche per la conduzione della sensibilità tattile protopatica mentre non vale per la sensibilità tattile epicritica. Per sensibilità tattile epicritica si intende la possibilità di sentire come separati due stimoli tattili di uguale intensità e di uguale qualità (es fatti con due punte di matita) applicati su 2 punti vicini della cute (ad es ad 1 cm). Per quanto riguarda la sensibilità tattile protopatica è importante dire che questo tipo di sensibilità si associa ad una elevata componente emozionale come, ad esempio, quella che proviamo con una carezza. La componente affettiva della sensibilità protopatica non dipende dal recettore periferico (e quindi non nasce a livello della cute) ne dalla via che porta tale informazione ma dall’elaborazione che di tale stimolo fanno in centri superiori (talamo e corteccia): tale informazione è modificata a livello di ogni sinapsi e quindi l’informazione viene modificata sia a livello talamico che a livello corticale.

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In generale: OGNI SINAPSI IN UNA VIA MULTISINAPTICA MODIFICA L’INFORMAZIONE CHE TRASPORTA. Va in fine detto che la via SPINO TALAMICA è in verità considerata come il complesso di due vie (due a dx e due a sinistra) che nel loro insieme costituiscono il complesso SPINO TALAMICO: una via, detta SPINOTALAMICA ANTERIORE, viaggia nel cordone anteriore e la seconda, detta SPINOTALAMICA LATERALE, viaggia nel cordone laterale. Per molto tempo si è pensato che le vie anteriori portasseo sensibilità tattile e quella laterale la sensibilità dolorifica. In realtà tutte e due portano entrambi i tipi di sensibilità.

SENSIBILITA’ TATTILE EPICRITICA Abbiamo già accennato che la via spino talamica non è utilizzata dalla sensibilità tattile epicritica. Abbiamo già detto che per sensibilità tattile epicritica (o discriminata) si intende la possibilità di sentire come separati due stimoli tattili uguali, applicati su due punti vicini della cute. Se tocchiamo il dorso della persona con la punta delle due matite distanti circa 1cm, contemporaneamente, a quella distanza sono in grado di distinguere i due stimoli. Se uniamo le due punte (distanza max tra le punte 2-3 mm) allora non sono più in grado di distinguere i due stimoli ma sento uno stimolo tattile unico. Se ora ripeto tale esperimento a livello della guancia, delle labbra, della lingua o dei polpastrelli, allora sarò comunque in grado di distinguere lo stimolo come duplice. COME VIAGGIANO LA SENSIBILITÀ EPICRITICA E QUELLA PROPRIOCETTIVA COSCIENTE ALLA CORTECCIA? Se stimolo un recettore tattile strutturato (es. corpuscolo di Maisner) esso farà capo ad un neurone gangliare il cui assone entra nel MS per le radici posteriori ed immediatamente si biforca ad “L”: 1) La branca corta entra nel corno posteriore e fa sinapsi con un neurone nella lamina 4

e 5 da cui si diparte la via spino talamica descritta (sensibilità protopatica); 2) La branca lunga va a finire nel cordone posteriore dello stesso lato, piega ad “L” e sale

su per arrivare al tronco dell’encefalo. Tale via veicola la sensibilità epicritica. Se taglio quindi il cordone posteriore in un certo punto l’individuo perderà la sensibilità epicritica dallo stesso lato in cui c’è stata la lesione in giù mentre la sensibilità tattile protopatica rimante intatta. In realtà se distruggo il cordone posteriore non perdo solo la sensibilità tattile epicritica ipsilaterale, ma perdo, nella stessa zona, anche la sensibilità PRIOPRIOCETTIVA COSCIENTE. Questo vuol dire che le fibre che costituiscono il cordone posteriore portano due tipi di informazioni: l’informazione per la sensibilità tattile epicritica e per la sensibilità propriocettiva cosciente dello stesso lato. Ovviamente variano i recettori che raccolgono tali due sensibilità: recettori cutanei per la sensibilità tattile mentre sono tendinei, articolari, muscolari per la sensibilità propriocettiva cosciente. Si può compensare in parte la perdita della sensibilità propriocettiva con la vista. Comunque se perdo sensibilità propriocettiva, ad esempio nell’arto di sinistra, anche ad occhi aperti cammino come se dovessi scansare delle uova. Questo avviene perché in ogni momento non riesco a “sentire” di quanto è variata la posizione del mio arto in quel momento e quindi non riesco a coordinare il movimento successivo che faccio in modo strano utilizzando la vista. (ATASSIA).

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Ad occhi chiusi non riesco e cado perché non “sento” ne vedo la disposizione del mio arto nello spazio. Il cordone posteriore si può rompere non solo come conseguenza di un trauma ma anche, ad esempio, come conseguenza di una carenza di vit. B12 o di malattie degenerative del S.N. quali la sclerosi multipla. In realtà nel cordone posteriore si trovano DUE VIE CHE PORTANO LA SENSIBILITA’ TATTILE EPICRITICA E QUELLA PROPRIOCETTIVA COSCIENTE, che però si riferiscono a distretti corporei diversi. Una via, che è più vicina alla linea di mezzo, si chiama FASCICOLO GRACILE perché è sottile. La seconda via è più laterale (più vicina al corno posteriore) e si chiama FASCICOLO CUNEATO; è più corta e più grossa. Il fascicolo gracile è costituito dalle fibre che provengono dai gangli da T5 in giù mentre le fibre da T5 in su costituiscono il fascicolo cuneato, cosi detto perché in sezione frontale assume la forma di un cuneo. Ovviamente i due fascicoli hanno la massima dimensione a livello di C1. Si può osservare come, pur interessando un minor numero di gangli il fascicolo cuneato sia più grosso. Questo è dovuto al fatto che questo è composto da più fibre e quindi raccoglie la sensibilità da un maggior numero di recettori di sensibilità tattile epicritica e propriocettiva. Infatti il fascicolo cuneato raccoglie sensibilità al di sopra di T5 dove abbiamo neuromeri che innervano l’arto superiore ed il collo dove massima è la sensibilità tattile epicritica ed anche propriocettiva ( il rapporto di innervazione è molto basso e questo consente di fare movimenti finissimi che dobbiamo essere in grado di “sentire” mediante la sensibilità propriocettiva) . VIA DEL LEMNISCO MEDIALE È importante notare che il fascicolo gracile ed il fascicolo cuneato sono vie ipsilaterali. Ma questo è vero fino ad un certo punto. Tali vie salgono su fino a C1 e poi entrano nel tronco dell’encefalo. Nella parte PIU’ CAUDALE DEL TRONCO DELL’ENCEFALO OSSIA A LIVELLO DEL BULBO e precisamente NELLA PARTE PIU’ DORSALE DEL BULBO , A DESTRA ED A SINISTRA DELLA LINEA DI MEZZO ABBIAMO DUE GRUPPI DI NEURONI VICINI TRA LORO (due a destra e due a sinistra) CHE COSTITUISCONO IL NUCLEO GRACILE ED IL NUCLEO CUNEATO. Per nucleo si intende un raggruppamento di neuroni implicati nella stessa funzione. Il nucleo gracile è più mediale di quello cuneato. Le fibre del fascicolo gracile fanno sinapsi con i neuroni del nucleo gracile, quelle del fascicolo cuneato con i neuroni del nucleo cuneato. Però i neuroni di tali nuclei danno origine ad assoni che portano l’informazione a livello del TALAMO CONTROLATERALE. Infatti OGNI ASSONE CHE PARTE DA TALI NUCELI PRIMA SI DIRIGE IN REGIONE VENTRALE, POI SI INCROCIA E QUINDI SALE CONTROLATERALEMENTE. Il tratto di fibra che si sposta da regione dorsale a regione ventrale è detta FIBRA ARCIFORME INTERNA. Le fibre che dopo aver incrociato salgono controlateralmente vanno a costituire un fascio che dal bulbo va al talamo e che è detto LEMNISCO MEDIALE. Il termine LEMNISCO (dal greco = nastro) deriva dall’aspetto nastriforme di tale fascio, mentre il termine mediale si riferisce sia al fatto che tale fascio sale medialmente, sia al fatto che esiste un lemnisco laterale e trigeminale. Quindi LE FIBRE DELLA SENSIBILITA’ TATTILE EPICRITICA E PROPRIOCETTIVA COSCIENTE VANNO SEMPRE AL TALAMO CONTROLATERALE E QUINDI ALLA CORTECCIA CONTROLATERALE.

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L’incrocio però non avviene neuromero per neuromero ma sono le fibre del lemnisco mediale che si incrociano. I neuorni talamici, a loro volta, mandano le informazioni, alla corteccia cerebrale. Per capire quale parte di corteccia è coinvolta bisogna sapere che la corteccia è stata mappata da un medico tedesco (Brodmann) il quale, circa 70 anni fa, bsandosi su criteri esclusivamente istologici, ha diviso la corteccia in circa 58 aree (a partire dal Vertex). Successivamente è stato dimostrato che ciascuna di queste aree è implicata in una funzione. Subito dietro alla scissura di Rolando si ha una CIRCONVOLUZIONE DETTA POST CENTRALE O POST ROLANDICA che riguarda sia la faccia laterale che quella mediale dell’emisfero. A livello di tale circonvoluzione troviamo da davanti a dietro tre aree: la 3, la 1 e la 2 in questo ordine. L’insieme di queste 3 aree costituisce la CORTECCIA SOMESTESICA PRIMARIA: se distruggo queste aree, ad esempio la sinistra, non avrò più sensibilità esterocettiva e propriocettiva cosciente nell’emisoma di destra e viceversa. Tale corteccia si chiama primaria perché in tale regione percepiamo lo stimolo ( fattore basilare) e questo è fondamentale per poi decodificare lo stimolo stesso. In anatomia il termine “primario ” non significa il più importante ma di importanza basilare. Ai piedi della circonvoluzione post rolandica abbiamo una piccola area, l’area 43, che rappresenta L’AREA SOMESTESICA SECONDARIA la quale serve ad interpretare lo stimolo, ossia a dare un significato alla sensazione (codificare e poi decodificare). In realtà le aree 3, 1 e 2 e l’area 43 trasferiscono parte della loro informazione alle aree 5,7a e 7b le quali servono a creare MEMORIA SPAZIALE di un certo oggetto ossia memoria della forma, della consistenza e delle dimensioni dello stesso oggetto. Questo in modo da fare esperienza dello stesso così che una seconda volta già sappiamo che tipo di oggetto abbiamo in mano. Senza queste capacità di creare memorie spaziali avremmo grosse difficoltà a rappresentarci come strutture tridimensionali. Infatti, ad esempio, se qualcuno mi fa una lesione delle aree 5, 7a e 7b di destra, io trascurerò il mio emisoma di sinistra e quindi non mi allaccerò la scarpa di sinistra, non mi abbottonerò il polsino di sinistra; se mi guardo alla specchio avrò una rappresentazione asimmetrica del mio volto e così via.

ORGANIZZAZIONE SOMATOTOPICA DELLA REGIONE POST-CENTRALE A livello delle aree 3, 1 e 2 (area somestesica primaria) i neuroni sono distribuiti in maniera ordinatissima. Se guardiamo la sezione frontale dell'emisfero cerebrale di destra passante per la circonvoluzione post-rolandica (rappresentata in figura dove è riportata l'organizzazione somatotopica a livello di tale area di corteccia), notiamo come ci siano organi rappresentati da ampie aree della corteccia (es. l'emifaccia, la mano, il piede, i genitali) ed altre da aree limitate (es. avambraccio, braccio, gamba, coscia). Tale rappresentazione è detta emiomunculus sensitivus e ci dice che se faccio, ad esempio, una lesione alle aree 3, 2, 1 al passaggio tra faccia laterale e faccia mediale dell'emisfero, quel soggetto non avrà più sensibilità cosciente a livello della gamba sinistra. Se faccio una lesione della stessa ampiezza (es. mezzo centimetro di diametro) a livello della zona di corteccia corrispondente all'emifaccia in corrispondenza delle labbra, l'individuo perderà la sensibilità dell'emilabbra di sinistra. Allora capiamo che NON SOLO LA CORTECCIA CEREBRALE E' MAPPATA NEL SENSO CHE OGNI AREA PRESIEDE AD UNA CERTA ATTIVITA' CEREBRALE MA ANCHE CHE NELL'AMBITO DELLE AREE 3,2 E 1 (MA ANCHE DI ALTRE AREE COME VEDREMO) POSSIAMO MAPPARE MEZZO SOMA IN MANIERA CHE UNA CERTA ZONA DI QUELL'AREA

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RICEVA SENSIBILITA' DA UNA CERTA REGIONE DELL'EMISOMA CONTROLATERALE ED UN'ALTRA ZONA DA UNA ALTRA REGIONE DELL'EMISOMA. Una prima osservazione su tale distribuzione somatotopica è che c'è una sproporzione enorme tra ciò che viene rappresentato in centro e ciò che è in periferia, ossia la superficie cutanea della emifaccia è di gran lunga inferiore rispetto alla superficie cutanea della mia coscia. In ciascuno di noi la superficie cutanea della coscia è rappresentata da un cm² di corteccia mentre quella dell'emifaccia è rappresentata da molti cm² di corteccia: ciò significa che NELLA CORTECCIA C'E' UN NUMERO RELATIVAMENTE PICCOLO DI NEURONI CHE RICEVONO SENSIBILITA' DALLA COSCIA E UN NUMERO MOLTO GRANDE DI NEURONI CORTICALI CHE RICEVE SENSIBILITA' DALL'EMIFACCIA. Lo stesso discorso si applica alla mano, al piede, alla lingua, agli organi genitali. Questo è un'altra dimostrazione del fatto che ALCUNE REGIONI DEL NOSTRO SOMA HANNO UNA MAGGIOR SENSIBILITA' DI ALTRE. I motivi per cui il max di sensibilità l'abbiamo a livello del polpastrello delle dita dipenda da: 1. MAGGIOR DENSITA' DI RECETTORI 2. MAGGIOR NUMERO DI FIBRE (per esempio del fascicolo cuneato rispetto al

fascicolo gracile) IL CHE E' IN ACCORDO CON IL MAGGIOR NUMERO DI RECETTORI

3. MAGGIOR NUMERO DI NEURONI DELLE AREE 3,1, 2 CHE RICEVONO SENSIBILITA' DA UNA CERTA PARTE DEL NOSTRO SOMA.

Questo spiega il perché noi sentiamo gli oggetti con la mano da adulti, ma da neonati li sentiamo con le labbra e la bocca (fino a circa 8-9 mesi) in quanto, delle zone delle aree 3, 2, 1, sono più sviluppate quelle che riguardano le labbra e la lingua che vengono utilizzate dal bambino per memorizzare il mondo che gli sta attorno ancor prima di memorizzare la propria tridimensionalità. Il bambino succhia (memoria genetica) già nella pancia (si tratta di un riflesso). Altro corollario è che UNA LESIONE PUNTIFORME (mezzo cm di diametro) DELLA CORTECCIA DELLE AREE 3,2,1 nella zona dove è rappresentata la gamba, provocherà un danno esteso della sensibilità della gamba. Una lesione della stessa grandezza che riguarda la zona corticale dell'emifaccia provoca solo un piccolo danno a livello della sensibilità della faccia. VIA SPINO RETICOLARE, VIA SPINO ACQUEDUTTALE e VIA RETICOLO-SPINALE

Nell'ambito delle vie SPINO TALAMICHE CHE SALGONO, abbiamo delle fibre che arrivano al talamo in maniera diversa da quelle della via spinotalamica. Tali fibre mentre salgono vanno a scaricarsi su neuroni del tronco dell'encefalo (bulbo e ponte) che sono neuroni sparsi (non raggruppati a formare un nucleo) che nell'insieme formano la SOSTANZA RETICOLARE. Si formano FIBRE SPINO-RETICOLARI. Anche tali neuroni reticolari poi proiettano nel talamo ma in REGIONI DIVERSE rispetto alle vie SPINO TALAMICHE. Da tali regioni del talamo, l'informazione si distribuisce ad un'area della corteccia cerebrale molto estesa con lo scopo di attivare la corteccia ossia di metterla in guardia. Lo sculaccione al bimbo al momento della nascita serve proprio ad attivare questa via. Per lo stesso motivo, se un individuo non cosciente non risponde allo stimolo dolorifico, allora è impedita l'attivazione della corteccia e quindi l'individuo sta molto male. Lo stimolo dolorifico è, nella scala degli stimoli, l'ultimo degli stimoli da utilizzare, ma anche nell'ambito dello stimolo dolorifico ci sono zone che se stimolate provocano più dolore: nel maschio il massimo dolore si ottiene strizzando il testicolo e nella femmina il capezzolo.

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Oltre alla via spino-reticolare che proietta alla corteccia si ha un'altra via spino-reticolare che però si esaurisce prima di arrivare al talamo, scaricando a livello di un gruppo di neuroni che si trovano attorno all'ACQUEDOTTO di SILVIO (canale che attraversa il mesencefalo longitudinalmente) e che costituiscono la SOSTANZA GRIGIA PERIACQUEDUTTALE. Abbiamo quindi una VIA SPINO-ACQUEDUTTALE. I neuroni grigio-acqueduttali danno origine a degli assoni che trasmettono l'informazione al midollo spinale attraverso una via discendente che fa stazione, in genere nella sostanza reticolare del bulbo e da questa, attraverso la via RETCOLO-SPINALE, va a finire nel corno POSTERIORE formando una specie di cortocircuito, in cui la corteccia è by-passata. Che cosa succede a livello del corno posteriore? Tali fibre vanno a stimolare interneuroni delle lamie II e III (soprattutto la II) che sono per la maggior parte inibitorie che scaricano nelle lamine I e V. Tali interneuroni vanno ad inibire a livello presinaptico la fibra del neurone gangliare pseudo-unipolare bloccando la trasmissione della sensibilità dolorifica e quindi il dolore. Se fosse esattamente così non avrei più dolore dopo una frazione di secondo dallo stimolo nocicettivo. In verità noi normalmente non attiviamo questa via che è geneticamente predeterminata ma che, per la nostra salvaguardia, non deve essere utilizzata. Ci sono però delle circostanze in cui attiviamo questa via perché è necessario che non sentiamo dolore. Se ad esempio ricevo una pistolettata alla mia gamba, cado a terra dal dolore in condizioni normali. Se però la pistolettata la ricevo mentre sto salvando la vita di una persona, allora non sento dolore fino a quando non ho portato a termine il mio compito. Lo stesso vale per i soldati che sono allenati a non sentire il dolore in modo molto più semplice vale anche per un calciatore che è concentrato e motivato a giocare nel momento in cui riceve un calcio e quindi sente molto meno dolore. Ci chiediamo allora quale struttura nervosa va ad attivare questa via. In realtà i NEURONI DEL GRIGIO PERIACQUEDUTTALE RICEVONO ANCHE IMPULSI DALL'IPOTALAMO (che è una parte del diencefalo) CHE HA L'IMPORTANTISSIMO RUOLO DI REGOLARE E CONTROLLARE L'ATTIVITA' DI TUTTI I VISCERI O ATTRAVERSO VIE NERVOSE O ATTRAVERSO ORMONI, MA ANCHE QUELLO DI FARE DA MEDIATORE TRA I VISCERI E LA REALTA' IN CUI CI TROVIAMO LA QUALE VIENE INTERPRETATA DALLA CORTECCIA. Per esempio: IL MIO CUORE BATTE FORTE SE VEDO PASSARE LA MIA INNAMORATA. La mia corteccia vede passare quella persona con quelle caratteristiche fisiche e la riconosce come "mia innamorata" ma, quasi a consolidare tale memoria, la mia corteccia scarica, attraverso particolari vie dell'ipotalamo, il quale attraverso altre vie mi fa battere il cuore. E' QUINDI LA CORTECCIA CHE DECIDE SE ATTIVARE LA VIA RETICOLO-SPINALE, TRAMITE L'IPOTALAMO, E QUINDI CHE DECIDE SE MI DEVE BATTERE IL CUORE O SE, NELL'ESEMPIO PRECEDENTE, POSSO DEDICARMI AL MIO DOLORE. Però MADRE NATURA HA ANCHE CREATO UNA VIA DISCENDENTE CHE AMPLIFICA IL DOLORE. Ormai si comincia a capire la biochimica molecolare (particolari canali Ca++), particolari recettori per alcune sostanza responsabili delle iperalgie. Per completare il percorso del controllo del dolore bisogna notare 2 cose: 1) la prima è squisitamente anatomica. La via reticolo-spinale è un primo esempio di via

discendente che regola l'informazione a livello del midollo spinale e, quindi, quello che

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si verifica in periferia, controllando l'afflusso di informazione che arriva dalla periferia. (ossia l'afferenza di informazione)

2) L'interneurone che blocca presinapticamente l'informazione dolorifica rilascia encefaline che sono mediatori chimici dell'impulso di alcuni interneuroni, tipicamente neuroni inibitori.

Ci sono neuroni encefalinergici sia a livello del corno posteriore che in altre sedi del tronco dell'encefalo e tutti questi neuroni sono inibitori e hanno a che fare con il dolore sia fisico sia psichico. Il dolore psichico e fisico è anche in relazione alla concentrazione di un ormone dell'adenoipofisi detto endorfina. Se diminuisce la concentrazione di tale sostanza si perde il benessere sia fisico che psichico, dove per benessere si intende l'assenza sia di dolore fisico che psichico. Le endorfine sono sostanze morfino simili (endorfine = morfina endogena) e come una iniezione di morfina anche una iniezione di endorfine ci rende resistente al dolore fisico e psichico. Endorfine ed encefaline sono sostanze strutturalmente simili ma le encefaline sono neurotrasmettitori e le endorfine sono ormoni. Noi produciamo endorfine dopo un'intensa attività fisica, dopo il sesso, dopo aver mangiato e questo allo scopo di fare nuovamente queste azioni che ci fanno sempre bene: mangiare è necessario alla sopravvivenza e questa è necessaria alla riproduzione che serve a perpetuare la specie . In realtà dopo un pasto produciamo serotonina la quale ci fa anche interrompere il comportamento (i bulimici hanno meno serotonina). Chi si fa di eroina non riesce a secernere una giusta quantità di endorfina e quindi è una persona con un problema mentale. Il farsi di eroina non sarebbe così grave se tale droga non procurasse assuefazione che mi porta ad aumentare progressivamente la dose. La tolleranza farmacologica è data dalla riduzione del numero di recettori (down regulation) che una cellula mette in atto quando è troppo bersagliata: per ottenere lo stesso effetto è necessario aumentare la dose. Se non possiamo assumerla accade che un qualsiasi stimolo dolorifico trovi un bassissimo numero di recettori per le endorfine e quindi si ha una ipersensibilità a tali stimoli dolorifici.

TEORIA DEL CONTROLLO A CANCELLO

Esiste una via locale di controllo della via del dolore tutta centrata a livello del MS, nota come teoria del controllo a cancello. Sperimentalmente possiamo osservare che se sbattiamo un gomito, istintivamente lo massaggiamo. Il massaggio, che significa applicazione di uno stimolo tattile, in qualche modo fa diminuire il dolore. Per spiegare questo evento empirico è stata elaborata tale teoria: quando stimoliamo un recettore dolorifico la fibra afferente arriva al neurone pseudounipolare gangliare che emette una fibra che entra nel corno posteriore del MS e fa sinapsi con un NEURONE DI PROIEZIONE (della lamina I e della lamina V) da cui partono le vie spino-talamiche. É presente però anche un'altra fibra (mielinica) di calibro piuttosto alto, che va a finire ad un suo neurone di proiezione. Il punto importante è che il neurone di proiezione (della lamina I e V) viene innervato anche da un INTERNEURONE INIBITORE ENCEFALINERGICO. A sua volta questo interneurone viene eccitato, ad inibire, da una collaterale della fibra che porta sensibilità tattile. Quindi se a seguito di uno stimolo dolorifico applico uno stimolo tattile alla stessa regione, attraverso questa collaterale vado ad eccitare l'interneurone inibitore che inibisce il neurone di proiezione che dovrebbe raccogliere il dolore e trasportalo al talamo e farcelo sentire.

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In realtà anche la fibra che veicola il dolore ha una collaterale la quale inibisce tonicamente l'interneurone inibitorio il quale quindi non inibisce più il neurone di proiezione che può scaricare dolore. Madre natura ha fatto le cose in modo tale che ad ogni costo io debba sentire dolore. Il dolore è fondamentale perchè ci dice che qualcosa non va. Anche in clinica il dolore è fondamentale per capire la causa del dolore e quindi un antidolorifico deve essere usato solo dopo che si è capito qual'è la causa del dolore. Però il sistema di controllo a cancello ha il sopravvento perché lo stimolo tattile viaggia ad una velocità di gran lunga superiore a quello dolorifico (almeno un ordine di grandezza) e quindi la via del dolore è inibita dallo stimolo tattile che si applica.

SENSIBILITA' PROPRIOCETTIVA NON COSCIENTE Abbiamo già detto che le vie del fascicolo gracile e del fascicolo cuneato portano non solo la sensibilità tattile discriminata epicritica ma anche la sensibilità propriocettiva cosciente. Esiste anche una sensibilità propriocettiva non cosciente che arriva al cervelletto (grande coordinatore del movimento). Noi abbiamo fondamentalmente 2 vie (almeno così diciamo per ora) che dal midollo spinale portano sensibilità propriocettiva non cosciente al cervelletto: la via spino cerebellare dorsale e la via spinocerebellare ventrale. La sensibilità propriocettiva non cosciente si origina a livello degli stessi recettori periferici da dove si origina la s. propriocettiva cosciente (vale a dire terminazioni nelle capsule articolari, fuso neuromuscolare e organo muscolo tendineo di Golgi). L'assone che veicola tale sensibilità propriocettiva entra per la radice posteriore e scarica su un neurone della lamina VI e VII (neuroni della sensibilità propriocettiva). Tale neurone dà origine ad un assone che fa una di queste due cose: 1) Si dirige verso la parte più dorsale del cordone laterale (dello stesso neuromero) e a

tale livello piega ad L salendo al cervelletto che raggiunge tramite il PEDUNCOLO CEREBELLARE INFERIORE. Tale via è detta appunto SPINOCEREBELLARE DORSALE perché occupa la parte più dorsale del cordone laterale.

2) Si scarica controlaterlamente (nello stesso neuromero), piega ad L, sale su e incrocia nuovamente a livello del PEDUNCOLO CEREBELLARE SUPERIORE, tramite il quale giunge al cervelletto ipsi laterale. Tale via non percorre solo il midollo spinale ma anche quasi tutto il tronco dell'encefalo (bulbo e ponte), arriva nel mesencefalo e poi piega per andare al cervelletto. Prende il nome di via SPINOCEREBELLARE VENTRALE (o crociata) perché decorre centralmente nel cordone laterale.

Queste due vie sostanzialmente portano lo stesso tipo di sensibilità propriocettiva incosciente (anche se in verità portano anche una forma di sensibilità tattile incosciente). Mentre la sensibilità propriocettiva cosciente viaggia esclusivamente con il fascicolo gracile e cuneato e va al cervello controlaterale, la sensibilità propriocettiva incosciente va al cervelletto ipsilaterale. Le vie spinocerebellari ventrale e dorsale non nascono dai neuroni della lamina VI e VII di tutto il midollo: queste 2 vie portano sensibilità propriocettiva incosciente dal torace in giù (arti inferiori, bacino, addome, tronco) e non dagli arti superiori e non dal collo. Infatti la sensibilità propriocettiva incosciente che nasce dall'arto superiore e dal collo (ossia da C8 a C2) segue una via detta CUNEO CEREBELLARE: l'assone afferente non entra nelle corna posteriori ma nel cordone posteriore e qui piega ad L diventando parte del fascicolo cuneato, arriva al bulbo, dove fa sinapsi con neuroni di un piccolo nucleo detto NUCLEO CUNEATO ACCESSORIO (perché vicino al nucleo cuneato) e da qui va al cervelletto.

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L'esistenza di due vie spino cerebellari è forse un esempio di ridondanza ossia di eccesso? NO. Tali vie sono state messe entrambe per un motivo importantissimo e per capirlo dobbiamo aprire una parentesi. Per programmare risposte motorie (ed anche comportamentali) abbiamo bisogno della informazione sensibile la quale ci permette di creare memorie. Noi possiamo contare su due tipi di memorie: le memorie genetiche che ereditiamo con i geni e le memorie spaziali che creiamo con l'esperienza e quindi attraverso tutte le forme di sensibilità. Tali memorie ci servono per programmare risposte motorie e per eseguire quindi i movimenti allo scopo di poterci spostare nello spazio e di relazionarci con il prossimo (anche il parlare, lo stringere, etc. sono tutti movimenti). E' quindi gioco forza pensare che ci siano vie di ritorno dalla corteccia al MS le quali mi permettano l'esecuzione del movimento.

VIE DISCENDENTI Infatti disponiamo di tante vie di moto le quali, per definizione, sono discendenti. Tra queste vie ne abbiamo una (una a dx ed una a sn) che è la principale via di movimento e che chiameremo per ora CORTICO SPINALE perché nasce da neuroni della corteccia e senza interrompersi viaggia nel MS e, neuromero per neuromero, va a scaricarsi fondamentalmente ma non esclusivamente, ai motoneuroni della lamina IX dai quali partono assoni che innervano i muscoli. Tale via è caratterizzata da una sola sinapsi ed è tanto importante che se la tagliamo, nei giorni successivi al taglio, perdiamo completamente la capacità di contrarre i muscoli (è la via piramidale). Sulla base di quanto è stato detto sembrerebbe che l'unico significato della via cortico spinale sia quello di andare a portare un ordine di movimento ad un motoneurone che innerva un determinato muscolo, in realtà una frazione di tale via non si scarica su motoneuroni della lamina IX ma su neuroni delle lamine IV, V (tatto e dolore) e VI e VII (sensibilità propriocettiva). Abbiamo quindi un altro esempio di una via discendente (ossia che viene dalla corteccia) la quale si scarica su neuroni sensitivi per regolare l'attività di scarica di tali neuroni. Questa via è detta cortico-spino-cerebellare. Si tratta di una specie di cortocircuito: la corteccia attraverso la stessa via che dovrebbe portare l'ordine di movimento, fa in modo che arrivino le informazioni tattili più utili in quel momento ai fini dell'esecuzione di quel movimento. Oppure, ed è la stessa cosa, la corteccia per far arrivare al cervelletto le informazioni propriocettive più utili, in quel momento, ai fini del movimento. Notiamo che attraverso la via spinocerebellare dorsale arrivano al cervelletto le informazioni propriocettive generate immediatamente un attimo prima del movimento compiuto: il cervelletto deve essere informato della conseguenza dell'atto motorio appena eseguito. Tale via non arriva alla corteccia e quindi le informazioni che veicola non sono processate dalla corteccia. La via spino cerebellare ventrale, invece, porta al cervelletto informazioni, dallo stesso pezzo di soma, che hanno subito il vaglio della corteccia attraverso la via cortico spinale, ossia quella che contestualmente porta l'ordine di movimento. Ogni movimento che facciamo è inserito in una sequenza motoria, ad esempio il camminare è una sequenza di passi. Per fare il passo successivo la corteccia e soprattutto il cervelletto devono sapere quale è stata la conseguenza del passo precedente. Inoltre il cervelletto deve sapere anche, in anticipo, quale è il programma di movimento ideato dalla corteccia. É per questo che l'informazione che proviene dal muscolo e che viaggia attraverso la via spino cerebellare ventrale è modificata dalla via cortico spinale e si crea così un circuito cortico spino cerebellare. Questo spiega perchè le due vie spino cerebellari non sono uguali e quindi non c'è ridondanza: la via spino cerebellare dorsale veicola al cervelletto informazioni propriocettive non coscienti che non

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vengono processate dalla corteccia, mentre la spino cerebellare ventrale veicola informazioni propriocettive incoscienti che però sono processate dalla corteccia attraverso il circuito cortico spino cerebellare. La via cortico spinale non è l'unica via discendente che controlla le lamine IV, V, VI e VII. Un'altra via discendente che svolge tale funzione di controllo parte dalla corteccia e fa stazione in un nucleo del mesencefalo detto nucleo rosso da cui diparte la via RUBRO SPINALE per cui è detta via cortico rubro spinale che scarica come quella cortico spinale. Anche in tal caso non si tratta di ridondanza. Quindi in sintesi abbiamo 2 vie discendenti le quali hanno il compito di regolare il flusso di informazioni che devono tornare alla corteccia o al cervelletto.

RISPOSTE MOTORIE RIFLESSE Comunque l'informazione propriocettiva (raccolta a livello delle articolazioni, muscoli e giunzioni muscolo scheletriche) non è destinata esclusivamente alla corteccia e al cervelletto. Infatti noi utilizziamo tale informazione per attuare risposte motorie riflesse. Facciamo un esempio: se do un colpetto sul tendine del quadricipite femorale di un individuo che sta a gambe accavallate ed è rilassato, ottengo il riflesso miotatico o da stiramento: la gamba si estende sulla coscia per poi ritornare giù ( l'escursione è di pochi gradi). Tale riflesso è indipendente dalla volontà ed è dovuto alla stimolazione di particolari recettori che si trovano in prossimità dei tendini dei muscoli antigravitari (natica, coscia, gamba, dorso, collo) ma anche in prossimità di muscoli con cui noi siamo capaci di fare movimenti fini (muscoli delle dita delle mani, muscoli che ci fanno spostare gli occhi), alla giunzione tra muscolo e tendine troviamo un organulo, lungo da 10mm a 12mm, chiamato fuso neuromuscolare che è un vero e proprio propriocettore che viene attivato tutte le volte che un muscolo si allunga rispetto alla posizione immediatamente precedente. A causa di ciò diciamo che il fuso neuromuscolare ci serve a registrare lo stiramento (allungamento) del muscolo. L'informazione che parte dal fuso neuromuscolare viaggia in una fibra che scarica nel ganglio pseudounipolare da cui si diparte una fibra che entra nel midollo spinale e da origine a 5 rami (collaterali):

1. in parte diventa fascicolo gracile o cuneato (e quindi va alla corteccia controlaterale mediante il lemnisco mediale);

2. una collaterale entra nel corno posteriore e scarica alle lamine VI e VII (e quindi va al cervelletto mediante la via spinocerebellare);

3. la collaterale numero 3 si scarica direttamente nel motoneurone che innerva il muscolo il cui fuso è stato stirato il quale quindi per riflesso si contrae.

Questo è quello che si verifica o che si può verificare ad ogni sollecitazione del fuso neuromuscolare. Tale contrazione è stereotipa (ossia sempre uguale, di intensità costante) Noi siamo fabbricati per rispondere ad ogni sollecitazione del muscolo con una risposta motoria atta a riportare il muscolo alla sua lunghezza. Il motoneurone attivato è detto motoneurone alfa. In linea di principio è possibile che un soggetto in coma, venendo sottoposto a stimoli che si succedono nel tempo secondo uno schema ben preciso, resti in piedi e si sposti nello spazio con dei movimenti meccanici che sembrano dei robot. Per descrivere le altre due collaterali della prima afferente propriocettiva bisogna aprire una parentesi per chiarire due concetti:

• il fuso neuromuscolare è disposto in parallelo al muscolo che lo contiene. Questo fuso viene attivato meccanicamente allo stiramento del muscolo il quale stira anche il fuso il quale da origine al riflesso di stiramento o miotatico (che è mediato dal motoneurone alfa)

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• é importante anche sapere che i nostri muscoli a riposo sono caratterizzati da uno stato minimo di contrazione chiamato tono muscolare. Questo tono è assicurato da un certo numero di fibre del muscolo che sono costantemente in contrazione. Tale tono è assicurato da un motoneurone alfa che scarica con frequenza lenta ma costante su un certo numero di fibre di un dato muscolo. Tale tipo di motoneurone alfa è detto "motoneurone alfa tonico" per distinguerlo dal tipo "alfa fasico" che interviene nella contrazione fasica dei muscoli.

Ad ogni articolazione abbiamo muscoli antagonisti tra loro (ad esempio gli adduttori e gli abduttori) che vengono attivati in modo opposto ( se contraggo gli abduttori dovrò rilasciare gli adduttori che sono gli antagonisti nel movimento di abduzione). Fatte queste premesse abbiamo che affinché un riflesso miotatico vada a buon fine con la contrazione di un dato muscolo allora non deve essere antagonizzato dai muscoli antagonisti per cui madre natura ha inventato un meccanismo che serve a spegnere momentaneamente l'attività del motoneurone alfa tonico dei muscoli antagonisti ai fini di facilitare l'azione del muscolo agonista il quale deve vincere la forza di gravità.

4. Questo meccanismo è innescato proprio dalla 4° collaterale la quale scarica su un interneurone inibitore della lamina VII il quale è eccitato ad inibire gli alfa motoneuroni (tonici) che innervano il muscolo antagonista. In definitiva viene momentaneamente azzerato il tono del muscolo antagonista.

5. Infine, la 5° collaterale della fibra propriocettiva si incrocia controlateralmente a livello del corno anteriore e va ad attivare una serie di eventi che sono ad esempio:

se decido di stare su un solo arto recluto i muscoli di quell'arto ma anche quelli dell'altro arto che dovranno avere il comportamento opposto: se fletto il quadricipite di destra sul bacino devo estendere quello di sinistra (sistema dei pesi e dei contrappesi). Esempio dell'importanza del riflesso miotatico. Dentro alla pancia un bambino ha una posizione flessa che tende a mantenere per alcuni mesi come conseguenza dell'adattamento dei recettori propriocettivi. Crescendo, l'evento importante che rappresenta un evento spartiacque è quello di passare da una posizione flessoria ad una posizione estensoria che, invero, riguarda solo l’arto inferiore in quanto quello superiore mantiene sempre una posizione flessoria. La posizione che un arto mantiene è la conseguenza del tono muscolare dei suoi muscoli così mentre nell'arto superiore prevale il tono dei muscoli flessori (prevalenza degli alfa motomeuroni tonici flessori), nel dorso e negli arti inferiori prevale il tono dei muscoli estensori o meglio dei muscoli antigravitari. Il passaggio tra la posizione flessoria e quella estensoria è graduale ( si passa per il gattonamento) e richiede 10 -12 mesi. Per tale passaggio è fondamentale il riflesso miotatico. Tale riflesso è infatti sempre controllato dai pediatri nei primissimi mesi di vita. Il pediatra, per controllare i riflessi del bimbo, lo prende per le ascelle, lo solleva e poi gli fa appoggiare i piedi su un lettino: appena le dita dei piedi toccano il lettino il bimbo estende le gambe sulle cosce (raddrizza gli arti). Questo riflesso passivo è dovuto al fatto che quando i piedi poggiano diminuisce l'angolo del ginocchio e ciò causa lo stiramento dei quadricipiti che a loro volta causano lo stiramento dei loro fusi neuromuscolari che attivano la via riflessa descritta. Quindi: il riflesso dello stiramento passivo dei fusi neuromuscolari serve fondamentalmente per ripristinare la postura normale che nell'uomo è quella eretta. La risposta che un fuso neuromuscolare attiva serve anche per capire se la forza con cui sto contraendo un muscolo è adatta o non adatta alla resistenza. Se ad esempio vado a sollevare una valigia di cui non conosco il contenuto posso all'inizio esercitare una forza insufficiente ai fini del sollevamento della valigia stessa,

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comunque nell'atto di sollevarla stiro i fusi muscolari, come conseguenza dello stiramento dei muscoli, ed i fusi mandano l'informazione che la forza esercitata è insufficiente.

STIRAMENTO ATTIVO DEL FUSO NEUROMUSCOLARE Fino ad ora abbiamo parlato della sollecitazione passiva del fuso ma in realtà siamo dotati di un meccanismo e di una struttura che ci permette di stirare attivamente il fuso. Per capire tale meccanismo bisogna conoscere la struttura del fuso neuromuscolare. Il fuso neuromuscolare è una struttura fusiforme di 1, 2 mm di lunghezza costituita da una membrana esterna (perimisio) che delimita un fascio di 10- 20 mini fibre muscolari striate (fibre intrafusali) che sono parallele tra loro e alle fibre del muscolo (fibre extrafusali). Le fibre intrafusali si inseriscono o al tendine del muscolo o ai poli della capsula connettivale. Nel fuso si distinguono due poli e un equatore. Si può osservare che :

1. le 10-20 fibre intrafusali presentano sarcomeri solo verso e non a livello dell'equatore del fuso;

2. nella parte equatoriale delle fibre (e quindi all'equatore del fuso) sono invece concentrati i nuclei;

3. nelle porzioni distali del fuso , dove ci sono i sarcomeri, si possono osservare una serie di placche che derivano da sottili fibre motrici (fibre gamma). Le fibre gamma derivano da motoneuroni gamma della lamina IX, i cui impulsi provocano la contrazione delle porzioni distali delle fibre intrafusali con stiramento del fuso (i poli si allontanano ).

Tale stiramento è pero attivo perché attivato da una fibra e quindi con impiego di energia ma il risultato dello stiramento è uguale a quello dello stiramento passivo. É importante sottolineare che: gli alfa motoneuroni innervano le fibre extrafusali e i gamma motoneuroni le fibre intrafusali. Risultato: è possibile contrarre un muscolo che abbia dei fusi neuromuscolari in due modi: a) inviando un ordine da un alfa motoneurone che, a sua volta lo ha ricevuto dalla

corteccia (contrazione volontaria); b) stimolando un gamma motoneurone a stirare attivamente il fuso, generare

l'informazione propriocettiva con i soliti 5 destini: uno di questi stimola l'alfa motoneurone il cui fuso è stato attivamente stimolato, con contrazione in via riflessa del muscolo.

Allora noi abbiamo un doppio sistema di contrarre i muscoli, uno che parte dalla corteccia e che contrae una sola sinapsi (due in realtà: all'alfa e alla placca motrice); un altro che è multisinapsi che però è incentrato sul gamma motoneurone e che rappresenta una sorta di servomeccanismo (amplificazione) MA COME FA LO STIRAMENTO DEL FUSO A GENERARE L'INFORMAZIONE PROPRIOCETTIVA? All'equatore del fuso o meglio all'equatore di ogni singola fibra arriva il dendrite di una grossa fibra nervosa propriocettiva, il quale dendrite circonda la fibra muscolare formandole attorno una spirale, formando la così detta terminazione anulospirale. Accade che quando il fuso si stira l'equatore collassa ossia diminuisce di diametro e questo funge da stimolo meccanico che viene raccolto dalle terminazioni anulospirali innescando tutti i meccanismi descritti. Ora passiamo a rispondere alla domanda: PERCHE' MADRE NATURA HA INVENTATO UN SISTEMA COSI COMPLESSO?

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La risposta è duplice: 1) In realtà noi non possediamo soltanto la via cortico spinale (Piramidale) per muoverci

ma possediamo almeno altre sei vie discendenti di moto che provengono da nuclei che si trovano nel tronco dell'encefalo che, a loro volta, sono eccitati da vie che vengono, in genere, dalla corteccia cerebrale o dal cervelletto. Tali vie nel loro insieme costituiscono il sistema extrapiramidale. Quindi noi abbiamo 2 sistemi discendenti di moto: la via principale di moto, la via piramidale, ed il sistema extrapiramidale. Sia la via piramidale che quelle extrapiramidali si scaricano sia ad alfa motoneuroni che a gamma motoneuroni. In genere c'è una prevalenza delle vie extrapiramidali a scaricarsi sui gamma motoneuroni e una prevalenza delle vie piramidali a scaricarsi su alfa motoneuroni fermo restando che ogni tipo di motoneurone riceve entrambe le vie. Questo è importante perchè grazie al fatto che i gamma motoneuroni ricevono fibre che sono soprattutto extrapiramidali noi organizziamo sequenze motorie complesse se devono essere STEREOTIPE, scomodando soprattutto i gamma che danno risposte riflesse. Se invece abbiamo una necessità di fare un movimento particolarmente fine, oppure rapido, oppure che richiede particolare abilità motoria, allora useremo la via cortico spinale primariamente. Quindi usiamo primariamente la via piramidale per movimenti fini e rapidi e le vie extrapiramidali per azioni riflesse automatiche quali il camminare.

2) un altro motivo per cui c'è un gamma, è che la via piramidale si scarica anche sul gamma oltre che sull'alfa. Il risultato è che l'attivazione dell'alfa fa contrarre il muscolo extrafusale, il quale si accorcia ma la contemporanea stimolazione del gamma fa stirare il fuso neuromuscolare nello stesso istante: varia la proporzione tra le lunghezze dei 2 elementi (muscolo e fuso). Lo stiramento del fuso tra i vari effetti va a stimolare anche l'alfa, che era stato precedentemente stimolato dalla via piramidale e quindi fa contrarre il muscolo per via riflessa (è questo il servo meccanismo ossia l'amplificazione). Se però registriamo l'attività del fuso, noi notiamo che esso scarica immediatamente dopo arrivato l'ordine del gamma, ma dopo un po’ non scarica più, per cui la contrazione riflessa si ha per un attimo e poi non c'è più. La probabile ragione del fatto che tale meccanismo riflesso si spegne sembra sia dovuta al grado di stiramento raggiunto dal fuso stesso. Raggiunto un certo grado di stiramento, se aumenta la resistenza applicata al muscolo, la quale mi fa allungare passivamente il muscolo che si sta contraendo, tale allungamento si aggiunge al prestiramento del fuso ed io ho una risposta motoria riflessa più grossa. Ossia la capacità di oppormi alla resistenza di peso è maggiore di quella che avrei se non avessi tale sistema.

RIASSUNTO DELLA ATTIVAZIONE DEL FUSO NEUROMUSCOLARE. Lo stiramento del fuso è registrato dalle terminazioni anulospirali della fibra sensitiva che fa capo ad un neurone pseudounipolare di un ganglio spinale il cui assone entra nel midollo spinale dove si divide in 5 branche. 1) Una sale sotto forma di fascicolo gracile o cuneato che va alla corteccia

controlaterale ( via del LEMNISCO MEDIALE) 2) Una va a neuroni della lamina VI e VII per dare origine alle vie cerebellari

(l'informazione va al cervelletto ipsi laterale) 3) Una scarica ad alfa motoneuroni della lamina IX che innervano il muscolo il cui

fuso è stato stirato (riflesso miotatico). Tale riflesso serve a mantenere il tono normale dei muscoli che è estensivo per l'arto inferiore e flessorio per l'arto

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superiore. Serve anche a rendere possibili contrazioni riflesse del muscolo allorché venga aumentata la resistenza.

4) Una collaterale si scarica su un interneurone inibitore della lamina VII che va ad inibire l'alfa motoneurone del muscolo antagonista a quello il cui fuso è stato stirato .

5) La quinta collaterale va dall'altra parte del midollo, e va a scaricare sugli alfa della lamina IX producendo gli effetti opposti: viene eccitato l'antagonista ed inibito l'agonista. Ciò consente il mantenimento della postura e quindi dell'equilibrio.

Quindi le funzioni del fuso sono: 1) avvisare la corteccia ed il cervelletto che un muscolo è più lungo di prima e che quindi

è aumentata la resistenza; 2) adeguare la forza di contrazione del muscolo alla resistenza applicata (valigia più

pesante di quello che avevamo pensato all'inizio); 3) capire che un certo peso non riuscirò mai a tirarlo su, ossia se siamo in grado di

sollevare un certo peso. Questo è importante ai fini di comportamenti in quanto se una persona si ostina a voler tirare su un peso enorme questo ci fa capire che la sua personalità è alterata.

ORGANO MUSCOLO TENDINEO DI GOLGI Un secondo organulo, l'organo muscolo tendineo del golgi, è invece posto in serie rispetto al muscolo, ossia alla giunzione miotendinosa. Tale organulo è sensibile all'aumento di tensione che si sviluppa in un muscolo che si sta contraendo. Esso registra le variazioni di potenza nella contrazione muscolare dicendo che il muscolo si è accorciato rispetto a prima (il muscolo sviluppa potenza se si accorcia) Quindi la contrazione del muscolo mette in tensione l'organulo del golgi. Tale tensione è registrata dalla fibra afferente propriocettiva la quale entra nel midollo e si divide in quattro rami: 1) un ramo prende la via del fascicolo gracile o cuneato ( al cervello) 2) un secondo da origine alla vie spino cerebellari (al cervelletto) 3-4) il terzo ed il quarto si scaricano a livello degli alfa motoneuroni (il terzo attiva un interneurone inibitore mentre il quarto attiva il motoneurone attraverso una catena di disinibizioni) creando però l'effetto opposto rispetto a quello creato dalla fibra afferente che deriva dal fuso neuromuscolare nei confronti del muscolo agonista ed antagonista. Il risultato è che se si eccita l'organulo di Golgi in un muscolo che si sta contraendo, tale muscolo si rilascia mentre si contrae il suo antagonista. I neurofisiologi hanno pensato che tale meccanismo servisse ad impedire un eccesso di contrazione di un muscolo ai fini di evitare la lacerazione ossia lo strappo del muscolo stesso. È probabile che l'organo di Golgi serva anche a questo ma sicuramente serve ad un qualcosa di più banale. Per capirlo facciamo un esempio. Immaginiamo di alzare una valigia che pensiamo essere piena che in verità è vuota. La forza che imprimiamo inizialmente è troppo grande rispetto al peso che effettivamente devo alzare; una tale forza viene subito riaggiustata in base al carico che effettivamente sto alzando. Questo aggiustamento è il risultato della messa in tensione dell'organulo di Golgi il quale (con i rami ascendenti della fibra sensitiva) avvisa la corteccia ed il cervelletto che la resistenza

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è troppo bassa rispetto alla potenza ed inoltre (con gli altri 2 rami) mette in atto un riflesso che rilascia il muscolo che si sta contraendo e contrae l'antagonista di questo. Quindi: mentre il fuso neuromuscolare ci indica se la potenza è adeguata alla resistenza, l'organo muscolo tendineo del Golgi ci dice se la resistenza è adeguata alla potenza, ma in particolare ci dice che la potenza è troppo rispetto alla resistenza. Dobbiamo infine fare 2 puntualizzazioni: 1) la prima riguarda i neuroni delle lamine VI e VII dai quali si dipartono le vie

spinocerebellari dorsale e ventrale. Abbiamo detto che i neuroni della lamina VI e VII che danno origine alla spino cerebellare ventrale subiscono il controllo di vie discendenti: la via cortico spinale e la via cortico rubro spinale. In realtà il midollo spinale è un centro di riflessi: la circuiteria degli interneuroni configura dei minicircuiti locali del tipo interruttore lampadina. Lungo il midollo abbiamo quindi vie di riflesso le quali quando vengono attivate, danno sempre risposte stereotipe. Tali risposte stereotipe sono però regolate dalla corteccia direttamente attraverso la via cortico spinale od indirettamente attraverso la via cortico rubro spinale. La corteccia modula la scarica di informazioni che dalla periferia sono dirette al cervelletto. In questo modo il cervelletto confronta ( interfaccia) l'informazione pura che gli viene dalla periferia (via spino cerebellare dorsale), con quello che in quell'istante la corteccia vuole che si faccia. Questo deve avvenire perché un qualsiasi movimento fa parte di una sequenza di movimento programmata dalla corteccia. Le vie discendenti hanno la funzione di dire al cervelletto quale circuiteria del midollo spinale, ossia quale neuromero del midollo deve entrare in funzione un attimo dopo.

2) Significato della lamina VIII. I neuroni di tale lamina non ricevono informazioni sensitive dalla periferia direttamente ed i loro assoni non lasciano il midollo spinale. Ciò significa che non sono né neuroni sensitivi, né neuroni di proiezione. Se osserviamo uno di questi neuroni, ad esempio un neurone della lamina VIII appartenente al neuromero C7 vediamo che l'assone di tale neurone esce dalla sostanza grigia ma, appena uscito si divide in T con una branca che scende ed una che sale. Tali branche, salendo e scendendo, danno origine a collaterali ciascuna delle quali rientra nella sostanza grigia del midollo e si scarica su alfa motoneuroni (lamina IX) e su interneuroni della lamina VII i quali, a loro volta, scaricano su motoneuroni della lamina IX. Queste fibre sono quindi dette fibre associative in quanto associano un certo neuromero. Questo significa che se stimolo un neurone della lamina VIII questo andrà a reclutare una serie di alfa motoneuroni in neuromeri che precedono e seguono il neuromero a cui il neurone stimolato appartiene. Ogni neurone della lamina VIII di un certo neuromero avrà connessioni diverse da quelle di un altro neurone della stessa lamina e dello stesso neuromero. Ogni neurone ha connessioni geneticamente predeterminate che quindi si instaurano durante l'organogenesi e l'embriogenesi. Ovviamente gli alfa motoneuroni dei neuromeri che ricevono le fibre associative saranno raggiunti dallo stimolo (che viaggia a 2 millisecondi) tanto più tardi quanto più distanti sono i neuromeri dal neuromero che contiene il neurone della lamina VIII che è stato eccitato. Come conseguenza della stimolazione di un neurone della lamina VIII avrò quindi una serie di movimenti stereotipi che si succederanno nello spazio e nel tempo i quali, nel loro insieme, configureranno un comportamento motorio stereotipo; ad esempio, se con una puntina pungo una mano, come comportamento stereotipo faccio un movimento che è la successione di una serie di azioni stereotipe in sequenza:

- estendo la mano per allontanarla dalla puntina - fletto l'avambraccio sul braccio (lo allontano dalla puntina) - estendo il braccio (lo porto indietro)

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- talvolta faccio anche un salto indietro Il tutto sembra avvenire contemporaneamente ma in verità avviene in sequenza perchè i neuromenri vengono raggiunti dall'impulso in tempi successivi: prima viene raggiunto il neuromero più vicino e poi via via quelli successivi. Tale meccanismo è molto importante perchè rende possibile una risposta motoria stereotipa scomodando solo all'inizio una via centrale del movimento per dare inizio al movimento che poi continua grazie all'attivazione della circuiteria incentrata sulla lamina VIII. Dato che però anche i neuroni reclutati mediante il circuito della lamina VIII costituiscono dei circuiti e siccome la risposta motoria che si genera genererà altra informazione propriocettiva ed esterocettiva destinata alla corteccia ed al cervelletto, si capisce ancor più l'importanza di vie discendenti che scaricano nella lamina VI e VII per andare a dire al cervelletto quello che esso deve coordinare durante il movimento successivo. Quindi il midollo non è soltanto un punto di arrivo e di partenza, ma è una circuiteria importante. Da questa si dipartono informazioni che vanno ai centri superiori raggiungendo la corteccia che è la sola a poter fare l'esame della realtà e a prendere delle decisioni.

TRONCO DELL'ENCEFALO

È costituito da tre parti: il bulbo o midollo allungato, il ponte di Varolio ed il mesencefalo. Il bulbo visto dal davanti sembra veramente la continuazione del midollo spinale. In realtà le apparenti continuazioni dei cordoni anteriori del midollo sono dette piramidi bulbari e sono fatte quasi esclusivamente di fibre discendenti. Qui troviamo tutta la via cortico spinale che, costituendo le piramidi bulbari, è detta via piramidale. Ai lati dei 2 terzi superiori del bulbo sono visibili 2 formazioni ovolari relativamente grandi dette olive inferiori. Tra la piramide e l'oliva c'è un solco detto solco pre-olivare (pre=davanti) che è in linea con il solco ventro laterale del midollo spinale. Dal solco pre-olivare emerge un certo numero di radicole le quali convergono tutte in un unico ramo, il XII nervo cranico o nervo ipoglosso (innerva la lingua da sotto). Dal solco retro olivare (o solco dei nervi misti) emergono altre radicole che convergono a formare 3 nervi: L'XI (accessorio), il X (vago) ed il IX (glossofaringeo). Il bulbo finisce in maniera netta con un solco bulbo pontino. In corrispondenza di tale solco,sopra le piramidi del bulbo, vediamo emergere il VI o nervo abducente, che innerva un solo muscolo, il muscolo laterale o retto esterno dell'occhio, il quale fa girare il polo anteriore dell'occhio verso l'esterno. Se ci spostiamo un pò più lateralmente ci troviamo in una zona delimitata dal ponte, dal bulbo, dall'oliva e dal cervelletto. Tale zona, critica in clinica, si chiama angolo ponto cerebellare,dal quale emergono tre nervi. Il primo è il VII (nervo faciale) , il secondo è il nervo intermedio che con il terzo, lo statoacustico, forma l’VIII nervo cranico (i nervi cranici che emergono da questa zona sono pertanto 2: VII e VIII, quest’ultimo formato dall’unione dei nervi intermedio e statoacustico). Tumori che si sviluppano in questa regione (delle meniningi o delle cellule di SHAWN di tali nervi) possono dare segno di se comprimendo uno di questi tre nervi. Il ponte del VAROLIO ha una morfologia apparentemente del tutto diversa da quella del bulbo. Il ponte è percorso medialmente dal solco basilare che separa 2 metà simmetriche e convesse sul davanti fatte fondamentalmente di sostanza bianca. All'estremità laterale di queste superfici vediamo emergere il più grosso nervo cranico, il V o nervo trigemino. Dall'immagine si vede anche come fibre del ponte entrano nel cervelletto.

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Spostandosi più in su vediamo che il ponte si continua con il mesencefalo che è una struttura corta e larga costituita da 2 formazioni convesse separate da una fossa. Le 2 superfici convesse sono dette peduncoli cerebrali e la fossa che le divide è detta fossa interpeduncolare. Dalla fossa interpeduncolare emerge il terzo nervo cranico o oculomotore comune che innerva i muscoli estrinseci ed intrinseci dell'occhio. L'unico nervo che emerge dalla superficie dorsale è il IV o nervo trocleare o patetico (perché esso innerva il muscolo obliquo superiore dell'occhio che quando è contratto sposta in basso ed in avanti il polo anteriore dell'occhio dando lo sguardo "patetico"). Il IV nervo emerge dalla superficie dorsale del mesencefalo e ha la particolarità di essere l'unico nervo cranico ad incrociarsi all'origine (innerva il muscolo controlaterale). Per guardare da dietro il tronco dell'encefalo bisogna eliminare il cervelletto che è strettamente connesso a tutto il tronco dell'encefalo mediante i peduncoli cerebellari ossia grossi fasci di sostanza bianca che connettono il tronco al cervelletto. Abbiamo 3 peduncoli cerebellari per lato: superiore, medio ed inferiore.

• Il peduncolo cerebellare superiore è il più piccolo ed è costituito da fibre a doppio senso di circolazione che uniscono il cervelletto al mesencefalo.

• Il peduncolo cerebellare medio, che è il più grande, è costituito da fibre a senso unico ed obbligato che vanno dal ponte al cervelletto e che costituiscono la via principale di collegamento tra corteccia e cervelletto.

• Il peduncolo cerebellare inferiore, di dimensioni intermedie, unisce il cervelletto al bulbo ed il bulbo al cervelletto.

Asportando il cervelletto e guardando il tronco dell'encefalo a partire dal bulbo, vediamo che i 2 terzi inferiori del bulbo sono simili alla metà posteriore del midollo spinale ma sono diverse le dimensioni: è come se il fascicolo gracile e il cuneato crescessero di dimensioni ma in verità la crescita di dimensione è dovuta alla presenza di nuclei di sostanza grigia che sono destinati a ricevere tali fibre. Tali 2 formazioni sono dette CLAVA (dal fascicolo gracile) e TUBERCOLO CUNEATO (dal fascicolo cuneato). Sopra al tubercolo cuneato c'è un'altra formazione detta tuber cinereum di cui diremo. La cosa che risulta guardando tale immagine è che tutte queste formazioni posteriori del bulbo, via via che si sale, si ingrandiscono e si spostano lateralmente, tanto che tra le formazioni di destra e quelle di sinistra si forma uno spazio. Lo spazio romboidale che si forma è dovuto in parte al bulbo ed in parte al ponte ed è posto in profondità rispetto al piano delle strutture appena menzionate. In realtà quello che accade è che il canale ependimale che fino a C1 è in posizione centrale, presente due variazioni di decorso importanti: 1) il canale si dorsalizza, ossia devia indietro 2) mentre si posteriorizza, tale canale si allarga come l'affluente (immissario) che va a

finire in un lago. Allargandosi e dorsalizzandosi, tale canale fa si che vengano a ridursi a zero tutte le strutture che stanno dietro al canale ependimale nel midollo spinale (corna posteriori, cordoni posteriori ed un pezzo di commessura grigia). Il risultato è quindi che il terzo superiore del bulbo non ha più il tetto, ossia non c'è più né sostanza grigia né bianca. Il lago che viene a formarsi prende il nome di quarto ventricolo. Se osserviamo un'immagine laterale del tronco ci sembra che il tetto di questo lago sia costituito dal cervelletto ma in verità il tetto è costituito da 2 veli midollari: il velo midollare anteriore superiore ed il velo midollare posteriore inferiore che sono disposti come una tendina canadese ruotata di 90 gradi. Il fondo ti tale lago è detto pavimento del quarto ventricolo. Il quarto ventricolo contiene LIQUOR. Dall'immagine vediamo anche che il canale nel dorso del ponte si restringe e quindi, all'estremo superiore del ponte, si ricostituisce una specie di tetto. Infatti dal quarto ventricolo emerge un condotto che percorre assialmente il mesencefalo ma in posizione eccentrica. Tale condotto è il già nominato acquedotto di Silvio. Nel

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mesencefalo viene quindi ricostituito un tetto vero è proprio di strutture nervose detto TETTO DEL MESENCEFALO che è costituito da una lamina di sostanza bianca detta lamina dei corpi quadrigemini (che è tipo un vassoio che sostiene quattro tazze capovolte, appunto i corpi quadrigemini) che sostiene quattro corpi quadrigemini. I corpi quadrigemini si chiamano anche collicoli (da collina) e ne abbiamo 2 superiori (destro e sinistro) e 2 inferiori (destro e sinistro). I collicoli inferiori sono una stazione cruciale nella via uditiva (se distruggiamo i collicoli inferiori di una persona questa diventa sorda) mentre i collicoli superiori sono importanti centri di riflessi visivi (se li distruggiamo la persona non diventa cieca ma perde la possibilità di eseguire alcuni riflessi visivi).

ORGANIZZAZIONE DELLA SOSTANZA GRIGIA DEL TRONCO

Una conseguenza molto importante della dorsalizzazione ed ampliamento del canale ependimale è quella della deformazione della geometria esistente nel midollo spinale: la sostanza grigia che era compatta al centro del midollo spinale viene frammentata in tante isole di sostanza grigia in un mare di sostanza bianca. Ognuna di queste isole va a costituire un nucleo, ossia un insieme di neuroni implicati nella stessa funzione. Nel midollo spinale la sostanza grigia è organizzata in lamine (da I a VI sensitive, la VII mista, la IX degli alfa e gamma motoneuroni, e l'VIII è costituita da neuroni associativi intraspinali). Questa tipologia di neuroni si ritrova anche nel tronco dell'encefalo dove avremo:

• nuclei sensitivi (ossia gruppi di neuroni che ricevono, tramite i nervi cranici, informazioni sensitive: dolorifiche, tattili e propriocettive);

• nuclei motori somatici (che contengono alfa e gamma motoneuroni come quelli della lamina IX);

• nuclei motori viscerali (che stavano nella lamina VII del midollo); • nuclei associativi (che contengono neuroni uguali a quelli della lamina VIII che però

qui assumono un significato profondamente diverso). Tale ordine può essere capito se si pensa a cosa avviene alla sostanza bianca e grigia dorsale quando il canale ependimale si amplia e si dorsalizza: le corna posteriori vengono spinte lateralemente e verso l'avanti ed i cordoni posteriori lateralmente. Ma nelle corna posteriori c'erano i neuroni sensitivi per cui i nuclei sensitivi ce li dobbiamo aspettare nel tronco dell'encefalo in posizione dorso laterale. I cordoni posteriori ( che nel tronco sono detti clava e tubercolo cuneato) si spostano, via via, dorso lateralmente. I cordoni laterali del midollo, a causa di questa spinta, si spingono in posizione ventro mediale (e diventano piramidi del bulbo). Le corna anteriori vengono prima avvicinate e poi spinte dorsalmente ( cioè indietro) e quindi dobbiamo aspettarci i nuclei motori somatici in posizione dorso mediale. Ora analizziamo i nuclei del tronco. Nell'immagine sono rappresentati a sinistra i nuclei motori ed a destra i nuclei sensitivi, fermo restando che i nuclei sono tutti simmetrici ossia sono presenti sia a destra che a sinistra. Nell'immagine vediamo come in posizione dorso mediale abbiamo, nel tronco dell'encefalo, 4 nuclei: uno molto lungo che si trova a cavallo tra bulbo e ponte, uno nel ponte e due nel mesencefalo. Tutti questi nuclei sono costituiti da motoneuroni alfa e gamma (lamina IX) e sono i nuclei di alcuni nervi cranici. Ciò significa che le loro fibre abbandoneranno il tronco dell'encefalo per diventare nervi cranici. Il nucleo che è allungato tra bulbo e ponte è il nucleo del nervo ipoglosso (XII) che innerva i muscoli della lingua. Il nucleo che si trova sul ponte è il nucleo del nervo abducente (VI) che andrà ad innervare il muscolo retto esterno dell'occhio. Nel mesencefalo abbiamo un nucleo davanti al collicolo inferiore esso è il nucleo del nervo trocleare o patetico (IV) che innerva il muscolo obliquo superiore dell'occhio. Il

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nucleo che si trova davanti al collicolo superiore è il nucleo dell'oculomotore comune (III) che innerva i muscoli dell'occhio. Sempre in posizione dorsale ma un po’ più lateralmente rispetto ai nuclei sin qui descritti abbiamo tre nuclei: uno nel bulbo e 2 nel ponte che sono sempre costituiti da motoneuroni alfa e gamma soltanto che sono fisicamente separati da quelli descritti ( per un motivo embriologico). Il nucleo che si trova nel bulbo è il nucleo ambiguo. Qui abbiamo alfa e gamma motoneuroni che appartengono al X ed al IX nervo cranico ossia al vago ed al glossofaringeo: abbiamo i motoneuroni del vago che diventeranno nervi laringei ed i motoneuroni che diventeranno nervo glossofaringeo, importante per l'innervazione della muscolatura dell'istmo delle fauci e dei muscoli costrittori della faringe (superiore e metà del medio). Il nucleo più caudale del ponte è il nucleo del nervo facciale (VII), le cui fibre innervano i muscoli mimici del volto ma anche partecipano all'innervazione dei muscoli del palato. Il nucleo più craniale è il nucleo del nervo masticatorio o nucleo motore del nervo trigemino (V) le cui fibre vanno ad innervare i muscoli masticatori, i muscoli fonatori, quasi tutti i muscoli sopra ioidei ed il muscolo tensore del palato. Nella regione dorsale del tronco compreso tra i primi 2 gruppi di nuclei sono presenti 4 nuclei che sono costituiti da motoneuroni viscerali ossia da motoneuroni tipo quelli che, nel midollo spinale, abbiamo posizionato nella lamina VII, nella regione laterale del corno anteriore. Prima di parlare di questi nuclei bisogna parlare del sistema nervoso autonomo che è quella parte del sistema nervoso che innerva la muscolatura liscia, le ghiandole esocrine e le ghiandole endocrine, regolandone l'attività. Il sistema nervoso autonomo (SNA) è costituito da motoneuroni viscerali che sono di 2 tipi: un tipo costituisce il SNA ortosimpatico, un secondo tipo il SNA parasimpatico. Tali tipi di motoneuroni viscerali fanno cose opposte nel senso che dove l'uno eccita, l'altro inibisce e questo viene fatto in maniera concertata al fine dello svolgimento ottimale di una determinata funzione. Tutti i neuroni ortosimpatici sono localizzati (nella lamina VII) in un tratto di midollo spinale compreso tra C8 ed L3 anche se la maggior quantità di neuroni si trova da T1 a L2. I neuroni parasimpatici si trovano in parte nel tronco dell'encefalo (sopra a C1) ed in parte nella lamina VII dei neuroni sacrali da S2 a S4. A livello dell'apparato gastroenterico il parasimpatico è sempre uno stimolatore ossia favorisce le secrezioni ed aumenta la motilità, viceversa l'ortosimpatico è un inibitore ossia diminuisce l'attività secretoria e diminuisce la contrazione della muscolatura dell'apparato gastroenterico tranne quella degli sfinteri (il piloro, lo sfintere liscio dell'ano) che sono sotto il tono ortosimpatico che li mantiene contratti, ossia chiusi. Quindi, a livello dell'apparato gastroenterico, il parasimpatico è deputato alla digestione ed all'assorbimento, mentre l'ortosimpatico fa il contrario. Lo stesso accade a livello bronchiale: il para stimola le secrezioni tracheobronchiali e stimola la contrazione della muscolatura liscia (tanto da poter dare crisi d'asma) vice versa l'orto causa una inibizione delle secrezioni tracheobronchiali ed un rilassamento della muscolatura dei bronchi. Le ghiandole salivari sono stimolate dal para ed inibite dall'orto. Un altro concetto importante da fissare è che, mentre nel midollo spinale l'alfamotoneurone ha un assone che va direttamente al muscolo scheletrico, nel SNA i motoneuroni viscerali sono 2 e sono posti in serie: un primo motoneurone è quello che si trova nel sistema nervoso centrale ossia da C8 ad L3 per l'ortosimpatico, sopra C1 e da S2 a S4 per il parasimpatico. Un secondo motoneurone è quello che va ad innervare la ghiandola o la muscolatura liscia. Questo è situato in gangli motorviscerali che hanno una sede diversa nell'ortosimpatico e nel parasimpatico ma che comunque sono posti al di fuori del SNC. Dato che il numero di questi secondi neuroni motorviscerali è maggiore del numero dei neuroni motorviscerali centrali, si capisce come queste sinapsi abbiano in più lo scopo di amplificare il segnale. Nel sistema ortosimpatico il neurone motorviscerale

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centrale dà origine ad una fibra pregangliare corta che fa sinapsi con un neurone gangliare posto nei gangli che si trovano vicino alla colonna vertebrale a destra ed a sinistra (mediastino ma anche addome) a formare le catene dei gangli ortosimpatici. Da questi neuroni si dipartono fibre postgangliari che sono lunghe in quanto i visceri che innervano possono trovarsi a grande distanza (arteriole del dorso del piede). Vice versa, nel sistema parasimpatico, il neurone centrale dà una fibra pregangliare lunga (es. nervo vago) ed una postgangliare corta. Questo perché i neuroni gangliari parasimpatici, ossia i gangli parasimpatici, sono disposti o in prossimità dell'organo da innervare o nello spessore della parete dell'organo da innervare (ad es. plesso mioenterico di Auerbach). NUCLEI MOTORI VISCERALI Ritornando ai nuclei motori viscerali abbiamo che quello più caudale,disposto in parte nel bulbo ed in parte nel ponte, è il nucleo MOTORE DORSALE DEL VAGO. Tale nucleo è detto motore perché costituito da neuroni motori viscerali,dorsale perché si trova in posizione dorsomediale,del vago perchè le fibre pregangliari che emergono da tale nucleo diventano una parte importante del X nervo cranico. Sempre nel bulbo,in posizione più craniale abbiamo un piccolo nucleo detto NUCLEO SALIVATORIO INFERIORE. Le fibre pregangliari di tale nucleo diventano parte integrante del IX nervo cranico(“glossofaringeo”)ed innervano la parotide(da qui “salivatorio”). A seguire, nella parte più caudale del ponte, abbiamo il NUCLEO SALIVATORIO SUPERIORE. Se stimoliamo questo nucleo otteniamo una varietà di effetti: -secrezione delle ghiandole sottomascellari,sottolinguale e salivari minori (ossia scialorrea). -abbondante secrezione nasale(rinorrea) -abbondante lacrimazione. A causa di ciò, tale nucleo può essere diviso in 2 parti: -NUCLEO SALIVATORIO propriamente detto,le cui fibre diventeranno parte del VII nervo cranico; -NUCLEO NASO-MUCO-LACRIMALE, le cui fibre diventeranno anch’esse parte del VII nervo cranico ma avranno diversi neuroni gangliari (parasimpatici); Nel mesencefalo abbiamo un ultimo nucleo motor viscerale,situato all’altezza del colllicolo superiore,molto vicino al nucleo del III nervo cranico: il NUCLEO DI EDINGER-WESTPHAL o oculomotore accessorio. Le fibre innervano,con l’interposizione di un ganglio il muscolo sfintere della pupilla ed il muscolo ciliare, intervenendo nell’adattamento dell’occhio alla visione da vicino. NUCLEI SENSITIVI Il più grande nucleo sensitivo che attraversa tutto il tronco dell’encefalo è il NUCLEO DEL TRIGEMINO (V), dove abbiamo neuroni che corrispondono alle lamine I,II,III,IV,V,VI,VII. Esso può essere,a sua volta,suddiviso in 3 nuclei: -il tratto più craniale prende il nome di NUCLEO MESENCEFALICO DEL V; riceve le informazioni propriocettive non coscienti dirette al cervelletto che provengono dai muscoli e dall’unica articolazione che abbiamo a livello craniale. -a seguire abbiamo quella parte di nucleo che si trova nel ponte:NUCLEO SENSITIVO PRINCIPALE DEL V,esso riceve la sensibilità propriocettiva cosciente e tattile epicritica che si origina nello splancnocranio. - l’ultima parte di tale nucleo che percorre tutto il bulbo è detta NUCLEO DEL TRATTO SPINALE DEL V; i neuroni di tale nucleo ricevono tutta la sensibilità termico-dolorifica

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(protopatica ed epicritica) e la sensibilità tattile protopatica che si genera a livello dello splancnocranio. Più medialmente abbiamo un’ampia area(che comprende grossa parte del bulbo ed una parte del ponte)costituita da 4 nuclei a destra e 4 nuclei a sinistra detti NUCLEI VESTIBOLARI:essi ricevono la sensibilità cinestesica proveniente dal nervo vestibolare,la quale viene percepita dall’orecchio interno,ma si genera con gli spostamenti attivi e passivi del capo. Noi utilizziamo tale sensibilità per aggiustare il tono dei muscoli antigravitari al fine di ottenere l’equilibrio e la postura quando ruotiamo il capo. Al confine tra bulbo e ponte ,ma più nel ponte che nel bulbo,abbiamo 2 nuclei COCLEARI: quello dorsale e quello ventrale(2 a dx e 2 a sn)i quali ricevono l’informazione uditiva da parte della componente acustica del VIII. Infine abbiamo,nel bulbo,un altro nucleo piuttosto grosso e lungo: il NUCLEO DEL TRATTO SOLITARIO, esso riceve fondamentalmente tutta la sensibilità gustativa che è veicolata dal 3 nervi:il VII, il IX ed il X. Noi utilizziamo tale sensibilità gustativa in parte per i riflessi salivatori ed in parte per dare informazione al talamo controlaterale ed alla corteccia. Il nucleo del tratto solitario è, però, importante anche perché riceve informazioni dai visceri, soprattutto da quelli cavi del tratto gastroenterico, ed innesca delle risposte riflesse che servono a regolare l’attività di tali visceri (sensibilità introcettiva). I nuclei qui descritti “hanno a che fare” con i nervi cranici ma non esauriscono tutta la sostanza grigia del tronco dell’encefalo;infatti ci sono anche nuclei che non hanno a che fare con i nervi cranici e che,a causa di ciò,sono chiamati NUCLEI PROPRI DEL TRONCO DELL’ENCEFALO. Alcuni già li abbiamo “incontrati”: il nucleo gracile,il nucleo cuneato ed il nucleo cuneato accessorio,altro esempio è l’oliva inferiore del bulbo (NUCLEI PROPRI DEL BULBO). SEZIONI TRASVERSALI A LIVELLO DEL BULBO Prendiamo in esame due sezioni trasversali del bulbo:una eseguita nel terzo inferiore (A)ed una nel terzo superiore(B). Se consideriamo la sezione traversa (A) notiamo che: (DISEGNO)

• il canale ependimale è centrale • dorsalmente a questo canale,da medio a lato, abbiamo una prima coppia di

protuberanze che sono i 2 tubercoli gracili(clave), • più lateralmente abbiamo i 2 tubercoli cuneati • ancora più lateralmente abbiamo i 2 TUBER CINEREUM: questi sono i rilievi

formati dal nucleo del tratto spinale del V che sta attraversando il bulbo. • ventralmente abbiamo 2 piramidi • dietro le piramidi ci sono i 2 lemnischi mediali, l’uno accanto all’altro, formati dalle

fibre che derivano dal tubercolo gracile e cuneato (FIBRE ARCIFORMI) che dopo essersi incrociate salgono al talamo controlaterale.

Lo spazio che rimane sarà riempito in parte da altre fibre ascendenti come quelle spino-cerebellari. Se ora consideriamo una sezione trasversale in (B): (DISEGNO)

• non c’è più il tetto ma il pavimento del IV ventricolo • ventralmente troviamo sempre le piramidi • lateralmente a queste troviamo le OLIVE INFERIORI(DI DX E SN)

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• dorsalmente troviamo il pavimento del 4° ventricolo ed il peduncolo cerebellare inferiore che va al cervelletto

• medialmente i 2 lemnischi. L’oliva è, in realtà, un complesso di nuclei e di fibre che arrivano e che partono da un nucleo i cui neuroni sono disposti in maniera dentellata: per immaginare l’oliva nelle 3 dimensioni dello spazio possiamo pensare a quelle lamiere ondulate con cui si costruiscono i tetti delle baracche. Una sezione traversa ci da’ l’immagine di un foglio di lamiera ondulata piegata a ferro di cavallo.

• Dorsalmente, da medio a lato, troviamo i nuclei dell’ipoglosso, il nucleo dorsale del vago ed il nucleo del tratto solitario;

• in posizione dorso-laterale,tra l’oliva e le fibre del peduncolo cerebellare inferiore, troviamo i NUCLEI VESTIBOLARI.

• Dal solco preolivare emerge il XII n.c., le cui fibre originano dal nucleo dell’ipoglosso e passano lateralmente rispetto al lemnisco mediale, tra la piramide e l’oliva. Questo è un rapporto anatomico importante perchè la stragrande maggioranza dei malati neurologici lo sono per i per problemi di vascolarizzazione che può essere comune nella zona della piramide.

• Altri nervi quali il IX,X e XI hanno fibre che emergono dal solco retroolivare. NERVO IPOGLOSSO(XII) È un nervo motorsomatico puro,si occupa della innervazione della muscolatura intrinseca ed estrinseca della lingua e lo fa con un rapporto di innervazione molto basso cosi’ da permettere una estrema mobilità della lingua. NERVO VAGO(X) Il X n.c.(VAGO) provvede non soltanto alla innervazione di regioni della testa ma discende fino ai visceri per formare dei plessi intorno a questi: è il più importante nervo parasimpatico. Questo nervo è misto in quanto contiene sia fibre motrici che fibre sensitive ed, in particolare, ha 2 componenti motrici: -fibre motor-somatiche -fibre motor-viscerali e 2 componenti sensitive: -sensibilità generale -sensibilità gustativa speciale COMPONENTI MOTRICI DEL VAGO

1. La componente motor-somatica proviene tutta dal NUCLEO AMBIGUO, dove abbiamo motoneuroni alfa e gamma i quali si occupano della innervazione di:

- tutto il “palato molle”:costrittore medio ed inferiore del faringe, muscolo elevatore del palato e muscoli degli archi palatini;

- tutti i muscoli intrinseci del laringe tramite i rami laringei inferiore o ricorrenti ed i laringei superiori

Se noi distruggiamo bilateralmente i 2 nuclei ambigui,il soggetto ha grossi problemi nella fase tardiva della deglutizione,ma soprattutto non riesce più a parlare (non emette suoni).

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2. La componente motor-viscerale proviene dal nucleo motore dorsale del vago dove abbiamo neuroni parasimpatici pregangliari che danno origine a fibre pregangliari molto lunghe in quanto arrivano fino al colon traverso.

I gangli parasimpatici associati al vago, nel tratto gastroenterico, sono presenti nel plesso di Meissner ed in quello di Auerbach. Le fibre del vago vanno anche alla muscolatura bronchiale ed alle ghiandole bronchiali, stimolando entrambe; la stimolazione dei nuclei dorsali del vago, quindi, produce un aumento delle secrezioni gastroenteriche, un aumento della peristalsi intestinale fino alla diarrea, ma anche una intensa broncocostrizione (crisi asmatiche) ed una intensa secrezione bronchiale. Il vago innerva anche ganglietti presenti nel plesso cardiaco che, con fibre postgangliari, vanno a modulare la frequenza di contrazione cardiaca. La stimolazione del nucleo dorsale del vago produce bradicardia(diminuisce sia la frequenza che la forza di contrazione cardiaca). La frequenza cardiaca può diminuire al punto tale da portare a svenimento il soggetto. La componente motor-viscerale del vago è detta, pertanto, NERVO CARDIO-PNEUMO-ENTERICO. L’ipertono vagale è una situazione al limite con l’organico ed è funzionale: non è una malattia ma un comportamento del soggetto che utilizza più del dovuto questa componente vagale. Il soggetto sta apparentemente molto male: ha una respirazione superficiale perché “ha fame d’aria”, sente le gambe deboli a causa della bradicardia, fino allo svenimento, ed inoltre ha disturbi gastroenterici. Tali disturbi sono “nervosi”, in realtà è una malattia mentale perché in qualche modo la corteccia riesce ad influire sull’attività del SNA. COMPONENTI SENSITIVE DEL VAGO

3. Una prima componente è di sensibilità speciale: le fibre sensitive speciali provengono dalla radice della lingua (a livello dell’ipoglottide) dove abbiamo calici gustativi, ossia recettori della sensibilità gustativa. Queste fibre viaggiano con il nervo vago ed entrano nel bulbo per finire al nucleo del tratto solitario, ma vanno anche ad innescare il RIFLESSO DELLA SALIVAZIONE.

4. La seconda componente sensitiva è di sensibilità generale, una forma di sensibilità che deriva dai visceri cavi e che, nella stragrande maggioranza dei casi, è di tipo termico-dolorifico (“sensibilità introcettiva”). Esempi di ciò sono il dolore allo stomaco, lo spasmo intestinale, quello dell’uretere e la contorsione dolorosa della cistifellea.

Tale forma di sensibilità introcettiva va a scaricarsi al nucleo del V,ed in particolare al nucleo del tratto spinale del V, che è quello deputato a raccogliere la sensibilità termico-dolorifica e tattile protopatica;da tale nucleo partono fibre che vanno al talamo controlaterale e quindi alla corteccia. Lungo il vago,comunque viaggiano anche informazioni che non raggiungono il livello di coscienza e che provengono da vari apparati innervati dal vago(es l’app.GE).Tali informazioni non raggiungono la coscienza perché questa sensibilità non si scarica a livello del nucleo del tratto spinale del V ma va a finire al nucleo del tratto solitario; da qui i neuroni mandano fibre pregangliari che raggiungono i gangli ortosimpatici andando a regolare i neuroni viscerali ortosimpatici. Un esempio di RIFLESSO VISCERALE è rappresentato dallo sfintere pilorico che è innervato dall’ortosimpatico (ma anche dal parasimpatico) il quale ne mantiene un tono costante per cui è solitamente chiuso. Quando, però, si sta digerendo, il chimo deve passare un po’ per volta nel duodeno e quindi tali fibre vagali vanno a regolare i neuroni ortosimpatici da cui dipende il tono dello sfintere pilorico .

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5. Infine il vago contiene anche una piccolissima componente di sensibilità esterocettiva che proviene, in genere, dal padiglione auricolare, ma soprattutto dalla cute del meato acustico esterno. Tale quota di sensibilità è capace di innescare un riflesso: IL RIFLESSO DELLA TOSSE.

NERVO GLOSSOFARINGEO(IX) Il IX n.c. raccoglie la sensibilità dell’orecchio medio, della lingua e del faringe e provvede alla motilità dei muscoli del faringe. (DISEGNO) Anche questo è un nervo misto: contiene 2 componenti motrici: somatica e viscerale, e due componenti sensitive: viscerosensitiva e gustativa.

1. Come per il vago anche per il glossofaringeo la componente motorsomatica si trova nel NUCLEO AMBIGUO e le fibre provenienti dagli alfa motoneuroni vanno ad innervare:

-il muscolo costrittore del superiore e medio del faringe e lo stilojoideo; -i muscoli dell’istmo delle fauci.

2. La componente motor-viscerale parasimpatica si identifica con il NUCLEO SALIVATORIO INFERIORE,le cui fibre pregangliari vanno a finire in un ganglio parasimpatico detto GANGLIO OTICO, perché è vicino all’orecchio, posto subito all’esterno delle loggia parotidea. Con le sue fibre postgangliari, tale ganglio innerva sia gli acini della parotide sia le cellule mioepiteliali a canestro che circondano l’acino e lo “spremono” (sono cellule stellate).

3. Una prima componente sensitiva è speciale ed è una sensibilità gustativa che fa capo a papille gustative che si trovano nel terzo posteriore del dorso della lingua.

Anche in tal caso l’informazione gustativa va al nucleo del tratto solitario e quindi al talamo controlaterale.

4. La componente di sensibilità generale portata dal IX proviene dal meato uditivo esterno(come per il X), ma soprattutto dalla mucosa dell’istmo delle fauci e questo è importante per la genesi del riflesso del cosiddetto ”conato di vomito”.

Quest’ ultimo è un riflesso motorio irrefrenabile perché è protettivo e porta alla chiusura improvvisa dell’istmo delle fauci ed alla contrazione dei muscoli costrittori del faringe con conseguente conato che respinge verso l’uscita il materiale estraneo che è momentaneamente entrato. Tale riflesso è utilizzato in clinica per essere sicuri di aver eseguito correttamente un tampone faringeo. NERVO VESTIBOLO-COCLEARE(VIII) L’VIII n.c. è un nervo sensitivo puro che ha 2 componenti:

• la radice coclearie per l’organo dell’udito; • la radice vestibolare per l’organo dell’equilibrio.

RADICE VESTIBOLARE Le fibre della radice vestibolare non vengono da un ganglio organizzato ma da neuroni disseminati nel fondo del meato acustico interno( vestibolo dell’orecchio interno)che nel loro insieme costituiscono il GANGLIO VESTIBOLARE DI SCARPA. L’azione di tali neuroni diventa componente vestibolare dell’VIII che entra nell’angolo ponto cerebellare del bulbo, parte craniale, e va a scaricarsi nei nuclei vestibolari che sono 4 a dx e 4 a sn. L’informazione raccolta è di tipo cinestesico(categoria generale:sensibilità propriocettiva) che si origina come conseguenza degli spostamenti attivi e passivi del capo,i quali

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determinano,per riflesso,la contrazione dei muscoli del collo,soprattutto degli estensori, ma non solo, per mantenere il capo eretto. I nuclei vestibolari scaricano in maniera tonica o fasica per mantenere il capo in una posizione intermedia tra quella flessoria e quella estensoria, ossia in posizione eretta. L’informazione generata dall’orecchio interno arriva ai nuclei vestibolari che smistano tale informazione in 5 direzioni:

1. mediante una via ascendente,i nuclei proiettano al talamo e da qui alla corteccia temporale:qui percepiamo la posizione del capo e gli spostamenti che il capo ha subito,anche se minimi;

2. da tali nuclei una via discendente,chiamataVIA VESTIBOLO SPINALE

LATERALE(laterale perché si trova nel cordone laterale del M.S.), va a finire praticamente a livello di quasi tutti i neuromeri, ma soprattutto dei neuromeri cervicali e lombari, per scaricarsi in parte a livello di alfa-motoneuroni, in parte a livello di gamma-motoneuroni in parte ad interneuroni della lamina VII ed in parte a neuroni della laminaVIII.

Bisogna fare un distinguo: per quanto riguarda i neuromeri lombo-sacrali che hanno a che fare con l’arto inferiore, tale via innerva i motoneuroni alfa e gamma dei muscoli antigravitari (gli estensori della gamba sulla coscia, i muscoli posteriori della coscia, i glutei). A livello del tronco sono innervati i motoneuroni che innervano muscoli del dorso che sono molto importanti per il mantenimento della stazione eretta,per il mantenimento del normale tono estensorio degli arti inferiori e del tronco. A livello degli arti superiori dove il tono normale è flessorio ,allora la componente di tale via che va a livello cervicale, tra C6 e T1(plesso brachiale) va ad innervare i motoneuroni alfa e gamma dei muscoli flessori. A livello del collo sono interessati tutti i muscoli sia flessori che estensori perché il capo eretto è una situazione intermedia tra flessione ed estensione. Questa informazione vestibolo spinale laterale non ci serve solo a mantenere l’equilibrio quando siamo fermi,ma anche a stare in equilibrio quando camminiamo . Questa via può scaricare fasicamente (ossia quando ce n’è bisogno) su gruppi di alfa e gamma motoneuroni per reclutare muscoli e ,attraverso questi,farci compiere movimenti riflessi che ci fanno mantenere in equilibrio. Se ,ad esempio,siamo in autobus e questo parte all’improvviso, noi siamo scaraventati indietro;se,al contrario l’autobus frena noi cadiamo in avanti:in entrambi i casi intervengono movimenti riflessi che si oppongono alla direzione del moto. Le attività motorie riflesse sono innescate dalla via vestibolo-spinale laterale che va a scaricarsi sia direttamente su alfa e gamma motoneuroni dei muscoli interessati a tale spostamento,sia alla lamina VIII che è quella che permette movimenti stereotipi non molto fini,ma molto efficaci come quello di riadattare la posizione nello spazio per mantenere l’equilibrio. Lo stimolo reale che innesca tale riflesso è una variazione dell’accelerazione subita dal corpo e registrata da un sensibilissimo sistema meccanico posto nell’orecchio interno: un complesso di strutture particolari, gli OTOLITI, si spostano a seconda del movimento del capo eccitando strutture ciliari (IL CHINOCIGLIO) componenti dell’organo del Corti. La deformazione del chinociglio produce informazioni elettriche recepite dal dendrite accettore. Se tali otoliti non riacquistano la giusta posizione di partenza,allo spostamento del capo si ha perdita di equilibrio e sensazione di vertigine (gli occhi girano irrefrenabilmente).

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3. Dai nuclei vestibolari si dipartono degli assoni che si spingono verso la linea di mezzo e si dividono a T con una branca che sale ed una che scende.

-La branca discendente prende il nome di VIA VESTIBOLO SPINALE MEDIALE ed è una via bilaterale.Tale via è mediale a quella laterale e decorre nel corno anteriore. Questa via bilaterale si ferma a livello dei neuroni cervicali, in realtà dei primi neuromeri toracici, e quindi ha a che fare con i movimenti dell’arto superiore e del collo (in minima parte del tronco) e serve per l’aggiustamento del tono ed il ripristino della postura (l’equilibrista necessita dell’uso delle braccia per tenersi in equilibrio e camminare sulla fune). -La branca ascendente è diretta al ponte e prende il nome di fascicolo longitudinale mediale: essa è deputata alla regolazione del movimento coniugato degli occhi sul piano orizzontale e verticale.

4. L’informazione vestibolare viene proiettata anche al cervelletto che così viene informato su quello che sta succedendo.

Il cervelletto, dopo averla processata, riverbera l’informazione ai nuclei vestibolari al fine di regolare l’attività di scarica verso il M.S. e rendere ottimale la risposta muscolare . Il cervelletto usa una parte dell’informazione per scaricarla direttamente ai nuclei dei nervi oculomotori (soprattutto al nucleo del III) per regolare il tono dei muscoli innervati. La via discendente vestibolo spinale (mediale e laterale) non passa per le piramidi del bulbo,pur essendo una via di moto:siamo di fronte al primo esempio di VIA EXTRAPIRAMIDALE . La via extrapiramidale è diversa anche a livello funzionale rispetto alla piramidale che è importante per i movimenti fini, rapidi e che richiedono particolare abilità motoria anche per iniziare il movimento; la via extrapiramidale permette movimenti grossolani e stereotipi, tipo l’aggiustamento della postura. Tornando alla branca ascendente dell’assone che si diparte dai nuclei vestibolari e che va a scaricarsi sui nuclei dei nervi oculomotori: il III (oculomotore comune), il IV(trocleare)ed il VI (abducente), questa dà luogo alla via chiamata fascicolo longitudinale mediale. Tutti sappiamo che gli occhi sono organi della vista, ma anche dell’equilibrio: ad occhi chiusi ci spostiamo molto più lentamente che ad occhi aperti, inoltre necessitiamo della memorie della stanza in cui ci muoviamo e, comunque, abbiamo poco equilibrio negli spostamenti al buio. In quanto organi della vista gli occhi ci consentono la tridimensionalità dello spazio e degli oggetti che ci stanno intorno, ci permettono di creare nella nostra testa delle coordinate spaziali (destra,sinistra,avanti,dietro…..), ma ci consentono anche di avere punti di riferimento nello spazio per poterci muovere. Gli occhi ci consentono anche di mantenere una traiettoria nel movimento. Succede che l’informazione vestibolare è diretta verso l’alto tramite il fascicolo longitudinale mediale ai nuclei oculomotori ed in particolare al nucleo del VI controlaterale. Così, se l’informazione vestibolare è stata suscitata a destra, allora viene reclutato il nucleo del VI di sinistra: il risultato è che entrambi gli occhi si spostano sul piano orizzontale verso sinistra. Si ha quindi un moto coniugato in quanto gli occhi si muovono in modo congiunto nella stessa direzione. Nessuno è in grado di divergere gli occhi. Spostamenti coniugati degli occhi possono essere volontari o riflessi soprattutto quando ci sono spostamenti del capo che generano una variazione di accelerazione. Il dato sperimentale ci dice che, stimolando opportunamente questi nuclei, gli occhi si spostano sul piano orizzontale omolaterale allo stimolo e poi tornano alla posizione di partenza.

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Questo movimento coniugato presuppone l’intervento del muscolo retto laterale dell’occhio controlaterale allo stimolo e del muscolo retto mediale omolaterale allo stimolo; contemporaneamente sono inibiti gli antagonisti. Questa è una risposta riflessa regolata dall’attività di scarica del cervelletto che controlla che il movimento avvenga lentamente verso la direzione stabilita e velocemente verso il punto di partenza. Ad esempio,quando leggiamo i nostri occhi si spostano lentamente da sinistra a destra ma velocemente da destra a sinistra. Una parte del movimento di andata e ritorno degli occhi è regolata dai nuclei vestibolari perché noi spostiamo gli occhi mantenendo fisso il capo ed è tale movimento che innesca la risposta vestibolare la quale servirà a stimolare,rafforzare e sostenere gli occhi in quella posizione. Tali connessioni anatomiche spiegano il perché il mancato ritorno degli otoliti alla posizione di partenza sia legata alla sensazione di vertigine posizionale.

5. Il nucleo vestibolare scarica l’informazione anche alla SOSTANZA RETICOLARE DEL BULBO (c’è alternanza di sost. grigia e bianca, da qui l’immagine di un reticolo) implicata, come abbiamo già visto, nel controllo del dolore; alcuni neuroni reticolari reclutati dal nucleo vestibolare mediale hanno diverse funzioni:

si scaricano a livello di 3 nuclei parasimpatici: - nucleo salivatorio superiore, - nucleo salivatorio inferiore, -nucleo dorsale del vago. Questa via è attivata solo in caso di iperstimolazione del nucleo vestibolare mediale e quindi di iperstimolazione dell’apparecchio vestibolare. Un esempio valido ci è fornito dal MAL D’AUTO, causato dall’iperstimolazione dell’apparato vestibolare: l’attivazione dei tre nuclei porta ad un aumento delle secrezioni gastriche e della motilità intestinale (nucleo dorsale del vago); inoltre,dalla sost. reticolare, attraverso la VIA RETICOLO-SPINALE LATERALE giunge informazione sino alla colonna dell’ortosimpatico (da C8 a L2-L3) che provoca ipertono ortosimpatico con conseguenze come:

a) aumento della frequenza e della forza di contrazione cardiaca (effetto cronotropo e ionotropo positivo) e questo porta ad un aumento della velocità di circolo;

b) broncodilatazione e riduzione delle secrezioni bronchiali e questo porta ad un aumento di aria a livello polmonare;

c) diminuzione delle secrezioni gastriche e della motilità intestinale(conflitto con lo stimolo vagale).L’ortosimpatico è responsabile del tono dello sfintere pilorico che quindi rimane chiuso anche se lo stomaco è attivato dall’innervazione vagale:questo genera un inversione del flusso e quindi il riflesso del vomito;

d) vasocostrizione arteriolare cutanea e del distretto sottodiaframmatico (addome e pelvi) allo scopo di far convogliare più massa sanguigna verso muscoli, cuore ed anche polmoni (anche se in piccola parte perché le arterie polmonari sono poco sensibili allo stimolo del SNA);

e) stimolazione delle ghiandole sudoripare il sudore è freddo perché è la cute ad essere fredda, sintomo che la situazione stà diventando grave.

Altro sintomo è l’IPERPNEA che,però ,non dipende dal tono ortosimpatico:il più importante muscolo respiratorio è il diaframma innervato dal nervo frenico che origina dal centro frenico situato a livello dei neuromeri C2,C3,C4 nel M.S. Per vomitare è necessario aumentare la pressione addominale in modo tale che lo stomaco venga “schiacciato” (come il cartone del latte) e questo è possibile flettendo il tronco sul bacino: vengono, quindi, interessati i muscoli ileo-psoas, il muscolo

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quadrato dei lombi e tutta la parete addominale. Possiamo immaginare che sia la via reticolo spinale ad attivare questo complesso muscolare. Questa lunga sequela di sintomi sono tipici dell’iperattività del sistema ortosimpatico che viene attivato in molte occasioni: paura, emozione,….. Probabilmente è un meccanismo di difesa volto a tenere il self-control, che ci protegge da dannosi stress e sollecitazioni. Naturalmente ci si può adattare anche a questa reazione che non sarà più un deterrente. A soffrire il mal d’auto non sono i bambini piccolissimi perché i nuclei vestibolari non sono ancora sviluppati, ma quelli che sanno già camminare e stare in piedi. Anche la lettura in macchina facilita il mal d’auto: gli occhi perdono i riferimenti spaziali. RIFLESSO SALIVATORIO È centrato nel bulbo ed in parte nel ponte:ogni qualvolta ci mettiamo una sostanza, sapida o non, in bocca, iniziamo a salivare per via riflessa. Nella lingua ci sono sia recettori gustativi che esterocettivi(tattili e dolorifici);la sensibilità gustativa è raccolta da 3 nervi:il VII, il IX ed il X n.c. La sensibilità gustativa va al nucleo del tratto solitario mentre la sensibilità esterocettiva che viene dalla lingua va al nucleo del V; una parte di sensibilità gustativa ed esterocettiva raggiunge la sost. reticolare che recluta soprattutto il NUCLEO SALIVATORIO INFERIORE che innerva la parotide, a secrezione totalmente sierosa (la saliva è liquida, per poter “impastare”), ma stimola anche il nucleo dorsale del vago al fine di aumentare la secrezione gastrica. IL PONTE: sezione traversa -ventralmente abbiamo una formazione enorme: IL PIEDE DEL PONTE; -dorsalmente il pavimento del 4° ventricolo con dei rilievi corrispondenti ai nuclei di origine del 12° paio di nervi encefalici (trigono dell’ipoglosso); -dorsolateralmente abbiamo l’enorme peduncolo cerebellare medio che contiene solo fibre che vanno dal ponte al cervelletto e non viceversa. Troviamo anche i nuclei che hanno a che fare con la via acustica. -Dorsomedialmente vediamo 3 nuclei motori: a)nucleo motorsomatico del VII b)nucleo del VI c)nucleo masticatorio del V -nella metà ventrale del ponte abbiamo un mare di sost.grigia che costituisce i cosiddetti NUCLEI BASILARI DEL PONTE, che sono NUCLEI PROPRI del ponte. Tale mare di sost. grigia è attraversata da sost. bianca e precisamente da 2 formazioni simmetriche, una a dx ed una a sn: VIA CORTICO-SPINALE, CHE NON E’ SUPERFICIALE COME NEL BULBO, DOVE FORMA LE PIRAMIDI. NUCLEI BASILARI DEL PONTE I nuclei pontini rappresentano una grande percentuale del piede del ponte,ossia comprendono molti neuroni che ricevono ed inviano molte fibre.

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I nuclei pontini rappresentano la stazione obbligata di una grande via di comunicazione tra corteccia e cervelletto: LA VIA CORTICO-PONTO-CEREBELLARE (di dx e di sn). Questo fa sì che la corteccia informi il cervelletto su: a) cosa ha intenzione di fare sul piano motorio(VIA FRONTO-PONTO-CEREBELLARE); b) che informazioni esterocettive, propriocettive e speciali ha assunto ed elaborato (in questo modo il cervelletto può coordinare più efficacemente il movimento nello spazio e nel tempo). Tale via parte dalla corteccia parietale, dalla corteccia temporale ed in parte da quella occipitale, per comunicare al cervelletto controlaterale quale è la situazione spaziotemporale in cui deve verificarsi il movimento che il cervelletto deve coordinare, come è disposto il soma in qualsiasi sua parte e quali sono gli stimoli tattili ricevuti in quel momento.

VII NERVO CRANICO E’ un nervo misto come il nono e il decimo, ossia ha quattro componenti: Componente motrice somatica Componente motrice viscerale Componente sensitiva speciale Componente sensitiva generale 1) Componente motor somatica: dal punto di vista motor somatico, il settimo va ad innervare tutti i muscoli mimici del volto dello stesso lato, e quindi si occupa della espressione del volto: è importante durante la fonazione e durante la masticazione (per parlare usiamo le labbra, innervate da tale nervo). 2) Componente motor viscerale: il nucleo motor viscerale del settimo (che è un nucleo parasimpatico) è rappresentato dal nucleo salivatorio superiore. In verità si tratta di due nuclei in uno in quanto uno è propriamente salivatorio, e da esso partono fibre pregangliari che vanno a scaricarsi su piccoli gangli posti vicino alla ghiandola sottomandibolare, sottolinguale e a qualche neurone gangliare in prossimità delle ghiandole intrinseche della lingua, delle labbra e del palato; l’altra parte di questo nucleo, invece, si occupa di innescare una risposta in secrezione da parte del naso e lacrimazione. Tale parte di nucleo è detto nucleo naso-lacrimale, e da questo si dipartono fibre pregangliari che vanno a finire in un unico ganglio detto sfenopalatino (per cui ogni volta che stimoliamo questa parte di nucleo salivatorio superiore o il ganglio sfenopalatino abbiamo entrambe le secrezioni). 3) Componente sensitiva speciale: il settimo raccoglie la sensibilità gustativa dei due terzi anteriori del dorso della lingua. Il ganglio coinvolto è il genicolato, e gli assoni che entrano vanno al nucleo del tratto solitario, poi al talamo controlaterale, e da qui alla corteccia sensitiva somestesica primaria, dove c’è la rappresentazione somatotopica della lingua. Però, tale informazione gustativa va anche alla sostanza reticolare, che va a reclutare i nuclei salivatori e anche il nucleo dorsale del vago per delle risposte riflesse. 4) Componente sensitiva generale: riguarda il condotto uditivo esterno, dove abbiamo fibre del X, del IX, del VII e, come vedremo, anche del V. Il VII va ad innervare in particolare il meato acustico esterno. V NERVO CRANICO (TRIGEMINO)

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Il quinto nervo cranico trasporta fibre sensitive per la cute e la mucosa della faccia e fibre motrici per i muscoli masticatori, il muscolo miloioideo, il ventre anteriore del digastrico, per il muscolo tensore del velo palatino e il muscolo tensore del timpano; si tratta quindi di un nervo misto. Nucleo masticatorio del V: nel ponte è situato il nucleo masticatorio del V. Si tratta di un gruppetto di motoneuroni le cui fibre vanno ad innervare i muscoli masticatori-fonatori, ma anche i muscoli della regione sopraioidea e il tensorio del palato. (I muscoli masticatori fonatori sono il massetere, i due pterigoidei e il temporale). Grande nucleo sensitivo del V: nel ponte abbiamo anche un parte del grande nucleo sensitivo che nel suo insieme riceve tutta la sensibilità somatica estero e propriocettiva che si origina a livello dello splancocranio. Questo è un nucleo molto importante sia dal punto di vista della vita vegetativa che dal punto di vista della vita di relazione; è il più grosso nucleo che abbiamo. Le grandi dimensioni stanno a significare che ci sono molti neuroni: siccome c’è una proporzione diretta fra il numero di neuroni di un nucleo e la densità di recettori a livello periferico, fra numero di neuroni e rapporto di innervazione, si capisce l’importanza di questo nucleo. Si ha quindi un unico e grosso ganglio sensitivo detto ganglio semilunare di Gasser, il quale ha la particolarità di essere l’unico ganglio che si trova dentro la scatola cranica. Al nucleo principale del V arriva la sensibilità tattile discriminata e propriocettiva cosciente che poi va al talamo controlaterale e alla corteccia. Al nucleo del tratto spinale del V va la sensibilità tattile protopatica e tutta la termico dolorifica; questo nucleo si chiama così perché il V nervo entra apparentemente a metà della faccia laterale del ponte (a destra e a sinistra): mentre le fibre destinate al nucleo principale trovano tale nucleo alla stessa altezza, le fibre dirette al tratto bulbare-spinale del quinto devono percorre tutto un tratto discendente per andare a finire sui neuroni del nucleo del tratto spinale del V; queste fibre si chiamano “tratto spinale del V”. Nucleo mesencefalico del V: è fatto di neuroni pseudounipolari, ossia è un ganglio sensitivo che si trova dentro il sistema nervoso centrale. Le fibre del V nervo passano per il ganglio di Gasser, lo attraversano e vanno a finire a livello dei neuroni del nucleo mesencefalico; da qui l’informazione va al cervelletto. Tratto spinale del V: la cute e le mucose dello splancocranio sono suddivise in tre zone concentriche (A, B e C). A: zona periorale, che comprende le due labbra ma anche le narici; B: zona che comprende naso, palpebre, congiuntiva dell’occhio, un pezzo di fronte, la zona zigomatica, la guancia e un pezzetto di mento; C: zona che comprende il cuoio capelluto della regione parieto-parietale, ma anche tutta la cute che copre il ramo della mandibola, il corpo della mandibola, un po’ di regione sopraioidea e il condotto uditivo esterno. Le fibre che provengono dalla zona A vanno a finire nella parte bulbare di tale nucleo; le fibre della zona B vanno a finire nel terzo medio a livello del primo e secondo neuromero spinale cervicale; quelle dalla zona C vanno a finire nella parte più caudale del nucleo del tratto spinale del V, a livello del secondo e terzo neuromero cervicale. Questo significa che c’è una distribuzione somatotopica diversa rispetto alla distribuzione periferica del V. L’informazione termico dolorifica e tattile protopatica viene indirizzata:

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A) al talamo controlaterale e corteccia (dove c’è la rappresentazione somatotopica della emifaccia corrispondente) B) viene utilizzata per innescare dei riflessi, quello della retrazione e quello dell’ammiccamento. Riflesso della retrazione: se ci arriva qualcosa sul volto di cui non conosciamo la natura noi retraiamo il capo e mettiamo in atto una sequenza motoria che avviene nello spazio e nel tempo: l’informazione arriva alla sostanza reticolare che recluta i muscoli estensori del capo (neuromeri cervicali); se lo stimolo supera un livello soglia sono reclutati anche i neuromeri che stimolano i muscoli dell’arto inferiore, e il riflesso comporta anche l’esecuzione di un passo indietro. Tutto questo avviene infatti grazie al fatto che la lamina VIII è una lamina associativa. Riflesso dell’ammiccamento: consiste nel serrare le palpebre momentaneamente per proteggere la congiuntiva (mucosa dell’occhio) e la cornea (mezzo diottrico più importante). Si testa in clinica per valutare lo stato di coscienza e il livello di una lesione cerebrale (se è alta o abbastanza bassa da interessare anche il nucleo del VII o eventualmente anche il centro cardiorespiratorio) con uno stimolo breve e improvviso in prossimità delle palpebre. Il paziente serra il muscolo costrittore della palpebra in maniera bilaterale perché l’informazione va a reclutare i due nuclei motori del settimo. E’ estremamente importante sapere l’altezza della lesione perché al centro del bulbo esiste il centro cardiorespiratorio bulbare; se viene compresso il soggetto muore in pochi minuti (traumi cranici anche banali, con emorragie lievi che comprimono il tronco verso il basso); se non si decomprime con una manovra chirurgica il soggetto è destinato a morire: l’assenza del riflesso di ammiccamento può indicare una lesione bassa che rischia di interessare questa zona.

CERVELLETTO Il cervelletto è una massa encefalica posta dietro il tronco dell’encefalo, sotto ai lobi occipitali dei due emisferi cerebrali, nella fossa cranica posteriore. E’ un organo molto importante (allo stesso livello gerarchico dei nuclei della base) perché controlla l’equilibrio, la postura e la coordinazione fine dei movimenti. E’ costituito da due metà simmetriche e, nel complesso, ha una forma ovoidale; presenta in superficie numerosi solchi e qualche scissura (due o tre). Due solchi adiacenti delimitano una lamella o folia. Come nel telencefalo la parte più estrema del cervelletto è detta corteccia cerebellare: al di sotto di essa c’è un’asse di sostanza bianca, immersi nella quale si trovano i nuclei profondi. Se guardiamo il cervelletto dal davanti e dal basso vediamo che la faccia ventrale è concava, tanto è vero che prede il nome di ilo del cervelletto, perché essa si adatta ai due veli midollari del quarto ventricolo. Dalla stessa angolazione si nota che il cervelletto è costituito da una struttura mediana a forma di “C” che prende il nome di verme del cervelletto. Tale struttura si continua negli emisferi cerebellari, i quali sono uniti fra di loro dal verme. Il verme, come tutto il cervelletto, presenta in sezione mediana delle lamelle, ognuna delle quali fatta da una superficie esterna di corteccia cerebellare, regolarmente ripiegata (come il bavero di una giacca) e l’asse della lamella è un ramo di sostanza bianca che viene dalla parte profonda del cervelletto.

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Tale immagine e’ anche detta ”arbor vitae” perché somiglia ad un tronco con i rami. La lamella è l’insieme del ramo di seconda-terza generazione con la sua corteccia. E’ possibile anche vedere delle scissure che dividono il verme in una serie di lobuli (circa 10); il lobulo dietro al velo midollare inferiore (parte anteriore del verme, versante inferiore, vicino all’ilo) si chiama nodulo. Il lobulo dietro al nodulo si chiama uvula, mentre il piccolissimo lobulo dietro al velo midollare superiore è detto lingula. Tutti e tre sono in prossimità dell’ilo e del quarto ventricolo. Sembra che dal nodulo venga fuori una parte di emisfero cerebellare che somiglia alla pianta del papiro: queste due formazioni (una per lato) sono chiamate flocculi.

• Sul piano funzionale l’archicerebellum ha a che fare con l’attività vestibolare: vale a dire che ci serve per regolare grossolanamente il tono dei muscoli antigravitari, ci permette di mantenere la postura, il movimento coniugato degli occhi sul piano orizzontale, eccetera.

• Il paleocerebellum, invece, coordina l’attività dei muscoli degli arti, del tronco e del collo, ossia fa in modo che, durante una sequenza motoria, i muscoli si contraggano nella giusta sequenza.

Il neocerebellum, invece, è implicato nella coordinazione dei movimenti fini, dovunque essi accadano. Struttura della corteccia cerebellare. Tutta la corteccia cerebellare ha la stessa organizzazione modulare; è costituita da tre strati concentrici:

• molecolare (più esterno), che è formato da due tipi di neuroni. La cellula stellata che ha tanti dendriti filiformi, è disposta parallelamente alla superficie della lamella; la cellula dei canestri ha un pirenoforo piuttosto piccolo ma un albero dendridico sviluppato che si trova tutto nello strato molecolare. Il suo assone si sposta parallelamente alla curvatura della lamella e da questo si dipartono 12-20 collaterali, ognuna delle quali si ramifica intorno al corpo di una cellula dello strato intermedio o ganglionari; quindi ognuna di queste cellule dei canestri contatta un certo numero di cellule ganglionari (divergenza del segnale);

• intermedio, è il più sottile essendo un monostrato di un singolo tipo di neuroni ed è detto strato ganglionare. La cellula ganglionare è anche detta del Purkinje; questa è la più grossa cellula che abbiamo nel nostro corpo, nucleo di circa 80 µm. Il suo enorme soma dà origine ad un albero dendritico fittissimo che pervade e riempie lo strato molecolare ed ha un numero enorme di sinapsi: ogni cellula di Purkinje riceve 250000 sinapsi che possono venire da cellule diverse (convergenza del segnale).

L’assone abbandona lo strato ganglionare attraverso lo strato granulare e va a scaricarsi a livello dei nuclei profondi del cervelletto. E’ una cellula piatta, e assomiglia molto ad una mano dove le dita sono i dendriti, e si trova su un piano perpendicolare all’asse della lamella, con una disposizione detta “a spalliera”.

• Granulare (più interno) ha due tipi di neuroni. Uno è una cellula chiamata dei piccoli granuli. Ha un corpo molto piccolo da cui si dipartono quattro o cinque dendriti ed un assone che sale nello strato molecolare e qui si divide a T. Ogni branca si dispone parallelamente all’asse della lamella, per cui nello strato molecolare avremo una serie di fibre tutte parallele fra loro (da cui il nome di fibre parallele) e all’asse della lamella.

Una sezione perpendicolare dell’asse della lamella ci permette di vedere le cellule di Purkinje, e una serie di puntini che sono le sezioni trasverse di tali fibre parallele, che fanno sinapsi sia sulla cellula stellata, che dei canestri, che sulla cellula del Purkinje.

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La cellula dei piccoli granuli, con tale organizzazione, recluta tutte le altre cellule.

• Si capisce che la disposizione a spalliera della cellula di Purkinje rappresenta la distribuzione ideale per ricevere queste fibre. Di tutti questi quattro neuroni solo la cellula a piccoli granuli è eccitatoria, tutte le altre sono inibitorie. La stessa Purkinje è inibitoria e inibisce i neuroni dei nuclei profondi su cui si scarica. La cellula dei piccoli granuli, a sua volta, riceve delle sinapsi.

Tutte le fibre in entrata al cervelletto si dividono in due categorie, indipendentemente dalla loro origine. La prima va a scaricare direttamente alla cellula di Purkinje eccitandola (fibra rampicante). Tutte le fibre rampicanti provengono da un unico nucleo, il NUCLEO OLIVARE INFERIORE che per grossa parte scarica a tutto il cervelletto (archi, paleo e neo cerbellum), a livello delle cellule di Purkinje. Tali fibre rampicanti, però, prima di scaricarsi a livello delle cellule di Purkinje, danno una collaterale che si scarica sui nuclei profondi. L'altro tipo di fibra che troviamo nel cervelletto si chiama fibra muscoide. Questa va direttamente alla cellula dei piccoli granuli e la eccita. Tale cellula, a sua volta, ecciterà un certo numero di Purkinje, un certo numero di stellate ed un certo numero di cellule dei canestri. Anche la fibra muscoide, prima di scaricarsi sulle cellule dei piccoli granuli, dà una collaterale che si scarica sui nuclei profondi. Le fibre muscoidi vengono da tutti i nuclei che scaricano nel cervelletto, tranne l'oliva inferiore. Facciamo allora l'elenco delle vie nervose che scaricano nel cervelletto:

• spino cerebellari ventrale e dorsale; • cuneo cerebellare; • nuclei vestibolari; • trigemino cerebellare; • reticolo cerebellari; • vie che vengono dal tetto del mesencefalo; • vie cortico ponto cerebellari.

Il quinto ed ultimo neurone si trova anch'esso nello strato granulare e prende il nome di cellula dei grandi granuli. É una cellula piuttosto grossa con un notevole albero dendritico, il quale si spinge anch'esso nello strato molecolare e un corto assone, il quale si ramifica e fa sinapsi con le cellule dei piccoli granuli. Anche questa cellula è inibitoria. Quindi, in conclusione, nella corteccia cerebellare abbiamo un'unica cellula eccitatoria: la cellula a piccoli granuli. La cellula dei piccoli granuli innerva, eccitandole, tutte le altre cellule ( stellate, canestro, grandi granuli e purkinje). L'unico assone che lascia la corteccia cerebellare è quello della cellula del purkinje il quale, però, non abbandona il cervelletto. Le cellule dei grandi granuli (o di Golgi) hanno come bersaglio la stessa cellula dei granuli da cui è stata eccitata. Questo significa che se nella cellula dei grandi granuli c'è una lampada che si accende se arriva uno stimolo tramite la fibra muscoide, questa si accende ma dopo un attimo si spegne nonostante che la fibra muscoide stia scaricando perchè il granulo eccita, tra le altre cose, la cellula di golgi che spegne subito per un attimo, la cellula dei piccoli granuli che quindi funziona ad intermittenza se viene stimolata costantemente (è un modo di produrre pause). NUCLEI PROFONDI Si trovano nella sostanza bianca del cervelletto ( nell'asse midollare). Essi ricevono dalla periferia sia collaterali delle fibre rampicanti sia collaterali delle fibre muscoidi e quindi, se

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il cervelletto non avesse la corteccia cerebellare, l'attivazione di una rampicante o di una muscoide si tradurebbe in un'eccitazione del nucleo profondo. Gli assoni dei nuclei profondi del cervelletto sono gli unici che abbandonano il cervelletto e quindi mandano informazioni fuori. Se il cervelletto non avesse questi nuclei sarebbe inutile, poiché l'informazione non uscirebbe fuori dal cervelletto stesso. Questi nuclei profondi sono quattro per lato: il nucleo profondo proprio dell'archicerebellum, ossia quello che si trova nel nodulo cerebellare, prende il nome di NUCLEO DEL TETTO (o fastigium). Esso riceve esclusivamente dalle cellule di purkinje dell'archicerebellum e dalle fibre muscoidi che vengono dai nuclei vestibolari, ma anche dalle fibre rampicanti che vengono dall'oliva, la quale si scarica a tutto il cervelletto. Nel paleocerebellum abbiamo 2 nuclei profondi per lato che prendono il nome di NUCLEO GLOBOSO e NUCLEO EMBOLIFORME. Anche questi nuclei ricevono esclusivamente dalle cellule del purkinje della corteccia del paleocerebellum, ricevono fibre rampicanti dall'oliva e ricevono fibre muscoidi che provengono, per esempio, dalle vie spinocerebellari ( ventrale e dorsale e cuneocerebellare), dalla formazione reticolare, dal nucleo mesencefalico del quinto, e anche una parte di informazione direttamente dalla corteccia, che non fa stazioni nei nuclei basilari del ponte, ma fa stazione in quei piccoli nuclei che abbiamo sistemato tra le 2 piramidi del bulbo. Infine, nel neocerebellum c'è un unico grande nucleo che si chiama NUCLEO DENTATO (perché somiglia molto all'architettura dell'oliva inferiore, tipo lamiera ondulata), il quale riceve soltanto da Purkinje del neocerebellum, riceve ovviamente le fibre rampicanti che provengono dall'oliva e riceve fondamentalmente la via cortico ponto cerebellare. Esso non riceve nulla direttamente dalla periferia, quello che sa lo sa perchè glielo dice la corteccia cerebellare. Ora abbiamo tutti gli elementi per trarre una serie di informazioni: l’organizzazione modulare della corteccia cerebellare e questa compartimentalizzazione delle afferenze, ci deve far pensare che ogni pezzettino di corteccia cerebellare e del nucleo profondo corrispondente, ha a che fare con un certa parte del soma (distribuzione somatotopica dei neuroni). Ad esempio, la corteccia della regione periferica inferiore e caudale dell'emisfero cerebellare di destra, ha a che fare con i movimenti delle dita del piede, mentre la regione laterale, intermedia tra caudale e rostrale, ha a che fare con i movimenti della mano. Allora capiamo perché è modulare, visto che ogni parte del cervelletto ha un suo territorio di competenza (riceve da e invia a). Ogni cellula di Purkinje ha un numero enorme di sinapsi, ma non tutte queste vie vengono attivate contemporaneamente: avrà un certo numero di fibre dalle cellule dei canestri e da quelle stellate (inibitorie) e un certo numero da quelle dei piccoli granuli (eccitatorie). Il risultato è che quella cellula in un dato istante verrà inibita o eccitata a seconda della somma algebrica che riceve in quell’istante. Se la somma è positiva, allora la cellula di Purkinje verrà eccitata ad inibire i neuroni dei nuclei profondi di sua competenza, i quali non scaricheranno in uscita. Viceversa se la somma è negativa. Il risultato è che la corteccia cerebellare ha l’unica e importante funzione di modulare l’attività di scarica dei nuclei profondi. Se aggiungiamo questo alla distribuzione somatotopica di questo circuito modulare, si capisce come fa il cervelletto a regolare il tono muscolare e la coordinazione dei movimenti. Le fibre rampicanti dell’oliva inferiore vanno al cervelletto controlaterale e lo fanno con una distribuzione somatotopica: il nucleo principale più grosso del complesso olivare va al neocerebellum.

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Abbiamo un unico grande nucleo, così da emergere vistosamente dal bulbo, che scarica fondamentalmente al cervelletto, ed ha una funzione nella regolazione dell’attività delle cellule del Purkinje. Questi neuroni olivari scaricano al cervelletto con una frequenza bassa e costante (scarica di tipo tonico). Dalle aree corticali frontali, parietali, temporali e una piccola area occipitale, partono dei fasci discendenti che fanno sinapsi a livello dei nuclei basilari del ponte, ma anche dei gruppetti di neuroni fra le piramidi bulbari, costituendo quindi i fasci cortico-pontini, che sono due per lato. Il fascio che proviene dalle aree frontali è un unico fascio topograficamente distinto, e si chiama fascio frontopontino o di Arnold. Quello che proviene invece da tutte le altre aree corticali è un unico fascio chiamato fascio parieto-occipito-temporo-pontino o di Türk. Questi sono dei fasci enormi. I nuclei pontini scaricano poi al cervelletto controlaterale (neo e in parte anche paleocerebellum, ma non all’archicerebellum); le fibre viaggiano attraverso il peduncolo cerebellare medio (fibre a senso unico e obbligato). Allora capiamo che questi due fasci (vie cortico-ponto-cerebellari) rappresentano la principale via di comunicazione fra corteccia e cervelletto. Attraverso queste vie, la corteccia comunica istante per istante con il cervelletto, al quale fornisce le seguenti informazioni: Il fascio di Arnold che viene dalla corteccia frontale invia al cervelletto due cose:

1. Copia del progetto di movimento 2. L’insieme di ordini motori che la corteccia s’appresta a dare tramite la via piramidale e

le vie extrapiramidali Per questo, con tale fascio, il cervelletto viene a sapere quali sono le intenzioni della corteccia da un punto di vista motorio (se così non fosse non potrebbe coordinare il movimento). Con il fascio di Türk la corteccia manda al cervelletto informazioni sulla

TRIDIMENSIONALITA’ DELLO SPAZIO (componente parietale) NEL QUALE DEVE AVVENIRE IL MOVIMENTO.

Il lobo occipitale dà un’informazione visiva decodificata dalla corteccia che la corteccia invia al cervelletto. Anche una parte del lobo temporale è importante: ad esempio il significato dei suoni in ciascuna lingua ma anche il significato dei suoni in assoluto (es: porta che sbatte; rumore dell’acqua che scorre…) sono attività basate sull’udito ma sono attività superiori che hanno a che fare con l’udito e che sono passate al cervelletto. Con tutto questo sistema di comunicazione, il cervelletto viene a sapere in quale contesto spaziale deve avvenire il movimento che esso dovrà coordinare. Quindi, nello stesso istante, il cervelletto riceve informazioni dalla corteccia ed informazioni esterocettive e propriocettive dalla periferia. Il cervelletto interfaccia informazioni corticali con informazioni periferiche che gli dicono cosa è successo un attimo prima per poter dare immediatamente una risposta. Il cervelletto in realtà confronta diverse cose: il progetto del movimento programmato da lui stesso, mediante la via spino-cerebellare dorsale, e ciò che la corteccia vuole usare, nell’ambito dei circuiti propri del midollo spinale, per il movimento successivo (via spino-cerebellare ventrale).

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A questo punto la corteccia cerebellare interfaccia tutti questi dati e poi dà o non dà il via libera ai nuclei profondi per scaricare. I nuclei profondi scaricano ad una parte del diencefalo, un nucleo talamico il quale, a sua volta, scarica all’area 6 ma soprattutto all’area 4. L’aria 6 è detta AREA PREMOTORIA mentre l’area 4 è l’AREA MOTORIA PRIMARIA, da cui si diparte la via cortico-spinale. Se misuriamo il numero di fibre in entrata nel cervelletto e le paragoniamo con quelle in uscita, osserviamo che c’è una sproporzione enorme: entrano molte più fibre di quante ne escono. Tutte le fibre in entrata servono affinché il cervelletto faccia tutte le sue elucubrazioni ma poi a questo basta un numero relativamente piccolo di fibre in uscita per fare il suo mestiere: SCARICARE AL TALAMO E DA QUI ALLA CORTECCIA MOTORIA (e non a tutta la corteccia), ossia all’area 4 e all’area 6. Quindi, il cervelletto scarica solo su quei neuroni corticali da cui poi si dipartiranno le vie motorie discendenti. Anche l’area 4 ha una distribuzione somatotopica dei neuroni e il cervelletto va a reclutare nel tempo i neuroni che devono entrare in funzione in quella sequenza motoria e poi nella successiva e così via. In aggiunta a questa VIA CEREBELLO-TALAMO-CORTICO, ne esiste un’altra, in parallelo, che ha una stazione in più: VIA CEREBELLO-RUBRO-TALAMO-CORTICO, con una stazione sinaptica in più a livello del nucleo rosso del mesencefalo. Questa è una via parallela. A questo punto è chiaro perché si dice che il cervelletto ha il ruolo di coordinare, di fare in modo che il movimento sia fluido e che avvenga secondo la traiettoria prestabilita, in modo che si possa arrivare all’oggetto spostandosi nello spazio. Quando il cervelletto si ammala, abbiamo il tremore intenzionale: il cerebellare ha mancanza del tono, non si regge in piedi ed ha problemi di epilessia, ma l’enorme handicap è nell’esecuzione del movimento (dismetria: sbaglio traiettoria). Dicevamo prima che l’oliva inferiore ha un ruolo molto importante, tramite le fibre rampicanti, come regolatore della funzione del cervelletto, scaricando con una frequenza bassa e costante su questo. Possono tuttavia esserci dei momenti in cui tale frequenza varia: le variazioni di frequenza di scarica si hanno al fine di correggere l’attività cerebellare. Il cervelletto ha un suo particolare circuito di autocontrollo: una parte di informazione che dai nuclei profondi va al nucleo rosso, non va al talamo e alla corteccia, ma va all’oliva inferiore che scarica di nuovo sulla corteccia cerebellare. Si ha una specie di cortocircuito CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-CEREBELLO, che avrebbe la funzione di resettare il cervelletto, ossia di controllo delle funzioni. Questo circuito di auto controllo serve affinché il cervelletto possa correggere errori di interpretazione o di scarica alla corteccia. Il cervelletto, però, non regola il movimento esclusivamente proiettando alla corteccia, ma ha anche una sua capacità, proprio grazie al fatto che scarica ad una certa parte del nucleo rosso (soprattutto il paleocerebellum), di regolare gruppi di neuroni del tronco dell’encefalo, da cui si dipartono vie discendenti che noi abbiamo chiamato VIE EXTRAPIRAMIDALI, come per esempio la stessa VIA RUBRO-SPINALE e le VIE RETICOLO-SPINALI, che provengono dalla sostanza reticolare del bulbo e del ponte. Qui, però, il cervelletto coordina l’attività di scarica di tali neuroni in maniera stereotipa. Tali vie determinano un tipo di movimento base, ossia stereotipo, che è molto importante affinché l’eventuale ordine che poi dovesse arrivare dalla corteccia con la via cortico-spinale possa essere eseguito in maniera corretta. Noi abbiamo, quindi, una base del movimento assicurata dalle vie extrapiramidali, ma anche dal movimento riflesso, dopo stimolazione del fuso neuromuscolare, dalle vie vestibolo-spinali, che vanno a reclutare particolari motoneuroni (alfa o gamma).

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Noi possiamo arricchire tale movimento stereotipo con ordini di movimento ben precisi e focali che abbiamo elaborato attraverso la corteccia e che mandiamo giù attraverso la via principale del movimento (piramidale). MESENCEFALO Cranialmente al ponte abbiamo il mesencefalo. Se facciamo una sezione trasversale vediamo che a livello del mesencefalo si è ricostituito il canale detto ACQUEDOTTO DEL SILVIO e quindi si è anche ricostituito il tetto del mesencefalo, lamina dei corpi quadrigemini, dove abbiamo i collicoli superiori ed inferiori, mentre chiamiamo PIEDE DEL MESENCEFALO tutto il resto. Nella parte ventrale (detta piede) dobbiamo sistemare il grigio periacqueduttale, i nuclei del III e del IV a seconda di dove siamo: se siamo a livello del collicolo inferiore dobbiamo mettere i nuclei del IV, mentre all’altezza dei collicoli superiori dobbiamo mettere il III, compreso l’Edinger Westphal. Poi dobbiamo sistemare un grosso nucleo, lungo più o meno tanto quanto il mesencefalo che è il NUCLEO ROSSO. Si chiama così perché al taglio del pezzo fresco si colora di un rosa molto pallido. Ai lati del nucleo rosso dobbiamo mettere una regione, che è quasi sostanza reticolare, ma dove i neuroni sono un po’ più impacchettati, che prende il nome di GRIGIO TEGMENTALE PROFONDO (il nucleo rosso e il grigio tegmentale profondo sono nuclei propri), così chiamato dalla regione del mesencefalo che occupa: TEGMENTO DEL MESENCEFALO. Infine, ventralmente al nucleo rosso c’è un nucleo detto SOSTANZA NERA (o SUBSTANZIA NIGRA) DI SOMERING, che è un nucleo mesencefalico che prenderemo in considerazione con i nuclei della base perché è funzionalmente uno di questi (la sua distruzione dà luogo al Parkinson). Tale nucleo è detto sostanza nera perché, quando si taglia il pezzo fresco, tale zona diventa più scura a causa dell’ossidazione della dopamina (una catecolamina). Ventralmente alla sostanza nera abbiamo 2 formazioni simmetriche fatte di sostanza bianca (fibre discendenti) dette PEDUNCOLI CEREBRALI (di dx e di sn) che sono separati da una fossa interpeduncolare. Se dividiamo tale peduncolo in 5 parti abbiamo che i 3\5 intermedi di tale peduncolo rappresentano la via cortico-spinale che sta scendendo. Il quinto mediale è costituito dal fascio di Arnold, il quinto laterale dal fascio di Türk. Se distruggo il peduncolo cerebrale bilateralmente produco una paralisi motoria completa e bilaterale e, anche se è possibile un modesto recupero, resteranno sempre delle dismetrie a causa dell’interruzione della principale via di comunicazione tra corteccia e cervelletto (fasci di Arnold e Türk). Dalla parte più caudale del mesencefalo (dorso) emerge il 4° nervo cranico che si incrocia con il controlaterale; dalla faccia ventrale del mesencefalo (dalla profondità della fossa interpeduncolare) emerge il 3° nervo cranico o oculomotore comune. Il mesencefalo, nella sua parte più craniale, è abbracciato da ventre a dorso, dal TRATTO OTTICO, che contiene una parte della via ottica. Infine, annesse alla parte dorsale del mesencefalo, ai lati della lamina dei corpi quadrigemini, abbiamo una coppia di formazioni piuttosto grosse chiamate CORPI GENICOLATI (che significa inginocchiati), uno LATERALE e uno MEDIALE, i quali non sono formazioni mesencefaliche bensì diencefaliche. Il corpo genicolato mediale è un nucleo importante della via acustica (sordità se distrutto) mentre il corpo genicolato laterale è un nucleo importante della via ottica. Questi corpi genicolati, insieme, costituiscono il METATALAMO (meta = al di là).

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NUCLEO ROSSO: è un nucleo che ha un ruolo abbastanza strategico nell’economia generale delle vie di moto per il fatto che viene a trovarsi in una specie di crocevia tra telencefalo e cervelletto. Esso è composto di due parti: 1. la parte più craniale, filogeneticamente più nuova, è detta parvicellulare (perché i

neuroni sono piccoli); 2. quella più caudale, filogeneticamente più antica, è chiamata magnicellulare (perché i

neuroni sono un po’ più grandi). Abbiamo detto che il nucleo rosso è implicato nella via di risposte dal cervelletto alla corteccia (cerebello-rubro-talamo-cortico). In realtà il cervelletto scarica al nucleo rosso “parvi” (quello più nuovo). Sta di fatto però che il cervelletto scarica anche alla parte filogeneticamenta più vecchia, ossia alla magnicellulare del n. rosso. Quindi il cervelletto manda al n. rosso due categorie di fibre: una è destinata a fare stazione con la parte craniale del n. rosso e da qui al talamo e quindi alla corteccia (serve a far sì che il cervelletto possa comunicare con la corteccia); l’altra va alla parte magnicellulare, da qui si dipartono VIE RUBRO-SPINALI, attraverso le quali il cervelletto regola ciò che accade a livello del midollo spinale (attività motorie stereotipe). Una di queste è la VIA CEREBELLO-RUBRO-SPINALE. Il nucleo rosso scarica però anche al COMPLESSO OLIVARE INFERIORE (via cerebello-rubro-olivo). Abbiamo parlato dell’importanza della VIA CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-CEREBELLO e abbiamo detto che questa è un sistema anatomico che serve a resettare e a controllare le pulsazioni base del cervelletto. Ma da tale nucleo partono anche fibre che scendono a livelli più bassi (VIA CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-SPINALE). Il risultato è che il nucleo rosso non si trova soltanto come stazione intermedia della via di proiezione dal cervelletto alla corteccia, ma anche nella via di proiezione dal cervelletto ai distretti più bassi (leggasi midollo spinale, tronco dell’encefalo, etc.). Il cervelletto può essere visto come regolatore di attività extrapiramidali. Il nucleo rosso, ma soprattutto la parte magnicellulare (più vecchia) riceve DIRETTAMENTE DALLA CORTECCIA e quindi abbiamo una VIA CORTICO-RUBRO e da qui RUBRO-SPINALE. Quindi il nucleo rosso si configura come un vero e proprio nucleo extrapiramidale: riceve dalla corteccia e scarica al midollo spinale. Infine il nucleo rosso riceve anche in piccolissima parte dai NUCLEI DELLA BASE e da qui l’informazione viene riverberata all’oliva e al cervelletto. Ricapitolando: SI TROVA LUNGO LA VIA CHE DAL CERVELLETTO VA ALLA CORTECCIA (unica

via in salita); SI TROVA SOPRATTUTTO LUNGO VIE DISCENDENTI (cerebello-rubro-olivo-

spinale, cerebello-rubro-spinale); SI TROVA NEL CORTOCIRCUITO CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-CEREBELLO che

serve a resettare il cervelletto; SI TROVA LUNGO UNA VIA DISCENDENTE CHE SI DIPARTE DAI NUCLEI DELLA

BASE, DIRETTA AL COMPLESSO OLIVARE E DA QUI AL CERVELLETTO; SI TROVA LUNGO LA VIA CORTICO-RUBRO-SPINALE.

TETTO DEL MESENCEFALO: esso contiene i collicoli. I collicoli superiori hanno a che fare con la via ottica e quelli inferiori con la via acustica, con un distinguo però. Iniziamo dai collicoli superiori: da questi si dipartono due VIE DISCENDENTI PER LATO CHE VANNO FINO AL MIDOLLO SPINALE. Una prende il nome di VIA TETTO-SPINALE MEDIALE (perché viaggia nel cordone mediale del midollo spinale) e l’altra quello di TETTO-SPINALE LATERALE (cordone laterale del midollo spinale).

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La via tetto spinale mediale è usata soprattutto per regolare l’ATTIVITA’ MOTORIA di motoneuroni alfa, gamma (etc.) diretti ai muscoli del collo ed in parte agli arti superiori. Tale via si esaurisce a T2. Quando i neuroni dei nuclei dei collicoli superiori sono attivati (in genere dalla corteccia), usiamo questa via per CONTRARRE IN MANIERA RIFLESSA I MUSCOLI ROTATORI DEL CAPO che sono lo STERNOCLEIDOMASTOIDEO ed il TRAPEZIO. Questo è un riflesso somatico, un riflesso protettivo che proviene dalla memoria genetica, ma che possiamo controllare. Per capire qual è lo stimolo che mette in moto tale riflesso dobbiamo tener conto che una quota dell’informazione visiva va a finire al collicolo superiore. Questa informazione visiva, attraverso la via tetto-spinale mediale, ci permette di ruotare il capo nella direzione dello stimolo. Facciamo un esempio: se io guardo un oggetto davanti a me, metto a fuoco quell’oggetto ma questo non mi impedisce di vedere (ma non a fuoco) tutta una serie di oggetti nello spazio intorno a me per un angolo solido (cioè in tutte le direzioni) di circa 180° (campo visivo). Se all’interno di questo campo un qualcosa che non è a fuoco si muove, io ruoto la mia testa in quella direzione per mettere a fuoco l’oggetto che si è mosso. Ruotiamo più spesso il capo di quanto ruotiamo gli occhi. Questo perché i muscoli estrinseci degli occhi, che ci permettono di ruotare gli occhi, sono innervati da fibre rapide e con un bassissimo rapporto di innervazione: poco resistenti alla fatica. I muscoli rotatori del capo, al contrario, sono innervati da fibre lente e quindi resistenti alla fatica. Comunque, per vedere in dettaglio un oggetto che non abbiamo a fuoco, dobbiamo agire con i muscoli estrinseci degli occhi, perché questo ci permette di avere sulla retina l’immagine. Per capire si può pensare alla vite macrometrica (muscoli rotatori del collo) ed a quella micrometrica (muscoli estrinseci degli occhi) di un microscopio. Quindi: QUESTO RIFLESSO SI INNESCA QUANDO UN OGGETTO CHE NON HO A FUOCO ATTRAE LA MIA ATTENZIONE (colpisce la mia retina). Parallelamente abbiamo la VIA TETTO SPINALE LATERALE. Questa via contiene, in parte, fibre che si comportano come quelle della via tetto-spinale mediale, ossia scaricano ad alfa e gamma motoneuroni della regione sopra a T1 (il collo). In tale via abbiamo però anche fibre discendenti che vanno a scaricare a MOTONEURONI VISCERALI del midollo spinale localizzati nella LAMINA VII, a livello di C8 e T1. A tale livello abbiamo motoneuroni viscerali ortosimpatici che nel loro insieme costituiscono un centro anatomico chiamato CENTRO CILIOSPINALE. Tali neuroni danno origine a fibre pregangliari che vanno a scaricarsi ad uno dei gangli ortosimpatici chiamato GANGLIO CERVICALE SUPERIORE (all’altezza di C4), da cui si dipartono fibre postgangliari dirette ad un muscolo liscio che abbiamo nel polo anteriore dell’occhio, il muscolo DILATATORE DELLA PUPILLA. Questo, contraendosi, aumenta il calibro della pupilla: entra più luce. La pupilla è un foro scavato nell’iride dell’occhio, il cui diametro può variare (da zero a qualche millimetro), permettendo la regolazione della quantità di luce che entra. Nell’iride abbiamo due muscoli: 1. il dilatatore della pupilla, con fibre disposte come i raggi di una ruota di bicicletta 2. il costrittore della pupilla, con fibre circolari. Il muscolo dilatatore della pupilla è innervato dal ganglio cervicale superiore, il quale viene attivato dalle fibre del centro ciliospinale, le quali a loro volta sono attivate, quasi sempre ma non sempre, dal collicolo superiore. Questo è un RIFLESSO VISCERALE che NON POSSIAMO CONTROLLARE E CHE SI INNESCA TUTTE LE VOLTE CHE C’E’ UN ABBASSAMENTO DI INTENSITA’ DI LUCE. Tale informazione di diminuzione di intensità di luce è presa dalla retina (diminuzione della quantità di energia luminosa), portata ai collicoli superiori e da qui la via discendente

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tetto-spinale laterale attiva il centro ciliospinale, innescando la risposta della dilatazione della pupilla. Sulla pupilla sono centrati, per ora, due riflessi: 1. uno somatico, la rotazione del capo in direzione dello stimolo visivo; 2. l’altro viscerale, la dilatazione della pupilla. La dilatazione della pupilla noi l’abbiamo certamente allorché diminuisce la quantità di luce ma possiamo averla anche, indipendentemente dall’intensità di luce, se stiamo facendo esperienza di un ipertono ortosimpatico come, per esempio, se siamo impauriti o particolarmente emozionati. Il significato di tale dilatazione è che deve entrare più luce perché dobbiamo vederci meglio per poterci difendere. Ci sono altri due riflessi incentrati sul collicolo superiore. Osservando una sezione sagittale del mesencefalo possiamo vedere che al collicolo superiore arrivano le fibre che derivano dalla retina e che innescano il riflesso di dilatazione pupillare quando si abbassa la luce, ma la stessa via porta, direttamente alla regione del tetto del mesencefalo, fibre che provengono dalla retina e che vengono utilizzate per il riflesso opposto: al passaggio da un ambiente poco illuminato ad uno molto illuminato, dobbiamo ridurre il calibro della pupilla, altrimenti restiamo abbagliati dalla luce. Tali fibre vanno a finire ad un piccolo nucleo che si trova nel tetto del mesencefalo, al davanti del collicolo superiore, chiamato NUCLEO PRE-TETTALE (pre = al davanti). Ovviamente ne abbiamo uno a dx e uno a sn. Tale nucleo pre-tettale va a scaricarsi al NUCLEO PARASIMPATICO ASSOCIATO AL III NERVO CRANICO (NUCLEO DI EDINGER-WESTPHAL), il quale dà origine a fibre pregangliari lunghe, le quali viaggiano nel III nervo cranico e vanno a scaricarsi ad un piccolo ganglio parasimpatico posto nel cavo orbitario, vicino al polo anteriore dell’occhio, chiamato GANGLIO CILIARE, da cui si dipartono fibre postgangliari corte che vanno a scaricarsi al muscolo costrittore della pupilla. Anche questo è un riflesso che non possiamo controllare (non passa per la corteccia), è un riflesso che avviene anche se siamo decorticati. La via è: retina - (nervo ottico) - nucleo pretettale - nucleo di Edingher-Westphal - (III nervo cranico) - ganglio ciliare - (nervi ciliari brevi) - muscolo costrittore della pupilla. Un 4° riflesso visivo è centrato sulla corteccia cerebrale visiva ma l’informazione arriva al collicolo superiore per innescare il RIFLESSO DI ACCOMODAZIONE DEL CRISTALLINO. Per mettere a fuoco gli oggetti disponiamo del cristallino, il quale è una lente biconvessa che noi deformiamo allo scopo di avvicinare o allontanare il fuoco anteriore (il fuoco posteriore rispetto a questa lente è fisso e si trova sulla retina). Tale dispositivo è azionato da un muscolo controllato indirettamente dal collicolo superiore: muscolo ciliare. PEDUNCOLO CEREBRALE Abbiamo già detto che esso contiene esclusivamente fibre discendenti: la via cortico-spinale, il fascio di Arnold ed il fascio di Türk. Concentriamoci sulla via cortico-spinale. È intuitivo pensare che, come ci sono fibre discendenti che dalla corteccia vanno ai motoneuroni spinali, ci devono essere fibre che dalla corteccia vanno ai nuclei motorsomatici dei nervi cranici. Dobbiamo quindi parlare correttamente di una VIA CORTICO-SPINALE e di una CORTICO-NUCLEARE. Ciò significa che nella parte più craniale del tronco dell’encefalo, a dx e a sn, le vie che vengono dalla corteccia motrice ci sono tutte e sono tutte entrate nel mesencefalo dove abbiamo, nella parte più craniale, il 100% delle fibre. Appena però questa via entra nel peduncolo abbiamo che il 100% delle fibre cortico-spinali vanno giù fino al bulbo senza interrompersi mentre delle fibre cortico-nucleari, le prime cominciano a staccarsi perché arrivano a destinazione (nucleo del III e nucleo del IV che sono i due nuclei motorsomatici

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del mesencefalo). Quindi, nel peduncolo cerebrale del mesencefalo, parte caudale, non abbiamo più il 100% delle fibre cortico-nucleari. Nel ponte abbiamo il nucleo masticatorio del V, il nucleo abducente (VI) e il motore del VII. L’ultimo contingente di fibre si interrompe al nucleo del XII nervo cranico. A questo punto le fibre cortico-nucleari sono state tutte impegnate per cui, al di sotto del nucleo dell’ipoglosso, abbiamo solo fibre cortico-spinali. La via cortico-spinale la troviamo nelle piramidi bulbari di dx e di sn: a livello della parte più craniale di ciascuna piramide il 70 – 80 % delle fibre si incrocia con l’altro. Il luogo della piramide dove avviene l’incrocio del 70 – 80 % delle fibre cortico-spinali prende il nome di DECUSSATIO PIRAMIDUM. Quindi la CORTECCIA MOTORIA DI DX CONTROLLA L’EMISOMA DI SN E VICEVERSA. Quindi la LEGGE DELLA CONTROLATERALITA’ RIGUARDA SIA LA SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA E PROPRIOCETTIVA COSCIENTE, SIA LA CAPACITA’ MOTORIA. Il 20 – 30 % di fibre cortico-spinali che non si incrocia a livello della decussatio piramidum, si incrociano neuromero per neuromero. Il fascio di fibre cortico-spinali che si incrociano a livello della decussatio è chiamato VIA CORTICO-SPINALE LATERALE perché nel midollo spinale, già a C1, si ritrovano nel cordone laterale. È chiaro che la via cortico-spinale di dx proviene dal cervello di sn e viceversa. Invece il fascio di fibre cortico-spinali che non incrociano a tale livello lo chiamiamo VIA CORTICO-SPINALE ANTERIORE o VENTRALE perché nel midollo spinale si trova nel cordone anteriore. Vediamo cosa accade alle fibre della VIA CORTICO-NUCLEARE. Per tutti i nuclei motor-somatici, tranne l’ipoglosso e una parte del nucleo del VII, che ha a che fare con i muscoli al di sotto della rima labiale (labbro inferiore, mento, etc.), VALE LA LEGGE DELLA BILATERALITA’ DELL’INNERVAZIONE, ossia i nuclei III, IV, V, VI, parte del VII hanno una DOPPIA INNERVAZIONE ossia RICEVONO FIBRE SIA DALLA VIA CORTICO NUCLEARE DI DX CHE DA QUELLA DI SN. Per il XII e la parte del VII che innerva i muscoli al di sotto della rima labiale vale la LEGGE DELLA CONTROLATERALITA’, ossia ognuno di questi nuclei è innervato dal fascio controlaterale, per cui un danno a tale fascio dà un segno neurologico controlaterale. Ad esempio se si ha un danno al fascio cortico-nucleare che innerva il XII nucleo di dx allora, nel tirar fuori la lingua, questa guarderà a sinistra, ossia verso il luogo della lesione.

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VIA ACUSTICA COLLICOLI INFERIORI Immaginiamo di applicare uno stimolo acustico all’orecchio di destra. Tale stimolo sensitivo è raccolto dal dendrite di un neurone gangliare il cui assone va a scaricarsi a livello dei nuclei cocleari (in questo caso di dx). La maggior parte delle fibre che si dipartono dai nuclei cocleari si incrocia controlateralmente, sempre a livello del ponte, per andare a scaricare ad uno dei due piccoli nuclei: 1. nucleo olivare superiore; 2. nucleo del corpo trapezoidale; entrambi nuclei propri del ponte. Da questi nuclei si diparte una via che sale e che è diretta fondamentalmente al collicolo inferiore (nel tetto del mesencefalo). Una piccola percentuale di fibre che si dipartono dai nuclei cocleari di dx, però, rimane ipsilaterale e sale su al proprio collicolo inferiore (quello di destra). La via che va dai nuclei olivare superiore e del corpo trapezoidale al collicolo inferiore si chiama LEMNISCO LATERALE (perché sta ai lati). È chiaro che tale lemnisco laterale conterrà anche fibre dai nuclei cocleari oltre che dai nuclei olivare superiore e del corpo trapezoide. Lungo il lemnisco laterale c’è un gruppetto di neuroni che costituiscono il NUCLEO DEL LEMNISCO LATERALE che rappresenta una stazione intermedia delle fibre del lemnisco laterale. Senonché, neuroni del nucleo del lemnisco laterale di dx e di sn, si scambiano fibre. Quindi se applico uno stimolo uditivo a dx, tale informazione mi va a sn (al collicolo inferiore) ma anche a dx. E mi va a sn e a dx non soltanto per via delle connessioni principali, ma anche a causa di questa commesura che unisce i due nuclei dei lemnischi laterali (ulteriore amplificazione). Anche i neuroni dei due collicoli si scambiano fibre e quindi di nuovo l’impulso viaggia a dx e a sn e viene ulteriormente amplificato. Dopo di che, le fibre del collicolo inferiore vanno a scaricarsi al CORPO GENICOLATO MEDIALE (ai lati del tetto del mesencefalo). Da qui l’informazione arriva all’area corticale 41 – 42 che è l’AREA UDITIVA PRIMARIA DEL LOBO TEMPORALE. Il dato di fatto fondamentale è che lo stimolo uditivo applicato a dx viene sentito da tutte e due le cortecce e così lo stimolo uditivo applicato a sn. E siccome c’è uno scambio di fibre a livello di tutte le stazioni (a livello dei nuclei cocleari, a livello dei nuclei del lemnisco laterale, a livello dei nuclei olivare superiore e del corpo trapezoidale ed a livello dei collicoli), questo evento, associato al fatto che entrambe le cortecce sentono il suono, ci

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permette la cosiddetta STEREOACUSIA, ossia la CAPACITA’ DI SENTIRE IN 3 DIMENSIONI. Riusciamo in questo modo a distinguere da dove viene il suono. I collicoli inferiori non sono soltanto un luogo essenziale della via acustica, sono anche un luogo di RIFLESSI UDITIVI. Noi siamo fabbricati per spostare il capo e gli occhi nella direzione dell’origine di un suono in via riflessa. Nel senso che l’informazione che arriva all’orecchio di dx (e dopo un po’ anche all’orecchio di sn) arriverà un po’ prima alla corteccia di sn, un po’ dopo alla corteccia di dx, ma comunque arriva ai collicoli, i quali sono in grado di indurre un riflesso motore di rotazione del capo verso la fonte del suono. Affinché questo avvenga è necessario che ci sia una VIA TETTO-SPINALE che si diparta dai collicoli inferiori, la quale vada a reclutare i motoneuroni dei nervi che si occuperanno della rotazione del capo (sternocleidomastoideo e trapezio). Anche tale riflesso ha una funzione di protezione perché il suono può essere quello di un banale bicchiere che cade e si rompe, ma anche quello dello scoppio di una bombola di gas. Alla rotazione del capo si aggiunge quella degli occhi, la quale presuppone l’intervento dei collicoli superiori; in effetti esistono fibre che connettono il collicolo inferiore a quello superiore. Come se non bastasse, succede che l’informazione che è arrivata alle aree 41 e 42 (uditive primarie), viene proiettata in basso seguendo la via a ritroso (corteccia – corpo genicolato mediale – collicoli inferiori – nuclei più bassi) con il significato di VIA DI CONTROLLO che permette di controllare due cose: 1. con tale via riusciamo, volendo, a bloccare il riflesso uditivo. Se ad esempio sentiamo

un suono che ci è familiare, non necessariamente giriamo il capo in direzione di questo, ma continuiamo a fare quello che stiamo facendo;

2. l’informazione giunge ai nuclei cocleari e da questi all’organo dell’udito. In tal modo tale via riesce anche a controllare il flusso di informazioni uditive che sta arrivando in quel momento, agendo direttamente sulle cellule cappellute dell’organo di Corti, che sono i recettori veri.

Ad esempio, se siamo immersi nella lettura, siamo così presi che possiamo non sentire una persona che ci chiama: in tal caso blocchiamo l’afflusso di informazioni uditive attraverso questa via discendente. SOSTANZA RETICOLARE DEL TRONCO DELL’ENCEFALO Abbiamo già detto che nel mesencefalo c’è una quota di sostanza reticolare che è quella che usiamo per “STARE SVEGLI”. Tale sostanza è stata scoperta dal neurofisiologo MORUZZI negli anni ’50. La condizione di veglia non è un fenomeno passivo, cioè “sto sveglio perché non dormo”: il dormire e lo “stare sveglio” sono due attività separate e distinte e tutte e due vanno innescate, ossia, vi è sostanza reticolare apposita ed in più anche ipotalamo e talamo si occupano di questo. Se la sostanza reticolare di Moruzzi viene distrutta, si perde la condizione di veglia: non si dorme ma si va in coma. IL TELENCEFALO Abbiamo già detto che ciascun emisfero ha un mantello a corteccia che forma una serie di circonvoluzioni (sostanza grigia) e avvolge un mare sottostante di sostanza bianca che si chiama CENTRO SEMIOVALE. In questo mare di sostanza bianca sottocorticale abbiamo delle isole di sostanza grigia e abbiamo anche una parte di diencefalo. Infatti, più o meno al centro di ciascun emisfero cerebrale, abbiamo il Talamo.

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I nuclei di sostanza grigia sottocorticale sono chiamati NUCLEI DELLA BASE. Questi nuclei sono separati e distanti ma, tranne uno, funzionalmente interconnessi. Essi hanno un ruolo strategico nel movimento e in particolare sono indispensabili per: 1. IMPARARE AD ESEGUIRE NUOVE SEQUENZE MOTORIE (es: andare in bicicletta); 2. RIESEGUIRE UNA SEQUENZA MOTORIA UNA VOLTA CHE L’ABBIAMO

IMPARATA. Dalla figura possiamo vedere un grosso nucleo profondo della base che è chiamato NUCLEO LENTICOLARE in quanto ha la forma di una lente biconvessa nelle tre dimensioni dello spazio. Ne abbiamo uno a dx e uno a sn. Il nucleo lenticolare è il più grosso dei nuclei della base ma in verità esso è costituito da 3 nuclei: 1. Putamen (parte più laterale) 2. globo pallido esterno (medio) 3. globo pallido interno (mediale) Abbiamo poi un 4° nucleo chiamato NUCLEO CAUDATO: in questa sezione vediamo solo la testa del nucleo caudato che si trova avanti e medialmente rispetto al nucleo lenticolare. Questo nucleo si chiama caudato perché ha la forma di una “C” aperta in avanti, distribuita sul piano sagittale: la parte anteriore della “C” si chiama testa del caudato. In realtà questa “C” si trova tutt’intorno al talamo, ossia il talamo è incastrato nella “C” del nucleo caudato. Tale “C” va indietro ed in alto, gira intorno al talamo e poi gli passa sotto; durante questo decorso diviene sempre più sottile in modo che si parla di testa del caudato (parte davanti al talamo), corpo del caudato (sopra il talamo), coda del caudato (sotto il talamo). C’è un altro nucleo più piccolo, ma anch’esso visibile ad occhio nudo, che viene a trovarsi sotto al talamo e che per questo è chiamato NUCLEO SUBTALAMICO DI LEWIS. Tra i nuclei della base dobbiamo anche considerare sostanza grigia collocata in prossimità del nucleo subtalamico e che prende il nome di ZONA INCERTA e anche un altro gruppetto di neuroni chiamati CAMPI DI FOREL. Un ultimo nucleo si trova all’esterno del nucleo lenticolare, tra questo e la corteccia, chiamato CLAUSTRO, di cui si sa molto poco. La SOSTANZA BIANCA che viene a trovarsi tra i nuclei prende diversi nomi a seconda della sua posizione. È detta CAPSULA INTERNA la parte che viene a trovarsi tra testa del caudato e lenticolare e tra talamo e lenticolare. Possiamo dividerla in un braccio anteriore (tra caudato e lenticolare) ed in un braccio posteriore (tra talamo e lenticolare). Entrambi questi bracci si prolungano verso la corteccia. Dato che questi due bracci tra loro formano un angolo ottuso aperto all’esterno, chiameremo il passaggio tra i due bracci GINOCCHIO DELLA CAPSULA INTERNA. È detta CAPSULA ESTERNA la sostanza bianca posta tra PUTAMEN e CLAUSTRO. Infine è detta CAPSULA ESTREMA la parte di sostanza bianca che si trova immediatamente sotto la corteccia, ossia la SOSTANZA BIANCA SOTTOCORTICALE. La capsula estrema è composta soprattutto di fibre mieliniche che vanno da un’area

corticale ad un’altra vicina. La capsula esterna è in genere costituita da fibre che collegano aree corticali lontane

tra loro (es: l’area occipitale con quella frontale). La capsula interna è invece composta quasi esclusivamente da fibre che stanno

andando alle varie cortecce sensitive o stanno scendendo dalla corteccia cerebrale verso, per esempio, gli stessi nuclei della base, verso il talamo e soprattutto verso il tronco dell’encefalo.

La testa del caudato in realtà si continua con il putamen: se osserviamo una sezione fronto-parieto-occipitale inferiore (ossia bassa) possiamo vedere il braccio anteriore della

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capsula interna interrotto da strisce di sostanza grigia che vanno dalla testa del caudato al putamen. A causa di ciò, dato che vediamo un’alternanza di grigio e bianco (come le strisce pedonali), l’insieme di TESTA DEL CAUDATO e PUTAMEN prende il nome di CORPO STRIATO. Possiamo osservare come il caudato è presente in quasi tutti i lobi: con la testa nel frontale, con il corpo nel parietale per poi terminare nel temporale. I NUCLEI DELLA BASE NON RICEVONO NULLA DIRETTAMENTE DALLA PERIFERIA, TUTTO CIO’ CHE VENGONO A SAPERE PROVIENE DALLA CORTECCIA (l’informazione è quindi di seconda mano). In particolare il CORPO STRIATO RICEVE MOLTE INFORMAZIONI DA VARIE AREE CORTICALI. È stato calcolato che nell’uomo 1 miliardo (10^9) di neuroni corticali proiettano al corpo striato, il quale è costituito da 10 milioni (10^7) di neuroni per cui si ha la CONVERGENZA DELL’INFORMAZIONE tra corteccia e corpo striato. Le aree corticali che proiettano al corpo striato sono in parte AREE CORTICALI SECONDARIE: sensibilità somestesica secondaria, visiva secondaria, uditiva secondaria, ma anche cortecce motorie secondarie. Questo significa che a questi due nuclei arrivano informazioni che sono state già codificate e decodificate dalla corteccia. Facciamo un esempio. Se in questo momento tengo la canna in mano (cosa che faccio abitualmente a lezione), la mia corteccia somestesica la sta decodificando in quanto non è la prima volta che la tengo in mano. Se però con la canna voglio indicare qualcosa, devo fare un movimento che faccio con la corteccia motoria che viene regolato e coordinato dal cervelletto, ma anche dai nuclei della base (il movimento che faccio è quasi automatico). Questi nuclei intervengono per regolare il movimento di una grande articolazione (quella della spalla in questo caso, ed in parte il gomito), affinché si possa affinare il movimento e raggiungere il bersaglio (rappresentato dal punto preciso che vado ad indicare con la canna). Per fare questo i nuclei della base devono avere informazioni dalla corteccia. La corteccia somestesica secondaria dice allo striato che io sto tenendo in mano una

canna, sono posto nello spazio in una certa posizione e che normalmente io uso la canna per indicare qualcosa (decodificazione).

La corteccia visiva secondaria dà ai nuclei della base le coordinate spaziali e fa vedere loro l’ambiente in cui mi trovo in questo momento. Essa serve anche ad interpretare sul piano visivo l’immagine canna, oltre all’immagine da indicare con tutte le sue singole parti.

La corteccia uditiva scarica suoni ma anche il significato delle parole. La corteccia frontale che comunica coi nuclei della base non è motoria, ma ci permette

le attività cognitive: è la corteccia prefrontale che fa l’esame della realtà, e quindi ci permette di scegliere e giudicare, ma è anche quella che PROGRAMMA LE SEQUENZE MOTORIE.

Ciò significa che la corteccia invia COPIA FOTOSTATICA DEL PROGRAMMA DI MOVIMENTO non soltanto al cervelletto, ma anche ai nuclei della base ed in particolare al corpo striato (testa del caudato e putamen). Dalle varie aree corticali quindi arrivano informazioni che vanno al corpo striato con una convergenza di informazioni (10^9 neuroni corticali scaricano su 10^7 neuroni del corpo striato). A sua volta lo striato invia, per competenza, l’informazione al PALLIDO ESTERNO, al PALLIDO INTERNO ed anche alla SOSTANZA NERA DEL SOMMERING (che si trova nel mesencefalo ma che in realtà è un pezzo di pallido rimasto indietro), passando da 10^7 a 10^5 neuroni (100.000). A questo punto, attraverso un complesso circuito

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schematizzato nella figura che segue, costituito da 4 circuiti fondamentali e da alcuni sottocircuiti, succede che l’informazione arriva al talamo, in particolare ad un paio di nuclei talamici i quali riproiettano tale informazione alla CORTECCIA PREFRONTALE e alla CORTECCIA PREMOTORIA. La corteccia prefrontale è quella che elabora il programma di movimento. Abbiamo quindi un cortocircuito CORTECCIA-NUCLEI DELLA BASE-TALAMO-CORTECCIA nel quale molte aree corticali arrivano a scaricare ad una zona ben precisa della corteccia (corteccia prefrontale e premotoria). Succede poi che la corteccia prefrontale e quella premotoria vanno a reclutare la CORTECCIA MOTORIA. Dalla CORTECCIA MOTORIA SI DIPARTE LA VIA PRINCIPALE DEL MOVIMENTO: VIA CORTICO-SPINALE. Dalla corteccia motoria e premotoria si dipartono vie discendenti, parallele alla via cortico-spinale, ma che si fermano ai nuclei del tronco dell’encefalo (nucleo rosso, nucleo tegmentale profondo, sostanza reticolare…) da cui si dipartono vie discendenti extrapiramidali. Il risultato è che l’informazione che ritorna al lobo frontale viene usata per attivare le vie di moto cortico-spinale, cortico-nucleare e l’insieme delle vie extrapiramidali che ci permettono di compiere, nella maniera più corretta, tutti i movimenti che conosciamo, o di imparare una nuova sequenza motoria. Eseguendo inizialmente una sequenza motoria nuova (es: imparare a scrivere) mandiamo informazioni tattili (teniamo la matita), propriocettive (posizioniamo il corpo in modo da poter scrivere), uditive (sentiamo i suoni che corrispondono ad una lettera e diamo un significato al segno grafico), visive, per cui mettiamo in moto il circuito di cui abbiamo appena parlato: la corteccia memorizza tutte le informazioni che le arrivano. All’inizio scriviamo molto lentamente, utilizzando la via principale di movimento, quella che ci permette di fare movimenti fini, rapidi e che richiedono un’attività motoria particolare; scrivere la richiede. Ad ogni movimento si genera nuova informazione sensitiva, esterocettiva, propriocettiva, ecc. che arriva a colpire la corteccia; questa codifica tali informazioni ma, nello stesso tempo, le invia, per competenza, alle aree secondarie che iniziano a dare un significato a tali informazioni. Inoltre la corteccia comincia a mandare informazioni anche al corpo striato. Dopo aver ripetuto la sequenza motoria una serie di volte che servono a confermare le varie informazioni (tattile, propriocettiva…), la velocità con cui la eseguiamo aumenta. Giorno dopo giorno aumenta, fino al punto che il movimento avverrà in MODO AUTOMATICO; QUESTO MOVIMENTO CI RESTERA’ PER LA VITA. La sequenza motoria viene automatizzata grazie anche all’utilizzo delle vie extrapiramidali, oltre che a quello della cortico-spinale, vale a dire della piramidale. Lo schema che segue mette a confronto le connessioni fra la corteccia, i nuclei della base e di nuovo la corteccia. Dalla corteccia, tutto torna alla corteccia via talamo; poi dalla corteccia le vie si dirigono in basso. Le stesse informazioni vanno quindi ai nuclei della base ed al cervelletto: NUCLEI PONTINI-CERVELLETTO-TALAMO-CORTECCIA. La corteccia, però, non è quella che ottiene l’informazione riverberata dai nuclei della base (ossia la corteccia prefrontale ed in parte la premotoria); infatti, il cervelletto manda un po’ all’area 6 e molto alla 4 (quella da cui si dipartono la via principale di moto e le vie extrapiramidali). Non solo, il cervelletto riceve dal midollo spinale e dal tronco dell’encefalo, i nuclei della base no.

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Allora il cervelletto, a differenza dei nuclei della base, riesce a proiettare al tronco dell’encefalo (nucleo rosso, sostanza reticolare, oliva inferiore). Quindi: MENTRE I NUCLEI DELLA BASE CI SERVONO PER MEMORIZZARE SEQUENZE MOTORIE, RIPRODURLE AL BISOGNO E QUINDI, IN QUALCHE MODO, PARTECIPANO ALLA PROGRAMMAZIONE DEL MOVIMENTO, IL CERVELLETTO INTERVIENE SOPRATTUTTO NELL’ESECUZIONE DEL MOVIMENTO. SCHEMA RIASSUNTIVO DEL MOVIMENTO La parte inferiore dello schema rappresenta il midollo spinale (e tronco dell’encefalo), dove abbiamo informazioni sensitive che arrivano neuromero per neuromero al M.S. il quale può andare a reclutare muscoli per via riflessa oppure, attraverso la lamina VIII, può andare a reclutare altri neuromeri sopra e sotto ma, alla fine, abbiamo sempre un movimento che genera informazione propriocettiva che ritorna al M.S. Tale circuito può andare all’infinito, fintanto che c’è uno stimolo. Se, per esempio, ho una paralisi motoria perché ho un disturbo della via piramidale, non riesco a muovermi in maniera volontaria, ma i miei riflessi propriocettivi sono aumentati (iperreflessia profonda) perché è come se avessi solo il M.S. L’informazione che raggiunge il M.S. va anche ai centri superiori, va al cervelletto e ad aree sensitive primarie e secondarie. Tali aree rispondono con le vie principali di moto (cortico-spinale e cortico-nucleare) ma anche con vie che dalla corteccia vanno ai nuclei che si trovano nel tronco dell’encefalo da cui hanno origine le vie extrapiramidali. Queste hanno il ruolo di: 1. controllare quello che succede in periferia; 2. dare dei comandi secchi ai neuroni del M.S.; che servono ad innescare il movimento e a far fare quello che la corteccia ha deciso di fare. Le vie discendenti di moto non hanno soltanto la funzione di stimolare alfa e gamma motoneuroni, anzi questa sembra essere la funzione minore, hanno anche la funzione di controllare e regolare le risposte a livello dei vari neuromeri del M.S. che insorgono in base all’informazione di ritorno al midollo spinale dopo che un muscolo si è contratto. Comunque, tali vie portano anche ordini secchi dalla corteccia e, soprattutto la via cortico-spinale, è indispensabile per iniziare un movimento e anche per l’esecuzione di movimenti fini. Parallelamente alla via cortico-spinale abbiamo tutta una serie di vie che si dipartono dai nuclei del tronco dell’encefalo (nucleo rosso, grigio tegmentale profondo, tetto del mesencefalo, ecc.) le quali agiscono parallelamente, e non in conflitto, con la via cortico-spinale (in maniera concertata) e sono implicate nell’esecuzione dei movimenti. La storia che le vie extrapiramidali sono implicate nell’esecuzione dei movimenti automatici è nata da un equivoco che si perpetua, specialmente in clinica. Tale equivoco nasce dal fatto che il dato della clinica mi dice che ce faccio una lesione alla via CORTICO-SPINALE, nell’immediato (ore o giorni) ho sicuramente una paralisi motoria controlaterale mentre, se ho una lesione delle vie extrapiramidali, non ho paralisi motoria ma problemi nella esecuzione. In base a questi due quadri clinici diversi si dice che la via piramidale serve per iniziare il movimento ecc. e le vie extrapiramidali per rendere possibili gli automatismi del movimento. Questi due sistemi discendenti agiscono invece in maniera concertata.

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I nuclei della base sono necessari per apprendere nuove sequenze motorie e per ripeterle. Noi passiamo la nostra vita a memorizzare schemi motori ed a riprodurli, a creare circuiti funzionali che ci permettano di semplificare una sequenza motoria e, quindi, di automatizzarla e poi riprodurla. I nuclei della base sono a tal fine assolutamente indispensabili. Come abbiamo visto nell’immagine precedente, quando l’informazione è passata per i nuclei della base, da qui va al talamo e dal talamo va alla corteccia; essa risponde con tutte le vie discendenti a sua disposizione e non soltanto con la cortico-spinale. Qualsiasi nostro movimento complesso ha bisogno dell’integrità di tutti e due i sistemi discendenti. RUOLO DEI SINGOLI NUCLEI DELLA BASE SOSTANZA NERA Se distruggo la sostanza nera, soprattutto la parte compatta di questa, ho una malattia invalidante che si chiama MORBO DI PARKINSON o paralisis agitans. Questa dizione spiega i due segni clinici fondamentali del Morbo di Parkinson: la rigidità del movimento (che non è paralisi) ed il tremore a riposo. Il parkinsoniano ha grosse difficoltà sia ad iniziare il movimento che ad arrestarlo. La rigidità (che solitamente inizia da una parte del soma ma poi progredisce) riguarda tutti i muscoli per cui il parkinsoniano ha un atteggiamento tipico. Se sta in piedi ha un atteggiamento curvo e poi trema: gli tremano la testa, le braccia, le mani e le dita (come se contasse dei soldi). Il tremore è un eccesso di movimento ed è irreprensibile, smette di tremare allorché compie un movimento. Il parkinsoniano non riesce però a compiere un movimento in maniera fluida e veloce come fa una persona sana. Questo dipende dalla rigidità motoria. Tale rigidità riguarda anche i muscoli mimici: il parkinsoniano ha sempre la stessa espressione, triste, depressa; questo avviene un po’ perché è realmente depresso, ma soprattutto perché ha difficoltà a sorridere, data la rigidità dei muscoli facciali. Possiamo quindi affermare che LA LESIONE DELLA SOSTANZA NERA CAUSA FONDAMENTALMENTE IPOCINESIA, CIOE’ MINORE QUANTITA’ TOTALE DI MOVIMENTO. SE QUESTO E’ VERO ALLORA IN CONDIZIONI NORMALI LA SOSTANZA NERA AGISCE COME ACCELERATORE DEL MOVIMENTO. NUCLEO SUBTALAMICO DI LEWIS Se distruggo tale nucleo, ad esempio da una parte, ho una sindrome chiamata SINDROME EMIBALLICA, emi perché ho segni solo su metà del soma (quella controlaterale alla lesione); ballica è un termine che viene dal greco e significa lanciare, questo perché il soggetto COMPIE DEGLI ATTI MOTORI COME SE DOVESSE LANCIARE QUALCOSA. Il soggetto, in maniera imprevedibile, irreprensibile e non finalizzata (sostanzialmente in maniera automatica) compie un movimento che riguarda l’articolazione della spalla e l’arto, ma anche il collo, come se volesse lanciare una pietra. Questa sindrome denota un eccesso di movimento ed infatti si classifica tra le ipercinesie. Da questo deriva che il NUCLEO SUBTALAMICO DI LEWIS E’ UN FRENO. NUCLEO CAUDATO Un’altra ipercinesia è il cosiddetto Ballo di San Vito che, in termini medici, è detto Coréa Minor (corea in greco significa ballo) in cui, in maniera imprevedibile, irrefrenabile e non finalizzata, il soggetto muove l’arto superiore e quello inferiore, quasi a mimare il passo di una danza.

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La Coréa Minor consegue ad una lesione del n. caudato per cui in condizioni normali anche il n. caudato appartiene alla CATEGORIA DEI FRENATORI. Possiamo quindi affermare che NUCLEO SUBTALAMICO e NUCLEO CAUDATO SONO FRENATORI DEL MOVIMENTO mentre LA SOSTANZA NERA COMPATTA ed, entro certi limiti, IL PALLIDO INTERNO SONO ACCELERATORI DEL MOVIMENTO. Quindi i nostri movimenti automatici, ma anche quelli che hanno una componente di volontarietà, dipendono dall’equilibrio delle attività del freno e dell’acceleratore, che devono essere perfettamente regolati. POSSIBILE SCHEMA INTERPRETATIVO DEL FUNZIONAMENTO DEI NUCLEI DELLA BASE Lo schema che segue ci fa vedere una rappresentazione della corteccia cerebrale o meglio dei luoghi della corteccia che scaricano allo striato. La corteccia scarica al corpo striato il quale è fatto fondamentalmente di neuroni inibitori i quali si scaricano al pallido esterno (Pe) ma anche al pallido interno (Pi) e alla sostanza nera (SNr e SNc). Ciò significa che la corteccia stimola lo striato ad inibire il pallido esterno, il pallido interno e la sostanza nera. A loro volta, il pallido interno e la sostanza nera reticolata, sono degli inibitori, quindi abbiamo due neuroni inibitori in sequenza che configurano una disinibizione. Questi vanno a scaricarsi al talamo ed anche essi sono inibitori. Senonché, e qui è il punto, una parte dello striato scarica anche alla sostanza nera compatta (SNc) inibendola. La SNc scarica allo striato con due vie: una di tipo inibitorio (D2) e l’altra di tipo eccitatorio (D1). Il fatto è che la sostanza nera (in particolare quella compatta), scarica in maniera tonica sui suoi bersagli (ossia inibisce il talamo con una frequenza costante). Il talamo può scaricare al corpo striato oppure scaricare alla corteccia prefrontale e anche premotoria. Anche la corteccia è connessa direttamente con il nucleo subtalamico (il quale è fatto di neuroni eccitatori) il quale riceve dal pallido esterno e proietta al pallido interno. È chiaro che abbiamo un flusso di informazione che ha la funzione di interrompere l’azione inibitoria del pallido interno e della sostanza nera sul talamo, il quale è sempre tenuto sotto freno dai due nuclei e, quindi, non può scaricare e dare via libera alla corteccia. Il circuito che dalla corteccia va a finire al pallido interno ed alla sostanza nera ha la funzione di ridurre, ogni tanto, l’attività frenante. Questo si verifica ogni volta che dobbiamo iniziare un’azione o compiere un atto motorio. Nel parkinson succede che viene distrutta la sostanza nera ed in particolare è interrotta la via inibitoria allo striato (D2). Con la distruzione della sostanza nera compatta (che è quella maggiormente compromessa) viene soprattutto ad interrompersi la via di inibizione del nucleo subtalamico (via pallido esterno) il quale è eccitato ad eccitare i nuclei pallido interno e SNr (i nuclei inibitori) che aumenteranno la loro scarica inibitoria al talamo il quale non risponde più, causando la rigidità. Il nucleo subtalamico è un nucleo eccitatorio ma eccita dei nuclei che sono inibitori, per questo la sua azione è frenante. Viceversa, nel caso di distruzione del nucleo subtalamico, viene a mancare l’azione eccitatoria sui nuclei inibitori (Pi e SNr) e quindi la frequenza di scarica inibitoria diminuisce al di sotto di un valore soglia, tanto da avere un eccesso di movimento.

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VIE DISCENDENTI CHE ORIGINANO DAI NUCLEI DELLA BASE Abbiamo detto che il 95% dell’informazione che giunge ai nuclei della base dalla corteccia, poi ritorna alla corteccia via talamo. In realtà, soprattutto il nucleo subtalamico ha una piccola quota di efferenza che va a finire al nucleo tegmentale profondo (mesencefalo) e si sa che alcune fibre del pallido interno si scaricano al nucleo rosso. Questi due nuclei sono nuclei propri del mesencefalo da cui si dipartono vie discendenti extrapiramidali. Questo significa che una piccola parte dell’informazione in uscita dal globo pallido non va al talamo, ma va direttamente a livello dei nuclei “extrapiramidali” per innescare risposte stereotipe. Una piccola quota di informazione in uscita dal nucleo subtalamico va a finire al complesso olivare inferiore, il quale, non solo dà origine ad una via extrapiramidale ma, soprattutto, scarica al cervelletto. Possiamo allora immaginare una via CORTICO-STRIATO-PALLIDO-SUBTALAMO-OLIVO-CEREBELLARE che rappresenta una terza via attraverso cui la corteccia comunica con il cervelletto (le altre sono la CORTICO-PONTO-CEREBELLARE e la CORTICO-SPINO-CEREBELLARE). Attraverso questa via il cervelletto viene in qualche modo informato del programma motorio base, che la corteccia vuole utilizzare per compiere i movimenti successivi. LOCALIZZAZIONE A LIVELLO DELLA CORTECCIA DELLE AREE DA CUI SI DIPARTONO LE VIE PIRAMIDALI ED EXTRAPIRAMIDALI. A livello della circonvoluzione precentrale (che appartiene al lobo frontale) abbiamo l’Area 4 o Area Motrice Primaria e al davanti di questa abbiamo l’Area 6 o Area Premotoria. Se facciamo un taglio frontale a livello dell’Area 4 possiamo rappresentare la distribuzione somatotopica dei neuroni che daranno luogo alla via principale di moto. Tale distribuzione somatotopica è molto simile a quella vista per l’area somestesica primaria ossia, partendo da medio a lato,abbiamo, il piede, la gamba, la coscia, il tronco, il braccio, la mano, la faccia, la lingua con il faringe. Lungo questa direttrice sono localizzati i neuroni detti Piramidali di Betz da cui si dipartono fibre che in parte danno la via cortico-spinale ( neuroni che si dipartono dalla regione somatotopica del piede fino alla mano) e in parte la via cortico-nucleare (neuroni che si dipartono dalla regione somatotopica della faccia fino alla lingua). Abbiamo una specie di raggera di fibre che converge per andare in giù. Le fibre, scendendo, diventano parte del centro semiovale, dopodiché scendendo troviamo:

• la via corticonucleare, nel ginocchio della capsula interna; • la via corticospinale, nel braccio posteriore della capsula interna.

Scendendo le troviamo nei 3/5 intermedi del peduncolo cerebrale, affiancate dal fascio di Arnold e di Türk per quanto riguarda il tratto mesencefalico. Nelle piramidi abbiamo ancora il 100% delle fibre cortico-spinali che ammontano a circa 1 milione (1 a dx e 1 a sx) mentre, nel bulbo, abbiamo meno fibre corticonucleari in quanto molte sono già arrivate a destinazione. All’estremo inferiore del bulbo non abbiamo più fibre corticonucleari ma solo fibre corticospinali: l’80% di queste, a tale livello, si incrociano e vanno giù nel m.s. occupando il cordone laterale, da cui il nome di via corticospinale laterale; il restante 20% non si incrocia e rimane nello stesso lato formando la via corticospinale anteriore, perché occupa il cordone spinale anteriore del m.s.. Anche questa si incrocerà, neuromero per neuromero. Conseguenza di ciò è che, se provoco una lesione a livello della capsula interna, ad esempio di sx, o a livello del peduncolo cerebrale di sx, o a livello della piramide di sx

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ossia prima dell’incrociamento, avrò una paralisi motoria controlaterale, perché ancora le vie motorie non si sono incrociate. Nel braccio posteriore, parallele alla via corticospinale, abbiamo anche vie che dalla corteccia vanno al nucleo rosso (via cortico-rubro), al nucleo tegmentale profondo (via cortico-tegmentale), alla sostanza reticolare (via cortico-reticolare). Nel braccio posteriore abbiamo, in più, vie ascendenti che salgono dal talamo alla corteccia, in particolare quelle vie della sensibilità esterocettiva e propriocettiva cosciente che, dal talamo, vanno alla corteccia somestesica primaria. Queste vie le chiamiamo talamo-corticali ma anche radiazioni talamiche posteriori, perché si trovano nel braccio posteriore della capsula interna. Quindi, nel braccio posteriore della capsula interna, ad esempio di sx, abbiamo sia la via discendente di moto che mi controlla l’emisoma di dx, sia le fibre che mi portano l’informazione propriocettiva ed esterocettiva cosciente da destra. Di fronte ad un malato che non può muovere il braccio e su tale braccio non ha sensibilità esterocettiva, il problema, di natura quasi sempre vascolare, è alla capsula interna. Il braccio anteriore è fatto di fibre dirette dal talamo alla corteccia e di fibre dirette dalla corteccia al talamo e, soprattutto, al tronco dell’encefalo. Nel braccio anteriore abbiamo, tra le vie discendenti, il fascio di Arnold (fronto-pontino) che nasce dai neuroni frontali, percorre il braccio anteriore della capsula interna, e poi lo ritroviamo ancora nel peduncolo cerebrale, per poi finire ai nuclei pontini. Tra le vie ascendenti, nel braccio anteriore, dobbiamo mettere le radiazioni talamiche anteriori che sono fibre che dal talamo vanno alla corteccia frontale. Il braccio posteriore si continua in parte andando indietro, al di dietro del nucleo lenticolare (verso il lobo occipitale), ma in parte si continua in giù per percorrere il lobo temporale). La parte che va nell’occipitale si chiama prolungamento retrolenticolare del braccio posteriore mentre, la parte che scende nel temporale, la chiamiamo sottolenticolare. Questi 2 prolungamenti sono importanti perché, nel prolungamento sottolenticolare, abbiamo soprattutto la via acustica e una parte della via ottica mentre, nel prolungamento retrolenticolare, abbiamo la grossa parte della via ottica. In entrambi i prolungamenti abbiamo tutto il fascio di Türk (fascio parieto-temporo-occipito-pontino). Se facciamo una lesione a livello retrolenticolare abbiamo dismetrie ( cervelletto e corteccia non comunicano), ma anche problemi visivi (riduzione del campo visivo e talora allucinazioni visive). TALAMO Ciascun talamo è una formazione del diencefalo che somiglia ad un ovoidale. Possiamo immaginare due uova coricate con i due assi che convergono in un punto anteriore. È una massa grigia molto grossa costituita da un numero elevato di nuclei che stanno insieme. Tale massa grigia è attraversata da una lamina midollare di sostanza bianca, detta lamina midollare interna, la quale va da dietro in avanti ma, verso l’avanti, si biforca disegnando una “y”. A causa di ciò, distinguiamo i nuclei talamici in tre gruppi fondamentali: -gruppo anteriore; -gruppo mediale; -gruppo laterale. In aggiunta abbiamo che i nuclei mediali si continuano medialmente a formare una specie di commessura grigia che si unisce a quella del talamo controlaterale. Tale parte di talamo prende il nome di nuclei mediani o della linea di mezzo. Inoltre i nuclei laterali vanno distinti in dorsali e ventrali. Il polo posteriore del talamo, che filogeneticamente è la parte più nuova, è un grosso nucleo chiamato Pulvinar. Abbiamo poi un gruppetto di nuclei nella faccia laterale del

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talamo a livello della lamina midollare esterna che avvolge la superficie laterale del talamo. I vari nuclei talamici hanno connessioni in va e vieni con precise regioni della corteccia cerebrale. I nuclei talamici anteriori sono collegati, in va e vieni, con una regione della corteccia cerebrale che sta tutt’intorno al corpo calloso (e quindi lungo le faccie mediali di ciascun emisfero). Tale corteccia pericallosa è molto importante al fine delle nostre risposte emotive istintuali. Al di là della lamina midollare interna abbiamo i nuclei mediali, i quali sono tutti connessi con il lobo frontale ed in particolare con la corteccia prefrontale. Ancora più medialmente abbiamo i nuclei della linea mediana che proiettano a livello del polo anteriore. Si tratta di regioni importanti che hanno a che fare con la memoria genetica. Poi abbiamo i nuclei laterali (distinti in dorsali e ventrali) ed in aggiunta abbiamo il Pulvinar che è connesso ad un’ampia regione della corteccia, in parte temporale, in parte occipitale ed in parte parietale, la quale viene a trovarsi tutt’intorno al punto in cui finisce la scissura di Silvio. Questa regione si chiama Area associativa sensitiva. Essendo il pulvinar la parte di talamo filogeneticamente più nuova, tale area, essendo connessa con questo, è implicata in attività filogeneticamente nuove quali il linguaggio. La zona dei nuclei lateroventrali proietta sulla regione della corteccia che sta a cavallo della scissura di Rolando (la corteccia somestesica primaria e l’area 4). La corteccia somestesica primaria riceve dai nuclei ventro laterali posteriori (ossia le vie spinotalamiche, lemniscomediale, lemniscotrigeminale). Poi abbiamo, al davanti, il nucleo ventro laterale intermedio, il quale è connesso quasi esclusivamente con l’area 4. Questo è quel nucleo talamico che riceve dal cervelletto per proiettare alla corteccia. Infine, i nuclei ventro laterali anteriori sono connessi quasi esclusivamente con l’area 6 (area premotoria). Questi sono quei nuclei talamici che ricevono dai nuclei della base (soprattutto da Pallido interno e Sostanza Nera) e proiettano alla corteccia. I nuclei anteriori proiettano alla circonvoluzione pericallosa (che fa parte del sistema limbico) che è quella regione della corteccia, ma anche dei nuclei subcorticali che si occupa delle nostre reazioni istintive, ossia quelle non ragionate. I nuclei anteriori sono anche connessi con l’ipotalamo e, quindi, intervengono nel controllo del coordinamento delle attività viscerali. I nuclei mediali proiettano soprattutto al lobo frontale, che è il lobo della conoscenza, delle attività cognitive, del giudizio, della scelta, ma anche il lobo del comportamento emotivo non istintivo. Quindi, tali nuclei, sono importanti per generare quei comportamenti non istintivi che caretterizzano il vivere sociale e che vengono considerati comportamenti normali. Ricapitolando i nuclei talamici: Si dividono in: anteriori, mediali, laterali (dorsolaterali,ventrolaterali), intralaminari, della linea di mezzo e reticolari.

• I nuclei anteriori sono connessi con: ipotalamo, corpi mammillari, circonvoluzione pericallosa (sistema limbico). Intervengono nel controllo delle attività viscerali da

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parte dell’ipotalamo e nella memoria recente ( più precisamente, nell’acquisizione di nuove risposte comportamentali). Risposte emotive istintive.

• I nuclei mediali sono connessi con: lobo frontale, corpo striato, sostanza grigia periacqueduttale e sostanza reticolare del tronco encefalico. Intervengono nell’integrazione di informazioni olfattive, viscerali e somatiche (personalità e tono affettivo).

• I nuclei laterali ventrali si distinguono in anteriori, intermedi e posteriori. - I posteriori ricevono i lemnischi spinale, mediale, trigeminale e le vie gustative; proiettano alla corteccia somestesica. - Gli intermedi ricevono dal cervelletto (nucleo dentato, globoso e emboliforme) e dal pallido. Proiettano alla corteccia motoria e premotoria. Intervengono nell’esecuzione del movimento. - Gli anteriori ricevono dal corpo striato, dalla formazione reticolare ascendente e dai nuclei talamici non specifici. Proiettano alla corteccia premotoria e motoria. Intervengono nella programmazione dei movimenti.

• I nuclei talamici laterali dorsali ed il Pulvinar sono filogeneticamente nuovi e sono connessi, in doppio senso, con la corteccia parietale non-somestesica e con l’area di Wernicke. Intervengono nel controllo del dolore cronico, del moto degli occhi e dell’articolazione del linguaggio tramite l’elaborazione dei poli sensitivi.

• I nuclei non specifici si distinguono in reticolari, della linea di mezzo, ed intralaminari.

- I reticolari ricevono da tutta la corteccia e dalla sostanza reticolare del tronco encefalico, e proiettano alla corteccia (attivazione o allarme). - I nuclei della linea di mezzo ricevono dalla sostanza reticolare del tronco encefalico, dal cervelletto, dal corpo striato dell’ipotalamo, e proiettano a parte della corteccia limbica. Memoria genetica. - I nuclei intralaminari ricevono da strutture del tronco encefalico (lemnischi e sostanza reticolare) e proiettano ai nuclei talamici vicini. IPOTALAMO Si trova sotto al talamo e rappresenta la parte inferiore ed il pavimento del diencefalo, con il chiasma ottico, il tuber cinereum che si prolunga ad imbuto nell’infundibolo (peduncolo ipofisario) e i corpi mammillari. E’ un insieme di nuclei che rappresentano la struttura nervosa di controllo di tutte le attività nervose vegetative e di quasi tutte le attività chimiche (ormoni). Attraverso questi molteplici nuclei l’ipotalamo è implicato nelle seguenti attività di regolazione: controlla la fame ( si può avere bulimia e anoressia); controlla la sete: l’ipotalamo detta i tempi, soprattutto per la secrezione dell’ormone antidiuretico o ADH; regola la temperatura corporea (è il nostro termostato) un po’ sotto ai 37° C; controlla una serie di metabolismi (metabolismo energetico); controlla, tramite l’ipofisi, eventi ciclici: sia il ritmo circadiano, sia cicli più lunghi come il ciclo ovarico ( o ciclo uterino o ciclo mestruale); l’ipotalamo, attraverso connessioni con altre strutture, regola anche alcuni aspetti di base della personalità, ossia l’aggressività o la docilità e, quindi, ha un ruolo nel determinare le risposte emotive istintive; infine l’ipotalamo ha un ruolo anche nella memoria recente.

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Per le risposte viscerali l’ipotalamo deve poter comunicare con i nuclei parasimpatici craniali, con la colonna dei neuroni ortosimpatici (da C8 a L3) del m.s. e anche con il parasimpatico sacrale. A tal fine, l’ipotalamo si serve di due vie discendenti:

1. il fascicolo longitudinale dorsale che percorre tutto il tronco dell’encefalo, viaggiando sotto al pavimento del 4 ventricolo(che è il più dorsale);

2. il fascio ipotalamo spinale . Il fascicolo longitudinale dorsale si scarica direttamente ai nuclei parasimpatici del tronco dell’encefalo ( dal nucleo di Edinger Westphal a scendere: salivatorio sup., salivatori inf., nucleo dorsale del vago), oppure si collega a questi nuclei scaricandosi alla sostanza reticolare del tronco dell’encefalo, che poi recluta tali nuclei. Tale fascicolo non controlla soltanto i nuclei parasimpatici ma, con l’interposizione della sostanza reticolare, va a controllare il centro cardio respiratorio e, attraverso vie reticolo spinali discendenti laterali, l’attività sia dei neuroni ortosimpatici della lamina VII del m.s. sia di quelli parasimpatici S2,S3 ed S4. Il fascio ipotalamo spinale è un fascio che si diparte dall’ipotalamo e va a scaricarsi direttamente all’ortosimpatico spinale e al parasimpatico spinale. Con tali due sistemi efferenti l’ipotalamo controlla tutto il sistema nervoso vegetativo. Esempio: se sentiamo freddo è perché il calore che dissipiamo dalla cute non è sufficiente rispetto a quello che sarebbe necessario per compensare la temperatura esterna. Il freddo viene sentito con i recettoti del freddo che stanno sulla cute, soprattutto sulla parte dorsale del corpo. L’informazione “freddo” va alla corteccia (via talamo) dove elabora tale informazione come freddo. Una quota di tale informazione, che viaggia con la via spinotalamica, si ferma alla sostanza reticolare e arriva all’ipotalamo, il quale viene informato che sto sentendo freddo. L’ipotalamo, attraverso una o entrambe le vie di cui dispone, attiva l’ortosimpatico per innescare la risposta al freddo: viene ridotto l’afflusso di sangue alla cute mediante la vasocostrizione periferica. Inoltre si ha l’orripilazione (pelle d’oca): la contrazione del muscolo piloerettore fa si che vengano spremute le ghiandole sebacee che si trovano fra bulbo pilifero e muscolo, così il grasso si stratifica sopra la cute e funge da isolante termico. Nell’animale, quando i peli sono dritti, tra l’uno e l’altro si dispone l’aria, che è un buon isolante. Nella nostra specie la piloerezione ha un significato di “comunicazione non verbale”. Se vediamo una persona orripilata e non è freddo, allora pensiamo che è sotto un’emozione particolarmente intensa (intensa risposta ortosimpatica) e se questa persona sta male, allora tale risposta ortosimpatica può essere la conseguenza o di un’emorragia intensa, o di un infarto, o di un’edema polmonare acuto ecc. ossia ha una situazione di emergenza. VIA OTTICA Se osserviamo un encefalo dal basso, la regione che sta cranialmente rispetto al mesencefalo, appartiene al diencefalo ed in particolare all’ipotalamo. Laddove finisce questa regione dell’ipotalamo, cranialmente, vediamo spuntare un peduncolo il quale altro non è che parte del peduncolo ipofisario che è stato tagliato.

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Proprio al davanti del peduncolo ipofisario abbiamo una struttura ad “H” che è una parte della via ottica. Questa parte della via ottica viene a trovarsi alla base del telencefalo, al davanti del peduncolo ipofisario e quindi all’altezza più o meno della sella turcica. Dalla parte posteriore dell’occhio si diparte il nervo ottico (II nervo cranico). L’occhio è sostanzialmente un recettore speciale: la retina è costituita, tra l’altro, di fotorecettori sensibili alle onde elettromagnetiche di una certa lunghezza d’onda (da 400 a 800 nm.). L’occhio si trova nel cavo orbitario che è una fossa piramidale, con la base in avanti e l’apice indietro. All’apice di questo cavo orbitario abbiamo il foro ottico attraverso cui il nervo ottico abbandona il cavo orbitario ed entra nella scatola cranica. Proprio al davanti del peduncolo ipofisario sembra che i due nervi ottici si avvicinino così tanto tra di loro da fondersi (barretta orizzontale dell’ “H”). In realtà accade che una quota delle fibre del nervo ottico di dx si incrocia con una quota delle fibre del nervo ottico di sx. Le fibre che si incrociano provengono da una precisa regione della retina: si incrociano le fibre che derivano dalla regione più mediale della retina. Il risultato è che abbiamo una regione anatomica, dove avviene l’incrociamento parziale dei nervi ottici, chiamata Chiasma dei nervi ottici. Al di là del chiasma abbiamo una struttura nervosa (una a dx e una a sx) che è fatta per metà di fibre ipsilaterali e per metà di fibre controlaterali. Tale struttura si chiama Tratto ottico ( di dx e di sx) perché, dal punto di vista della composizione, abbiamo fibre ipsilaterali e controlaterali. Le fibre del tratto ottico, per grossa parte, circondano il mesencefalo dal davanti all’indietro, e vanno a finire al corpo genicolato laterale ( di dx e di sx), un nucleo metatalamico che si trova ai lati del mesencefalo. Dai corpi genicolati laterali si dipartono fibre che vanno ad un’area della corteccia occipitale che si chiama Area calcarina. Per cui queste fibre le chiamiamo genicolo-calcarine, ma anche radiazioni ottiche o visive. Tali fibre vanno all’area 17, che è l’area visiva primaria, dove abbiamo la percezione della luce o degli oggetti luminosi. Una minoranza di fibre che costituisce il tratto ottico, non va al corpo genicolato laterale, ma si scarica direttamente o al nucleo pretettale o al collicolo superiore . Le fibre che arrivano al nucleo pretettale vanno ad entrambi i nuclei di Edinger-Westphal: tale via ci permette la riduzione del calibro della pupilla (riflesso parasimpatico). Il riflesso di rotazione del capo usa, soprattutto, la via tetto spinale laterale, per andare a scaricarsi sul centro ciliospinale ortosimpatico per il riflesso di dilatazione della pupilla. Le fibre che si scaricano al nucleo pretettale non vengono dagli stessi fotorecettori delle fibre che si scaricano al collicolo superiore infatti, il nucleo pretettale viene attivato quando c’è un eccesso di luce, mentre il collicolo superiore viene attivato quando c’è un difetto di luce. Cerchiamo di capire il significato dell’incrociamento delle fibre del nervo ottico a livello del chiasma. Noi possiamo dividere ciascuna delle nostre retine (quella di dx e quella di sx) in una metà temporale, che è quella laterale che guarda verso l’osso temporale, e una metà nasale, che è quella mediale che guarda verso il naso; avremo: retina temporale e retina nasale. Ad incrociarsi a livello del chiasma sono le fibre nasali, ossia quelle che vengono dalla retina nasale. Quindi, mentre il nervo ottico è fatto di fibre temporali e nasali ipsilaterali, il tratto ottico è fatto di fibre temporali ipsilaterali e nasali controlaterali. La retina la dobbiamo immaginare come una coppa di champagne ma un po’ più lunga in quanto rappresenta i 5/7 di una sfera. Le dimensioni della retina sono minori delle dimensioni dell’occhio, abbiamo infatti tutta una serie di lenti (responsabili del potere diottrico dell’occhio, che ci permettono la messa a fuoco), si tratta di strutture trasparenti che devono far passare la luce.

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Nel polo anteriore dell’occhio abbiamo anche la pupilla (è un diaframma che regola la luce in entrata). I raggi luminosi che devono colpire la retina devono passare attraverso la pupilla. La luce che passa per la pupilla (luce riflessa da un certo oggetto) va a colpire una certa regione della retina. Se l’oggetto si trova davanti al naso il raggio di luce riflessa va a colpire la Retina temporale mentre se un oggetto si trova esternamente la luce riflessa dallo stesso colpisce la Retina nasale. Allora la retina temporale ci serve per vedere gli oggetti davanti al naso e la retina nasale per vedere gli oggetti all’esterno. Se metto l’oggetto all’estremo del campo visivo di dx sarà colpito l’estremo anteriore della retina nasale di dx mentre, spostando l’oggetto via via più medialmente, saranno colpiti punti della retina nasale sempre più vicini al polo posteriore dell’occhio. Se metto un oggetto davanti al naso lo vedo con la retina temporale di entrambi gli occhi. Ricapitolando quindi un oggetto posto nel campo visivo centrale (di 110-120 gradi) viene visto da entrambe le retine temporali mentre nei campi visivi di dx e di sx un oggetto è visto da ogni singola retina nasale (quella di dx a dx e quella di sx a sx). Il risultato è che la possibilità di vedere un oggetto posto nel campo visivo anteriore con entrambe le retine temporali, mi permette una visione stereoscopica, ossia mi permette di vedere in tre dimensioni e quindi di calcolare se un soggetto o un oggetto è più vicino a me di un altro. La visione stereoscopica è tipica degli animali predatori, mentre gli animali preda non hanno la visione stereoscopica ma hanno un campo visivo molto più ampio. C’è una piccolissima regione della retina, che coincide con il polo geometrico posteriore dell’occhio (che è quindi in asse rispetto al foro pupillare), detta fovea centralis, in cui la retina, in particolare quella temporale, ha una prevalenza di un tipo particolare di recettori luminosi che sono i coni, da cui dipende la nostra acuità visiva, la nostra capacità di vedere i colori e che noi usiamo quando c’è luce. Tutto il resto della retina temporale e nasale è caratterizzato, per la maggioranza, dalla presenza dei bastoncelli, che noi utilizziamo per la visione crepuscolare. Questi sono molto più numerosi dei coni. Ora capiamo perché passiamo la vita a girare il collo e gli occhi: dobbiamo fare in modo che l’oggetto che ci interessa vedere cada nella fovea centrale degli occhi. La fovea centrale della macula lutea (cioè fossa centrale della macchia gialla) è la regione dove abbiamo la massima concentrazione dei coni che ci permettono la visione diurna, la visione dettagliata e la visione dei colori. Abbiamo visto come la retina temporale mantiene le sue fibre ipsilaterali mentre la retina nasale incrocia le sue fibre. Così il tratto ottico di dx porterà temporali di dx e nasali di sx e il tratto ottico di sx l’opposto. Quando l’immagine arriva a stamparsi alla corteccia allora, alla corteccia di dx arrivano immagini che stavano nell’emicampo visivo di sx (campo temporale di dx e nasale di sx). Viceversa, le immagini dell’emicampo di dx si stampano sulla corteccia di sx. Il cervello di dx vede il campo visivo di sx e viceversa. L’informazione va alla corteccia occipitale che è percorsa dalla scissura calcarina. L’area visiva primaria (la 17) viene a trovarsi immediatamente sotto e sopra la scissura calcarina. A sandwich rispetto all’area 17 abbiamo l’area 18 o area visiva secondaria. Poi abbiamo un’altra area visiva l’area 19 ancora a sandwich. Per cui, partendo dalla scissura calcarina, avremo sopra 17-18-19 e sotto 17-18-19. Mentre l’area 17 è l’area visiva primaria, le aree 18 e 19 sono aree visive secondarie, dove noi interpretiamo ciò che vediamo in base all’esperienza.

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RIFLESSI CORTICALI I riflessi di miosi (max costrizione) e di midriasi (max dilatazione) della pupilla sono riflessi vegetativi che noi non possiamo arrestare. Mentre il collicolo superiore è sede di riflesso visivo vegetativo (dilatazione della pupilla), non è il centro di riflesso motorio di rotazione del capo. Infatti la sede di tale riflesso è l’area 17 della corteccia. Però esistono fibre dell’area 17 (ma anche della 18 e della 19), fibre cortico tettali, le quali vanno a regolare le attività di scarica dei neuroni del collicolo superiore(così anche di quelli del collicolo inferiore) ai fini della rotazione del capo. Questo è importante nell’esame obbiettivo di un soggetto obnubilato nel quale, se non risponde a stimoli visivi quali lo spostamento di un dito, significa che c’è un danno corticale: l’informazione non arriva alla corteccia. Sempre sulla corteccia è centrato un altro riflesso, apparentemente vegetativo, che ci permette di adattare gli occhi alla visione da vicino. Abbiamo già detto che, a livello del polo anteriore dell’occhio, esiste una lente naturale biconvessa, il cristallino, i cui fuochi tendono ad avvicinarsi se aumentiamo la convessità della lente: una lente più biconvessa diventa più convergente. Il tutto serve a far arrivare sulla retina un’ immagine puntiforme. Quello che si sposta è il fuoco anteriore. Allora per poter vedere un oggetto vicino rispetto a prima, considerando che, naturalmente, l’occhio è adattato alla visione da lontano, con il cristallino sempre biconvesso, non avendo il minimo spessore, devo aumentare la convessità del cristallino. Questo è la conseguenza della contrazione del muscolo ciliare, il quale fa collassare l’equatore del cristallino, aumenta il diametro antero-posteriore e quindi la convessità, soprattutto quella anteriore. Questo dipende dal nucleo di Edinger-Westphal. Noi adattiamo l’occhio alla visione da vicino quando vogliamo vedere qualcosa da vicino. Questo è sì un riflesso, ma è un riflesso complesso, in quanto dobbiamo aumentare la biconvessità del cristallino, ma dobbiamo anche convergere gli occhi (altrimenti vedo un’immagine sdoppiata). Questo succede grazie ai muscoli scheletrici, per esempio i retti interni, i quali ovviamente non dipendono da Edinger-Westphal ma dal nucleo motore del III, il quale non è reclutato da fibre del tratto ottico, ma dalla corteccia: in parte corteccia visiva e in parte corteccia frontale. Allora, mentre io convergo gli occhi (riflesso centrato a livello della corteccia), la solita area 17, scaricandosi con fibre cortico-tettali sia al nucleo pretettale, sia al collicolo superiore, riesce a modulare e scatenare il riflesso di accomodazione (far allungare il diametro antero-posteriore del cristallino). Dobbiamo anche tener conto che, ogni qualvolta adattiamo la visione da vicino, dobbiamo ridurre la quantità di luce e quindi il diametro della pupilla, questo perché quello che noi vediamo è luce riflessa e l’intensità di un fascio di luce costante diminuisce via via che ci allontaniamo dalla fonte secondo il quadrato della distanza essendo questo un cono. Se l’oggetto si avvicina, la luce riflessa dall’oggetto che colpisce le mie retine e che entra nel foro pupillare, risulta aumentata, per cui devo ridurre il calibro della pupilla per non rimanere abbagliato. Quindi, ogni volta che guardiamo un oggetto da vicino, accadono 3 cose:

1. convergenza dei globi oculari(dipende dalla corteccia); 2. aumento del diametro antero-posteriore del cristallino (dipende dalla corteccia); 3. riduzione del calibro della pupilla (involontario).

Quest’ultimo è assolutamente indipendente dalla volontà essendo solo una questione di luce mentre gli altri due dipendono dalla corteccia (è il centro di questi riflessi), in particolare la corteccia visiva. Tale corteccia va poi a reclutare il collicolo superiore attraverso vie cortico-tettali oppure, tramite vie cortico-corticali, l’informazione passa dall’area visiva alla corteccia frontale, in un’area che si chiama 8, la quale poi si occuperà di determinare la vera e propria convergenza.

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AREE ASSOCIATIVE Nella nostra specie meno del 50% della superficie corticale è dedicata alle aree cosiddette primarie e secondarie (sensitive , uditive, visive e motorie). Questo vuol dire che la più grossa parte della corteccia cerebrale apparentemente non ha nulla a che fare con aree primarie e secondarie. Essa nell’insieme costituisce le cortecce associative le quali, dal punto di vista anatomico, hanno questa caratteristica: nulla ricevono direttamente dalla periferia e nulla mandano direttamente a centri gerarchici più bassi. Sono tre:

1. corteccia associativa sensitiva; 2. corteccia associativa prefrontale; 3. corteccia associativa limbica.

La corteccia associativa sensitiva, in qualche modo, mette insieme le informazioni sensitive di varia natura, per esempio mette insieme le informazioni somestesiche con quelle uditive e visive. Noi elaboriamo le informazioni somestesiche nel lobo parietale, quelle visive nell’occipitale e quelle uditive nel temporale, ossia in un’ampia regione che possiamo considerare tutt’intorno alla scissura di Silvio. Succede che tutte queste informazioni, riempite di significato (dalle aree secondarie), vanno a scaricarsi e convergere in un’ampia regione, rappresentata dalle aree 22, 39, e 40, che costituiscono l’area associativa sensitiva. Questa serve a mettere insieme tutte le informazioni sensitive allo scopo di creare memoria del significato di un oggetto. Ad esempio, se dico tavolo, ho memoria di un oggetto con un piano, con quattro gambe sul quale si mangia ecc. e la parola tavolo mi richiama l’immagine di questo oggetto. Sia a sx sia a dx nei due emisferi avviene la convergenza delle informazioni in quest’area (area associativa sensitiva) ma con due significati diversi a seconda che siano a sx o a dx. La quasi totalità dei destrimani hanno come cervello predominante quello a sx e così anche il 70-80% dei mancini, mentre circa il 20% dei mancini ha come emisfero dominante quello dx (piccola percentuale della popolazione). Si chiama dominante l’emisfero che è implicato nella strutturazione del linguaggio interno ed esterno. L’ampia area associativa dell’emisfero dominante è indispensabile affinchè si crei e si conservi la memoria del significato delle parole che rappresenta il linguaggio interno. Se distruggiamo l’area 22 a sx il soggetto non capirà più il linguaggio parlato nella sua lingua, ma sarà in grado di parlare. Quello che però dirà non avrà nulla a che fare con ciò che avrà detto l’interlocutore. Tenderà a parlare tanto, ossia sarà logorroico, ma lo farà con una costruzione sintattica strana. Questa si chiama sindrome di Wernicke o afasia sensitiva. Wernicke era un giovane studioso (23 anni) che scoprì che tale sindrome dipendeva dalla distruzione dell’area 22 che è stata chiamata area di Wernicke. Via via che si struttura il linguaggio interno (memoria del significato delle parole), l’informazione viene trasferita, attraverso una via che si chiama Fascicolo arcuato, dall’area di Wernicke al lobo frontale, a livello delle aree 42 e 43, che si trovano davanti all’area 4, molto vicino a dove abbiamo la rappresentazione somatotopica della lingua e del laringe. Queste due aree, nell’insieme, prendono il nome di Area di Broca. Una lesione di quest’area provoca una sindrome chiamata afasia motoria (o espressiva): il soggeto capisce il linguaggio ma non riesce ad articolarlo (si eprime con monosillabi, tende a spezzare le parole, non riesce a mettere insieme parole di senso compiuto, tende

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ad usare verbi all’infinito). Che cosa accade se la lesione è nei posti corrispondenti a dx di un individuo con emisfero dominante di sx? Se ho una lesione alla corrispondente area di Wernicke a dx non percepisco la musicalità nella voce del mio interlocutore(ossia la prosodia). Se ho una lesione alla corrispondente area di Broca a dx sono io a non avere più musicalità nella voce, ossia sono aprosodico e quindi parlerò con voce monotonale, fredda, che non esprime sentimento. Area prefrontale: filogeneticamente è la parte più nuova di tutta la corteccia cerebrale. Essa si trova proprio al polo frontale ed è un’ampia regione al davanti della corteccia premotoria tendente ad inglobare l’area di Broca. Tale corteccia comprende le aree 9, 10 e 11 ed è quella che noi utilizziamo per le attività cognitive in senso lato: per la conoscenza, per l’analisi della realtà, per la formulazione del giudizio, e quindi per la scelta. Per fare tutto ciò devono arrivare alla corteccia prefrontale non soltanto una marea di informazioni somestesiche, visive, uditive già elaborate, ma anche informazioni da parte della corteccia associativa sensitiva e della corteccia associativa limbica. La corteccia associativa limbica è quella parte di corteccia responsabile dei nostri comportamenti emotivi non istintivi (ossia ragionati). La serie di informazioni provenienti dalla periferia vengono riempite di significato, vengono trasferite alla corteccia associativa sensitiva, ma anche direttamente alla corteccia associativa prefrontale e libica, le quali comunicano tra di loro. Alla fine è la corteccia associativa prefrontale quella da cui uscirà l’output, l’uscita dell’informazione, che ci permetterà di programmare ed eseguire una serie di movimenti che ci permettono di dimostrare i nostri sentimenti. SISTEMA LIMBICO Il flusso di informazioni entra attraverso i recettori di sensibilità speciali e non speciali, va a finire alle aree sensitive primarie che passano per competenza l’informazione alle aree secondarie che le riempiono di significato. Si può vedere come esiste una comunicazione tra aree secondarie e la corteccia premotrice (area 6) per dare origine a delle risposte che però sono grossolane ed in genere stereotipe. Se vogliamo affinare la risposta sulla base dell’esame della realtà, è indispensabile che l’informazione, dalle aree secondarie, vada a finire a tutte e tre le corteccie associative, le quali comunicano tutte tra di loro. Alla fine, comunque, l’informazione deve andare a finire alla corteccia prefrontale, da cui parte sempre l’ordine finale di risposta motoria. Non c’è risposta motoria motivata se l’informazione non arriva alla corteccia prefrontale che è quella che, fondamentalmente, decide come, quando e perché reclutare la corteccia motrice in senso lato (area 4 e area 6). Tutt’intorno al corpo calloso, a livello della corteccia frontale, parietale, occipitale e temporale, e tutt’intorno al diencefalo, a disegnare una specie di “C”, abbiamo corteccia cerebrale che nell’insieme è corteccia del sistema limbico. Limbico è un termine che viene dal latino limbus e significa cintura, limite circolare di una città. Questa corteccia è una parte piuttosto primitiva, ossia ce l’hanno tutti, ed è particolarmente sviluppata negli animali più bassi della scala zoologica, negli animali cosiddetti “macrosmatici”, ossia dotati di un apparato olfattorio molto sviluppato. In parte questa corteccia è più nuova, specialmente la regione frontale. A questa corteccia, specialmente all’estremo frontale rivolto verso il temporale, va a finire il I nervo cranico (l’olfattorio) e questa è un’eccezione alla regola che vuole che nulla arrivi alla corteccia senza essere prima passato per il talamo. In qualche modo, il nervo olfattorio con il bulbo olfattorio, chiude una specie di circuito (la “C” formata dalla corteccia limbica) e va a scaricare in prossimità della parte filogeneticamente più nuova della corteccia limbica, ma anche a strutture del lobo

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temporale. Oltre che la corteccia, il sistema limbico possiede anche alcuni nuclei sottocorticali. La corteccia limbica ci serve per attuare comportamenti emotivi istintivi e per capire la situazione di pericolo. Negli animali quali il gatto, il bulbo olfattorio è in proporzione più grosso di tutta la corteccia libica; nel gatto è in proporzione maggiore che nella nostra specie. Questo ha un senso perché tali animali basano tutta la loro vita di relazione sull’olfatto. Nella nostra specie, invece, l’olfatto ha un minor significato perché noi ci siamo evoluti e abbiamo costruito altra corteccia, la quale non ha soppiantato la corteccia limbica, ma ha aggiunto qualcosa che ci permette il discernimento, l’esame della realtà, il giudizio e la scelta. Questo è un comportamento superiore: questo lo posso fare e questo no, questo non lo devo fare ecc. Noi abbiamo anche il sistema limbico che un po’ ci serve, tramite l’olfatto, per riconoscere gli odori avversi ( quelli che ci spingono ad allontanarci) ma anche i profumi che ci attraggono. Non è quindi un caso che il nervo olfattorio vada direttamente alla corteccia frontale (entorinale) per ridurre ritardi sinaptici, ma anche per evitare modificazioni dell’informazione a livello del talamo, perché l’informazione deve essere processata immediatamente. Arriva altrettanto rapidamente alla corteccia temporale perché in tale corteccia è depositata la memoria genetica (per grossa parte) e anche la memoria dichiarativa o esplicita che si riferisce alla memoria dei fatti o degli eventi. Questa parte di corteccia temporale è la circonvoluzione dell’ippocampo che è corteccia temporale piuttosto in superficie, o circonvoluzione paraippocampica più l’ippocampo, il quale è sempre un pezzo di corteccia temporale, verso la faccia mediale del lobo, ma che è tutta pieghettata ( a mo’ di soffietto di mantice di fisarmonica) a sembrare un nucleo sottocorticale. L’ippocampo è il luogo anatomico dove è depositata la memoria genetica, ma anche quella recente dichiarativa. Senza ippocampo non abbiamo o abbiamo ridotta memoria istintuale e soprattutto non abbiamo memoria recente. Questo è quello che succede via via che invecchiamo: si perde la memoria recente, prima la memoria del tempo e poi anche la memoria spaziale per cui, ad esempio, se esco non riesco a ritrovare la starda di casa. Ho invece memoria di ricordi antichi in quanto la memoria di fatti e eventi del passato non si trova nell’ippocampo ma nella corteccia prefrontale. Se non c’è memoria non possono esserci nemmeno sentimenti, quanto meno i sentimenti strutturati. Le strutture sottocorticali che fanno parte del sistema limbico si possono osservare seguendo le fibre che si dipartono dall’ippocampo. Nell’ippocampo abbiamo neuroni i cui assoni vanno indietro, in alto e poi girano intorno al talamo e vanno a finire in un nucleo dell’ipotalamo chiamato corpo mammillare. La massa di fibre che dall’ippocampo vanno al corpo mammillare prende il nome di fornice (il quale passa a ponte intorno al talamo):abbiamo la gamba del fornice, il corpo del fornice e, davanti al talamo, la colonna del fornice che va a finire al corpo mammillare. I corpi mammillari sono una coppia di strutture mammellonate poste dietro al chiasma ottico. I due fornici sono paralleli l’uno all’altro. In aggiunta abbiamo un altro nucleo sottocorticale che appartiene al sistema limbico, che sta davanti alla testa dell’ippocampo ( a mo’ di cappello) e che si chiama amigdala. Le due amigdale (di dx e sx) si trovano nel lobo temporale verso il polo anteriore e sono tra di loro interconnesse (commessura anteriore). Amigdala deriva dal greco e significa mandorla. L’amigdala riceve direttamente informazioni olfattorie ma anche, in qualche modo, informazioni visive ed uditive. Inoltre era noto da tempo il suo fondamentale ruolo nel complesso generale delle risposte emozionali, ma la conferma definitiva si è avuta sei o

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sette anni fa allorché, ad un gruppo di ricercatori americani, è capitato di poter osservare una donna con una lesione bilaterale dell’amigdala. Questa donna aveva problemi apparentemente di personalità (sembrava apatica), ma in realtà era incapace di riconoscere l’espressione di paura sul volto di un interlocutore. Da qui l’ipotesi dell’importanza dell’amigdala per l’analisi fine dell’espressione del volto che indica espressione di paura. Riconoscere tale espressione è importante ai fini del mantenimento della nostra incolumità. Tornando al corpo mammillare, questo è un nucleo ipotalamico e, quindi, questo spiega perché, al ricordo di un certo evento abbiamo una variazione dell’attività dei visceri. Infatti, anche dal corpo mammillare si dipartono il fascio ipotalamo-spinale oppure il fascicolo longitudinale dorsale che va a reclutare i nuclei, in parte parasimpatici e in parte ortosimpatici, per dare le risposte vegetative. Inoltre è sempre ipotalamo quello che regola l’attività ipofisaria, con tutto quello che ne consegue. Proprio nell’ipotalamo troviamo quello che è il vero mediatore tra gli eventi che stanno avvenendo ( ossia la realtà che ci circonda) e l’attività dei nostri visceri, ovviamente con l’interposizione di strutture corticali o sottocorticali. Lo schema che segue rappresenta la circuiteria anatomica che sta alla base di quello che abbiamo detto. Prima analizziamo il circuito caratterizzato dalle frecce doppie: si chiama circuito di Papez (leggi Papès). Tale ricercatore messicano, intorno al 1937, formulò l’ipotesi che l’attività del sistema limbico (questo nome si deve a lui) fosse dovuta ad una sorta di circuito chiuso della seguente natura: da circonvoluzione pericallosa all’ippocampo, il quale trasmette al corpo mammillare il quale, oltre che a scaricare all’ipotalamo, scarica anche ai nuclei talamici anteriori, i quali proiettano a livello del giro del cingolo; abbiamo quindi un circuito chiuso nel quale gira l’informazione e questo serve per consolidare la memoria che si riferisce ai fatti e agli eventi. In realtà però, tale circuito è ampliato in quanto il giro del cingolo è reclutato dalle varie corteccie associative le quali scaricano alla circonvoluzione pericallosa e quindi innescano tale processo, ma, dalla circonvoluzione pericallosa, l’informazione torna alla corteccia associativa, soprattutto alla corteccia prefrontale ed in più, l’informazione che tramite l’ippocampo è arrivata all’ipotalamo, viene proiettata alla corteccia prefrontale, che è quella che ci permette il giudizio. Allora, intorno al circuito di Papez, vi è un circuito più grande che vede l’intervento delle corteccie associative e di altre strutture sottocorticali che riproiettano alla corteccia prefrontale, da cui si diparte tutta la risposta motoria ragionata. A questo punto possiamo concludere affibiando ai due emisferi cerebrali attività comuni e attività differenziate sulla base di ciò che è stato detto, ossia nel caso che l’emisfero dominante sia quello di sx. Sono comuni le attività visive, le attività uditive e l’orientamento spaziale, anche se c’è una prevalenza del ruolo dell’emisfero di dx nel caso della stereoagnosia (orientamento spaziale): io conosco me ed il mondo come strutture tridimensionali e riesco a collocare gli oggetti ciascuno nel proprio spazio. Anche l’autoconsapevolezza è un’attività di entrambi gli emisferi. In generale possiamo dire che l’emisfero di sx è analizzatore-catalogatore, mentre quello di dx è ordinatore, in quanto mette ordine occupandosi dello spazio. Per capire basta pensare che una lesione della corteccia parietale a dx produce una sindrome detta stereoagnosia. Io non ho più la percezione della tridimensionalità dello spazio e di me stesso, per cui trascurerò tutto il mio emisoma di sx ma anche lo spazio che ho davanti a sx.

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SISTEMA LIQUORORIALE Abbiamo detto come il midollo spinale non è a contatto con la teca ossea in quanto ci sono tre membrane concentriche che sono le meningi: la dura, applicata al periostio della parete, l’aracnoide, aderente alla dura e la pia, adesa al midollo spinale ed in mezzo lo spazio subarocnoideo che contiene il liquor. Tutto questo si ripropone tale e uguale nel neurocranio dove il liquor svolge la solita funzione di ammortizzatore idraulico. Dobbiamo ora spiegare:

1. chi produce il liquor; 2. in quale direzione va il liquor; 3. dove va a finire il liquor e da dove esce, in modo da non far aumentare la pressione

endocranica. Per poter rispondere alla prima domanda dobbiamo prima dire che l’acquedotto di Silvio a sua volta si apre in un altro ventricolo, il III ventricolo che è a losanga, la quale è posta tra i due talami, sopra all’ipotalamo (quindi nel diencefalo). Dal III ventricolo si passa attraverso un forellino , il forame di Monrò, uno a dx e uno a sx, in un’enorme cavità ventricolare che, in qualche modo, segue il disegno dell’emisfero cerebrale (ossia ha la forma di una “C”). Questa cavità è detta ventricolo laterale (di dx e di sx). Questi ventricoli laterali presentano un corno anteriore o frontale, un corno posteriore o occipitale ed un corno inferiore o temporale. I tre corni stanno su tre piani diversi. Dal velo midollare posteriore o inferiore, pendono dentro al IV ventricolo delle formazioni di cellule gliali specializzate dette cellule ependimali, che rappresentano il rivestimento di una specie di villi, i cui assi sono fatti di capillari, che vengono chiamati plessi corioidei. Le cellule ependimeli che rivestono tali plessi hanno la capacità di secernere liquor nella cavità del IV ventricolo. Le stesse formazioni le troviamo anche a livello del tetto del III ventricolo e anche lungo il margine concavo interno dei ventricoli laterali. Se tale liquor venisse solo prodotto, alla fine si accumulerebbe in queste cavità fino a determinare l’idrocefalo (= cervello con l’acqua), il quale tende a schiacciare in maniera centrifuga il cervello alla parete ossea con grandissimi problemi neurologici. In realtà il liquido che viene prodotto dai ventricoli laterali e dal III ventricolo e che poi, tramite l’acquedotto di Silvio, va al IV ventricolo (dove viene anche prodotto) ha anche il canale ependimale, dove però circola poco; fuoriesce attraverso un sistema di fori di cui due pari e laterali, i due forami di Luschka, e uno impari, a livello del velo midollare inferiore, il forame di Magendie ( leggi maghenti). Da questi fori il liquido esce, più o meno, con la stessa velocità con cui viene prodotto (in verità segue un andamento sinusoidale, come la glicemia tra un minimo ed un massimo) e va a finire nello spazio subaracnoideo dove causerebbe un aumento di pressione e quindi una compressione centripeta dell'encefalo (che poi è quello che succede nell'emorragie subaracnoidee). Questo però non accade perché, a livello un po’ parietale un po’ frontale abbiamo, proprio in prossimità della linea di mezzo, che le meningi dura ed aracnoide sono evaginate in una serie di formazioni tipo "villo" chiamate GRANULAZIONI ARACNOIDEE DI PACCHINI. Qui tali meningi pescano in un grosso vaso venoso che percorre le meningi dal frontale all'occipitale e che si chiama SENO SAGITTALE SUPERIORE. Il risultato è che il liquor che è stato formato grazie al plasma, ritorna nel plasma. Con tale sistema regoliamo un flusso di acqua (liquor), manteniamo

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costante la pressione e otteniamo il cuscinetto idraulico. Questo sistema ha dei punti deboli:

• possibile ostruzione dell'acquedotto di Silvio: idrocefalo; • possibile ostruzione dei forami di Magenti o di Luska: idrocefalo; • se aumenta la pressione all'interno dello spazio subaracnoideo si ha il problema

inverso, ossia il collassamento centripeto, con compromissione ancora più veloce della vita.

IRRORAZIONE SANGUIGNA DEL NEUROCRANIO (ARTERIOSA) Il SNC endocranico è irrorato da 2 coppie di vasi principali: una coppia anteriore che sono le 2 CAROTIDI INTERNE ed una coppia posteriore che sono le 2 ARTERIE VERTEBRALI che, a loro volta, sono rami dell'arteria succlavia. L'art. carotide interna, dal punto della biforcazione, sale su senza dare rami nel collo e attraversa la base del cranio passando in un canale tortuoso, scavato nella rocca petrosa dell'osso temporale, diretto in avanti e medialmente, detto FORO LACERO (o CANALE CAROTICO). Una volta all'interno della scatola cranica (ai lati del corpo dello sfenoide) dà origine ad una serie di vasi. L'ART. VERTEBRALE, invece, nasce dall'arteria succlavia, sale su (senza dare vasi nel collo) percorrendo i primi sei fori trasversi delle vertebre cervicali ed arriva al gran forame occipitale, gira indietro medialmente e passa dentro al gran forame occipitale, ponendosi davanti al bulbo. Il circolo posteriore si anastomizza con il circolo anteriore a destra e a sinistra in un modo del tutto particolare. L'ART. CAROTIDE INTERNA, appena entrata nel neurocranio, dà origine ad un vaso piccolo ma molto importante, ART. OFTALMICA, la quale entra nel cavo orbitario insieme al nervo ottico e si occupa di irrorare tutto ciò che sta dentro a tale cavo, compreso l'occhio. Essa non partecipa all'irrorazione dell'encefalo. L' ART. CEREBRALE ANT. converge con quella controlaterale verso la linea di mezzo, tanto che le 2 arterie si scambiano un vaso, detto ART. COMUNICANTE ANT., che le mette in comunicazione. Così, davanti al chiasma, ho 2 vasi molti vicini che si scambiano un vaso; successivamente queste arterie vanno verso l'alto ed in avanti, quasi a circondare il corpo calloso (e quindi girano indietro) in maniera incompleta. L' ART. CEREBRALE MEDIA, più grossa dell'anteriore, si dirige lateralmente ed in alto per andare ad impegnarsi nella scissura del Silvio. Le 2 arterie vertebrali si dispongono al davanti delle piramidi bulbari e, appena sono entrare nel cranio, ciascuna dà origine ad una arteria CEREBELLARE INFERIORE POSTERIORE (irrora la metà posteriore della metà inferiore del cervelletto). L'acronimo è PICA. Le arterie vertebrali di destra e di sinistra si scambiano un ramo e convergono (questa nell'arterie è un'eccezione) per fare un unico vaso. Si forma un unica arteria che scende al davanti del bulbo ma anche del midollo spinale e che si chiama ART. SPINALE ANTERIORE. Dalle art. vertebrali originano anche 2 art. spinali posteriori le quali, però, non convergono ma rimangono ai lati e, separatamente, scendono, così che il midollo

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spinale si trova dentro un tripode costituito da una art. spinale anteriore e 2 art. spinali laterali o post. Fatta questa separazione le 2 art. vertebrali convergono a formare un unico vaso arterioso detto ART. BASILARE (seconda eccezione). L'art. basilare è un grosso vaso che percorre tutto il solco basilare dal ponte fino alla fossa interpeduncolare. Durante questo tragitto dà origine ad una serie di vasi:

• la prima coppia di vasi che viene fuori dall'art. basilare è l'AICA, ossia ARTERIA CEREBELLARE INFERIORE ANTERIORE, la quale irrora la metà anteriore della metà inferiore del rispettivo cervelletto di destra o di sinistra.

• Poi dà origine ad una coppia di vasi che troviamo proprio all'altezza del solco bulbo pontino, le ART. UDITIVE INTERNE (di destra e di sinistra). Queste entrano insieme ai nervi settimo ed ottavo, in un condotto scavato nella rocca petrosa del temporale per irrorare l'orecchio interno ed annessi.

• Poi, lungo la faccia ventrale del ponte, l'art. basilare dà un certo numero di RAMI PONTINI (sei o sette) che hanno il compito di irrorare il ponte.

• All'estremo superiore del ponte, l'art. basilare dà origine alle 2 ART. CEREBELLARI SUPERIORI (a dx e a sn) le quali irrorano la metà superiore del cervelletto ipsilaterale. Quindi il cervelletto riceve TRE COPPIE DI ARTERIE (tre a dx e tre a sin) ma, siccome la parte più grossa del cervelletto è quella inferiore, allora ques'ultima riceve 2 coppie di arterie che sono la PICA e l'AICA. Queste sei art. vengono dalla basilare che è ventrale e devono abbracciare, dal davanti all'indietro, il tronco dell'encefalo ed andare a finire al cervelletto.

• Infine l'art. basilare, sulla fossa interpenduncolare, si divide in 2 rami terminali: le 2 ART. CEREBRALI POST., anche queste abbracciano il mesencefalo andando da davanti a dietro verso il lobo occipitale.

Dall'art. carotide interna origina anche un vaso (uno a dx ed uno a sn) molto corto che va a finire all'art. cerebrale posteriore: ART. COMUNICANTE POSTERIORE. → L’ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE irrora la faccia mediale del lobo frontale e del lobo parietale, irrora la corteccia ed anche un po’ di capsula estrema, sempre dal lato mediale. → L’ARTERIA CEREBRALE POSTERIORE irrora tutta la faccia mediale del lobo temporale ma anche il lobo occipitale sia la faccia mediale, sia la faccia inferiore, sia la faccia laterale, ossia tutto il lobo occipitale. Essa irrora sia la corteccia che la sostanza bianca sottocorticale che, nell’occipitale, è rappresentata dalla parte retrolenticolare della capsula interna (nucleo subtalamico). → L’ARTERIA CEREBRALE MEDIA irrora tutta la corteccia frontale, parietale e temporale laterale. E’ il vaso più grande che abbiamo, il quale ha un amplissimo territorio di distribuzione, anche con strutture sottocorticali. Tali strutture sottocorticali comprendono quasi tutti i nuclei della base ad eccezione del nucleo subtalamico (che è irrorato dalla cerebrale posteriore). → Il RAMO COMUNICANTE POSTERIORE raccorda il circolo anteriore con quello posteriore. Quindi, tutt’intorno al chiasma dei nervi ottici e al peduncolo ipofisario (ossia nella regione della faccia ventrale dell'’potalamo), abbiamo un circolo arterioso che si chiama POLIGONO DI WILLIS il quale è costituito da 7 lati: i due lati posteriori sono le due art. cerebrali posteriori, i due lati laterali sono le due art. comunicanti posteriori, i due lati anteriori sono le due art. cerebrali anteriori e l’unico lato separato è il ramo comunicante anteriore. Il poligono di Willis è molto importante per due ordini di motivi: il primo di natura funzionale. Infatti, grazie al poligono di Willis, i circoli anteriore e posteriore sono anastomizzati e il circolo di dx è anastomizzato con quello di sx. Però tale circolo non

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corrisponde ad una anastomosi a pieno canale e questo perché il calibro dei rami comunicanti è troppo piccolo, rispetto al calibro degli altri, per poter sostenere un grosso afflusso di sangue in caso di ostruzione di uno dei vasi che fanno capo al circolo anastomotico. I vasi comunicanti hanno il compito di equilibrare le pressioni (dx e sx e avanti e dietro); comunque un qualche compenso di circolo, soprattutto avanti e dietro, i rami possono darlo. Se chiudiamo per un po’ di minuti un’art. carotide interna per togliere una placca, vediamo che non c’è ischemia cerebrale per cui, per un po’, tale circolo anastomotico riesce a compensare. Una menzione a parte merita un piccolo vaso che nasce dall’art. cerebrale media o dalla carotide interna, l’ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE, la quale irrora il braccio posteriore della capsula interna e tutto il nucleo lenticolare. Tale arteria è particolarmente importante perché è l’arteria che, statisticamente parlando, più frequentemente si occlude mettendo K.O. il braccio posteriore della capsula interna ( causando sia paralisi motoria che sensitiva controlaterale, perché nel braccio posteriore passano tutte le vie discendenti di moto e le radiazioni talamiche posteriori che portano alla corteccia somestesica tutte le informazioni esterocettive e propriocettive coscienti ). CIRCOLO VENOSO Nel S.N.C. abbiamo tutta una serie di vasi venosi profondi che, però, convergono prima in particolari canali venosi della dura madre (seni della dura madre), quindi nelle vene del collo, nelle vene della faccia e nelle vene del canale vertebrale . Le meningi della linea di mezzo, danno origine ad una dipendenza la quale scende verticalmente, dipendenza che, vista dall’alto, somiglia molto alla lama di una falce. Questa dipendenza si chiama falx cerebri (falce del cervello) ed è una dipendenza delle meningi , ovviamente della Dura e della Aracnoide. Essa va dalla regione frontale all’occipitale e si colloca nella scissura intraemisferica e, quindi, separa l’emisfero cerebrale di dx da quello di sx, tranne che a livello del corpo calloso. Tale falce presenta un lato convesso e un lato concavo, ma lungo il lato concavo si interrompe perché c’è il corpo calloso. Inoltre, nella regione occipitale, la falx cerebri forma una tenda canadese detta TENTORIO DEL CERVELLETTO. Quindi il lobo occipitale poggia sul tentorio del cervelletto e tutte le strutture vascolari sopra il tentorio si chiamano SOPRATENTORIALI. Così l’arteria cerebrale posteriore è sopratentoriale, mentre le arterie cerebellari superiori, che sono vicinissime, sono sottotentoriali. Il margine superiore convesso della falx cerebri è percorso, proprio lungo la linea di mezzo, da un grosso vaso venoso che va dall’inizio quasi della falce alla fine. Questo vaso venoso è detto SENO SAGITTALE SUPERIORE. Analogamente , lungo il margine concavo della falx, abbiamo un SENO SAGITTALE INFERIORE. Al suo estremo posteriore, il seno sagittale inferiore si continua percorrendo lo spartiacque del tentorio del cervelletto e in tal tratto si chiama SENO RETTO, perché è dritto indietro e va a finire dove finisce il seno sagittale superiore, così che i due seni sagittali convergono. A questo punto succede che, a dx e a sx, il seno venoso si continua con un seno laterale, il SENO TRASVERSO, che descrive un semicerchio con la concavità anteriore, e si dirige in avanti e lateralmente e poi, dopo aver fatto una specie di “S” ( in tale parte si chiama seno sigma), esce dal cranio dal foro giugulare, per diventare vena giugulare interna, la quale non è altro che la continuazione extracranica del seno sigma (o sigmoideo). Così ogni vena giugulare interna riceve grossissima parte del sangue refluo dal contenuto del neurocranio. Oltre questi abbiamo altri seni venosi.