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Prova La vista laterale evidenzia le due caratteristiche estetico-funzionali più facilmente distinguibili del 686: la canna pesante contrappesata e con bindella piena, l’impugnatura Hogue, con memory groove e puntinatura per aumentarne la grippabilità. Testo e foto di Vittorio Balzi L a nostra storia ha inizio nel lontano 1935, quando Smith & Wesson pre- sentò il primo revolver al mondo camerato per la cartuccia .357 magnum, all’epoca la più “calda” delle munizioni per arma corta, visto che era accreditata di una velocità pari a 1.515 ft/sec (461 m/sec) con proiettile di 158 grani. Quel primo revolver Smith & Wesson era caratterizzato dal grosso telaio e sarebbe diventato il capostipite degli “N frame”, che hanno il loro più potente e noto esponente nel model 29 .44 magnum. UN NUMERO MAGICO In origine il revolver Smith & Wesson si chiamava semplicemente “357”, in seguito divenne model 27 e per molti anni rimase l’unico modello a Singola e Doppia azione offerto in .357 magnum. Il successo della cartuccia spinse altri produttori a realizzare modelli per essa camerati: all’appello non mancò ovviamente l’arcirivale Colt che in prima battuta propose modelli su telaio New service come il raro Shooting master o il più noto Colt .357 magnum. Nel 1953, però, Colt propose in .357 magnum il suo Trooper e due anni dopo il mitico Python, che condivideva col Trooper il telaio e la congegnazione dell’azione ma se ne dif- ferenziava per le splendide finiture, la cura esecutiva, la qualità dello scatto e la canna con contrappeso e bindella ventilata, che per anni ha distinto a colpo d’occhio quel revolver (e il piccolo Diamondback .38 spe- cial). La canna del Python non aveva una valenza solo estetica ma, spostando in avanti il centro di gravità, permetteva di controllare meglio quella brutta bestia del .357 magnum. Questo anche se il telaio I del Python (e del Trooper), pur rimanendo “cospicuo”, era decisamente meno ingom- revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum Best seller È nato nel 1980 per supplire ai limiti del modello 19 e da allora è il più richiesto dagli appassionati: merito della grande robustezza e del perfetto equilibrio, che le recenti semplificazioni costruttive non hanno intaccato, ma anzi migliorato

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Prova

La vista laterale evidenzia le due caratteristiche estetico-funzionali più facilmente distinguibili del 686: la canna pesante contrappesata e con bindella piena, l’impugnatura Hogue, con memory groove e puntinatura per aumentarne la grippabilità.

Testo e foto di Vittorio Balzi

La nostra storia ha inizio nel lontano 1935, quando Smith & Wesson pre-sentò il primo revolver al mondo

camerato per la cartuccia .357 magnum, all’epoca la più “calda” delle munizioni per arma corta, visto che era accreditata di una velocità pari a 1.515 ft/sec (461 m/sec) con proiettile di 158 grani. Quel primo revolver Smith & Wesson era caratterizzato dal grosso telaio e sarebbe diventato il capostipite degli “N frame”, che hanno il loro più potente e noto esponente nel model 29 .44 magnum.

Un nUmero magicoIn origine il revolver Smith & Wesson si chiamava semplicemente “357”, in seguito divenne model 27 e per molti anni rimase l’unico modello a Singola e Doppia azione offerto in .357 magnum. Il successo della cartuccia spinse altri produttori a realizzare modelli per essa camerati: all’appello non mancò ovviamente l’arcirivale Colt che in prima battuta propose modelli su telaio New service come il raro Shooting master o il più noto Colt .357 magnum. Nel 1953, però, Colt propose in .357 magnum il suo Trooper e due anni dopo il mitico Python, che condivideva col Trooper il telaio e la congegnazione dell’azione ma se ne dif-ferenziava per le splendide finiture, la cura esecutiva, la qualità dello scatto e la canna con contrappeso e bindella ventilata, che per anni ha distinto a colpo d’occhio quel revolver (e il piccolo Diamondback .38 spe-cial). La canna del Python non aveva una valenza solo estetica ma, spostando in avanti il centro di gravità, permetteva di controllare meglio quella brutta bestia del .357 magnum. Questo anche se il telaio I del Python (e del Trooper), pur rimanendo “cospicuo”, era decisamente meno ingom-

revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Testo e foto di Vittorio Balzi

a nostra storia ha inizio nel lontano -

al mondo camerato per la cartuccia .357 magnum, all’epoca la più “calda” delle munizioni per arma corta, visto che era accreditata di una velocità pari a 1.515 ft/sec (461 m/sec) con proiettile di 158 grani. Quel primo

Smith & Wesson era caratterizzato dal grosso telaio e sarebbe diventato il

Best seller

È nato nel 1980 per supplire ai limiti del modello 19 e da allora è il più richiesto dagli appassionati: merito della grande robustezza e del perfetto equilibrio, che le recenti semplificazioni costruttive non hanno intaccato, ma anzi migliorato

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Il cane del 686 provato non porta il percussore come invece avveniva in passato. Con la nuova meccanica tutti i revolver Smith & Wesson hanno il percussore alloggiato nel fusto.

Best seller

29 anni

di ininterrotto successo

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Prova

brante di quello degli “N frame” S.&W.Alla mossa di Colt Smith & Wesson rispose, sempre nel 1955, presentando il modello 19, compatto e relativamente leggero revolver su telaio “K”, fino a allora utiliz-zato solo per il .38 special. Bill Jordan fu in un certo senso il papà del model 19, perché quel famoso appartenente alla border patrol riuscì a convincere S.&W. della validità di un revolver .357 meno ingombrante e pesante di tutto quello che il mercato allora offriva. Jordan definì il model 19 a peace officer’s dream (il sogno di un poliziotto), a significare le eccellenti caratteristiche dinamiche di un’arma che vantava anche l’eccellenza della Doppia azione (superiore a quella di qualsiasi altro modello di serie) e, grazie a una impugna-tura superlativa, una controllabilità ade-guata all’uso di polizia. Il modello 19 era sostanzialmente più piccolo e leggero dei grossi “N frame”, ma questo non signifi-cava solo aspetti positivi, visto che negli anni Settanta, quando si verificò la ten-denza all’uso generalizzato della cartuccia .357 anche per l’allenamento (fino ad allora per allenamento veniva usata soprattutto la .38 special), iniziarono a levarsi voci su una presunta “debolezza” strutturale, che precludeva l’uso sostenuto della munizione .357 per cui era camerato. A onor del vero

si sono levate anche molte voci che hanno sostenuto la durata e l’affidabilità del modello 19 anche quando sottoposto a diete continuate ed esclusive di cartucce di fabbrica .357 magnum. Ma anche fra queste voci, pur sostenendo l’adeguata robustezza del castello, non mancavano quelle che ritenevano il 19 bisognoso di attente cure per quanto riguardava l’azione nel caso di uso continuativo in Doppia

azione e sparando cartucce .357. In effetti, con un uso rude e continuato, l’azione del tendeva ad andare fuori tempo: per giunta c’era stata la rivoluzione Ruger che con i suoi Speed six e Security six aveva realiz-zato revolver indistruttibili e con azioni che non andavano mai fuori tempo, neppure dopo decine di migliaia di colpi .357 magnum sparati in Doppia azione.Per rispondere alle critiche mosse al model 19 e per realizzare un modello più adatto alle nuove esigenze dell’uso di polizia, ma anche di quelle del pubblico “civile”, che aveva “preso gusto” a sparare soprattutto cartucce a piena carica, nel 1980 Smith & Wesson mise a punto un nuovo revolver, o meglio una nuova famiglia di revolver, basata su un nuovo castello intermedio, il castello “L”, e composta da quattro modelli, tutti camerati .357 magnum. I quattro modelli erano: 581, 681, 586 e 686, fra loro simili nel disegno e con differenze solo nei materiali e nelle mire: i model 581 e 586 erano realizzati in acciaio al carbo-nio, mentre i 681 e 686 venivano intera-mente costruiti in acciaio inossidabile; le mire erano fisse sui modelli 581 e 681, registrabili su 586 e 686. Di questo gruppo di revolver è oggi sopravvissuto il solo 686, gli altri sono “scomparsi” nella seconda metà degli anni Novanta, vuoi perché il pubblico ha dimostrato una spiccata pre-ferenza per l’acciaio inossidabile, vuoi per le mutate richieste dei corpi di polizia, che non acquistano più significative quantità di revolver “grossi” con mire fisse. Prima di essere messo fuori commercio il 586 è stato un revolver di buon successo, ma

revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Per chi vuole comprarloA chi è indirizzato: a chi spara molto, a chi ama i revolverCosa richiede: per ottenere il massimo della precisione, accuratizzare lo scatto e le mirePerché comprarla: prestazioni, piacevolezza d’uso, affidabilità, robustezza, durataCon chi si confronta: Ruger Gp 100, Manurhin Mr88, Taurus Tracker. Tutti gli altri revolver hanno il fusto più piccolo o più grande o sono in una differente fascia di prezzo.

La meccanica del 686 ricalca la classica impostazione Smith & Wesson. Vanta solo

le modifiche volte a migliorarne la durata nel tempo e a semplificarne la produzione. Nella foto

il grilletto è a fondo corsa, il cane ha battuto sul percussore e la barra di sicura si trova in posizione

abbassata così da non interporsi fra cane e fusto.

Il grilletto del revolver è ottimo tanto per la Singola quanto per la Doppia azione.

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modifiche esterne e anche se mantengono la stessa impostazione meccanica comples-siva, sono oggi alquanto cambiati all’in-terno. Il nome completo del revolver è oggi “686 L 357 mag Distinguished combat mag stainless”, ed è questa la versione provata.

Doppia chiUsUraCome noto, la meccanica Smith & Wesson prevede una doppia chiusura, attuata ante-riormente da un perno caricato elastica-mente (alloggiato sotto alla canna) che entra dentro la cavità apicale dell’astina dell’espulsore e posteriormente da un secondo perno (che scorre all’interno del-l’astina) spinto indietro proprio dalla prima chiusura. Questo secondo perno impegna un foro al centro del recoil shield. Per sbloccare le chiusure basta spingere in avanti l’apposito pulsante sulla sinistra del fusto, collegato al chiavistello interno (bolt), la cui appendice anteriore va a pre-mere sul perno coassiale all’astina del-l’espulsore e lo spinge fuori dal fusto. Con-temporaneamente, avendo il perno interno una lunghezza pari a quella dell’astina, viene a essere spinto in avanti anche il perno caricato elasticamente che assicura la chiusura anteriore: l’astina è quindi libera e si può basculare verso sinistra il gruppo giogo-tamburo. Anche l’azione dei revol-ver Smith & Wesson è tipica, e si può tran-quillamente affermare che si tratta di un’azione ottima per fluidità e relativa-mente facile da eseguire, tanto che è ser-vita come fonte di ispirazione, quando addirittura non è stata copiata tout-court, per un infinito numero di revolver. A ecce-zione dei piccoli J frame, che hanno la

niente di comparabile col travolgente suc-cesso del 686 che, inizialmente proposto con canne da 4, 6 e 8 pollici e 3/8, è stato in seguito (1990) proposto pure in versione di 2,5” con calcio round butt e ha visto ulteriori modifiche alla meccanica fino a giungere alla versione attuale, uno dei best seller del catalogo Smith & Wesson e del mercato mondiale dei revolver, soprattutto nella variante con canna di 6 pollici (152 millimetri) come quella usata per la nostra prova. Ma torniamo ora indietro alla “genesi” degli “L frame”. Nella loro rea-lizzazione si è voluto coniugare il meglio

dei castelli “K” e “N”, aggiungendo una superiore controllabilità e una catena di scatto che consentisse l’uso indiscriminato della Doppia azione. L’impugnatura non poteva essere che quella superlativa dei K frame, e di questi revolver è stato man-tenuto anche il trigger reach (distanza fra faccia del grilletto e telaio dell’impugna-tura). Il fusto vero e proprio è effettiva-mente intermedio fra “K” e “N”, ma il tamburo non è solo di maggior diametro rispetto a quello “K”, è anche più lungo (pure del tamburo “N”), così da consentire l’uso di cartucce .357 con proiettili assai più pesanti dello standard senza troppi sacrifici in termini di volume disponibile per la polvere (uno degli impieghi dei castelli “L” è il tiro alle silhouette metalli-che). L’azione è quella tipica dei revolver Smith & Wesson, con molla cinetica a lamina, ma è stata sottoposta a una serie di modifiche di dettaglio per consentirle di reggere senza variazioni del timing al continuo e pesante uso in Doppia azione sparando cartucce a piena carica. La canna degli “L frame” è quasi quella… del Python, è infatti presente il contrappeso che si estende fino alla volata ma la bin-della è intera, non ventilata come sul Colt. Ovviamente anima e rigatura sono tipiche

Smith & Wesson, ovvero 5 righe destrorse con diametro di foratura pari a .357 pollici, contro 6 righe sinistrorse con diametro di foratura pari a .355 per il “serpente” Colt. Per la cronaca, la rigatura Smith & Wesson dà migliori risultati (almeno in termini di velocità) con proiettili camiciati, mentre quella Colt privilegia i proiettili in piombo. La canna tipo Python, sicuramente scelta anche per l’appeal che ha sempre dimo-strato verso il pubblico dei tiratori, contri-buisce ad appesantire l’arma e soprattutto sposta in avanti il peso, così da influenzare positivamente il contenimento del rileva-

mento. Come abbiamo visto, a partire dal 1990, il 686 è stato offerto anche con canna di 2,5 pollici (63,5 mm) e calcio round butt che, a similitudine dello square, ricalca quello superlativo dei modelli 19 e 66. Per tantis-simi autori, il calcio arrotondato dei “K frame” è il migliore dispo-nibile, e in effetti è difficile rite-nere che abbiano torto. Anche alla Smith & Wesson devono

pensarla allo stesso modo, visto che (pro-babilmente anche in considerazione di una questione di standardizzazione dei castelli) hanno progressivamente esteso il calcio round a tutte le varianti del 686, indipendentemente dalla lunghezza di canna. Per compensare la calciatura “compatta”, i 686 sono dotati di particolari guan-cette Hogue in neoprene, dotate di memory groove, che “trasformano” l’impu-gnatura compatta in una “normale”. L’adozione gene-ralizzata dell’impugnatura arrotondata ha fatto parte di un programma di aggior-namento a cui sono stati sot-toposti tutti i revolver Smith & Wesson a partire dalla seconda metà degli anni Novanta che, pur con poche

La slitta di svincolo del chiavistello del tamburo è stata da tempo modificata su tutti i revolver S.&W., la sua forma attuale serve per facilitarne l’azionamento e impedire graffi o urti al pollice della mano che impugna l’arma, anche nel caso di forte rinculo e mani grosse.

Un buon revolver si vede anche da

particolari apparentemente minimi ma in realtà fondamentali, come

il cono di forzamento e il gas cutting nel cielo del top strap.

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Prova revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Lo smontaggioDopo essersi assicurati che il revolver sia scarico, il primo passo da fare consiste nella rimozione delle viti, che inizia svitando la vite di ritegno sul fondo dell’impugnatura monoblocco (foto 1). Tolta la vite, si sfila il monoblocco dal basso (foto 2).La vite posta sopra alla radice anteriore della guardia (foto 3), è una delle tre che trattengono la cartella laterale, ma è anche quella che trattiene il giogo del tamburo. Una volta rimossa questa vite si fa basculare il tamburo e lo si sfila in avanti insieme al suo giogo. A questo punto basta sfilare l’albero del giogo dal tamburo (smontaggio 4) e, inseriti due bossoli vuoti nella camere, si può svitare l’alberino con una pinza avendo però l’accortezza di proteggerne la testa interponendo un pezzetto di cuoio o di gomma spessa e robusta fra lo stesso e le facce delle ganasce (foto 5). Svitato l’alberino dell’estrattore si può estrarre dal davanti la stella dell’estrattore.Completata la rimozione delle tre viti della cartella laterale, per sbloccare la stessa non si deve agire con forza: tenendo il revolver in mano, basta battere sul calcio con un martello con testa in gomma o altro materiale “morbido”, sarà l’inerzia a sbloccare la cartella (foto 6). Tolta la cartella si mette a nudo la meccanica (foto 7): è importante soffermarsi per rendersi conto del rapporto che le parti hanno fra loro, servirà per rimontare il tutto. Prima di procedere oltre si dovrà rimuovere la barra di sicurezza, che una volta tolta la cartella è “libera”.Per smontare la molla cinetica si deve prima di tutto rimuovere la vite di fissaggio e regolazione della tensione alla radice inferiore del telaio del calcio (foto 8). Separata la molla dal cane, si deve arretrare il pulsante di svincolo del tamburo (collegato al chiavistello di chiusura, che altrimenti impedisce la rotazione del cane). A questo punto si preme il grilletto fino a portare il cane verso la metà della sua corsa e si estrae il cane tirandolo verso l’alto (foto 9). Attenzione a non perdere la belletta di collegamento fra cane e molla cinetica, che è solo inserita nel cane e non bloccata fisicamente. Attenzione anche alla posizione della bielletta rispetto al cane, servirà in fase di rimontaggio.Rimosso il cane dobbiamo affrontare il passaggio più difficile di tutta l’operazione: smontare la slitta di ritorno del grilletto. La soluzione più semplice è quella di bloccare il revolver tenendolo in piano (con una morsa,

con l’aiuto di un altro operatore, con un attrezzo costruito ad hoc…) e spingere indietro la slitta premendo con un cacciavite contro il piolo che funge da camma per la pista macchinata sulla parte inferiore della barra di sicurezza. La si solleva quindi parzialmente con un altro cacciavite, si toglie il primo cacciavite, si copre il tutto con uno straccio e si solleva completamente la slitta riportandola poi in avanti. Attenzione alla molla di ritorno, può schizzare via o “sparare” la slitta se questa sfugge al cacciavite (a questo serve lo straccio). Tolta la slitta di ritorno del grilletto, con un cacciavite sottile si fa ruotare il braccetto, così che esca dalla finestra nel fusto (foto 10) e tenendo il braccetto indietro si procede a estrarre il grilletto. Fate attenzione alla bielletta che si trova nel corpo del grilletto e va ad agire sulla slitta di ritorno: contrariamente a quanto avveniva con la meccanica di vecchio tipo non è spinata ma solo alloggiata (ha una testa sferica) entro un’apposita sede e togliendo il grilletto può separarsi facilmente. Quando il grilletto è stato separato dal fusto, abbiamo “a nudo” il chiavistello (foto 11), per la cui rimozione dovremo iniziare svitando la vite che al chiavistello vincola il pulsante di svincolo (foto 12). Arretrato completamente il chiavistello fino a farne uscire la parte distale dalla sede nel fusto, si può sollevare il complesso (foto 13), facendo attenzione a non perdere il pistoncino caricato elasticamente che si trova nella parte posteriore del chiavistello e che lo spinge in avanti. Rimosso il grilletto possiamo separare dal fusto il dente di arresto del tamburo, per poterlo sfilare verso l’alto è prima necessario abbassarne il dente fino a farlo uscire dalla sede nel fusto (foto 14). Attenzione alla mollettina che carica il dente di arresto del tamburo, è facile che voli via.A questo punto sono rimasti sul fusto solo il percussore (per rimuoverlo basta togliere la spina di fermo), l’inutile sicura “totale”, che consiglio semplicemente di ignorare, le mire (tacca bloccata dalla vite anteriore, quella posteriore serve per il registro dell’alzo ed è collegata a un piedino inserito entro una fresatura aperto posteriormente), il perno anteriore (sotto alla canna) che, caricato elasticamente, attua la chiusura anteriore. A meno che non sia indispensabile è inutile procedere oltre. Per chi non è “stato attento”, aggiungiamo una foto del cane con la bielletta di collegamento alla molla cinetica; la giusta posizione della seconda rispetto al primo è indispensabile per il rimontaggio corretto (foto 15).

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molla cinetica elicoidale, tutti i revolver Smith & Wesson hanno la molla del cane a lamina. Per il resto le azioni, fatte salve ovviamente le quote, sono sovrapponibili e si compongono di: dente di arresto del tamburo, grilletto, slitta di ritorno del gril-letto, cane. Sul grilletto è imperniato il braccio che, contrastando con la dentiera sul tamburo, provoca la rotazione dello stesso. Il grilletto è praticamente una leva fulcrata al telaio e caricata elasticamente dalla slitta di ritorno. L’appendice anteriore del grilletto impegna il dente di arresto del tamburo e quando il grilletto viene fatto oscillare si ha l’immediato abbassa-mento del dente di arresto con il conse-guente svincolo del tamburo. Nel tiro in Doppia azione, la pressione sul grilletto e la conseguente rotazione dello stesso, fa sì che l’appendice posteriore di questo impegni la tavola della Doppia azione sulla faccia del cane. Il cane viene fatto ruotare caricando nel contempo la molla cinetica, quando il grilletto è in prossimità del punto terminale della sua corsa, l’appendice abbandona la tavola e il cane cade sotto l’azione della molla cinetica. Nel frattempo, dopo lo svincolo del dente di arresto, il braccio collegato al grilletto ha fatto ruo-tare il tamburo portandolo ad avere la camera successiva in corrispondenza del-l’asse della canna. Un attimo prima che si verifichi lo scappamento fra appendice del grilletto e tavola della Doppia azione, l’ap-pendice anteriore sgancia il blocco di arre-sto del tamburo, che va a impegnare la

corrispondente sede nel tamburo stesso bloccandolo. Quando il cane si abbatte il tamburo è già allineato e bloccato.Nel tiro in Singola azione, è un’appendice inferiore del cane (quella su cui si trova la monta di sparo) che impegna un gradino sul grilletto, costringendolo a ruotare. Da ricordare che a tamburo basculato il chiavistello, spostato in avanti, impedisce il movimento del cane, quindi preclude il funzionamento della catena di scatto. A cane armato, viceversa, non può essere svincolato il tamburo. Sempre in tema di sicurezza, non si deve dimenticare che nel-l’azione Smith & Wesson è presente una leva di intercettazione del cane che, inte-

ragendo con la slitta di ritorno del grilletto, si solleva o si abbassa per interporsi fra cane e fusto o per libe-rare la traiettoria del cane consenten-dogli di andare a battuta. Grazie a questa leva, il cane, che pure è “a rim-balzo” (per interazione con la slitta di ritorno del grilletto) può raggiungere

la sua posizione di massimo avanzamento solo a grilletto premuto, questo anche nel caso che l’azione sia “a riposo” e il cane riceva un forte urto esterno.Se escludiamo il vecchio .22 Jet su telaio “K” degli anni Sessanta, tutti i revolver Smith & Wesson hanno sempre avuto, fino a pochi anni fa, il percussore spinato al cane. In origine il percussore non era cari-cato elasticamente ma già nella seconda metà degli anni Settanta si iniziò a montare percussori caricati elasticamente sui revol-ver di nuova produzione, per evitare spo-stamenti anche minimi del percussore in fase di caduta, con conseguente contrasto con il canale di passaggio e conseguente “frenatura” del percussore che, nel lungo periodo poteva anche risultarne danneg-giato. I revolver a castello “L” sono nati col percussore spinato al cane e caricato elasticamente, e questa scelta sembrava destinata a non variare nel tempo, visto che, rispetto al percussore alloggiato nel fusto, consentiva di evitare del tutto qual-

siasi blocco dell’arma dovuto a per-cussore “piantato” nell’innesco (evento raro ma possibile, e se capita in una situazione “operativa” sono dolori). Ma il percussore spi-nato al cane obbliga ad avere un canale di passaggio più ampio, faci-litando la possibilità, con i calibri di maggiore intensità, che materiale della capsula di innesco “risalga” lungo la punta del percussore ed entri nel canale di passaggio dello stesso, bloccando ugualmente il revolver. Inoltre, si è sempre soste-nuto che un percussore alloggiato nel fusto garantisca una percussione più regolare, con conseguente mag-gior regolarità dell’accensione del-l’innesco e della combustione del propellente. Nel corso dell’evolu-zione della munizione .357 magnum si è assistito a un “annacquamento”

revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Il mirino a rampa con inserto rosso sarebbe più adatto a un revolver da portare sotto gli abiti, qui è fuori posto e sarebbe più produttivo sostituirlo con un mirino tipo Patridge come quelli che la stessa S.&W. montava sul Model 19 e sui K38. Il mirino è facilmente sostituibile in quanto alloggiato entro una tasca sulla sommità della rampa e bloccato con una spina trasversale.

Con la stella dell’estrattore in posizione di quiete possiamo notare come la stessa si sposi alla sua sede nel tamburo copiandone senza incertezze le linee. Un altro dettaglio degno di nota è la pulizia esecutiva della dentiera che, attivata dal braccetto collegato al grilletto, fa ruotare il tamburo.

A destra: la lunghezza dell’alberino dell’estrattore è tale che anche i bossoli magnum vengono espulsi senza difficoltà.

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delle prestazioni della carica standard con proiettile di 158 grani, ma si è anche assi-stito allo sviluppo di cartucce molto ”calde” con proiettile di 125 grani: parallelamente si è avuto lo sviluppo di caricamenti artigia-nali o di ricariche domestiche con proiettili pesanti spinti a velocità relativamente ele-vate. Questo fenomeno si è verificato anche per il .44 magnum e visto che comunque il grosso dei revolver venduti (da un po’ di anni a questa parte anche nel piccolo “J frame”) è camerato .357 magnum, alla Smith & Wesson hanno probabilmente rite-nuto opportuno passare in modo genera-lizzato al percussore alloggiato nel fusto per tutti i revolver, cosa che progressiva-mente è stata fatta in parallelo all’inseri-mento della sicura manuale che inertizza l’arma e alla riprogettazione dell’intera catena di scatto. Nato col percussore spi-nato al cane, il 686 è poi passato al percus-sore alloggiato nel fusto e alla nuova catena di scatto caratterizzata da semplificazione delle parti in modo da ridurre le lavorazioni all’utensile e, dove possibile, sostituirle con altre tecnologie quali microfusione e Mim. Un esempio di queste semplifi-cazioni è dato dalla bielletta del cane (che lo collega alla molla cinetica) e del grilletto (che agisce sulla slitta di ritorno): prima spinate, ora “libere” e trattenute solo dall’accoppiamento delle parti. Il passaggio alla “nuova” azione è stato det-tato dal desiderio di rendere più veloce ed economica la produzione dell’arma ma alcuni ritocchi, per esempio sul dente di arresto del tam-buro (più massiccio) hanno influenzato posi-tivamente la tenuta nel tempo e la preci-sione del timing. In effetti sui nuovi revolver lo scatto non è cambiato (o forse è addirit-tura migliorato) ma la maggiore precisione del timing è evidente, così come è evidente una superiore robustezza del complesso e una miglior resistenza all’abuso.

anDare a tempoAbbiamo accennato al timing, soffermia-moci ora su questo aspetto che in un revol-ver è fondamentale. Quando il cane si abbatte e colpisce il percussore, è impera-tivo che la camera del tamburo e la canna siano quanto più possibili coassiali: una dif-ferenza di coassialità minima viene “cor-retta” dal proiettile, ma se stiamo tentando di realizzare una rosata “stretta”, questa si allargherà perché il proiettile sarà entrato “storto” nel cono di forzamento. Una dif-ferenza di coassialità meno contenuta por-terà a “rasare” il proiettile contro il cono di

forzamento, con proiezione di particelle e maggior turbamento della traiettoria. Al crescere della differenza di coassialità questo problema si esalta fino a provocare grossi inconvenienti e, al limite, danni al revolver, ma anche senza arrivare a situa-zioni limite, risulta intuitivo come una coas-sialità spinta favorisca la precisione del tiro e riduca la possibilità di proiezione di fram-menti derivanti dal corpo del proiettile.Nel caso del revolver Smith & Wesson, la camera del tamburo è allineata con la canna un istante prima della caduta del cane, sia essa in Doppia sia in Singola azione. Si dice in questo caso che il revolver fa pre-timing e il numero di camere in cui ciò accade sempre, anche armando molto lentamente il cane e frenando leggermente la rotazione del tamburo (nell’uso normale entra in gioco anche l’inerzia del tamburo) è una chiara indicazione dello stato di salute dell’azione del revolver. La verifica del pre-timing a tamburo leggermente frenato è stata la

prima operazione fatta quando il revolver è arrivato e il risultato è stato molto inco-raggiante: 6 camere su 6. L’inesistente proiezione di particelle all’atto dello sparo e le rosate strette “certificano” un buon allineamento ma per amore di verifica si è provveduto a recuperare i proiettili sparati da tutte e 6 le camere: l’intaglio della riga-tura è costante sui 360 gradi per tutti i proiettili, mentre se vi fossero stati problemi di allineamento si sarebbero visti intagli a inizio asimmetrico. A questo punto, armati di spessimetro abbiamo misurato il gap canna-tamburo per tutte e 6 le camere, rica-vandone un valore medio intorno a 15/100, costante per tutte le camere. Si tratta di valori al limite inferiore dell’intervallo pre-visto per il gap nella manualistica dedicata ai gunsmith Usa e soprattutto si tratta di valori costanti per tutte le camere, cosa che certifica la coassialità fra le stesse e la canna e offre una ragione in più per la precisione di cui è capace questo revolver. Il gap molto

contenuto offre vantaggi in termini di pre-cisione, di minore o nulla proiezione laterale di particelle allo sparo, di durata dell’arma. Ove fosse più stretto, il gap potrebbe dare origine, col riscaldamento conseguente a una serie di spari e la dilatazione dei mate-riali, a fenomeni di “freno” della rotazione o, nei casi peggiori, di blocco del tamburo. Lo stesso potrebbe accadere con l’accu-mulo di depositi dello sparo sulla faccia anteriore del tamburo e su quella del cono di forzamento. Abbiamo detto che il gap contenuto favorisce positivamente la durata dell’arma. Vediamo perché. I gas propellenti ad alta temperatura e pressione esercitano importanti sollecitazioni sulle superfici con cui vengono a contatto e, grazie anche alle sollecitazioni del proiettile come pure all’ef-fetto abrasivo dei residui dello sparo, pos-sono letteralmente “mangiarsi” il cono di forzamento e il top strap. Per evitare il con-sumo per erosione del cono di forzamento si ricorre ovviamente a una opportuna

metallurgia ma il contenimento del gap è basilare. Lo stesso per quanto riguarda il fenomeno del gas-cutting, ovvero “intaglio” del cielo del top strap subito dietro al cono di forzamento. Il gas cut-ting è un fenomeno “fisiologico” per qualsiasi revolver, su un’arma “sana” si stabilizza dopo 500-600 colpi, per rimanere costante fino alla fine della vita del revolver. Se però il gap è troppo ampio il fenomeno del gas cutting assume maggiore ampiezza e tende ad aumentare al crescere della lar-ghezza della soluzione di conti-nuo, accade così che gli stessi gas che “si mangiano” il cono di for-zamento erodano il top-strap e in casi limite lo possono indebo-

lire fino al punto di mettere il revolver fuori servizio. Nel caso del nostro revolver, nulla di tutto questo. Il gap era ridotto all’inizio e tale è rimasto anche dopo un migliaio di colpi, il cono di forzamento è ancora per-fetto e il gas-cutting, ampiamente conte-nuto entro i limiti fisiologici, si è stabilizzato dopo i primi 500 colpi. Si potrebbero dire molte altre cose rispetto a questo revolver, ma ci fermiamo qui, non prima però di fare un’affermazione che sicuramente non pia-cerà agli appassionati dei bei tempi che furono. Essendo fatta da chi vorrebbe ancora i tamburi counterbored, lo zigrino a “quadretti” del modello 27, le belle bru-niture lucide e profonde e le canne spinate, questa affermazione costa fatica anche a chi la fa, ma deve essere fatta: i revolver Smith & Wesson di oggi sono sicuramente meglio costruiti di quelli di qualche anno fa e soprattutto sono più robusti, durevoli e precisi di quelli di un tempo. Non è poco considerando l’ottima reputazione che

La scritta “357 magnum” termina proprio sopra alla chiusura anteriore del tamburo.

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Prova

queste wheelgun (armi a rotazione) hanno sempre avuto. La canna “pitonesca” e l’im-pugnatura su telaio “K” round butt di questo pur grosso revolver, rendono il 686 con canna di 6 pollici un’arma particolar-mente ben controllabile allo sparo e piace-vole da usare anche con le munizioni più potenti come le Sellier & Bellot di 158 grani, che hanno fatto registrare una energia pari a 833 joule. Con cartucce che hanno ener-gie inferiori ma ancora sostenute, come le Winchester Jsp di 158 grani, che hanno fatto registrare 764 joule, la controllabilità anche in tiro rapido è alla portata anche dei tiratori non espertissimi. Particolarmente piacevoli le Fiocchi di 110 grani, che pur erogando un’energia sovrap-ponibile alle Sellier & Bellot hanno una quantità di moto sostanzialmente inferiore e, come noto, la quantità di moto dell’arma (e quindi la sensazione di rinculo) deve essere pari a quella del proiettile. Con le cartucce .38 special, pur se +P, sembra di sparare con la pistola laser, tanto è mite il rinculo. Il merito della mitezza del rinculo e della eccellente controllabilità va anche alle guancette Hogue di serie, ma può acca-dere che le memory groove e l’accenno di sagomatura anatomica nella parte alta delle guancette mal si accordino con mani pic-cole, soprattutto se femminili. Ricordiamo che con poca spesa si possono montare tutte le innumerevoli guancette destinate ai “K frame round butt”: se le mani sono veramente piccole si può ricorrere alle Pachmayr compact (ma allora attenti al backstrap esposto, poco piacevole con cartucce a piena carica) ma la scelta migliore sono le Pachmayr (o simili) stan-dard, vanno bene quasi per tutti e il revol-ver continua a essere piacevole da sparare anche con le cartucce più violente. Il revol-ver fotografato ha sparato oltre mille colpi ed è stato pulito solo due volte (una a metà della prova, una alla fine) senza mai dare il minimo inconveniente. Estrazione ed espulsione sono state sicure anche con bossoli magnum e volata rivolta verso il basso: l’astina è lunga a sufficienza e le camere fatte molto bene (nessun bossolo è “frenato”, neppure quelli dei caricamenti più hot), le guancette non impicciano, basta premere con decisione e il gioco è fatto. L’uso dello speed-loader è altret-tanto rapido e facile dell’estrazione.

scattiQuando, al termine della prova, è stato misurato il peso di scatto in Singola azione era difficile credere ai propri occhi: il valore medio su 10 pesate era di circa 2.090 grammi, ma avremmo giurato che fosse inferiore. Ma il dato bruto non dice tutto di uno scatto singolarmente pulito, ben pre-vedibile e tale da non squilibrare il punta-mento del revolver, che peraltro non viene

turbato neppure dalla caduta del cane. La Doppia azione è quasi al livello della Sin-gola, con un carico omogeneo durante tutto l’arco della corsa a eccezione di un induri-mento negli ultimi millimetri, subito prima dello sgancio del cane, indurimento che sembra dovuto alla molla cinetica. Rispetto a quella dei modelli precedenti (per con-fronto sono stati usati un 19 e un 29, tutti e due con canna spinata), la Doppia del 686 è leggermente diversa, proprio per il maggior carico finale: la si può continuare a usare con carico costante (pull-through), come tradizione per il revolver Smith & Wesson, ma rende molto bene anche con scatto “in due tempi”, ovvero una leggera esitazione finale per assestare la mira prima del prevedibilissimo istante in cui il cane cade. La molla cinetica a lamina ha un suo peso nella bontà degli scatti Smith &

Wesson e, come da manuale, sul nostro è regolata avvitando completamente la vite di regolazione sul calcio e svitandola poi di un mezzo giro per non correre rischi di snervamento della molla. Per alleggerire lo scatto si potrebbe svitare ulteriormente la vite di regolazione della molla cinetica, ma è un espediente da sconsigliare perché indebolisce la battuta del cane e potrebbe portare a mancate accensioni, soprattutto in Doppia azione. Se si vuole migliorare lo scatto, cosa che col revolver usato per la prova non è certo indispensabile, conviene agire sulla molla di ritorno del grilletto, ma non come molti fanno e altri suggeriscono, tagliando via una o due spire: c’è il rischio di ridurre la velocità di ritorno in avanti del grilletto, che invece è ottima anche per il dito più veloce. Se proprio volete miglio-rare il vostro scatto acquistate uno dei tanti kit di molle specifici per i vari revolver Smith & Wesson, ne potete trovare di ottimi ed è possibile ordinarli in Rete senza troppi problemi. Fra i prodotti più interessanti, la Power rib mainspring della Wolff, una molla cinetica a “carico variabile”, grazie alla presenza di una apposita nervatura, che rende la Doppia azione più fluida ed evita gli “indu-rimenti” dello scatto come quello regi-strato sull’esemplare provato. Oltre alla molla cinetica è possibile (e consigliabile) lavorare sulla molla di ritorno del grilletto (rebound spring), che, nelle versioni “alleg-gerite” è offerta con carichi che vanno da 11 a 16 libbre, contro le 18 libbre di serie. Per finire sugli scatti, si deve ricordare che le sensazioni provate nell’uso dipendono anche dal grilletto: uno dei migliori in asso-luto, soprattutto per il tiro in Doppia azione, grazie all’assenza di solcature, alla larghezza non eccessiva ma neppure minima, al profilo e all’assenza di spigoli, sostituiti da superfici raccordate.

VeDiamo come sparaQuesto revolver è letteralmente capace di fare “un solo foro” con tutti e 6 i colpi contenuti nel suo tamburo e a 25 metri può tenere il “10” del bersaglio di Ps. Questo però non sempre e non facilmente, a causa delle mire. Sul 686, Smith & Wesson mantiene la sua bella e funzionale tacca, caratteristica di tutti i suoi revolver con mire registrabili, unita all’altrettanto caratteristico mirino tipo Baughman su rampa. Questo mirino non è il massimo per il tiro di precisione anche quando è tutto nero, ma sul 686, come peraltro su quasi tutti i revolver S.&W. con mire registrabili, è “corredato” di inserto polimerico di colore rosso, com-pletato da un contorno bianco dell’aper-tura sulla lama della tacca. Almeno per chi scrive (ma anche per altri) questa combi-nazione, rende poco definito il mirino e

revolver | Smith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Su un revolver come questo avremmo preferito che la foglietta non portasse il contorno bianco intorno all’apertura.

La cresta del cane è zigrinata per aumentarne la grippabilità e priva di spigoli che possano infastidire la mano del tiratore.

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Produttore: Smith & Wesson, www.smith-wesson.com, [email protected]: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (Bz), tel. 04.71.80.30.00, fax 04.71.81.08.99, www.bignami.it, [email protected]: 686 L Distinguished combat magnum stainlessTipo: revolver a Singola e Doppia azione

con tamburo basculanteCalibro: .357 magnum (spara an che il .38 special)Tamburo: 6 colpiCanna: 152 mm (6”); rigatura destrorsa a 5 principiMire: mirino tipo Baughman intercambiabile e con inserto polimerico di colore rosso; tacca di mira S.&W. registrabile, lama con contorno bianco intorno all’apertura

Sicure: cane a rimbalzo; barra di intercettazione del cane; azione bloccata a tamburo basculatoScatti: Singola azione 2.090 grammi (media su 10 pesate); Doppia azione 5.200 grammi; grilletto liscio, largo 8 mmPeso: 1.265 grammi scaricoLunghezza totale: 203 mmMateriali e lavorazioni: acciaio inossidabile per canna, tamburo

e fusto; canna brocciata, tamburo macchinato da trafilato; fusto macchinato da forgiato; impugnatura in neopreneFinitura: opacaNumero del Catalogo nazionale: 3.325 (sportiva)Confezione: valigetta Abs “dedicata”, lucchetto per il bloccaggio, manuale, garanziaPrezzo: 882 euro, Iva inclusa

scheda_tecnicaSmith & Wesson 686 L calibro .357 magnum

Tabella balistica

facilita gli errori di puntamento, soprattutto in altezza. Volendo spremere dal revolver tutta la sua notevolissima precisione intrin-seca sarebbe opportuno sostituire il mirino con uno di tipo Patridge, magari aumen-tandone un po’ lo spessore così da avere meno luce sui fianchi del mirino traguar-dandolo attraverso la tacca. Avendo già le mani in pasta, non sarebbe male optare per un Patridge undercut (ovvero con la faccia posteriore inclinata “alla rovescia”, così da farla restare sempre in ombra) e magari sostituire la tacca con una senza white outline, meglio se con una foglietta solcata antiriflesso. L’accuratizzazione delle mire non è problematica, il mirino è inter-cambiabile e mirini e fogliette per la tacca di mira sono disponibili anche dalla stessa Smith & Wesson, che li vende on-line insieme agli appositi attrezzi (rear sight intsallation tool), da utilizzare per la sosti-tuzione della foglietta sulla tacca. Sempre on-line si trovano una miriade di accessori per l’accuratizzazione delle mire Smith & Wesson, come per esempio le tacche Millet con serrated blade. Le più

potenti fra le munizioni provate sono state le Sellier & Bellot e le Fiocchi di 110 grani, particolarmente interessanti per difesa perché “penetranti” e probabilmente con una maggiore efficacia terminale sono le Fiocchi di 110 e quelle di 125 nonché le Remington con due pallettoni (non più prodotte, però, da alcuni anni). Le Mfs possono costituire una interessante alternativa volendo cartucce .357 quasi a media carica. Le Sellier & Bellot non sono

solo molto potenti ma, nel nostro revolver, anche molto precise, al livello delle Win-chester Jsp e delle Mfs. Le Norma sareb-bero state interessanti ma purtroppo ne è cessata la produzione. La precisione delle .38 è buona quasi quanto quella delle .357 ma comunque inferiore. Le wad cutter sono sostanzialmente inutili su questo revolver, forse si guadagnerebbe qualche cosa se fossero caricate in bossoli .357 (come le Fiocchi).

Munizioni commerciali calibro .357 magnumMarca Tipo palla Peso palla (grs) Peso palla (g) Sd V0 (m/sec) V0 (ft/sec) E0 (kgm) E0 (joule)Fiocchi Jtc 110 7,1 10 485 1.590 85 833Fiocchi Jsp 125 8,1 5 435 1.440 79 774,2

Sellier & Bellot Jtc 158 10,2 5 405 1.320 85 833Winchester Jsp 158 10,2 5 385 1.270 78 764,4

Norma Jswc 158 10,2 10 355 1.160 65 637Mfs Jtc 158 10,2 5 340 1.120 60 588

Remington 2 pallettoni 70+70 9,1 5 370 1.220 63 621

Munizioni commerciali calibro .38 specialMarca Tipo palla Peso palla (grs) Peso palla (g) Sd V0 (m/sec) V0 (ft/sec) E0 (kgm) E0 (joule)

Speer Blazer Tmjfp 158 10,2 5 285 940 43 421Speer Lawman Tmjfp 158 10,2 5 265 880 37 362,6

Winchester Winclean Jfp encapsulated 158 10,2 5 250 820 32 313,6Federal Lwchb 148 9,6 5 230 750 25 245

Nota: velocità media è ottenuta serie di 5 colpi, misurata a un metro dalla volata; i valori velocitari sono stati arrotondati ai 5 m/sec o ai 10 ft/sec

Rosata di cinque colpi ottenuta sparando a 10 metri con cartucce .357 magnum Fiocchi 110 grs Jfp.

Rosata ottenuta nelle stesse condizioni, ma utilizzando cartucce .357 magnum Fiocchi 125 grs Jsp.

Rosata di cinque colpi con cartucce Winchester 158 grs Jsp.

Nel corso della prova è stato utilizzato un assortimento di munizioni che rappresenta un bello spaccato di quanto oggi disponibile sul mercato italiano. Da sinistra: Fiocchi .357 Jfp 110 grs; Fiocchi .357 Jsp 125 grs; Remington .357 con due pallettoni di 70 grs ciascuno; Federal .38 Lwchb di 148 grs; Speer Blazer .38 Tmjfp 158 grs; Speer Lawman .38 Tmjfp 158 grs; Winchester .38 Jfp 158 grs; Fiocchi .357 Lswctf 158 grs; Mfs .357 Jtc 158 grs; Norma .357 Jswc 158 grs; S&B .357 Jtc 158 grs; Winchester .357 Lswc 158 grs; Winchester .357 Jsp 158 grs.

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