Sconfinare numero 2 - giugno 2006

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Rubrika Go and Go BOHINJSKA ŽELEZNICA Speciale Michelstaedter Caro Presidente Bush ...Sconfinare... Numero 1 - Giugno 2006 L’Arte per sconfinare Speciale viaggi: Santiago, Parigi, Colombia Il codice Da Vinci Scripta manent Belle and Sebastian, Goran Bregovic, Nick Odds, Ligabue Eletto il nuovo rettore dell’Università di Trieste Cinema PAGINE 8 E 9 Musica PAGINE 12 E 13 PAGINA 10 E 11 Italia Intervista ad Ettore Rosato Se potessi avere cento giorni... PAGINE 3 E 4 Gorizia e Nova Gorica Intervista ad Enrico Gherghetta PAGINE 5,6 E 7 a pagina 2 Università PAGINE 15 E 16 Stile libero Cultura Glocale Piazza Transalpina:l’ombelico del mondo De Boca Bona Pane e sale Sport Al Cska il torneo universitario a pagina 4 sconfi[email protected] Direttrice: Annalisa Turel “Signor George Bush,, è da tempo che mi chiedo come si possono giusti- ficare le innegabili contraddizioni che esistono sulla scena internazionale”. Così comincia la lettera che l’8 mag- gio il Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha inviato al collega statunitense. Molti ne hanno parlato, chi enfatizzando la storica apertura di Theran, chi smascherando la falsità di tale mossa, chi altro giusto per sentito dire. Probabilmente sono pochi però ad averla letta davvero. Troppo lunga, forse, per gli standard occidentali? O semplicemente di troppo? Parliamo- ne, anzi no, prima lasciamola parlare. Il leader iraniano introduce le proprie argomentazioni chiedendosi: “Si può essere seguaci di Gesù Cristo […] sen- tirsi obbligati a rispettare i diritti uma- ni, presentare il liberalismo come un modello di civiltà […] fare della ‘Guer- ra contro il Terrore’ il proprio slogan […] ma allo stesso tempo…” ottenere risultati completamente opposti? E da qui inizia la rassegna degli errori (o se preferite orrori) che, secondo Ahmadi- nejad, sono poi gli stessi aspetti contrad- ditori del modus operandi statunitense. Innanzi tutto la guerra in Iraq. “A cau- sa della possibile esistenza di armi di distruzione di massa in un certo Paese questo viene occupato, circa 100 mila persone uccise[…]180 mila soldati stranieri spiegati a terra[…]e il Pae- se catapultato indietro di 50 anni”. Nel dar voce ad un bisogno collettivo di chiarezza, continua: “ […]i giova- ni, gli studenti universitari, le persone comuni hanno alcune domande circa il fenomeno Israele”. Entra così nel vivo della lettera. “Storicamente molti pae- si sono stati occupati, ma penso che lo stabilirsi di un nuovo paese con un nuovo popolo sia un fenomeno esclu- sivo dei nostri tempi. I miei studenti dicono che 60 anni fa questo stato non esisteva.[…] Ho detto loro di studiare la storia della seconda guerra mon- diale. […] Dopo la guerra sostennero che 6 milioni di ebrei erano stati ucci- si. […] Supponiamo che questi eventi siano veri. Questo deve logicamente tradursi nella fondazione dello Stato di Israele o nel sostegno di quello stato?” La questione israeliana è, con il recente programma di sviluppo energetico, uno dei punti a cui la comunità internazio- nale è più sensibile. Non stupisce per- tanto che il tema successivo sia appunto il nucleare. Parola scomoda, mai usata nella lettera, che risalta con evidenza dal contesto: “Perché ogni progresso tecnologico raggiunto in Medio Orien- te è tradotto e dipinto come una minac- Un semplice muretto con una rete. Un’apparenza modesta per quello che è stato uno dei confini caldi dello scorso secolo, la divisione tra est ed ovest, tra comunismo e capitalismo, tra Gorizia e Nova Go- riza. Questo confine però sta subendo un processo di cambiamento inesorabile che ha avuto inizio ben prima della fine della guerra fredda, grazie alla vo- lontà di cooperazione fra le due parti di quella che era stata un’unica realtà isontina. Arcipelago 06 è la seconda edizione del Festival d’arte contempora- nea trasfrontaliero e si terrà dall’1 all’8 luglio principalmente lungo la linea del confine che porta dal valico di San Gabriele a quello di Salcano oltre che ovviamente in piazza tran- salpina, il punto nevralgico ed emblematico del nostro confine. Questa piazza infatti è un po’ la porta di Brandeburgo goriziana, uno dei punti importanti di quando la città era unita ed ora invece è una piazza divisa fra le due realtà. Eppure, come può aver senso una piazza che Umetnost, ki prekoraci vse meje C’era una volta un confine... Inizierebbe probabilmente così la favola dei rapporti tra le due città. Ma la realtà impone un altro attacco. C’è ancora il confine tra Gorizia e Nova Goriza. C’è, nonostante due fatti storici. L’apertura dell’integrazione europea alla Slovenia nel 1 maggio 2004, e la prossima entrata del paese nella zona euro nel 1 gennaio 2007, non sono ingredienti fantastici di un racconto popolare. Eppure, né lo sventolio di una stessa bandiera (accanto a quelle nazionali) né il tintinnio di una stessa moneta, sembrerebbero sufficienti a far assumere alla realtà la conclusione fiabesca del “vissero tutti felici e contenti”. La Storia, si sa, non è raccontata dai cantastorie. Ne è consapevole il neopresidente della Provincia. Per Gherghetta, come potrete leggere tra queste colonne, la storia di Gorizia è “una storia interrotta” dalle due guerre, che solo ora si presta a diventare “una storia ripresa”; perché spiega nell’intervista: “La storia ripresa è la vocazione naturale di Gorizia, un’idea multiculturale” che fa diventare Gorizia la porta per l’Europa. La storia di una città globale, dunque, che corre sui binari di Piazza Transalpina. Quella piazza centenaria che, come spiega tra le righe di questo numero Giangiacomo Dalla a pagina 6 Una storia ripresa

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Musica Speciale viaggi: Santiago, Parigi, Colombia Sport Numero 1 - Giugno 2006 Università BOHINJSKA ŽELEZNICA Stile libero Italia Umetnost, ki prekoraci vse meje Speciale Michelstaedter Belle and Sebastian, Goran Bregovic, Nick Odds, Ligabue Intervista ad Enrico Gherghetta Pane e sale Intervista ad Ettore Rosato Se potessi avere cento giorni... Al Cska il torneo universitario Il codice Da Vinci Eletto il nuovo rettore dell’Università di Trieste PAGINE 15 E 16 PAGINE 8 E 9 PAGINE 3 E 4

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Rubrika Go and Go

BOHINJSKA ŽELEZNICA

Speciale Michelstaedter

Caro PresidenteBush

...Sconfinare... Numero 1 - Giugno 2006

L’Arte per sconfinare

Speciale viaggi: Santiago, Parigi, Colombia

Il codice Da Vinci

Scripta manent

Belle and Sebastian, Goran Bregovic, Nick Odds, Ligabue

Eletto il nuovo rettore dell’Università di Trieste

Cinema

PAGINE 8 E 9

Musica

PAGINE 12 E 13PAGINA 10 E 11

ItaliaIntervista ad Ettore Rosato

Se potessi avere cento giorni...

PAGINE 3 E 4

Gorizia e Nova GoricaIntervista ad Enrico Gherghetta

PAGINE 5,6 E 7

a pagina 2

Università

PAGINE 15 E 16

Stile libero

Cultura GlocalePiazza Transalpina:l’ombelico del

mondo

De Boca BonaPane e sale

SportAl Cska il torneo universitario

a pagina 4

[email protected]: Annalisa Turel

“Signor George Bush,, è da tempo che mi chiedo come si possono giusti-ficare le innegabili contraddizioni che esistono sulla scena internazionale”. Così comincia la lettera che l’8 mag-gio il Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha inviato al collega statunitense. Molti ne hanno parlato, chi enfatizzando la storica apertura di Theran, chi smascherando la falsità di tale mossa, chi altro giusto per sentito dire. Probabilmente sono pochi però ad averla letta davvero. Troppo lunga, forse, per gli standard occidentali? O semplicemente di troppo? Parliamo-ne, anzi no, prima lasciamola parlare. Il leader iraniano introduce le proprie argomentazioni chiedendosi: “Si può essere seguaci di Gesù Cristo […] sen-tirsi obbligati a rispettare i diritti uma-ni, presentare il liberalismo come un modello di civiltà […] fare della ‘Guer-ra contro il Terrore’ il proprio slogan […] ma allo stesso tempo…” ottenere risultati completamente opposti? E da qui inizia la rassegna degli errori (o se preferite orrori) che, secondo Ahmadi-nejad, sono poi gli stessi aspetti contrad-ditori del modus operandi statunitense. Innanzi tutto la guerra in Iraq. “A cau-sa della possibile esistenza di armi di distruzione di massa in un certo Paese questo viene occupato, circa 100 mila persone uccise[…]180 mila soldati stranieri spiegati a terra[…]e il Pae-se catapultato indietro di 50 anni”. Nel dar voce ad un bisogno collettivo di chiarezza, continua: “ […]i giova-ni, gli studenti universitari, le persone comuni hanno alcune domande circa il fenomeno Israele”. Entra così nel vivo della lettera. “Storicamente molti pae-si sono stati occupati, ma penso che lo stabilirsi di un nuovo paese con un nuovo popolo sia un fenomeno esclu-sivo dei nostri tempi. I miei studenti dicono che 60 anni fa questo stato non esisteva.[…] Ho detto loro di studiare la storia della seconda guerra mon-diale. […] Dopo la guerra sostennero che 6 milioni di ebrei erano stati ucci-si. […] Supponiamo che questi eventi siano veri. Questo deve logicamente tradursi nella fondazione dello Stato di Israele o nel sostegno di quello stato?” La questione israeliana è, con il recente programma di sviluppo energetico, uno dei punti a cui la comunità internazio-nale è più sensibile. Non stupisce per-tanto che il tema successivo sia appunto il nucleare. Parola scomoda, mai usata nella lettera, che risalta con evidenza dal contesto: “Perché ogni progresso tecnologico raggiunto in Medio Orien-te è tradotto e dipinto come una minac-

Un semplice muretto con una rete. Un’apparenza modesta per quello che è stato uno dei confini caldi dello scorso secolo, la divisione tra est ed ovest, tra comunismo e capitalismo, tra Gorizia e Nova Go-riza. Questo confine però sta subendo un processo di cambiamento inesorabile che ha avuto inizio ben prima della fine della guerra fredda, grazie alla vo-lontà di cooperazione fra le due parti di quella che era stata un’unica realtà isontina. Arcipelago 06 è la seconda edizione del Festival d’arte contempora-

nea trasfrontaliero e si terrà dall’1 all’8 luglio principalmente lungo la linea del confine che porta dal valico di San Gabriele a quello di Salcano oltre che ovviamente in piazza tran-salpina, il punto nevralgico ed emblematico del nostro confine. Questa piazza infatti è un po’ la porta di Brandeburgo goriziana, uno dei punti importanti di quando la città era unita ed ora invece è una piazza divisa fra le due realtà. Eppure, come può aver senso una piazza che

Umetnost, ki prekoraci vse meje

C’era una volta un confine...Inizierebbe probabilmente così la favola dei rapporti tra le due città. Ma la realtà impone un altro attacco. C’è ancora il confine tra Gorizia e Nova Goriza. C’è, nonostante due fatti storici. L’apertura dell’integrazione europea alla Slovenia nel 1 maggio 2004, e la prossima entrata del paese nella zona euro nel 1 gennaio 2007, non sono ingredienti fantastici di un racconto popolare. Eppure, né lo sventolio di una stessa bandiera (accanto a quelle nazionali) né il tintinnio di una stessa moneta, sembrerebbero sufficienti a far assumere alla realtà la conclusione fiabesca del “vissero tutti felici e contenti”.La Storia, si sa, non è raccontata dai cantastorie. Ne è consapevole il neopresidente della Provincia. Per Gherghetta, come potrete leggere tra queste colonne, la storia di Gorizia è “una storia interrotta” dalle due guerre, che solo ora si presta a diventare “una storia ripresa”; perché spiega nell’intervista: “La storia ripresa è la vocazione naturale di Gorizia, un’idea multiculturale” che fa diventare Gorizia la porta per l’Europa. La storia di una città globale, dunque, che corre sui binari di Piazza Transalpina. Quella piazza centenaria che, come spiega tra le righe di questo numero Giangiacomo Dalla

a pagina 6

Una storia ripresa

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Sconfinare Giugno 2006 2Mondo

Caro Presidente degli Stati Uniti d’AmericaAhmadinejad e le ‘innegabili contraddizioni’

CONTINUA DALLA PRIMA

15 maggio

15 giugno

28 maggio COLOMBIA Il presidente colombiano uscente Álvaro Uribe Vélez è stato confermato con il 62 per cento dei voti, stabilendo due record: il massimo mai raggiunto dei consensi e la prima rielezione della storia colombia-na. Affluenza molto bassa, appena il 45%.

5 giugno PERU’ Il leader dell’Alleanza popolare rivoluzionaria americana (Apra), Alan García Pérez, si è aggiudicato il secondo turno delle elezioni presidenziali in Perù. Ha ottenuto il 54,69 per cento delle preferenze contro il 45,30 per cento del suo av-versario, il candidato nazionalista Ollanta Humala. È la se-conda volta che Alan García viene eletto presidente del Perù.

L’Iran visto da un espertoIntervista a Giovanni Curatola, profondo conoscitore del Paese

30 maggio NUCLEARE L’Iran ha affermato che prenderà in conside-razione le proposte della troika europea per mettere fine alle polemiche sul suo controverso programma nucleare. Il ministro degli esteri ira-niano Manushehr Mottaki ha dichiarato che “il suo paese è disposto a riprendere i negoziati sul nucleare senza alcuna condizione preliminare”.

16 maggio USA-LIBIA L’amministrazione Bush ha deciso di ri-stabilire i rapporti diplomatici con la Li-bia, che da 25 anni era nella lista dei co-siddetti “paesi canaglia”. La mossa di Washington arriva in risposta alla deci-sione di Tripoli di rinunciare al terrori-smo e alle armi non convenzionali. Gli Usa sperano soprattutto che il paese apra i suoi mercati agli investitori stranieri.

6 giugno SOMALIA L’Unione delle corti islamiche, una milizia fondamentali-sta musulmana, ha preso il controllo della capitale soma-la, unificando la città per la prima volta da quindici anni e lanciando una sfida al governo appoggiato dalle Nazio-ni Unite. L’avanzata dei radicali contro l’alleanza dei si-gnori della guerra, appoggiata da Washington, è avvenuta dopo alcune settimane di violenti scontri, facendo teme-re che la Somalia finisca sotto il controllo di al Qaeda.

cia allo stato sionista? La ricerca e lo sviluppo non è uno dei basilari diritti delle nazioni?”. La discussione sul progresso tecnologico spinge il Presidente iraniano a riflettere sui paesi meno sviluppati: perché in Ameri-ca Latina e in Africa i governi “eletti sono contrastati mentre vengono sostenuti leader golpisti” ed “enormi ricchezze sono sac-cheggiate. Anche il popolo dell’Iran ha mol-te domande e motivi di lagnanza, inclusi il colpo di stato del 1953[…]l’opposizione alla Rivoluzione islamica[…], il sostegno a Saddam nella guerra mossa contro l’Iran.” L’analisi degli ultimi avvenimenti passa ov-viamente attraverso l’11 settembre che, rico-nosce Ahmadinejad: “è stato un avvenimen-to spaventoso”. Non senza esprimere quei riserbi inquietanti di cronaca recente:“non è stata un’operazione semplice. Possibile che sia stata preparata ed eseguita senza alcun coordinamento con l’intelligence ed i servizi segreti?”. Decisivo, a suo avviso, il ruolo dei medi che “hanno parlato costantemente della possibilità di nuovi attacchi terroristici e te-nuto la gente nel terrore[…]. Alcuni credono che l’esagerazione mediatica abbia aperto la strada per l’attacco all’Afghanistan[…]”. Dall’informazione manipolata alla critica del potere democratico il passo è breve. “Nei paesi di tutto il mondo, i cittadini pagano le spese dei propri governi, in modo che i go-verni possano a loro volta servirli”. Aha-madinejad allora si chiede “che cosa hanno prodotto per i cittadini le centinaia di miliar-di di dollari spese ogni anno per pagare la campagna irachena?” e ricorda al Presidente Bush le ‘regole democratiche’. “Chi si trova

al potere ha un mandato con una scadenza, e non governa per sempre. Però i loro nomi saranno registrati nella storia, e verranno giudicati costantemente, nel futuro prossi-mo e lontano[…]. Siamo riusciti a portare la pace, la sicurezza e la prosperità per il popo-lo, oppure insicurezza e disoccupazione?” Si apre così la parte finale della lettera nella quale emerge con forza il parallelismo tra i valori di due universalismi: quello cristiano e il suo pari musulmano. Valori e toni altret-tanto profetici, che considerati con un po’ di relativismo, fanno as-somigliare gli ayathol-lah di Theran ai teocon dell’amministrazione di Washington. D’al-tronde guardando alla storia il fondamentali-smo cristiano e quello musulmano non sono poi così lontani. Un raffronto religioso di cui è intarsiata tutta la lettera: al richia-mo dei principi della tradizione cristiana, è continuo l’alternarsi dei versetti del corano. Il tutto in una ricerca-ta continuità di quella parola condivisa da “Tutte le religioni di-vine […] che è “mo-noteismo”. E quindi: “Tutti i versetti di

cui sopra si possono ritrovare in un modo o nell’altro anche nel Vangelo[…].Non pensa-te che la fede in questi principi promuova e garantisca la pace, l’amicizia e la giustizia? […]. Non accetterete (l’invito ad) un ritorno autentico agli insegnamenti dei profeti[…]?”. Il crescendo sui principi del monoteismo si accoppia alla constatazione del risveglio dei popoli. “I popoli protestano contro il cre-scente divario tra coloro che hanno e coloro che non hanno”, e si celebra il funerale del “liberalismo e la democrazia di tipo occiden-

tale” che “non sono stati in grado di realiz-zare gli ideali dell’umanità […]. Sempre di più vediamo che i popoli di tutto il mondo si stanno rivolgendo verso un punto focale – Dio l’Altissimo. […]La domanda che io vi rivolgo è questa: non volete unirvi a loro?”. Questa la lettera di Ahmadinejad dunque. Resta, a nostro avviso, una considerazio-ne da fare. La colpa dell’amministrazione Bush sarebbe, a detta di Ahmadinejad, quella di praticare i principi professati, andando a sbattere in ‘innegabili contraddizioni’. Ma come l’America, così l’Iran vive di contrad-dizioni. Non espresse nella lettera, come era d’aspettarselo, ma presenti nella realtà. Tutta la società ne è pervasa dall’economia e dalla politica fino alla stessa religione. Da un lato la censura, la legge islamica, la battaglia sul nucleare, gli interventi autoritari sulla vita pubblica delle persone (vedi l’hijab, l’abbi-gliamento previsto dall’ortodossia islamica per le donne); dall’altro la massa di giovani affamata di libertà (il 70% della popolazione ha meno di trent’anni), il fascino del modello di vita americano, la benzina che costa meno dell’acqua minerale seppur raffinata all’este-ro, e, soprattutto, la voglia di modernità di un paese che, come dice, Ramin Jahanbe-gloo, giovane filosofo di Teheran, vive in silenzio la sua rivoluzione culturale. “E’ il nostro maggio ’68, un maggio silenzioso”.

Davide LessiEmmanuel Dalle Mulle

.Il professore Giovanni Curatola, docen-te dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università di Udine, esperto di arte islamica e profondo conoscitore dell’Iran, si è recato proprio in questo Paese dal 23 aprile al 7 maggio 2006, visitando le città più importanti dello Stato. Dato l’interes-se sollevato dalle recenti dichiarazioni del primo ministro iraniano Ahmadinejad, e dal contrasto sorto in particolare con gli Stati Uniti sul tema della costruzione di centrali nucleari e centri di ricerca che potrebbero portare, in futuro, alla produ-zione della bomba atomica, il professore farà un po’ di luce su questo Paese, poco conosciuto, che desta così tante perplessità.Cominciamo con il presentare la fi-gura dell’attuale primo ministro iraniano Mahmoud Ahmadinejad.Dopo aver ricoperto la carica di sindaco della capitale Teheran nel 2003, dove si è distinto per una buona amministrazio-ne, è stato eletto nel 2005 dopo un’accesa campagna elettorale in contrapposizione al partito riformista, precedentemente al

potere. Per la sua vittoria è risultato de-terminante l’appoggio dell’ayatollah Ali Khamenei, leader spirituale del Paese e figura di grande carisma. Egli quindi non è uno sprovveduto,ha governato la capi-tale del Paese che conta 8 milioni di abi-tanti e,come in molti altri Stati accade, è giunto fino alla guida dell’intero Iran.A un anno dalla sua elezione, come vie-ne giudicato il suo operato in patria?Ahmadinejad aveva incentrato la sua can-didatura sulla promessa di riforme sociali, sentite come assolutamente necessarie dalla popolazione, ma che al giorno d’oggi risul-tano ancora inattuate. In particolare la lotta alla disoccupazione, l’adeguamento dei sa-lari al costo della vita e la risoluzione del delicato problema riguardante l’indennità ai veterani della guerra contro l’Iraq negli anni ‘80, i punti principali del suo programma di governo, sono ancora lontani dal trovare una soluzione stabile e duratura. La via verso il risanamento è ancora molto lunga. Da ciò la necessità del leader dell’Iran di sviare l’at-tenzione dell’opinione pubblica dai proble-

mi interni, concentrandola sulla fantomati-ca minaccia da parte di un nemico esterno.Come giudica le sue recenti dichia-razioni di stampo anti-occidentale ed antisemita che hanno destato tan-to scalpore in ambito internazionale?Tutto nasce dalla necessità di nuove risorse energetiche per sostenere il forte incremen-to demografico; la risposta di Ahmadinejad risiede nell’impiego dell’energia nucleare, potendo l’Iran vantare di abbondanti giaci-menti di uranio. L’eventualità di una corsa al nucleare in Iran ha suscitato opposizioni al-l’interno della comunità internazionale e in particolare degli Stati Uniti. Il loro tentativo di dissuadere l’Iran dall’approfondire le sue ricerche sul nucleare ha dato la possibilità al premier di organizzare una crociata con-tro l’occidente, accusato di voler interferire negli affari di politica interna iraniana. Da qui le pesanti esternazioni e minacce indi-rizzate a Israele e agli Stati Uniti, che han-no scatenato una crisi diplomatica fra questi stati. A mio parere non c’è da preoccuparsi sulla reale portata delle dichiarazioni di Ah-

madinejad. Esse fungono da collante tra i diversi strati sociali al fine di risolvere i pro-blemi di politica interna prima denunciati.Quali possono essere i pos-sibili risvolti di questa crisi?All’interno della comunità internazionale tre sembrano essere le vie di risoluzione della crisi iraniana: quella più probabile ed auspicabile è la via del negoziato, con l’obiettivo di raggiungere un compromes-so tra le ambizioni nucleari iraniane, con-siderate legittime e necessarie dal premier Ahmadinejad e i timori più o meno fondati degli stati occidentali. Le altre due vie pre-se in considerazione sono l’attacco armato preventivo, misura adottata nel vicino Iraq, e in alternativa un bombardamento mirato dei centri di ricerca nucleare in territorio iraniano. Entrambe risultano impraticabili rispettivamente a causa dell’estensione del Paese e della disposizione sotterranea dei principali siti di ricerca e sperimentazione.

Leonetta PajerDavide Goruppi

8 giugno IRAQ Abu Mussab al Zarqawi, il leader di al Qaeda in Iraq, è stato ucciso nel corso di un raid aereo. L’ha annunciato il primo ministro iracheno Nuri al Maliki nel cor-so di una conferenza stampa a Baghdad.

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Bisogna diminuire i giorni di permanenza nelle strutture e dare garanzie perché le persone che vogliono contribuire allo sviluppo del nostro Paese possano entrare in Italia con gli strumenti della legalità.

Per concludere, le chiediamo un parere sulla realtà che ci riguarda più da vicino, quella universitaria. Cosa intende fare il Governo per migliorarla? E per il successivo inserimento nel mondo lavorativo? Per come è impostata attualmente, l’università da una preparazione scarsamente applicabile nel mondo lavorativo. C’è necessità di una riforma che consenta maggior rapidità negli studi, esperienze a più stretto contatto con la realtà e la possibilità per chi arriva dal mondo dell’impresa di dare un contributo alla formazione dei giovani. E’ utile che ci sia flessibilità dell’ingresso nel mondo del lavoro ma questa flessibilità non deve essere eterna. Lavoreremo in questa direzione.

Monica Muggia Athena Tommasini

periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio 2006, n°

di registrazione 4/06.

Direttrice ResponsabileAnnalisa Turel

Editore e Propietario

A.S.S.I.D.“Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche”.

Sconfinare non è il giornale ufficiale dell’Assid nè identifica la sua posizione politica, in quanto è semplicemente la libera espressione di alcuni suoi membri che costituiscono il Comitato di redazione.

RedazioneAndrea Bonetti, Marco Brandolin, Edoardo Buonerba, Elisa Calliari, Davide Care-gari, Giulia Cragnolini, Allan Francesco Cudicio, Emmanuel Dalle Mulle, Marco Di Liddo, Nicoletta Favaretto, Antonino Fer-rara, Giorgia Ferrarese, Michela France-scutto, Francesca Fuoli, Francesco Gallio, Davide Goruppi, Ian Hrovatin, Hussam Hussein, Isabella Ius, Davide Lessi, Andrea Luchetta, Mattia Mazza, Monica Muggia, Luca Nicolai, Arianna Olivero, Agnese Or-tolani, Leonetta Pajer, Federico Permutti, Massimo Pieretti, Giulia Pizzini, Bojan Starec, Rodolfo Toè, Athena Tomasini, Federico Vidic, Zeriali Samuele.

Si ringraziano per la collaborazione Federico Butkovic, Giangiacomo Della Chiesa e Andrea Grisilla.

Se vuoi contattare la redazione scrivi a [email protected]

Sconfinare2006 Giugno 3Italia

25 giugno

15 maggio

2 giugno La sfilata militare per la festa della Repubblica si svolge fra le polemiche: la sinistra radicale ne chiede la soppressione,fra le critiche di alleati e centro-destra. Emblema della giornata, Bertinotti che, in qualità di Presidente della Camera, assiste alla sfilata, indossando però un spilla con la bandiera della pace.

22 giugnoIl procuratore federale, Stefano Palazzi, chiede il rinvio agiudizio di Juventus, Milan, La-zio e Fiorentina, contestando, a seconda deicasi, la violazione degli obblighi generali o la commissione di illecitosportivo. Si sottolinea l’insoddisfazione di Borrelli, capo ufficio indaginiFIGC, secondo cui Palazzi non avrebbe agito con la necessaria durezza.

7 giugnoSconfitta per il centro-sinistra alla commissione difesa:l’Unionepresenta Lidia Menapace,PRC, come candidato presidente. A spuntarla è peròDi Gregorio, senatore dipietrista e già di Forza italia, eletto coi voti del centro-destra e, natu-ralmente, col suo. Decisiva una polemica della Menapace contro le Frecce Tricolori.

12 giugnoIl ministro per la solidarietà sociale, Ferrero(PRC), afferma inun’intervista di non essere contrario alle “stanze del buco”; si tratta diluoghi protetti in cui assumere eroina, nati con l’obiettivo di ridurre lepossibilità di contagio. Il centro-destra scatena una polemica, sostenendoche l’Unione incentiverebbe i giovani a drogarsi.

Se potessi avere cento giorni al mese

...Sconfinare...

Adesso c’è la mania dei 100 giorni. L’ultima, insopportabile fissazione della politica-spettacolo,quella che ormai è solo comunicazione, velocità, sorpresa. Il corpo elettorale va steso con un paio di ganci da k.o.tecnico, rincretinito a tal punto da guadagnare un consenso sufficiente ad agonizzare per i restanti quattro anni e nove mesi di governo. Del resto, ce lo insegna Zapatero, mantenere uno straccio di promessa in tempi ragionevoli può pagare:sembra impossibile, ma è così; e già li vediamo, i nostri cervelloni, a darsi di gomito, a teorizzare l’impatto dei 100 giorni con la luce in fondo agli occhi, convinti di aver trovato la pietra filosofale della politica. A dire il vero, ci aveva già pensato il Berlusca, promettendo di risolvere il conflitto d’interessi entro i primi 100 giorni; e pazienza se ci ha messo più di dieci volte tanto. Aveva colto l’essenza: il 100 è un numero magico, è 10 volte 10, è Baggio per Platini, cioè molto più di Maradona. Non lo si scorda, impressiona.E ,forse, tentare di indirizzare chiaramente la linea di governo sin dal principio non è un’idea del tutto peregrina. Anzi, sembrerebbe persino furba. Solo che il teatrino della politica italiana non può fare a meno di renderla una commedia; e poi, diciamo la verità, anche noi ci mettiamo del nostro, con le nostre aspettative più vive e recondite. Quando ho votato per

Prodi, non sognavo un DPEF equilibrato o una manovra correttiva esemplare. No, segretamente sognavo che la vita cambiasse davvero, che il vento girasse e andasse a chiudere un bel po’di porte in faccia. Che Agnoletto interrompesse Ferrara e gli tirasse un calcio nelle palle. Che Montezemolo venisse rapato a forza, gli rimanesse solo una cresta viola da punk dei sobborghi di Tokyo, e che fosse costretto a girare su una 500 a manovella del ’67. Che a Vespa si incastrassero le mani mentre le sfrega davanti al plastico della villetta di Cogne. Che la Palombelli smettesse di parlare della Franzoni, o almeno che Rutelli divorziasse. O, meglio, che Rutelli la piantasse di dirsi di centro-sinistra. Che Fede fosse condannato a inseguire in tanga per l’eternità decine e decine di pulzelle senza poterle mai raggiungere .Che mitraglietta Mentana s’inceppasse. Che il chirurgo di Berlusconi gli impiantasse un capello sì e sette no. Che La Russa fosse rinchiuso in sala di registrazione con gli Intillimani. Che gli Intillimani fossero rinchiusi in sala di registrazione con La Russa. Che Buttiglione e Nino D’angelo dichiarassero il loro amore. Che tutte le Porsche s’ingolfassero sulla via di Cortina sotto una nevicata giustizialista. Che Afef facesse la fila alla posta con thermos e coperte per regolarizzarsi. E che Briatore fosse costretto a passare le vacanze a

Rapallo su una barchetta a remi,cazzo! E tutto questo per un decreto divino passato solo grazie al voto della Montalcini.Questi sarebbero 100 giorni… Però io sono un po’astioso, per cui posso capire se i prodiani più buoni non condividono proprio tutti i miei desideri e cambiano regolarmente l’olio delle loro Porsche. Ma, se non proprio sogniamo, almeno speriamo. E sono comunque molte, anche se meno viscerali, le cose in cui sperare: a partire da un ritiro dall’Iraq senza troppe manfrine, passando per una discussione seria, con la società civile e non solo coi vescovi, su PACS, precariato, indipendenza dell’informazione e riforma dell’istruzione. E se non finiremo in 100 giorni, pazienza. Sarà comunque un buon inizio. E invece, finora abbiamo visto solo l’ennesimo miracolo di moltiplicazione delle poltrone, liti su ministeri e presidenze, dichiarazioni arruffone e avventate sullo scibile umano e le prime ,fatali, spaccature. Se avessi cento euro, li scommetterei sul fatto che, il centesimo giorno, di fronte alla centesima polemica, pressato da cento sottosegretari, Prodi scapperà a cento all’ora nel bel mezzo della via. E che, al grido di “meglio tardi che mai!”, finirà per imbarcarsi come pianista su un traghetto per la Sardegna.

Andrea Luchetta

Per un punto di vista più serio e ufficiale sui primi 100 giorni del Governo Prodi, abbiamo rivolto alcune domande al Sottosegretario triestino Ettore Rosato. Impegnato in politica fin dal 1987, inizialmente nel Comune di Trieste, in seguito anche in Provincia e in Regione, nel 2005 annuncia la sua intenzione di candidarsi a sindaco di Trieste: vince le elezioni primarie dell’Unione ma l’anno seguente viene sconfitto,dal candidato della destra Roberto Dipiazza. Dal 18 maggio del 2006 fa parte del secondo Governo Prodi in qualità di Sottosegretario agli Interni. Quando Berlusconi ha presentato il Governo nel 2001 il centro-sinistra ha criticato duramente il numero elevato di incarichi distribuiti; l’8 giugno Prodi ha nominato altri 3 sottosegretari portando così il Governo a 102 componenti: non le sembra una mancanza di coerenza? Che efficienza può avere un Governo così numeroso? La coerenza non è sempre la migliore delle virtù della politica. Purtroppo, l’attuale sistema elettorale voluto dal centro-destra, rende necessario ogni singolo voto per la tenuta della coalizione, e in questo modo anche il più piccolo dei partiti pretende e ha il diritto di avere una

rappresentanza governativa. Per quanto riguarda l’efficienza nella maggior parte dei ministeri il numero dei sottosegretari è giustificato dalla necessità di coprire diverse funzioni e di essere presenti anche sul territorio.Alcuni ritengono che le quote rosa siano poco lusinghiere nei confronti delle donne in politica in quanto attribuiscono loro il ruolo di “minoranza da tutelare”. Lei che cosa ne pensa? Crede che il Governo riuscirà a farle approvare? Non sono mai stato innamorato delle quote rosa e del principio che c’è sotto ma devo ammettere che oggi i partiti non riescono ad adottare strumenti autonomi per coinvolgere in maniera più forte le donne in politica, questo vuol dire che sarà necessario uno strumento legislativo. A livello economico e finanziario la manovra bis cercherà di portare il rapporto deficit/pil sotto il 4% e di realizzare un avanzo primario del 3,5%. Nel Dpef invece, uno degli snodi principali è la diminuzione del cuneo fiscale di 5 punti.

Come sono possibili tali riduzioni in un Paese dove il debito è al 108%? Da dove si attingeranno i soldi per attuarle? La

situazione economica del nostro Paese è difficile sotto due profili: innanzitutto vi è la necessità di riprendere competitività sui mercati mondiali; in secondo luogo bisogna risanare il bilancio delle Stato riducendo la spesa pubblica. Il taglio del cuneo fiscale, che sostanzialmente comporta una riduzione del costo del lavoro per le imprese e un aumento del denaro in busta paga per i lavoratori, rivestirà assieme alla riduzione dell’Iva sugli aumenti dei carburanti un ruolo centrale nel rilancio dell’economia. Centri di Permanenza Temporanea: lei cosa ne pensa? Crede siano la soluzione adatta per limitare l’immigrazione clandestina e che rispettino adeguatamente i diritti degli immigrati? Oggi dobbiamo riformulare la politica in materia, poiché l’immigrazione è necessaria per il nostro Paese: facciamo pochi figli ma sappiamo che è necessario avere molte braccia che lavorino nelle nostre aziende. C’è sicuramente bisogno di regole, ma dobbiamo renderle più civili. I centri di permanenza temporanea sono stati voluti da una legge del centro-sinistra, la Turco-Napolitano ma sono stati gestiti con le modalità del centro-destra ,cioè come centri di detenzione e non di identificazione.

Il Governo visto dall’InternoIntervista al sottosegretario agli Interni Ettore Rosato

25-26 giugno Si svolge il referendum per la con-ferma delle riforme costituzionali introdotte dal precedente governo.Non è previsto alcun quorum.

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Sconfinare Maggio 20064Gorizia

Università, giovani ed EuropaIntervista al Presidente della provincia Enrico Gherghetta

15 maggio

Atti vandalici Mese nero per gli atti vandalici. In città si sono ripetuti raid notturni, concentrati nei fine settimana. Oltre ai danneggiamen-ti al parco della Valletta del Corno e gli incendi di cassonetti e contenitori di immondizie, l’episodio più grave è stato quello ai danni del polo scolastico sloveno di via Puccini. Scritte razzi-ste sono comparse sui muri esterni e nel cortile dell’edificio che ospita gli istituti superiori con insegnamento in lingua slovena.

ParcheggiNovità per chi a Gorizia si sposta in automobile: di-minuisce il ticket nelle zone blu del centro mentre aumenta l’abbonamento giornaliero. Sono le inizia-tive studiate dalla giunta-Brancati per agevolare il posteggio in città. L’invito rivolto da sindaco e giun-ta, comunque, resta quello di utilizzare i parcheg-gi periferici in modo da disintasare le vie centrali.

RifiutiPronti a scattare i correttivi al nuovo sistema di raccolta dei rifiuti. Gli abitanti di Gorizia si vedranno prelevare i rifiuti umidi (ovvero gli scarti di cucina e i resti alimentari) tre vol-te alla settimana invece di due. Verranno raccolti a domicilio anche i riciclabili: carta, cartone, vetro, lattine, contenitori di plastica. Dopo le proteste dei residenti in città e le conse-guenti richieste dell’opposizione, l’amministrazione comu-nale partirà con il sistema riveduto e corretto dal 10 luglio.

Consorzio industriale Polemiche sulla fusione dei due consorzi industriali che operano in provin-cia di Gorizia. Quello di Monfalcone preme perché si arrivi al più presto a una fusione delle due realtà, in modo da avere – uniti – un peso speci-fico maggiore. Gorizia teme però che il suo ruolo venga sminuito e punta quindi a rimandare l’operazione di accorpamento a tempi migliori, dopo la concretizzazione di alcuni progetti destinati a rinforzare il settore industriale.

16 giugno

L’Arte per sconfinareLe due Gorizie sede di una rassegna d’arte contemporanea sempre più

trasfrontaliera ed europea.

Martedì 20 maggio abbiamo incontrato il Presidente della provincia di Gorizia Enri-co Gherghetta per porgli alcune domande.Presidente, potrebbe tracciare breve-mente le linee d’azione dell’amministra-zione nel campo delle politiche giovanili?Possiamo affermare che un po’ tutta l’azio-ne dell’amministrazione è orientata verso i giovani: abbiamo l’ambito universitario; l’ambito ricreativo, in cui stiamo organiz-zando una serie di rassegne musicali; l’am-bito del lavoro in cui stiamo riorganizzando il settore dell’impiego. Da questo punto di vista siamo dunque piuttosto attivi. Infine ci sono i contributi stanziati con legge regio-nale che eroghiamo alle politiche giovanili.Concentrandoci sull’Università, che cosa intende fare l’amministrazione per lo sviluppo del polo universitario?Ci sono due tipi di problemi da risolvere. Il primo è un problema edificatorio che riguar-da soprattutto l’università di Udine. Stiamo cercando di dare una risposta mettendo a di-sposizione Palazzo de Bassa e la sala audi-torium all’Itis Galilei. Inoltre la regione ha stanziato 4,5 milioni di euro per la ristrut-turazione del complesso Stella Matutina. Il secondo problema è un problema politico legato alla sostanza dell’insegnamento. In provincia noi abbiamo due corsi di laurea importanti, il corso in Scienze internaziona-li e diplomatiche dell’Università di Trieste e il corso in Relazioni pubbliche dell’Uni-verstià di Udine. Noi mettiamo a disposi-zione un’intera città e spendiamo ingenti

capitali, senza un adeguato riconoscimento.Sta prospettando l’unione dei due corsi di laurea sotto un’ipotetica Uni-versità di Gorizia?No, la nostra idea è che i due corsi di laurea riman-gano legati ai rispettivi Atenei, ma assumano lo status di facoltà autonome, questo perché la conoscen-za diventa l’elemento fon-damentale verso il nostro obiettivo di rendere Gori-zia una provincia europea. Quello che era una volta una cosa brutta da vede-re, il muro, era anche una cosa a cui ti potevi appog-giare. Ora questo non c’è più e quindi diventa ne-cessario uno strumento di accompagnamento, e che cosa meglio del sapere?A questo punto le pongo una domanda che se esu-la dal contesto universi-tario appare necessaria.Che cosa significa concre-tamente lo slogan “Gori-zia provincia europea”?Mettiamola così, siamo nell’epoca della globalizzazione. La mia globalizzazione è quella rete a 500 metri da qui e le persone che abitano al di là. Io dico sempre che noi siamo la prima linea della globalizzazione.

Lei mi ha chiesto quali sono gli aspetti che coinvolgono un’ottica globale. Io potrei chiederle invece quali sono gli aspetti che

non posso affrontare se non in un’ottica globale. A Milano o da qualsiasi altra parte un ragionamen-to simile è letteratura, qui è quotidianità. Ci sono poi degli assi portanti. Il 60% dell’economia provincia-le è orientata all’esporta-zione. Inoltre, un domani quando aprirà il confine, quando non avremo più gli aiuti comunitari, quan-do non potremo più so-stenere di essere un’area emarginata, che cosa ci rimarrà? Ci rimangono il porto di Monfalcone , il più vicino al centro Eu-ropa e la porta di Gorizia, ovvero la nostra centralità geografica. Dunque l’asse economico naturale Vil-lesse-Lubjana diventerà uno dei grandi assi del-lo sviluppo economico. Questo significa che di

qui a due anni sarà più facile anda-re a Lubiana che andare a Pordenone. Tornando al nostro ambito specifico, le sottopongo una critica che serpeg-gia tra i giovani goriziani universitari e

non, secondo la quale Gorizia sarebbe afflitta da una sorta di immobilismo. Come valuta questa posizione e, se ri-tiene contenga del vero, cosa pensa di fare per imprimere un nuovo corso?È vero, però posso darvi una chiave di let-tura. Prendiamo due concetti, quello della storia interrotta e quello della storia ripresa. Il primo vede Gorizia al centro dell’arcive-scovado di Aquileia prima e dell’Impero Austro-Ungarico poi. Un’idea multicultu-rale, che fa dire a chi arriva da ovest che Gorizia è la prima città dell’est, mentre a chi arriva da est, che è la prima città del-l’ovest. Quindi Gorizia ha una sua voca-zione globale, costruita nei millenni. A un certo punto c’è la storia interrotta: la Prima guerra mondiale, la Seconda guerra mon-diale. Finita la guerra, il compagno di una volta è diventato il nemico di ora e tutto il secondo dopoguerra è segnato da lotte e contrapposizioni. Ad un certo punto arriva l’Europa. Si capisce che laggiù è caduto il muro, iniziano allora i primi contatti tra Gorizia e Nova Gorica. Questa è la storia ripresa. Tuttavia non è possibile che tutto questo riparta così in un attimo. C’è un sac-co di gente che non è ancora mai andata in Slovenia e probabilmente non attraverse-rà mai la frontiera. Questa storia ripresa è la vocazione naturale di Gorizia, solo che non è facile. La città è diffidente, non ha metabolizzato e probabilmente alcuni non metabolizzeranno neanche, ma le cose stanno cambiando, solo ci vuole tempo. Per concludere le sottopongo un’altra critica.Guardando all’offerta culturale di Gorizia, sembra che manchi un ade-guata pubblicizzazione o se non altro un coordinamento tra gli eventi ospitati dalla città.Che cosa pensa al riguardo?Io dico sempre che Gorizia è la città dei cortili interni, e questo è un modo di essere, a Roma hanno le terrazze e noi abbiamo i giardini interni. La società quindi manca un po’ di sinergia. Ma faccio io una domanda a voi studenti. Voi, cosa sapete delle oppor-tunità che avete? Avete delle idee? Benissi-mo. Chiederò al mio assessore alla cultura di creare un gruppo di studenti delle due università che collaborino con noi, perché il problema non è tanto quanto noi sappiamo degli studenti, ma quanto loro sanno di noi. La vera opportunità è attivare le vostre teste.

Emmanuel Dalle Mulle

è per definizione punto d’incontro di vie e genti, nel momento in cui diventa confine? La mostra Arcipelago riconsegna alla piaz-za la sua valenza unificatrice e di scambio, le sue opere d’arte, sparse e diverse, sono come isole, appunto, di un arcipelago, se-parate dal mare di un confine di burocrazie e leggi ma unite dalla loro forma, la loro essenza artistica che supera senza difficol-tà ogni confine. Questa rassegna diventa anche occasione di numerose altre attività culturali, dalla performance alla poesia, prosa, teatro, film, animazione e concerti musicali. Le opere d’arte che sono pre-sentate quest’anno sono emblematiche del successo di questa iniziativa: in una anno il numero egli artisti è più che raddoppiato ed ora sono presenti nomi dalla Bosnia Erze-govina, Croazia, Germania, Italia, Olanda,

Serbia, Scozia e Slovenia. Nell’arco di due edizioni la rassegna si apre immediatamen-te al resto d’Europa dimostrando quanto è importante e sentito il tema del confine e della ricerca del suo superamento, oltre che ricordarci che questo è un confine europeo e rappresenta quelle barriere che dai Pirenei all’Egeo stiamo lentamente cercando di to-gliere. Le opere d’arte che saranno esposte saranno molto all’avanguardia, utilizzando mezzi spesso inusuali per comunicare al vi-sitatore e giungendo ad effetti più o meno apprezzabili a dipendere dei propri gusti ( ed alla bravura dell’artista); il mio con-siglio è quello di osservare queste opere, più che esclusivamente come singoli pez-zi, come un tutt’uno, un ”arcipelago” che unisce e poi magari prendere spunto per

riflessioni sul confine, per sconfinare con la mente. Sconfinare. Sì è proprio questa la cosa secondo noi più importante, il pensie-ro che deve dominare non solo l’osservato-re di questa mostra ma ognuno che vive e visita questa cittadina di “confine”. Siamo giunti, noi studenti, infatti a Gorizia con il sogno di andare oltre le barriere, di andare oltreconfine per l’abbattimento del confine stesso, per sconfinare. Appoggiamo quindi pienamente lo splendido lavoro che stanno facendo per questa mostra la PROLOGO di Gorizia e KREA e LIMB di Nova Goriza e ci auguriamo che quando ognuno di noi osserverà le varie opere d’arte ,butterà l’oc-chio dall’altra parte per vedere quello che vi si trova, focalizzandolo fino a far scom-parire il reticolato bianco dalla sua vista.

Cudicio Allan-Francesco

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Sconfi nare2006 Maggio 5Università

Habemus RectoremEcco il nuovo Magnifi co Francesco Peroni

Secondo le più rosee previsioni Francesco Peroni è stato eletto Magnifi co Rettore dell’Università di Trieste. È accaduto giovedì 15 giugno quando, al quarto scrutinio, il preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo giuliano ha ottenuto a suo favore 549 voti, mentre il suo rivale principale, Walter Gerbino (già pro-rettore e docente alla Facoltà di Psicologia), ne ha conseguiti 166. Va ricordato che gli elettori, tra docenti e rappresentanti degli studenti e del personale amministrativo, erano 1127 ma soltanto 744 aventi diritto si sono recati alle urne.La competizione elettorale si era già aperta ai primi di maggio, quando il professor Peroni accettò di candidarsi alla massima carica universitaria in seguito alle numerose richieste che gli erano state rivolte in tal senso da parte di colleghi docenti e di studenti di Giurisprudenza e non, e divenne man mano più intensa nei vari faccia a faccia tra Peroni ed il rettore uscente Domenico Romeo (ricandidato per il secondo mandato). Proprio in tali incontri è emersa la debolezza programmatica di Romeo e soprattutto la sua reticenza a parlare di temi signifi cativi come l’aumento delle tasse universitarie e soprattutto la riforma dello Statuto di Ateneo, problema che da tempo suscita aspre polemiche nella sede del Senato accademico. Al contrario Peroni si è dimostrato molto deciso nell’evidenziare le carenze sul piano amministrativo e fi nanziario registrate durante i tre anni di mandato dell’ormai ex rettore e non ha mancato di sottolineare che, una volta eletto, egli avrebbe dato maggiore sostegno alle strutture scientifi che e didattiche (dipartimenti e facoltà) e avrebbe

razionalizzato la macchina amministrativa così da renderla più effi ciente e più competitiva nei confronti degli altri atenei. La prima tornata elettorale si è dunque svolta il 31 maggio facendo registrare immediatamente un successo per Peroni, che con 451 voti contro i 258 di Romeo si mostrava il favorito. Il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta (il quorum era di 564 voti) richiesta per i primi tre turni non ha però consentito la sua elezione. Il copione è stato pressoché lo stesso per la seconda votazione (6 giugno) dove il Preside di Giurisprudenza ha aumentato di poco il suo consenso, ma il colpo di scena si è verifi cato il giorno successivo con l’annuncio da parte di Romeo del suo ritiro dalla competizione. Il posto del rettore uscente è stato quindi preso dal professor Gerbino, che al terzo turno elettorale dell’8 giugno si è piazzato al secondo posto con soli 62 voti a fronte dei 494 di Peroni.Il problema della nomina del nuovo rettore si è quindi sciolto giovedì 15 giugno con il ballottaggio tra i due candidati più votati, Peroni e Gerbino appunto, e la scontata elezione del primo che, appena conosciuti i risultati delle votazioni, non ha mancato di ringraziare in primo luogo gli studenti per averlo unanimemente appoggiato. E proprio con gli studenti il neo-rettore ha voluto festeggiare la vittoria. A suo giudizio è stato premiato il carattere istituzionale e non politico della sua candidatura come evidenziato dall’ampio consenso ricevuto da parte dei docenti, del personale tecnico-amministrativo e degli studenti.Diamo ora un breve sguardo alla vita professionale di Francesco Peroni. Nel 1961 nasce a Brescia ma la sua vita si

svolge quasi interamente a Pavia, dove nel 1985 si laurea a pieni voti e con lode in Giurisprudenza. Nel 1987 ottiene l’idoneità alla professione di avvocato e nel 1992 lascia Pavia per Trieste essendo diventato ricercatore presso la locale Università. Il 1996 lo vede designato dal Consiglio superiore della Magistratura magistrato esperto del Tribunale di sorveglianza del Distretto di Corte d’appello di Trieste. In tempi brevissimi Peroni diviene professore universitario di seconda fascia (1998), professore associato (sempre 1998), professore di prima fascia con cattedra di Procedura penale (2000) e quindi, nel 2004, professore ordinario. Dal 2003 è preside della Facoltà di Giurisprudenza, incarico che continuerà a ricoprire anche da rettore. È autore di un’ottantina di pubblicazioni, tra monografi e, articoli, voci enciclopediche e contributi a convegni. Con i suoi 45 anni è il più giovane rettore d’Italia, ma ricordiamo che inizierà il suo mandato soltanto a partire dal 1° novembre.Confi dando nella prestigiosa esperienza alle sue spalle, formuliamo i migliori auguri di buon lavoro a Francesco Peroni, neo-rettore dell’Università di Trieste.

Andrea Grisilla

Come ben sappiamo l’estate è arrivata, e con lei anche il caldo insopportabile che rende diffi cile lo studio anche agli studenti più diligenti. Ma proprio nella stagione meno propizia allo studio, esiste un modo diverso per apprendere. Stò ovviamente parlando delle Summer School, defi nibili anche come dei seminari di più giorni, all’interno dei quali gli studenti si confrontano, dibattono e partecipano alle lezioni in modo profondamente differente rispetto alla realtà universitaria italiana. Ed è proprio questa maggior interattività delle lezioni a rendere particolarmente piacevole lo studio durante la Summer School. Altro fi ore all’occhiello di questa esperienza è il fortissimo legame che si viene a formare tra i vari partecipanti; nella quasi totalità dei casi infatti i

Summer school un impegno di verso per l’estate.

seminari estivi sono aperti anche a studenti provenienti da atri paesi, e quindi ancor di più il confronto tra studenti diviene importante.

Ovviamente le diverse Summer School si differenziano profondamente per le tematiche trattate, ne esistono infatti per tutti

i gusti, da quelle specifi che per le discipline politiche a quelle trattanti tematiche economiche o sociologiche. Anche nella nostra piccola realtà universitaria, ogni estate viene organizzata dall’ I.S.I.G. (Istituto di Sociologia Internazionale) una Summer School trattante tematiche sociologiche di portata transfrontaliera o internazionale (per maggiori informazioni www.isig.it).Anche la Summer School come i campi di lavoro, od altre attività è un modo diverso di passare una parte del periodo estivo, nel quale si possono conoscere persone nuove, venire a contatto con esperienze differenti e perché no anche apprendere nuovi aspetti delle diverse materie.

Marco Brandolin

Appuntamenti universitari

TROPHEAUM ATHENORUM

GORITIAE

28 GIUGNO 2006 presso “Pacassi”

Pallavolo ore 14.00Calcio 16.00

Calcetto femminile 18.00

Alla sera premiazione e festa in “Bastione” 23.00

Partecipate numerosi!!!!

Aiutateci a ...Sconfi nare...

Ti è piaciuto questo numero? Se vuoi contribuire anche tu, con la tua azienda o con l’ente di cui fai parte non aspettare. Valu-teremo ogni proposta pubblica o privata. Manda un email a: sconfi [email protected]. Oppure chiama il num.: 3294742459

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Sconfi nare Maggio 20066Università

ERASMUS ERASMUS

Ormai siamo agli sgoccioli, tra 37 giorni il mio periodo Erasmus sarà fi nito, quindi devo approfi ttarne per fare tutto il possibile nel poco tempo che mi rimane…Facendo un bilancio. devo dire che l’esperienza è stata indubbiamente positiva, ho imparato a conoscere meglio una realtà, che seppur così vicina all’Italia, se ne differenzia.Prima di tutto, parliamo della gente: non è facile stringere dei rapporti con i cittadini austriaci e sono loro i primi ad ammetterlo; una spiegazione fornitami da un indigeno descrive tra le cause la diffi coltà che si ha nell’affrontare lo straniero con una lingua che non è la propria,ovvero il tedesco…eh, già, perché qui in Austria si parla austriaco con l’uso di parole spesso completamente diverse e molte espressioni tipiche;e così i classici Kartoffel e Tomate diventano Erdapfel e Paradeiser. E ce se ne rende conto già quando si arriva, la gente si rivolge a te lungo la strada e tu non capisci niente, nonostante 5 anni di tedesco e tanta buona volontà.Anche l’organizzazione universitaria

cambia: somma pagata per l’iscrizione e le tasse uguale per tutti indipendentemente dalla facoltà, numero aperto e 5-6 tipi diversi di corsi:dalla classica lezione frontale al seminario, passando per esercitazioni,

Vienna:una città da scoprire

proseminari e chi più ne ha più ne metta…con tanto di tamburellare con le nocche sul banco alla fi ne della lezione in segno di approvazione (?!?) . E dimenticatevi le lunghe fi le ad aspettare l’arrivo del prof per

Hanno contribuito a questo numero:

l’esame orale: ognuno sa a che ora si deve presentare perché si va per appuntamento. Tutto organizzato, dunque,forse troppo. Vienna appare nelle sue molteplici forme, con i suoi palazzi beige e bianchi e tanta storia da raccontare. Con la cultura dei teatri ogni giorno pieni e delle Cafehaus, ma anche con la vita notturna piena di sorprese. Con la sua rete di mezzi pubblici attiva sempre, vista la presenza di autobus notturni nel periodo non coperto dal servizio normale. Con i piatti unici delle osterie e la birra che costa meno del caffè. Con la “festa” nazionale il 26 ottobre, una parata militare priva di entusiasmo e grida ma con un chiaro NO alla guerra. Con le riunioni dell’ONU nei palazzi di vetro e cemento della cittadella e con il suo ruolo di “Centro dell’Europa” dopo l’allargamento a 10 nuovi Stati.Insomma,una città da vivere e da scoprire: mi sono trovata benissimo qui, merito anche delle persone che ho incontrato lungo il cammino e delle esperienze fatte….ma porca miseria, almeno al bidet e alle tapparelle potevano pensarci,o no? Aufwiedersehen!

Lisa Cuccato

Chiesa, da luogo di passaggio di merci e di genti dell’impero austro-ungarico è diventata luogo di passaggio di un confi ne innaturale, di una rete divisoria. E’ proprio l’immagine stilizzata del muretto con la rete, che vedete qui a lato, una delle opere più espressive presentate allo scorso festival d’arte contemporanea transfrontaliero. Per quest’anno la mostra, denominata Arcipelago 06’, prevede un raddoppio del numero d’artisti che esibiranno le proprie opere, dal valico San Gabriele a quello di Salcano,

dal 1 all’8 luglio. Per ammirarle certo, ma anche per ricordare a tutti che l’arte visiva è un modo di comunicare diretto, universale, che non conosce la parola confi ne. Del resto, quella della comunicazione, rappresenta una delle sfi de più ardite per l’UE, nonché il tema dibattuto lunedì 26 giugno nella Sala dei Musei del Borgo Castello dal direttore della rappresentanza in Italia della Comissione Europea Pier Virgilio Dastoli, assieme a Milos Budin sottosegretario alle politiche europee, e ad altri parlamentari invitati per

l’occasione dagli organizzatori dell’Università di Udine e dalla FERPI. In tutti la consapevolezza che, per andare oltre ai confi ni fi sici, non bisogna limitarsi a dei rapporti statuali ma valorizzare le questioni locali. Con le parole dell’assessore Marincic: “E’ necessario rivalutare il ruolo del cittadino e il suo essere cittadino europeo”. Lasciare spazio ad un’integrazione costruita dal basso, insomma, che ha come protagonista la società civile, tanto cara ai sociologi, o più semplicemente la gente comune.

Solo così il confi ne potrà un giorno scomparire. Non sarà una favol a lieto fi ne probabilmente, ma sarà una storia migliore, “una storia ripresa”.

Una storia ripresadi Davide Lessi e Marco Brandolin

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Page 7: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Sconfinare2006 Giugno 7Cultura Glocale

A circa cinquecento metri dal confine della Casa Rossa di Gorizia, proprio dietro al piccolo Casinò Fortuna, accanto ad un paio di case modeste, abbiamo scoperto un cimitero ebraico.Ci si arriva attraversando un prato non curato, costeggiando le due abitazioni: a dir la verità, noi esploratrici entriamo maldestramente nel cortiletto, facendoci immediatamente notare dal padrone di casa, il quale ci indica la strada giusta per l’entrata. “Girate dietro quella rimessa per gli attrezzi” ci urla in un italiano perfetto, che pochi nostri connazionali potrebbero ricambiargli con la stessa scioltezza in sloveno. Dunque, Giorgia ed io seguiamo le indicazioni senza invadere ulteriormente la proprietà privata, scoprendo finalmente l’ingresso: un cancello arrugginito, lasciato aperto, posto al di là di un ponticello che scavalca un ruscelletto, probabile affluente dell’Isonzo. La vicinanza ad un corso d’acqua è una delle peculiarità dei cimiteri ebraici, considerata importante come simbolo della vita che continua.All’entrata rimaniamo in silenzio per qualche minuto: non si tratta del tipico mutismo rispettoso che si assume di fronte agli ordinatissimi cimiteri italiani, simili a tristi archivi di morte affacciati su lindi vialetti di ghiaia, colorati da fiori di plastica e lumini. No, è un silenzio del tutto diverso: le lapidi escono infatti sconnesse dalla terra bagnata, pietrone grezze sul procinto di cadere, o già cadute, in un disordine commovente ed angosciante allo stesso tempo. Camminiamo con attenzione: sotto i nostri piedi, sotto quelle primule timide nell’erba ancora umida, c’è un’intera comunità. La prima tomba che ci fermiamo ad osservare ci dà la conferma dell’identità ebraica: simboli aramaici celebrano l’epitaffio di una giornalista, Luzzatti...la pioggia, il vento, i licheni hanno divorato quelle poche parole in italiano che forse ci avrebbero permesso di sapere di più su questa donna scomparsa quasi un secolo fa. La natura presto si porterà via ogni dato, ogni traccia, ogni accesso alla memoria delle persone seppellite sotto di noi. Ritroviamo con stupore su una serie di lapidi la stessa data di morte: 1910...uomini e donne ebrei tra i 20 e i 40 anni misteriosamente scomparsi, senza nessun riferimento, nessuna spiegazione. Ci sforziamo di ricondurre questa data a qualche avvenimento storico preciso, ma la ricerca è vana.Camminiamo ancora, troviamo gruppi famigliari consistenti, cognomi come Morpurgo, Michaelstaeder...Il paradosso più incredibile sta proprio al di là del piccolo muro che delimita il cimitero: la grossa insegna del casinò. Una sadica torretta gonfiabile di circa sette metri si eleva sopra le lapidi: è inquietante la scelta di piazzare la scritta “casinò” alla cima della torre, seguito da una freccia in verticale che indica”Fortuna” (il nome del locale), seguito da un’altra freccia verticale che pare proprio condurre lo sguardo a una lapide, più imponente delle altre, forse perché di un medico o di un personaggio dal ruolo importante...il gioco che porta alla morte?O macabra ironia?Ma più della discutibile scelta di costruire un casinò a pochi metri da un luogo del genere, mi colpisce l’incredibile abbandono in cui sono lasciate quelle pietre. Là dentro c’è un pezzo di storia, che io non comprendo, e che non mi è permesso conoscere, parrebbe...

Arianna Olivero,Giorgia Turin

degli eventi e sempre meno padrona del proprio futuro. Gorizia ed il suo territorio devono ritrovare un obbiettivo di sviluppo che comprenda anche tutto il territorio di Nova Gorica devono riuscire a ricreare quel microcosmo, quel fermento, quello sviluppo che per secoli ha contraddistinto questa zona. Ma il tempo è poco e soprattutto è sempre minore, non possono bastare più le conferenze i seminari,

accanto a questi devono nascere industrie reti stradali e ferroviarie poli universitari di visione e portata europei, o almeno transfrontalieri.Gorizia e Nova Gorica dovete scegliere perché il tempo è poco, solo così potrete avere un peso importante sia a livello nazionale che internazionale, e solo così la Piazza Transalpina potrà ritornare ad essere l’ombelico di quella nuova realtà europea che comprende le due città ed i loro territori, in un Europa finalmente unita.

Marco Brandolin

Due facce della stessa realtàCasinò e Cimitero

Nova GoricaI cent’anni di Piazza TransalpinaViaggio sui binari della storia

1906-2006

L’arrivo nel 1906 della ferrovia Transalpina nella città di Gorizia, fu il completamento di un lungo processo di ammodernamento della vie di comunicazione che collegavano tale città con il resto dell’Impero asburgico. Tale processo iniziò dapprima in maniera teorica con lo studio di C.v.Czoernig, il funzionario imperiale arrivato nella ”Principesca Contea di Gorizia e Gradisca” come allora si chiamava, commissionatogli dal governo imperiale per verificare quali potessero essere le possibilità di sviluppo di tale parte del Kustenland (Litorale) e si avviò concretamente con l’arrivo dei Ritter a Gorizia. I Ritter infatti, famiglia di industriali di origine tedesca trasferitisi dopo varie vicissitudini a Trieste, scelsero nel 1850 Gorizia come sede delle proprie attività. Questa scelta fu fondamentale per Gorizia in quanto per esportare i propri prodotti da Gorizia a Trieste e verso il resto dell’Impero, fecero pressione presso le autorità imperiali affinché la ferrovia “Meridionale”, costruita con i finanziamenti dei Rothschild, che doveva collegare Vienna con Trieste, passasse per Gorizia: cosa che puntualmente avvenne nel 1860. Tale scelta ebbe ripercussioni per la città anche dal punto di vista urbanistico; infatti per collegare il centro cittadino con la nuova ferrovia, si dovette costruire una nuova arteria che attualmente è il Corso Italia, cioè la principale via di Gorizia.Tale ferrovia però non bastava per il completamento dell’ammodernamento della vie di comunicazione.Infatti in

in cui si utilizza la stessa moneta (euro) gli anni in cui cominciano a rifiorire i progetti transfrontalieri, anche se con moltissime difficoltà. Ed ecco cosa può salvare questa città, che da fiorente polo economico e culturale si è via via trasformata in una città di servizi ed uffici in completa balia dello stato, la può salvare la via transfontaliera se fatta, e non solo detta. Al momento non è mio compito risolvere questi problemi ma sicuramente è giusto denunciarli ed urlarli ad una città sempre più in balia

9 Luglio 1906 veniva inaugurata la linea ferroviaria detta “TRANSALPINA” collegava Vienna a Trieste; unica stazione intermedia degna di nota Gorizia. Era il 1906 e da Gorizia passava la linea ferroviaria più importante dell’impero Austro Ungarico quella che connetteva la capitale Vienna al suo unico porto Trieste. In cent’anni come è cambiata la città e come per ironia del caso la piazza antistante la stazione ha vissuto questo periodo.Sono ormai lontani gli anni in cui la Piazza era il centro della vita economica di una città ricca, culturalmente viva, e giovane. Sono anche ormai lontani (per fortuna) gli anni in cui questa piccola piazza era il simbolo di una assurda spaccatura ideologico/politica in un territorio storicamente unico ed unito.Ma sono (sempre per fortuna) ritornati gli anni in cui ci si può confrontare senza problemi ideologici con il vicino, gli anni in cui dalle due parti del confine si parla la stessa lingua franca (l’inglese), gli anni

anche per una funzione militare, in quanto costituiva una via di comunicazione in grado di trasportare le proprie truppe con facilità sul confine di un paese straniero(l’Italia). Valore aggiunto che però fu calcolato male dalle autorità austriache, infatti proprio questa vicinanza con il confine la rese vulnerabile agli attacchi italiani durante il primo conflitto mondiale. Ciò non toglie che nel 1906, con l’arrivo della Transalpina, Gorizia attuò il completamento dello sviluppo delle vie di comunicazione: molte ditte commerciali spostarono la

loro sede in prossimità della nuova ferrovia (piazza Corno, l’attuale piazza de Amicis, e vie adiacenti) per poter agevolmente usarla per il trasporto delle proprie merci verso la Carinzia.Beffardamente tale apogeo dell’attività commerciale avvenne nel 1906, cioè solo otto anni prima del conflitto mondiale che comportò, in seguito al cambiamento dei confini, la recisione completa di Gorizia dai suoi mercati rendendo tali ferrovie di colpo inutili.Nonostante ciò la Transalpina, fino alla Seconda Guerra mondiale, continuò ad avere un ruolo per le ditte locali nello smercio dei propri prodotti verso la valle dell’Isonzo. Purtroppo anche questo residuo mercato venne a mancare, dopo l’ultimo conflitto mondiale, quando l’ennesimo cambiamento dei confini fece sì che addirittura la stessa ferrovia rimanesse separata dalla città per la quale era stata costruita.

seguito all’arrivo della linea ci fu uno sviluppo delle attività commerciali della città che non riguardavano solo le attività Ritter, ma pure quelle attività dei piccoli e medi commercianti che incominciarono a popolare la città (artigiani, ma soprattutto produttori di vino e alcolici che dal Collio venivano spediti in tutto l’Impero, povero di zone adatte per la coltivazione dell’uva). Per far fronte a tale sviluppo la classe dirigente locale capì che ci sarebbe stato bisogno di un’altra ferrovia che arrivasse direttamente in Carinzia (il principale sbocco dei prodotti della Contea di Gorizia).Tale ferrovia è l’attuale Transalpina che arrivò a Gorizia nel 1906 dopo una lunga gestazione causata anche da problemi tecnici, legati all’attraversamento di un territorio particolarmente impervio che fa di questa linea, però, una bellissima ferrovia panoramica. In realtà per le autorità austriache tale ferrovia non era importante solo per il commercio ma

La Piazza Transalpina prima del 2004

A cura di: Giangiacomo Dalla Chiesa

La targa in Piazza Transalpina dal 2004

L’ombelico del mondo?Come la piazza transalpina può essere il nuovo centro di una città finalmente europea

Page 8: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

E’ stato quasi per caso che mi sono ritrovata a lavare il pavimento di una cucina, con la mia migliore amica, in una mattina di sole di un paio d’anni fa, ascoltando i Belle and Sebastian. Mi aveva detto che erano forti e così me li ha fatti ascoltare, tra una chiacchiera e l’altra. E’ stato quasi un colpo di fulmine, credo. Una melodia così fresca, un po’ retrò ( ho pensato subito ai Beatles, a Simon & Garfunkel ma nello stesso tempo era tutta un’altra cosa), una voce timida dalla grazia disarmante. Come sentirsi catapultati in un mondo parallelo in cui i suoni e i colori rimbalzano mettendoti di buon umore, facendoti sentire incredibilmente leggero.Ma è meglio parlare di loro...I Belle and Sebastian sono un gruppo scozzese nato a Glasgow nel 1996 grazie ad un progetto di Stuart Murdoch che, dopo aver frequentato un corso di musica professionale all’università, pensò di mettere insieme una band composta da studenti del college per registrare un album. Tigermilk, il loro primo album, fu pubblicato in sole mille copie, ma il loro folk-pop un po’ retrò scatenò un passaparola generale che li fece diventare una band di culto. Così continuarono a partorire piccole meraviglie..L’album If you feeling sinister, è uno dei loro esperimenti migliori. Le note del primo pezzo iniziano a diffondersi e già vi sembra di essere nel piccolo mondo della ragazza di “The Stars Of Track And Field” che spende ore ad allenarsi per diventare la stella di atletica del college; poi il pianoforte di “Seeing Other People” vi guiderà verso un letto in cui osserverete divertiti una coppia annoiata, in cerca nuovi stimoli per evadere dal solito kissing just for practice. Ed ecco “Me And The Major”, il racconto ironico di un conflitto generazionale nato in uno scompartimento del treno, tra chi è cresciuto tra punks, hippies e droghe e una nuova generazione, forse più indifesa, ma in cerca di una propria identità. Poi arriva la favolosa “Like Dylan In The Movies”, in cui il Bob Dylan del film “Don’t look back” viene preso come modello di chi non scende a compromessi, ma subito si diffonde la melodia candida e delicata di “Fox In The Snow” e vi sembrerà di vederli, una volpe, un ragazzo e una ragazza, immobili nella neve, incapaci di prendere una decisione sulla loro vita. A conquistarvi però sarà il ritmo folk di “Get Me Away From Here, I’m Dying”, la più travolgente, e la sua storia di amori finiti con le lacrime invece che con le spade. Bambini che giocano in cortile, voci, rumori, il ritmo incalzante di una chitarra, un pianoforte e il racconto un po’ sarcastico di tre aspiranti suicidi che provano ad aggrapparsi ai consigli di un sacerdote, ma capiscono che le uniche risposte di cui hanno bisogno è meglio che le trovino in loro stessi: è “If You’re Feeling Sinister”. I Belle and Sebastian continuano a giocare con le sfumature emozionali, sempre stando al confine tra l’allegria e la spensieratezza di “Mayfly”, il mondo dei sogni di “Judy And The Dream Of Horses” e la malinconia di “The Boy Done Wrong Again”, in cui il protagonista dichiara “All I wanted was to sing the saddest songs/ if somebody sings along I will be happy now”.Copertina rossa, ragazza sognante con “Il processo di Kafka” sulle gambe e lo sguardo perso nel vuoto: già osservando l’album entrerete a contatto con la dolce malinconia, la profondità, ma al tempo stesso l’ingenuità disarmante di questi ragazzi che non vogliono crescere nel nostro mondo, ma preferiscono crearsene uno parallelo, più vicino alla loro sensibilità.

Agnese Ortolani

Bregović con lieto fine, in cui, finalmente, scompare il tragico epilogo. Una speranza che torna a fortificarsi, come quella che accompagna l’ex Jugoslavia verso il futuro.

Ius [email protected]

Sconfinare Giugno 20068Musica

Per i fan di Ligabue del Nordest è ar-rivato il “Giorno dei giorni”, quello in cui la musica del concerto dal vivo scorrerà loro “dentro le vene”. L’atmo-sfera dei concerti è sempre qualcosa di magico: è la completa commistio-ne delle anime della folla esaltata con quella del loro idolo, che si pone mol-to modestamente “tra palco e realtà”. Si percepisce la sensazione di festa già prima di varcare i cancelli: le au-toradio delle macchine passano tutta la rassegna di Ligabue, la tribù del roc-ker è pronta. Ma sono i primi accordi a sprigionare le emozioni della massa: ragazze che lodano la sua bellezza (d’altra parte: “le donne lo sanno”) e “urlando contro il cielo” si animano anche gli spiriti più tranquilli. Subi-to si scatena una danza collettiva, i 15.000 fan accompagnano per due ore e mezza l’emiliano senza sbagliare un accento sia delle canzoni più vecchie che di quelle di “Nome e Cognome”, autentico inno alle donne. La pioggia che arriva puntuale con le prime note non li intimorisce, né fa retrocedere dal magnifico palco La Banda, affiancata per parte del concerto dai ClanDesti-no (band con cui Ligabue ha esordi-to) e dal violino di Mauro Pagani. Le mani continuano a partorire applausi scroscianti e le corde vocali dimostra-no di non sapersi placare facilmente. L’unico rammarico che pervade i gio-vani è l’esagerata spesa per il bigliet-to, 40 euro che certamente valgono la serata ma comportano un notevole sacrificio a uno studente universitario. Così, “certe notti”, si va ai concerti di Ligabue, coscienti che l’uscita dai cancelli è solo un arrivederci: a pre-sto Liga, “ci vediamo da Mario, pri-ma o poi”... anzi, proprio QUESTA NOTTE ci sentiamo sulle autoradio delle macchine che ritornano a casa.

Giula Cragnolini

LA RECENSIONE23 Maggio 2006 ore 21

Stadio Fiuli Il giorno dei giorni del Nordest

Goran Bregovic, un nuovo ponte tra Ovest ed EstDalla Bosnia tutto il fascino della musica balcanica

Un piccolo villaggio ebraico fugge la follia hitleriana e affida le sue speranze a un treno che corre verso il fronte russo, un train de vie, accompagnandosi con danze dal sapore antico e accogliendo un popolo, i Rom, rimasto senza terra. Una artista fugge la follia di una guerra fratricida e affida la propria vita a una musica che, come un treno dei ricordi, profuma di Balcani e di speranza che fatica a sopravvivere. È sempre la stessa mente melodica dietro a queste immagini: Goran Bregović. Nato nel 1950 da madre serba e padre croato, cresciuto nella Sarajevo multietnica prebellica, Goran si è avvicinato alla musica attraverso il violino a cui però ha preferito la chitarra, la quale lo ha portato, appena quattordicenne, ad inserirsi in rock bands e a fondare poi, nel 1974, il gruppo che l’ha reso uno dei più famosi artisti slavi, i Bijelo Dugme (Bottone Bianco), scioltosi nel 1989. Forse può stupire questo suo passato, ma, come lui stesso dice, il rock “...era un modo per esprimere il malcontento senza finire in galera...”. Poi è venuto il turno dei films, fra cui quelli firmati Kusturica, suo concittadino,

come Il tempo dei gitani (1989), Arizona Dream (1993), Underground (Palma d’Oro al Festival di Cannes 1995), di cui ha composto le colonne sonore, un mix di temi zigani e slavi mescolati ai suoni caldi degli ottoni. Musiche particolari, lontane, che fanno venir voglia di ballare.Infine la svolta: la creazione, nel 1995, della Orchestra per i matrimoni e funerali, con la quale ha ripreso a suonare musica dal vivo. A causa dei problemi logistici derivati dalle dimensioni (120 musicisti sul palcoscenico!), l’orchestra è stata ridotta a 50 elementi, ma non ha certo perso il suo carattere: Goran, infatti, ha continuato a infiammare le folle durante i suoi concerti e ha persino organizzato, all’inizio del tour italiano del 2000, un “Grande matrimonio a Palermo”, per la festa di S. Rosalia del 14 luglio, in cui ha riunito musicisti provenienti da Belgrado, Sofia, Budapest e Istanbul. Perché l’essenziale sta nell’originalità!E proprio all’insegna dell’originalità, Goran ha deciso di occuparsi anche di teatro e lirica, scrivendo, ad esempio, una nuova versione della Carmen presentata nell’aprile 2004 a Trieste: La Karmen di Goran

PINK MOON Nick Drake

...fuori dal coro...BELLE & SEBASTIAN:

If you feeling sinister

La copertina del disco

“Ci sono artisti silenziosi che entrano

nella vostra vita in punta di piedi perchè vogliono farvi scegliere se volete o meno ospitarli nel vostro

mondo ”

che mi raggiungono sono nient’altro che ninnananne. Melodie intimiste, sussurrate in una voce morbida e accogliente, come quella di una madre al bambino. Una voce che ti ci vorresti nascondere, affondandoci dentro, sperando sia possibile non riemergerne più. Nick Drake non fa altro che aprire il suo cuore. Non fa altro che darlo a noi. Per liberarsi del suo giogo. Ed è un balsamo lasciare che il suo dolore si confonda con quello che mette

radici quando il giorno finisce scoprendoci soli, lasciare che il suo dolore risani. Nel buio ascolto Pink Moon, ed è come se davvero Nick avesse voluto accompagnarci nella notte in questo modo. Blandendo la tristezza e la malinconia, rimanendoci accanto. Carezzando le note che ti si conficcano nel petto. A tratti pare stia piangendo, mentre canta, quasi come si sforzasse

per continuare a farlo. In tutto sono undici brani, che mantengono un’altezza e un tono omogenei. Perché, citando Aldo Palazzeschi, non ha che un colore la tavolozza della sua anima. Rimangono impresse fin dal primo ascolto ‘Pink Moon’, ‘Place To Be’, ‘Road’, ‘Things Behind the Sun’. Ma ogni momento di questo lavoro è una gemma che brilla di luce propria. Drake era un cantautore. Non era però un Dylan, uno Springsteen, o un Cohen. Né era, pensando a casa nostra, un De André. De André è stato un poeta, un menestrello. Attento a ciò che lo circondava, agli altri. Con un proprio posto da occupare. Nick Drake ha parlato di sé. Era solo un uomo, dopotutto, lasciato con i suoi pochi stracci, lasciato con la sua debolezza, la sua solitudine. E con la sua chitarra.

Rodolfo Toè [email protected]

Ognuno ha conosciuto notti insonni. Gli occhi aperti a intagliare la loro stanchezza nel buio. L’unico suono quello nervoso del fiato. Del cuore. Ho trascorso molte notti insonni, e durante quelle notti mi piaceva ascoltare Pink Moon. Anche Nick Drake era solito giacere vegliando, inquieto nell’attesa dell’alba; e per non essere costretto a specchiarsi nel vuoto della sua anima aveva riposto negli antidepressivi la propria speranza. Grazie ad essi non soffriva, trascinandosi insensibile fino al risveglio. La musica che si scopre in Pink Moon è fragile, impalpabile, eppure incredibilmente intensa. E suona insicura, come se da un momento all’altro potesse inciampare su se stessa e ripiegare, svanire; fuggire in preda alla vergogna. Sono la purezza e la semplicità che vi si scoprono ad impreziosire quest’opera: un disco interamente acustico, di sole chitarra e voce. Nick Drake lo scrisse in riva al mare nell’estate del 1971, mentre cercava di fuggire dal fantasma della propria depressione. E lo registrò in ottobre, in sole due serate. Nulla venne modificato. Fu l’ultimo disco che incise, prima di morire suicida, tre anni dopo, per un’overdose degli stessi medicinali cui era abituato, e che alla fine seppero mantenere ogni loro promessa. Chiuse la porta alle sue spalle dormendo, con i propri sogni ed amori non ricambiati. Abbandonando il palcoscenico improvvisamente, come spesso aveva fatto nei suoi pochi concerti, non riuscendo a sostenere il peso dell’impatto con il pubblico. Con la vita. Nel buio ascolto Pink Moon. E’ sempre buio, quando l’ascolto, ed il sole sembra non sorgere mai. Tengo gli occhi chiusi e quelle

“E’ molto romantico pensare che noi artisti possiamo cambiare le cose. Purtroppo, però, la storia della Jugoslavia la fanno i soldati, non i musicisti”

Page 9: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Un filosofo, un pensiero,una vita...

Sconfinare2006 Maggio 9Scripta manent

Gorizia, 1910, 17 ottobre, con un colpo di rivoltella un giovane ragazzo di origine ebrea si toglie la vita, solo a casa sua. Nessun messaggio, nessun evento particolarmente traumatico da poter spiegare questa prematura morte.Era Carlo Michelstaedter, giovanissimo, nato nel 1887, ed aveva appena concluso la sua tesi di laurea. Il suo requiem. Chi l’avesse conosciuto si sarebbe trovato d’innanzi ad una ragazzo sia intellettualmente che fisicamente sano e vitale, studente tra la città d’origine, Gorizia, e Firenze.Nella sua breve vita, Carlo Michelstaedter ci ha lasciato poesie, dipinti, disegni e scritti; poliedrico nella sua espressione artistica, tanto da non essere immediatamente classificabile, è però sicuramente brillato maggiormente nella stesura del suo ultimo scritto. La sua tesi di laurea: La Persuasione e la Rettorica.Non sono moltissime le pagine ma sono dense di contenuti, v’è rappresentata la sua visione del mondo con tutto ciò che la ha influenzata. È importante dire, innanzitutto, che questo ragazzo, come Svevo a Trieste, fa parte di quel mondo che si potrebbe dire (seppur la parola è ultimamente abusata) “mitteleuropeo”: da un lato influenze germaniche e nordeuropee, dall’altro la forte influenza italiana.In effetti, quando parla di Dio, come può non venire in mente la “morte di Dio” di Nietsche? Oppure Leopardi, quando traspare la sua malinconica disillusione? Va poi aggiunta la rilevanza che hanno avuto nella sua formazione i filosofi della classicità, ben visibile nelle numerose citazioni e riflessioni che impregnano interamente la sua opera.Ma arriviamo al dunque: cosa intende dire Michelstaedter quando parla di “persuasione” e di “rettorica”? C’è qualche legame tra questo scritto e l’immediatamente successiva morte?La persuasione “falsa” è quella che ci nasconde che anche la felicità ed i bei momenti della vita, nascono in realtà dal dolore, che ogni cosa è dolore, che in ogni momento c’è una

Narrativa italianaCamilleri La vampa d’agosto SellerioMoccia Ho voglia di te FeltrinelliMoccia Tre metri sopra il cielo Feltrinelli-Casati Modigliani Rosso corallo MondadoriVolo Un posto nel mondo MondadoriSaviano Gomorra Mondadori-Sgorlon Il velo di Maya Mondadori AA.VV. Deandreide Bur Magris L’infinito viaggiare Mondadori Montaldi Il monaco inglese Rizzoli

Narrativa stranieraNémirovsky David Golder Adelphi Brown Il Codice Da Vinci MondadoriHosseini Il cacciatore di aquiloni S&K Deaver La luna fredda MondadoriCoelho Sono come il fiume che scorre BompianiGeorge Nessun testimone Longanesi Dunne L’amore o quasi GuandaEssex I cigni di Leonardo BompianiDomingue La grazia dell’aria sottile SonzognoSimenon Cargo Adelphi

Grillo Tutto il Grillo che conta FeltrinellAllam La fine è il mio inizio Mondadori-Rampini L’impero di Cindia Mondadori Terzani La fine è il mio inizio LonganesiBianchi La differenza cristiana Einaudi

Saggistica

I libri più letti a gorizia

voce che ci sussurra all’orecchio che non siamo nulla che “non c’è alcun dio, dio muore con te” e che questa paura c’è fin dalla culla dove sei nato.La vita, mi verrebbe da dire, sembra quasi un negativo fotografico della morte, dove le due cose coincidono e l’una è semplicemente l’altra faccia dell’altra.Secondo Michaelstaedter, dunque, va aborrita la “rettorica”, che vede incarnate nei pensieri di Platone, Aristotele ed Hegel, i quali, come dice D. Fusaro, vogliono scavalcare fittiziamente la nostra “deficienza ontologica” con illusori sistemi.È retto invece l’uomo “persuaso” che ha abbandonato la “filopsichia” e la rettorica, che attraverso una persuasione “illusoria” danno soltanto un’ansia di vivere proiettati verso un qualcosa di esterno che dia un senso alla vita.L’uomo “persuaso” ha quindi la certezza di non averne alcuna, se non la morte, e vive la vita con una sua pienezza, senza tormentose ricerche, ma soddisfatto nella sua disillusione senza distinguere troppo tra vita e morte, tra nulla ed esistenza.Carlo Michaelstaedter, secondo me, rappresenta completamente questo ideale di uomo e quindi me lo immagino, in modo che azzarderei “romantico-esistenzialista”, prendere in mano la sua rivoltella, fissare il soffitto bianco in silenzio, con espressione neutra, soddisfatto della sua indifferenza, senza rimorsi premere il grilletto.

Allan-Francesco Cudicio

“Carlo, o Carlo, ma ti ri-cordi quando...?” Ha uti-lizzato il tempo presente, il discorso diretto e la sen-sibilità di un affetto fem-minile Paolo Magris per portare sul palcoscenico l’attualità rivelatrice di Carlo Michelstaedter. E’ un dialogo in assolo, o un monologo a due, che dir si voglia, il testo teatrale “Come fosse l’ultimo”, scritto da Paolo Magris, figlio di Claudio, con l’at-tore Marcello Crea e por-tato in scena al Kulturni-dom di Gorizia lo scorso 20 aprile. L’interlocutore della figura femminile protagonista–Un’amica? Una fidanzata? Una sorel-la? In ogni caso interprete di un difficile ed espres-

sivo ruolo- non è Michelstaedter, genio filo-sofo morto suicida a 23 anni e ancora troppo poco conosciuto e apprezzato, ma è Carlo, ragazzo incompreso a cui molti volevano bene, ma a cui di godersi quel mondo in cui si trovava costretto a vivere, proprio non gli riusciva. Quando sul palco sono in due, que-sta “lei” familiare e Carlo, il dialogo è acceso e stimolante, a volte velatamente sarcastico quando lei distrugge le riflessioni di lui sul-l’esistenza, trasportandole sul piano profano della quotidianità. Quando invece lei è sola, la luce è offuscata, e a parlare sono i rimpian-ti e rimorsi di una famiglia che non ha capito suo figlio, di una società che non lo ha ascol-tato, di un mondo che non è stato capace di ospitarlo. Ma questa incomprensione è vera-mente a senso unico? E’ stato veramente Car-lo a non essere accettato, aiutato, sostenuto? In quel “Perché, Carlo, perché?” si nasconde anche la rabbia verso questo ragazzo che ha ceduto troppo presto, che non ha lottato, e che se ne è andato egoisticamente, non solo togliendo la vita a se stesso, ma facendo del male anche agli altri. Non può essere, quindi, un dialogo a raccontare il mondo di Carlo, proprio perché Carlo non è mai riuscito a dia-logare con il mondo, né ad entrarci fino in fondo e a viverlo, ma lo ha sempre criticato dall’esterno, ne ha giudicato i vizi senza usci-re dal proprio io, ed è stato proprio quell’io che, alla fine, l’ha guadagnato a sé. Il prota-gonista di questa breve opera teatrale non è Carlo Michelstaedter, ma è tutto quel roteare di affettività e familiarità cui ora non rimane altro che il rimpianto per non essere riuscito a far vivere al suo Carlo ogni giorno intensa-mente, fino in fondo, “Come fosse l’ultimo”.

Sara Pittonet GaiarinFonte:

Libreria Antonini

“Come fosse l’ultimo”

Carlo Michelstaedter (1887-1910)

Martin Page, scrittore francese, autore del libro cult “Come sono diventato stupido” propone un romanzo comico, surreale, e follemente tragico. La storia di un venticin-quenne, la cui identità rimane sconosciuta, nascosto in un grottesco quasi diabolico ano-nimato che descrive la sua “perfetta giorna-ta soleggiata”. Una giornata accompagnata dalla minuziosa narrazione della volontà di togliersi la vita. In qualsiasi modo, in qual-siasi momento. Appena svegli, non in grado di superare l’inarrestabile routine della vita quotidiana; per strada, spazzati dal distacco e dalla frenesia della gente; in ufficio, tra la fredda indifferenza dei colleghi. Il lento vivere di un uomo ormai apatico al mon-do, che condivide la propria vita solamente con uno squalo dentro al proprio corpo, con l’illusione di essere accompagnato da una band messi-cana e con la lettura delle magni-fiche poesie di Emily D i k i n s o n . Un uomo che guarda con amara ironia l’abulico scorrere dell’esistenza. Il perso-naggio imperfetto scappa dal mondo, in-venta la propria personalità, si isola da ogni tipo di contatto umano. Amicizie svanite, sogni sfumati, progetti falliti. Tutto que-sto è parte inscindibile della sua esisten-za. “Ho avuto successo nella vita perché non sono riuscito a vivere”. La mancanza di comunicazione, il senso di noia e de-pressione, la violenta competizione con l’altro da sé. Queste le principali accuse dell’autore alla società. Ogni singola fra-se della narrazione è guidata da un’ironia sottile, a tratti impercettibile, che porta il lettore ad amare e allo stesso tempo non comprendere il tragicomico personaggio. Una denuncia al “magnifico orrore” della nostra sussistenza progressivamente se-gnata da un’ineluttabile omologazione. E chissà se attorno a noi, tra le solide con-vinzioni del nostro quieto vivere non si na-sconda un uomo così terribilmente solo...

Nicoletta Favaretto

Al Kulturnidom: Carlo visto da

Paolo Magris

Martin Page“Una perfetta giornata

perfetta”

“Prima l’aria serviva a respirare, il cibo a

nutrirsi, le armi ad ucci-dere. Oggi le armi sono

diluite in un’aria e in un cibo che avvelenano”

Ha contribuito a questo numero:

Page 10: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Sconfinare Giugno 2006 10Cinema

Serve un codice? FILMESE

Quando Dan Brown non è solo in libreriaUscita la versione grande schermo del Codice da Vinci, la redazione di Sconfinare non poteva certo sottrarsi alla “trappola Dan Brown”. Ron Howard, già conosciuto per aver firmato pellicole come “Apollo 13” e “Cinderella Man”, questa volta si è lanciato nella trasposizione cinematografica del romanzo più venduto del momento. Un misterioso omicidio al Louvre, una setta segreta (il Priorato di Sion), e una caccia al tesoro tra i simboli e i misteri della pittura di Leonardo sono gli ingredienti di 149 minuti di azione e fine logica. Tom Hanks nei panni Robert Langdon, brillante storico dei simboli, assieme alla poliziotta Sophie Neveu (interpretata da Audrey Tautou) si ritrova invischiato in un mistero custodito da secoli che li metterà sulle

Il codice da Vinci

Si è svolta dal 17 al 28 maggio la 59° edizione del prestigioso festival francese, che ormai ha poco o nulla da invidiare agli Oscar in fatto di glamour, ed è anzi denotato da una certa eleganza rispetto alle pacchiane cerimonie hollywoodiane. D’altra parte, dai cugini d’oltralpe non ci si può aspettare nulla di meno. La giuria, multinazionale, è stata presieduta dal grande regista cinese Wong Kar-Wai, con, fra gli altri, Helena Bonham Carter, Samuel Jackson, Zhang Ziyi e Monica Bellucci.Fuori concorso, ad aprire la manifestazione è stato l’attesissimo e tanto discusso “Codice da Vinci”, ma l’esordio è stato deludente: un minuto scarso di applausi e qualche risata hanno seguito la prima proiezione. Molte, in compenso, le pellicole, che hanno riscosso grande successo tra il pubblico del Palais du Cinéma:in particolare, applausi e standing ovation per Kim Rossi Stuart, al suo esordio come regista con “Anche libero va bene”, e per “Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio. Consensi anche per “Il caimano” di Nanni Moretti, dato per favorito ma poi rimasto a mani vuote al momento della consegna dei premi. Stessa sorte per Pedro Almodóvar, in gara con “Volver”, a cui è sfuggita anche questa volta la Palma d’oro: si è però consolato con il premio per la miglior sceneggiatura, e con l’assegnazione del premio per la miglior attrice all’intero cast femminile del suo film (“capitanato” da Penélope Cruz). Premio collettivo pure per gli interpreti maschili di “Indigènes” (di Rachid Bouchareb); la Palma d’oro è invece andata all’unanimità a Ken Loach e al suo “The wind that shakes the barley”, film sulla guerra d’indipendenza irlandese del 1916-1921. Tra i rimanenti premi, l’hanno fatta da padrona i film che hanno affrontato il tema della guerra: “Flandres” di Bruno Dumont (Gran Premio della Giuria), “Babel” di Alejandro González Iñárritu (miglior regia). Sconvolti quindi tutti i pronostici, ma anche quest’anno sulla Croisette non sono mancate le forti emozioni.

Federico Permutti

FESTIVAL DI CANNES 2006Sorprese e delusioni

alla kermesse francese del cinema

La riduzione cinematografica del best seller di Dan Brown, com’era prevedibile, ha suscitato molte discussioni e polemiche per il suo contenuto giudicato da alcuni “blasfemo”, mentre i critici cinematografici l’hanno stroncata con l’accusa di essere il solito, pacchiano “polpettone” à la Hollywood. Ma è meglio lasciar da parte le dispute teologiche e come pure certe inesattezze storiche di Brown, per concentrarsi su quello che è veramente il “Codice da Vinci”: una bella storia d’azione e di fantasia, su un argomento tutto sommato insolito nel mondo del cinema. La vicenda si apre con Jacques Saunière (Jean-Pierre Marielle), custode del Louvre, che viene inseguito e assassinato da un sinistro monaco albino (Paul Bettany) al servizio dell’Opus Dei, organizzazione disposta a tutto pur di impossessarsi del segreto che fa da filo conduttore del film; il tutto è intervallato dalle scene dove viene introdotto il personaggio di Robert Langdon (un sottile Tom Hanks), professore di simbologia religiosa a Harvard. Ciò che segue è un avvincente thriller, ricco di colpi di scena per chi non conosce il libro, e comunque piacevole per chi sa già come va a finire. Il regista Ron Howard riesce a intrecciare molto bene le diverse storie di inseguimenti tra Londra e Parigi, con anche degli efficaci momenti di “spiegazione” e flashback storici a completare la frenetica ricerca del “Santo Graal”. Azzeccatissimo Jean Reno nella parte del poliziotto francese Bezu Fache, bella e brava Audrey Tatou nei panni della crittologa Sophie

tracce del Sacro Graal. E se, nonostante la loro innocenza, avessero anche alle calcagna il più tenace mastino di Parigi, Captain Fache interpretato (Jean Reno)? E se dovessero chiedere aiuto a Sir Leigh Teabing, esperto di storia del Priorato? Nella loro perenne fuga i nostri protagonisti non avranno un secondo di respiro e il numero di rompicapo che “Sherlock Hanks” si troverà a risolvere potrà addirittura disorientarvi. Il tocco di Howard è inoltre evidente negli espedienti cinematografici usati per visualizzare le deduzioni del protagonista. Comunque, a parte il senso di dejà vu che proverete di fronte a anagrammi e lettere illuminate (sempre che abbiate visto “A Beautiful Mind”), azione e suspance sono ben calibrate e il film non risulta affatto noioso.

Francesca Fuoli

Neveu, e immenso come sempre Ian McKellen nel ruolo dell’ambiguo studioso inglese Sir Leigh Teabing.

Federico Permutti

Voto: 8-Nazione: USACast: Tom Hanks

Audrey Tatou Jean Reno

Durata: 149’

Come tutti sappiamo nulla è perfetto. E per i perfezionisti del cinema, la redazione cinema è andata scovare i piccoli e immancabili errori che vengono commessi nel girare anche le mi-gliori pellicole. Aguzzate la vista per vedere se riuscite a scovare altri dettagli che sono sfug-giti ai migliori professionisti di Hollywood!1- Quando Teabing punta la pistola a Sophie per costringerla ad aprire il cryptex, c’è un primo piano su Langdon che dice “un momento”con le mani alzate. Nella sequen-za successiva, che riprende Teabing e Lan-gdon, le mani di quest’ultimo sono abbassate.2- Nella scena finale in cui Langdon è sulla pi-ramide capovolta del Louvre, si vedono il ca-mera man e il suo assistente riflessi nei vetri.3- Quando Langdon e Sophie sono in-ginocchiati a tiro di pistola, la posi-zione del cryptex per terra cambia.4- A casa di Sir Leigh Teabing, la mattina, il momento della giornata continua a cam-biare (notare il cielo e il sorgere del sole)5- Alessandro Pope non fece mai nulla per il fune-rale di Newton, solo scrisse su di lui una poesia.6- Mentre Silas parla in latino al telefono, chiama “Parigi” come “Parisi”. Peccato che il nome latino della città sia “Lutetia” e i “Parisi” i suoi abitanti!7- Quando Sophie posa il suo piede sull’acque, le sue scarpe sono già macchiate di un’alga verde.8- Mentre sta scoprendo la cripta della Maddalena, Langdon sposta un tappeto. Ovviamente il pavi-mento sotto il tappeto è abbastanza pulito ma nel-la scena successiva è pieno di sporco e di polvere.

Francesco Gallio

Ooops!

FESTIVAL DI CANNES 2006Volver

Vince Penelope, vincono le donne...

Volver è il ritorno di Pedro Almodovar a La Mancha, dove è cresciuto. È il ritorno alle sue donne: quelle che hanno fatto la sua storia, sia dal punto di vista artistico (le attrici del film), sia quelle della sua infanzia (la madre e le altre donne della sua famiglia).Il film è un intreccio di generazioni, di madri e di figlie, di mezzi intrighi in cui tutto ruota attorno alla presenza incombente della madre che muore e poi ricompare per risolvere e chiarire ciò che il passato ha lasciato in sospeso.L’universo maschile sembra non essere nemmeno considerato, perché questa è la visione almodovariana del mondo: le eroine della quotidianità sono le donne.In Volver vediamo un Almodovar che ritorna alle sue origini più intime, che ci fa partecipi della sua storia; è il film che ha sempre voluto dirigere, forse per fare pace con se stesso. Esteriormente è come tutti i suoi lavori: colorato, chiassoso, spregiudicato, ma non aggiunge quella nota di clamore che solitamente lo ha contraddistinto. La trama non è di certo piatta e incolore ma sembra mancare di quell’accento particolare. La storia non decolla esattamente come dovrebbe: si è sempre pronti ad attendersi qualcosa di speciale che non arriva e alla fine del film si rimane con un lieve senso di delusione.

Francesca Fuoli

Voto: 8 (ma solo perché “La mala educa-tión merita 10” )Anno: 2006Nazione: SpagnaDurata: 120’Sceneggiatura: Pedro AlmodovarFotografia: José Luis AlcaineMusiche: Alberto IglesiasMontaggio: José SalcedoCast: Penélope Cruz Carmen Maura Lola Dueñas Blanca Portillo Yohana Cobo

Page 11: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Quando mio padre mi propose di partire con lui per Santiago de Compostela fui subito entusiasta, anche se pensavo che sarebberimasto un sogno nel cassetto dato che non facevamo un viaggio insieme dalla lontana estate 2003. Invece non è stato così, e il 24aprile siamo partiti per Madrid in aereo da Venezia pronti per l’avventura.Beh, dopo aver dormito per l’ultima notte in un letto con lenzuola, la mattina del 25 aprile abbiamo iniziato il nostro percorso a 160KM da Santiago. Giustamente, per cominciare, abbiamo pensato bene di fare una tappa di “soli” 27 km, arrivando alla meta con legambe e la schiena a pezzi, il collo bruciato dal sole e con tanta voglia di lavarci e fare una bella dormita. Il mattino seguente siamopartiti di buon mattino anche se le gambe facevano fatica ad avanzare, abbiamo camminato immersi in un paesaggio veramentemeraviglioso, quasi magico: il Cammino infatti si snoda parallelamente alla strada asfaltata e attraversa dei borghi di 2-3 case, spessofattorie, che sembravano uscite da altre epoche; inoltre molti tratti hanno una forte pendenza e la fatica ti impedisce di parlare, maallo stesso tempo aumenta la tua capacità di pensare, di concentrarti su te stesso, sui tuoi sentimenti e sui tuoi rapporti con gli altri, inuna maniera che, almeno personalmente, non avevo mai provato prima. Credo che questo sia stato uno degli insegnamenti di questopercorso: la possibilità di fermarsi, i non dover far altro che camminare e pensare, riflettere sulle cose importanti, ma chenormalmente sono sovrastate da scadenze superflue.L’altro grande regalo che mi ha fatto il

Sconfinare2006 Giugno 11Stile libero in viaggio

Treno Venezia S. Lucia – Trieste Centrale. Destinazione Gorizia. Il tempo sembra essersi fermato. Guardo fuori dal finestrino e mi perdo col pensiero... appena tornati da un lungo viaggio si rimane sempre un po’ assopiti, passano davanti agli occhi mille immagini che la mente tenta inutilmente di afferrare, i ricordi sono aggrovigliati. Piano, piano quasi cullati dal lento scorrere del tempo si riprende il filo c o n d u t t o r e di un entusiasmante viaggio in C o l o m b i a .La pellicola è finita, riavvolta, pronta per essere proiettata a chi aspetta con ansia di sapere com’è andata. Un giorno arriva improvvisamente la proposta: viaggio in Colombia. Senza sapere come, dove, quando e perché; accompagnata da un entusiasmo irrefrenabile, accetto. Nei giorni successivi sarà tutto più chiaro. Si chiama Programma Gioventù. Programma della Commissione Europea (2000 – 2006) relativo all’educazione informale dei giovani nell’ambito europeo. Un incentivo alla partecipazione attiva e alla cooperazione tra i giovani. Il progetto consta di 5 azioni: la Gioventù con l’Europa, il Servizio Volontario Europeo, Iniziative Giovanili, Azioni Congiunte e Mezzi di Appoggio.Quella a cui avrei partecipato, la prima, prevede uno scambio multilaterale finanziato per il 70% dall’Unione

europea tra gli Stati membri e paesi terzi a cui possono partecipare giovani dai 15 ai 25 anni. Finalità dello scambio sono lo sviluppo di una conoscenza e comprensione migliore della diversità culturale, l’incremento dell’uguaglianza di opportunità e l’approfondimento di problematiche legate al mondo giovanile.

Il mio scambio dal titolo “ D i v e r s i d a d cultural en la g loba l i s ac ión juvenil” si sarebbe svolto a Baranquilla a Nord della C o l o m b i a assieme a

spagnoli, greci, salvadoregni e colombiani appunto. Conoscenza della lingua: zero. Voglia di conoscere un mondo totalmente diverso dal mio: molta.Dieci giorni accompagnati dal colore giallo. Questo è il colore che predomina. La gente è solare. La gente è comunicativa. La gente balla. Tutta la giornata è accompagnata dal ritmo giallo della musica, dal movimento inarrestabile del corpo. Si balla nei bar, si balla a casa, si balla per strada e ballando con loro faccio il mio primo incontro con la Colombia. Grazie a conferenze, incontri formali con il gruppo dirigente della regione ma soprattutto attraverso le mille chiacchierate con gli amici colombiani e i due indigeni che partecipavano allo scambio con noi, ho imparato a conoscere questo Paese. Una terra che ospita mille culture, oltre ai colombiani

Il Cammino di Santiago de CompostelaEsperienza fisica, spirituale, sentimentale

vi sono 90 comunità di gruppi indigeni, una terra della mitologia kogui, fortemente influenzata dallo spirito europeo, terra di conquiste, della globalizzazione, della contraddizione. Il binomio capitalismo - povertà regna indisturbato nel Paese e il suo apparato burocratico amministra il territorio attraverso la corruzione, lo sfruttamento minorile, la guerriglia che ha perso ormai tutta la sua connotazione politica e segue anch’essa le curve di domanda e offerta nel mercato del narcotraffico. Di tutto questo si parla in uno scambio, dei problemi che affliggono i giovani. Ci si rende conto di quanto sia importante integrarsi in un gruppo, e di quanto si possa imparare vivendo con persone che affrontano realtà diverse dalla propria. In un clima di condivisione si viene a far parte di un’unica trama. Il progetto coglie tutte le esigenze, le aspettative del mondo giovanile e alla fine gli obiettivi dello scambio sono perfettamente raggiunti...La Colombia si impegna però a nascondere quello che è il vero problema a chi arriva e visita il Paese, parlarne si, ma non troppo. E se proprio questa è l’immagine che si vuole dare allo straniero, il mosaico non ha mai i suoi tasselli al proprio posto. Ce n’è sempre uno nero che spicca tra tutti gli altri. Una vecchia donna che rovista tra i rifiuti per cercare del cibo rimasto da un pranzo al sacco. Quel tassello così importante vale più di qualsiasi discorso. Il suo colore nero è pronto a testimoniare che oltre il bene vi è anche il male. Entrambi esistono all’interno e all’esterno di ogni individuo come gli Aruahki ci hanno saggiamente ricordato.

Nicoletta Favaretto

Cammino è stata la possibilità di passare ben 12 giorni con mio padre, sempre insieme,poterci raccontare molte cose, e per conoscersi meglio: abbiamo parlato molto anche di argomenti più intimi, dei nostri sentimenti,scoprendo un suo lato meraviglioso ma a me fino a quel momento sconosciuto.A partire dal quarto giorno i dolori si sono calmati sensibilmente e quindi il percorso si è fatto, per così dire più, semplice. In questomodo ci siamo goduti di più ciò che ci circondava e che si poteva attraversare solo a

piedi, abbiamo compreso il valore del tempo edella possibilità di muoversi senza difficoltà.Siamo riusciti a conoscere diverse persone, perchè bene o male, i chilometri che si percorrono in un giorno sono 25 e i luoghi dovefermarsi a dormire sono talmente pochi che hai difficoltà a non incontrarti: è così che abbiamo conosciuto alcune persone con cui lasera ci si ritrovava in albergue, distrutti ma felici,e ci si raccontavano gli aneddoti della giornata, sul coloro che erano oramaidiventate le macchiette del cammino.L’ultima sera ci siamo fermati, dopo aver camminato quasi ininterrottamente per 10 ore, nel mega complesso che hanno costruito alleporte di Santiago: eravamo proprio distrutti ma abbiamo passato la serata più piacevole

dell’intero cammino, cenando con tre dellepersone con cui avevamo legato durante il viaggio,parlando, senza far caso alla differenza di età e ai problemi di comprensionedovuti al fatto di parlare lingue differenti.Il mattino seguente, siamo partiti tutti alla volta della cattedrale di Santiago: per fortuna era il Primo maggio e la città dormiva ancoraquando siamo l’abbiamo attraversata. Quando siamo arrivati davanti alla chiesa tutti ci siamo commossi. Non so se fosse dovutoall’aspetto religioso della nostra

impresa, o alla soddisfazione di avercela fatta da soli con le nostre gambe e le nostre spalle, ma lelacrime di gioia venivano dal cuore e non ero in grado di fermarle. Poi siamo andati farci consegnare la Compostela, il certificatoche avevamo raggiunto Santiago e, dopo al esserci riposati, siamo andati alla messa di mezzogiorno, durante la quale ho provato deisentimenti totalmente contrastanti: l’emozione della messa,dedicata

a noi, a coloro che quel giorno erano arrivati da mezzo mondo perrendere onore al Santo, e la rabbia per tutti quei turisti che durante la funzione, non curanti della presenza di persone che avevanocamminato anche per 750 km per vivere questo momento, facevano foto a tutto spiano, parlando con un tono di voce totalmenteimproprio per il luogo dove si trovavano.Per concludere il mio tentativo di descrivere questa esperienza, il mio consiglio, credenti o meno, è di provarlo perché lascia unsegno dentro che rimarrà per tutta la vita, che nessuno potrà togliervi e che chi non ha fatto la medesima esperienza non potrà mai capire a pieno.

Leonetta Pajer

Colombia: diversità culturale e globalizzazioneScambio culturale finanziato dall’Unione Europea

Parigi, un caldo luglio di due anni fa. Ero appena approdata sulla rive Gauche, lasciandomi Notre Dame alle spalle, quando l’ho visto apparire al numero 37 di rue de la Bucherie: forse sono state le pile accatastate di libri fuori dall’ingresso o il gruppetto di ragazzi seduti per terra intenti ad ascoltare una lettura di poesie, ma appena è comparsa l’insegna di legno di Shakespeare & Co. davanti ai miei occhi ho capito che si trattava di un posto speciale. Non potevo non entrare, e così ho varcato la soglia, impaziente di vedere cosa si nascondeva all’interno. Ed è stato subito come essere catapultati in un mondo lontano, tanti anni fa: infiniti scaffali fino al soffitto colmi di libri polverosi, scalette di legno appoggiate qua e là e un ragazzo decisamente eccentrico dietro ad un vecchi tavolo. Mi aggiravo con aria sognante tra le montagne di volumi, per gli angoli della libreria, quando ho notato una misteriosa frase di Yeats vicino ad una scala di legno: “I must go down where all the ledders start, in the full rag and bone shop of the heart”. Piena di curiosità sono salita per la scala scricchiolante e mi sono trovata in una vecchia biblioteca cosparsa di libri e letti ovunque e sotto i letti zaini, vestiti e fogli scritti. In cima alle scale poche lettere incise sul muro: “Be not inhospitable to strangers, lets they be angels in disguise”. Così, rinfrancata dalle parole di accoglienza, ho iniziato a curiosare per le stanze indisturbata. C’erano ragazzi che leggevano attorno ad un tavolo, qualcuno che faceva il caffè in una piccola cucina installata in corridoio e una macchina da scrivere in una nicchia di legno. Decisamente sbalordita, stavo iniziando a fantasticare su che razza di posto avessi trovato, quando un ragazzo, giunto al mio fianco, ha iniziato a raccontarmi la storia di Shakespeare & Co. Prima libreria americana di Parigi, aperta negli anni ’20 da una ragazza americana di nome Sylvia Beach, era diventata poi anche un rifugio per poeti e ragazzi disposti a lavorare tra i libri in cambio di un letto in cui dormire. Così ho scoperto che era qui che James Joyce aveva pubblicato l’Ulisse per la prima volta, che Hemingway era uno di casa e che tutti i migliori scrittori del XX secolo si erano fermati qui almeno una volta. Ho ascoltato i racconti delle vite dei ragazzi che alloggiavano al Tumbleweed hotel -questo è il nome dato alla parte della libreria trasformata in ostello negli anni ’50-, di chi era scappato di casa, di chi veniva da molto lontano, di chi era rimasto una notte soltanto. Come potete immaginare è stato facile innamorarsi di un posto come questo. Sono tornata a Shakespeare & Co. tutti i pomeriggi per una settimana, ho conosciuto personaggi folli dalle storie più assurde, ho frugato ovunque, letto intensamente, scoperto qualche segreto degli abitanti di questo piccolo mondo perduto. E’ stato qui che ho sognato, che ho visto la Parigi d’altri tempi, che mi sono sentita un po’ a casa. E’ incredibile cosa possa succedere da Shakespeare & Co., e comunque sia è un luogo da cui si esce cambiati. Io mi auguro di tornarci presto, e spero possiate farlo anche voi.

Agnese Ortolani

Shakespeare & Co., un piccolo angolo di

paradiso a Parigi

Page 12: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Sconfinare Giugno 200612De Boca Bona

Il mondo è andato avanti, ma esistono ancora, per chi compie lo sforzo di

ricercarli, sparuti baluardi di genuina antichità. Vi sono luoghi che il tempo,

unito allo sforzo di canuti innamorati, ha deciso di risparmiare; piccole locande

dove ogni viandante può trovare la calda accoglienza e il conforto di un attempato

oste dai modi semplici e spontanei. Luoghi sicuri dove riposarsi dalle

fatiche del viaggio e della vita, dove assaporare il gusto di oziare seduti ad

un tavolo ad ascoltare ciò che la musica soffusa e i sapori di pietanze vicine e

lontane hanno da narrare. Luoghi che appaiono fantastiche mitizzazioni di

un passato romantico dove la persona non è un cliente, ma un ospite atteso e

finalmente giunto, luoghi come l’osteria “Pane e Sale”.

Arriviamo intorno alle otto, senza troppa fretta, pregustando la serata che ci

attende. Troviamo il nostro tavolo già pronto. Tre piatti, una bottiglia di vino,

dei fiori. Fuori dalle vetrate, la sera cala su Gorizia con il suo plumbeo deserto.

La musica ci accoglie e accompagna senza mai sommergerci. I quadri alla parete si confondono nella luce fioca

creando la piacevole sensazione di trovarsi in un ambiente domestico. Un

luogo dove essere liberi. Il mondo, le sue preoccupazioni, la sua frenesia, le strade

desolate della città sono rimasti fuori. Già dall’antipasto le portate paiono minuziosamente curate, alla ricerca

d’una composizione armonica tra diversi sapori. Piatto dopo piatto, l’impressione non cambia: si assaporano soprattutto il

tempo di preparazione, la passione con cui i sapori della tradizione si mescolano

alle spezie di località esotiche. Si succedono pecorino fresco con rucola;

un’insalata balcanica con salsa di yogurt e ajvar; frittata di erbe e funghi;

risotto al curry e zenzero; ravioli con ripieno alle erbe e ricotta affumicata; gnocchi con sfilacci di cavallo. L’oste

si affaccenda intorno a noi, rimane sospeso in una dimensione in bilico tra

confidenza e dovere. S’allontana solo per cucinare, poi siede per condividere

la sua vita, le sue opinioni ed esperienze. Costruisce un rapporto, come se il fatto

di avere cucinato per noi fosse solo il primo passo per una più profonda

liaison. Giovanni De Senibus non è un

professionista. Non propone réclame alcuna. La sua è una morale rigida,

che non cede terreno alla tentazione di smerciare caramelle senza zucchero, o

gomme americane per l’igiene orale. Giovanni De Senibus è un cuoco e,

come tale, è anche filosofo. Non è un ristoratore. Non impiega listini. Non ha

cameriere. Ad accoglierti c’è lui solo; e quando cucina, l’impressione è che lo faccia per te, e per te unicamente,

e che in questo locale non si pasteggi con i suoi piatti, ma con il suo pensiero.

La cucina è il suo modo di filtrare il mondo. Perché Giovanni De Senibus non

possiede “Pane e Sale”. Lui è “Pane e Sale”. Entrare dalla piccola porta in via

Verdi significa ritrovare un cantuccio semplice. Spontaneo. All’antica, se

questa espressione significa l’antitesi rispetto all’oggi. Il tutto a dei prezzi

sicuramente accessibili (visto che, ahinoi, sempre su questo tasto si finisce

a battere). Il nostro consiglio è quello di avvisare in anticipo del proprio arrivo, e

di affidarsi alla maestria del cuoco!! Andrea Bonetti abonez85@libero.

it Rodolfo Toè

[email protected]

...CIACOLE LE XE CIACOLE...

Sta per iniziare la bella stagione! E con il caldo e le vacanze sale la febbre da aperitivo. Può dunque essere utile un piccolo vademecum per conoscere me-glio quello che, secondo molti esperti intervenuti di recente a Vinitaly, sarà il protagonista indiscusso dell’estate eno-gastronomica. Fruttato o asciutto, secco o amabi-le, da aperitivo o da ab-binare ai piatti di pesce, senza dimenticare le bol-licine, buone per le feste non solo estive, il vino dei prossimi mesi avrà senza dubbio un solo co-lore: il bianco. Ecco al-lora dei piccoli consigli per essere “alla moda” anche a tavola, seguendo le tendenze che maggior-mente colpiranno i palati degli amanti di Bacco.Volendo cominciare con i vini più vicini alla real-tà goriziana, non si può non citare il Tocai friu-lano (almeno finché si chiamerà ancora così..), il cui colore giallo pa-glierino con riflessi ver-dognoli promette aromi floreali piacevolmente fruttati e un gusto secco ma vellutato, grazie alla moderata acidità; ottimo con i formaggi freschi. La Malvasia istriana, molto diffusa nella Ve-nezia Giulia (ma anche in Slovenia e Croazia) è un vino dal colore gial-lo paglierino tenue; fresco, fruttato, beverino e per nulla impegnativo; può bersi come aperitivo o associarsi piace-volmente ad antipasti magri. Tra i vini dolci segnaliamo il Picolit, dal colore giallo paglierino intenso (tipico dei vini da uve passite), come intenso è il profu-mo di fiori di campo, miele e uva passa; dolce e vellutato al palato, denota subi-to la sua grande struttura. Altro vitigno autoctono è il Verduzzo friulano, da cui si ottiene un vino dal colore giallo ca-rico, profumo intenso e fruttato, al pa-

lato può risultare amabile o dolce in base alla lavorazione; eccellente per dessert e pasticceria secca (ad esempio la Gubana).Volendo poi allargare il nostro raggio d’azione ad altre zone d’Italia, abbiamo pensato di segnalarvi alcuni prodotti di al-tre regioni. Il primo a cui viene spontaneo

pensare in riferimento a dei vini freschi è senz’altro un prodotto di caratura mondia-le originario dell’alta marca trevigiana. Si tratta del prosecco di Valdobbiadene, spe-cialmente nella sua rinomata varietà Car-tizze (dal nome di una fascia collinare nel comune di Valdobbiadene). Si tratta di un prosecco dal profumo fine, intenso, frutta-to e aromatico, piacevolmente amabile e armonico al palato. Si adatta a piatti non impegnativi ed eccelle come aperitivo.Non possiamo però non segnalare dei vini in grado di accostarsi magnificamente con

i piatti di pesce, che notoriamente “colo-nizzano” le nostre tavole durante l’estate. In particolare ve ne consigliamo alcuni provenienti dal Trentino - Alto Adige, ter-ritorio per i cui vini chi scrive ha una par-ticolare venerazione. Il Müller-Thurgau è senz’altro uno di questi prodotti. Il colore

è giallo paglierino con ri-flessi verdolini, il profumo delicato e lievemente aro-matico, il sapore asciutto, fresco, fruttato, armonico; si accosta principalmen-te alla trota ma anche a sfiziosi formaggi a pasta morbida. Il Riesling renano dell’Alto Adige è un vino dal colore giallo tendente al verdognolo e dall’aro-ma gradevole e delicato di frutti, il gusto asciutto e gradevolmente acidulo lo rendono abbinabile ad anti-pasti magri e primi di pesce.Vini di maggior struttura e dunque ottimi con piatti più impegnativi sempre a base di pesce (ostriche, frutti di mare e vari crostacei) sono il marchigiano Verdicchio, dal colore giallo paglierino con riflessi dorati o verdo-gnoli, e il Fiano, diretta-mente dai colli irpini, più secco e strutturato. Ultimo, ma non meno importan-te, è un vino meraviglio-so quanto la terra da cui proviene: il Vermentino di Gallura. Il colore è gial-lo paglierino con leggeri riflessi verdognoli, il pro-

fumo sottile e delicato, il sapore secco e leggermente amarognolo; abbinatelo a piatti di pesce per la gioia dei vostri palati. Massimo Pieretti [email protected]

Amabile secco o fruttato: tutti i gusti dell’estate

“Io sono di quelli a cui piace stare al caffè fino a tardi. Con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte. [...]Non è solo questione di giovinezza e di fiducia, anche se sono bellissime cose. Ogni notte io sono restio a chiudere perché ci può essere qualcuno che ha bisogno del caffè. [...]Non capisci. Questo è un caffè piacevole, pulito. E’ illuminato bene. La luce è molto buona e, adesso, ci sono anche le ombre delle foglie.”[..]“Mentre spegneva la luce elettrica continuò la conversa-zione con se stesso. E la luce, naturalmente, ma bisogna che il locale sia piacevole e pulito. Non ci vuole la musica. La musica non ci vuole di certo. E non puoi stare dignito-samente davanti a un banco, anche se per queste ore della notte un banco è tutto quello che ti danno. Ernest Hemingway “49 Racconti”

Pane e saleCorso Verdi 11

Goriziatel. 0481 537050

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Sconfinare2006 Giugno 13Sport

Da marzo 2006 Noemi De Lorenzo, Ro-berta (Cortina) De Martin, Francesca (Fra) Fuoli, Arianna (Turin) Olivero, Francesca (Rosy) Rosada, Chiara Taverna (tutte del I S.I.D.) e Anna Rizzoli (III anno di Re-lazioni Pubbliche), si incontrano settima-nalmente in via dei Faiti. Hanno deciso di tentare una sfida davvero interessante, sotto la guida dei loro “coaches”, Edoardo Buo-nerba (II S.I.D.) e Marco Chimenton (III S.I.D.): imparare a giocare a rugby. “Scon-finare” le ha intervistate per scoprire le pe-culiarità di questa squadra tutta femminile!Il rugby è tradizionalmente uno sport ma-schile: perché avete deciso di praticarlo?Chiara: “Per rompere questi stereo-tipi maschili che limitano l’accesso femminile a molti sport interessanti”.Rosy: “E perché è uno sport inu-suale, perlomeno tra le ragazze”.Infatti...Voi, però, praticate rugby al-l’inglese. Quali sono le differen-ze rispetto a quello americano?Rosy: “ Per prima cosa la palla, più

grande di quella americana, può esse-re passata solo indietro. Poi è ammesso il placcaggio (bloccaggio dell’avversa-rio) solo del giocatore che tiene la palla”.Turin: “E non abbiamo le divi-se imbottite perché è meno violento”.Anche se è meno violento, però, prevede degli allenamenti intensi. Com’è stato all’inizio?Tutte: “Durissima!”Rosy: “La prima volta che abbia-mo fatto il giro del campo di corsa a momenti ci lasciavo un polmone!”Però...E come vi sembra questo sport ora che lo conoscete direttamente?Chiara: “E’ uno sport da signore!”Anna: “C’è una filosofia dietro, che im-plica il rispetto non solo delle rego-le di gioco, ma anche dell’avversario”.Rosy: “Cosa che man-ca in altri sport più in voga...”Concordo pienamente. Quindi lo con-sigliereste anche ad altre ragazze.Anna: “Certo! Non esiste una taglia corporea per praticarlo. Va bene per qualsiasi fisico”.

Chiara: “Anzi, speriamo che qual-cuno si aggiunga, perché dobbia-mo raggiungere i 15 elementi!”Magari qualche lettrice raccoglie-rà l’invito! E sugli allenatori...?Tutte: “Sono super-profes-sional, simpatici, pazienti...”L’anno prossimo, però, andran-no all’estero. Come farete?Fra: “Giocheremo a tennis!”Turin: “Andremo a Lisbo-na (meta di Edoardo)!”Cortina: “Beh, Rosy ter-rà un corso di can-can...”Chiara: “No, dai. C’è un vice, Die-go (Pinna, I S.I.D.). Ci seguirà lui.”E a quando la prossima partita?Cortina: “La prima vorrai dire! Ancora non lo sappiamo”.Beh, ragazze, speriamo sia presto, perché vi vogliamo vedere in cam-po. In bocca al lupo a tutte voi!

Isabella Ius [email protected]

Nuove frontiere dello sport universitario femminileIntervista alle sette studentesse che hanno deciso di sperimentare il rugby

inglese

Calcetto femminileUna squadra insolita

E anche quest’anno è finalmente arrivata l’estate, ed è arrivato anche il momento di tirare le somme sulle attività sportive del CUS. Noi, assieme ad altre ragazze (Cate, Mira, Susanna, Desirée, Valerie, Carmen, Giulia, Francesca, Isabella, Jane, Valeria, Elena, Erinda, e Lydie) abbiamo deciso di provare l’esperienza del calcetto femminile. Nonostante i maliziosi commenti dei nostri compagni maschi, ci siamo divertite veramente tantissimo. Ovviamente la tecnica non era molta, ma la voglia si, e così ogni lunedì sera ci trovavamo in qualche palestra (che poi col caldo è diventata campetto) per tirare 4 calci “in amicizia”. Purtroppo non essendoci un torneo femminile non abbiamo avuto molte occasioni per mostrare al mondo quanto siamo dei fenomeni... Abbiamo disputato una sola partita, formando squadre miste con dei simpatici “volontari” del SID, visto che la squadra femminile di Udine (temendo le nostre grandi doti) ha dato forfait. Il prossimo appuntamento (a meno che non vi siano cambiamenti di programma) è il 28 giugno, proprio contro il polo di Udine al (...nome del campo...). Aspettiamo dunque un pubblico numeroso e, nel mentre, cogliamo l’occasione per ringraziare coach Domenico e la sua infinita p a z i e n z a . . .

Giulia e Leonetta

orizia. Dopo nove intense giornate e ben quantotto partite cala il sipario sul torneo universitario, l’evento più sentito dell’intero anno accademico. L’ambito trofeo è stato alzato al cielo del Pastor Angelicus da Marco Iodice, capitano della CSKA Turismo, ed ha avuto nel suo mattatore l’aitante centravanti dei vincitori, Emmanuele Moretti. Medaglie e tanti sinceri complimenti per i secondi classificati, i Vulcan Bargains, autentica rivelazione del campionato. La finale, svoltasi in una bella serata di fine maggio, è stata una partita avvincente, ricca di capovolgimenti di fronte, con il risultato perennemente in bilico. La CSKA ha prodotto una gran mole di gioco, prendendo il comando delle operazioni sin dai primi minuti, dimostrandosi tuttavia sterile nei metri conclusivi. Al contrario, i Vulcan risultavano essere pungenti con rapide azioni di contropiede non finalizzate solo per la cattiva serata dell’acciaccato Marraffa, limitato da un precedente infortunio al ginocchio. Il primo tempo terminava sullo zero a zero ma entrambe le squadre sembravano non avere alcuna intenzione di mollare. Il secondo tempo iniziava in modo spettacolare, con la CSKA scatenata e vicinissima alla segnatura proprio con Moretti, prima lesto ad intercettare un superficiale retropassaggio di Bellinghieri e poi rabbioso nello scagliare una fucilata verso la porta. Il palo e la traversa strozzanavano in entrambi i casi l’urlo di gioia del giocatore. Ironia del calcio: nell’azione successiva Adriano Trampus, erculeo centrocampista dei Vulcan,

prima ruba palla a centrocampo e poi, con un preciso rasoterra ad incrociare, supera imparabilmente l’estremo difensore avversario. La felicità dei Vulcan dura pochi minuti, precisamente sette; è il tempo che passa tra il loro goal ed il pareggio di Marco Iodice, felino nella deviazione su corner di Faidutti. La partita si infiamma e la CSKA attacca a testa bassa e sfiora la marcatura per ben tre volte. Fuori per questione di centimetri. Ancora una volta i Vulcan sfruttano una ripartenza e purgano in contropiede: bellissimo il cross di Mezzaroba ed il destro ad incrociare nell’angolo alto di Filippo. Nuovo vantaggio e catenaccio per i Vulcan. Ma non basta. Ancora una palla inattiva, precisamente una rimessa laterale, ancora una dormita del pacchetto arretrato e Faidutti realizza un goal molto simile a quello di Crespo in Argentina-Messico del campionato mondiale. A quel punto le energie svaniscono, i ritmi si abbassano finchè non si arriva alla roulette russa dei rigori. Decisivo l’errore del difensore dei Vulcan Antonio Esperi, eletto migliore in campo.

CSKA campione, Vulcan ci proverà l’anno prossimo. Onore ad entrambe le squadre. Nella finalina, netta vittoria dei Siderurgici sulle feccie rosse, forse unica delusione del torneo, grazie ad un impressionante Lessi ed un energico ed instancabile Gambardella. Senza banalità alcuna affermo che un clima turbato come quello che il nostro calcio sta pesantemente vivendo a causa dello scandalo di Moggiopoli, queste piccole manifestazioni organizzate dall’università possono riavvicinare la gente ad uno sport tra i più belli del mondo e far dimenticare l’inquinamento morale e materiale che il business e gli interessi economici hanno prodotto nell’universo del pallone. L’obbiettivo sarebbe di sottolineare come una partita sia sempre un gioco e non un affare o peggio un lavoro. Infine, il livello di gioco apprezzato durante il torneo è stato discreto, lo spettacolo folkloristico e l’ambiente quasi famigliare, ideale non solo per gli studenti ma anche per tutti coloro che volessero rilassarsi e divertirsi semplicemente al martedì ed al mercoledì sera. Tutto questo rappresenta un invito a

tutti quelli che amano il calcio e la migliore pubblicità per questo meraviglioso sport.

Marco Di Liddo

Torneo universitarioAl CSKA Turismo il torneo delle emozioni.

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Sconfinare Giugno 200614Relax

Moda mondiale

IL GIOCO DEL MESEdi Giulia Pizzini & Valeria Setti

Cari amici fashion, dopo un mesetto sia-mo di nuovo qui per parlare di glamour. Come i più scaltri di voi sapranno, la moda ci accompagna in qualsiasi ambito della vita di tutti i giorni; ma oggi ci troviamo a vivere una situazione che si presenta solo una volta ogni quat-tro anni: chiaramente sto parlando dei tanto amati mondiali di calcio! Pensavate che i nostri illustri vati sti-listi ci avrebbero abbandonati al caso per questa meravigliosa circostanza? Certo che no! Essi, infatti, hanno crea-to delle linee ad hoc per farci sentire adeguati e in sia per recarci a vedere le partite nelle piazze o nei locali o a casa con gli amici, sia –per coloro i quali avranno la fortuna di vederle dal vivo- per far schiattare di invidia i te-deschi, i quali –tendenzialmente- non brillano per eleganza (cito solo i fami-gerati Birkenstock –anche quelli creati per i mondiali- con i calzetti bianchi)! Ebbene per quelli che non vogliono sbagliare e desiderano mantenere un look sportivo, Adidas offre una linea veramente completa dagli occhiali da sole, alle scarpe, dai borsoni alle tute. Sulla stessa scia ci sono anche Dirk Bikkembergs (anche con la nuova linea Bix), il quale offre un set total look co-loratissimo e dai tagli puliti, e la classi-ca Nike, che però delude per eccessiva banalità proponendo le maglie dei gio-catori e delle normalissime scarpe da abbinarci. H&M presenta t-shirts, pan-taloncini e costumi per uomini, donne e bambini e il tutto a prezzi veramente contenuti. Ma in quanto a costumi, im-battibile è la Parah, la quale ha creato un bikini tricolore molto elegante per coinvol-gere anche l’universo femminile e magari

far sentire tutte le fanciulle come la bel-lissima testimonial Elena Santarelli, so-pravvissuta a “L’Isola dei Famosi 2”; per i

ragazzi Calvin Klein ha creato biancheria intima tempestata da loghi tricolore per i tifosi più “intimamente” convinti. Carine

D I S B C A F F E T E A T R OU O O L L E T S A C O N G E SS I R O V R G I S A U C R C RM L B N R U B O S N I A A A AE U O I P A R C O R O O D I CY I N V I L L E S S E M O N OR R A F E S T E Z A E V R N AT F G I A N N I C O L L I O UB A Z Z A R I N I T T N I N CP A L A Z Z O A T T E M S G U

Definizioni:

UNIVERSITÀCASTELLOCAFFÈ TEATROSIDSORBONALAUREASLOVENIACARSOCOLLIO

TOCAIPALAZZO ATTEMSBAZZARINIPUGA&OVILLESSECORMONSGRADO FRIULIBOSNIA

GIANNIMEYRVINONINOPARCOONUORALEFESTEONG

Una delle più note abitudini degli universi-tari è la passione per gli scherzi complicati, che i college americani hanno elevato allo stato di arte. Una delle burle di maggior successo nella storia degli Stati Uniti è sen-za dubbio l’Associazione dei Veterani delle

Guerre Future.Questa poco nota organizzazione dal nome ossimorico nasce nel 1936, negli Stati Uniti. Nel gennaio di quell’anno, infatti, la lobby dei veterani della Grande Guerra era riuscita a far ratificare al Congresso un anticipo di dieci anni nell’erogazione delle pensioni di guerra, allo scopo di far fronte alla Depressione. La notizia diede a Lewis Gorin, studente a Princeton, un idea inno-vativa: perché non consegnare in anticipo tutte le pensioni di guerra, anche quelle di chi non aveva ancora avuto occasione di combattere? Data la situazione internazio-nale dell’epoca, era chiaro che una guerra era imminente, quindi perché non dare ai futuri soldati il loro premio quando pote-vano goderselo, invece di aspettare il dopo, quando molti di loro sarebbero stati morti? Lewis discusse l’idea con un amico, Tho-mas Riggs Jr, e nel marzo del ’36 Patrioti-sm Prepaid, il manifesto dei Veterani delle Guerre Future, fu pubblicato. Il documento richiedeva il pagamento anticipato di un bonus di 1000 dollari più interessi (cifra notevole per l’epoca) ad ogni cittadino ma-schio tra i 18 e i 36 anni, ed ebbe una tale risonanza che nel giugno dello stesso anno l’organizzazione contava 50.000 iscritti paganti che avevano adottato il Saluto So-ciale: braccio destro sollevato in direzione di Washington, con il palmo rivolto verso l’alto, in richiesta (una parodia del saluto fascista, che si stava diffondendo in Euro-pa). Sulla scia dei Veterani Futuri nacquero altre associazioni simili, tra cui le Future Madri dei Caduti (che richiedevano al Go-verno di essere inviate in Francia a visitare le future tombe dei loro figli), i Futuri Cor-rispondenti di Guerra e addirittura i Futuri Pescecani di Guerra. In origine l’intenzio-ne dei Futuri Veterani era stata quella di ri-dicolizzare sia il bellicismo che la politica assistenzialista, ma fu l’aspetto pacifista dell’associazione a divenire dominante, e a garantirle un importante articolo su Time. Come era legittimo aspettarsi, le vere as-sociazioni di veterani non gradirono l’ini-ziativa, e tacciarono ripetutamente i Futuri Veterani di insufficiente patriottismo, men-tre un rappresentante del Congresso dichia-rò tale organizzazione “indegna di pubblica attenzione” aggiungendo che sarebbe stato compito di “ogni vero Americano” denun-ciarla. Non furono però le critiche a segnare la fine dell’associazione, quanto piuttosto la noia: per la fine dell’anno si decise che lo scherzo era durato abbastanza, e le 584 cellule locali dei Futuri veterani si sciolse-ro senza clamore. A loro onore va detto che la quasi totalità degli ex membri servirono

durante la Seconda Guerra mondiale Luca Nicolai

Strane storie:i Veterani

delle Guerre Future

sono le scarpe di Cesare Paciotti: il bian-co-rosso-verde va bene, ma l’argento ri-corda quello dei pacchianissimi giubbotti

sfoggiati dalla squadra azzurra nelle recenti Olimpiadi invernali di Torino. Per gli appassionati di orologi, Tissot ha creato “one more time” un bana-le orologio in acciaio con due minu-scoli palloncini da calcio: lasciamolo tranquillamente ai collezionisti. Una menzione speciale la merita Bul-gari che ha creato una cravatta di estrema finezza in quanto combina piccoli particolari che ricordano il mondiale, senza scadere nell’ecces-so rendendola portabile anche nelle occasioni più formali senza dare nel-l’occhio. L’oggetto più trendy, però, è il chiccosissimo pallone di jeans e pelle pregiatissima (forse umana!) di DSquared2, forse non sarà adatto per la spiaggia e l’acqua di mare, però sicuramente non rovinerebbe il deli-catissimo nuovo praticello dell’uni-versità di via Alviano! Ma di tutto questo, cosa indossa la nostra nazio-nale? Dolce&Gabbana hanno pensato ai nostri giocatori creando dei bellis-simi vestiti per le trasferte e serate dei mondiali, con abiti scuri dal taglio sottile e fornendo loro degli occhiali da sole semplicemente meravigliosi. I due stilisti hanno creato anche una linea di biancheria intima indossata (solo quella!) dai nostri calciatori in migliaia di cartelloni visibili da qual-siasi punto di una grande città come Milano. Però, ahimè, a mio avviso la coppa per l’eleganza la vincono gli In-

glesi vestiti da Giorgio Armani...La cop-pa dei mondiali, invece, speriamo di vin-cerla noi, FORZA AZZURRI (e oro)!!!

di Mattia Mazza

Page 15: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

Sconfinare2006 Giugno 15Go and Go

Gorica, 20. junija.Začnemo s splošnim vprašanjem. Bi lahko na kratko predstavili uprav-ne načrte vaše politike za mladino?Lahko rečemo, da cela uprava je usme-rjena mladini: to velja za univerzitetne zadeve; za rekreativni svet, kjer sedaj or-ganiziramo vrsto glasbenih koncertov; za delovni svet, kjer prenavljamo službeno področje. Iz tega vidika smo torej zelo aktivni. Potem obstajajo tudi prispevki iz deželnega zakona za mladinske politike. Če gledamo na Univerzo, kaj misli vaša uprava storiti za razvoj univerzitetnega središča?Imamo dve težavi. Prva je težava s stavbami posebno za videmsko uni-verzo. Skušamo rešiti ta problem s sta-vbo Palazzo de Bassa in dvorano pri ITIS Galilei. Dežela pa je prispevala 4.500.000 evrov za prenovo kompleksa Stella Mattutina. Naslednja je politična težava povezana z učenjem. V pokraji-ni imamo dve pomembni univerzitet-ni smeri, Mednarodne in Diplomatske Vede v Trstu in tečaj Javnih Odno-sov v Vidmu. Dali smo na razpolago celo mesto in porabili velike vsote de-narja, ampak ni spodobnega priznanja. Mislite združiti ta dva tečaja v ipotetični Univerzi v Gorici?Ne. Mislimo, da bi bila povezana vsak s svojo Univerzo. Bil bi pa dve avtonom-ni fakulteti, ker znanje postaja osnovna prvina če hočemo, da bo Gorica posta-la evropska pokrajina. Zid je bil na vi-

Univerza, mladi in EvropaPogovor s predsednikom Pokrajine Enricom Gherghetto

dezu nekaj grdega, ampak si se lahko naslanjal na njem. Zdaj ga ni več in po-staja potrebno neko pomožno orodje, kar je lahko znanje. Sedaj bom po-stavil vprašanje, ki ni v kontekstu ampak se zdi po-trebno: Kaj pome-ni dejansko geslo Gorica evropska p o k r a j i n a ?Smo v dobi globali-zacije. Naša globali-zacija je tista mreža oddaljena 500 me-trov in ljudje, ki živijo na oni strani. Zmeraj pravim, da smo prva črta glo-balizacije. Vprašali ste kateri so vidiki globalizacijskega pogleda. Jaz pa bi lahko vprašal ka-tere vidike lahko pogledamo samo iz vidika globaliza-cije. V Milanu ali drugje kaj takega je književnost, tukaj je vsakdanjost. Ob-stajajo tudi nosilni osi. 60% pokrajin-skega gospodarstva je v izvozu. Ko ne

bo več meje, ko ne bo več evropskih prispevkov, kaj nam bo ostalo? Ostane tržiško pristanišče, ki je najbližje srednji Evropi in predstavlja goriška vrata, oziro-ma zemljepisni center. Naravni gospodarski os Villesse-Lubjana bo velika prvina go-spodarskega razvoja. Čez dve leti bo lažje voziti se do Ljublja-ne kot do Pordenona!Vrnemo se k naši te-matiki. Vpostavljam vam kritiko goriških študentov, ki menijo, da ima Gorica neko vrsto imobilizacije. Kaj vi mislite o tem? Če je to resnično, kaj bi naredili, da bi rešili tako težavo?Je vse res. Imamo dva pojma: pojem prekinjene zgodovine in pojem obnovljene zgodovine. Prvi pojem postavlja Gorico v središče Oglejskega Patriarhata in Av-stroogrske Monarhije.

To je večkulturni pojem. Za zahod Go-rica je prvo vzhodno mesto, za vzhod je

prvo zahodno. Torej Gorica ima celoten poklic, ki se je vzgradil v stoletjih. V nekem trenutku se zgodovina prekini: prva in druga svetovna vojna. Po vojni prejšnji prijatelji postanejo sovražniki in imamo razne boje in nasprotja. Ampak prihaja Evropa, zid propada in imamo prve odnose med Gorico in Novo Gori-co. To je zgodovina obnove. Ni pa tako enostavno. Veliko ljudi je, ki ni še nikoli bilo v Slovenji in verjetno ne bo niko-li prekoračil meje. Ampak to je naravni poklic za Gorico, tudi če ni enostavno. Mesto je nezaupljivo. Stvari pa se spre-minjajo, treba je imeti samo potrpljenje.Postavim vam še eno kritiko. Če gle-damo na kulturno ponudbo v Gori-ci se zdi, da manjka neka spodobna reklama ali neko usklajevanje med prireditvami. Kaj menite o tem?Gorica je mesto notranjih dvorišč. To je naš značaj. V Rimu pa imajo balkone. Manjka pri nas malo sinergije. Ampak bom jaz postavil vprašanje študentom. Poznate vi vse vaše priložnosti? Imate kakšne ideje? Dobro. Zmenil se bom s svojim asesorjem za kulturo, da bi ustvarili neko skupino študentov, ki bi z nami sodelovala. Težava ni v tem, če poznamo svet študentov ampak je v tem, če študentje vedo kaj o nas. Pra-va priložnost je aktivirati vaše glave. Emmanuel Dalle Mulle

Prevedel Federico Butkovic

Preprost zidek in mreža, samo to zaznamuje eno izmed najbolj vročih mej prejšnjega stoletja, meja, ki je predstavljala delitev med vzhodom in zahodom, med komunizmom in kapitalizmom, med Gorico in Novo Gorico. Stvari pa se spreminjajo in spremembe so začele že dolgo pred zaključkom hladne vojne. To sta omogočili dobra volja in želja po medsebojnem sodelovanju obeh enot tistega ozemlja, ki je bilo nekoč zedinjeno.»Arcipelago 06« je druga izdaja festivala sodobne čezmejne umetnosti (Festival d‘arte contemporanea transfrontaliera), ki bo potekal od prvega do osmega julija ob obmejni črti, ki gre od mejnega prehoda »San Gabriele« do Solkana in na trgu »Piazza Transalpina«, nekoč ekonomski in kulturni center enotnega ozemlja, pozneje pa obmejni trg, priča dveh realnosti. Poraja se vprašanje, kako lahko trg, točka, kjer se združujejo ljudje in ulice, postane mejnik?Trg naj bi imel vlogo združevanja in razstava Arcipelago mu simbolično predaja to vlogo. Umetniška dela razpršena in različna so kot otoki, ki morje zakonskih odlokov in birokracije ločuje enega od drugega, a jih obenem združuje oblika, saj umetniška dela

zlahka gredo skozi n a j r a z l i č n e j š e m e j a .Razstava obenem je tudi povod za mnoge druge kulturne pobude, kot recitacije, g l e d a l i š k e p r e d s t a v e , animacije in glasbeni koncerti.U m e t n i š k a dela, ki so letos r a z s t a v l j e n a emblematično predstavljajo uspeh te pobude, v enem samem letu se je število prisotnih umetnikov kar podvojilo in slednji predstavljajo mnoge države; od Bosne-Hercegovine, Hrvaške, Srbije in Slovenije do Italije, Nizozemske ter Škotske.Že v drugi izdaji se razstava odpre Evropi in s tem potrjuje pomembnost kočljive tematike, ki jo predstavljajo meje, obenem pa predstavlja trud, da bi končno vse meje bile premagane. Poleg vsega tega trg sam predstavlja eno izmed evropskih mej, ki gredo od Pirenejev do Egejskega morja in ki jih skušamo odpraviti.

Razstavljena dela so advangardna in umetniki večkrat u p o r a b l j a j o n e o b i č a j n a sredstva – več ali manj učinkovita - s katerimi pritegniti pozornost obiskovalca in mu posredovati svoja čustva in ideje. Nasvet je, da si zamislimo r a z s t a v l j e n a

dela kot eno celoto, v italijanščini nam to prikazuje že sam naslov Arcipelago-otočje, skupina otokov.Obenem pa si lahko ob posameznem umetniškem delu, otoku, zamislimo in z mislijo prestopimo meje.»Sconfinare« - prestopiti meje je za nas najpomembnejša misel, ki ne predstavlja samo rdečo nit, ki vodi gledalca skozi razstavo, temveč mora postati vrednota za vsakogar, ki se nahaja v tem »obmejnem« mestu. Tudi mi študenti smo prišli v Gorico s to zamislijo, z voljo, da bi prestopili vse meje.Prav zaradi vseh teg zgoraj omenjenih

Umetnost, ki prekoraci vse mejeObe Gorici bosta sedež razstave sodobne umetnosti, ki postaja vedno bolj čezmejna in evropsko usmerjena

razlogov popolnoma podpiramo trud vseh organizatorjev razstave: PROLOGO iz Gorice in KREA ter LIMB iz Nove Gorice in si voščimo, da bi vsak obiskovalec razstave za trenutek pogledal onstran meje in si zamislil eno samo združeno okolje, en sam trg brez zidka in mreže.

Francesco Allan CudicioPrevedel Samuele Zeriali

Page 16: Sconfinare numero 2 - giugno 2006

1906-2006

Sconfinare Giugno 2006 16Go and Go

9. julija 1906 je potekala slavnostna otvoritev »tranzalpinske železnice«, ki je povezovala Dunaj s Trstom z vmesno postajo v Gorici. Tako je Gorica postala pomembno postajališče in mesto skozi katerega je potekala n a j p o m e m b n e j š a železnica celotne Avstro-Ogrske; železnica, ki je povezovala prestolnico - Dunaj s Trstom edinim pristaniščem cesarstva.V sto letih pa se je slika mesta Gorice popolnoma spremenila. Minuli so časi, ko je znameniti trg predstavljal središče celotnega ekonomskega življenja mesta Gorice. Mesto je v tistem času bilo bogato, kulturno pomembno in mlado. V poznejših časih ( k sreči preminulih) pa je isti trg predstavljal prelomnico med dvema ideološko / politično popolnoma različnima svetovoma.Obdobje hudih ideoloških konfliktov je mimo. Danes se lahko brez težav primerjamo in sporazumevamo s sosedom onstran meje predvsem z uporabo angleščine, ki je dobila status internacionalno uporabljenega jezika; uporabljamo isto denarno enoto in

končno so napotili časi vzajemnega sodelovanja v skupnih projektih, čeprav se spopadajo z različnimi težavami.Prav ti projekti bi lahko predstavljali sredstvo, ki bi pomagalo Gorici pri rekonstrukciji svoje preteklosti kot pomemben kulturni in ekonomski center.Ni moja naloga rešiti problema s katerimi se mesto spopada, bil bi tudi nemočen pri tem, menim pa, da je moja dolžnost obveščati o težavah, ki jih Gorica ni zmožna rešiti in postaja vedno manj gospodinja same sebe.Gorica s svojim ozemljem mora strmeti za take cilje, ki vključujejo tudi Novo Gorico in obe skupaj (Gorica in Nova

Gorica) morata ciljati na uresničitev tistega ozemlja, ki je že obstajalo, ozemlja, ki ni več ločeno temveč edinstveno s skupnimi cilji. Za uresničitev tega cilja niso dovolj le predavanja in skupne kulturne pobude, ob njih morajo stati projekti za uresničitev skupnih objektov: cestni promet, železnica, skupna univerza v evropskem duhu...Gorica in Nova Gorica napočil je čas izbire, ki vama nudi možnost,

da postanete enotni in pomembni na evropski ravni in samo tako bo lahko »Piazza Transalpina« postala center in simbol ozemlja v skupni Evropi.

Marco BrandolinPrevedel Samuele Zeriali

Dograditev železnice leta 1906 je bil zaključek dolgoletnega procesa, ki je obnovil prometno mrežo, ki je povezovala Gorico z ostalimi deli cesarstva.Proces se je začel nekaj let prej, ko so prišli v Gorico C.V.Czoering, funkcionar, ki je imel nalogo preveriti vse možnosti, ki bi omogočale razvoj tega dela »Kustenlanda« in družina nemškega izvora Ritter. Slednja je izbrala Gorico za sedež svojih dejavnosti.Izbira je imela izredni pomen za Gorico, saj so Ritterjevi pritiskali na cesarsko oblast, da bi Južna železnica, ki bi povezovala Dunaj s Trstom in ki jo je finansirala družina Rothscild, peljala mimo Gorice. Razlog za to zahtevo je bila potreba povezav za dostavo izdelkov in trgovanje s Trstom ter drugimi centri Avstro-Ogrskege. Do tega je prišlo leta 1860.Zgraditev železnice pa je povzročila določene urbanistične spremembe. Železnico je bilo treba povezati z mestnim središčem in tako je nastala cesta, ki danes ni nič drugega kot znameniti »Corso Italia« oz. Najpomembnejša ulica, ki pelje skozi mesto. Južna železnica ni zadostvovala novim

potrebam po sodobnejših povezavah za trgovanje. Železnica sama je pospešila trgovanje ne samo družine Ritter, temveč cele vrste manjših in večjih trgovcev in družb (obrtniki in proizvajalci vina) ki so se tako preselili v Gorico in tu uspešno obratovali.Lokalne oblasti so razumele, da le nova železnica, ki bi peljala do Koroške, to je najvažnejšega trgovskega centra za goriške trgovce in obrtnike, bi lahko bila kos povečanemu prometu.Ta železnica je današnja tako zvana »Bohinjska železnica«, ki je prišla v Gorico šele leta 1906. Razlogi, da je bila zgrajena komaj na začetku 20. stoletja so bili tehnični problemi vezani na

nedostopnost ozemlja, ki pa obenem nudi potniku lep razgled celotnega ozemlja. Železnica je bila pomemba avstrijskim oblastem ne samo zaradi ekonomskih razlogov temveč tudi vojaških,saj je dovoljevala hiter premik vojaških enot do meje z Italijo. Ta poteza pa se je pozneja pokazala za strateško zelo šibko točko, saj je postala med prvo svetovno vojno lahko dosegljiva tarča za obstreljevanje.Leta 1906 pa je prihod železnice predstavljal za Gorico donos novih moči in dohodkov z dograditvijo novih ulic in zgradb v neposredni bližini železniške postaje. Trgovci so tako bili čim bližji postaji, kar

je pozitivno vplivalo na trgovanje s Koroško. V čudni igri vsode je Gorica dosegla svoj višek le osem let pred vojno, po kateri so tu nastale nove meje, ki so odrezale Gorico od njenega zaledja in nenadoma vse te železniške povezave so bile neuporabne in zamanj.Vseeno do druge svetovne vojne so lokalni trgovci uporabljali del železnice za trgovanje z ozemljem ob Soči. Tudi to ni trajalo dolgo. Po drugi svetovni vojni pa je prišlo do novih sprememb, ki so onemogočile še to poslednje trgovanje in celo odrezale železnico od mesta za katerega je bila le-ta zgrajena.

Giangiacomo Della ChiesaPrevedel Samuele Zeriali

OMBELICO DEL MONDO»Piazza Transalpina« bi lahko postal center mesta, ki je končno dobilo evropsko dimenzijo

BOHINJSKA ŽELEZNICAPred dnevi sva Giorgia in jaz aključno odkrila majhno, nepoznano in zapuščeno židovsko pokopališče, ki se nahaja v neposredni bližini državne meje in bolje znanega “Casino Fortuna”.Pokopališče je težko dostopno in nek mož, v katerega dvorišče sva neopazno zašla, nama je obrazložil, kako priti do njega. Presenetljivo je bilo dejstvo, da nas je ogovoril v perfektni italianščini, medtem ko lahko na eni roki preštejemo tiste, ki onstran meje v Gorici obvladajo slovenščino.Sledila sva danim navodilom in dospela do pokopališča, v bližini katerega nemoteno teče potok. Voda je bila Židom zelo pomembna, saj je bila simbol za življenje, ki se nikoli ne prekine.Predno bi vstopila se trenutek vstaviva, ne samo kot znak spoštovanja da kraja večnega počitka, temveč predvsem zaradi zapuščenosti v kateri se pokopališče nahaja. Okrušeni in razmajani nagrobni kamni, iz katerih se z veliko težavo razbere ime tistega, ki tamle počiva, med temi tudi imena pomembnih družin Morpurgo, Michaelstaeder… Burja in dež bosta kmalu zabrisala za vedno še tisto malo čitljivih napisov in tako izbrisala za vedno pomemben del naše zgodovine. Našo pozornost je nato pritegnila vrsta grobov z istim datumom smrti 1910, poleg tega pa nobena razlaga o tem kar se je bilo zgodilo vsem tistim, ki so v tako velikem številu preminili v istem letu.Paradoks predstavlja, ob zidu postavljen napis “Casino Fortuna”, ki obvešča o casinoju, obenem pa nekako vodi pogled mimoidočega na zapuščeno pokopališče…in ironično povezuje igro s smrtjo.Najbolj pa zaboli dejstvo, da je bil Casino postavljen prav ob pokopališču za katerega nihče se ne zmeni in katerega sledi bodo kmalu izbrisane, tako da bomo za vedno prikrajšani dela naše domače zgodovine.

Arianna OliveroGiorgia Turel

Prevedel Samuele Zeriali

Dva obraza iste realnostiCasino in pokopali-

sce Nove Gorice