NUMERO 18 - GIUGNO 2011

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www.madreterranews.it MadreTerra Palmi & Dintorni www.madreterranews.it Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011 PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE FREE PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - F PRESS - FREE PRESS FREE PRESS - FREE di Francesco Lovecchio Pag. 20 LA NASCITA DEI CANALI Paolo Ventrice EDITORIALE TAUREANA MITICA di Giuseppe Mazzù Pag. 16 Modigliani - “Ritratto femminile” - Pinacoteca Leonida Repaci - Casa della Cultura di Palmi - E così abbiamo detto ad- dio al nucleare! Per alcuni sarà un grosso sollievo, ambientalisti, ideali- sti della salute ecc... per al- tri saranno dolori economici. Vallo a capire qual’è il danno più grosso! “Abbiamo sete di energia ma anche voglia di vivere serena- mente senza l’incubo di un ve- leno implacabile”, urla l’Italia. Questo concetto sta troppo stretto agli investitori nel nu- cleare, i quali non sanno dar- si pace per un intoppo che economicamente, riduce le pretese di coloro che han- no visto, in questo sistema, il modo di affrontare il futu- ro in sostituzione dell’energia prodotta dai petroliferi e, so- prattutto, un modo di spre- mere gli italiani con un siste- ma di produzione impossibile da autogestire. Devo spiegare meglio il con- cetto di autogestione. Per au- togestione intendo la possibili- tà di “confezionarsi”, a livello familiare, l’energia necessa- ria. In verità qualcuno già lo fa; i pannelli solari ne sono la conferma, così come i “muli- ni di Don Chisciotte della Man- cia” , le pale eoliche che spes- so vediamo sparse su monti e collline, (il cui costo è, quan- tomeno, impossibile per co- muni mortali). L’unico proble- ma è quindi il costo, elevato e non a tutti accessibile, de- gli impianti, tant’è vero che, dopo una prima, iniziale idea, circa l’installazione di un si- stema produttivo personale, il 95% delle persone ci ripensa e scarta l’ipotesi. Poteri di un’economia che non può avere distrazio- ni eccessive lungo la strada che sta percorrendo. Come dire, se togliamo il petrolio al mondo cosa ne sarà di tut- ta l’economia che gira intor- no ad esso (e vi assicurro che è tanta)? D’altra parte, però, l’uma- nità si sente sotto scacco, probabilmente tenuta in que- ste condizioni da meccani- smi ben oleati. Esistono siste- mi di produzione sconosciuti, tenuti celati ai più, perchè in grado di abbattere i costi in maniera estrema (ma che ro- vinerebbero intere catene di produzione di economia nel mondo). Chissà se prima o poi qualcuno avrà la forza di tirarli fuori! http://domenico-schietti. blogspot.com/ Solo per capire e curiosare.

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Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

PERIODICO DI CULTURA ED INFORMAZIONE

FREE PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - F PRESS - FREE PRESSFREE PRESS - FREE

di Francesco Lovecchio Pag. 20

LA NASCITA DEI CANALI

Paolo Ventrice

EDITORIALE

TAUREANA MITICA

di Giuseppe Mazzù Pag. 16

Modigliani - “Ritratto femminile” - Pinacoteca Leonida Repaci - Casa della Cultura di Palmi -

E così abbiamo detto ad-dio al nucleare!

Per alcuni sarà un grosso sollievo, ambientalisti, ideali-sti della salute ecc... per al-tri saranno dolori economici. Vallo a capire qual’è il danno più grosso!

“Abbiamo sete di energia ma anche voglia di vivere serena-mente senza l’incubo di un ve-leno implacabile”, urla l’Italia.

Questo concetto sta troppo stretto agli investitori nel nu-cleare, i quali non sanno dar-si pace per un intoppo che economicamente, riduce le pretese di coloro che han-no visto, in questo sistema, il modo di affrontare il futu-ro in sostituzione dell’energia prodotta dai petroliferi e, so-prattutto, un modo di spre-mere gli italiani con un siste-ma di produzione impossibile da autogestire.

Devo spiegare meglio il con-cetto di autogestione. Per au-togestione intendo la possibili-tà di “confezionarsi”, a livello familiare, l’energia necessa-ria. In verità qualcuno già lo fa; i pannelli solari ne sono la conferma, così come i “muli-ni di Don Chisciotte della Man-cia”, le pale eoliche che spes-so vediamo sparse su monti e collline, (il cui costo è, quan-tomeno, impossibile per co-muni mortali). L’unico proble-ma è quindi il costo, elevato e non a tutti accessibile, de-gli impianti, tant’è vero che, dopo una prima, iniziale idea, circa l’installazione di un si-stema produttivo personale, il 95% delle persone ci ripensa e scarta l’ipotesi.

Poteri di un’economia che non può avere distrazio-ni eccessive lungo la strada che sta percorrendo. Come dire, se togliamo il petrolio al mondo cosa ne sarà di tut-ta l’economia che gira intor-no ad esso (e vi assicurro che è tanta)?

D’altra parte, però, l’uma-nità si sente sotto scacco, probabilmente tenuta in que-ste condizioni da meccani-smi ben oleati. Esistono siste-mi di produzione sconosciuti, tenuti celati ai più, perchè in grado di abbattere i costi in maniera estrema (ma che ro-vinerebbero intere catene di produzione di economia nel mondo). Chissà se prima o poi qualcuno avrà la forza di tirarli fuori!http://domenico-schietti.blogspot.com/Solo per capire e curiosare.

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2Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

AttuAlitA’ Palmi

SABATO 28 MAGGIO 2011, presso la sede della Società Opera-ia di Mutuo Soccorso, si è svolta la premia-zione dei vincitori del concorso indetto il 17 marzo 2011, nell’am-bito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e riservato agli studen-ti delle ultime classi delle Scuole Primarie e Secondarie di I° e II° grado, statali e parita-rie di Palmi, sul tema: LA FIGURA DI GARI-BALDI, IN CALABRIA E A PALMI, NEL QUADRO DEL RISORGIMENTO ITALIANO.L’iniziativa, ha sotto-lineato il Presidente Saverio Saffioti, ha vo-luto essere un contri-

buto per il successo formativo degli studenti, futuri cittadini di domani, da cui dipende il futuro del nostro territorio e del nostro paese.La cerimonia, a cui ha preso parte il neo eletto Consigliere Provinciale Giovanni Barone, è stata preceduta dal conferimento di un Attestato di Riconoscenza e Stima all’Avv. Ettore Saffioti, nella sua qualità di Pre-sidente della P.P.M. e di un altro simile Attestato all’Avv. Nicola Minasi, quale membro della Commissione esaminatrice del Concorso.E’ seguita la consegna, in forma ufficiale, delle Tessere di Socio Onorario che il Consiglio della Società, ha voluto conferire, per meriti speciali, alla Prof.ssa Franca Hyerace, al Dott. Bruno Zappone e all’Avv. Luigi In-turri.Quindi è stato dato inizio, da parte dell’Avv. Inturri, in qualità di Presidente della Commissione Istruzione e Cultura della S.O.M.S. alla consegna dei premi del Concorso, che sono andati ex equo, rispettivamente: ai fratelli Mattia e Gabriele Zerbonia, scolari palmesi che hanno partecipato in forma privata; a Emanuele Mar-turano, studente presso l’Istituto Agrario “G. Ferraris” ed alla classe 5° C della Scuola Primaria “De Zerbi”, per l’elaborato, realizzato in forma collettiva sotto la guida dell’Insegnante Giuseppina Ditto. Ad ogni premiato è stata consegnata una pergamena con motivazione ed una busta contenente una piccola somma in denaro.Altre pergamene di partecipazione sono state consegnate all’Insegnante Anna Maria Minasi ed ai Dirigenti Scolastici Prof.ssa Maria Corica, Prof.ssa Carmela Ciappina e al Prof. Giovanni Costa.Inoltre, ad ogni singolo alunno, un attestato di partecipazione.

MADRETERRA Palmi & Dintorni

REGISTRAZIONE AL TRIB. DI PALMI Nr. 1 / 2010

Anno II - Numero 18 - Giugno 2011 Direttore respons.: Francesco MassaraCoordinatore: Paolo Ventrice

Collaboratori di REDAZIONE di questo numero.

Saverio Petitto Walter CricrìCettina Angì Salvatore De FranciaNella Cannata Giuseppe Cricrì

Hanno collaborato per questo numero anche: Eugenio Seminara, Severino Cannata, Ernesto Gargano, Pascale Choteau, Bruno Vadalà.

Editore: Associazione Culturale MadreterrraSede Palmi - Via ss.18 km 485.30P.I. 02604200804Cod. Fisc. 91016680802Mobile - Paolo Ventrice 335 6996255e-mail: [email protected]

Progetto Grafico: Saverio Petitto - Walter Cricrì - Paolo VentriceImpaginazione grafica: Paolo Ventrice Progetto e cura sito web:S. De Francia - D. Galletta Stampa: AGM Calabria - Via Timpone Schifariello Zona P.I.P. II Traversa - 87012 Castrovillari (Cs)

Distribuzione gratuita fuori commercio

ASSOCIAZIONE CULTURALE MADRETERRA

La direzione non risponde del contenuto degli articoli firmati e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti, degli intervistati e per le informazioni trasmesse da terzi.Il giornale si riserva di rifiutare qualsiasi inserzione.Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.I diritti di proprietà artistica e letterariasono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.L’associazione si riserva il diritto di non pubblicare le inserzioni e le comunicazioni pubblicitarie degli inserzionisti che:1. Siano contrarie agli interessi della asso.2. Violino le disposizioni vigenti in materia di diritto d’autore3. Contengano informazioni fuorvianti e scorrette4. Non rispondano ai requisiti minimi di impaginazione professionale5. Non siano pervenute nei termini concordati6. Siano state fornite in modo incompletoIn tutti i casi l’associazione non è responsabile per il contenuto di dette inserzioni e comunicazioni.

La città di Palmi ha sempre potuto vantare dei trascor-

si di tutto rispetto in moltissimi campi dell ‘espressione artistica e letteraria. I nomi di Cilea, Manfro-ce, Rèpaci, solo per citarne alcuni, campeggiano orgogliosi tra le pagine della storia della nostra città, che si è sempre distinta, nello spazio della Piana (e non solo), per le sue solide basi culturali e la spiccata vena cre-ativa di molti concittadini illustri, di ieri e di oggi. Nel tentativo, dunque, di dare seguito a questa onorabile tradizione, l ‘Associazione Turistica Proloco Palmi ha voluto impegnar-si per la realizzazione di un evento che coniugasse finalità euristiche di scoperta di nuovi talenti, in uno con lo scopo di fornire agli stessi gli ele-menti tecnici di base per l‘ingresso nel mondo della Fotografia.

L ‘attività fotografica, infatti, pur tra le difficoltà incontrate agli esor-di, è riuscita quasi subito - e grazie soprattutto all ‘attività del movi-mento pittorialista, capeggiato da Alfred Stieglitz nei primi venti anni

del novecento - a ritagliarsi un posto di tutto rispetto tra le tradizionali forme dell ‘arte figurativa. Certo, la sua evoluzione gli ha conferito uno spessore e una caratterizzazione ontologicamente differenti da ciò che comunemente, viene ricolle-gato al termine “Arte”, ma ciò non consente tuttavia di negare che la Fotografia possa essere arte, o, più esattamente, che attraverso di essa sia possibile seguire un percorso ar-tistico.

La Fotografia è ad un tempo mez-zo di espressione, di comunicazione, strumento narrativo e di osservazio-ne dell ‘ambiente (locuzione che, a sua volta assume innumerevoli altre accezioni); ma la particolarità più importante di essa e che, parados-salmente, ne ha ostacolato l ‘af-fermazione come autonoma forma d ‘arte, consiste nel fatto che, una volta acquisite le pur ostiche cogni-zioni tecniche (di base e avanzate), è possibile concentrarsi unicamente sul messaggio da veicolare attraver-so le proprie fotografie, senza che

tutto il resto costituisca più un osta-colo alla libera espressione.

È con queste premesse che vi in-vitiamo ad iscrivervi a questo Corso, nel quale saranno illustrati i fonda-menti tecnici dell ‘arte fotografica; il corso è infatti finalizzato a fornire agli iscritti, gli strumenti minimi per affrontare scientemente l ‘attività fotografica ed iniziare, eventual-mente, un percorso personale di approfondimento. Tra gli obiettivi si annovera anche quello di innescare tra i corsisti un interesse verso la pratica fotografica che vada al di là dei fini meramente estetici e perso-nali, mirando piuttosto a sollecitare aspetti più interessanti e meno noti della Fotografia e che fanno della stessa un importante strumento di affinamento della capacità di osser-vazione, non solo estetica ma anche sociale, antropologica, architettoni-ca, storica e quant ‘altro.

Il corso inizierà giorno 11 luglio 2011 alle ore 18, presso i locali del-la Proloco; durerà un mese circa, con due lezioni a settimana (tra cui alcune pratiche). Potrete tro-vare tutte le informazioni per l’i-scrizione sulla pagina Facebook ufficiale dell’Associazione Proloco www.facebook.com/proloco.palmi (sezione “EVENTI”), oppure potete scrivere una E-Mail al seguente indi-rizzo: [email protected].

Giancarlo Parisi (per l’Ass. Proloco)

SOMS - PREMIAZIONE CONCORSO “150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA”

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4Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

AttuAlitA’ Palmi

Dopo un anno intenso e ric-co di iniziative si chiude,

si spera solo momentaneamen-te, il progetto “Anziani meno soli” ideato dalla Dirigente Dott.ssa Cettina Fedele, responsabi-le dell’area politiche del welfare nell’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Palmi, in colla-borazione con l’Associazione di Volontariato “Presenza”. L’inizia-tiva si era aperta un anno fa, nel maggio del 2010, e aveva visto inizialmente un timido consen-so da parte dei palmesi over 65 che erano stati invitati in massa a partecipare. Consenso, che poi, è andato via via ingrandendosi, sino ad arrivare a contare circa 150 iscritti. Il progetto si è proposto il nobile obiettivo di “rianimare” la vita sociale degli anziani, propo-nendo diverse attività artistico-espressive e socio-culturali. Sono state organizzate, infatti, diverse gite guidate (Paravati, Seminara, Pizzo Calabro, Reggio Calabria e

Si chiude con SucceSSo il progetto “AnziAni meno Soli”Grande spettacolo conclusivo al salone pio X per il proGetto dell’associazione presenza in collaborazione con il comune di palmi

di Paolo Lucio Albanese Tropea), diversi momenti ricreati-vi come la tombolata di Natale, la sfilata di Carnevale, la festa di primavera e la festa della mam-ma. Inoltre, vanno sottolineate le attività di cineforum, di laborato-rio teatrale e i diversi momenti di ritrovo di natura socio-culturale, come l’incontro intergenerazio-nale, in cui gli anziani, hanno avuto la possibilità di parlare di usi e costumi del loro tempo con i giovani dell’oratorio della parroc-chia. Il Presidente dell’Associa-zione “Presenza”, Don Silvio Me-siti, nonché l’Assessore ai Servizi Sociali, il Dott. Ortuso, si sono detti molto soddisfatti dell’inizia-tiva, ed hanno sottolineato come il Centro “Presenza” sia una delle realtà più importanti della Pia-na, poiché, ha permesso di po-ter realizzare le varie iniziative, sfruttando le diverse strutture di cui dispone. Non solo, dunque, il Centro ed il Salone Pio X, ma anche il Parco Ambesi e l’Hotel Presenza. Per concludere degna-mente il percorso, il 17 maggio al Salone Pio X, è stato organizzato lo spettacolo “Musica, anziani e…

fantasia” con la regia di Sabri-na Esposito e la collaborazione musicale di Giuseppe Cipri. Si è avuta, così, l’occasione di dare sfoggio della preparazione degli anziani in ambito teatrale e non solo. Santa e Santina Aricò, Lui-sa Buonocore, Marianna Candi-do, Domenico Corigliano, Rosario De Domenico, Emilia Fondacaro, Umberto Gioffrè, Maria Iannello, Teresa Managò, Titina Militano, Soccorsa Napoli, Concetta Puglie-si, Iole Scidone, Grazia Solano, Lilla Speranza, Carmine Zirino e Fortunata Zoccali. Questi sono i nomi degli anziani che hanno re-citato, ballato, cantato ed inter-pretato poesie. La preparazione dello spettacolo ha visto coinvolti tutti gli operatori che hanno la-vorato tutto l’anno in compagnia degli anziani. I protagonisti della serata sono stati, infatti, diretti magistralmente da Sabrina Espo-sito, che si è anche impegnata come presentatrice della serata, e coadiuvati da: Maria Albanese, che si è anche prodigata come suggeritrice, assistente di scena e alla regia; Giovanni Lettieri e

Fortunato Cipri, impegnati come macchinisti e collaboratori di sce-na; Francesca Morabito e Nicolet-ta Zampogna, che si sono messe in gioco recitando in uno sketch accanto agli anziani. Erano, giu-stamente presenti allo spetta-colo, l’assistente sociale Claudia Zampaglione, referente e respon-sabile per il progetto, e la psico-loga Fabiana Minutolo. Entrambe hanno dato il loro prezioso contri-buto al progetto in generale e alle varie iniziative intraprese.

Nonostante i numerosi tagli ai fondi destinati ai Servizi Sociali, l’augurio ed il desiderio, in meri-to a questo progetto, è che esso venga rinnovato, perché lo spet-tacolo a cui numerosi palmesi hanno assistito il 17 maggio era degno di nota e gli anziani non si sono risparmiati in termini di gratitudine ed entusiasmo, nei confronti di tutti coloro i quali li hanno accompagnati in questo magnifico percorso. Ancora una volta gli anziani ci dimostrano che non sono assolutamente una risorsa da sottovalutare e che da loro c’è sempre da imparare.

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AttuAlitA’ Palmi

Continuano, con il solito entusiasmo, i lavori per

la sistemazione delle fontane dei Canali. Gli artisti, Achille Cofano a Maglie (Le), Maurizio Carnevali a Lamezia Terme (Cz) e Fabio Belloni a Palmi, sono entrati nella fase più delicata della lavorazione, che oltre a riguardare la progettazione e la creazione dei bassorilievi in bronzo - che saranno, poi, col-locati sui frontali delle stesse fontane - richiede, anche, un

grande sforzo dal punto di vi-sta fisico. Intanto, nel cantie-re, i ragazzi guidati da Tonino Orlando, proseguono il lavoro che ha visto il completamento della prima parte, riguardante lo smontaggio dei vecchi rive-stimenti delle pareti di marmo e della pavimentazione, che verranno, successivamente, so-stituiti da materiali simili. Nella grande ” famiglia ” di collabo-ratori, è entrato a far parte, anche, il liceo artistico“ Nico-la Guerrisi ” di Palmi, che, con Albino Cannizzaro e Carmelo Cambareri, bravi esperti nel

di Cettina Angì

ALOI ROCCOANDRONE ATTILIOANEDDA VANESSAANGALO’ ROBERTAARCURI ANTONELLOARCURI LORENZOARCURI ROSARIAARCURI SANTOAUDDINO VINCENZOBAGALA’ DOMENICABAGALA’ EMILIOBARBERA CARMELABARBERA MARIABARONE GIOVANNIBELLAFIORE PAOLA MARIABELLONI FABIOBIAMONTE DOMENICOBONASERA ANTONIOBORGESE TERESABOVI CRISTOFOROBRANDO GIUSEPPECAJAZZO MASSIMILIANOCALOGERO ALBERTOCALOGERO SALVATORECARATOZZOLO DOMENICOCARIDDI GIUSEPPINACARMELITANO MATTEOCARNEVALI MAURIZIOCARPANO ANTONINOCARROZZA DOMENICOCATALANO MARIA ROSARIACATALANO RACHELECELI ANNACERBINO SIGFRIDOCHOTEAU PASCALECIAPPINA FRANCESCOCILONA ROCCOCOFANO ACHILLECOLLURA FRANCESCOCOSENTINO RITACOSENZA PASQUALECOSTA CONCETTA MARIACOSTA GIOVANNICREA SAVERIOCRICRI’ GIUSEPPECUCINOTTA VINCENZOD’AGOSTINO FRANCESCODAVI’ GIUSEPPEDE FRANCIA SALVATOREDE FRANCIA VINCENZOFARINA MAURIZIOFEBBO VERONICAFEBBO VIVIANAFEDELE GIOVANNIFONDACARO PASQUALEFRANCONIERI PASQUALEFRISINA DOMENICOFRISINA MARIANTONIETTAFRISINA PASQUALEGAGLIARDO DANIELEGALIBERTI SARAGALLETTA GUIDOGARGANO ERNESTOGAUDIO ENNIOGAUDIO ALDOGAUDIO LUCIANOGAUDIO SERGIOGRASSO DAVIDE E MARCOHYERACE FRANCAIARIA ROSETTAIMPIOMBATO MANUELAINFANTINO ENZOLEONARDIS SANTINALIROSI ALFONSOLOPREVITE TERESAMAGAZZU’ ANTONINOMAGAZZU’ GIUSEPPEMAISANO DOMENICOMALGERI ANTONIO

HANNO CONTRIBUITO...

IMPRESE ED ASSOCIAZIONI“ARABA FENICE “ PALMI“ARCURI” - ARREDAMENTI“COMPROORO” DI ROCCO ISOLA“FONTANA PASQUALE”-IMPRESA IDRAULICA“I CANALI DEL GUSTO” -RISTORANTE“IANNELLI GIUSEPPE”-IMPRESA EDILE“REVOLUTION SRL”“SCHIPILLITI VINCENZO E FIGLIO”- IMPRESA EDILE“SIMONETTA VINCENZO”- IMPRESA EDILE“TEMPTATION GROUP SRL”“TG FASHION SRL”“YO KING” - YOGURTERIA-CREPERIA“ARTE MARMO” DI CALABRO’ ROSARIO“DE NICOLA” AGENZIA VIAGGI“EDIL DECORO” DI FORTUGNO E SAFFIOTI“HOME DESIGNER” DI GIUSEPPE MAGAZZU’AGO SRL -TELEFONIA -INFORMATICAASSOCIAZIONE SPORTIVA FISIOFITC. G. I. L. --GIOIA TAUROCAF “CONF LAVORATORI” SRL PALMICATTOLICA ASSICURAZIONI -PALMICIRCOLO CACCIATORI- PALMIEDIL CASA DI ROSATO ELEONORA IMPRESA EDILE - PALMILEONARDO SRL-GIOIA TAUROLICEO ARTISTICO “M. GUERRISI” - PALMIP.L MURATORE SAS EDILIZIA LEGNAMI VERNICI-PALMI PARDEO FRANCESCO-IMPRESA EDILE - PALMIPATRONATO ENCAL-CISAL -PALMISAFFIOTI INFORMATICA SRLSMART INFISSISOCIETA’ OPERAIA DI M. S. -PALMI

MANAGO’ VINCENZOMASSEO FRANCESCAMATARESE GIOVANNIMATINA FRANCOMAURO SILVANAMELINI CARLOTTAMELINI CHIARA MARIAMELINI MARIA PIAMELISSARI FRANCESCOMERCURI FRANCESCAMILITANO CONCETTAMISALE CARMELOMURATORE NUCCIOMUSCARI GAETANONAPOLI ALESSANDRANATALE MARINANAVA ANTONIONOTO VINCENZOOLIVA CARLOORLANDO TONINOORTUSO ROSARIOORTUSO GIOVANNAORTUSO NUCCIAORTUSO ROCCOPARDEO FRANCOPARDEO GAETANOPARISI ENZOPARRELLO CANDELOROPARRELLO PINOPARRELLO ROCCOPARRELLO ROSAPASQUALINO FELICEPELLEGRINO ANTONINOPETITTO ANTONIOPETITTO PINAPETITTO ROSAPETITTO SAVERIOPICCOLO GIOVANNIPIPINO ROBERTOPUGLIESE FRIGHIPUTRINO DOMENICORANDAZZO ANTONIORASO FERDINANDOREALE CLAUDIORIGANATI SAVERIORIGITANO EUGENIORIZZITANO CARMINEROMEO CARMELOROMEO ROBERTOSAFFIOTI SAVERIOSALERNO CARMELOSCARCELLA ANTONINOSCARCELLA MONIASEMINARA EUGENIOSEMINARA GIANNI E LILLASEMINARA GIROLAMOSOLANO VINCENZOSPRIZZI MARIOSPRIZZI PASQUALESURACE ROCCOSURACE VINCENZOTEDESCO CHRISTIANTEDESCO VINCENZOTOSCANO GIUSEPPETRAMONTANA NUCCIOTRENTINELLA LIDIATRIMBOLI ROCCOTRIPODI PINOVENTRICE ALBERTOVENTRICE LOREDANAVENTRICE PAOLOVIGNA RENATOZAGARI COSIMOZAPPATORE NICOLAZAVAGLIA SIMONEZIRINO CARMELOZIRINO PASQUALEZOCCALI DOMENICO

L’elenco dei donatori sarà aggiornato ad ogni uscita del giornale.

Il Maestro Fabio Belloni al lavoro nel suo laboratorio.

settore, porterà un prezioso contributo per il completamen-to dell’opera. Il compito dei rappresentanti del liceo è quel-lo di ricostruire fedelmente, le scritte in bronzo, OLMO E VITI-CA, che erano collocate nella parte superiore delle nicchie ed indicavano le diverse sorgenti di provenienza dell’ acqua. Oc-corre segnalare, per dovere di cronaca, alcuni gesti di gene-rosità, che come sempre, ac-compagnano tutte le iniziative dell’Associazione “Prometeus”; oltre alla disinteressata opera d’ingegno degli artisti, dell’ar-chitetto Schipilliti, il grande apporto dei soci, Orlando, Par-deo, Iannelli, Fontana, Arcuri, Caravelli e Simonetta che, con entusiasmo e sacrifici, comple-teranno il progetto architetto-nico, si uniscono quelli delle ditte: MURATORE, che fornisce, giornalmente e gratuitamen-te, tutto il materiale edile e di cantieristica necessario alla ristrutturazione; CALABRO’ di Bagnara, che fornirà gratuita-mente il marmo di rivestimento delle fontane; MAGAZZU,’ che finanzierà la pavimentazione del marciapiede. Ma, senz’al-tro, l’opera più nobile e straor-dinaria è quella compiuta dalla gente di Palmi, il cui generoso apporto finanziario, ha raggiun-to quasi l’ammontare prefissa-to, alla vigilia dei lavori, neces-sario per completare l’opera.

La “Fontana dei Canali”

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ASSOCIAZIONE PROMETEUSUN ALTRO REGALO ALLA CITTA’

12 giugno 2011

Da un’idea di Don Silvio Mesiti, nell’ambito della ristrutturazione del piazzale antistante la Chiesa

Madre, viene confezionato, da parte dell’Associazione di volontariato “Prometeus”, un altro splendido regalo alla Città di Palmi.

L’affresco digitale, che rappresenta la Madonna della Lettera in un grande abbraccio alla città, è stato curato, graficamente, da Paolo Ventrice, socio Prometeus, con l’intento di assecondare quanto più possibile la volontà di Don Silvio ed estrapolare il profondo significato che il parroco ha voluto dare con questa rappresentazione delle immagini della Madonna e della città, fuse in un abbraccio amorevole.

L’applicazione dell’affresco, realizzata con grande ma-estria e con tecniche all’avanguardia dalla ditta “Leonar-do srl” del socio Bruno Vadalà, rappresenta il primo lavo-ro, almeno per le sue dimensioni, realizzato in Calabria.

In alto e a lato - Momenti dell’inaugurazione dell’affrescoSopra - Operai ed artisti in una fase di ritocco.

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8Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

AttuAlitA’

Investire in sicurezza in que-sti anni ha voluto dire anche

risparmiare, e non solo evitando salatissime multe, infatti, essere in regola con le disposizioni del D.Lgs 81/08 ha portato a riduzioni dei contributi INPS e INAIL.

L’INAIL dal 2000 premia con uno “sconto” denominato “oscillazione per prevenzione” le aziende, ope-rative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il migliora-mento delle condizioni di sicurez-za ed igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia.

L’oscillazione del tasso è uno dei meccanismi di incentivazione per la sicurezza voluti dall’Inail che ha previsto che le aziende che hanno attuato nell’anno ulteriori inter-venti migliorativi nel campo della prevenzione possano accedere a uno sconto del premio in funzione dei lavoratori (30% fino a 10 - 23% da 11 a 50 - 18% da 51 a 100 - 15% da 101 a 200 - 12% da 201 a 500 - 7% oltre i 500, dove per numero di lavoratori si intende il numero di lavoratori medio relativo all’anno per cui si richiede lo sconto).

Il richiedente deve dichiarare di essere in regola con gli obblighi contributivi ed assicurativi e che nei luoghi di lavoro per cui si ef-fettua domanda di riduzione sono rispettate le disposizioni in mate-ria di prevenzione infortuni e di igiene nei luoghi di lavoro, inoltre, deve dichiarare che nell’anno sola-

RISPARMIARE IN SICUREZZAre precedente sono stati effettuati interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza ed igiene sul lavoro.

Gli interventi sono suddivisi in otto sezioni:A. Interventi particolarmente ri-levanti B. Prevenzione e protezione C. Attrezzature macchine e im-pianti D. Sorveglianza sanitaria E. Formazione F. Stabilimenti a rischio di inciden-te rilevante G. Cantieri temporanei o mobili H. Attività di trasporto

Per accedere alla riduzione del tasso medio è necessario aver ef-fettuato almeno uno degli inter-venti della sezione A, o in alterna-tiva, l’azienda deve aver realizzato almeno tre interventi appartenenti alle seguenti sezioni di cui almeno uno deve appartenere alla sezione E (Formazione).

Per quanto riguarda l’INPS questa, con la circolare n. 7 del 20/01/2011, ha previsto, come ne-gli anni precedenti, una riduzione contributiva a favore delle imprese edili, in ottemperanza dall’art.29, comm.2, della legge n.341/1995, pari all’11,5%. Il beneficio si ap-plica per le imprese impegnate attività edile individuati dai codici ISTAT 1991 dal “45.11” al “45.45.2”, ai soli operai occupati con un ora-rio di lavoro di 40 ore settimanali, non spetta per quei lavoratori per i quali sono previste specifiche agevolazioni contributive ad al-

tro titolo (ad esempio, assunzione dalle liste di mobilità, contratti di inserimento, ecc.) e non è applica-bile al Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

I requisiti per accedere all’age-volazione sono:• possesso dei requisiti per il

rilascio della certificazione di regolarità contributiva anche da parte delle Casse Edili;

• non aver riportato condanne passate in giudicato per le vio-lazioni in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro nel quinquennio anteceden-

te alla data di applicazione dell’agevolazione;

• l’obbligo del rispetto del con-tratto collettivo;

• regolarità del DURC. Informazioni utili in merito agli

sgravi sono reperibili via web nei siti www.inps.it, www.inail.it o in blog come www.sempreinsicurez-za.blogspot.com.

Se quest’anno non si è fatto in tempo a sfruttare queste occasio-ni non bisogna lasciarsi sfuggire la possibilità di farlo l’anno prossimo programmando opportunamente gli interventi da fare.

di Santo Loiaconi

LEON PANETTA AVVOCATO A CAPO DELLA CENTRAL INTELLIGENCE AGENCY (C.I.A.).

E’ CALABRESE L’ IDEATORE DELL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO ALLACATTURA E ALL’UCCISIONE DI OSAMA BIN LADEN, CAPO DI AL QAEDA.

Nei media, soprattutto in quelli nazionali, quando si deve parla-re di Calabria e di calabresi, inevitabilmente, si fa riferimento

a ‘ndrangheta, delinquenza, abusivismo, assistenzialismo, insomma, tutto ciò che può rappresentare negatività, in tutte le sue forme e spigolature.

Quando, al contrario, c’è da mettere in evidenza un fatto positivo e che mette in luce serietà, impegno e preparazione della gente di Calabria, tutto tace.

Infatti, pochi sanno che l’operazione compiuta in Pakistan dai re-parti speciali americani, che ha portato alla morte di Bin Laden, è stata diretta da un calabrese doc, Leon Panetta originario di Sider-no.

L’avvocato Leon Panetta, capo della C.I.A., che presto assumerà

la guida del Pentagono, nella notte tra l’1 e il 2 maggio, ha condotto, con grande ingegno, da buon calabrese, il bliz americano che ha elimi-nato fisicamente il capo di Al Qaeda.

Negli anni ’50 i fratelli Domenico e Carme-lo Panetta emigrarono in America, per trovare quella fortuna che l ’adorata Calabria non riu-sciva ad offrire loro. Domenico tornò, non sop-portava di vivere lontano dalla famiglia, Il papà di Leon, Carmelo, invece si stabilì a Monyterey,

in California, dove aprì un ristorante e dove poi, nacque Leon. Già da piccolo, Leon, era un ragazzo studioso, il pomeriggio preferiva stare a casa a studiare, anziché andare a giocare per strada con gli amici.

E’ diventato prima, un grande avvocato e poi, capo dello staff dell’ex Presidente americano, Bill Clinton. Uomo di grande cultura e di estremo rigore, in America lo dipingono come un uomo duro e tutto di un pezzo, ma in realtà è dotato di una grande umanità ed è molto legato alla sua terra di origine, tant’è che dietro la sua scrivania, alla Casa Bianca, pare abbia un quadro che raffigura la città di Siderno, dove, fino a poco tempo fa, era sindaco suo cugino, l’ingegnere Domenico Panetta. Non parla molto bene l’ italiano, al-meno così riferiscono i suoi parenti, ma con i cugini e gli amici, parla ancora e benissimo ‘u calabrisi!

di Salvatore De Francia

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LEON PANETTA AVVOCATO A CAPO DELLA CENTRAL INTELLIGENCE AGENCY (C.I.A.).

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Punti di vistA

La legge 109/96 L’applicazione della legge

109/96, certamente la frontiera più avanzata dell’antimafia socia-le, è riuscita in questi anni a crea-re, nel martoriato Sud, occasioni di lavoro, servizi, lotta al disagio, re-ali alternative al sistema mafioso.

Non è facile ricostruire dignità e diritti nelle terre dove la crimi-nalità organizzata ha una lunga storia di sanguinaria egemonia, di insopportabile padronanza del territorio e di illecito accumulo di denaro e patrimoni. Non è facile, ma l’uso sociale dei patrimoni sot-tratti alle mafie è il punto d’inizio, lo strumento, la leva per comin-ciare a farlo.

La Valle del Marro – Libera Terra“Per avere cose mai avute bisogna

fare cose mai fatte”. Per avere i di-ritti che altrove sono scontati, per riconquistare la dignità di cittadini, un gruppo di giovani della Piana di Gioia Tauro ha costituito nel 2004, sulla base di un progetto di Libera e con il sostegno del progetto Polico-ro della Cei, una cooperativa socia-le, la Valle del Marro - Libera Terra, con l’intenzione di coltivare terre-ni confiscati alla ‘ndrangheta. Una vera e propria sfida: nulla di tutto questo era mai stato tentato nella Piana di Gioia Tauro, nulla prima di quell’anno. Eppure era enorme la mole di beni confiscati, tra terreni, palazzi, ville.

La verità è che confiscare non basta. Fino a quando i beni con-fiscati non vengono realmente ri-utilizzati, continuano ad avere il marchio di chi prima li possedeva. Anche se abbandonati, conservano il simbolo del dominio.

In questi anni, pur tra tante diffi-coltà burocratiche e nonostante la ricorrente ostilità mafiosa, la Valle del Marro - Libera Terra ha visto assegnarsi un numero sempre più consistente di terreni confiscati nella Piana di Gioia Tauro. Erano terreni in stato di degrado, con al-beri e strutture dolosamente dan-neggiate: uliveti, orti ed agrumeti che faticosamente, grazie all’inde-fesso lavoro di tutti i soci, hanno ripreso vita e produttività.

Contro ogni pronostico sulla riu-scita di questo progetto imprendi-toriale, la cooperativa ha avviato coltivazioni biologiche di melanza-na, peperoncino piccante, olivo e ne ha ricavato conserve alimentari e un premiatissimo olio extraver-gine di oliva: produzioni che oggi si trovano sugli scaffali delle Coop e delle botteghe del commercio equo e solidale..

Quel gruppo di giovani ha scelto di essere protagonista, di scrivere una pagina di cambiamento, di non tirarsi indietro ma di farsi avanti e afferrare il futuro. Con loro tutto un territorio, oggi, può sentirsi più ricco di speranza, di coraggio, di spirito d’iniziativa. Riappropriarsi di beni sottratti dalla mafia alla comunità, fa tutt’uno con la riap-propriazione del proprio futuro.

Curvare l’arco della Storia ver-so la giustizia

Nella Piana di Gioia Tauro si è segnato un significativo punto a

DAL MALTOLTO AL BUON RACCOLTO

favore della legalità, proprio lad-dove la mafia calabrese è nata e si è evoluta, proiettandosi nel resto d’Italia e del mondo. Nella Piana di Gioia Tauro, le mafie han-no subito uno smacco sociale for-te, amplificato dalla possibilità di questi giovani, e di tanti altri che si vogliono impegnare, di vivere li-beri, di vivere del proprio onesto lavoro, di vivere con la certezza che tutt’insieme possiamo curvare l’arco della storia verso la giusti-zia. L’arco si curva, ma ci vuole forza, costanza, determinazione. Non è facile ma è possibile cur-vare l’arco del tempo in direzione dei diritti.

Il cammino di questi giovani è stato a volte in salita, a volte tor-tuoso, ma mai è finito in un vicolo cieco. L’ottimismo non è mai ve-nuto meno e la solidarietà di tanti gruppi è stata un sicuro e fidato compagno di viaggio. Su questo cammino i giovani della coopera-tiva si sono mossi tanti anni fa, partendo da tappe importanti di educazione e di fede. Molti di loro sono cresciuti all’ombra del cam-panile, hanno fatto esperienza nei gruppi scout e nel volontariato. Sono stati questi percorsi ad averli portati a respingere il mal comune fatto di rassegnazione culturale al potere mafioso.

I buoni, giusti e puliti prodotti della terra libera

Oggi sulle campagne un tempo sfruttate, saccheggiate e deva-state dalla mafia, la “Valle del Marro - Libera Terra” scrive tutta un’altra storia, dove si racconta di lavoro regolare, di alternative di vita, di economia agricola lega-le. Dal “maltolto” si è passati al “buon raccolto” di frutti che han-no il sapore della giustizia.

L’ultimo di questi prodotti è l’a-rancia, nelle sue diverse varietà. Le arance “etiche”, raccolte sul-le terre confiscate, sono simbolo di giustizia, onestà e dignità, e si contrappongono a quelle altre arance, le “arance di carta” che negli anni 90 alimentavano non il consumatore, ma le frodi nei con-fronti dei sussidi europei.

Il lavoro vero nasce dalla lega-lità e dall’antimafia sociale

Produrre conserve alimentari,

olio extra-vergine d’oliva e aran-ce, tutti rigorosamente biologici, significa contribuire alla costruzio-ne delle strutture dell’«antimafia sociale».

Una di queste strutture è sicu-ramente la creazione di lavoro, ancora più importante se basato su modelli gestionali e decisionali partecipati e coinvolgenti come il lavoro in cooperativa.

Bisogna impedire alle organizza-zioni mafiose di continuare ad agi-re all’interno del sistema econo-mico produttivo e dunque anche nel mercato del lavoro. Oggi in co-operativa lavorano 15 persone, tra cui 4 soggetti svantaggiati e 3 mi-granti feriti durante gli scontri di Rosarno. E oggi la gente del posto comincia a capire che la mafia non dà lavoro vero, che chi calpesta i diritti con una mano non potrà mai garantirli con l’altra.

L’offensività mafiosaPer il fatto di dare lavoro attra-

verso i beni confiscati, per il dare speranze alla gente e aiutarla a ritrovare una dimensione in cui sentirsi persone libere e non con-dizionabili, per tutto questo la co-operativa ha subito dalla mafia sa-botaggi e furti di mezzi ed attrez-zature agricole. Più volte i soci sono stati oggetto di intimidazioni simboliche come la saldatura delle porte scassinate, la rimozione dei lucchetti dei capannoni e il furto d’uso di un furgone aziendale.

Per la mafia locale l’uso sociale dei beni confiscati è uno smacco al proprio prestigio sociale e una mi-naccia alla sua capacità di gestire il consenso della gente. La perdita del bene può essere per i mafiosi un danno economico, ma è pri-ma di tutto un duro colpo al mito dell’impunità del mafioso e a quel-lo dell’intoccabilità della “roba”. La restituzione della “roba” alla collettività è un pugno allo stoma-co, specie quando come nel caso delle cooperative agricole di Libe-ra, si crea sviluppo, si migliora la vivibilità dei luoghi dove si vive, si fanno uscire i giovani che vengono a chiedere lavoro da noi, da quel-la condizione di sudditi schiacciati dalle mafie con il ricatto del biso-gno.

I campi di volontariato e studio

“Estate Liberi!”Siamo consapevoli che in terra

di mafia nessun cambiamento può avvenire senza un grande investi-mento culturale. Il cambiamento deve essere innanzitutto di men-talità, deve essere estirpata la “mafiosità” strisciante, l’indivi-dualismo insofferente delle rego-le, la ricerca del privilegio, dell’in-teresse privato contro quello pub-blico. E’ fondamentale in questo il ruolo della scuola e della “extra scuola”.

In modo sempre più frequente le scuole e le associazioni aderiscono alla proposta formativa dei campi di lavoro “Estate Liberi” promos-si da Libera e ospitati in Calabria dalla Valle del Marro – Libera Ter-ra. Da noi in media si toccano, nel periodo estivo, circa quattrocento presenze di volontari. Sono giova-ni, come quelli presenti stasera, pronti a sporcarsi mani e piedi affinché sui terreni confiscati alla mafia si possa cominciare a co-struire un futuro diverso, in cui la mafia non sia solo contrastata, ma sconfitta. I volontari dei campi “Estate Liberi” lavorano di mat-tina sui terreni e di pomeriggio incontrano i familiari di vittime delle mafie che attendono ancora giustizia e verità, e i testimoni di giustizia che hanno disinteressa-tamente messo la propria vita al servizio del bene comune. Il lungo filo della memoria, in cui sono ina-nellate la storia di tante vite inno-centi spezzate dalla violenza ma-fiosa, il lungo filo che unisce nomi e simboli di volontà indomabili, che non si sono piegate al potere mafioso, questo lungo filo è come tenuto in mano dai volontari che idealmente lo intrecciano ai filari di melanzane e peperoncini colti-vati sui terreni confiscati, e rendo-no la memoria fertile d’impegno, di solidarietà, di voglia di mettersi in gioco nella difesa del territorio dall’aggressione mafiosa.

Per avere informazioni sullenostre attività e partecipare attivamente contattateci su

[email protected]

ASSOCIAZIONE “LIBERA PALMI”Working in progress

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Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

Punti di vistA

di Nella Cannata

Non sempre quando si parla di disoccupazione ci si ri-

ferisce al mondo giovanile. Oggi è molto facile ritrovarsi anche a 40 anni e più, senza un lavo-ro stabile, con tutti i problemi che ne conseguono. Dopo anni di studi, dopo essere finalmente riusciti ad avviare una carriera e a raggiungere una posizione di cui andare fieri, può succede-re che da un giorno all’altro ci si ritrovi in mezzo ad una strada. Troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per lavorare! È la condizione in cui si trovano circa 700.000 italiani oltre i 40 anni, costretti a vivere senza redditi, contando sui familiari, o accettando il quotidiano ricatto di lavori precari, sottopagati e dequalificanti. Si tratta di una ci-fra calcolata per difetto, perché occorrerebbe aggiungere i cassin-tegrati (disoccupati mascherati) e molte altre persone vittime di mobbing, che non vengono rile-vate dalle statistiche in quanto sono state costrette a dimetter-si e non possono “godere’ detto status di disoccupato. Molti sono operai, ma sempre più sono im-piegati, quelli che una volta era-no chiamati “colletti bianchi”, invidiati per il bel lavoro sicuro che dura fino alla pensione. Per

Rimettersi in gioco: Una sfida per i disoccupati maturi

loro si paventa la spirale della “disoccupazione di lunga durata” che, alla luce dello scenario oc-cupazionale attuale, sempre più esigente e competitivo, probabil-mente li porterà a non rientra-re più nel mercato del lavoro. Il problema è oggi trasversale, toc-ca tutte le professionalità e non conosce frontiere regionali. Le conseguenze sono drammatiche, con ripercussioni sul contesto so-ciale e soprattutto sulle famiglie, sprofondate nel buio più assoluto della povertà e spesso, della de-pressione. L’inattività, porta l’in-dividuo ad avere una percezione deformata si se stesso, a sentirsi inutile e fallito e comportando la assoluta mancanza di autostima, lo proietta in una dimensione di apatia e vulnerabilità psicolo-gica. Il disoccupato diventa un peso anche nei rapporti sociali in genere, nella famiglia e nella coppia, diventa un problema esi-stenziale per il continuo stato di malumore, di apprensione dinan-zi ad un futuro incerto. Le orga-nizzazioni di settore, però, affer-mano che in Italia, il problema è semi invisibile, discusso solo in termini approssimativi ed emer-genziali, non ancora provvisto di tutele significative, nonostante continui ad essere sempre di più ampia portata. In questi giorni circola un video in rete, una let-tera aperta di alcuni lavoratori

“over 40” che si appellano al mi-nistro Tremonti perché interven-ga a risolvere questo drammatico problema. “Non siamo scarti” dicono con dignità, questi maturi disoccupati, “abbiamo paura di perdere la fiducia in noi stessi”…una paura che è giustificata pro-prio dall’indifferenza e dall’iner-zia che aleggia, ormai da troppo tempo, intorno alla “questione occupazione”. Cosa fare, dun-que, per rimettersi in gioco? La faccenda non è di facile so-luzione. Occorre, prima di tutto, non farsi trascinare nel tunnel della disperazione e pianificare un contrattacco. Alcuni psicologi che si sono occupati di approfon-dire la condizione psicologica di coloro che hanno perso il lavoro, sono giunti a consigliare precise strategie da adottare per affron-tare l’esperienza del cambia-mento: una sorta di vademecum che invita alla conoscenza di se stessi per arrivare a saper defi-nire i propri obiettivi (chi sono?

Dove voglio arrivare?). Si tratta quindi, di prendere la responsa-bilità della propria vita agendo subito, senza continuare a riman-dare, traducendo i propri sogni in progetti, pianificando anche i dettagli, dandosi precisi tempi di attuazione. L’invito primario è di essere realistici, tenendo con-to dei propri limiti e dei vinco-li temporali ed economici di cui si dispone. E’ di fondamentale importanza, poi, riqualificare il proprio profilo professionale, non abbandonare la formazione at-tuale ed essere consapevoli che l’esperienza maturata rappresen-ta un punto di forza, un vantaggio comunque acquisito. Nel frattem-po dedicarsi agli affetti e alla fa-miglia, ai propri hobby o ad uno sport, comunque a qualcosa che piace, può aiutare e gratificare. A volte è possibile che proprio una passione si trasformi in un nuovo lavoro…In ogni caso non bisogna mai mollare, mai lasciarsi andare e darsi per vinti! …YOU CAN!

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Punti di vistA

L’Occidente ha “tollerato” la presenza negli anni di que-sti dittatori cosiddetti “mo-derati” perché rappresenta-vano una garanzia contro il tanto temuto integralismo islamico...

Sono mesi che seguiamo con interesse le vicende che ri-

guardano la ribellione dei popoli nord africani e mediorientali an-che perché tutto ciò ci riguarda molto da vicino; il fuoco che co-vava sotto la cenere è divampato invadendo metro dopo metro un territorio ormai molto vasto.

La scintilla è stata innescata dalla “guerra del pane” in Tuni-sia: l’aumento di pochi spiccioli del pane ha fatto esplodere la rabbia della gente che, a causa della estrema povertà in cui vive, per l’aumento sia pur esiguo dei prezzi dei generi di prima ne-cessità è precipitata nella dispe-razione e nella fame. A dispetto di ciò e in spregio alla grave crisi economica, il dittatore “modera-to” Ben Alì viveva in un lusso smo-dato. La rivolta pertanto è parti-ta dalla povera gente, dal popolo che ha allontanato il proprio dit-tatore, ma ciò naturalmente non ha portato automaticamente alla risoluzione della crisi economica, vero è che un’ondata di profughi è partita dalla Tunisia per appro-dare alle nostre coste. Un’orda di disperati, donne, bambini, uomi-ni che hanno venduto tutti i loro averi per procurarsi un biglietto in uno di quei barconi “le carret-te del mare” pur di allontanarsi dalla miseria nella folle speran-za di un futuro migliore per sé e per i propri figli. Ma l’incendio è divampato progressivamente in-vestendo anche Paesi che si con-sideravano non a rischio perché beneficiavano di una più florida economia, come l’Egitto e la Li-bia. In Egitto Mubarak, grande

IL SUD (DEL MONDO) SI SVEGLIAamico del nostro Paese è stato allontanato e mandato in esilio. Il dittatore libico Gheddafi, tol-lerato dall’Occidente per motivi opportunistici, ha scatenato una repressione sanguinosa, ucciden-do migliaia di rivoltosi. La trage-dia umanitaria ha spinto i Paesi della NATO, Italia compresa, ad intervenire militarmente. Ma la fiamma della rivoluzione non si è ancora spenta ed ha già interes-sato la Siria ed in minor misura la Giordania il cui governo è presie-duto da re Hussein, persona colta e moderata, sensibile agli umori del suo popolo.

L’Occidente ha “tollerato” la presenza negli anni di questi dittatori cosiddetti “moderati” perché rappresentavano una ga-ranzia contro il tanto temuto in-tegralismo islamico, ma ritengo che il motivo principale fossero i vantaggiosi accordi economici che i Paesi occidentali, Italia compre-sa, avevano stretto con essi. Solo pochi mesi fa infatti il dittatore Gheddafi è stato accolto a Roma, in pompa magna dal nostro Go-verno, salutato come “amico dell’Italia”, accolto, bandierine in mano, da ben cinquecento fanciulle scelte tra le più belle a rappresentare il nostro Paese. Sono stati tollerati anche gli in-sulti, rivolti alla nostra Patria da Gheddafi, in un farneticante di-scorso, come a dire che, in nome del dio denaro tutto può essere tollerato e in quell’occasione i nostri leader politici sono riusciti a portare a casa fior di contratti per l’acquisto a prezzi vantaggio-si dei prodotti petroliferi libici e di lavoro per nostre aziende per la fornitura di servizi vari. Proba-bilmente il giorno della visita di

Gheddafi a Roma, nessuno avreb-be mai potuto prevedere che di-stanza di appena qualche mese i suoi alleati gli avrebbero voltato le spalle, muovendogli guerra e bombardandolo. Con la Francia in testa i Paesi della NATO hanno deciso di ergersi a difensori del “povero” popoli libico che il pro-prio dittatore voleva schiacciare (mi chiedo cosa avesse fatto fino-ra per meritarsi il pieno appog-gio dei Paesi occidentali). Forse codesti “amici” dell’occidente, imponendo ai loro fratelli la pro-pria volontà con la forza, si rite-neva riuscissero a tenere lontana la minaccia Al Qaeda ed il tanto temuto (dall’Occidente) integra-lismo islamico. Adesso, con l’uc-cisione del nemico numero uno Osama Bin Laden, tale minaccia sembra essere, non dico sfumata, ma quanto meno molto ridimen-sionata per cui i popoli del ricco occidente (nonostante la crisi) possono vivere sonni tranquilli e permettersi il lusso di appoggiare le velleità democratiche dei no-stri poveri “cugini” africani e me-diorientali; salvo poi sbarrare le frontiere ai disperati che fuggono dagli scenari di guerra (Francia in testa, sì proprio quella che ha dato inizio all’escalation milita-re) e a guardare indifferenti la grande tragedia umanitaria che si svolge proprio sotto i nostri oc-chi. Un principio della Fisica re-cita “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Quando si è deciso di dare il via alle azioni militari si doveva pur prevedere un tale esodo di mas-sa. Ritengo di non essere molto lontana dalla realtà quando pen-so che ciò che muove le leve del mondo (magari mascherate da

aiuti umanitari) siano sempre e comunque i vecchi, sporchi inte-ressi economici.

Non esiste una conclusione per queste poche, amare riflessioni. L’unica considerazione possibi-le che mi sento di fare è: “oggi tocca a te, domani a me”. Se i governi hanno davvero a cuore il destino dei popoli del terzo mon-do, se tutte le persone di buon senso auspicano una riduzione delle grandi disparità fra i popoli, il modo per aiutarli c’è davvero! Non solo viveri, medicine e ve-stiario ma strutture per la mo-dernizzazione e lo sfruttamento delle loro risorse, investire sulla formazione delle popolazioni in-digene e educarli a vivere con le proprie forze e a puntare sullo sviluppo della propria Terra. Ogni guerra si porta dietro un inevita-bile bagaglio di violenza, non può esistere guerra senza violenza, senza armi e la violenza, da che mondo è mondo, genera altra vio-lenza, in una micidiale spirale di cui si può conoscerne l’inizio, ma mai la fine! I nostri padri fondato-ri, che uscivano dalla devastazio-ne del secondo grande conflitto mondiale, scrissero sulla nostra Costituzione: l’Italia ripudia la guerra!” Come a voler dire alle generazioni future: “state lonta-ni da essa! Aborrite ogni forma di violenza!” Non può esistere una guerra umanitaria poiché la pa-rola guerra è di per sé L’antitesi di umanità: è proprio la negazio-ne, la distruzione dell’umanità! Occorre dunque avere il coraggio di alzare la voce, in modo che si senta sopra il rombo ed il clan-gore delle armi e gridare pace, accoglienza, disponibilità vera ad aiutare i poveri e i derelitti!

di Carmela Gentile

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Uno scenario politico terri-ficante, foriero di sviluppi

ancora più tragici, si presenta agli occhi degli Italiani. La turba dei politicanti di mestiere, adu-si ad ogni compromesso pur di mantenere le ignobili guarentigie e prebende connesse al mandato parlamentare, sta sprofondando la nostra Nazione in una situa-zione di caos che appare irrever-sibile. Lo scenario è inquietante e prefigura esiti devastanti. Pa-radossalmente, nell’anno in cui si celebra il 150° anno dell’Uni-tà d’Italia, la politica – dietro la quale si nascondono indicibili interessi personali (Berlusconi docet) - si divide in una miriade di gruppi estemporanei, partori-ti da cervelli scaltri, contornati da scatole craniche vuote, la cui sola ragion d’essere è quella del-la contrapposizione frontale tra le diverse anime morte che aleg-giano nel vuoto pneumatico delle idee (vedasi, esemplificando, il gruppo c.d. dei Responsabili). Di-nanzi al progressivo collasso del-le Istituzioni, il Presidente della Repubblica svolge il suo mandato di garante della Costituzione con grande senso di responsabilità, ma purtroppo le sue parole e i suoi reiterati richiami al senso del dovere, si dissolvono nel nulla a causa dell’atteggiamento as-sunto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale persevera in un contegno spavaldo e arrogan-te, avente il dichiarato obiettivo di modificare l’impalcatura co-stituzionale al fine di ritagliarla a misura dei suoi interessi per-sonali e della parte politica che lo sostiene. Si è messo in moto, così, un tentativo gravissimo di destabilizzazione del sistema, foriero di uno scontro ai massimi livelli istituzionali, ulteriormente aggravato dalla dura presa di po-sizione di Berlusconi nei confron-ti di una parte della Magistratura, in relazione ai procedimenti pe-

IL BUNGA-BUNGA DELLA POLITICA ITALIANA

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!”

Dante, Purgatorio, Canto VI

nali nei quali egli è attualmente imputato. Con un effetto a cate-na che rasenta il ridicolo, ove si pensi che nella recente sessione del G8 il nostro Primo Ministro si è permesso di sbandierare urbi et orbi che lui “è vittima della ditta-tura dei giudici di sinistra”. E’ fa-cile immaginare lo sconcerto dei Rappresentanti degli altri Paesi dinanzi a una tale dichiarazione, che getta un’ombra sinistra sulla credibilità internazionale della nostra Nazione e, al tempo stes-so, si ripercuote sugli affari in-terni con riferimento ai rapporti protocollari che regolano le due principali cariche dello Stato, ove si pensi che l’art. 87, ultimo com-ma, della Costituzione prevede

che “il Capo dello Stato presiede il Consiglio Superiore della Magi-stratura”. Sotto un’altra diversa prospettiva, questo clima politi-co avvelenato si manifesta in un periodo di pauroso decadimento morale, suscitato in gran parte nell’immaginario collettivo da un apparato televisivo, la cui sola funzione è ormai quella di istupi-dire il popolo, per renderlo doci-le strumento del potere ipnotico-mediatico sul quale grava la pe-sante ipoteca dell’uomo di Arco-re. Da rilevare, poi, che l’odierno caos istituzionale si ripercuote inevitabilmente sulla mancata adozione di misure adeguate a fronteggiare una crisi economica devastante, che colpisce soprat-

tutto le popolazioni meridionali. Così stando le cose, la sfiducia verso le Istituzioni cresce, come emerge dai dati dell’astensioni-smo nella recente tornata elet-torale. Ma, comunque, non c’è da farsi illusioni perché ormai il cancro della politica-politicante è prossimo alla metastasi. Ci vor-rebbero, qui e ora, maestri di vo-lontà. Ne aspettiamo la venuta, ma forse vana è l’attesa. Una vo-lontà, infatti, si forgia nel bron-zo, ma noi vediamo le officine dei palazzi del potere ingombre di volgari impastatori di gesso, capaci solo di modellare osce-ne maschere di carnevale per il bunga-bunga della dissoluzione finale. Requiescant.

di Mario Idà

Delacroix: “Dante e Virgilio”

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il rAcconto del mese

La densa nuvola di vapore che si alzava dalla pentola

ci ricordava che era ora di spe-gnerla. Distogliemmo lo sguardo dal televisore, che trasmetteva la Via Crucis, e guardammo an-siosamente l’orologio alla parete, che segnava già le 22.30. Fuori imperversava un furioso tempo-rale … l’acqua sembrava scendere a secchi, rabbiosamente sbattuta dal vento in tutte le direzioni; i fulmini solcavano il cielo e, rin-correndosi, generavano paurose scariche elettriche, che illumina-vano a giorno tutto il quartiere. L’espressione di mia madre era preoccupata, anche se faceva di tutto per dissimulare la sua pena. I bambini si erano assopiti sul di-vano… mi adoperai per metterli a letto: il più piccolo, ormai im-merso nel sonno, quasi non reagì, mentre la sorellina mi chiese se gli zii erano arrivati. Le risposi nega-tivamente e la invitai a dormire, ritornando in cucina decisa a far qualcosa; cominciai a sparecchia-re la tavola, tentando di convin-cere mia madre che forse c’era stato un fraintendimento con mio fratello circa il suo orario d’arrivo. Aspettavamo una sua telefonata dalla stazione della nostra piccola città, telefonata che sarebbe do-vuta giungere più di un’ora prima. Ad un tratto il telefono squillò e io, volgendomi verso mia madre con un sorriso incoraggiante, dis-si: “Eccoli, sono loro.” Sì, erano loro, ma non chiamavano dalla stazione del nostro paese… erano bloccati alla stazione di Cremona, perché a quell’ora non c’erano più treni locali. L’ultimo era par-tito alle nove e un quarto e loro, provenienti da Zurigo, l’avevano perso. L’agenzia viaggi svizzera presso cui avevano prenotato non aveva tenuto conto di un partico-lare rilevante: la coincidenza che avrebbero dovuto prendere, in un giorno festivo, non era prevista. A quel tempo, 25 anni or sono, non esistevano cellulari, internet, né

UN INCONTRO SPECIALE

tantomeno navigatori satellitari. Quasi 40 chilometri separavano il nostro paese da Cremona e io non conoscevo la strada per raggiun-gerla, figuriamoci doverlo fare in piena notte! Intanto la voce di mio fratello mi giungeva stanca e provata … mi diceva che anche a Cremona si trovavano sotto un violento acquazzone… che invano aveva cercato un autobus, o un taxi, quantomeno per raggiun-gere un albergo dove passare la notte, perché lui non voleva an-dassi io a prenderli… ma io sentivo tossire ripetutamente e gli chiesi chi fosse… mi rispose che il pic-colo Nicholas, mio nipote, aveva la febbre alta e una tosse incon-trollabile. Sentivo scendere un gettone telefonico dopo l’altro… ricordo che farfugliai qualcosa, promettendogli che sarei andata a prenderli… prima che la chiamata s’interrompesse, io stessa mi do-mandai come ci sarei mai potuta riuscire! Fu la voce di mia madre, in ascolto lì accanto, a ricondur-mi del tutto alla realtà: “Tu sei pazza! Con questo tempo da lupi e quella piccola utilitaria che ti ritrovi, vorresti arrivare fino alla stazione di Cremona, che non sai neanche dov’è! Gli dovevi dire di rivolgersi al personale della sta-zione e farsi trovare un alber-go!”. “Mamma, ma a quest’ora non c’è più nessuno! Non li pos-siamo lasciare là! Nicholas ha la tosse e anche la febbre alta! Sta male, capisci?” Mia madre capiva perfettamente… come io capivo perfettamente quanto lei avesse ragione. Indossai comunque l’im-permeabile e presi l’ombrello… scendendo le scale pensai che se ci fosse stato mio marito tutto sa-rebbe stato più semplice… ma lui sarebbe rientrato soltanto l’indo-mani mattina, a fine turno. Quella notte lasciai casa accompagnata da lampi che facevano trasalire… la pioggia cadeva così copiosa che i tergicristalli si muovevano a fa-tica. Tutti i miei muscoli erano

tesi in uno spasimo di attenzione: scrutavo la strada buia, strabuz-zando gli occhi alla ricerca di car-telli che mi indirizzassero, avevo paura di perdermi... Dopo non so quanto tempo e quanti incroci ar-rivai al cartello bianco che segna-lava l’inizio del territorio comuna-le di Cremona: da qui si dipartiva una lunga strada, e nel buio non se ne scorgeva la fine. Mi adden-trai in un centro urbano pieno di isolati e traverse che, vista l’ora e il maltempo, era assolutamente deserto. Non avevo alcuna idea circa la direzione da seguire… e vedevo soltanto la pioggia infran-gersi sulle automobili parcheggia-te. Ricordo le grandi luci dei lam-pioni tutte in fila… e che non si vedeva alcun segno di vita, nessun essere umano a cui chiedere infor-mazioni. Tutte le serrande, tutte le porte e tutte le finestre erano chiuse. Fui colta da grande sco-ramento, pensando “Sono stata una pazza sconsiderata ad adden-trarmi fin qui! Dovevo ascoltare mia madre! Signore, ti supplico, non mi abbandonare! Aiutami, ti prego!” Approfittai della luce im-provvisa di un lampo per guardare l’orologio: erano le 23.14: lo ricor-do ancora, poiché la somma delle due cifre corrispondeva perfetta-mente alla mia età di allora! Con-tinuavo a procedere lentamente, sempre più scoraggiata, quando all’improvviso, qualche metro più avanti, da una traversa sul lato destro della strada vidi sbucare un uomo che, a piedi, conduceva piano una bicicletta, tenendola per il manubrio. Nell’attraversare la strada, procedeva con tranquil-lità. senza ombrello e incurante della pioggia; ricordo che in quel momento tragico, mi balenò un pensiero bizzarro: quel tizio do-veva essere uno stupido, visto che sembrava passeggiare, piuttosto che affrettarsi per non infradi-ciarsi di pioggia. Senza esitare, mi accostai a quell’uomo; abbassai il finestrino lo stretto indispensabile

e, con voce probabilmente con-citata, gli chiesi: ”Scusi, dov’è la stazione?” Senza scomporsi, mi ri-spose: “Vada sempre dritto, anche quando ci saranno tante strade e tanti cartelli confusi, vada diritto e alla fine troverà la stazione!” Lo ringraziai, mentre l’acqua mi ba-gnava il viso e ricadeva all’interno dell’auto; di lui mi colpiva il fatto che non provasse alcun fastidio per quella pioggia impetuosa, che sembrava quasi scivolargli addos-so senza bagnarlo! Innestai la pri-ma per ripartire e dopo qualche metro guardai istintivamente lo specchietto laterale, poi quello retrovisore: non lo vidi più! Pro-vando un’inspiegabile sensazione, come un brivido, mi fermai all’im-provviso ed incurante della tem-pesta ebbi il coraggio di aprire lo sportello, per sporgermi fuori, ma non c’era più… si era come vola-tilizzato, l’altro lato della strada era deserto, come se non ci fosse mai arrivato. Fatto sta che, pro-seguendo, ebbi l’impressione di attraversare un labirinto, sem-pre senza incontrare più nessu-no, ma senza che la situazione più mi opprimesse; il primo volto che vidi, trovatami all’improvvi-so di fronte all’insegna luminosa della stazione, fu quello di mio fratello, che mi attendeva con la sua famiglia, di fronte al portone principale. Erano distrutti; prese-ro velocemente posto in auto e, ripercorrendo lentamente la stes-sa strada, ritornammo a casa sani e salvi. La gioia della loro visita non mi fece più pensare, nei gior-ni seguenti, allo strano incontro di quella notte, a quell’insperato aiuto, più che altro un incredibi-le sostegno psicologico, che riuscì ad infondermi tranquillità in un frangente così critico. Solo dopo qualche tempo, parlandone con mia madre, mi resi conto che for-se quella notte di venerdì santo avevo fatto un incontro davvero speciale… che abbia incontrato il mio angelo custode?!

Cassiopea

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ricordi storici

Chi vuole conoscere un luogo in cui sto-ria, leggende e miti si mescolano, la-

sciando cogliere un’atmosfera quasi mistica che conferisce all’ambiente una certa sa-cralità, non può che visitare il promontorio dell’odierna Taureana, una contrada, a pic-co sul mare, dalla quale è possibile spaziare con lo sguardo da Capo Vaticano allo Stretto di Messina, con in mezzo le suggestive vi-sioni dell’arcipelago delle isole Eolie, con lo Stromboli fumante, il promontorio della mi-tica Scilla, la punta siciliana di Ganzirri e la cima imbiancata d’inverno dell’Etna.

Qui nacqe, fiorì e si spense la storia pluri-millenaria di Tauriana, città abitata da una popolazione, i Tauriani, che ebbe un rilievo importante nella storia degli insediamenti antichi al limite sud della Piana, tra il mare e l’Aspromonte, facendo da cuscinetto tra le colonie greche di Reggio e di Metauros e Medma, prima, tra greci e romani, poi.

Per diventare, infine, “Municipium” ed avere un importante ruolo anche in età bi-zantina; ruolo che conservò fino al 950 d. C. quando fu distrutta dagli arabi.

Qui a Tauriana, miti e leggende, però, si stanno trasformando in storia. Il terrazzo che domina il Tirreno e appare ricoperto di ulivi, custodi di antiche civiltà, in estate di-venta il regno delle cicale che, col loro frini-re, sembrano elevare un canto che conserva armonie antiche: un canto, a volte assordan-te, ma che nei pomeriggi assolati fa scende-re un piacevole torpore; un canto che, ormai da secoli, ha sostituito quello dei monaci bizantini di San Fantino, la cui chiesetta or-mai sconsacrata, con la cripta antica, si apre all’inizio del pianoro.

Il terrazzo, oggi, appare sovrastato dall’ul-tima delle costruzioni storiche, non certo quelle erette in cemento dall’uomo moder-no, ma una torre di guardia che, nella metà del 1500, servì a fare da sentinella per la sicurezza della costa. I legni dei pirati tur-chi operavano, infatti, continue e improvvise scorrerie, provocando stragi e distruzioni.

Ma la paura, che si trasmetteva di gene-razione in generazione, era cresciuta da quando, sul finire del primo millennio, nel 950 d.C., gli arabi hanno chiuso i conti con la storia di questi luoghi, mettendo la parola fine alla città di Tauriana.

Eppure, dove adesso ci sono ulivi, sorgeva una città che, per millenni, fece da sentinel-la e, allo stesso tempo, da porta allo Stretto di Messina, con il suo promontorio proteso, come prua di una nave che s’incunea nel mare e che i moderni, pensando di produrre nuova ricchezza, demolirono a suon di ca-riche esplosive, per costruire un porto che, fino a qualche anno fa, era rimasto interra-to dai venti di scirocco che spesso spazza il mare dai riflessi viola.

Ma il terrazzo sul quale nacque e fiorì l’an-tica città di Tauriana, oggi, è un luogo dell’a-nima. In quello spazio ricoperto dagli ulivi cresciuti tra le pietre delle fondazioni delle case italiche, romane e delle capanne cir-colari dell’età del bronzo, con le radici che hanno inglobato perfino il cosiddetto palaz-zo di Donna Canfora, che invece è quanto rimane di un basamento di un tempio ita-lico, è da secoli terra di miti e di leggende che si estendono fino alla più lontana cultura della protostoria, a quella dei “nostoi”, che

raccontavano il ritorno da Troia dei guerrieri achei, di cui il più celebre fu quello di Ulisse, che questi mari hanno visto passare a quanto Omero ci ha tramandato.

Nelle acque del vicino Petrace (antico Me-tauros) il mito vuole, invece, che Oreste ab-bia cercato la sua purificazione dal suo ter-ribile matricidio.

A ricordare nei millenni l’esistenza di una città sul luogo ricoperto da vigneti e uliveti, rimase la struttura massiccia di una costru-zione in pietra, cementata con pozzolana. Una costruzione che nessuno riuscì a sman-tellare e che solo il miraggio di antichi teso-ri, alimentato dagli affioramenti di reperti e di antiche monete durante lavori agricoli, ri-uscì a scalfire con l’impiego di martelli pneu-matici. Numerose sono state le ferite ma la struttura respinse ogni assalto da parte dei contadini del luogo che, nottetempo, sogna-vano di ritrovare “pignate” di terracotta col-me di monete d’oro.

Poi, gli alberi di ulivo, con le loro tenaci radici, l’hanno avviluppata, quasi a voler te-nere legata al terreno questa struttura che presentava qualcosa di sacro, proprio nella sua tenace persistenza.

Per i contadini che ne intuivano la solen-nità divenne, invece “Il palazzo di Donna Canfora”, una leggendaria signora di un al-trettanto leggendario regno che, secondo la tradizione popolare, rapita dai pirati turchi, preferì precipitarsi in mare piuttosto che es-sere trascinata via dalla propria terra.

Una storia che ha trovato continuità nella raffigurazione dei giganti di cartapesta che, nelle feste, rievocano, a passo di danza, per la gioia dei bimbi, al suono frenetico dei tamburi, una sorta di danza-corteggiamento del principe turco verso la bella castellana, che nella realtà leggendaria si concludeva tragicamente.

Ma la memoria popolare aveva localizzato su questo promontorio, anche la sede di un altro leggendario tesoro, quello della chioc-cia dai pulcini d’oro, una nidiata di pennuti che abitava una grotta che, da sotto la torre, affondava nel cuore granitico dell’altura, per arrivare fino al mare o addirittura al di sotto

di esso. Tra gli anziani contadini della zona sono in molti a giurare di aver visto chioccia e pulcini e di averli vanamente inseguiti, al-lorquando sparivano nella grotta, di cui però non si trova più l’ingresso.

Ma a raccogliere il messaggio delle leggen-de popolari e cercare di trasformarle in sto-ria fu, sul finire dell’800, un medico-storico di Palmi, Antonio De Salvo che, delle radici del territorio, divenne il cultore più appro-fondito. I suoi libri costituirono una prezio-sa fonte per quanti alla storia degli antichi centri della Piana si volevano e si vogliono accostare.

Antonio De Salvo, nel 1886, con il libro “Notizie storiche e topografiche intorno Me-tauria e Tauriana” pose le basi per la futura ricerca, raccogliendo le fonti, percorrendo il terreno e disegnando una preziosa map-pa delle emergenze antiche visibili ai suoi tempi, che ha costituito il vademecum degli archeologi moderni. E un altro studioso, Vin-cenzo Saletta, negli anni 50, richiamò quella tradizione con “Storia archeologica di Tau-rianum” documentando le presenze sparse nelle “armacie” di una storia ridotta in fram-menti.

Al centro di quest’area, però, vi è un altro punto di sacralità, dal quale promana un’at-mosfera miracolosa, è la chiesetta, una volta dedicata alla Madonna dell’Alto Mare, defi-nita dalla fede popolare come la chiesa di San Fantino. Un edificio che, con la cripta sotterranea, ebbe una grande importanza nella città di età bizantina e la cui memoria è rimasta intatta, anche grazie ad un “bios”, una vita scritta in lingua greca dal vescovo Pietro, nell’ottavo secolo d. C. per celebrare la figura del santo guardiano di cavalli o “ca-vallaro” come veniva identificato.

Questo edificio, è riuscito ad includere nelle sue strutture la storia di questo luogo. attraverso i vari rifacimenti delle costruzio-ni che si sono succedute sullo stesso sito, in epoche diverse, fin da quella italico-romana. La chiesa attirò sempre attorno a sé la fanta-sia popolare, anche se della cripta sottostan-te, si era persa col tempo la memoria.

Una cripta che si riempiva di acqua nelle

di Giuseppe Mazzù

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ricordi storici

stagioni fredde, e si prosciugava in quelle calde. Un ambiente nascosto alla vista, la cui umidità distrusse, col tempo, gli affre-schi posti sulle pareti costruite riutilizzando mattoni antichi, marcati col bollo della po-polazione dei “Tauriani”, una gente forte e senza dubbio anche bellicosa.

Fu nel 1952 che, per la prima volta, le leg-gende subirono un primo colpo. Si passò, in-fatti al piccone: una squadra di operai diretti dal prof. Luigi Lacquaniti, Conservatore dei monumenti della Soprintendenza del tem-po. Su incarico del Soprintendente di Reggio Calabria, Giulio Jacopi, dopo un sopralluogo, con la collaborazione del capo squadra An-tonino Managò, una figura di artigiano il cui nome è rimasto legato alla costruzione dei suggestivi percorsi del belvedere del Monte Sant’Elìa, riuscirono a violare per la prima volta il mistero della chiesa di San Fantino, accertarne la sua antichità e portare alla luce la sua complessa struttura che poggia le basi su precedenti resti di età romana. L’e-dificio superiore, grazie ad una lapide con lo stemma di casa Spinelli, principi di Semi-nara, testimoniava nel 1552 un intervento di restauro.

Lo scavo condotto dal prof. Luigi Lacqua-niti, finalmente, operava un primo squarcio nella misteriosa storia del pianoro, rivelando che la vità continuò anche dopo la distruzio-ne della città di Tauriana. Continuità che le ricerche attuali hanno riconfermato, sia per la presenza di strutture ma anche per l’e-sistenza di un’area cimiteriale di varie epo-che, che ha fornito preziose conferme sulla diffusione del cristianesimo e sul passaggio dal rito greco a quello latino, in periodo nor-manno.

Proprio tali ricerche hanno consentito che l’edificio, ormai sconsacrato, potesse venire trasformato in un’area museale resa fruibile dal pubblico, lasciando anche la possibilità della visione dei diversi strati che si sono so-vrapposti alla volta della sottostante cripta romano-bizantina, con le zone pavimentali delle diverse chiese che su di essa si erano succedute. Ma quando tutto sembrava essere stato esplorato la cripta ha rivelato altri suoi

antichi segreti e così, nei lavori per il restau-ro dell’edificio accostato alla chiesa moder-na, ecco scaturire un vasto ambiente che si è rivelato l’anticamera della cripta mostran-do all’archeologa Marilena Sica, che eseguì lo scavo sotto la direzione per la Soprinten-denza archeologica della dottoressa Rossel-la Agostino, la vera facciata dell’ingresso e particolari architettonici inediti, destinati a provocare una rilettura del monumento.

Oggi le ricerche degli archeologi, hanno appuntato l’attenzione al contenuto del sot-tosuolo del pianoro. Il massiccio quadrilatero in pietra locale, infatti, è stato interpreta-to come la base di un tempio italico: uno di quei templi, costruiti in età imperiale, che poneva la struttura religiosa su un alto basa-mento e al quale si accedeva da una scalina-ta posta su uno dei due lati brevi.

Ormai, da dieci anni, gli archeologi, sca-vano con una certa continuità, anche sul terrazzo della Torre costruita durante il do-minio degli Spinelli, quando il luogo apparte-neva al feudo di Seminara.

Sotto gli ulivi e tra i vecchi filari di vigne oggi estirpate, sono state portate alla luce il tratto di una strada in granito e le fonda-zione di ben tre città sovrapposte, lontane nel tempo ma, strettamente connesse tra di loro, per l’esiguità degli strati che le se-parano. Nel corso degli scavi, infatti, sono affiorati i resti di capanne dell’età del bron-zo e le fondamenta di età italica, romana e tardo-romana.

E’ stato lo studio “Note su Tauriana” del prof. Salvatore Settis, negli anni 60, allora ricercatore ed oggi tra i più grandi studiosi dell’arte antica, a fare le prime ipotesi, at-traverso lo studio delle fonti e l’esame del-le iscrizioni esistenti, di un percorso storico più complesso per l’antica città dei Tauriani. L’esame delle fonti, lo studio del materiale affiorato nel corso degli anni, gli consentiva di delineare uno scenario che portava alle antiche popolazioni, della stirpe degli Osci, ipotizzandone l’antichità della fondazione e i successivi periodi di età greca, italica, romana e bizantina. Si apriva, così, una fine-stra importante dal punto di vista scientifico,

che veniva confermata una prima volta ne-gli anni 70, da un limitato scavo sul terrazzo che individuava l’esistenza di insediamenti dell’età del bronzo. Il promontorio di Tau-riana così, s’inseriva nel più vasto scenario archeologico che caratterizza le coste della Calabria, della Sicilia e delle isole Eolie.

Stranamente il promontorio non ha rivela-to fino ad oggi insediamenti di età classica. Come se i greci avessero preferito girare alla larga da questi posti, tenendo solamente dei contatti di natura commerciale, a stare ai rinvenimenti di monete di età greca, che potrebbero anche indicare solo una frequen-tazione sporadica. Un dato, questo, che po-trebbe confermare l’occupazione salda del luogo da parte di una popolazione che aveva una precisa identità e una grande capacità di fronteggiare la colonizzazione greca di cui, invece, rimane notevole testimonianza più a nord, al di là del fiume Petrace, antico Metauros, con la città dallo stesso nome, di cui è stata ritrovata soltanto un’estesa ne-cropoli che andava dall’età del ferro al pe-riodo romano, quasi a saldare il vuoto esi-stente negli insediamenti umani presenti sul terrazzo di Tauriana.

Per cinque anni, gli specializzandi archeo-logi della Scuola dell’Università della Basili-cata e dell’Università di Tor Vergata, hanno impresso un ritmo serrato all’opera di scavo sotto la guida del direttore Massimo Osanna e del prof. Marco Fabbri, la collaborazione scientifica della dottoressa Rossella Ago-stino, della Soprintendenza archeologica della Calabria e della coordinatrice dello scavo Marilena Sica. Ed i risultati non sono mancati, dal momento che, a materiale pre-zioso per la ricostruzione anche della vita quotidiana nei diversi periodi, si affiancano reperti di grande valore artistico, come un tratto di un mosaico a figure animali e al-cuni elementi in bronzo appartenenti ad un triclinio, utilizzato in un locale adiacente la base del tempio, destinata forse a fini cultu-rali. Nel 2005 una mostra allestita nel museo di Reggio Calabria ha ricostruito il quadro di tali rinvenimenti, con un catalogo contenen-te l’apparato storico-scientifico scaturito dallo studio dei materiali provenienti dalle campagne di scavo più recenti.

Ma il terrazzo di Taureana ancora nascon-deva gelosamente i suoi misteri. La realiz-zazione del parco archeologico nel 2010 riservava due grandi scoperte, quella della cavea di un teatro romano accanto alla stra-da in granito e la possibilità di conservare le tracce rimaste degli affreschi bizantini di San Fantino. Mentre il teatro va affiorando, la chiesa invece è diventata un edificio-mu-seo perfettamente fruibile. La chiesa di San Fantino e le sue misteriose acque, giudicate miracolose per millenni, pur se sconsacrata, colpisce perché all’interno si percepisce an-cora un’atmosfera mistico religiosa che spes-so è stata alimentata da cerimonie religiose tenute, oltre che da preti cattolici, anche da ortodossi che, in una sorta di “ritorno” sulla terra dei santi bizantini, da alcuni anni hanno riaperto antichi luoghi di culto in Calabria.

Una circostanza questa, che contribuisce a circondare, di un alone mistico e suggestivo, un territorio che fin dall’antichità ha attrat-to folle di fedeli che venivano dalla Piana ad implorare la grazia e l’intervento miracoloso del Santo, guardiano di cavalli, San Fantino e di cui il Vescovo Pietro ci ha lasciato una preziosa testimonianza.

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Un “ospitale” a Palmi

Prima che il Cristianesimo predicasse la buona novella tra gli uomini recando loro

un nuovo messaggio fatto di amore, fraternità e carità, potevano permettersi il lusso di farsi curare le malattie solo le persone benestanti, che il medico visitava nelle proprie case. Per il resto non solo tale possibilità non esisteva, ma, addirittura, coloro che erano stati colpiti da malattie contagiose venivano presi e scara-ventati sulla strada od alla periferia delle città, dove morivano come le bestie, senza che alcu-no osasse avvicinarsi a porgere un minimo sol-lievo. Le antiche società, invero, pur ricche di tante splendide virtù, non conoscevano ancora i sentimenti di pietà e carità, che, informan-

Ospedale S. Maria della Scala di Siena - La distribuzione della limosina, 1441

- Domenico Di Bartolo -

di Rocco Liberti

do le età successive all’avvento della religione cristiana, avrebbero dato una brusca sterzata al modo di vivere dei pagani, essenzialmente licenzioso ed egoista ed ormai incapace di una qualsiasi progressione. È, infatti, con l’afferma-zione del nuovo credo, che è venuto a conside-rare tutti gli uomini fratelli e figli dello stesso Dio, ch’è sorto spontaneo il bisogno di aiutare il prossimo alleviando le sofferenze materiali e morali dei più diseredati con la fondazione di istituti atti allo scopo.

Scrive San Gregorio Nazianzeno (Oratio XXX, 91) che un primo ospedale od ospitale, una casa idonea a raccogliere e curare i poveri ed i pel-legrini, è stato fondato nei pressi di Cesarea di Cappadocia da San Basilio, mentre da San Gi-rolamo (Ep. LXVII, ad Oceanum) veniamo a co-noscere che a Roma la matrona Fabiola (†399), della celebre famiglia dei Fabii, impiantava un’analoga istituzione col ricavato della vendita dei suoi beni alla morte del secondo marito. È ancora lo stesso San Girolamo a tramandarci che un ospitale è stato eretto a Porto, alle foci del Tevere, dove recentemente ne sono stati sco-perti gli avanzi, dal proprio discepolo Pamma-chio (†409) in collaborazione con la predetta Fa-biola. In seguito a tali fondazioni, com’era logico attendersi, gli ospitali si sono moltiplicati, vuoi per l’appoggio concesso dai vescovi vuoi per la vicinanza dei monasteri presso cui in gran parte si sono sistemati e non vi è stato città o paese di una certa entità, dove non si sentisse il bisogno di erigerne uno. Col passare dei secoli, però, l’antico fervore cristiano andò scemando ed i poveri e i pellegrini non hanno trovato sempre caritatevole accoglienza nelle case costruite per loro e gli stessi preti e monaci, cui incombeva particolarmente l’obbligo del proprio ministero, accettavano di essere preposti unicamente per-ché quanto rimaneva delle spese vive potesse venire tranquillamente incamerato.

Gli ospitali hanno cominciato ad essere distin-ti con diversi nomi a seconda dell’uso, cui sono stati adibiti, già nel periodo bizantino. Sono stati, infatti, detti nosocomi i locali destinati agli am-malati, xenodochi quelli che accoglievano i fore-

stieri, ptochi i riservati ai poveri, gerontocomi in relazione ai vecchi e, ancora, brefotrofi e or-fanotrofi. Tal genere di istituzioni, anche se la maggior parte di quei nomi è giunta sino a noi, non deve però far pensare ai moderni istituti ospedalieri, nei quali si dovrebbero apprestare le cure più varie agli ammalati e la sanità do-vrebbe regnare sovrana, ma a dei locali di una, due o tre stanze, non sappiamo quanto ariose e igienicamente consigliabili, forniti di pochi letti e giacigli, dove trovavano ricetto soprattutto i viandanti. E molto spesso un solo letto riusciva a contenere nel medesimo tempo due o tre di quei disgraziati. A tali istituti, che assommava-no in sé le caratteristiche dell’ospizio, dell’al-bergo e della casa di cura, è da riconoscere co-munque un indiscutibile merito, che è quello, unanimemente ammesso, di aver preparato la strada alla fondazione degli odierni ospedali.

In Calabria si ha notizia di ospedali da età non molto remota, in genere dal 1400 in poi, ma il fatto, più che da mancate erezioni, po-trebbe benissimo dipendere dall’assenza dei relativi documenti. Restringendo l’indagine alla provincia di Reggio, troviamo notizie di ospedali a partire dal 1500 ed il primo a far ca-polino dalle vecchie carte è quello di Gerace, che, secondo il Gemelli, rimonterebbe al 1507.

Sull’esistenza di un ospitale a Palmi si ha co-noscenza sin dal 1667. Esso a quel tempo si notava come «Ospitio Ecc.mi D.ni Marchionis Arenae» forse perché avviato per volere del feudatario, d. Andrea Concublet, marchese d’Arena, mentre in appresso è stato sempre chiamato «hospitio publico» oppure semplice «Diversorio». Molti sono stati i pellegrini che vi hanno trovato rifugio, ma parecchi anche quelli che vi sono deceduti. Di un ospedale «erigendo», cui si concedevano 219:80 ducati annui sulla rendita netta del soppresso ceno-bio dei conventuali, ma «coll’obbligo di mante-nervi due Cappellani per la celebrazione delle Messe» si ha contezza in successione al 1652.

In Palmi fino agli anni ’90 del passato secolo ha agito un Brefotrofio, ch’era stato avviato sin dal 1889.

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citolenA (urdiPili) di Saverio Petitto

La colica renaleCarmelo, quel giorno andò a finire all’ospedale di Palmi per un forte attacco di colica renale, di cui lui ogni tanto soffriva. Lo prese subito in

esame il vice primario radiologo, d’origine Jonica, invitandolo a sdraiarsi sulla lettiga. Il dottore cominciò con delle manovre di prova che acuirono la sofferenza di Carmelo che, si contorceva animatamente. “Ccà ti doli?”

E via un colpo sul fianco. “Ahi dottori” - gridò Carmelo, saltando per aria -. “E ccà?” E via un altro colpo. “E ccà? E ccà?”. “Basta dottori ca mi stati ammazzando” – esclamò il povero paziente. Il vice primario, dopo quella prova, decise di valutarlo con un accertamento ecografico. Gli fece il bagno di gel e, mentre scivolava la sonda sul corpo dell’ammalato, sussurrò a Carmelo, indicando il monitor: “Ma tu chi dici, chista rinella è”.

Rocco Cadile

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PALAZZO S. NICOLA - 31 MAGGIO 2011

Palmensis politica sub nocte est!

Ogni riferimento a persone reali è puramente casuale.

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culturA e FolKlore

Le tre fontane che si affac-ciano in piazza Lo Sardo,

più comunemente conosciute col nome di “Canali”, sono al centro dell’attenzione dei cittadini, gra-zie al restauro che l’Associazione Prometeus, sta realizzando per valorizzare uno dei pochi manu-fatti antichi che sono sopravvissuti ai terremoti, all’usura del tempo e all’incuria umana. I Canali sono nati nella prima metà dell’’800, convogliando fino al centro urbano l’acqua della “Murareddha”, la cui sorgente sgorgava fresca e limpida in prossimità della fine di via Man-cuso. Il volume d’acqua che scatu-riva dalle viscere della terra do-veva essere talmente abbondante da riuscire a soddisfare oltre alle necessità umane, anche quelle di una fabbrica per la concia del-le pelli (da qui la località prese il nome di Conceria) e di altre atti-vità, per come si evince dalla se-guente delibera adottata dal De-curionato di Palme il 18 gennaio 1838. “Il Sig. Sindaco ha fatto co-noscere ai Sig. Decurioni che il Sig. Sotto Intendente dietro ricorso prodotto dalla classe dei molinari di questo Comune col quale recla-mavano la pronta riattazione del tratto di strada che dalla Murarel-la conduce al Trappeto del Princi-

La nascita dei Canali

pe, giacché si è cotanto devastata che è loro intercettato il passaggio per recarsi ai molini, e provedere questo pubblico, ha prescritto che il Decurionato sull’appunto deli-beri analogamente. E perciò che detto Sig.Sindaco ne sollecita l’at-to corrispondente. Il Decurionato profittando dell’occasione fa rile-vare che col nuovo tratto di Regia strada le acque pluviali dai piani della Corona sempre più crescen-do si diressero a questa volta, tan-to che il cennato tratto di via ven-ne distrutto dalla di loro violenza. Essendo uno dei punti essenziali al commercio di questo Comune, de-libera che colla massima urgenza si disponga l’analoga riattazione, e che la spesa occorrente si pre-levi dal fondo destinato per la riattazione ossia manutenzione delle strade, e fontane di questo corrente anno”.

Come si può notare, anche nell’’800 si verificavano delle inondazioni provocate dalle ab-bondanti piogge che precipita-vano con violenza dai fianchi del Sant’Elia, così come è avvenuto il 4 ottobre del 1994, allorquando il centro della città fu sommerso da un fiume di acqua e fango.

Evidentemente la decisione di costruire una nuova fonte si rese necessaria in quanto, l’acqua che scaturiva dalla seicentesca Fonta-na della Palma situata nella Piaz-

za del Mercato e le poche sorgenti esistenti (Pozzo di S.Rocco, Gurni-ceddha, canale Buttisco), non era-no più sufficienti a soddisfare le esigenze di una popolazione che era in continua crescita e che era intenta a ricostruire la città per riportarla agli antichi splendori, dopo le terribili conseguenze pro-curate dal terremoto del 5 febbra-io 1783.

Elevata nel 1816 a Capoluogo di Distretto e sede di Sottoprefettu-ra, la nostra Palmi aveva raggiunto una grande importanza nel campo sociale, culturale ed economico, grazie soprattutto alla sua posi-zione sul mare che consentì un grande sviluppo del commercio marittimo.

E’ chiaro quindi che il prezio-so liquido non era più sufficiente a soddisfare una città che aveva raggiunto quasi 12 mila anime e che, quotidianamente, registrava la presenza di centinaia di per-sone che si portavano a Palmi dai centri vicini per la presenza degli uffici della Sottoprefettura e per le numerose botteghe artigianali e commerciali.

Per soddisfare le esigenze dei cittadini e di centinaia di animali che per molte famiglie erano l’u-nico sostentamento, si faceva af-fidamento alle sole sorgenti dato che non esistevano corsi d’acqua nelle vicinanze dell’abitato. Dal

censimento effettuato nel 1876 dal Comune ai fini dell’applicazio-ne della tassa sul bestiame, risultò che 352 persone possedevano ol-tre 1700 animali così distinti: 142 bovini, 662 pecore, 501 capre, 143 cavalli e muli e 189 asini.

Così, i saggi amministratori del tempo, per rendere più como-do l’approvvigionamento idrico, decisero di portare l’acqua della Murareddha nel cuore della città, mantenendo le fontane e le va-sche esistenti presso la sorgente che furono ancora in attività per molti decenni ancora.

Ma ecco l’atto storico col quale il 14 luglio 1838 i Decurioni decise-ro la costruzione dei “Canali”.

“Il Signor Sindaco ha fatto cono-scere ai Signori Decurioni che per darsi una maggiore comodità alla popolazione di questo Comune che tanto soffre per la scarsezza delle acque potabili, fa d’uopo che quella che scaturisce alla vec-chia fontana detta la Morarella si portasse più inquà ed avvicinarsi per quanto più è possibile all’abi-tato costruendosi una nuova fonte a tre canali. Soggiunge di aver-ne fatto elevare un disegno, e la perizia della spesa occorrente, e quindi sollecita il Decurionato ad emettere la corrente delibera-zione. Il Decurionato in vista del vantaggio pubblico, a pieni voti delibera che si formi l’opera indi-

di Francesco Lovecchio

Piazza Canali (oggi Lo Sardo) - Sullo sfondo l’antico Duomo

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culturA e FolKlorecata, costruendosi altra fontana in corrispondenza della lunga strada detta di Sant’Elia con appoggiar-si alle fabbriche che chiudono il giardino della Signora Donna Ma-rina Lupari Soriano, alla quale do-vrà pagarsi qual danno che gli si potrà arrecare”.

Dopo la costruzione delle fon-tane, il profondo canalone che si trovava proprio davanti e che ren-deva precaria la viabilità special-mente durante giornate di pioggia, fu fatto chiudere con una volta dall’Intendente della Sottoprefet-tura. Si creò così un largo spiaz-zo capace di contenere un gran numero di mezzi di trasporto, di animali e di persone. Quando nel 1852 il funzionario fu trasferito a Messina, sua città di origine, il Consiglio comunale pensò di ester-nargli la gratitudine nel modo se-guente:

“…ed il consiglio medesimo do-lente di non poter trovare altro miglior mezzo di eternare la grati-tudine di questo Comune, di cui ne è fedele interprete, ad unanimità di voti delibera che lo spiazzo ot-tenuto colla costruzione della vol-ta sul torrente dei Canali sia deno-minata Piazza Corrado, situandosi all’uopo immediatamente a cura del Sig. Sindaco una lapide con tale iscrizione. Delibera parimen-ti inviarsi al Sig. Intendente copia della presente deliberazione pre-gandolo volerla accettare come un picciolo segno della gratitudine, ed eterna memoria della sua ri-spettabile persona, che sarà inde-lebile per tutti questi abitatori”.

La comoda ed ampia piazza che si era creata e la presenza delle fontane che richiamavano un gran numero di persone, indusse l’in-traprendente Giuseppe Bellanto-nio, che nel 1876 ricoprirà la cari-ca di Primo Presidente della Socie-tà Operaia e successivamente di Consigliere comunale, a chiedere nel 1859 uno spazio per costruire un teatro in legno. “Il Sindaco del Comune di Palme a’ proposto al Decurionato una dimanda di Giu-seppe Bellantonio che si esibisce di costruire un Teatro di sole tavo-le col tetto di tegole a condizione che ottenga per dieci anni la pri-vativa, e permettendo che di tan-to in tanto i dilettanti si esercitas-sero gratuitamente su le scene”.

Nel 1868 i Decurioni, per rende-re più accogliente la villa comuna-le che stava per essere ultimata, deliberarono di illuminarla, pian-tare degli alberi, sistemare dei sedili e di impiantare una fontana portando una conduttura d’acqua direttamente dai Canali… “Livella-re il piano piantandovi dei platani, situarsi dei sedili di ferro e delle colonne di ferro fuso, per quanti fanali si stimeranno necessarie, erigervi una fontana e portando un canale di acqua dalla fonte Canale, e finalmente togliere i se-dili di pietra da sul muro di cinta, e sostituirvi una balconata simile a quella che guarda il lato di tra-montana”.

L’utilizzo promiscuo dell’acqua dei Canali da parte delle persone e degli animali che molto spesso era motivo di liti a volte anche violente, indusse nel 1882 la Giun-

ta a costruire un abbeveratoio per gli animali.

“Visto che occorre costruire presso la fontana nella Piazza Ca-nali un abbeveratojo da servire per le bestie onde evitare la con-fusione che inevitabilmente nasce dall’abbeverare gli animali nella vasca ove si attinge l’acqua po-tabile. Visto il parere di persone dell’arte e che assicura la spesa essere di lire cento. Unanime de-libera che tale abbeveratojo sia costruito, riservandosi liquidare la spesa con altra deliberazione”.

Nello stesso anno il Regio Dele-gato Nicola Marcone (l’autore de Il Romito di Sant’Elia che racconta il singolare episodio di Peppino Por-piglia e la sua supplica al Re com-posta da 512 parole che iniziavano con la P), deliberò il collaudo del-le vasche dei pubblici lavatoi che aveva fatto costruire in adiacenza ai Canali.

Infine, il 12 aprile del 1886 i Ca-nali assunsero un ruolo più impor-tante per la città, in quanto, dopo oltre due secoli, la Giunta decise la chiusura dell’acqua che sgor-gava dalla Fontana della Palma. “…Che l’acqua potabile, che oggi scaturisce dalla fontana in Piazza Vittorio Emanuele, sia distribuita in tre parti, unendosi anche l’ac-qua del così detto canale Butti-sco, per condurla una parte sulla piazza davanti al Teatro, un’altra nello spiazzo posto dinanti alla casa Saffioti, e la terza a fianco del mercato della frutta, sotto la chiesa Matrice in costruzione”.

Venendo a mancare la funzione primaria per la quale era stata co-struita intorno al 1650 dal Marche-se d’Arena Domenico Conclubet, alcuni cittadini incominciarono a chiederne l’abbattimento ritenen-do che la fontana fosse una jattura per la città.

Infatti, il giornale “La Ragione” dell’8 aprile 1888 chiese peren-toriamente agli amministratori comunali di eliminarla ricordando che “La conduttura per la distri-buzione dell’acqua è già finita, le fontanine sono a posto: a quando dunque l’abbattimento della fon-tana di piazza V.E., e l’ultimazio-ne dello Stradone?...”

Il 24 giugno 1888 lo stesso pe-riodico locale pubblicò la notizia dell’abbattimento della monu-mentale Fontana non nasconden-do il proprio compiacimento. “Fi-nalmente la fontana di Piazza V.E. è stata abbattuta, e lo spasso de’ giovanotti che si divertivano ad ammirare le nostre belle pacchia-ne, che a quella fontana andavano ad attinger acqua, è finito…”

1931 - Sorgente della “Murareddha”

Particolare dell’antica fontana

1865 - Piantina - “Murareddha” (1) e “Canali” (2)

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culturA e FolKlore

Furono Francesi, la prima au-tomobile e il primo guidato-

re che percorsero le nostre stra-de. Correva l’anno 1903, era no-vembre, in quei giorni d’autunno l’aria era carica degli aromi che il mosto diffonde in modo generoso, quando per la prima volta a Palmi, un acre odore di benzina bruciata coprì gli effluvi che il ribollir dè

La prima automobiLe comparsa a paLmi1903-la nostra Città è tappa del primo circuito Europeo - Africano di 7240 Km

di Giuseppe Cricrì tini aveva sparso per le vie del borgo.

Fino ad allora, per i Calabri abi-tanti, certamente sconosciuti era-no stati gli scoppi di un congegno nuovo, chiamato motore, sulle loro strade polverose solo la trazione animale aveva consentito la loco-mozione di carri e carrozze, ma-novrate da vetturali, postiglioni e traineri solerti; solo gli asini, i muli, i cavalli e i buoi avevano avuto la prerogativa di farne muovere le

ruote, lasciandosi dietro, sul sel-ciato, mucchietti di letame umido e vaporoso di “indubbia” fragranza.

In molti, durante quell’inizio di secolo si erano illusi che la me-fistofelica potenza del vapore potesse divenire propellente tan-to efficace da rendere valida la produzione di prototipi di vetture semoventi, da utilizzare anche su strada, così come era stato sul-la rotaia. Però adesso una nuova puzza fumosa, scaturiva insieme a

tanta energia, da un liquido distil-lato dal petrolio, chiamato benzi-na, essa veniva sprigionata da una strana scatola di lamiera a forma di carrozza senza cavallo, chiama-ta automobile. Sembrava davvero una magica trovata questo nuovo rombante prodotto della tecnolo-gia, sul quale un omino baffuto se-duto in poltrona, azionando leve e pedali, faceva girare un timone e filava veloce sulle strade, lascian-dosi dietro nuvole di polvere.

La pionieristica casa automobi-listica francese De Dion-Bouton fondata a Puteaux dal conte Jules-Albert De Dion e da George Bou-ton già dal 1883 aveva progettato un’ automobile a vapore con cal-daia e motore montati sul davanti che azionavano le ruote anteriori mediante cinghie, mentre le ruo-te posteriori erano sterzanti. Un veicolo perfezionato era stato realizzato nel 1884, aveva ruote con pneumatici Michelin anterio-ri sterzanti e trazione posteriore, con posti per quattro persone.

Già da allora però, operando vari esperimenti, De Dion si convin-se che il futuro sarebbe stato del motore a scoppio. Un nuovo pic-colo motore a benzina, a cilindro singolo di 137 cc venne costruito, girava all’inaudita velocità di 3000 giri al minuto e aveva l’accensione elettrica. La valvola d’aspirazione e quella di scarico erano poste in alto e alle due estremità dell’albe-ro a camme fu posto un volano per produrre elettricità. Il motore fu applicato a un telaio ottenuto da una bicicletta a tre ruote compra-to a Decauville e messo in vendi-ta nel 1896 con cilindrata portata a 185 cc. La «petite voiture» così venne chiamata, restò in produzio-ne fino al 1902. Nel 1898 essa fu affiancata da un modello a quattro ruote e nel 1900 da una carrozza «vis-a-vis» col motore sotto il sedi-le e trazione posteriore tramite un cambio a due velocità. Il motore fu posto davanti nel 1903 nel modello Populaire con cilindrata da 700 o 942 cc., quest’ultimo potente ab-bastanza da consentire il traino di carrelli, alla fine dell’anno com-parve anche la retromarcia.

Nel 1900, De Dion-Bouton era diventato il maggiore fabbricante d’automobili del mondo, produ-cendo 400 auto e 3200 propulso-ri. Una fabbrica succursale venne aperta a Brooklyn, New York. La società iniziò presto a produr-re motori e concessioni per altre compagnie automobilistiche. Nel 1902 anche il grande compositore Giacomo Puccini acquistò una De Dion Bouton 5 CV.

Modelli multi-cilindro si aggiun-sero nel 1903 con il due cilindri 1728 cc Tipo S, seguito nel 1904 dal quattro cilindri 2545 cc. Tipo AD. Le automobili diventavano sempre più convenzionali, somi-gliando sempre meno ai trabicco-li di prima, avevano il radiatore

Locandina pubblicitaria d’epoca

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posto sul davanti del motore e la frizione passata da leva a pedale. La società fu la prima a fabbricare in serie un motore V8 da 35 HP e 6107 cc tipo CJ nel 1910 e un 3534 cc tipo CN l’anno dopo.

Fu proprio nel 1903 che la De Dion-Bouton per farsi pubblicità e dimostrare quanto fossero affida-bili le sue autovetture, propose ad un suo brillante operaio, tale Ge-orges Cormier, di realizzare l’im-presa di percorrere, per la prima volta nella storia, un circuito fra Europa ed Africa di 7240 Km, che, partendo da Parigi, avrebbe attra-versato Francia, Spagna, Algeria, Libia, Tunisia, Italia, Svizzera, Ger-mania, Lussemburgo e Belgio, per ritornare infine nella capitale fran-cese. Fu nel corso di questa ardita avventura che il dinamico Cormier si trovò a transitare da Palmi e dal suo circondario. Le inedite, origi-nali foto della nostra collezione, testimoniano anche lo zelo dell’in-traprendente pioniere, che provvi-de a farsi ritrarre nelle varie fasi del suo avventuroso viaggio.

Lo vediamo vicino alla sua vet-tura (Fig. 1), ai margini del fiume Petrace, dal lato palmese, men-tre si appresta ad attraversare la striscia di carreggiata allestita per oltrepassare il corso d’acqua, due bambini sbigottiti ed increduli os-servano da vicino l’ordigno su ruo-te gommate.

Poi lo rivediamo mentre per-corre una strada in mezzo agli ulivi (Fig. 2), guardato con meravi-

glia da uno stuolo di contadine in costume, vicino ad un calvario ai bordi della strada (Fig. 3) ed infine in bella mostra, dietro l’auto con i pneumatici sporchi di fango, (Fig. 4) con la fiancata della vettura nella quale si apprezzano il nome dei costruttori.

Ci piace immaginare lo stupore che dovette cogliere i tanti pal-mesi che allora furono spettatori del passaggio di quell’intrepido viaggiatore. Per la prima volta, su una strada pubblica, si vedeva un uomo trasportato da un mezzo metallico, semovente, rombante e veloce più di un cavallo. Era la prima volta che l’assordante suo-no meccanico dei cilindri di un motore veniva quasi a violare gli annosi silenzi di campagne e pa-esi, percorsi fino a quel momento soltanto dallo sporadico fragore argentino delle campane o dal botto di qualche fucile da caccia. Cormier coprì l’intero percorso di 7240 Kilometri in appena 52 giorni,(dal 17 ottobre al 9 dicem-bre) costretto a soste forzate per complessivi 19 giorni, in marcia effettiva per 33 giorni, ottenendo una media giornaliera di 220 Kilo-metri. Un tempo brevissimo, te-nendo conto delle caratteristiche del suo veicolo, della condizione delle strade e dei mezzi navali che gli consentirono i tre transi-ti sul mare e delle condizioni del tempo nella stagione autunnale. L’organizzazione considerata l’as-soluta assenza di distributori, ave-

va provveduto preventivamente a dislocare lungo tutto il percorso stazioni di approvvigionamento di olio e carburante. L’automobile De Dion- Bouton, due cilindri, model-lo 1904 sprigionava una potenza di 10 cavalli e montava pneuma-tici Dunlop.

Solo quattro anni più tardi, nel 1907, Gorges Cormier insieme al collega Victor Collignon, avreb-bero partecipato su due De Dion-Bouton alla famosissima corsa che attraversò Asia ed Europa, in quel-

lo che passò alla storia come il raid Pechino-Parigi, lungo un itinerario di circa 16.000 chilometri, ten-tando di dimostrare al mondo che l’industria automobilistica france-se era la migliore in quel periodo, ma arrivando al traguardo solo con un terzo e un quarto posto. Il primo posto venne infatti conqui-stato dall’Italia con l’autovettura Itala, che aveva come equipaggio il principe Scipione Borghese e lo chauffeur Ettore Guizzardi, ma questa è un’altra storia.

Mappa originale del circuito

Fig. 3 - Type de Calvaires très nombreux dans les Calabres.

Fig. 1 - Pont de chemin de fer après Palmi. Fig. 2 - Cueilleuses d’olives.

Fig. 4 - La boue après les roues de la voiture.

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sAPeri & sAPori di Walter Cricrì

di Walter Cricrì

Un pesce dal sangue caliente

I pesci normalmente hanno carni chiare o completamente bianche; tra le singolarità vi è un pesce, apprezzato dal punto di vista culinario, già dagli antichi greci e romani: il tonno.

IL TONNO

Diffuso nell’Atlantico e nel Mediterraneo, è un pesce

marino della famiglia dei Tunnidi e dell’ordine dei Perciformi, vive in branchi e si nutre di pesci e cefalopodi. È pescato con diversi sistemi, tra i quali il più classico è la tonnara, dando vita a una fio-rente industria conserviera.

In realtà il genere Thunnus, della famiglia Scombridae, con-tiene varie specie, anche se spes-so dal punto di vista commerciale non sono distinte. Il più pregiato è sicuramente il Thunnus thyn-nus o “tonno rosso”. Predatore a sangue caldo, caratteristica rara tra i pesci, presente in branchi nell’oceano Atlantico, può supe-rare i quattro metri di lunghezza e i 600 kg di peso.

È un pesce a rischio di estinzio-ne, a causa della pesca su larga scala cui è stato sottoposto negli ultimi decenni, grazie anche alla moda del Sushi e del Sashimi in cui è consumato crudo. Il Thun-nus albacares o “tonno a pinne gialle” è più comune e più picco-lo, ma meno pregiato. Provenien-te dall’oceano Pacifico e dall’oce-ano Indiano è la specie più uti-lizzata dall’industria conserviera per preparare il tonno in scatola.

Il consumatore, solitamente, considera il colore rosso intenso della carne del tonno un parame-tro fondamentale per valutarne la qualità e la freschezza. Il pig-mento responsabile della colora-zione rossa della carne del tonno è una proteina globulare chiama-ta mioglobina (Mb). È presente nelle cellule muscolari di molti animali e agisce da deposito di ossigeno, fornendolo ai muscoli che lavorano. Alcuni mammiferi come le foche e le balene sono in

grado di rimanere in immersione per lunghi periodi senza respirare perché hanno una grande quanti-tà di mioglobina nei muscoli.

Normalmente l’ossigeno è uti-lizzato durante il movimento muscolare sopportato e più una specie animale ne consuma più la concentrazione di mioglobina nei suoi muscoli deve essere co-spicua. Il tonno è un pesce che può raggiungere i 75 km/h e man-tenerli per lungo tempo percor-rendo fino a 200 km in un giorno. Ha quindi bisogno di una notevo-le quantità di mioglobina nei suoi muscoli ed è per questo che la sua carne è così rossa.

Dal colore alla cottura. Il tonno, come molti altri pesci, ha bisogno di cotture brevi, per evitare la perdita dei succhi. Nei suoi muscoli vi sono varie pro-teine sensibili al calore. Tutte queste proteine quando vengono riscaldate si denaturano e accor-ciandosi “strizzano” fuori l’acqua dai tessuti muscolari rendendoli asciutti e poco gradevoli al pala-to.

Anche la mioglobina, come le altre proteine, subisce il feno-meno della denaturazione all’au-mentare della temperatura: la sua struttura tridimensionale vie-ne modificata irreversibilmente. Una prima denaturazione inizia attorno ai 45 °C mentre una se-conda, più drastica, avviene a 60 °C. Denaturandosi la mioglobina passa dal rosso ad un colore gri-giastro. Internamente un trancio di tonno deve rimanere rosso o rosa, quasi crudo. Ecco quindi che possiamo utilizzare le variazioni di colore della mioglobina, all’au-mentare della temperatura, per monitorare la cottura del tonno, al fine di evitare di raggiungere temperature troppo elevate con conseguente perdita irreversibile

di acqua. Cattura e qualità. Il metodo di

cattura del tonno influenza molto la qualità delle sue carni. È sta-to dimostrato come un’attività muscolare notevole durante la cattura provoca un accumulo di acido lattico nei muscoli e quindi una riduzione del pH. L’acido lat-tico attacca le proteine muscola-ri modificandone la consistenza e riducendone il valore commer-ciale. Per evitare questo, negli impianti di maricoltura dove i tonni rossi catturati giovani sono ingrassati per essere poi venduti sul mercato giapponese, il tonno è stordito con una scarica elettri-ca, che gli fa perdere coscienza, prima di essere ucciso.

Il tonno è un pesce abbastanza grasso, con un contenuto lipidico medio del 16%, ma che può va-riare molto durante la stagione. Dopo il periodo della riproduzio-ne è molto più magro poiché nel lungo viaggio a velocità sostenu-ta dall’atlantico verso il mar Me-diterraneo (o il golfo del Messico) ha consumato molto del grasso accumulato.

Consigli culinari. Il filetto di tonno che potete acquistare dal pescivendolo è normalmente preso dalla parte dorsale di un tonno a pinne gialle ed è ottimo scottato o alla griglia. Se non lo dovete consumare subito, è me-glio conservarlo a 0°C, su un letto di ghiaccio che abbia la possibili-tà di drenare l’acqua che si for-ma. Ovviamente sarebbe preferi-bile acquistarlo e mangiarlo.

Se doveste notare una parte molto più scura nel vostro tran-cio, solitamente la parte vici-no alla lisca centrale, è meglio toglierla. È una porzione meno pregiata, chiamata buzzonaglia, resa scura della forte irrorazione di sangue. Ha un sapore più in-

tenso, andrebbe bene per pre-parare un sugo per la pasta, una volta ripulita un po’ dal sangue sotto acqua corrente.

Dalla parte ventrale del pesce, invece, si prende una carne più grassa e più pregiata: la ventre-sca. Al supermercato la potete trovare sott’olio. Dalle uova del tonno, seccate salate e pressate, si produce la bottarga. Anche le frattaglie del tonno sono utilizza-te. Insomma, il tonno è come il maiale: non si butta via nulla.

Tante proprietà benefiche, ma anche qualche controindicazione per le donne in gravidanza: un problema quanto mai attuale è il contenuto in mercurio del tonno. Questo metallo pesante, molto tossico per l’organismo, è presen-te soprattutto nei pesci di grossa taglia che, essendo in cima alla catena alimentare, assorbono il mercurio presente nei piccoli pe-sci di cui si nutrono. Il mercurio è particolarmente pericoloso per il feto, giacché può causare altera-zioni del sistema nervoso.

Gotta: il consumo di tonno deve essere limitato in soggetti con problemi di gotta, poiché il tonno è un alimento ricco di pu-rine.

Se osservate un effetto iride-scente sulla superficie del trancio non vi preoccupate: è un effetto luminoso di interferenza causato dalla riflessione dalle fibre mu-scolari appaiate e da minuscole goccioline d’acqua sulla superfi-cie. Da ultimo, riguardo al tonno in scatola, ricordate che il tonno NON si taglia con un grissino. Il tonno di qualità è sodo perché è costituito da un trancio. Se inve-ce si taglia con un grissino, come dice la pubblicità, allora sono dei rimasugli di lavorazione. Mangia-tevi il grissino ma cambiate la marca del tonno.

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sAlute e Benessere

Fatica, dolore e relax esistono dalla notte dei tempi, non è un’invenzione moderna e, probabilmente, l’applicazione di olii ed unguenti sulla pelle con delicate frizioni manuali rappresenta la più antica forma

di medicina. I riferimenti più antichi risalgono al 2500-2700 a.C. in alcuni manoscritti cinesi ed in seguito, a distanza

di migliaia di anni, si evincono in numerosi testi di medicina indiana. E’ risaputo che la cultura orientale, riguardo la pratica di tecniche mediche, sia edotta, tradizionalmente, alla manipolazione del corpo umano ed ogni tecnica procura benefici soprattutto alla mente.

Da oriente ad occidente; dopo indiani e cinesi, gli egizi, i greci ed i romani hanno trasformato l’arte del massaggio in una vera e propria terapia che, via via, si è sempre più evoluta. Dai bagni profumati di Cle-opatra ai massaggi sportivi dei greci, per i giochi, alle terme romane, vere e proprie oasi di benessere psico-fisico (ci sarebbe da dubitare sullo stress psichico degli abitanti di quei tempi), il cammino verso

le odierne tecniche di massaggio è stato interrotto solo nel Medio evo, salvo, poi, essere ripreso nel periodo rinascimentale e portato avanti, fino ai giorni nostri, come dottrina terapeutica a tutti

gli effetti.L’azione rilassante e stimolante che i massaggi svolgono sul tessuto connettivale, muscolare e scheletrico tende a riequilibrare lo stato psichico dell’uomo. Tecnicamente un massaggio

è in grado di liberare molte delle emozioni che rimangono, per così dire, incastrate all’interno del tessuto muscolare generando contrazioni e tensioni. E’ un’antica

forma di terapia ed anche uno dei gesti più consueti che si compie quotidia-namente; auto-massaggiarsi una zona indolenzita del corpo è un’azione

naturale.Le virtù sono innumerevoli; vanno dalla rigenerazione del nostro organismo, al riequilibrio del sistema nervoso nonché quello

ormonale, alleviamento di tensioni che provocano crampi e spasmi muscolari, miglioramento della circolazione, elimi-

nazione di cellule morte ed, infine, sensazione di benes-sere.

I tipi di massaggio conosciuti sono centinaia, ognu-no di essi appartenente ad una cultura specifica,

quasi una pratica religiosa, curata e modificata negli anni, ma sempre legata alle conoscenze basilari di un tempo, a quelle sperimentate mi-gliaia di anni fa dalle culture orientali.

Oggi la scienza conosce molto bene il no-stro corpo e questo ha dato una grossa mano anche alle manipolazioni in genere e, so-prattutto, riesce a darci una spiegazione tecnicamente perfetta del risultato benefi-co che dà un massaggio ben fatto.

Quattro sono i tipi di massaggio più co-muni; vediamoli insieme.

Il massaggio ayurvedicoL’ayurveda, che si trova alla base di que-

sto tipo di massaggio, viene considerata la più antica medicina, nata in India più di 3.000 anni fa. Il massaggio ayurvedico tende a drenare e tonificare i muscoli e a sfrutta-re le energie bloccate nel nostro organismo. Possono essere necessarie due persone per

effettuare questo massaggio perché va mas-saggiata ogni parte del corpo a lungo con oli

particolari che migliorano il tono cutaneo. Que-sto tipo di trattamento è indicato per combattere

l’affaticamento psicofisico, poiché rende i musco-li scattanti e agili; ottimo anche per contrastare

insonnia, emicrania, dolori articolari e muscolari. Il linfodrenggioTipo di messaggio creato da un medico danese di

nome Emil Vodder, favorisce la circolazione linfatica, essenziale per la salute del sistema immunitario e l’e-

spulsione delle scorie organiche. Avendo anche un effetto estetico, è quello prediletto dalle donne. Dove c’è una sta-

si della circolazione linfatica, infatti, si formano cuscinetti e rigonfiamenti antiestetici. È l’ideale per combattere la cellu-

lite perché migliora la microcircolazione, ha un effetto rigene-rante grazie agli effetti sulla circolazione linfatica, contrasta ede-

mi, infiammazioni ed aiuta la cicatrizzazione delle ulcere cutanee. Il massaggio bioenergetico

Creato dallo psicoterapeuta Lowen, cerca di ristabilire l’equilibrio individuan-do le parti del corpo tese ed agendo su di esse. I massaggi vengono eseguiti “su

misura”, prendendo in considerazione le 5 strutture caratteriali: cerebrale, dominan-te, compressa, dipendente e rigida. Il massaggio viene sincronizzato al respiro in modo

che si possa meglio rendersi conto della propria realtà corporea. Questo tipo di massaggio rende la persona malleabile ed agisce fondamentale come rigenerante caratteriale e psicologico.

Il massaggio shiatsuÈ forse il tipo di massaggio più famoso; di origine giapponese, utilizza la pressione ed il tocco, tramite

l’uso di ginocchia, gomiti, mani e dita, per stimolare il flusso di energia dei meridiani. Come per il massaggio ayurvedico, anche il massaggio shiatsu trae la sua forza dal fatto che si tratta anche di una filosofia di vita. È un mas-saggio ideale per riportare il benessere psicofisico, ma riesce anche a combattere patologie quali artrite, emicrania, sciatica, mal di schiena, stress. Particolarmente consigliato in gravidanza la versione “acquatica».

Il Massaggio - BENESSERE TOTALEdi Venice Looprat

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28Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

mondo scuolASPECIALE SCUOLA

Momenti della rappresentazione teatrale alla Casa della Cultura e le maestre che hanno coordinato l’evento.

ELEMENTARE “ROCCO DE ZERBI”: CHIUDIAMO L’ANNO IN BELLEZZA!!!

CONCORSO MADRETERRAI° BORSA DI STUDIO PER LE SCUOLE ELEMENTARI

CONCORSO FONDAZIONE “LETTERIO GIORDANO” - I° BORSA DI STU-DIO “M. GIOVANNA OLIVIERI” PER LE SCUOLE ELEMENTARI

In occasione della chiusura dell’anno accademico della

Scuola Elementare “R. De Zer-bi”, alla “Casa della Cultura”, si è concluso, con la premiazione dei vincitori Michele Ferraro e Do-menico Veraldi che si sono aggiu-dicati due computer portatili, il I° Concorso MadreTerra (le note relative al concorso sono pubbli-cate a pagina 26) riservato alle scuole Elementari di Palmi. L’ab-braccio teorico dell’Associazione MadreTerra, si è fuso con quello dei presenti, sia sul palco sia fra

le file del pubblico, davvero nu-meroso, attorno ai due vincitori.

Nell’ambito della stessa ma-nifestazione c’è stata anche la premiazione per il Concorso del-la Fondazione Letterio Giordano, dedicato alla prematura scom-parsa della maestra Maria Gio-vanna Olivieri.

Il concorso prevedeva un test di 60 domande di cultura genera-le e scolastica, che ha visto pre-miati Manuel Ventrice, Francesca Perelli e Marco De Santis, giun-ti, in ordine, al primo, secondo e terzo posto, con borse di studio del valore di 400,00 €, 300,00 € e 200,00 €.

Naturalmente il fulcro centra-le di tutta la manifestazione era il duro lavoro svolto da insegnan-ti ed alunni, per la messa in atto della recita di fine anno; un rac-conto dei vari passaggi che hanno visto ritagli del Risorgimento ita-liano, con tempi e protagonisti, riferiti alle nostre terre.

Preparati e per nulla intimoriti, gli interpreti, padroni del palco-scenico, hanno interagito tra loro in maniera perfetta, esaltando, talvolta, il pubblico con esilaran-ti battute, in stretto dialetto pal-mese, dal sapore antico.

Pensiamo di riportare il pen-siero di tutti i genitori nel rin-

graziare di cuore tutto il perso-nale docente e non docente della scuola, protagonista, anche se non in senso assoluto, dell’edu-cazione e della preparazione dei nostri figli e crediamo, per espe-rienza personale vissuta, sia pur per un brevissimo periodo, di do-ver ringraziare, a nome di tutti, i componenti del consiglio d’isti-tuto, rappresentanti dei genito-ri, che si sono prodigati nell’aiuto alla scuola, costante e ravvicina-to, nell’organizzazione di eventi, manifestazioni ecc.., e nel diffi-cile ruolo di presenza quasi co-stante all’interno della scuola, a discapito del loro tempo libero.

La Redazione

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Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

mondo scuolASPECIALE SCUOLA

Gli interventi PON sono un’oc-casione di arricchimento per

la scuola, un’opportunità di miglio-ramento delle situazioni di appren-dimento per gli studenti che hanno bisogno di una scuola che li accolga e faccia crescere le loro curiosità, favorisca lo sviluppo originale del-le personalità e delle attitudini, dia strumenti di comprensione e di in-terazione positiva con la realtà.

Coerentemente con le suddette priorità si colloca il Piano Integra-to 2010/2011 della scuola Primaria “Rocco de Zerbi “.

Due gli obiettivi proposti: C-1 FSE-2010-1196 e F-1-FSE-2010-235 nell’ambito dei quali sono stati rea-lizzati più moduli formativi.

Il modulo “Amici Burattini” ha coinvolto gli alunni delle prime clas-si in un percorso di apprendimento della lingua italiana basato su atti-vità alternative, ludiche e laborato-riali. L’iter operativo è stato un con-tinuo alternarsi di interventi didat-tici ed azioni nelle quali i bambini sono stati protagonisti, manipolan-do materiali poveri e dando sfogo alla creatività e alle loro personali abilità. Gli allievi si sono misurati con loro stessi nella recitazione di poesie legate al burattino che essi rappresentavano, dando vita ad una simpatica “performance finale” in collaborazione con gli alunni del modulo “Magicarta 2”.

L’esperienza è stata proficua e positiva, poiché, ha suscitato il gra-dimento di tutti i partecipanti e ha consentito il raggiungimento degli obiettivi propri del percorso: la

promozione dell’espressione e del-la comunicazione, l’ascolto attivo, lo sviluppo delle abilità del fare, il rafforzamento dell’autostima e la valorizzazione della personalità di ciascuno

Nel modulo “Salvagente” l’azio-ne didattica è stata destinata ad alunni dell’ultimo anno della scuo-la primaria limitando il numero di partecipanti a circa 25 unità per rendere più proficuo l’intervento didattico- educativo

Gli alunni hanno potuto recupe-rare e/o potenziare le competenze disciplinari attraverso didattiche laboratoriali innovative ed accat-tivanti, hanno espresso le loro po-tenzialità, migliorando, altresì, l’au-tostima, i rapporti interpersonali e comportamentali, nell’ottica di una sana e consapevole convivenza ci-vile. L’attività didattica è stata co-stantemente monitorata grazie an-che all’azione sinergica tra l’esper-to e il tutor. Da tutti gli elementi di cui sopra, si può affermare che gli obiettivi formativi previsti dal corso sono stati sostanzialmente conseguiti in modo apprezzabile, per cui il livello di efficienza ed ef-ficacia del percorso formativo è da ritenersi soddisfacente.

Il modulo “PC e Dintorni 2” ri-proposto per la seconda volta, mi-rava a dare le competenze informa-tiche di base agli alunni delle classi IV, con l’uso dei più conosciuti pro-grammi di video scrittura, di editor di immagini, di disegno, di presen-tazione con effetti visivi, sonori e musicali, fogli di calcolo elettronici e non ultimo, la creazione e l’uso di una propria casella di posta elet-

tronica, l’uso di internet con ricer-che mirate e lo scambio di mail tra alunni e docenti. Il progetto ha visto i 25 alunni coinvolti partecipare alle attività con entusiasmo ed in ma-niera assidua. La docente esperta, coadiuvata dalle insegnanti tutor, ha proposto un percorso semplice, ma completo e accattivante che si è rilevato molto proficuo.

Il gioco degli scacchi ormai ha trovato “ casa “ alla scuola De Zer-bi di Palmi, anche e soprattutto grazie al modulo “Scacco Matto 2” progetto che ha consentito, per la seconda volta durante l’ anno sco-lastico 2010/2011, che fosse prati-cato questo “ nobil giuoco “, nobile in quanto è sì un gioco e quindi con-sente agli alunni di apprendere gio-cando, come suggeriscono i migliori pedagogisti; ma nobile soprattutto negli esiti, nei risultati, nell’ acqui-sizione di abilità e competenze tra le più elevate per la mente umana e soprattutto per la mente dei pic-coli, che ancora devono struttura-re il loro essere, il loro pensiero, la loro personalità. Perché il gio-co degli scacchi coinvolge tutte le componenti del cervello, tutte le intelligenze, come direbbe il famo-so psicologo Howard Gardner, tut-to l’ essere nella sua completezza psico-emotiva, intellettuale e so-ciale; il gioco degli scacchi implica competenze trasversali a tutte le discipline della scuola primaria e questo è stato ampiamente riscon-trato tramite i test di ricaduta nelle attività didattiche. Ma questa espe-rienza ha visto, anche, gli alunni so-cializzare, imparare a stare seduti, a riflettere, a rispettare le regole, a non dileggiare l’avversario dopo averlo sconfitto, ma infine, e so-prattutto, ad accettare la propria sconfitta, senza demoralizzarsi, ma continuando a lottare per la vitto-ria, per il successo, come poi la vita

ti chiede sempre di fare. Questa partita degli scacchi, questo nobil giuoco sono la metafora delle vita stessa e noi della scuola De Zerbi siano soddisfatti di avere insegnato anche un po’ a vivere ai nostri alun-ni del PON” Scacco Matto

Il Modulo “Magicarta 2 “, attua-to in continuità con “Magicarta 1” svoltosi nel primo trimestre del corrente a.s., si è sviluppato in re-lazione alla necessità di stimolare gli alunni sulla salvaguardia dell’am-biente e, in linea progressiva, sulla raccolta differenziata e sul riciclo della carta. Tale materiale di facile reperibilità si è dimostrato molto adatto allo sviluppo della creativi-tà, affascinando durante la prima fase i ragazzi delle classi quarte e, durante la seconda, gli alunni del-le classi seconde. Opportunamente guidati dall’esperta e dalle tutor i partecipanti hanno dato vita a ma-nufatti di indubbio effetto espres-sivo utilizzando le principali tecni-che di lavorazione della cartapesta e relativa decorazione con colori acrilici. Ne sono nati vasi, piatti, animali e, soprattutto, burattini che hanno calamitato l’attenzione dei più piccoli poiché volti ad una piccola rappresentazione finale di animazione. Il laboratorio ha in-staurato tra bambini di classi diver-se un clima sereno, di cooperazione e disponibilità reciproca che, al di sopra degli obiettivi didattici prefis-sati, ha reso unico il percorso. An-che in ciò la carta si è dimostrata “magica”.

Tutte le strategie attivate nei diversi percorsi sono state molto apprezzate dagli alunni, così come è emerso anche dai questionari di valutazione e gradimento, e hanno prodotto risultati globalmente si-gnificativi relativamente all’acquisi-zione e approfondimento degli item previsti e alla loro applicazione.

With the whole world on the edge of their seats

waiting for the wedding of the century, William and Kate - now Duke and Duchess of Cambridge – managed to spare 5 minutes to come and pay a surprise visit to Palmi! They obligingly posed for photographs in Piazza Amendola with some very happy students of the Stamford School of English and even stayed for some tradi-tional English cakes at the school party later that evening.

Students of the Stamford School took part in the “Best Dessed Wedding Guest” competi-tion during the day and enjoyed a party and Royal Wedding quiz in the evening.

Con l’intero mondo ansioso di guardare il matrimonio del

secolo, William and Kate - ora Duca e Duchessa di Cambridge - sono ri-usciti a trovare 5 minuti liberi per fare una visita a sorpresa a Palmi!

Hanno posato molto volentieri per i fotografi di piazza Amendo-la con degli studenti molto con-tenti della Stamford School of English e sono anche rimasti per dei tradizionali dolcetti alla festa organizzata dalla scuola più tardi quella sera.

Gli studenti della Stamford School hanno partecipato alla competizione “ l’ospite del ma-trimonio meglio vestito” durante la giornata e si sono divertiti alla festa e al quiz reale la sera.

KATE AND WILLIAMVISIT PALMI!

COMUNICATO STAMPA

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mondo scuolAI° CONCORSO PER LE CLASSI IV E V DELLE SCUOLE ELEMENTARI “PREMIO MADRETERRA”

-150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA-Scuola ElementareRocco De Zerbi - Palmi

Scuola ElementareSan Francesco - Palmi

In alto - I partecipanti al gioco con le Maestre Fu-scà, Bartuccio, Argirò e Caristi, gli organizzatori del gioco, Mariella De Salvo, Michela Cardone, Carla Castelli, Cosmo Nocida, Rocco Laganà e Natale Militano, - rap-presentanti di circolo - il Dirigente Giovanni Costa ed il Presidente dell’As-sociazione Madreterra, Paolo Ventrice.

A lato - Il campo di gioco.

Nella pagina a fianco - Momenti del gioco e della premiazione.

Quando la scuola diventa gioco ed il gioco diventa

scuola, si respira un’aria incredi-bile; se poi ti ritrovi immerso nel vociare allegro e spensierato dei bimbi di un’elementare, tutto di-venta magico.

Questo è quello che è accadu-to alla “R. De Zerbi”, il 26 maggio scorso. Una giornata nel segno dell’amicizia e del divertimen-to che ha visto coinvolte le quar-te classi dell’intero istituto, in un entusiasmante gioco dell’oca, ideato, organizzato e diretto, im-peccabilmente, da un pool for-mato dai rappresentanti d’istitu-to del I° circolo, coadiuvati dal personale della scuola.

Mariella De Salvo, Michela Car-done, Carla Castelli, Rocco La-ganà, Cosmo Nocida e Natale Mi-litano si sono adoperati col cuore per riuscire a dare, ad un concor-so come tanti, un qualcosa in più, un tocco di magia.

I bambini si sono impegnati, pri-ma, nello studio di un po’ di sto-ria relativa al nostro Risorgimen-

to, dopo, nell’euforia di un gioco che, nonostante la sua semplici-tà, riesce comunque a far diver-tire ancora grandi e piccini.

L’Associazione Madreterra, ha voluto realizzare il concorso, con la convinzione che bisogna aiu-tare la scuola a compiere, nel miglior modo possibile, il pro-gramma educativo delle leve del futuro. “L’unico supporto che noi possiamo dare - sostiene Paolo Ventrice, Presidente dell’Associa-zione Madreterra - è un semplice coinvolgimento ed una interazio-ne con la realtà che ci circonda, dando stimoli, ai bambini, che si-ano diversi da quelli scolastici, ma complementari ad essi”.

L’occasione per avvicinarli, in modo quasi informale per una scuola, ci è stata data dal gen-tilissimo Gianni Costa, dirigente del I° Circolo di Palmi che ha ac-colto l’iniziativa dell’Associazio-ne con entusiasmo e coinvolgen-do tutti in un fantastico “gioco globale”. La capacità, poi, degli organizzatori di fare gruppo, oc-cupandosi di tutti i dettagli, an-che se rincorsi dal tempo tiranno,

ha fatto il resto.Loro l’idea di as-

sociare il “PRE-MIO MADRETERRA” ad un gioco, basa-to ovviamente sul periodo storico di cui oggi tutt’Italia ne cerimonia la ri-correnza, loro lo studio e la prepa-razione delle do-mande da porre ai concorrenti, i quali - e questo va evi-denziato - non han-

no, nel programma scolastico, il periodo storico relativo al Risor-gimento italiano, per cui han-no dovuto studiare anche questa fase storica per poter partecipa-re al gioco.

Poco male, in fondo, anche se fuori programma, un pezzo del-la nostra storia è stato assimilato (probabilmente in maniera meno faticosa) dagli alunni che, di certo, dimenticheranno difficilmente le conoscenze acquisite per “gioco”.

Grande entusiasmo, durante lo svolgimento. Quattro squadre che si contendevano un traguar-do ambito: la 4° A, maglia ver-de, VILLAGGIO CAMPING S. ELIA, accompagnata dalla maestra Fra-scà, la 4° B, maglia bianca, PRO-METEUS, con la maestra Bartuc-cio, la 4° C, maglia blu, APEIRON, al seguito della maestra Argi-rò ed infine, la 4° D, maglia ros-sa, MADRETERRA, sospinta dalla maestra Caristi; tutt’intorno, un pubblico che quasi faceva tifo da stadio.

I complimenti vanno a tutti i bambini, vincitori e vinti, i qua-li non hanno tradito le loro inse-

gnanti, rispondendo, ce-lermente ed esattamente, a tutte le domande, ma la fortuna (i dadi hanno poco a che fare con la bravu-ra) ha designato vincitri-ce l’equipe del Villaggio Camping S. Elia, la 4° A. Nell’ultimo lancio, contra-stava alquanto la felicità dei componenti, la squa-dra vincitrice con la de-lusione dipinta sul volto degli altri bambini (tant’è

vero che da qualche angolo si udivano contestazioni corali) ma, in fondo, la competizione è an-che questo.

Un paio di giri di campo con la coppa in mano (la paperella ver-de) per festeggiare e poi, via tutti in classe, a riprendere quello che per qualche ora, si era sospeso.

Un cenno particolare va al Pre-side Costa, padrone del campo (in tutti i sensi), direttore assolu-to, sempre a fianco dei suoi alun-ni, delle sue maestre, dei suoi collaboratori e, perché no, an-che dei genitori dei suoi alunni, il quale si è divertito, assieme agli altri, in una giornata un po’ speciale, animando, microfono in mano, diversi momenti del gioco.

Uno dei momenti più belli ed emozionanti si è avuto nell’e-strazione ed all’assegnazione dei due Computer portatili in palio; I° estratto Domenico Veraldi (che purtroppo era assente) II° estrat-to (e quì è stato un tripudio) Mi-chele Ferraro.

La gioia di Michelino, contag-giosa senza pari, ha donato, alla fine dei lavori, un grazie specia-le a tutti coloro che presenziava-no all’estrazione, Preside, orga-nizzatori maestra e compagni di classe.

L’ultima tappa legata al con-corso, è stata quella del 6 giu-gno, presso la “Casa della Cultu-ra L. Repaci”, quando, durante una giornata dedicata anche ad altri concorsi ma, soprattutto, alla memoria della maestra Oli-va, scomparsa prematuramente, ed alla rappresentazione teatrale preparata dagli alunni della scuo-la, sono stati premiati i due vin-citori.

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La Redazione

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mondo scuolAI° CONCORSO PER LE CLASSI IV E V DELLE SCUOLE ELEMENTARI “PREMIO MADRETERRA”

-150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA-Scuola ElementareRocco De Zerbi - Palmi

Scuola ElementareSan Francesco - Palmi

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32Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

mondo scuolA

I° CONCORSO PER LE CLASSI IV E V DELLE SCUOLE ELEMENTARI “PREMIO MADRETERRA”

-150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA-Scuola ElementareRocco De Zerbi - Palmi

Scuola ElementareSan Francesco - Palmi

SPECIALE SCUOLA

In alto: Il Preside A. Santoro, Demin Draganov e Paolo Ventrice, Presidente dell’Ass. Madreterra - Demin Draganov e Idam An-drea Moldova, vincitori del concorso.

In basso: I lavori premiati.

I bambini della Scuola Pri-maria San Francesco si sono

adoperati nella ricerca storica, con tutta la fantasia in loro pos-sesso, per partecipare attiva-mente al concorso premio di Ma-dreTerra.

Con l’ausilio delle insegnanti hanno preparato lavori di tutto rispetto, dalla crazione di sceno-grafie in carta riproducenti parti-colari momenti storici come, ad esempio, l’incontro a Teano, alla stesura di testi e poesie.

Demin Draganof, classe V°D e Idam Andrea Moldova, classe IV° B, sono stati i vincitori del con-corso; Demin per un lavoro (pub-blicato a fianco) personale, Idam Andrea (il sorteggio ha premiato lei) per un lavoro di gruppo, svol-to da tutta la classe. Uno stralcio della ricerca è pubblicata nella pagina a fianco, assieme all’elen-

co di tutti componenti della clas-se.

Il concorso svoltosi sotto la di-rezione delle insegnanti e del Preside Santoro Annunziato, nell’intento di promuovere attivi-tà extrascolastiche, ha assegnato ai vincitori due computer portati-li, con l’auspicio che questo pos-sa essere un primo passo verso un futuro che preveda un’interat-tività più proficua tra educatori, famiglie ed associazioni culturali sul territorio.

Resta il rammarico per il breve tempo a disposizione delle inse-gnanti che hanno dovuto opera-re a cavallo delle elezioni e quin-di con tempi ristrettissimi per la preparazione degli alunni e del materiale prodotto.

Un grazie particolare va al Pre-side Annunziato Santoro per la disponibilità dimostratata, non-chè alle insegnanti ed ai codiuva-tori tutti.

La Redazione

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34Anno II - Nr. 18 - Giugno 2011

mondo scuolA

L’istituto Magistrale “C.Alvaro” di Palmi, è

suddiviso in tre corsi di studio tra i quali il linguistico ed in una delle sue sezioni vi è lo studio dello spagnolo, materia particolarmente ap-prezzata dalla classe V AL. Dopo lo studio della lingua, inevitabile era il desiderio di sperimentare personalmente quella che sono la cultura, gli usi, i costumi, l’ambiente, la gente, le tradizioni e tutto quello che concerne il mondo spagnolo, per far sì che non resti un qualcosa di astratto impresso su carta, ma per farlo diventare reale esperienza formativa. Ed ecco che...si parte! Però molte difficoltà sono state incontrate sia sul piano economico, poiché il costo totale del progetto è stato so-stenuto interamente dalla famiglie, sia sul piano organizzativo poiché la pianificazione del viaggio studio (viaggi, alloggi e visite guidate) è stata realizzata personalmente dagli studenti e dalla prof.ssa respon-sabile Luisa Pane. Ma volere è potere! Per cui, superati questi piccoli problemi, una delle esperienze riuscite nel migliore dei modi ha avuto inizio. Naturalmente, il viaggio non è mai facile: la “traversata” Gioia Tauro-Salamanca, infatti, ha reso necessario l’impiego di treno, aereo e pullman. Arrivati in Spagna, i responsabili del college “Mester” ci hanno accolto calorosamente, mettendosi subito a nostra completa disposizione: trasporto in taxi, sistemazione in camere munite di ogni comfort. La denominazione di “viaggio-studio” lascia intuire l’impor-tanza che lo studio ha assunto durante la settimana. In effetti, la pri-ma parte della giornata era dedicata alle lezioni di grammatica e di conversazione. Le classi erano formate da un numero non eccessivo di studenti provenienti da ogni parte del mondo: la classe,infatti, è stata smembrata per facilitare la cosiddetta “full immersion” e quindi im-pedire ai ragazzi di parlare la propria lingua. Questa suddivisione è stata realizzata in una fase pre-partenza, attraverso un test on-line volto a determinare il livello di ciascun studente. La seconda parte della giornata invece era strutturata mediante numerose attività: conferenze di storia,cultura,letteratura ed arte di Salamanca; visite guidate all’università, una delle più antiche d’Europa, al museo di arte moderna, al teatro e ai monumenti principali della città; lezioni di salsa e merenghe, sevillana e cucina tipica. Inevitabilmente non è mancato il diverti-mento! Innanzitutto ricordiamo la “ruta de tapas” che letteralmente significa “percorso di tapas” ossia un percorso tra locali spagnoli dove la gente si reca a degustare piccoli assaggi di prodotti tipici. Ricordiamo inoltre il locale di salsa dove ci siamo cimentati nel ballo, applicando (seppur goffamente) le nozioni base ricevute durante le lezioni. C’è da dire che il nostro carisma ha contagiato addirittura il deejay che ha mixato canzoni italiane e, come maggiore esempio di scambio culturale, abbiamo fatto conoscere la nostra tarantella. Precedentemente avevamo accennato alla grande generosità dei responsabili del college, ma bisogna aggiungere la grande opportunità che il direttore ci ha offerto: un pullman a nostra completa disposizione diretto alla visita della capitale, Madrid. Infine, il viaggio del ritorno è stato addolcito, per così dire, dall’improvvisa e inaspettata visita di Roma. Ed ora, eccoci qui, di nuovo nella nostra piccola cittadina a rimpiangere Salamanca e quel modo di vivere così differente dal nostro. E’ assodato: Salamanca per noi è stato un viaggio indimenticabile, che ci ha insegnato davvero tanto, non solo dal punto di vista linguistico, ci ha infatti fatto capire l’importanza di determinati valori e ci ha aiutato a saper vivere,in modo da riuscire ad affrontare le varie difficoltà che la vita ci presenta davanti; un viaggio che rimarrà sempre nei nostri cuori.

ESTAMOS LISTOS!!!

Viaggio-studio in Spagna

Istituto Magistrale - CLASSE V AL.

SPECIALE SCUOLA

conVegno Sull’emigrAzione - progetto comenius

La classe V° BL del Liceo Lin-guistico “C. Alvaro” di Palmi ha ricambiato l’ospitalità ricevuta in novembre dal “Christoph Sch-rempf” Gymnasium di Besigheim, nell’ambito della seconda fase del Progetto Comenius “Lingua Madre e Identità Culturale”: i col-leghi tedeschi sono stati accolti calorosamente in famiglia e nel-le prime due settimane di apri-le hanno condiviso con i ragazzi italiani le ore di lezione a scuola e le visite presso alcuni dei luo-ghi più belli della nostra terra: Palmi, Seminara, Scilla, Reggio Calabria, Gerace, Locri Epizefiri, Messina. Il Progetto è stato con-cluso, il 15 aprile, da un conve-gno sull’Emigrazione: il Dirigente Scolastico del “C. Alvaro”, prof. Francesco Bagalà, ha aperto i la-vori con alcune riflessioni sul de-stino delle popolazioni meridio-nali, che da sempre, alla ricerca di un lavoro e un futuro migliore, sono state costrette all’emigra-zione. Il Sindaco di Palmi, dott. Ennio Gaudio, porgendo il saluto della nostra città, ha sottoline-ato la necessità di scambi cul-turali sempre più frequenti, in quanto necessari per conoscere altre culture e costruire così un futuro di cooperazione e pace. Anche l’intervento dell’Assesso-re Provinciale alla Cultura, dott. Santo Gioffrè, ha ricordato come l’emigrazione sia stata una piaga

di Rocco Sgròmolto dolorosa per il Sud Italia poiché, spingendo all’estero mi-gliaia di persone, ne ha impove-rito il tessuto sociale. L’interven-to dell’Assessore alla Cultura del Comune di Palmi, dott. Nunzio Lacquaniti, ha richiamato l’at-tenzione sulla frase di Enotrio Pugliese “Nel destino di tutti i calabresi c’è sempre un treno che parte”. Successivamente è stato proiettato un video sull’e-sperienza degli studenti italiani in Germania e sull’emozionante incontro avuto con gli emigrati italiani, che hanno fornito, attra-verso un’intervista, una diretta testimonianza; uguale questiona-rio è stato quindi sottoposto, al rientro in Italia, ad un campione di tedeschi residenti in provin-cia di Reggio Calabria. I risultati dell’indagine, riportati in stati-stiche, sono stati illustrati dalla prof.ssa di Tedesco del Liceo “C. Alvaro”, Silvana Iaria, referente del Progetto, che ha illustrato i mutamenti subiti dalle lingue “in emigrazione”, nel susseguirsi del-le varie generazioni di emigrati; in particolare, in Germania si è riscontrata l’esistenza di tre va-rianti di italiano, parlate da tre generazioni distinte: la prima, dalla scarsa preparazione cultu-rale, si esprime in una forma dia-lettale; la seconda generazione, già culturalmente più preparata, dimostra una lingua italiana più curata; la terza infine parla un italiano più neutro, unito ad una perfetta conoscenza del tedesco.

L’indagine ha, inoltre, registrato ciò che gli italiani e i tedeschi ap-prezzano o biasimano di più dei Paesi in cui vivono o di cui sono originari, sottolineando proble-mi noti ma anche sfatando molti luoghi comuni. E’ seguito l’acco-rato intervento del dott. Xavier Nicoletti, presidente dell’Asso-ciazione Heritage Calabria – Ass. degli emigrati calabresi nel mondo: in primo luo-go ha presentato la nutri-ta delegazione america-na che lo accompagnava, formata da professori dell’Università del West Virginia (USA), che hanno elogiato le bellezze della Calabria, le nostre tradi-zioni e la vivacità della nostra cultura. La prof.ssa Judy Prozzillo Byers, en-tusiasta dell’iniziativa, ha rivolto un invito a tutti gli studenti presenti a recarsi in America, presso la sua università, per un espe-rienza di studio. Il dott. Nicoletti ha poi ricordato la sua storia di emigrato calabrese che, dopo mol-ti sacrifici, è riuscito ad affermarsi in America, senza mai dimenticare le proprie origini. La prof.ssa Anja Biedermann, docen-te di italiano del gruppo tedesco, ha quindi espres-so il suo compiacimento per la splendida amicizia instauratasi fra i ragazzi

coinvolti. Ha concluso il conve-gno il Preside Bagalà, auguran-dosi si ripetano presto iniziative che abbiano per protagonisti la storia dei popoli e la loro lingua, principale collegamento tra chi emigra e chi rimane in patria, dimostrandosi così aspetto fon-damentale per il mantenimento della propria identità culturale.

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ANTONIO MARZIALEOSPITE DEL LICEO SCIENTIFICO “NICOLA PIZI”

PROGETTO “INSIEME PER CRESCERE CITTADINI”Argomenti di crescita so-

ciale. Ecco come definire quelli trattati da Antonio Marzia-le nel convegno svoltosi nell’Audi-torium del Liceo “N. Pizi” di Pal-mi, lunedì 30 maggio scorso.

Antonio Marziale, nato a Tau-rianova il 20 aprile 1966, fondato-re e Presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori e dirigente dell’Associazione Nazionale So-ciologi, plurilaureato (Laurea cum Laude in scienze della co-municazione, 110/110 in Sociolo-ga magistrale ed, infine “honoris causa”, laurea in Psicologia socia-le), ha dato tanto, durante l’ora e mezza della sua relazione.

Raccogliere, anche solo metà di quanto ha lasciato, sarà, per gli alunni del Liceo, base per un fu-turo più attento, almeno sotto gli aspetti curati da Marziale duran-te i lavori.

Il richiamo all’attenzione, più volte enunciato dal relatore, era mezzo per tenere alta la concen-trazione, cosa che visto i temi trattati non era difficile mante-nere.

Tre i temi principali: i mezzi di comunicazione (TV ed Internet), la pedofilia ed i social network, sotto accusa perchè utilizzati sempre più come richiamo alla pedofilia.

Il processo di cambiamen-to della TV, dall’essere stimolo di sogni, romantici o di coraggio poco importa (telefilm, telero-manzi ecc...) di un tempo, al rag-giungimento dell’effimero di oggi (Grande fratello, L’isola dei fa-

mosi - “con le emorroidi di Tru-ciolo che hanno tenuto col fia-to sospeso gli italiani per non so quanto tempo” - sottolinea, iro-nicamente, Marziale) la meta-morfosi è praticamente negativa, salvo quei limiti che si è riusciti a mettere nelle fasce protette, a salvaguardia dei bambini.

Il tempo scorre ma gli argo-menti sono di estremo interes-se. Imperversa la pedofilia e per un sociologo l’attenzione si pone, ovviamente, sui mezzi di adesca-mento e di promozione. Internet; i social network. “Il controllo dei minori” - sottolinea il relatore -, “deve essere assiduo, da parte dei genitori, gli adescatori si na-scondono sotto vesti innocue”.

Fra l’altro, un altro dei moti-vi negativi dei social network è che di SOCIAL (socializzazione) non ha nulla. Il termine, nato, presumibilmente, agli albori del-la lingua italiana, indica, riferito alle persone, il modo di “Abituar-si alla vita in comune e comuni-care”, cosa che a causa delle di-stanze è difficile attuare. Ben più facile è, però, dire o fare delle cose che, altrimenti, saremo ini-biti a fare. Ecco il pericolo mag-giore.

Una lezione fondamentale quella di Antonio Marziale, volu-to fortemente dalla Preside Cori-ca per relazionare sui temi cita-ti, cosa che, fra l’altro, ha riunito entrambi dopo anni di distacco (la Preside fu un’insegnante di Marziale “... non ho mai credu-to che potesse avere le potenzia-lità che esprime”, scherza sorri-dendo).

Che crescita sia!Antonio Marziale e la Preside Maria Corica durante il convegno

di Paolo Ventrice

“La scuola e il mondo del la-voro: realtà e prospettive per i giovani dopo il diploma” è stato il tema su cui si è dibattuto presso l’Aula Magna dell’Istituto Tecnico Commerciale “Luigi Einaudi” di Palmi. In platea studenti attenti e forze istituzionali della provincia reggina che hanno ascoltato gli interventi dei relatori: Eduardo Lamberti Castronuovo, Antonino De Masi e Pippo Callipo. Presente anche il prof. di economia, Gian-ni Dinami, referente dell’istituto in materia di alternanza scuola-lavoro che quest’anno ha opera-to attivamente con gli studenti in aziende sparse sul territorio non solo calabrese e nazionale, ma anche europeo tra cui Spagna e Inghilterra.

Dopo i saluti del dirigente sco-lastico, Rita Cananzi, dell’Asses-sore alla Cultura del Comune di Palmi, Nunzio Lacquaniti e del Consigliere Provinciale Giovanni Barone, ha preso la parola Lam-berti Castronuovo. L’imprendito-re calabrese ha spronato gli alun-

ni a migliorare la qualità della propria vita evitando di perdere tempo, grande male dell’impren-ditoria e del lavoro calabrese. La Calabria, ha detto, ha bisogno dei nostri ragazzi in termini di professionalità e di cervelli ope-ranti per combattere le mafie. In questa impresa si riesce solo se si lavora come un team affiatato dalle idee chiare. Non bisogna far mancare agli alunni esperienze formative e stage in aziende. Per l’imprenditore Antonino De Masi i giovani vivono la drammaticità di un contesto sociale calabrese difficile e triste non solo per gli stipendi mancati, ma per la man-canza del benessere del lavoro e della legalità. Tuttavia, ha affer-mato, è bene avere le idee chiare su ciò che si vuole fare una volta usciti dalla scuola garantendosi così il futuro da soli e mettendo in conto che la precarietà oggi è anche dei posti pubblici. E’ pos-sibile vincere la battaglia contro la disoccupazione, il malaffare e l’illegalità ma bisogna lottare ed essere responsabili. Per l’impren-ditore Pippo Callipo, presidente di Confindustria della provincia

di Reggio Calabria fare imprendi-toria in Calabria si può, molti gli esempi buoni, anche se bisogne-rebbe portare un miglioramen-to della classe dirigenziale, uno svecchiamento, per fare posto ai giovani, alle loro idee fresche e ricche di novità. Ha consigliato ai giovani di studiare non per il di-ploma, ma per imparare operati-vamente, perché solo così si può avere un posto di lavoro e fare ciò che piace veramente. La cultura è importante perché permette di

essere veramente liberi facendo-ci prendere decisioni responsabi-li perché solo la conoscenza ha il potere di salvaguardare le libere scelte e le libere idee. Successi-vamente è stato aperto un dibat-tito che ha visto protagonisti gli studenti con le loro domande. La manifestazione si è conclusa con la cerimonia di consegna degli at-testati di partecipazione a tutti i progetti e gli stage a quali gli alunni hanno partecipato duran-te l’anno.

LA SCUOLA E IL MONDO DEL LAVORO- REALTA’ E PROSPETTIVE PER I GIOVANI DOPO IL DIPLOMA -

CONVEGNO ALL’ITC “L. EINAUDI”

COMUNICATO STAMPA

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intorno Allo sPortche, derivava dal fatto di essere orgogliosi rappresentanti della propria città; non si tiravano mai indietro e avevano un’umiltà di fondo che dava loro grande te-nacia; proprio quella tenacia e determinazione necessarie per vincere i primi campionati e ripa-gare i solerti dirigenti, Silvestri, Militano, Muratore Piero, Foti, Cioglia, Zampogna A. che, tanto avevano dato a quei ragazzi. Era il periodo in cui si giocava al “Lo Presti”, in un campo col fondo in cemento, situato dietro quello da calcio, ma fu anche il momento in cui, il sodalizio palmese stava crescendo, diventando una te-mutissima compagine rispettata anche fuori dalle mura amiche. Intorno alla società, si era crea-to un fervore sportivo che aveva coinvolto un’altra generazione di giovani “terribili”: l’indimen-ticabile Cosentino F., Cosentino V., Muratore V., Tripodi A., Pie-tropaolo, Surace D., Guerrera A.,Cannata S., Previtera, Topa G., Tillieci, Sprizzi S., Mauro, Taver-riti E., Solano D., Pipino e tanti altri che, cresciuti sulla scia di quell’entusiasmo, hanno formato un gruppo affiatato, assicurando per tantissimi anni, campionati ad alti livelli. Atleti, che posse-devano senso di sacrificio e grin-ta necessaria, per sopportare lo sforzo di uno sport che richiede concentrazione e grande dispen-dio di energie; non potevano de-ludere quelle persone che, pren-dendosi cura di loro, hanno tra-smesso valori umani e importanti linee guida, fondamentali per la loro crescita. Fu un momento in-dimenticabile, in cui fare sport significava essere sostenuti dalla

gente e naturalmente dalle ragazzine che, seguiva-

no assiduamente e con grande accanimento, i cestisti palmesi. Fu così che nacque pure, la squadra di basket femminile. La presenza di queste squadre, e i numerosi

tesserati, sti-molarono i

Dopo una vita, “combattuta e vissuta”, con passione,

generosità, spirito di servizio, senza risparmio di energie, per creare una società, la Pallaca-nestro Palmi, che fu per cin-quant’anni orgoglio dei palmesi, è triste accettare che, persone che hanno vestito i panni di Ponzio Pi-lato, hanno spazzato via un sim-bolo. La scomparsa della squadra è stata un segno di tradimento, per la città di Palmi, i ragazzi, ma principalmente per i dirigenti e i presidenti, succedutesi negli anni, da Peppino De Francia, Gal-lo, Minniti, Zampogna S., Santoro A., Zampogna A., Rondanini, che posero le loro fondamenta su va-lori importanti come l’amicizia, la passione e il divertimento. La crescita sportiva e umana dei ra-gazzi, in tutte le sue componenti, sono stati gli obiettivi maggior-mente perseguiti. Avevano ini-ziato un percorso, che portò la squadra fino alla Serie B. La fonte di entusiasmo e gioia della socie-tà, tra le più vecchie d’Italia con codice di affiliazione n°180, fu senza dubbio quella rappresen-tata dai giovani di Palmi. Chi non ricorda quei ragazzi degli anni 70, allenati, prima da Gagliostro e poi da Nino Furfari, una sor-ta di ”guru” della panchina per quei tempi, che scrissero la sto-ria della prestigiosa Pallacanestro Palmi. Riuscivano a contagiare intere famiglie e intere genera-zioni: Licari, Taverriti, La Fauci, il compianto Toty Barone, Gagliar-do, Maccarone, Arena, Malgeri, Saffioti. Avevano un forte sen-so di appartenenza alla squadra

Pallacanestro PalmiUN SIMBOLO CHE NON C’è PIù

Che tristezza!

di Rocco Cadile

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intorno Allo sPortdirigenti a coronare un sogno: la realizzazione dello “Scatolone”, costruito per dodici milioni di lire dalla ditta “Ottaviana Prefabbri-cati”, di Rosarno. Questa fu la fase più pioneristica che, diede un ulteriore vanto alla dirigenza, ma soprattutto un impulso alla comunità palmese che vantava una palestra coperta, orgoglio dei ragazzi. Da questo momento in avanti, iniziò la scalata della Pal-lacanestro Palmi che conquistò, agli spareggi, la serie C, dopo un esaltante campionato disputato con quasi tutti giocatori palmesi, guidati dal coach, Romanetti. In quella partita, i ragazzi mostra-rono tutto il loro orgoglio, non po-tevano fallire; avevano promesso ai tifosi che ce l’avrebbero fatta. Così Fu. La squadra a 15 secondi dalla fine era sotto di un canestro, quando Mimmo Solano, intercettò la palla in possesso degli avversari e, come una furia, seminando tut-ti, s’involò e realizzò il canestro decisivo. Poi l’apoteosi. Quello fu un campionato molto duro, perché a quei tempi, giocare in serie D, significava confrontarsi con blasoni come il Napoli, Tor-re del Greco, Caserta, Potenza, Palermo, Messina, Bari, Trapa-ni, Catanzaro, Cosenza, Reggio. Ogni trasferta, era una gioia, ed era un’occasione di divertimento. L’autista ufficiale della squadra, era l’amabile “don” Rocchetto Ci-pri, persona eccezionale, con la quale, i ragazzi avevano e hanno tuttora, un rapporto filiale. Tanto era l’attaccamento alla squadra che, rimasero storiche le telefo-nate del lunedì, fatte dal presi-dente Minniti, quando si giocava in terra campana, alla redazione del “Roma di Napoli”, per parlare a lungo con tale Tafarulo, per far-si leggere l’articolo dell’incontro e avere notizie sui risultati della altre squadre. Fu anche la società che vantò le attenzioni di un im-

portante sponsor come la “LOT-TO”, che teneva i contatti con l’audace dirigente Pasquale Frisi-na. Dopo anni di serie C, la socie-tà decise di invertire rotta, get-tandosi sul mercato e acquistan-do alcuni giocatori provenienti da fuori città per potenziare la squa-dra e tentare il salto di categoria. La società, con lo staff operativo, composto dall’esperto Diretto-re Sportivo, Salvatore Silvestri, dall’acuto Segretario Franco Mili-tano e dal sagace, tuttofare, Pie-ro Muratore, fu premiata, poiché, proprio quell’anno, azzeccando gli acquisti, vinse il campionato; valorizzando così i giovani in for-za alla squadra, ma aumentan-do, però, il costo della gestione, in quanto i giocatori, quasi tutti di fuori Palmi, erano retribuiti. Gli anni di serie B furono molto impegnativi perché si ragionava ormai in termini professionistici. Pur centrando alcune operazioni che produssero un utile economi-co alla società, per aver ceduto alcuni atleti, comprati a basso costo, la dirigenza non sopportò il peso finanziario, attraversan-do un periodo di crisi che riportò la squadra in serie C. In un mo-mento incerto e avendo, la retro-cessione, lasciato strascichi, una cordata di persone, ne approfit-tò, e pur non avendo capacità e mezzi, pensò di poterla rilevare, staccando “di fatto” la spina. Nel ringraziare di cuore, tutti quelli che si sono spesi per regalare allo sport palmese momenti memo-rabili, approfittiamo per lanciare una sfida alle nuove generazioni di giovani e a chi ama il basket, perché possano riappropriarsi di un simbolo nostalgico, iniziando il percorso con lo stesso spirito, la stessa determinazione e gli stessi valori di quei dirigenti, maestri di vita, e di quei ragazzi che hanno fatto la storia della mitica Palla-canestro Palmi.

Qualche dato storico

Anni 50: nasce il C.S.I. Palmi, prima squadra di pallacanestro della città. Presidente: Peppino Di Francia. Giocatori: Managò, Mavilla, Donati, Gelardi, Donato, Lacquaniti, Bagalà, Gagliostro. Il C.S.I. Palmi, diventa Pallacanestro Palmi (F.I.P.) Presidente: Gallo.Anni 60 e 70: Presidenti – Minniti - Zampogna S. Dirigenti: Sil-vestri, Cioglia, Foti, Basile, Militano, Zampogna A., Muratore P. Allenatori: Gagliostro, Surace, Licari, Furfari, Crisafi, Romanet-ti. Giocatori: Managò, Fiorillo, Saffioti S., Barone M., Barone T., La Fauci, Gullo, Sarlo, Gagliardo, Rondanini E., Maccarone, Licari, Arena, Topa G., Taverriti F., Malgeri, Tigano, Marino, Cosentino F., Cosentino E., Tripodi, Surace, Guerrera, Muratore V., Cannata, D’Oro, Pietropaolo, Mazzù, Petrone, Saccà, Pipino, Solano, Nicosia, Maragucci, Palazzolo, Lo Giudice, Sant’Ambrogio, Romeo, Sprizzi, Taverriti E., Topa, G., Previtera, Mauro, Tillieci, Praticò, Ruggeri, Zaccone, Macrì, Pagano, Furfaro, Cundari, Malavenda, Calogero.Anni 80 e 90: gli anni dei rinforzi extracittadini. Presidenti: Zam-pogna e Santoro. Allenatori: Furfari, Stucovitz, Fultz, Calvani,

Tripodi. Giocatori provenienti da fuori città: Santoro, Presta, Frezza, Tramonti, Colarullo, Giuliana, Spataro, Corvo, Bianchi, Avezzano.Anni 2000: Presidenti: Rondanini e Furfaro. Allenatori: Sant’Ambrogio S., Sant’Ambrogio C., Geri, Furfari. Gioca-tori: Randazzo, Albanese, Pricoco, Spampinato, Furfaro, Marte, Avagliano, Geri.

Preghiamo di perdonare l’eventuale omissione di qual-che nome, chiedendo di credere se diciamo che, l’impe-

gno da essi profuso per la causa della Pallacanestro Palmi, è ben più grande di una nostra citazione.

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PArlAndo di musicA

RITORNO AL FUTURO

Gli anni Settanta, che nell’immaginario collettivo rimangono legati solo al “piombo” della lotta armata, in realtà hanno

rappresentato per il nostro paese un momento di straordinaria vitalità sociale, politica e culturale.

E’ in questi anni, ad esempio, che si sono affermati lo statuto dei lavoratori, la legge 180 che cambiava il modo di intendere il disagio mentale e, in ambito culturale, si è prodotto un virtuoso intreccio tra arte e politica. Umbria Jazz nasce proprio in quel periodo dal fortunato incontro tra la sensibilità delle istituzioni, e la lungimiranza di qualche “libero pensatore” convinto che questa musica potesse diventare il linguaggio del futuro. Una scommessa vinta.

Oggi le condizioni sono cambiate gli amministratori non rischia-no più, i soldi sono sempre meno e la cultura, almeno nell’acce-zione governativa, è un inutile spreco di risorse. Una scommessa persa. Rimangono i privati, ma anche loro si mostrano riluttanti a investire in iniziative che non hanno un ritorno economico imme-diato. In questo quadro a tinte fosche c’è però ancora chi pensa che spendere soldi nella promozione della cultura non sia uno spreco ma una opportunità. E’ questo presupposto che prende vita il Waltex Jazz Competition.

Nato dalla collaborazione tra l’etichetta discografica del gruppo EGEA, la RADAR Records e l’azienda tessile Waltex Tricot, il concorso è arrivato alla quarta edizione. La manifestazione,, con-clusa dopo una selezione iniziata nel mese di febbraio, il 4 maggio con un concerto del trio Dado Moroni, Joe Locke e Rosario Giulia-ni all’Auditorium Santa Cecilia di Perugia, quest’anno ha premiato la formazione The Duet composta da Alessandro Bellavia (sas-sofono) e Roberto Rebufello (piano). Una scelta coraggiosa che, oltre alla qualità della performance, ha tenuto conto anche della capacità dei musicisti di spaziare, senza facili ammiccamenti, tra musica contemporanea e improvvisazione. Un piccolo ma signifi-cativo passo per uscire dalla cappa opprimente del conformismo e dalle logiche asfittiche del mercato. Adesso, La RADAR Records produrrà il cd del gruppo, che verrà distribuito nei circuiti ufficiali da EGEA Distribuition.

Numeri

Movimento estremo, ma anche decadenza, superficialità e ap-piattimento culturale. E’ questa la cifra dei nostri tempi. E

non penso tanto a chi abbia già passato i trenta, ma a chi in questo mondo ci è nato, come i miei figli”.

Queste le parole con le quali RAF ha presentato il suo lavoro ultimo, NUMERI.

Il singolo Un’emozione inaspettata circolava già da tempo e gli amanti del genere (...me compreso) non vedevano l’ora che uscisse l’album, visto che dal precedente (Metamorfosi) erano già passati tre anni.

Gli argomenti trattati nei testi spaziano tra società, ambiente, ma soprattutto l’amore e le sue mille sfaccettature, tema in cui Raf è un gran volpone

Da sempre attento ricercatore di nuove sonorità, a volte anche pre-cursore, si potrebbe affermare che stia “involontariamente” prose-guendo il lavoro cominciato da Battisti circa trenta anni fa, quando il compianto Lucio tornava da Londra con degli album talmente “avan-ti” che tutt’oggi risultano attuali.

La cosa ancor più interessante e bella, è che Raf riesce a fare mi-racoli sonori utilizzando studi e musicisti made in Italy, senza servirsi delle tipiche e già rodate legioni straniere tanto decantate altrove.

Nella title track, in apertura, ospita Frankie HI NRG per la parte rappata e Nathalie (...si, proprio quella di X-Factor!!!) dimostrando da subito quale sarà la qualità di questa nuova avventura.

Il viaggio prosegue con Senza Cielo, brano bellissimo che parte lentamente ma nell’inciso si movimenta quanto basta per definire l’inimitabile marchio Raf.

Terza traccia, Un’emozione inaspettata, che già deliziava da un mese circa il nostro udito, in quanto irradiata dalle più importanti emittenti radiofoniche nazionali.

Altri brani degni di nota, Nuovi Mondi, Oltre di Noi, Vertigine (elegantissima la tromba di Marco Rubegni), e Ogni piccola cosa, quest’ultima scritta con la collaborazione di Gabriella Labate moglie di Raf.

Tutto l’album, comunque, è ben confezionato e scorre molto bene. La scaletta dei brani è molto curata, i musicisti rasentano la perfe-zione, su tutti, la sezione ritmica saggiamente gestita da Diego Cor-radin (batteria) e Cesare Chiodo (basso, con Raf da sempre: sarà per questo che i dischi suonano così bene?).

A mio modesto avviso, anche questo disco, nel suo genere, diven-terà presto un classico.

RAFdi Cristoforo Bovi

di Marco Suraci

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Avevo fretta, una dannata fretta. Ingessato nel mio doppiopetto blu mi trovavo su quel marciapiede, al centro di una nevrotica Chicago, da troppo tempo. Il volo era alle 18.00 ed ero maledettamente in ritardo. La maniglia della mia ventiquattrore, sempre più pesante

malgrado fosse quasi vuota, era diventata viscida dal sudore. Le auto erano come schegge impazzite ed io attendevo che qualche tassista nel caos di quel traffico si fermasse ma avevo perso ogni speranza: niente taxi, niente volo, niente casa. Ancora una volta il mio lavoro mi aveva tirato un altro colpo basso. Seduto sulla valigetta, con i gomiti appoggiati alle ginocchia ed i pugni sul volto aspettavo non so cosa. In quel groviglio di auto una Dodge Monaco 440 targata Illinois, con due persone a bordo, si accostò al marciapiede affiancandomi. Dall’abitacolo una mano, con un cenno, invita ad avvicinarmi. Non so perché ma in quell’istante capì che il mio Angelo custode, malgrado fosse stanco dei miei ripetuti viaggi di lavoro, non mi aveva voltato le spalle. Chiesi ad uno dei due tizi, con tono pietoso, se fossero diretti all’aeroporto. I due si guardarono e, senza emettere parola, mi fecero cenno con il capo di salire. Non ci pensai due volte e mi ritrovai, tuffandomi letteralmente assieme al mio fagotto, dentro l’abitacolo mentre Il tizio alla guida partì sgommando quando ancora io dovevo chiudere lo sportello. Fu allo-ra che una vocina mi sussurrò che forse sarebbe stato meglio rimanere nella totale disperazione, sprofondato in quel solitario marciapiede. Non una parola, non un gesto, solo, in sottofondo, le note di un vecchio pezzo di rhythm’n’blues, mandate in onda da una stazione radio, mentre si viaggiava a velocità molto sostenuta. I due erano dipendenti di un’impresa funebre; ero capitato nel posto sbagliato? I due loschi figuri indossavano un cappello nero, vestito dello stesso tenebroso colore, cravatta lunga e stretta, camicia bianca e occhiali Rayban modello Wayfarer. L’auto era sudicia e maleodorante, piena di lattine di birra vuote e resti di qualche pranzo improvvisato e consumato chissà dove. Dai loro discorsi capii che Jake ed Elwood, questi erano i loro nomi, erano fratelli ma la cosa che non riuscivo a comprendere era il fatto che continuavano a ripetere che erano in missione per conto di Dio. Scartata la prima ipotesi sul loro lavoro, mi convinsi che fossero due pastori protestanti. Poi invece intuii che erano parte di una band musicale che, riunita dopo tanti anni, si era esibita in un concerto, raccogliendo dei fondi per evitare la chiusura dell’orfanotrofio che avevano frequentato da bambini. Una gran confusione regnava nella mia mente: ma chi era-no e soprattutto perché continuavano a procedere a tutto gas? Ebbi immediatamente l’infelice risposta voltandomi: 10, 100, 1000 auto della polizia ci stavano inseguendo a sirene spiegate. Abbattendo numerosi ostacoli lungo il nostro cammino e sfiorando ripetute tragedie stradali, arrivammo nel maestoso edificio dei tributi, dove i fratelli dovevano versare 5000 dollari di tasse sulla proprietà dell’orfanotrofio. Mi tra-scinarono con loro, considerato che in questa storia ero immerso fino al collo, allo sportello dei pagamenti e, dopo aver ottenuto la ricevuta per quietanza dall’impiegato, tutta la polizia della contea, comprese le unità cinofile, ci aspettava nervosamente per portarci al fresco...” Mi alzai di scatto dal letto, immerso in un lago di sudore, con il cuore che mi batteva all’impazzata. Avevo avuto un incubo e probabilmente le cozze avevano contribuito non poco. Questa volta avrei dovuto seguire il consiglio di mia moglie evitando di mangiarle a cena. Entrai nel bagno per rinfrescarmi il volto e rimasi sbigottito: ma che diavolo ci facevano quei Rayban neri, modello Wayfarer, appoggiati sulla mensola?

The Blues Brothersdi Daniele Gagliardo

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Un

Sogn

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tutta

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ita!