Sconfinare numero 6 - Marzo 2007

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COPIA OMAGGIO Rubrika Go and Go Vse izteka v Soco, zadeva livarne Bookcrossing Numero 6 - Marzo 2007 Clima e letteratura La manifestazione di Vicenza Oscar ad Ennio Morricone Trieste Film Festival Scripta manent Omaggio ad Ennio Morricone La riforma dei corsi al SID Cinema PAGINE 8 E 9 Musica PAGINE 12 E 13 PAGINA 10 E 11 Italia Crisi di governo: opinioni a confronto PAGINE 3 E 4 Internazionale Trieste dormi e el mar se movi PAGINE 5,6 E 7 a pagina 2 Università PAGINE14, 15 E 16 Stile libero Cultura Glocale La quiete di Monte Santo Chiacchierata storica con “Benve- nuto” De Boca Bona Carneval furlano Il Picolit a pagina 4 sconfi[email protected] Direttrice: Annalisa Turel http://sconfinare.awardspace.biz/ L’editoriale Relax Leggende metropolitane Foibe: polemiche riaccese nel Giorno del Ricordo Tutto scorre nell’Isonzo Il caso Livarna Il 10 febbraio scorso, in occasione del “Giorno del Ricordo” istituito nel 2004, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consegnato una medaglia d’oro ed un diploma ai parenti di trenta italiani, vittime “delle foibe, dell’esodo e della più complessa vicenda del confine orientale”. Durante la cerimonia, il Presidente ha voluto ribadire il “dovere che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, a tutti i livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato”. Esponente di un partito e di una classe politica che per molto tempo ha evitato di riconoscere e anche solo di parlare di questa dolorosa pagina della nostra storia, Napolitano ha esortato a non tacere mai più sul dramma del popolo giuliano-dalmata, negato “per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”. Fiumani e dalmati sono stati vittime “di un moto di odio e di furia sanguinaria, e di un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”. Mentre in Italia le parole di Napolitano hanno suscitato un plauso bipartisan, nella vicina Repubblica di Croazia hanno sollevato un vespaio di polemiche: diversi esponenti politici si sono dichiarati indignati dalle parole del Capo dello Stato italiano. “Tenendo conto di tutto ciò che hanno fatto in Croazia e in altri Paesi, gli italiani sono gli ultimi che possono dare lezioni su genocidi e pulizie etniche” ha attaccato il deputato Tonci Tadic, esponente di una formazione di destra, il Partito del diritto. E dopo tali dichiarazioni, il 12 febbraio è intervenuto anche il Presidente croato Stjepan Mesic; da un comunicato della Presidenza della Repubblica croata, infatti, si può leggere di un Mesic “spiacevolmente sorpreso” dalle parole di Napolitano, che, a suo Dopo mesi di pubblicazione in seguito alle critiche avanzate da alcuni lettori, cogliamo l‘occasione per ribadire la linea guida, gli intenti e l‘organizzazione del nostro giornale. Sconfinare nasce nella primavera dello scorso anno, per volontà di un gruppo di studenti del corso di laurea di Scienze Internazionali e Diplomatiche, con l‘obiettivo di stabilire un canale di comunicazione tra la città e la realtà universitaria e di permettere uno sviluppo della conoscenza e dell‘integrazione tra le comunità di Gorizia e Nova Gorica. Ci preme sottolineare che il giornale non ha una propria linea definita in merito ad eventi né di natura politica, né di natura universitaria. Ogni articolo infatti riflette esclusivamente l‘opinione del proprio autore. Anche la prima pagina mira a mettere in risalto l‘argomento di maggiore interesse e non a esprimere una eventuale linea politica. È evidente quindi che Sconfinare non si propone di rappresentare l‘opinione di tutta la componente studentesca, bensì solo di coloro che partecipano alla stesura del giornale. Questo non esclude la possibilità che contribuiscano anche persone esterne alla redazione o all‘ambito universitario. In ogni fase della sua creazione Sconfinare è curato esclusivamente dagli studenti. È completamente indipendente dal corpo docente: i professori sono eventualmente coinvolti solo su nostra richiesta in virtù delle loro competenze, riguardo determinati argomenti. La costruzione di ogni numero è frutto di discussioni tra gli studenti che avvengono con cadenza settimanale all‘interno dell‘università. Ovviamente Sconfinare ha tutti i limiti di un giornale scritto da non professionisti e questo può comportare problemi organizzativi che si riflettono sulla pubblicazione. Sconfinare, stampato in duemila copie, è distribuito dagli stessi studenti a Gorizia, Nova Gorica, Monfalcone, Udine, Trieste. Inoltre, pur essendo l‘ASSID l‘editore, il giornale non rappresenta la linea politica dell’Associazione. Infine Sconfinare è stato sostenuto economicamente dai seguenti enti: Consorzio per lo sviluppo del Polo Universitario Goriziano, ERDISU, Università degli Studi di Trieste, Comune di Gorizia. Sperando, con questa nostra precisazione, di aver risposto alle esigenze di chiarificazione, ci proponiamo di continuare su questa linea di indipendenza con l‘obiettivo di instaurare un rapporto di reciproco confronto con i nostri lettori. La Redazione L’intervista sui problemi dell’inquinamento atmosferico che toccano da vicino gli abitanti di alcuni quartieri della città di Gorizia ha per protagonista Gian Luigi Cecchini, Professore associato di diritto internazionale e di diritto dell’Unione Europea nel Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste (sede di Gorizia), nonché Presidente dell’associazione culturale Gorizia-Europa, che recentemente ha promosso un conferenza sul tema. Prof. Cecchini può riassumere in cosa consiste il cosiddetto “caso Livarna”? Anzitutto desidero sottolineare con piacere l’interesse che, attraverso la vostra rivista, manifestate nei confronti di problemi che toccano da vicino la città che vi ospita. È un segno di attenzione che dovrebbe essere valorizzato in modo consistente dalle autorità locali. Non so se è questo Res nam gre dobro

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Cultura Glocale Musica Omaggio ad Ennio Morricone La riforma dei corsi al SID Internazionale La quiete di Monte Santo Chiacchierata storica con “Benve- nuto” Relax Università Stile libero Clima e letteratura La manifestazione di Vicenza Carneval furlano Il Picolit Res nam gre dobro Leggende metropolitane Italia Oscar ad Ennio Morricone Trieste Film Festival Crisi di governo: opinioni a confronto Trieste dormi e el mar se movi Numero 6 - Marzo 2007 PAGINE14, 15 E 16 PAGINE 8 E 9 a pagina 2

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COPIA OMAGGIO

Rubrika Go and Go

Vse izteka v Soco, zadeva livarne

Bookcrossing

Numero 6 - Marzo 2007

Clima e letteraturaLa manifestazione di Vicenza

Oscar ad Ennio Morricone Trieste Film Festival

Scripta manent

Omaggio ad Ennio MorriconeLa riforma dei corsi al SID

Cinema

PAGINE 8 E 9

Musica

PAGINE 12 E 13PAGINA 10 E 11

Italia Crisi di governo: opinioni a confronto

PAGINE 3 E 4

InternazionaleTrieste dormi e el mar se movi

PAGINE 5,6 E 7

a pagina 2

Università

PAGINE14, 15 E 16

Stile libero

Cultura GlocaleLa quiete di Monte Santo

Chiacchierata storica con “Benve-nuto”

De Boca BonaCarneval furlano

Il Picolit

a pagina 4

[email protected]: Annalisa Turelhttp://sconfinare.awardspace.biz/

L’editoriale

RelaxLeggende metropolitane

Foibe: polemiche riaccese nel Giorno

del Ricordo

Tutto scorre nell’IsonzoIl caso Livarna

Il 10 febbraio scorso, in occasione del “Giorno del Ricordo” istituito nel 2004, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha consegnato una medaglia d’oro ed un diploma ai parenti di trenta italiani, vittime “delle foibe, dell’esodo e della più complessa vicenda del confine orientale”. Durante la cerimonia, il Presidente ha voluto ribadire il “dovere che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, a tutti i livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato”. Esponente di un partito e di una classe politica che per molto tempo ha evitato di riconoscere e anche solo di parlare di questa dolorosa pagina della nostra storia, Napolitano ha esortato a non tacere mai più sul dramma del popolo giuliano-dalmata, negato “per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”. Fiumani e dalmati sono stati vittime “di un moto di odio e di furia sanguinaria, e di un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”. Mentre in Italia le parole di Napolitano hanno suscitato un plauso bipartisan, nella vicina Repubblica di Croazia hanno sollevato un vespaio di polemiche: diversi esponenti politici si sono dichiarati indignati dalle parole del Capo dello Stato italiano. “Tenendo conto di tutto ciò che hanno fatto in Croazia e in altri Paesi, gli italiani sono gli ultimi che possono dare lezioni su genocidi e pulizie etniche” ha attaccato il deputato Tonci Tadic, esponente di una formazione di destra, il Partito del diritto. E dopo tali dichiarazioni, il 12 febbraio è intervenuto anche il Presidente croato Stjepan Mesic; da un comunicato della Presidenza della Repubblica croata, infatti, si può leggere di un Mesic “spiacevolmente sorpreso” dalle parole di Napolitano, che, a suo

Dopo mesi di pubblicazione in seguito alle critiche avanzate da alcuni lettori, cogliamo l‘occasione per ribadire la linea guida, gli intenti e l‘organizzazione del nostro giornale. Sconfinare nasce nella primavera dello scorso anno, per volontà di un gruppo di studenti del corso di laurea di Scienze Internazionali e Diplomatiche, con l‘obiettivo di stabilire un canale di comunicazione tra la città e la realtà universitaria e di permettere uno sviluppo della conoscenza e dell‘integrazione tra le comunità di Gorizia e Nova Gorica. Ci preme sottolineare che il giornale non ha una propria linea definita in merito ad eventi né di natura politica, né di natura universitaria. Ogni articolo infatti riflette esclusivamente l‘opinione del proprio autore. Anche la prima pagina mira a mettere in risalto l‘argomento di maggiore interesse e non a esprimere una eventuale linea politica. È evidente quindi che Sconfinare non si propone di rappresentare l‘opinione di tutta la componente studentesca, bensì solo di coloro che partecipano alla stesura del giornale. Questo non esclude la possibilità che contribuiscano anche persone esterne alla redazione o all‘ambito universitario. In ogni fase della sua creazione Sconfinare è curato esclusivamente dagli studenti. È completamente indipendente dal corpo docente: i professori sono eventualmente coinvolti solo su nostra richiesta in virtù delle loro competenze, riguardo determinati argomenti. La costruzione di ogni numero è frutto di discussioni tra gli studenti che avvengono con cadenza settimanale all‘interno dell‘università. Ovviamente Sconfinare ha tutti i limiti di un giornale scritto da non professionisti e questo può comportare problemi organizzativi che si riflettono sulla pubblicazione. Sconfinare, stampato in duemila copie, è distribuito dagli stessi studenti a Gorizia, Nova Gorica, Monfalcone, Udine, Trieste. Inoltre, pur essendo l‘ASSID l‘editore, il giornale non rappresenta la linea politica dell’Associazione. Infine Sconfinare è stato sostenuto economicamente dai seguenti enti: Consorzio per lo sviluppo del Polo Universitario Goriziano, ERDISU, Università degli Studi di Trieste, Comune di Gorizia. Sperando, con questa nostra precisazione, di aver risposto alle esigenze di chiarificazione, ci proponiamo di continuare su questa linea di indipendenza con l‘obiettivo di instaurare un rapporto di reciproco confronto con i nostri lettori.

La Redazione

L’intervista sui problemi dell’inquinamento atmosferico che toccano da vicino gli abitanti di alcuni quartieri della città di Gorizia ha per protagonista Gian Luigi Cecchini, Professore associato di diritto internazionale e di diritto dell’Unione Europea nel Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste (sede di Gorizia), nonché Presidente dell’associazione culturale Gorizia-Europa, che recentemente

ha promosso un conferenza sul tema. Prof. Cecchini può riassumere in cosa consiste il cosiddetto “caso Livarna”? Anzitutto desidero sottolineare con piacere l’interesse che, attraverso la vostra rivista, manifestate nei confronti di problemi che toccano da vicino la città che vi ospita. È un segno di attenzione che dovrebbe essere valorizzato in modo consistente dalle autorità locali. Non so se è questo

Res nam gre dobro

Foibe: polemiche riaccese dalla Croazia dopo il Giorno del Ricordo

Sconfinare Marzo 20072Mondo

1 marzo

1 febbraio

12 febbraio PORTOGALLO Il Portogallo dice sì alla depenalizzazione del-l’aborto. Il sì ha vinto con il 59 per cento dei voti, ma l’astensione è stata del 56,4 per cento. Il fronte abortista, guidato dal premier socialista José Socrates, punta ora a promuovere una nuo-va legge che dia alle donne portoghesi gli stessi diritti della maggior parte dei paesi europeispo-sto con la minaccia di un secondo test nucleare.

21 febbraio IRAQIl premier britannico Tony Blair ha annunciato il calendario che scandirà il ritiro delle truppe britan-niche dall’Iraq. I primi 1.500 militari torneranno in Gran Bretagna nelle prossime settimane. Entro la fine del 2007 altri tremila soldati lasceranno l’Iraq. Il ritiro dovrebbe essere completato entro il 2008. Al momento Londra mantiene circa 7.100 soldati

13 febbraio IRAQ Doveva essere un momento di riflessione. Quindici minu-ti di pausa per ricordare l’anniversario di quello che mol-ti considerano l’evento all’origine della guerra civile in Iraq: l’attentato alla moschea di Askariya, a Samarra. Da quel giorno sono morti almeno 33.929 civili iracheni. Ma mentre l’orologio segnava le 12.20 e il primo ministro, Nuri al-Maliki, invocava la fine delle violenze, due bom-be nel mercato di Shorja hanno causato almeno 80 morti.

1 febbraio VENEZUELA L’assemblea nazionale ha concesso uffi-cialmente al presidente Hugo Chavez poteri speciali per realizzare una “rivoluzione so-cialista” e riformare l’economia del paese. Nei prossimi 18 mesi Chavez potrà emanare decreti con valore di legge in undici setto-ri strategici, compreso quello dell’energia.

16 febbraio PALESTINA Il presidente palestinese Abu Mazen ha incaricato il primo ministro uscente Ismail Haniyeh di for-mare un governo di unità nazionale costituito da esponenti di Hamas, di Al Fatah e indipendenti. Haniyeh avrà cinque settimane di tempo per con-cludere le trattative. Il governo statunitense ha però avvertito che boicotterà il governo se non ci sarà un riconoscimento esplicito di Israele.

27 febbraio AFGHANISTAN Attentato a una base statuniten-se durante la visita di Cheney La base aerea statunitense di Bagram, in Afghanistan, è stata colpita da un atten-tatore suicida. L’esplosione ha causato una ventina di vittime, quasi tutti lavo-ratori afgani in coda per entrare. L’at-tentato è stato commesso in coincidenza con la visita del vicepresidente statuni-tense Dick Cheney, che è rimasto illeso.

CONTINUA DALLA PRIMA

Trieste dormi e il mar se movi appena…Fa davvero una strana impressione, per un triestino, provare a parlare delle foibe. Perché qualunque cosa si decida di dire, si sa già che verrà deformata sotto la lente dell’appartenenza, etnica o politica che sia. E non è affatto una sorpresa, perché il primo a fare un’idiozia del genere sono proprio io. Del resto, come pretendere di restare imparziali di fronte ad una storia che non è mai stata una, ma tante quanti sono i partiti, le singole fazioni, o perfino le memorie individuali. Trieste, si sa, è una città schizofrenica. Credo che la sua malattia risieda nella vocazione a rinnegare la propria natura. E’una città di mare, un porto franco, un crocevia come pochi altri al mondo. O, perlomeno, lo è stato finchè non s’è provato a cristallizzare la sua immagine, a bloccare quel continuo fluire di genti che caratterizza, da sempre, un luogo di scambio. Finchè, insomma, i vari nazionalismi non hanno cominciato a disputarsela. Trieste non è italiana, non è mai stata slovena o croata, figurarsi austriaca. E’un po’tutto questo, ma anche

molto greca, ebraica, serba, bosniaca, turca, ungherese e chi più ne ha, più ne metta. E’, o dovrebbe essere, un tutto che è più della somma delle singole culture, giusto per non essere retorici. E invece, la sua complessità viene sempre spezzettata, a vantaggio di sotto-culture tanto limitanti quanto faziose. E’evidente che l’impossibilità di trovare una visione condivisa sulle foibe e, se dio vuole, di superarle nasce da questa contrapposizione. Certo, conta pure il silenzio decennale della politica, Pc in testa. La volontà della Dc di non urtare Tito il non allineato. L’intenzione dei post-fascisti di rifarsi una verginità su questa tragedia. Una serie di interessi superiori che sono piombati sulla regione, scompigliando le carte e tracciando confini incerti ed arbitrari. Capita così che a commemorare gli infoibati, collaborazionisti o meno che fossero, sia Napolitano, ovvero uno dei migliori interpreti dei silenzi del Partito Comunista. E capita pure che ci si vergogni a dirlo, perché lo stesso concetto è riportato su decine di manifesti di Forza Nuova appesi

per la città, in cui la scritta comunista è di un bel rosso pulp che gronda sangue. A dirlo, si fa il loro gioco. A non dirlo, pure. Perché, se proprio vogliamo, uno dei tanti paradossi di Trieste è che la sinistra, riconoscendo le proprie colpe, ha perso la possibilità di negoziare una visione storica condivisa. E’stata, come dire, un’ammissione unilaterale, a cui non ha fatto seguito il riconoscimento, da parte della destra triestina, delle responsabilità dell’Italia fascista nella catena degli avvenimenti. E allora via, che chi revisiona gode. Dimenticate le mire espansioniste del nostro governo già dalla Pace di Versailles, figurarsi l’invasione nazifascista della Jugoslavia, ché tanto gli ustascia non li abbiamo mica addestrati noi. E se per caso qualche jugoslavo ci ha rimesso la pelle, vuol dire che se l’era cercata. Esattamente come è riduttivo e pericoloso il tentativo di alcuni di riportare l’occupazione e la repressione titina esclusivamente alle necessità della politica internazionale.Ma insomma, il vero problema non è la

politica, o almeno non solo. E’la nostra schizofrenia. E’la volontà di dirci solo italiani, anche se di cognome si fa Iurincich o Biloslavo. E’soprattutto questo che ha fatto delle foibe una voragine di silenzi, manovre e complicità. La politica ha le sue responsabilità evidentissime. Ma queste non sono altro che un nuovo malanno per un paziente già compromesso. Se qualcuno avesse dei dubbi, potrebbe pensare ad un fatto curioso di poche settimane fa. Delle persone ignote hanno tappezzato la città con finte locandine del Piccolo, nelle quali si annunciava l’intenzione di tradurre alcune pagine del giornale in sloveno. E il Piccolo, che è sì vicino al centro-sinistra ma pure orgogliosamente italiano, cosa fa? Anziché cogliere al balzo il suggerimento per rilanciare un giornale asfittico quanto la realtà locale, minaccia querele contro i suoi potenziali salvatori. E viva là e po’bon…

Andrea Luchetta

parere, mal celano “elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico”. Egli inoltre ha dichiarato la sua già espressa propensione a “condannare i singoli crimini commessi dalla parte vincente durante e dopo la fine della seconda guerra mondiale”, criticando però il Presidente italiano per la manovra “sconcertante e potenzialmente estremamente pericolosa” di messa in discussione dell’Accordo di pace firmato dall’Italia nel 1947 e dell’Accordo di Osimo, siglato nel 1975 tra Italia e Jugoslavia (della quale la Croazia risulta uno stato successore dopo il suo smembramento), che aveva lo scopo di stabilire definitivamente l’attribuzione delle zone in discussione tra i due Stati. Al termine del comunicato, il Presidente Mesic non ha chiuso le porte a un dialogo futuro per “un ulteriore sviluppo dei rapporti amichevoli tra Italia e Croazia”, ma ha ribadito “la necessità di alzare una voce di protesta contro qualsiasi tentativo di mettere in dubbio le basi dell’Europa unita, tra le quali ha un posto prominente l’antifascismo”. La replica del Ministro degli Affari Esteri italiano, Massimo D’Alema, è stata immediata: “Mesic dovrebbe sapere che si rivolge al presidente dell’Italia democratica e antifascista, che quindi ha fatto i conti con il suo passato, ma allo stesso tempo sente il bisogno di dire la verità storica anche sulle vittime innocenti italiane che

vi furono in quel tragico momento conclusivo della guerra e nell’immediato dopoguerra”.

Dunque l’attacco del Presidente croato è risultato, agli occhi della totalità della classe politica italiana, “immotivato” e le sue parole “stupiscono e addolorano” ancora di più, in quanto evidenziano che non è stato recepito il messaggio di fondo del discorso di Napolitano, che le sue parole sono state travisate, pur essendo, secondo il parere dei leader dei principali partiti della maggioranza e dell’opposizione, “inequivocabili”. Il Quirinale, infine, ha dichiarato

di condividere pienamente le valutazioni di D’Alema, puntualizzando l’infondatezza della critica in merito ai trattati, che non sono mai stati posti in discussione. In reazione alle risposte italiane, Zagabria si è mossa per placare i toni, affermando di sperare in un ritorno ai normali rapporti di buon vicinato tra i due Stati, senza però sconfessare apertamente le dichiarazioni di Mesic. Quest’ultimo, dal canto suo, ha continuato, anche nei giorni successivi alla polemica, a ribadire la sua posizione antirevisionista riguardo ai trattati e ha concesso alla diplomazia uno spiraglio nell’accettazione

della proposta del governo croato di istituire una commissione mista italo-croata di esperti storici, per stabilire con esattezza il numero dei morti delle foibe, con lo scopo di porre fine a questo dibattito. Partendo da questo sottile filo diplomatico, dopo giorni di incontri e colloqui tra i rappresentanti dei due Paesi, il 17 febbraio, si è finalmente giunti a una dichiarazione congiunta dei Capi di Stato, nella quale Mesic ha sostanzialmente riveduto le sue affermazioni. Il Presidente croato ha riconosciuto che nelle parole di Napolitano non c’era alcun riferimento polemico alla Croazia, né tanto meno una volontà revisionistica. Dunque pace fatta. Pare. A nostro giudizio, le critiche alle parole di Napolitano sollevate da Mesic non avevano fondamento dal principio, poiché si basavano su argomenti che il Presidente italiano non aveva né esplicitamente, né implicitamente espresso. Un attacco sarebbe risultato comprensibile se centrato sull’unilateralità delle celebrazioni del Quirinale: Napolitano non ha fatto alcun accenno alle atrocità commesse dai fascisti in Istria e Dalmazia, ma piuttosto ha sottolineato i crimini subiti dagli italiani in quelle stesse zone. E questa

è una critica che andrebbe mossa all’intera impostazione del Giorno del Ricordo: nel testo della legge mancano del tutto i riferimenti alle colpe fasciste, che invece, seguendo la linea delle dichiarazioni già citate di D’Alema, dovrebbero costituire una parte fondamentale della memoria collettiva del nostro Paese. Eppure l’attacco di Mesic verteva solo marginalmente sulla difesa dei suoi conterranei per delitti da loro commessi

e subiti, insistendo invece sulla necessità di rispettare i patti siglati dai due Paesi. E dunque la sua appare una dichiarazione volta ad alzare una polemica fine a se stessa, quasi a voler ricercare un consolidamento territoriale mediante conferma della validità dei trattati, in una zona che da diversi anni sta subendo spinte

centrifughe sempre più forti. In conclusione, quello che ci auguriamo è ben espresso dalle parole di Claudio Magris: “Ora speriamo dunque si possano finalmente ricordare quelle vittime –e tutte le altre, di ogni parte- senza reticenze e senza strumentalizzazioni; senza quell’orribile calcolo dei morti cui abbiamo assistito negli ultimi anni, stropicciandoci le mani per la soddisfazione di constatare talvolta che i nostri cari vilmente colpiti da mano nemica erano un po’ più numerosi dei cari dei nostri nemici vilmente colpiti dalla nostra mano”.

Michela Francescutto Athena Tomasini

16 febbraio RUSSIAIl ministro della Difesa russo Sergej Ivanov è stato promosso vice pre-mier dal presidente Vladimir Putin. Ivanov è considerato il favorito alla successione di Putin nelle elezioni presidenziali del 2008 insieme all’al-tro vice premier Dimitri Medvedev.

Sconfinare2007 Marzo 3Italia

17 febbraioSi tiene a Vicenza la manifestazione nazio-nale per protestare contro l’allargamento del-la base Usa di Camp Ederle. Non si registra nessun incidente, nonostante le dichiarazio-ni preoccupate di Amato e Rutelli dei giorni precedenti. 120000 i partecipanti secondo gli organizzatori, 80000 per la questura.

21 febbraioIl Senato vota il documento sulla politica estera, due setti-mane dopo la sconfitta sulla relazione di Parisi. Al matti-no, Massimo D’Alema aveva dichiarato che, nel caso in cui l’Unione fosse stata battuta, il governo si sarebbe dimesso. Alla fine, il ministro degli esteri ottiene solo 158 voti sui 160 necessari. Decisiva l’opposizione di Rossi (Pdci), Turigliat-to (Prc), Di Gregorio (Idv), Andreotti, Pininfarina e Cossi-ga. Prodi presenta a Napolitano le dimissioni del governo.

22 febbraioProdi annuncia l’intenzione di ripresentarsi alle Ca-mere per chiedere la fiducia solo a condizione di ot-tenere precise rassicurazioni dagli alleati. Viene quin-di siglato un documento, in 12 punti, che segna una chiara svolta centrista: spariscono i Dico dall’agenda del governo, mentre si ribadisce l’impegno dell’Ita-lia in Afghanistan, la volontà di realizzare la Tav e

1 febbraio

1 marzo12 febbraio Le procure di Milano, Torino, Trieste e Padova arrestano 15 persone, sospettate di far parte del-le nuove BR. Secondo il magistrato milanese Ilda Boccassini, che ha coordinato le indagini, erano allo studio numerosi attentati: fra i vari obiettivi, l’economista Paolo Ichino, una casa milanese di Berlusconi e le sedi di Mediaset, Libero e Sky.

28 febbraioIl governo Prodi ottiene la fiducia al Senato. 162 i voti a favore, fra i quali spiccano quel-li dei dissidenti Rossi e Turigliatto, del senatore italo-argentino Pallaro e, soprattutto, di Follini. L’ex segretario Udc, oggetto di fortissime po-lemiche, aveva già annunciato da alcuni giorni l’intenzione di sostenere il governo, con l’obiet-tivo di rafforzare la sua componente moderata.

1 marzoBuoni segnali di ripresa economica: il rapporto deficit/Pil si attesta su livelli inferiori al 3%, mentre l’avanzo primario raggiunge il 2,2%. Prodi dichiara che il risul-tato positivo è dovuto sia all’azione del suo governo che alla congiuntura economica. Si apre così una nuova polemica fra poli, visto che la Cdl rivendica i meri-

Siamo di fronte all’ennesima crisi politica di un sistema che una volta di più si è dimostrato improduttivo e impopolare. Ne dovremmo essere abituati: dall’istituzione della Repubblica la vita politica del paese è proceduta a singhiozzi, a cadute, a riprese, fino al tonfo di Tangentopoli e la finta ripresa del sistema, con una sua originalità nel far leva sui media.In questa situazione mi chiedo se in verità il problema “politico” non possa più esser definito tale, ma se piuttosto non nasconda dietro di sé un altro problema: quello “costituzionale”. Innanzi tutto, rispecchiato nel sempre maggiore distacco tra la classe politica degli ultimi dieci anni e gli elettori. In secondo luogo, nella mancanza di una vera e propria partecipazione politica, se non quella da bar. Entrambi gli aspetti accentuati sicuramente da un’informazione politica non specifica ma sempre più generica, perché nell’ottica mediatica è la semplicità del messaggio che sopperisce a qualsiasi mancanza di educazione; e soprattutto da sistemi elettorali che, né nell’ultima elezione né nella precedente, abbiano mai rispettato l’effettiva volontà popolare. Predomina cioè, sia nel sistema proporzionale sia in quello maggioritario, la discrezionalità del partito eletto e non più il rapporto votante e singolo votato, perdendo così anche una rappresentanza più legata al territorio, fondamentale ora che la società spinge a sempre maggiori interessi regionalistici.C’è un errore di analisi della situazione attuale. La legislazione era morta ancor prima di iniziare e non bisogna sorprendercene ora. Non ci si focalizzi sul ruolo dei senatori a vita per l’uscita dalla crisi e non li si critichi dal momento che la Costituzione li difende ed istituzionalizza. Non si guardi nemmeno all’ipotesi di un ennesimo governo tecnico, né tanto meno all’esempio tedesco di Grande Coalizione: in Italia l’unica coalizione possibile è quella della nazionale di calcio. Ci si soffermi piuttosto a guardare ciò che tutti gli Stati europei hanno fatto negli ultimi anni,

Per una nuova costituente

ossia riforme generali delle Costituzioni, nonché nomina di Assemblee costituenti per evolvere il diritto ma soprattutto il sistema di rappresentanza secondo le direttive di una società in continuo cambiamento. Facendo il contrario, ci si limiterebbe nella difesa di un diritto unico e assoluto.L’intento di tali riforme non ha certo avuto, e non avrebbe nemmeno in Italia, come scopo quello di rivoluzionare i principi fondamentali sui quali il nostro Stato si appoggia e crede, né smettere di riconoscere quei diritti ormai assurti a principi inalienabili di molti ordinamenti internazionali. Ci si riferisce in particolar modo ai primi tredici articoli della nostra Costituzione. Si tratta anzi di riformare l’organizzazione istituzionale statale che, come quella italiana, ha rivelato nel tempo problemi di gran portata, quali corruzione, partitismo, clientelismo ma soprattutto ingerenza economica. Problemi a cui è impensabile cercare di rispondere dall’interno del sistema stesso. Queste istituzioni sono figlie di un’epoca passata, in cui elementi come bicameralismo perfetto e assenza di gruppi di interesse equi-rappresentati sono grandi carenze in confronto ad altri sistemi europei.Purtroppo, nell’ideale politico italiano la Costituzione è assurta come arma alla lotta di qualsiasi nemico. Ne abbiamo fatto la base di una struttura che non aveva, in certi casi, bisogno di essa. L’abbiamo sentita citare e osannare per i sette anni della deprecabile presidenza Ciampi. Il quale, al contrario, dovrebbe essere il primo ad affondarne l’organizzazione, già che per primo si era trovato a far fronte al “difetto istituzionale” del post-Mani Pulite.La forma e le caratteristiche che poi si daranno al nuovo assetto, costituzionale e istituzionale, saranno il frutto di un dibattito, stavolta popolare, forse più educativo che quello mediatico, partente da una partecipazione dal basso. Escludendo i partiti che, per quanto mi riguarda, non mi rappresentano più.

Edoardo Buonerba

Ci troviamo in un particolare periodo dell’anno. Qualcuno commenta scherzosamente che il carnevale è finito, e ora arriva la quaresima. Quale migliore occasione se non la ricorrenza del „mercoledì delle Ceneri“ per segnare una svolta?In una votazione in senato a dir poco sorprendente, la maggioranza non ha ottenuto il quorum favorevole, mancando dell‘appoggio di due senatori della sinistra estrema, (i cosiddetti secessionisti), e dei senatori a vita, che stavolta non hanno tenuto a galla il governo. E come nelle occasioni più serie, più importanti, per ricominciare qualcosa è bene ripartire da zero. Così Prodi in serata ha rassegnato le proprie dimissioni e Napolitano ha iniziato le consultazioni. Con le solite affermazioni spettacolari, l‘opposizione ha chiesto le dimissioni del governo e nuove votazioni subito (in seguito ritrattate per mancanza di preparazione per tale obbiettivo). Aspettando una soluzione istituzionale del Presidente della Repubblica si crea l‘occasione per dichiarare ambigue disponibilità di collaborazione o di dialogo. Le crisi di governo, si risolvono nella notte, nei salotti dei palazzi romani, lontano da chi non capirebbe i giochi di potere e lontano dal chiasso della stampa. Tra il 22 e il 23 febbraio, dunque, la maggioranza rilancia se stessa con 12 punti approvati da tutta la coalizione di governo, prontamente definiti „vergognosi“ da chi dimostra di non avere tatto politico. Si tenta così di allontanare il mostro delle dimissioni, affermando di voler continuare la conduzione politica del governo „per non far smarrire all‘Italia la strada delle riforme e della crescita intrapresa“ più volte appoggiata dalle istituzioni economiche internazionali. È significativo il fatto che il primo dei 12 punti sia „Rispetto degli impegni internazionali e di pace“ con particolare riferimento alla missione in Afghanistan e agli impegni presi in chiave ONU, UE e NATO: proprio il motivo per cui si è arrivati a questa crisi di governo. Le affermazioni

introduttive a questa crisi sono venute dal governo, con le dichiarazioni del Ministro degli Esteri D‘Alema: „Senza maggioranza in politica estera si va a casa“. Queste dovevano essere un monito per gli alleati per evitare di ricorrere al ricatto della Fiducia. Si sono rivelate invece una nuova e scontata opportunità di critica per l‘opposizione. Dal centro-destra infatti per quasi tutti i 281 giorni del governo Prodi, sono giunte richieste di dimissioni: una per ogni occasione. Il motivo della crisi è stata forse la volontà della stessa maggioranza di epurare le tensioni provenienti dagli estremismi, per poter continuare un‘azione di importanti riforme sentite e necessarie. Tra queste, consentire all‘Italia di sostenere e rilanciare il timido tentativo di crescita della propria economia, riformare l‘Istruzione, la Sicurezza e contribuire allo sviluppo del Meridione. Non sfruttando l‘attuale congiuntura economica, il tentativo di evoluzione forte nel campo energetico, e l‘occasione di riformare il sistema pensionistico, l‘Italia potrebbe entrare in una difficile crisi dovuta proprio alla mancanza di provvedimenti. È il tempo per affrontare questi difficili percorsi, mettendo da parte le divergenze, lontani dalle ideologie politiche, perseguendo il bene collettivo. Per questo motivo, ritengo si debbano abbassare i toni delle polemiche, provenienti sia dall‘opposizione, sia dall‘interno della maggioranza. Escludere ulteriori tentativi di ingegneria politica per far cadere questo governo, per i quali alcuni ne vanno fieri. Far prevalere lo spirito di collaborazione professionale in sede parlamentare, e interrompere questa prassi di politica spettacolare mirata alle dichiarazioni ai media, prive di ogni significato ulteriore.

Diego Pinna

Stiamo lavorando per voiRacconti fantastici di una classe politica

La crisi di governo: visioni a confronto

Sconfinare Marzo 20074Gorizia

1 febbraio 1 marzoCOMUNALII partiti stanno scoprendo le carte in vista delle Comunali di pri-mavera. Forza Italia ha già ufficializzato la candidatura del-l’ex parlamentare Ettore Romoli e attende le scelte degli allea-ti. Nel centrosinistra potrebbero presentarsi più candidati: sta tramontando la possibilità di una ricandidatura di Brancati mentre spunta il nome dell’ex presidente della Provincia Giorgio Brandolin.

CASO MULTE E’ scoppiato in città il caso-multe a causa del-l’installazione di fotocamere a tre incroci. Le sanzioni per il passaggio con il rosso, che am-montano a 138 euro, hanno superato quota 8mila e i goriziani si stanno organizzando in comita-ti per ricorrere al Giudice di pace e al Prefetto.

SMOGGli alti livelli di polveri sottili hanno indotto l’amministrazio-ne comunale a mettere in pratica delle misure restrittive del traffico. Il mercoledì nelle vie cittadine si circola a targhe alter-ne, mentre nel fine settimana - dalle 16 del sabato alle 18 del-la domenica - il centro viene trasformato in isola pedonale.

RIFIUTIAncora proteste a causa dei rifiuti. Sotto accusa sono, que-sta volta, i previsti aumenti della Tariffa di igiene ambientale. I tre passaggi estivi per la raccolta dell’umido e il ritiro por-ta a porta dei riciclabili ha fatto lievitare i costi che, inevitabil-mente vista l’applicazione della tariffa, ricadranno sui cittadini.

Inquinamento transfrontaliero: il caso LivarnaIntervista a Gianluigi Cecchini, professore di diritto internazionale

il caso, certo è che i segnali dovrebbero essere un po’ più consistenti e concreti.Ciò detto, il “caso Livarna” riguarda un’azienda che, sita in territorio sloveno a ridosso del confine (località Montesanto), facendo uso di formaldeide, è causa di inquinamento atmosferico. Lei presenta il problema con distacco, ma gli abitanti hanno formato un comitato e hanno protestato vivacemente contro il Sindaco di Gorizia accusato di disinteresse o di insufficiente interessamento per la questione. Dunque, c’è qualcosa di più… Vedete, non è che presento la questione con “distacco”, se è questa l’impressione me ne scuso. Cerco di fare uno sforzo per uscire dal rischio di una eventuale degenerazione politica del problema che una sua inidonea interpretazione potrebbe alimentare. Diciamo che la formaldeide è un prodotto considerato cancerogeno e la legittima preoccupazione degli abitanti è di non correre il rischio che hanno già corso gli operai dell’Italcantieri o di Marghera a lungo esposti all’amianto, nonostante i responsabili dell’azienda fossero a conoscenza, da molti anni, dei danni alla salute che l’esposizione a tale prodotto avrebbe comportato. La conclusione è che della questione si sta occupando la magistratura. Nel caso di specie, alcuni abitanti della zona si sono sottoposti volontariamente ad alcune analisi del sangue che hanno evidenziato la presenza di valori fuori norma in qualche modo riconducibili alle sostanze emesse dall’azienda in questione. L’inquinamento si manifesta con odori forti e sgradevoli e con lacrimazione degli occhi. Ritenere che non ci sia nulla di che preoccuparsi, come qualcuno ha sostenuto, ovvero affermare che la situazione sarebbe sotto controllo ovvero negare che l’azienda faccia ricorso a quel tipo di sostanza, significa negare l’evidenza. Posto che a ridosso del confine non esistono altre attività industriali alle quali possa ricondursi l’utilizzo della citata sostanza. Qualcuno ha sostenuto che la vicenda è stata oggetto di speculazione politica. Lei che ne pensa? Per le ragioni sopra esposte, avrei gradito essere esonerato da una domanda di questo tipo. Tuttavia, se proprio vuole conoscere la mia impressione posso dirle che in parte la condivido. La questione ha, infatti, aspetti tecnici, giuridici e politici. Per quanto riguarda il primo e l’ultimo

aspetto si può affermare che spesso siano fra loro correlati. È bene ricordare che il Comune di Gorizia ha predisposto fino a marzo un monitoraggio 24 ore su 24 al fine di poter disporre di dati certi e inconfutabili sull’entità dell’inquinamento. Inutile sottolineare come la decisione abbia anche un valore politico che testimonia della volontà del Sindaco Brancati di uscire dalla strettoia di un rapporto transfrontaliero che a molti è sembrato unidirezionale. Da parte

sua, il sindaco di Nova Gorica ha in varie occasioni sostenuto (ma non alla conferenza da noi convocata) la disponibilità di trasferire l’azienda in altro sito, ove venisse confermato l’utilizzo di formaldeide e l’inquinamento in territorio italiano dovesse persistere. La soluzione tecnico-amministrativa sarà ovviamente frutto di una decisione assunta in piena autonomia dalla amministrazione locale di oltre confine, ma non le si potrebbe negare anche una notevole valenza politica. La Regione, inoltre, dopo un incontro con il Sindaco Brancati e alcuni dei protagonisti che, direttamente o indirettamente, si sono occupati della vicenda, ha assicurato il proprio interessamento che si concretizzerà in una franca discussione con le autorità di Lubjana. Si tratta di una decisione politica che, tuttavia, potrebbe avere, se venissero accolte le richieste del Comitato e dell’Amministrazione Comunale di

Gorizia, significativi risvolti operativi. Di altra natura, invece, la vicenda locale che ha visto alla graticola il Sindaco Brancati. A questo proposito va osservato come della questione fosse già stata investita anche la precedente Amministrazione comunale che, a quanto è dato sapere, si è limitata a prendere atto della situazione e ad un breve scambio di note con le autorità di oltre confine. L’Amministrazione Brancati, dunque, ha ereditato una questione già pesante che è scoppiata quando i cittadini, stanchi di attendere, hanno temuto il rischio di ulteriori rinvii. Non credo che alle due Amministrazioni si possa imputare alcunché: l’Amministrazione Valenti si è limitata forse troppo all’aspetto formale (scambio di note), cui non è seguita una sufficiente azione che desse concreta visibilità dell’interesse; l’Amministrazione Brancati, pur occupandosi della questione, non è sembrata capace di comunicare efficacemente il proprio impegno, anche a causa di una percezione della sua politica considerata – a torto o a ragione – troppo accondiscendente nei confronti dell’azienda e delle autorità di oltre confine… La interrompiamo perché vediamo che la questione politica effettivamente rischia, come Lei ha detto, di occupare troppo spazio. C’è ancora una questione giuridica, sulla quale desideriamo avere qualche elemento di chiarezza. La questione ha origine con il problema della libertà di sfruttamento delle risorse del territorio e dei suoi limiti. Con riferimento alla protezione dell’ambiente è importante, infatti, considerare i limiti alla libertà di sfruttamento delle risorse naturali del territorio, così da ridurre i danni causati da attività inquinanti, ovvero capaci di produrre la distruzione di ingenti risorse. C’è dunque da chiedersi se la libertà di sfruttamento incontri dei limiti riconducibili al diritto consuetudinario. Anzitutto, esiste un obbligo dello Stato di evitare che sul suo territorio si svolgano attività tali da arrecare danno al territorio di altri Stati? Il problema viene posto in termini di responsabilità dello Stato territoriale, ma la questione di cui ci stiamo occupando è in qualche modo riconducibile al quadro dei rapporti di vicinato, che hanno ad oggetto proprio i problemi causati dalle immissioni di fumi e sostanze tossiche derivanti da attività

industriali insediate in prossimità di confini. Ci sono due importanti atti internazionali dai quali è opportuno muovere, anche se di per sé sprovvisti di forza vincolante, che sono il principio n. 21 della Dichiarazione del 1972 adottata a Stoccolma dalla Conferenza di Stati sull’ambiente umano, indetta dalle Nazioni Unite, e il n. 2 della Dichiarazione della Dichiarazione della Conferenza di Rio sull’ambiente e lo sviluppo che richiama il suddetto principio. Da questi documenti emerge l’obbligo dello Stato territoriale di assicurarsi che il libero sfruttamento delle risorse non comporti attività che finirebbero per arrecare danno ad altri Stati. L’obbligo che esse sanciscono, ancorché sembrino nate per sottolineare il diritto allo sfruttamento delle risorse, secondo la quasi unanime dottrina e secondo l’opinione della Corte Internazionale di Giustizia, corrisponderebbe al diritto internazionale consuetudinario. Esiste, tuttavia, un’opinione dissenziente disposta ad ammettere un’eccezione solo per le acque comuni di fiumi e laghi, di cui si ammette il divieto, fra l’altro, di immissione di sostanze inquinanti, un divieto che è stato oggetto di codificazione da parte della Commissione di diritto internazionale sul diritto all’utilizzazione dei corsi d’acqua internazionali. Con riguardo al nostro caso, tuttavia, va sottolineato un importante precedente, che è quello della sentenza arbitrale emessa tra USA e Canada nel 1941 relativamente all’affare della “Fonderia di Trail” che operava in prossimità del confine e che aveva danneggiato con immissione di fumi le coltivazioni statunitensi. In conclusione, ove la Livarna, entro il 30 ottobre dell’anno corrente, non si adeguasse alla direttiva europea in materia di emissione di sostanze maleodoranti e in difetto di qualsiasi volontà a risolvere la questione da parte slovena, non resterebbero che due strade: a) intentare causa alla proprietà della Livarna da parte dei cittadini italiani sofferenti a causa delle emissioni nocive prodotte dalla sua attività industriale, purché, ovviamente, sussistano i presupposti processuali e le regole sulla responsabilità civile lo consentano; b) intentare causa per responsabilità alla Slovenia. Va da sé che quest’ultima ipotesi potrebbe essere influenzata da valutazioni di opportunità politica, che non sta a me sindacare.

Paola BarioliDavi de L essi

CONTINUA DALLA PRIMA

Sconfinare2007 Marzo 5Cultura Glocale

È un incontro d’eccezione quello con Silvi-no Poletto, classe 1921, nome di battaglia “Benvenuto”, vicepresidente provinciale del-l’ANPI di Gorizia, e si rivela l’occasione per rispondere alla lettera inviata a “Sconfinare” da Alessandro Perrone, e per discutere della recente crisi diplomatica tra Italia e Croazia.

Silvino Poletto, di origini pordenonesi, trasferi-tosi in gioventù a Gorizia, ha assistito in prima persona al tragico evento della Seconda Guerra Mondiale, vissuto in modo ancor più drammatico in queste zone, tra stragi fasciste, episodi delle foibe, emigrazioni, deportazioni, crimini da una parte e dall’altra. “Ma prima della guerra non era così”, ci ha testimoniato Poletto, descriven-doci i legami molto forti esistenti tra italiani, slo-veni, croati. In queste terre da sempre usi, culture, tradizioni si sono incontrate per poi fondersi tra loro, nel rispetto reciproco e nella tolleranza più spontanea. Qui, dove si è formata la vera inte-grazione, il confine ha giocato un ruolo decisivo.“Il confine è maledetto”, ha ricordato Poletto, “la rottura dei rapporti sociali causata dalle alterne occupazioni ha provocato e alimenta-to l’odio nazionalistico, facendo percepire il confine come separazione, come distanza in-colmabile tra culture in contatto tra loro da secoli. In questo modo anche la solidarietà molto forte tra la popolazione slovena e quel-la italiana è venuta meno in determinati pe-riodi”. Il periodo del dopoguerra, appunto.Egli è il primo ad ammettere che durante la ri-conquista dopo la caduta del regime fascista in

Italia, anche nella sua brigata, la Garibaldi-Na-tisone (che giunse a liberare la città di Lubiana), vi furono episodi che mirarono a mantenere alto l’onore partigiano, ma che si spinsero ad una forma di “giustizia eccessiva”. Restano però vivi nel suo ricordo, i crimini fascisti commessi nella città di Gorizia, alla risiera di San Saba, e i campi di concentramento di Rab e Gonar. “Ma in nessun caso vi furono giustificazioni” ammonisce Poletto, distanziandosi da posizio-ni estreme e ricordando la gran quantità di la-voro di ricostruzione storica di questi eventi, effettuata da numerosi enti, tra cui l’Archivio ANPI di Monfalcone, l’archivio dell’Istitu-to Regionale per la Storia del Movimento di Resistenza e l’archivio dell’Istituto Friulano. Nel nostro colloquio parliamo anche nello spe-cifico di partito comunista, di responsabilità storiche, di coscienza. Egli ci racconta come l’avventatezza delle situazioni di guerra ritor-nino (o siano ritornate) dal passato a travolgere l’esistenza di molti ex partigiani: “molti compa-gni sono stati messi in difficoltà, dopo il ‘45”. Questo a causa dei processi, delle esecuzioni troppo spesso sommarie inscenate nelle azioni più violente. Il fatto, in qualche modo accomu-nabile per tipologia e cause ad alcuni episodi di infoibamento, va però doverosamente descritto: Poletto non esita nel denunciare l’insensatez-za di queste barbarie, pur ricordando l’orribile clima di necessità e miseria durante la guerra. “Benvenuto” ci tiene inoltre a precisare come la

raccolta di informazioni e di atti per l’istituzione di processi regolari e non sommari dopo la fine della belligeranza fosse una direttiva specifica delle dirigenze partigiane, il cui obiettivo era far riconoscere alla gente l’autenticità dei moventi democratici e la volontà di affermare una prassi il più possibile umana per l’azione dei resistenti. Il giudizio storico rimane tutt’ora una tematica controversa, nello specifico degli ex resistenti e delle forze politiche di sinistra. “Napolitano ha fatto bene a prendere posizione.[...]ma ci sono molti di quelli che lavorano con lui che non han-no capito bene la storia”. L’esperienza persona-le è uno strumento molto pericoloso: l’unico che permetta di parlare a buon diritto di verità stori-ca, ma che può al contempo segnare per sempre l’opinione di chi la vive, se colpisce troppo da vicino o troppo duramente gli affetti personali.Un argomento spesso trascurato, ma sorpren-dentemente attuale e particolarmente interes-sante in relazione ai dissidi ed alle diatribe odierne (le quali nondimeno hanno radici pro-fonde e remote) è quello della resistenza euro-pea. Il fenomeno resistenziale ebbe infatti nel nostro continente forme diverse e molteplici, più numerose di quelle che la conoscenza stori-ca media contempla: furono infatti fino a dieci i paesi europei a dare vita a questo fenomeno. In particolare, suggerisce Poletto, il sentimento unificatore tra i movimenti partigiani può e deve essere una via di sfogo e di risoluzione alla con-troversia sul giudizio storico tra Italia, Croazia

e Slovenia. È nella volontà dell’ANPI regionale e in quella della maggioranza degli ex partigia-ni infatti la proposta di una conferenza interna-zionale, fondata sui solidi rapporti di collabo-razione che hanno accomunato le formazioni volontarie durante il secondo conflitto mondiale.Ma come si può a questo punto ritrovare l’ar-monia tra i popoli, anche alla luce della recente crisi? Poletto non ha dubbi riguardo la strada da percorrere. “È necessario”, afferma, “ricreare gli elementi della fiducia tra i popoli, riparten-do dalla conoscenza comune dei dolori e delle sofferenze che l’atrocità della guerra ha cau-sato, elaborando una visione comune della sto-ria, anche in prospettiva di un futuro ingresso nell’Unione Europea della Croazia”. Perché è proprio questo il futuro: l’Italia si è attivamen-te spesa sul piano internazionale per favorire l’ingresso nell’Unione Europea della Croazia; questo si è dimostrato essere un importante in-vestimento di fiducia e di amicizia. Il nostro do-vere è quello di rispettare e di non dimenticare le nostre storie, ma non possiamo permettere che esse dividano ancora una volta i nostri popoli.Una considerazione chiude la nostra conversa-zione: “Magari qualche storico con competenze specifiche sulla materia poteva fornire indicazio-ni migliori al presidente Napolitano circa le dif-ferenze tra la situazione triestina e quella del ter-ritorio goriziano, e sulle loro peculiarità; inoltre l’uso di alcuni termini poteva essere corretto per non ledere la sensibilità delle altre popolazioni”

Guardando il paesaggio sloveno al di là delle finestre di via Alviano mi sono sempre chiesto che cosa fosse quell’edificio antico arroccato in cima ad un monte a pochi chilometri dal mio sguardo, finchè un giorno ho vinto la pigrizia e ho cercato di scoprire di che cosa si trattava. Passato il confine basta dirigersi verso Nova Gorica; costeggiato il centro si continua seguen-do le indicazioni per Sveta Gora. Per un tratto si corre lungo l’Isonzo, poi si inizia a salire. A metà la pendenza aumenta notevolmente e il cammino in mezzo agli alberi bruciati dall’inver-

no, illuminati dalle prime luci della primavera, sembra un vero e proprio sentiero di purifica-zione. Una volta in cima se ne ha la conferma. Dal balcone di Monte Santo se si è fortunati si può vedere il mare. Le giornate migliori sono proprio quelle limpide e fredde di inizio prima-vera, tra febbraio e marzo. Sarà per la salita, per la vista o per il vento, ma in cima si respira un’aria di pace. Si può venire da soli, rimanendo malinconicamente con se stessi a guardare il pa-norama e non pensare a nulla, con l’avvicendarsi dei refoli di vento nella propria mente; oppure si può venire con qualche amico e rimanere se-duti a parlare con tranquillità, accecati dal calar del Sole dietro le montagne. Non è un caso che Monte Santo sia un sito di grande importanza religiosa, sede di un monastero dalla storia in-teressante. Evidentemente la purezza che vi si respira ha ispirato l’uomo anche in passato. Secondo le cronache del luogo Orsolina Ferli-goj era una pastorella di Gargano, paesino della parte nord-orientale del monte. Orsolina portava ogni giorno le pecore al pascolo sul monte, al-lora monte Scanilza. Leggenda vuole che fosse molto devota e che pertanto cantasse canzoni alla Vergine Maria e rimanesse inginocchiata per ore in preghiera. Un sabato del 1539, men-tre conduceva il gregge verso la cima del mon-te, la sua devozione fu premiata. Ebbe infatti una visione della Vergina Maria con il bambin Gesù in braccio. Questa indicò la vetta e disse “Dì al popolo che qui mi edifichi la casa e mi chieda grazie”. Secondo la tradizione Orsolina ebbe anche altre visioni, mentre si trovava a casa sua a Gargaro, ed ogni volta la Vergine Maria

scendeva protetta da una fitta nebbia. Quando poi stava per morire, due frati francescani, in preghiera nel santuario ormai costruito, la vi-dero dirigersi tutta vestita di bianco verso l’al-tare maggiore e lì ricevere dalla Madonna una corona sul capo. Il giorno dopo Orsolina morì. La chiesa di Mon-te Santo dunque fu costruita nel 1544, ma la storia del santuario non fini-sce qui. Innanzitut-to, durante i lavori di costruzione gli operai scoprirono una pietra con in-cisi i primi versi dell’Ave Maria. La cosa stupì ov-viamente la popo-lazione del luogo, confermando le teorie popolari sulla santità del monte. La stra-nezza fu poi spiegata dal professor Kos nel 1920 il quale rivelò, con abbondanza di prove docu-mentali, che nel XIV secolo sulla vetta esisteva già una chiesa dedicata alla Vergine. Probabil-mente il santuario originario condivise la sorte di numerosi altri distrutti dalle incursione turche nella regione alla fine del Quattrocento. Essa la-sciò dunque solo qualche resto tra cui la pietra in questione. Gli storici poi raccontano che nei due secoli successivi dalla Madonna effluirono così tante Grazie nei confronti della popolazione goriziana che essi chiesero al Vaticano la solenne

incoronazione dell’Immagine miracolosa della Vergine che si trovava sull’altare della chiesa. Questa avvenne il 6 giugno del 1717. Successiva-mente l’Immagine fu spostata più volte dalla sua sede, per lo più per prevenire una sua distruzione in momenti di particolare pericolo. Tuttavia nel 1947 essa fu oggetto di un curioso furto. Curio-so, perché i responsabili consegnarono il bottino al Vaticano subito dopo che l’Arcivescovo di

Gorizia li ebbe mi-nacciati di scomu-nica. Così, dopo qualche periodo passato a Roma e a Lubjana, nel 1951 essa poté tornare definitiva-mente al suo po-sto, accompagna-ta nella salita al monte da 25 mila fedeli. Nel frat-tempo il santuario era stato distrutto nel 1915, durante i

bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, e la sua ricostruzione era stata ultimata nel 1928. Infine ancora oggi Monte Santo è un sito di particolare importanza religiosa e rientra nella “Via dei monti sacri” (si possono trovare mag-giori informazioni al sito www.viadeimonti-sacri.it), un progetto transfrontaliero di “recu-pero” di un antico percorso che collegava i tre santuari locali di Castelmonte, di Maria Cel (Marija Zell) e di Monte Santo (Sveta Gora) e che si propone di promuovere gli antichi borghi e le aziende agrituristiche della zona.

Emmanuel Dalle Mulle

La quiete di Monte Santo Immagini, impressioni e storia

Chiaccherata storica con il vicepresidente provinciale dell’ANPISilvano Poletto: nome di battaglia “Benvenuto”

Testimonianza raccolta da:Davide Caregari e Riccardo Dalla Costa

Sconfinare 2007 Marzo6Università

Intervista sulla riforma del biennio specialistico in scienze internazionali e diplomatiche

La parola alle rappresentanti

Abbiamo incontrato Beatrice Moda e Giulia Tercovich, rappresentan-ti degli studenti, insieme a Valenti-na Collazzo, al Consiglio di Facoltà. Il Consiglio del 17 gennaio ha modificato il RAD. Qual è sta-ta la vostra posizione al riguardo?Beatrice: Il 16, abbiamo incontrato alcuni studenti. Era chiaro quale ambito volessero salvaguardare; poco prima del Consiglio, si è tenuta la riunione di una ‘mini-commis-sione riordino’, in cui è stata presentata una bozza alternativa, concertata da Fasana, Sussi e Dellizotti. In questa proposta veni-va reinserita la maggior parte dei corsi che i ragazzi avevano giudicato più interessanti. A questo punto, con quello che credevamo fosse il mandato degli studenti, abbiamo ri-tenuto opportuno votare per la risoluzione. Nel vostro resoconto del Consiglio, affer-mate che “l’obiettivo era quello di bocciare la modifica a causa del mancato coinvol-gimento della componente studentesca”. E questa era la linea emersa, secondo noi, nel-l’incontro con gli studenti del giorno prece-dente. Alla fine, però, avete votato a favore...Giulia: Obiettivamente, gli studenti non sono stati coinvolti. Però, al momento in cui si arriva ad una soluzione, che senso ha coinvolgerli? B: No, avevamo deciso di bocciare solo le prime due bozze, non l’ultima. Noi pensavamo che il nostro manda-to fosse di decidere secondo coscienza. Come mai il documento con 240 fir-me degli studenti del SID è sta-to presentato solo dopo la votazione?B: Abbiamo fatto un errore, potevamo pre-sentarla prima. Comunque, molti professori l’avevano già letta e la stessa mini commis-sione si era riunita a causa della nostra lettera. Il coinvolgimento degli studenti è av-venuto in ritardo e solo dopo l’incon-

tro indetto dal professor Fasana...B: Non eravamo a conoscenza del fatto che la modifica sarebbe stata votata inderogabil-mente al primo Consiglio e l’abbiamo scoper-to anche noi solo da Fasana. Aspettavamo di andare al Consiglio per sentire le spiegazioni. Però sembravate restie anche al-l’idea di un’assemblea il giorno suc-

cessivo all’incontro di Fasana...G: Il coinvolgimento degli studenti è si-curamente importante, ma quanto vuole davvero la gente partecipare ad un’as-semblea? A quanti veramente interessa?B: C’è anche un problema d’informazio-ne e di poco tempo. Quando convoco gli studenti, devo avere cognizione di causa

Il nuovo piano di studi* I ANNO

Storia delle relazioni internazionali (corso avanz.)Relazioni economica internazionaleStoria della Russia e del Sistema ex sovieticoOrganizzazione del NegoziatoMetodologia e tecnica delle relaz. internz.Cooperazione allo sviluppoDiritto amministrativoLingua francese (corso avanzato)Lingua inglese (corso avanzato)Altra lingua a scelta Insegnamento a scelta

II ANNOIst. soc. e pol. dell’Asia moderna e con-temporaneaSistemi sociali e politici africaniIstituzioni del mondo musulmanoAntropologia dello sviluppoStoria del Vicino e Medio OrienteTutela internazionale dei diritti dell’Uomo e dell’ambienteUlteriori conoscenze linguistiche, infor-matiche ecc.Insegnamento a scelta

PROVA FINALE

di quello che dico, non solo l’interpreta-zione dei fatti del professor Fasana. C’è stata una grande confusione intorno ad un problema che poteva essere risolto più semplicemente, con meno nervosismo da parte di tutti e più collaborazione... Non c’era bisogno di tanto tempo per capi-re che gli studenti erano stati scavalcati...B: Infatti ci siamo lamenta-te parecchie volte con il Preside. Come mai non eravate presen-ti tutte e tre al Consiglio decisivo?G: Non potevo esse-re presente per motivi personali. E’ opinione comune che i moti-vi personali fossero una sciata...G: Sì, ero a sciare. C’è da dire che è stato un consiglio imprevisto e che la mia va-canza era stata fissata molto tempo prima. Mi dispiace di non esserci stata, ma non ero in montagna a sciare a cuor leggero...B: Aveva preso anche un impegno econo-mico...Proviamo a guardare al futuro: è stato aperto un link nel sito del pug, dedicato alle comunicazioni dei rappresentanti.B: Si tratta di un progetto previsto già da ottobre. Adesso, vogliamo forma-re le commissioni per definire gli in-segnamenti da inserire nel nuovo Rad. Spero che il tramite del sito sia utile.Stiamo andando verso le video-con-ferenze al posto delle assemblee?B: No, andremo verso le assemblee. Però le assemblee sono complicate: molta gente non riesce ad esprimersi, se partecipano i docen-ti molte persone si sentono inibite... Non tutto è semplice al Sid. Penso quindi che le commissioni formate da persone veramen-te interessate possano essere più fruttuose.

Davide LessiAndrea Luchetta

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Il “vecchio” (attuale) I ANNO

Storia delle relazioni internazionali (corso avanz.)Sistemi sociali e politici africaniStoria e istituzioni dell’Africa islamicaIstit. sociali e poltiche Asia modernaStoria ed istituzioni mondo ottomano e Turchia cont..Storia e istit. Asia centrale e orientaleGeopoliticaIstit. mondo musulmano Storia e istit. pol.relig. Impero russo e sist.sovieticoCooperazione allo sviluppoInsegnamenti a scelta

II ANNORelazioni politico strategiche tra Oriente e OccidenteAntropologia dello sviluppoDir. ecclesiastico e relaz.stato-chiesaTutela internazionale dei diritti dell’Uomo e dell’ambienteOrganizzazioni internazionali e volenta-riatoInsegnamento a sceltaUlteriori conoscenze linguistiche, infor-matiche ecc.PROVA FINALE

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6

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tabella: il confronto tra i due RDA del bienno specialistico CURRICULUM EXTRA EUROPEO (* eventuali modifiche alle materie del nuovo piano potranno avvenire solo all’interno dello stesso ambito scientifico disciplinare)

La parola al redattore

Ritorno al FuturoTutti hanno ancora ben impresso nella loro mente ciò che è avvenuto nel mese di Gennaio: per l’ennesima volta si stava tentando di ridimensionare, sulla nostra pelle, il Corso di Laurea. Tutti hanno an-che ben presente qual è stata la reazione degli studenti: 240 firme che chiedevano la cosa più giusta e la più ovvia in quei giorni, il mantenimento dello status quo.A più di un mese di distanza, vorrei porta-re l’analisi su un nuovo livello, soprattutto alla luce di un fatto: le cose, anche se di poco, sono cambiate in peggio. Per questo con assoluta franchezza credo cha alla lun-ga cercare il mantenimento della situazio-ne attuale non potrà che portare il S.I.D. all’assoluto svuotamento di significato. Quest’idea mi appartiene ormai da molti mesi ed è purtroppo avvalorata dalla mia esperienza quotidiana. Dal mio primo anno qui, ho assistito a due diverse tendenze, da un lato il progressivo ed inesorabile ridur-si delle possibilità economiche del Corso, (penso ovviamente ai tagli su corsi com-plementari ed attività extra-universitarie); e dall’altra, da parte degli studenti niente più che il chiedere, sempre con maggior enfasi e forza, il mantenimento della si-tuazione odierna. Tutto questo mi è sempre sembrato, e tuttora mi sembra, un’ inutile e controproducente guerra tra poveri, in cui non ci si confronta con i veri proble-mi, ed anzi il cui ultimo obiettivo sembra

essere la distruzione di quei pochi spira-gli di dialogo tra studenti e professori.In questi momenti così difficili e complessi per tutti, ritengo che il muro contro muro, tanto caro a certi, sia profondamente sba-gliato, soprattutto perché basato su una generalizzata mancanza di informazioni.Per questo ora più che mai il S.I.D., lungi dall es-sere quel vecchio paradi-so che era, do-v r e b b e e s s e r e in grado di par-lare con una sola v o c e , cioè stu-denti e docent i insieme. Non sol-tanto qui a Gorizia ma soprattutto a Trieste, cioè il cuore decisionale della vita univer-

sitaria. E’ lì che le vere decisioni strutturali vengono e verranno prese ed è lì che biso-gna far sentire la nostra voce, oramai non solo contraria ai possibili cambiamenti, ma soprattutto propositiva verso probabili sce-nari futuri concertati tra docenti e studenti.Sempre a Trieste dobbiamo essere in grado di spiegare la nostra specificità, il nostro

v a l o r e aggiun-to, per-ché mi si creda l ’orga-n i s m o centrale da solo non po-trà ca-pirlo, da un lato p e rc h é esso è sempre di più concen-

trato in una vera e propria guerra a suon di numeri con Udine (si pensi alla bagarre

sui nuovi CdL in Scienze Politiche), e dal-l’altro perchè noi, negli ultimi anni, non siamo stati in grado di dimostrarlo. Pen-siamo a quante occasioni la sede universi-taria di Gorizia ha perso: penso all’ ipote-tico utilizzo di ex diplomatici della vicina ex-Jugoslavia, ma penso ovviamente agli eventi di portata storica che stanno avve-nendo in questa zona e che non sembrano minimamente sfiorare i nostri dirigenti. Credo sia quindi giunto il momento del-le nostre proposte, unica via per ridare un senso a questo CdL. Solo così potre-mo ricreare quei presupposti di specificità che tanto hanno dato al S.I.D. e che ora tanto stanno logorando il Corso e stan-no limitando la nostra esperienza qui.Concludendo, credo che forse sarebbe giu-sto ritornare alle origini, ricreando quel polo universitario che, forte della sua unicità sapeva confrontarsi con le mag-giori Università. Anche riformulandolo. Cioè da un lato attraverso un riordino ponderato, che però non dovrà toccare gli studenti attualmente iscritti, e dall’al-tro attraverso una nuova concezione della realtà universitaria goriziana che dovrà godere di maggior autonomia e che dovrà essere inscritta in una concezione più eu-ropea, fino forse a creare qualcosa di nuo-vo come un Polo Universitario Europeo. Marco Brandolin

Sconfi nareMarzo 2007 7Università

La lettera del prof. Giuseppe Ieraci

La parola al docente

Gentili Studenti,

ho letto con vivo interesse l’articolo appar-so sul n. 5/2007 di “Sconfi nare”, dal titolo ‘Il Consiglio Sconsigliato’, e l’intervista resa dal Prof. P.G. Gabassi. Mi permetto di reagire rispetto a due questioni: 1) la di-stinzione tra materie “tecniche” e materie “culturali”; 2) la sovrapposizione tra la specialistica di Trieste, che ho direttamente concorso a ridisegnare, e quella di Gorizia.

1) Riguardo al primo punto, la posizione espressa Dagli studenti mi pare superfi cia-le. Innanzitutto, una valutazione del mix più opportuno tra materie “tecniche” e mate-rie “culturali” credo spetterebbe al corpo docente, che è responsabile dei progetti formativi: Se, poniamo, mi rivolgo al mio medico – supponendo che di Lei/Lui mi fi di - mi atterrò alla “posologia” che mi verrà indicata nell’intraprendere una cura. Fuor di metafora, il corpo docente cerca di ca-librare l’offerta formativa tenendo conto di una serie di vincoli: le esigenze didatti-co-formative; gli sbocchi professionali; le procedure e i requisiti ministeriali. Ma al di là di questo, mi ha molto urtato vedere indicate delle materie con la “dequalifi ca” di tecniche, o comunque “non culturali”.

Parlo di ciò che so, e faccio notare che Poli-tica Comparata è una disciplina che studia: l’impatto dei processi socio-culturali sui si-stemi politici; la dinamica e la morfologia istituzionale; lo studio dei fenomeni di mo-bilitazione sociale, economica e religiosa; la partecipazione politica; l’ideologia e i mo-vimenti collettivi; il nazionalismo e i proces-si di costruzione dello stato...mi fermo. Tutti possono capire che si tratta non solo di temi che dovrebbero stare a cuore agli studenti del SID, ma anche di temi di elevato conte-nuto “culturale”. Gli studenti non devono confondere la varietà degli approcci disci-plinari con il loro contenuto. In altre parole ancora, io e il Prof. E. Fasana ci occupiamo delle stesse cose, ma il fatto che io utilizzi una prospettiva di analisi diversa dalla sua non fa di me un troglodita. Tra l’altro sarei anche in buona compagnia: J.S. Mill, M. Weber, S. Eisenstadt, G. Almond e tanti altri.2)Rispetto alla sovrapposizione presunta, faccio notare:1.Gli orientamenti “internazionalistici” sono

molto richiesti dagli studenti e delineano del-le nuove opportunità professionali. Ovvia-mente, ciò non signifi ca che tutti i nostri lau-reati dovranno andare a lavorare all’estero, né che dovranno impegnarsi nelle organiz-zazioni che svolgono attività internazionale, ma pensiamo che un mondo fatto d’intera-zioni su scala continentale, se non globale, la dimensione internazionale degli studi possa essere utile a fi ni meramente pratici.2.Questo tipo di corsi registrano un buon successo pressoché ovunque, come ben san-no per esempio i colleghi dell’Università di Udine che si sono inventati – letteralmente – una laurea specialistica in “Studi Euro-pei” senza disporre di un corpo docente e di una esperienza adeguata. Noi abbiamo en-trambe e ci pare opportuno sfruttarle, inve-ce di lasciare il campo alle iniziative estem-poranee di altre sedi universitarie oppure di altre Facoltà in questa stessa Università.3. Non è vero che questa specialistica si sovrappone con le specialistiche del nostro corso di Laurea in S.I.D., come sa vedere

chiunque si prenda la briga di leggere i re-lativi piani di studio. Inoltre, è stata spesso richiamata la diffi coltà oggettiva dei lau-reati di base in Scienze Politiche di Trieste di accedere alle specialistiche in S.I.D., in ragione dei debiti formativi cumulati. La specialistica in Scienze Politiche e Inter-nazionali supera questa diffi coltà, dando anche ai laureati triestini la possibilità di una formazione di stampo internazionale.4. La specialistica in Scienze Po-litiche e Internazionali, qualora avviata, completerebbe l’offerta formativa del-la nostra Facoltà per quanto attiene alle lauree specialistiche, affi ancandosi alle due già esistenti di Scienze dell’Ammi-nistrazione e di Sociologia Territoria-le e delle Reti. In questo modo avremmo “restaurato” un terzo percorso formati-vo – quello politico-internazionale – che in origine esisteva nella nostra facoltà, prima delle recenti riforme, accanto al percorso politico-amministrativo (base e specialistica in Scienza dell’Amministra-zione) e a quello politico-sociale (base e specialistica in Sociologia per il territorio e in Sociologia territoriale e delle Reti).

VostroProf. Giuseppe Ieraci

Dall’anno accademico 2007/2008 la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Trieste lancia una nuova laurea specialistica denominata “SCIENZE POLITICHE E INTERNAZIONALI” La Laurea specialistica in Scienze politiche e internazionali si articoli in due curricula, uno denominato Politiche comunitarie e istituzioni dell’Unione Europea e l’altro Sviluppo politico e organizzazio-ni internazionali, che corrispondono a due esigenze formative distinte: da un lato, la formazione di esperti delle dinamiche e del quadro legislativo comunitario; dall’altro, la formazione di operatori delle organizzazioni internazionali.

Il curriculum denominato Politiche comunitarie e istituzioni dell’Unione Europea ha come obiettivo la formazione di laureati in grado di esercitare funzioni di elevata responsabilità nelle amministrazio-ni pubbliche e private, soprattutto relazione con le istituzioni dell’Unione europea ad elevati livelli dirigenziali.

Il curriculum denominato Sviluppo politico e organizzazioni internazionali si propone di offrire delle competenze nelle relazioni internazionali e nelle politiche di sviluppo, che mettano in grado di valutare il contesto socio-politico nel quale vengono implementate tali politiche; di agire all’interno delle organizzazione internazionali governative e non, delle amministrazioni pubbliche e delle società coinvolte nei processi di sviluppo politico e socio-economico.

La nuova specialistica all’università di Trieste: di che cosa si tratta?news dal sito di facoltà: www.sp.units.it

Gentile prof. Ieraci,riguardo agli argomenti da Lei solleva-ti, teniamo a specifi care alcuni punti:

1. Sulla distinzione fra mate-rie ”tecniche” e “culturali”. Non voleva essere, in nessun modo, una “dequalifi ca” degli insegnamenti che noi abbiamo giudicato tecnici. Con tale defi ni-zione, intendevamo semplicemente indicare quelle materie che forniscono delle cono-scenze utili per operare all’interno del no-stro mondo, della nostra società, senza sof-fermarsi sulla sua stessa natura. Senza porre delle domande, talvolta scomode, talvolta necessarie, che ci permettano di guardare con occhio critico alla realtà in cui viviamo.Gli studi che noi abbiamo defi nito “cul-turali” sono, molto semplicemente, quelli che fanno di questa rifl essione il loro og-getto principale. Le varie storie, lo studio dei sistemi africani, delle istituzioni del mondo musulmano, e così via, ne sono al-cuni esempi. Perché crediamo che sarà so-prattutto lo studio di culture diverse dalla nostra, della loro e della nostra storia, a permetterci di comprendere più a fondo i meccanismi del mondo occidentale. Tenen-do sempre presente, poi, che stiamo parlan-

do di un curriculum di studi extra-europei.Per concludere: se è vero quanto Lei ci ha scritto sull’importanza della politica com-parata, perché questo insegnamento è sta-to eliminato dalla bozza del 17 gennaio?2. Riguardo alla presunta so-vrapposizione fra le specialisti-che “goriziane” e quelle “triestine”. Non siamo i soli a temere un’eccessiva somi-glianza dei corsi, se è vero che è stato lo stes-so prof. Gabassi, nell’intervista del numero di gennaio, ad affermare: “Effettivamente, è un problema che mi preoccupa. Mi si deve riconoscere che ho cercato di sopperire alla situazione con la microdidattica [...]”.Sia chiaro: nessuno nega a Trieste il diritto di completare la propria offerta formativa. Ci consentirà, però, di temere il quadro ge-nerale in cui tutto questo sta avvenendo: in un periodo di risorse scarsissime destinate all’università, di riforme nebulose, di co-stante ridimensionamento, non riusciamo a comprendere la necessità di aprire dei corsi simili a quelli già presenti. Com’è possibile scacciare il timore che questi cur-ricula fi niscano per farsi concorrenza? A nostro avviso, in tal caso, i tagli al corso non sarebbero in alcun modo giustifi cabi-li. Non riusciamo proprio a comprende-

re perché bisognerebbe andare a colpire, o quantomeno minacciare, uno dei poli d’eccellenza della nostra università. Si è presa in considerazione l’ipotesi che i pro-fessori incardinati di Trieste, competenti degli studi internazionali, possano venire ad insegnare a Gorizia? Non si è pensato che questa potrebbe essere una soluzione al problema dei troppi docenti a contrat-to del curriculum di studi extraeuropei? Detto questo, vorremmo aggiungere che è vergognoso che tutto questo processo sia avvenuto sulle teste degli studenti, senza un loro coinvolgimento nella commissione rior-dino, nonostante le promesse e le ripetute richieste. Che i nostri rappresentanti siano stati informati della vecchia bozza solo il 23 dicembre, assieme alla convocazione per il consiglio in cui la bozza sarebbe stata votata. Viene da pensare, da temere, che ci fosse la volontà di non coinvolgerci in una ri-forma che si sapeva già impopolare. Di metterci davanti al fatto compiuto. Ma-gari non è stato così, magari la superfi -cialità non c’è stata solo da parte nostra. E ci permetta di dire che non possiamo proprio capire il Suo punto di vista sulla presunta inutilità della partecipazione de-gli studenti al processo di riforma del Sid.

Non stiamo parlando di una realtà creata ex novo, ma di un corso attivo da anni, a cui gli studenti si sono iscritti in virtù di determinate prospettive. Lei fa l’esempio del medico e del paziente, soffermandosi sulla loro relazione di fi ducia. La realtà del rapporto studenti-professori, purtroppo, è un’altra: per quanto ci riguarda, non ab-biamo fi ducia in molte delle persone che siedono all’interno del consiglio. Ci dispia-ce dirlo, ma al Sid sono stati pochi quei professori in grado di lasciarci veramente qualcosa, a fronte di una maggioranza ben più propensa all’auto-compiacimento o, nel migliore dei casi, assolutamente anonima. E non instillano molta fi ducia, purtroppo, i balletti degli ultimi anni sul ridimensiona-mento dei corsi. Magari, a livello di con-siglio di facoltà, le cose saranno state pure chiare. Ma a noi, nella lontana Gorizia, è giunta solo l’impressione di un’enorme confusione, spesso nemmeno troppo limpi-da, oltre a promesse regolarmente disattese.Come crede che possa sentirsi un ragazzo che è entrato al Sid con l’intenzione di pro-seguire in un determinato curriculum, se poi si propone lo stravolgimento dello stesso?

Davide Lessi

...e la replica

Sconfinare Marzo 20078Musica

Suonare Morricone

Esiste un ben preciso legame tra la vita e la musica. Tra un’emozione, un’immagine – anche solo sognata, sfiorata – e le dodici note che stanno in un pentagramma. E pochi come Ennio Morricone sanno trovarne così facil-mente la chiave.Le colonne sonore di Morricone si per-petuano ben oltre la pellicola del film. Esse oltrepassano la vicenda cui s’ispi-rano, riuscendo ogni volta a coglierne il cuore. Le sue musiche sono di per se stesse storie che non necessitano né di volgari parole, né di povere immagini per essere raccontate, comprese, condi-vise. Perché Ennio Morricone non solo è un compositore di genio: è un moder-no tessitore di miti. In ogni sua canzone egli riesce a fare brillare, sempre, un vivido barlume di leggenda. Ed in questo suo intento riesce con una semplicità che ha del disarmante. Pochi istanti gli saranno sufficienti per farci cavalcare sotto gli immensi cieli di terre desolate, per lasciarci soli, abbandonati di fronte al nostro ultimo scontro, o per raccontarci di sangue e vendette, con toni tragici, epici.

Per disarmarci innanzi alla morte, o all’amore. Morricone, semplicemente, permette di vivere ciò che è ignoto.In fondo, potrebbe sembrare quasi un gioco. Come quando, da piccoli, un dettaglio, un paesaggio sembrano schiudere avventure che sappiamo d’essere destinati a non vivere. Pos-siamo fantasticare liberamente, senza alcun limite, per poi vagare perdendoci nella contemplazione di mondi che non esistono.Tutto questo è l’opera di Morricone: un invito al sogno. All’immaginazione. Ma, allo stesso tempo, la sua grandez-za è anche un’altra: quella di rendere sublime il quotidiano. Di rappresentare ciò che appartiene a tutti, magnifican-dolo. Chiunque si può immedesimare nei personaggi d’un racconto, o di un film. E, allo stesso modo, ci sembra di riuscire a ritrovarci nelle musiche che accompagnano la loro vicenda. Perché nulla, come una “colonna sonora”, ha la capacità di fondersi con l’istante che essa descrive. La canzone, quando s’abbraccia all’esperienza, la racchiu-

de. Evoca un significato, diviene l’espe-rienza stessa. A volte, una canzone è l’unico vero modo che abbiamo per comprendere, per provare sentimenti. Per essere capaci di uccidere o ucci-derci. Per essere felici. Per dare senso a dolore e rimpianto. Per ribellarci ed uscire dalla nostra gabbia. Per avere un’anima.E’ per questo che l’uomo, da sempre, scrive canzoni.Ed per questo che è così facile ritro-varci nei brani di Morricone, pensati proprio per narrare delle storie, e che alla fine sembrano rivelarne sempre e soltanto una: la nostra. In un certo senso, è come se tutte queste musiche fossero state da sempre dentro di noi. Sanno descrivere ciascu-no di noi, le nostre esistenze. Le nostre passioni. Come se l’artista avesse solo atteso, tendendo l’orecchio per cogliere armonie che sono sempre esistite, sotto la nostra pelle. Per farle divenire poi la vera colonna sonora. Quella della nostra vita. Rodolfo Toè

Quando la musica parte dal cuore

Morricone: genesi dei miti moderni

Oggi hai comprato un nuovo cd e l’unica cosa che desideri adesso e ascoltartelo in santa pace, perciò ti chiudi in camera dopo aver urlato a squarciagola che non ci sei per nessuno e che è vietato disturbarti fino a cena. Apri la confezione, estrai il cd e lo inserisci nello stereo. Poi ti distendi sul let-to e premi “Play” sul telecomando. Chiudi gli occhi e ti lasci avvolgere dalla musica. Non ti importa più di niente, vuoi soltanto rimanere così, prigioniero delle note. Cosa c’è di meglio che rilassarsi ascoltando musica che ci piace? Io dico che qualcosa di meglio c’è: suonarla.Spesso quando parliamo di musica siamo come gli scolaretti delle elementari: siamo al di qua della cattedra, ascoltiamo la maestra, sorvoliamo con la fantasia i luoghi che la melodia evoca in noi; non diamo nulla, riceviamo i suoni e le emozioni che loro stessi ci trasmettono. Eppure credo che molti di noi abbiano già provato a mettersi dall’altra parte della cattedra, sul palco dell’orchestra. È tutta un’altra cosa. L’emo-zione di prendere tra le mani il proprio strumento e suonare è senza pari.La musica non è più fuori, ma viene da dentro, dal cuore e va dritta all’orecchio di chi la cerca.E suonare Morricone per me è stata un’emozione incredibile, da brivido. Non è necessario aver visto tutti i film che ha musicato per capire che tipo di emozioni trasmettere quando si suona: basta ascol-tare l’andamento della melodia e lasciarsi andare. Se volete è come innamorarsi…il battito aumenta, c’è un po’ di ansia perché non si sa cosa succederà, se tutto andrà bene, ma in fondo basta mettere a tacere la razionalità e iniziare a pensare con il cuore. Il resto verrà da sé.Il pezzo che più mi ha emozionato è parte di “C’era una volta il west”: quello in cui la melodia è inizialmente vocalizzata da una cantante lirica, poi passa ai violini ed è infine riproposta da tutti loro insieme. Nell’arrangiamento che ho suonato io, il tema era stato affidato ai corni, mentre noi clarinetti avevamo l’armonia e solo poi un accenno di melodia; ma questo non mi ha impedito di emozionarmi lo stesso. Pensate che quasi avevo le lacrime, e non certo perché fossi triste.La bellezza sta già nell’inizio del brano: tutti inizia lievemente e come una nebbia da flashback ci porta lontano nel tempo e nella distanza; a volo d’aquila osserviamo le prime colonie fondate dai Padri Pel-legrini e quei primi stati: Virginia, New England, Maryland… Poi parte la cantante e anche il nostro viaggio si fa interessan-te: stiamo andando a scoprire l’Ovest, le praterie dove tempo fa correvano liberi i bisonti, i monti erosi dal tempo, le tribù pellerossa che vivono ancora libere, i laghi incontaminati. Il volume sale, gli strumenti si aggiungono a poco a poco finché la parti-tura si completa. Siamo arrivati alla costa ovest, siamo sull’oceano. Abbiamo appena attraversato il Nord America rimanendo seduti sulla nostra sedia. Davvero credete che sia solo immaginazione o fantasia? Provate a suonare. Io dico di no… Isabella Ius

A ritroso nel tempo con un Canone InversoMorricone unisce letteratura e cinema per descrivere la tragedia del secolo passato

OMAGGIO A ENNIO MORRICONE

Un oscar, il riconoscimento più ambito nel mondo del cinema. Significa essere stati davvero stupendi. Un oscar sfiorato spesso, ma infine ottenuto per la grande carriera. Significa essere stati davvero stupendi più e più volte. Questo è Ennio Morricone, uno dei più grandi e noti compositori italiani di musica da film. I nostri nonni lo ricordano per “C’era una volta il west” (1968), “Il buono, il brutto e il cattivo” (1966) e tutti i westerns di Sergio Leone; i nostri genitori lo ricordano per “The Mission” (1986) e “Nuovo cinema para-diso” (1988); i giovani per “Maléna” (2000) e “La leggenda del pianista sull’oceano” (1998); i più picci-ni, pur senza saperlo, lo ricorderanno per “Aida degli alberi” (2001). Io personalmen-te lo porterò sempre nel cuore per “Canone Inverso” (2000, regia di Ricky Tognazzi).Vi è mai capitato di guardare un film dopo aver letto il libro da cui è stato tratto? La sensazione più frequente che si prova è la delusione: scene tagliate, episodi aggiunti, trama modificata… Si esce dal cinema con l’amaro in bocca e si conviene sul fatto che il libro è sempre migliore. Beh, avete mai provato a fare il contrario? Io con “Canone Inverso” l’ho fatto e la mia

è conclusione è stata che, seppur diversissi-mi, film e libro sono entrambi stupendi. La storia ruota tutta attorno a un violino, uno Stainer del ‘600 con una testa antropo-morfa al posto della chiocciola tradizionale intagliata sul cavigliere. Il mistero viene dal suo proprietario, un musicista dall’incre-dibile talento, ridotto a suonare per i locali non si sa bene perché. Vi sale la curiosità? Allora non aggiungo altro…Vi racconterò

il principio della colonna sonora del film e poi sono certa che finirete per fare come me: vi guarderete il film e poi vi leggerete anche il libro.L’apertura è un canone inverso a due voci, cioè un brano che può essere letto partendo indifferentemente dall’inizio o dalla fine. È una musica molto triste, che evoca ricordi lontani. I protagonisti sono i violini che, come disse Jeno Varga, sembrano “…delle creature viventi che, solo a sfregarle con una bacchetta di legno, si risvegliavano cominciando a cantare” (“Canone Inver-so”, P. Maurensig). C’è una ragazza che lo

ascolta, una donna “…che ha negli occhi la memoria del mondo” (“Canone Inver-so”, Tognazzi). Il secondo pezzo è forse ancora più disperato: parla di un amore impossibile. I contrabbassi, come il battito del cuore, accompagnano l’emozione che cresce e gli sguardi che si incrociano.Poi arriva l’energia: un concerto carico di tensione e passione. Ecco che parte il

violino e in canone segue il pianoforte. Talento e tecnica si uniscono in una cascata di note che si inseguono fra loro. Infine arriva l’emozio-ne che nasce per caso e cresce poco a poco.

Il quarto pezzo richiama chiaramente la “Sonata al chiaro di luna” di Debussy, ma ha quel qualcosa in più che lo rende particolare e speciale allo stesso tempo. I campanellini sembrano rugiada al mattino, i violini richiamano i pettirossi, il piano-forte la neve che si scioglie al sole. Sembra l’aurora piuttosto che una notte illuminata dalla luna. E in questa musica che culmina quell’amore impossibile. L’armonia si lega indissolubilmente alla melodia, l’amo-re genera la vita. Anche se la crudeltà dell’uomo separerà, musica e amore non potranno che continuare ad unire. Isabella Ius

“A volte quando suoniamo proviamo la sensazione di essere un tutt’uno con la musica. Succede quando il ritmo coincide con il battito del nostro cuore.

Come quando incontri una persona di cui per ragioni misteriose non puoi più fare a meno. Non si può che seguire una persona che si accorda con il tuo

cuore” Sophie Levi, Canone Inverso

Sconfinare2007 Marzo 9Cinema

“I primi mesi dell’anno sono sempre intensi e pieni di lavoro per chi si occupa di cinema: è infatti questo il periodo in cui si tirano le somme dei 12 mesi appena passati, consacrando i migliori (e i peggiori) film, attori e registi. Da Trieste a Berlino a Los Angeles, con tanto di Oscar e anti-Oscar, c’è davvero di tutto! Diamo allora un’occhiata a chi ha vinto cosa nei primi due mesi del 2007…”

Trieste, città di frontiera tra l’est e l’ovest, e città di cultura: è quasi natu-rale che proprio qui sia nato, ormai 18 anni fa, un festival del cinema dedicato alle produzioni dell’Europa centrale e orientale, e non solo.Quest’anno la manifestazione ha regi-strato un notevole successo, con più di 20.000 spettatori nelle 4 sale utilizzate per le proiezioni dei 140 titoli presen-tati, questi ultimi divisi in 14 sezioni e provenienti da ben 31 Paesi diversi: dall’Armenia alla Svezia, dal Tagiki-stan alla Francia, ma anche da Cuba e dagli Stati Uniti. Ben 35 le prime nazionali, e moltissime le pellicole che altrimenti non verrebbero distribuite nel nostro Paese: ciò riconferma il ruolo del Trieste Film Festival come “lente d’ingrandimento” sui gioiel-li della nuova produzione dell’est europeo, sia di giovani talenti emer-genti che di autori affermati a livello internazionale. A ciò si aggiungono retrospettive e rassegne monografiche incentrate su particolari autori: da se-gnalare, in particolare, ben due incontri dedicati al tedesco Veit Heinichen, triestino adottivo, autore di vari gialli ambientati proprio a Trieste e recente-mente “tradotti” in film dal regista Sigi Rothemund.A conquistare il primo premio di questa diciottesima edizione, con voto

unanime della giuria, è stato il tedesco “Der freie Wille” (“Il libero arbitrio”), regia di Matthias Glasner: una cruda odissea di uno stupratore che cerca invano di ricostruirsi un’esistenza normale. Il film convince, oltre che per la bravura degli interpreti, anche per il distacco oggettivo che riesce a mantenere, senza cadere alla tentazione di facili soluzioni. Una riconferma per quest’opera, già insignita dell’Orso d’argento per il contributo artistico alla Berlinale dell’anno scorso. Altro film degno di nota, e che non è certo passato inosservato, è il polacco “Z odzysku” (“Il recupero”), di Slawomir Fabi-cki, uno sguardo piuttosto cupo sulla criminalità e la violenza della Polonia d’oggi: ha infatti ricevuto la menzione speciale della giuria. Per quanto riguar-da i cortometraggi, primo premio al rumeno “Lampa cu caciula” (“Il tappo della valvola”), e menzioni speciali al bulgaro “Tir”, di Radoy Nikolov, e a “10 insects to feed” (“10 insetti da nu-trire”) del sodalizio italiano Masbedo. Grande successo hanno avuto anche i documentari, particolarmente amati dal pubblico più giovane.

Federico Permutti

Dopo tanto tempo e tante nomination, non sembrava nemmeno giusto che il grande Martin dovesse vincere l’Oscar proprio con un film come “The Depar-ted”, molto bello, per carità, ma pur sempre un remake del film cinese (di Hong Kong) “Infernal Affairs”. Con-siderazioni morali a parte, è un premio meritato, come meritatissimi sono stati gli Oscar a Forest Whitaker (miglior attore, “L’ultimo re di Scozia”) e soprattutto a “Sua Maestà” Helen Mirren (miglior attrice, “The Queen”), la quale, pur essendo la favorita, si è dovuta battere con altri due “titani”, vale a dire Meryl Streep (“Il diavolo veste Prada”) e Judi Dench (“Diario di uno scandalo”). A dire il vero sarebbe stato più giusto un Oscar a tutte e tre, ex aequo, ma in ogni caso la giuria c’ha azzeccato. Grande successo, dicevamo, per “The Departed”, vincitore di 4 statuette (montaggio, sceneggiatura non origi-nale, regia e miglior film); tra i film stranieri, alla fine l’ha spuntata il tedesco “La vita degli altri”, intelligen-te racconto di un agente della Stasi (la polizia segreta della Germania Est) che si trova a dubitare della bontà del siste-ma in cui è inserito. Un premio giusto per un film che all’estero non ha avuto la notorietà che forse avrebbe meritato. Un evento insolito è stata la consegna del premio per il miglior documentario

ad Al Gore (“Una scomoda verità”): non capita spesso di vedere un ex-vice-presidente degli Stati Uniti che vince un Oscar!Infine, non si può certo dire che l’Italia non abbia fatto la sua bella figura, anzi: Oscar a Milena Canonero per i costumi di “Marie Antoinette”, e, soddisfazione ancora più grande, l’Oscar alla carriera per il nostro grande compositore Ennio Morricone, emozionatissimo sul palco al momento della consegna del ricono-scimento.Ma gli Oscar non sono l’unica ceri-monia di premiazione importante di Hollywood: da ormai 27 anni, pun-tualmente il giorno prima vengono presentati i Golden Raspberry Awards, sorta di irriverente “anti-Oscar”. Con il lampone d’oro (“raspberry” in inglese è il lampone, rappresentato nella statuet-ta, ma anche una deridente pernacchia) vengono premiati i peggiori film, attori, registi, remake e sequel dell’anno. A farla da padrona in questa edizione è stata, suo malgrado, Sharon Stone, evi-dentemente non apprezzata per “Basic Instinct 2”, da lei fortemente voluto. Non sono stati risparmiati nemmeno Carmen Electra, Shawn Wayans e il fantasy/thriller “Lady in the Water”. Speriamo solo che i “vincitori” l’abbia-no presa con filosofia!

Federico Permutti

I contrasti del bianco e nero della pellicola gli mettono più in risalto le rughe, forse. Ma è lo stesso di sempre: serio e pensoso, dietro ad occhiali spessi. E’ l’ultima volta che vengono immortalati i lineamenti del suo volto. Eppure Pasolini sembra consa-pevole che l’intervista che sta per rilascia-re, su Salò o le 120 giornate di Sodoma, costituirà il suo testamento spirituale.E’ un uomo amareggiato, deluso dalle cose del mondo e disilluso dal poter cambiare qualcosa, ma con la voglia di lanciare un ultimo grido. E’ la critica al potere, al consumismo che sta cambiando la società e il modo di pensare, ciò che tormenta Pasolini nei suoi ultimi anni. E’ il 1975 e sta girando Salò, ideato per affrontare il tema del potere che annulla la personalità dell’uomo, attraver-so una rivisitazione di De Sade ambientata durante la Repubblica di Salò, in cui il sesso è l’elemento fondamentale. Ma è il sesso come metafora del rapporto tra pote-re e coloro che ad esso sono sottoposti: un sesso che la finta tolleranza del potere con-sumistico ha reso obbligatorio, riducendo i corpi degli uomini a cose.Il regista punta il dito contro ogni forma di potere, che ritiene anarchico in sé poiché

vuole “abolire la storia e sopraffare la natura” attraverso l’uso della violenza. E mentre nel periodo nazifascista operava in modo manifesto, oggi agisce in modo più subdolo, attraverso la manipolazione delle coscienze.Così prosegue il suo violento attacco alla società capitalistica e ai suoi strumenti di dominio culturale, per poi prendere in esa-me la società italiana e le sue inguaribili contraddizioni, ma anche la falsa conte-stazione del potere operata da molti. Sono le parole di un uomo che ha perso ogni speranza per il futuro (“Io non spero. Non bisogna sperare, la speranza è una cosa orribile creata dai partiti per avere meglio il controllo sui propri elettori”), che riflette in modo critico sulla realtà che ha davanti agli occhi, fino a prospettare un avvenire più buio del presente.Il suo pensiero risente probabilmente di un’impostazione eccessivamente intel-lettualistica, ed è più attento a demolire

il contesto socio-culturale in cui non si riconosce, che ad indicare vie concrete per il cambiamento. Ma, in quegli anni di mu-tamenti dei valori e di corruzione politica in Italia, la sua cupa analisi appare tragi-camente veritiera. A noi colpisce la rabbia, ma anche la complessità e la problemati-cità delle sue riflessioni, la sua capacità di porci, ancora oggi, interrogativi ai quali non è facile trovare una risposta.Nonostante ciò, ascoltiamo anche un Pasolini poetico esporre la sua filosofia sul quel cinema che ha rappresentato l’arte più consona, forse, ad esprimere la sua perso-nalità. Per lui il cinema è poesia, perché ha le caratteristiche del sogno, perché è l’attuazione di un ricordo del regista, ma anche perché le immagini catturate in una sequenza cinematografica sono di per sé poetiche, ambigue, ricche di mistero. “Un albero fotografato è poetico, un volto uma-no è poetico”. E mentre per comporre versi si utilizzano parole create in primo luogo

per fini comunicativi quotidiani, e quindi non poetiche in sé, le immagini catturate dal regista corrispondono al sogno che esso aveva in mente, e cioè nascono già poetiche in sé, oniriche.Sfumano le ultime fotografie di un Pasolini che balla, dopo le riprese, assieme agli attori del film. La musica allegro-malinco-nica, le danze e i sorrisi dei partecipanti, la dolcezza del suo sguardo e quegli occhi che sembrano brillare per un attimo, probabilmente stonano con il resto del documentario, ma sono tutto sommato un addio commosso che Bertolucci fa ad un uomo che se n’è andato lasciando un segno profondo del suo passaggio.Si torna a casa muti e pensierosi, come for-se il protagonista sperava. Impressionati da quell’uomo che era Pasolini, dalla sua capacità di sconvolgerci, ancora una volta. Quell’uomo che continua a dirci di prende-re il volo, di non restare intrappolati nella logica terrena, ma di fuggire sulla Luna, per osservare le cose da una prospettiva nuova. Perché quaggiù, a volte, “Essere vivi o essere morti è la stessa cosa”. Agnese Ortolani

Trieste Film FestivalOscar 2007

“Essere vivi o essere morti è la stessa cosa.”Libera associazione di pensieri ispirati al film-documentario

Pasolini Prossimo Nostro,regia di Giuseppe Bertolucci, 2006

Sconfinare 2007 Marzo10Scripta manent

I libri più letti a GoriziaNarrativa italiana

Tamaro CoronaFalettiCarofiglioMuccinoVeltroniLigabueVoloCovacichAmmaniti

Ascolta la mia voceFantasmi di pietra

Fuori da un evidente destinoRagionevoli dubbiParlami d’amore

La scoperta dell’albaLettere d’amore nel frigoUn posto nel mondoTrieste sottosopra

Come dio comanda

RizzoliMondadori

Baldini CastoldiSellerioRizzoliRizzoliEinaudi

MondadoriLaterza

Mondadori

Narrativa esteraCornwellRuiz ZafonHosseiniSparksGroganNiffoiAllendeSuskindSteelKhdra

A rischioL’ombra del vento

Cacciatore d’aquiloniOgni giorno della mia vita

Io e MorleyLa vedova scalzaInes dell’anima

Il profumoUn angelo che torna

L’attentrice

MondadoriMondadori

PiemmeFrassinelli

Sperring KupferAdelphi

FeltrinelliLoganesi

Sperring KupferMondadori

SaggisticaPansaAugiasBettizaSavianoBiagi

La grande bugiaInchieste su Gesù

Budapest: i giorni della rivoluzioneGomorra

Quello che si doveva dire

Sperring KupferMondadoriMondadoriMondadori

RizzoliFonte:

Libreria Antonini

Ti è mai capitato di sederti in una panchina e di trovare un libro lì vicino a te? Lui che non chiedeva altro se non di essere letto dopo essere stato abbandonato al suo destino? Lui che diventa vivo, che inizia a viaggiare con qualcuno di sconosciuto, che parla con te di sé e della sua storia. Nella sua prima pagina riporta tutte le firme delle persone conosciute durante il suo percorso, le loro impressioni, le loro emozioni. Lui, scritto da qualcuno recentemente, anticamente ma che continua a vivere. Il libro come compagno di viaggio, come amico incontrato un giorno alla fermata dell’autobus. Il libro che comunica la sua storia, la sua e quella di altre mille persone trovate un giorno per caso. Un testo che vuole coinvolgere il lettore nel suo viaggio, che lo vuole trascinare in una catena, che lo vuole far toccare col destino di altre persone, che vuole farlo sfiorare dolcemente, lievemente con le loro vite. Questo è il “BookCrossing” o “Giralibri”. Un fenomeno che nasce negli Stati Uniti nel marzo 2001 grazie all’idea di Ron Hornbaker deciso a fare del mondo una grande libreria, istituendo un sistema per il quale i libri vengono “liberarti”, ossia lasciati da qualche parte in un bar, alla stazione, al parco. Un metodo per promuovere la lettura, per comunicare la propria opinione riguardo ad un libro, per rendere partecipi chi ci sta intorno di ciò che leggiamo, dei pensieri scritti che abbiamo letto imprevedibilmente o di un determinato autore che amiamo in particolare. E quale possibilità più grande se non quella di poter trasmettere agli altri il nostro stesso fascio di sensazioni, evitando di legarci egoisticamente ad un testo, ad un dato materiale, ma facendo prevalere quella che è l’anima stessa del volume? Il BookCrossing combatte in un certo senso il carattere individuale dell’uomo, quello che tende a relegare per sé la propria cultura, e promuove la diffusione del sapere in un modo semplice, umile senza la pretesa di un “grazie” o di un “per favore”. Lo statunitense Hornbaker istituì a questo proposito un sito internet, attivo dal 17 aprile 2001 www.bookcrossing.com, che conta attualmente 440.000 iscritti e oltre 2.780.000 libri registrati, facendo del Giralibro un fenomeno di carattere mondiale. Per liberare un libro è necessario entrare nel sito, registrarsi come bookcrosser e registrare il libro che volete rilasciare. Vi sarà assegnato un BookCrossing ID, un codice identificativo

Tema delicato. Tema discusso, ripreso, contestato, mai abbandonato. La problematica del confine ha sempre comportato grandi questioni, odi, dubbi e incertezze, miti e realtà. “Borovinca ‘45” è un libro testimonianza, è un libro ricordo, è una raccolta di memorie. Le memorie di un ufficiale, Gianni Barral, nato a Torino ma di origini provenzali. I mille ricordi che ruotano attorno al periodo dell’armistizio italiano del 1943, i primi timidi contatti con il mondo sloveno, i primi incontri con una cultura assai differente da quella italiana. E dietro ad essi la difficoltà della guerra. La descrizione suggestiva del proprio vivere, del proprio rapporto con la popolazione straniera, le cronache realiste delle battaglie contro partigiani sloveni e italiani, in una perfetta dimostrazione di come anche nelle situazioni limite si possa mantenere la propria dignità. L’autore ripercorre il suo radicamento, la sua passione per la conoscenza (a tal punto che nello zaino tiene un’antologia slovena) che lo porterà ad apprezzare la cultura del vicino. Narra l’accoglienza, poi diventata protezione, offertagli da un piccolo paesino della Val Baccia dopo la resa del 1945 che gli permetterà di sottrarsi alle fucilazioni sommarie. Racconta l’arresto e il conseguente internamento nel campo di prigionia a Borovnica, il peggiore tra i campi d’internamento jugoslavi. Una prigionia lunga tre mesi che proietta davanti agli occhi dell’ufficiale tutta la drammaticità del momento storico in cui sta vivendo. Immagini di

Borovnica ’45. Al confine orientale dell’Italia

BookCrossing. Un giorno, per caso

da riportare nel libro con luogo e data del rilascio. Basta attaccare l’etichetta del BookCrossing (direttamente scaricabile dal sito) e all’interno della copertina scrivere che si tratta di un libro che gira il mondo, riferire i propri pensieri e il viaggio interminabile inizia. Chi ha rilasciato un libro può seguire il suo percorso attraverso il sito. Ogni volta, infatti, che un libro viene trovato (a tale scopo sono state create delle vere e proprie cacce!), il parere del nuovo “proprietario temporaneo” verrà automaticamente inoltrato a chi lo ha liberato per mezzo di ciò che viene definito“Journal Entry”.La libertà d’iniziativa, la passione per

la lettura e la disponibilità alla sua condivisione sono i principi base di alcune variazioni dell’idea iniziale del rilascio. Si definiscono come “bookrings” e “bookrays”. Per entrambi il concetto è il seguente: un utente che vorrebbe leggere un libro si “iscrive” ad una lista nel web e questo gli viene spedito via posta dagli altri partecipanti, spesso attraversando nazioni o continenti. Esistono, inoltre,

i “bookboxes”, scatole contenenti più libri, scelti secondo una determinata logica (autore, argomento, genere) che viaggiano tra gli iscritti; sostituite poi ad ogni passaggio, seguendo sempre il Leitmotiv iniziale.Il fenomeno appare permeato un po’ di quella vecchia amica chiamata “Burocrazia”. L’esigenza dell’uomo di registrare, catalogare, identificare si impone sempre con forza; forse per non perdere il controllo di un progetto così ambizioso portato avanti su vasta scala, forse l’unico modo per determinarne il successo e per verificare la sostanza e il contenuto del materiale scambiato. Ma ciò che si deve mettere in risalto è il cambiamento della funzione del libro. Cambia il ruolo che molto spesso per lungo tempo ha ricoperto, dimenticato in un polveroso scaffale di qualche soffitta. Il libro si arricchisce di un nuovo significato. Si arricchisce delle sensazioni e dei pensieri dei lettori sparsi in luoghi vicini o lontani, che vivono a contatto con realtà diverse, e il suo messaggio continua a vivere tramite essi. Vive, viaggia, si valorizza, si racconta a qualcuno, a chi ha sete di sapere, a chi disperatamente cerca conforto, a chi si deve confrontare, a chi in un parco davanti ad un anziano signore chiamato Destino non oppone resistenza e si abbandona alla lettura…

Nicoletta FavarettoSito italiano: www.bookcrossing-italy.com

violenza, sofferenza, sopraffazione e negazione dell’altro. La salvezza sarà determinata solo dalla sua conoscenza della lingua slovena che gli permetterà di diventare amministratore interno al campo; un amministratore autorevole, rigoroso ma che rispetta pienamente il vicino, visto non come “avversario” ma come “uomo”. Il valore storico dell’opera è riconosciuto da vari ricercatori. Si presenta come un testo lineare, che offre la possibilità di un approfondimento, grazie alla presenza di un inquadramento storico degli eventi stilato da Raoul Pupo, massimo esperto di storia del confine orientale d’Italia, di un inserto fotografico in bianco e nero e di cartine riferite ai luoghi dei fatti storici narrati.Il caso eccezionale dell’ufficiale Barral, uomo dal “cuore sloveno”, la narrazione priva di luoghi comuni che avrebbero potuto portare ad una semplificazione e quindi ad una strumentalizzazione di quanto accaduto non possono che aggiungere un tassello essenziale. Un altro passo fondamentale nella tortuosa, tormentata e travagliata ricerca di una reale comprensione di quali siano stati gli errori di entrambe le parti, di quali siano stati e continuano ad essere i nostri limiti, in una terra oppressa da ideologie e nazionalismi ma che in realtà prosegue nel dimostrarci umilmente il suo carattere plurietnico e plurilinguistico. L’essenza della sua natura.

Nicoletta Favaretto

Per anni ho vissuto sempre la stessa routine. Tornavo da scuola, pranzavo in fretta, sprofondavo nel divano e col telecomando teso accendevo la TV. Sullo schermo Arsenio Lupin III ascoltava cassaforti, seduceva caveaux, truffava ricconi. Il povero Zenigata lanciava in continuazione le sue manette-lazo e si consolava mangiando spaghetti cinesi precotti, riscaldati con acqua bollente. Jigen mirava in tralice, da sotto le tese del suo cappello e Goemon, tra una porzione di tofu e l’altra, con la leggerezza di un direttore d’orchestra spezzettava tutto quello che capitava nel raggio della sua katana. La bella Fujiko infine attendeva fino all’ultimo e poi fuggiva con il bottino, certa che Lupin l ’ a v r e b b e perdonata. Intanto per m e z z ’ o r a non esisteva altro. Chi non ha v i s s u t o gli stessi m o m e n t i ? U n a generazione è cresciuta con le avventure televisive di Arsenio Lupin. Piaceva perché è un eroe atipico, pieno di debolezze, incline al gioco, tiranneggiato dalle belle donne, sprecone ed imprudente, insomma umano e proprio per questo fantastico. Quest’anno il nostro eroe compie cent’anni. Già proprio cent’anni, perché Lupin, non è solo un personaggio dei cartoni animati dell’ultimo decennio. I produttori giapponesi si sono appropriati di una figura della letteratura francese d’inizio Novecento. Arsenio Lupin è innanzitutto il protagonista di una ventina di romanzi di Maurice Leblanc. Originario della Normandia, egli iniziò la propria carriera scrivendo novelle per alcuni giornali di Parigi. Tra le pagine di uno di essi (il Je sais tout) nel 1905 comparve per la prima volta il “ladro gentiluomo”. Nel 1907 venne

pubblicato Arsène Lupin gentleman cambrioleur, il primo romanzo della serie, ed ebbe così tanto successo che Leblanc decise di dedicarsi esclusivamente ad essa per tutta il resto della vita. Così per tutto il primo trentennio del Novecento il pubblico francese ed europeo si nutrì delle avventure di questo intelligente ed affascinante ladro sui generis, che non ruba solo per sé, ma anche per i più bisognosi. Probabilmente Leblanc s’ispirò alla figura di Marius Jacob, anarchico francese e ladro geniale a lui contemporaneo. E infatti Lupin ruba sempre e solo ai ricchi. Una sorta di Robin Hood continentale. Dopo gli anni ’30, le storie di Lupin assunsero un’altra forma.

Infatti egli divenne il protagonista di fumetti, film e serie televisive, finchè, nel 1967 un mangaka (autore di manga) giapponese, Kazuhiko Kato meglio noto come Monkey Punch, decise di riprendere il personaggio di Leblanc e creare Arsenio Lupin III, nipote del Lupin d’inizio secolo. Nato in Giappone ma “battezzato” nella Senna, egli possiede le

caratteristiche fondamentali del nonno: l’abilità nel furto e nel mascheramento (nella versione letteraria Lupin è l’eroe dai mille pseudonimi), la debolezza per il lusso e le donne, l’acume e il senso dell’umorismo. Tuttavia diviene più giovanile e scanzonato, forse anche stupido a prima vista. Dalla penna di Kato sorgono poi i suoi collaboratori Jigen, Goemon, la bella Fujiko e l’immancabile antagonista, l’ispettore Zenigata. Così grazie alla produzione giapponese di fumetti, poi divenuti cartoni animati, il seducente ladro gentiluomo della Parigi di inizio secolo è divenuto un eroe della nostra generazione, tanto nostro coetaneo che stupisce doverne festeggiare il centesimo compleanno.

Emmanuel Dalle Mulle

A 100 di questi anni Arsenio Lupin

Sconfinare2007 Marzo 11Stile libero Uomo e natura

Uno sguardo alla

letteratura.L’uomo nasce “dentro” la natura, è parte integrante (nonchè prodotto) di essa. Figli indiscussi della madreterra, gli uomini si ritrovano immediatamente a contatto con la natura già al momento della nascita, e da subito comincia un rapporto di “ostilità”: i neonati, catapultati da un momento all’altro nel mondo, si sentono impauriti ed indifesi. Dunque, piangono. Lucrezio afferma che il pianto del bambino è il primo, timido segno di un’inimicizia con la natura. L’infante si ritrova nudo nella «fredda ed inospitale terra», si ritrova solo dopo nove mesi di vita sempre accanto ad una donna, si ritrova affamato dopo che si era nutrito della linfa materna. Insomma, il primissimo approccio con la natura non è molto felice… Poi, si cresce, si diventa maturi. Ma l’uomo probabilmente sente ancora un profonda ostilità nei confronti del suo mondo. E considera la natura “matrigna”, crudele, perché essa lo genera e poi non è in grado di soddisfare i bisogni degli uomini. E’ la celeberrima tesi di Leopardi, secondo la quale la natura non soddisfa l’uomo, anzi, è una delle cause principali della sua infelicità. In poche parole, tutti noi siamo stati abbandonati dal mondo, dobbiamo rimboccarci le maniche se vogliamo raggiungere anche un’effimera felicità. Ma questo è un altro discorso. Piuttosto mi concentrerei sul rapporto amore-odio tra esseri umani e mondo. Parlo d’amore perché la natura seduce l’uomo e lo incanta con i suoi incantevoli paesaggi. Parlo d’odio perché dietro questa scintillante facciata si cela un’entità potente e distruttrice. Ma è veramente così? O meglio, è l’uomo il responsabile di questo duplice rapporto? Ora, con certezza, possiamo dire “si”. Metterò a confronto due diverse concezioni per spiegare meglio questa relazione: una concezione prettamente scientifica e una prettamente romantica. Bacone e Goethe. Per il primo la natura è un oggetto, dunque, come tale non ha “diritti” e può essere manipolata e sfruttata in quanto “non soffre”. E l’uomo, essere dotato di ragione, è il “despota”. Come se fosse una macchina, l’uomo deve scoprire gli ingranaggi della natura: essa deve essere un “libro aperto” che può essere letto e riletto, messo da parte o tenuto in considerazione, curato o logorato. Insomma, non è altro che uno strumento di domino nelle mani dell’uomo, una macchina messa a completa disposizione dell’umanità, priva di valore morale e di “sentimenti”. Per il romantico Goethe la concezione della natura è completamente antitetica a quella di Bacone: l’uomo non è padrone del mondo, ma è una parte di esso ed è al pari di tutti gli altri esseri viventi. Dunque, non ha alcun potere e non ha neanche il diritto di sfruttare e manipolare la natura per trarne vantaggio. Egli non è che un ospite della natura (un concetto contenuto nella stessa parola ecologia che deriva dal greco oikos che significa appunto “casa”) e per questo deve preoccuparsi di preservarla per le generazioni future. Di fronte a queste due posizioni ci si chiede quale sia la più giusta per l’uomo. E’ meglio che l’umanità stia bene “ora” traendo vantaggio dallo sfruttamento delle risorse, o è più giusto tutelare le generazioni future consentendo loro di godere non solo della bellezza dei paesaggi, ma anche del benessere scaturito da una natura “sana”? Per secoli la natura è stata sfruttata al massimo, rovinata e alterata nei suoi equilibri, ora di fronte alla previsione di gravi catastrofi e calamità naturali l’uomo ha fatto un passo indietro e si sta interrogando sul futuro del mondo: sul futuro di un mondo desertificato, di un mondo senz’acqua, senza petrolio, senza terre… Purtroppo, mi vien da pensare che il detto “meglio tardi che mai”, in questo caso, sia proprio fuori luogo.

Federica Salvo

“Governo prodi – giunta Hullwech. Resisteremo un minuto di più. vergogna”. Niente facinorosi, niente violenti, niente scontri, nonostante le apocalittiche previsioni di stampa, politici e televisione. Ad aprire il corteo i cittadini di Vicenza; donne, ragazzi, bambini: i veri protagonisti. Tutti, chi in strada chi dalle finestre, a salvaguardare la propria città, a difendere il proprio futuro. Le scelte partitiche, le esperienze politiche, sono fasi transitorie nella vita di una persona: gran parte di questa gente ha preso una decisione, unicamente sulla base di motivazione etiche e morali. Perché la lotta di Vicenza è una lotta per la democrazia – poter decidere riguardo le sorti del proprio territorio -, per l’ambiente, per la pace: no, un’altra base no. A 2 km dal centro storico, dal capolavoro palladiano, un’altra base di 500 000 mq no. “Vicenza ha già dato”. E i vicentini non sono soli. Interminabile il corteo dei NO Tav, accolti con applausi e abbracci, allo slogan “Val Susa – Vicenza, nessuna differenza”. Hanno svuotato le valli piemontesi per essere qui, ad appoggiare chi difende il proprio territorio da uno scempio indicibile. Certo, tra l’alta velocità e l’Ederle 2 qualche differenza c’è. Ma le bandiere vissute, sgualcite, dei no TAV, si aggrovigliano cosi bene con quelle vergini

“Vicenza ha perso la pazienza”del “no Dal Molin”. Si abbraccia la gente, si intrecciano le bandiere, si uniscono le lotte. E non si può non sorridere. E ancora, tutti i comitati contro le basi che spaventano, che deturpano il Bel Paese. I siciliani di Sigonella, i sardi della Maddalena. “Non siamo antiamericani, siete voi che siete anti-italiani”. No, l’accusa di antiamericanismo mossaci durante e fine corteo da una parte del mondo politico proprio non l’accettiamo: non si mette in discussione l’amicizia con gli USA, bensì l’amministrazione Bush. Siamo contro una politica estera di hard power basata sulla guerra e contro l’idea che il dominio politico, economico e militare sia un diritto degli Stati Uniti e vada esercitato con ogni mezzo e al di fuori da ogni regola, di ogni subordinazione al diritto internazionale e alle idee del multilateralismo. Amiamo l’America, ma non vogliamo servirla. È una sorpresa, invece, quella grandissima bandiera a stelle e strisce che svetta sopra il corteo, sorretta da palloncini arcobaleno. Quelle bandiere che oggi qualcuno temeva – o sperava – bruciassero, sono portate avanti da chi crede che un’America diversa possa esistere: “I pacifisti americani sfilano con voi”. Segno che l’antipatriottismo non esiste, anzi: essere patrioti significa esigere un cambiamento dal proprio paese, quando quel cambiamento è necessario. Lo stesso

cambiamento che gran parte del popolo italiano dell’Unione chiede al governo Prodi. “Non ho parole”, sfilano un gruppo di ragazze con un nastro adesivo sulla bocca. “Prodi, ripensaci!”. La delusione è forte. Ci si sente traditi. A chi un anno fa sventolava orgoglioso il proprio programma, questa gente chiede di fare un salto a pagina 109, dove si parla di “ridefinire le servitù militari”. Non c’è scelta in politica che non possa essere revocabile. Soprattutto se effettuata da un governo precedente sotto silenzio. Franca Rame con Dario Fo, dal palco, in un bagno di folla a Campo Marzio, ci fanno sognare, distesi sull’erba a sfidare il freddo, immaginando il comunicato stampa di Prodi del giorno dopo: “scusate; vicentini, italiani, ho sbagliato”. Qualcuno applaude. Qualcuno sorride ironico, qualcuno è rassegnato: “fantapolitica”.A chi è dubbioso, a chi non capisce, a chi non sa… chiediamo solo di venire qui uno di questi giorni, di salire sino al santuario di Monte Berico che si staglia, inconfondibile, in vetta ad un colle a sud – ovest di Vicenza, e fermarsi a guardare dall’alto la città. Poco più in là, una spianata verde, immensa. È lì che sorgerà la Ederle 2. E, ve l’assicuro, non servirà la politica per riuscire a dire no.

Federica Salvo Matteo Lucatello

L’informazione, si sa, è ciclica: come la moda,viene e va, bombarda e si ritrae. Dalla mucca pazza all’incubo aviaria, ogni grande boom mediatico che si rispetti inizia, cresce in modo formidabile in un arco di tempo brevissimo, raggiunge il suo apice e poi ,improvvisamente, scompare lasciando l’illusione che, insieme agli articoli, siano scomparsi magicamente anche i problemi da essi affrontati.L’ultimo grande esempio di queste “notizie a tempo determinato” è sotto i nostri occhi proprio in questi giorni: dal film-documentario dell’ex vicepresidente Al Gore al recente rapporto presentato dall’Onu lo scorso 2 febbraio, stampa e reti televisive non parlano d’altro: i cambiamenti climatici imperversano,il riscaldamento globale peggiora e, se l’uomo non agirà immediatamente per ridurre le emissioni di gas inquinanti, i dati futuri potranno solo aggravarsi ulteriormente. Da queste due scintille iniziali, però, il fuoco si è poi propagato dando vita ad accesi dibattiti in seno a molte organizzazioni internazionali, fra i giornalisti, fino a coinvolgere anche due premi Nobel come Antonino Zichichi e Carlo Rubbia. Se tutti si trovano d’accordo, infatti ,sul fatto che la Terra si stia riscaldando, per quanto riguarda le cause profonde di questo fenomeno e le previsioni per il futuro c’è ancora una grande discordanza di opinioni. Due sono le principali correnti di pensiero: la prima è quella portata avanti dall’Ipcc (Intergovernmental Panel for Climatic Changes), un comitato permanente istituito dall’Onu e composto da oltre mille scienziati di tutte le nazioni; la seconda fa capo invece a Richard Lindzen del Mit (Massachusetts Institute of Technology) che critica apertamente i modelli e le previsioni avanzate dagli scienziati dell’Ipcc.Prima di confrontare brevemente le due posizioni, credo sia doveroso partire da un dato che viene spesso trascurato: quando parliamo del lavoro svolto dall’Ipcc , al momento, possiamo parlare soltanto di un estratto del rapporto della commissione, un documento di sole 5 pagine a fronte delle 500 di cui è costituito il rapporto completo che sarà pubblicato soltanto in maggio. Ovviamente, queste 5 pagine di estratto presentate il 2 febbraio scorso a Parigi non riassumono tutto il lavoro svolto e possono

Cambia il clima, cambiano le opinioni

essere interpretate in modo erroneo perché tralasciano ipotesi e previsioni alternative che non è invece possibile escludere a priori. Detto questo, i dati riportati nell’estratto possono essere ben riassunti da una breve frase :“According to the Intergovernmental Panel on Climate Changes, this era of global warming is unlikely natural in origin and the bilance of evidence suggests a discernible human influence on the global climate”. Gli scenari prospettati sono a dir poco catastrofici: entro la fine del secolo in corso, la temperatura superficiale della Terra crescerà probabilmente da 1,8 a 4 gradi centigradi, mentre l’innalzamento del livello dei mari sarà compreso tra i 18 e i 59 centimetri, dati che potrebbero essere ulteriormente accresciuti dallo scioglimento di vaste porzioni di ghiacci osservate in Antartide ed in Groenlandia. Al Gore, il vicepresidente americano che nel 2004 ha deciso di dare una svolta alla propria vita sparendo dalla scena della politica nazionale e concentrandosi invece sulla guerra globale per salvare il mondo dall’imminente catastrofe climatica, rappresenta probabilmente il principale divulgatore delle tesi sostenute dall’Ipcc. Nel suo film, “An Inconvenient Truth” (Una Scomoda Verità) offre una spiegazione semplice ma accurata del problema del riscaldamento del Pianeta prospettando scenari apocalittici e facendo leva sulla sua esperienza personale per colpire, scioccare lo spettatore e portarlo all’azione concreta. Il film termina segnalando il sito web www.climatecrisis.net ed esortando ogni cittadino responsabile a seguire, nel suo piccolo, dieci regole per diminuire le emissioni giornaliere di diossido di carbonio: si spazia dalla limitazione dell’uso dell’automobile all’esortazione al riciclo, dalla condanna all’uso indiscriminato di acqua calda a raccomandazioni come quella di spegnere completamente (senza lasciarli in stand by) tutti gli apparecchi elettronici quando non vengono utilizzati.Alle previsioni catastrofiche dell’Ipcc, però, fa da contraltare Richard Lindzen portavoce del prestigioso Mit : secondo questo scienziato infatti, il riscaldamento globale è si un dato

che non si può negare, ma non sarebbe in larga misura causato dall’attività umana. Scettico anche il premio Nobel Zichichi che in un suo recente articolo spiega come sia difficile trovare dei modelli matematici in grado di spiegare esattamente fenomeni complessi come quello in questione:va incoraggiato quindi il rigore scientifico e potenziata la ricerca di modelli più esatti ed attendibili che tengano conto anche di fattori molto importanti ma finora trascurati come ad esempio l’incidenza dei raggi cosmici sul destino del clima.Le posizioni sul tema sono quindi molteplici, ma possono essere trovati dei punti in comune: il riscaldamento del Pianeta è aumentato negli ultimi anni, e l’uomo ha accresciuto sensibilmente il proprio consumo quotidiano di energia fino ad arrivare ad un punto in cui viene prodotta molta più anidride carbonica di quanta se ne possa accettare. Di conseguenza, diventa una priorità immediata la ricerca di nuove fonti di energia e di nuove tecnologie meno inquinanti, affiancata da una forte campagna di sensibilizzazione ed informazione sul tema e da un’attività di ricerca scientifica continua e costante che porti al miglioramento dei modelli di calcolo oggi usati per fare previsioni climatiche sul futuro. Resta da chiedersi se sia sufficiente la quantità di informazioni, o se sarebbe invece più opportuno concentrarsi sulla qualità e sulla coerenza:sensibilizzare l’opinione pubblica è giusto e doveroso , ma c’è modo e modo per farlo. Piuttosto che allarmismi che durano pochi giorni e poi passano in sordina, meglio puntare su un’informazione costante, aggiornata e realistica: come può un cittadino credere in quello che legge ed avere fiducia nelle soluzioni proposte se in un articolo( e parlo di articoli pubblicati da stampa autorevole!) si sostiene che l’uomo è responsabile per il 90 % del riscaldamento globale ed in un altro si parla invece di un incidenza dell’appena 4 %? Come può essere possibile che, in due diversi articoli, gli studiosi che hanno partecipato all’Ipcc passino miracolosamente da 600 a 2500 ?Una buona informazione è il primo passo per portare ogni cittadino a prendere coscienza del problema ed ad attivarsi per risolverlo. Paola Barioli

Vino dolce ed ottimo per accompagnare la pasticceria secca, dal colore ambrato e dalla forte gradazione alcolica (generalmente compresa tra i quattordici ed i sedici gradi), il Picolit è uno dei più pregiati fi ori all’occhiello dell’enologia del Friuli – Venezia Giulia.Per la sua prestigiosa storia, prima di tutto. Le sue prime tracce risalgono, per alcuni, sino all’epoca romana. Nei secoli successivi, il suo nome si è diffuso in tutta Europa, fi no ad essere noto alle corti di Francia, Russia ed Austria. Esportato nelle principali capitali del continente dal conte Asquini di Fagagna, il Picolit poteva noverare tra i suoi

ammiratori anche papi e letterati ( come, ad esempio, Carlo Goldoni).La produzione di questo vino risente della grande delicatezza dell’uvaggio e della conseguente esigua dimensione del grappolo; condizione che permette di ottenere appena cinquecento ettolitri all’anno.All’olfatto il Picolit si presenta intenso e fruttato, con accenni di pesca e fi ori di campo. Il suo gusto è dolce ed avvolgente, armonioso, quasi mielato, e permette una molteplicità

di ottimi abbinamenti, a seconda di quelle che sono poi le preferenze del degustatore: come aperitivo; accompagnando ostriche o formaggi saporiti; o ancora col fegato d’oca o d’anatra – ma appagante risulta altresì come già detto l’accoppiata con la pasticceria secca, soprattutto regionale. Infi ne, è un ottimo vino da meditazione, da gustarsi da solo dopo pasto.

Andrea BonettiRodolfo Toè

Sconfi nare Marzo 2007 12De Boca Bona

Il carnevale in Friuli

Golosità carnevalesche

E veniamo dunque a parlare delle tradizioni che nelle zone del Friuli – Venezia Giulia allietano i giorni di carnevale. Piacerebbe, per una volta, potersi limitare alla descrizione di un avvenimento unico, d’una tradizione che sia comune all’intera regione. Ma, anche in questo caso, una notevole varietà culturale riverbera nel panorama dei festeggiamenti carnevaleschi; complicando il lavoro degli autori, costretti ad una sintesi stringata e lacunosa dei principali appuntamenti.In Val Resia, vicino ad Udine, per una settimana – fi no al mercoledì delle ceneri – il paesino di San Giorgio Bila festeggia il carnevale (“Pust”) con la tradizionale “Resiana”, danza ballata al suono di folcloristici strumenti simili al violino in molte locande tipiche, nelle quali è possibile altresì gustare le leccornie locali. Il mercoledì delle ceneri, i festeggiamenti si concludono con il rogo cui è affi dato un fantoccio, simbolo delle malefatte dell’anno appena trascorso.Molto più noto, almeno agli studenti di Gorizia, è il carnevale di Muggia, il più antico tra quelli che si celebrano nella zona di Trieste. Il giovedì grasso vede l’incoronazione

di Re Carnevale, ed il tipico “Ballo della verdura”, dove i ballerini tengono in mano fi ori ed ortaggi. Dopo il martedì grasso si tengono i funerali del Re, con tanto di buffoni e maschere che ne seguono il feretro. Per chi non avesse potuto seguirlo (…si sa come va con gli esami…) nei mesi estivi si tiene tradizionalmente una sua replica.Da non dimenticare, poi, la Notte delle Lanterne a Sauris, in Carnia. Qui un lungo corteo notturno, illuminato da fi accole, si addentra nel bosco per accendere un falò. Due i personaggi principali: Rolar (che avverte della processione) e Kheirar, il signore che orchestra la celebrazione. Dopo la sfi lata, immancabile la sosta per bere il vin brulé e mangiare il rinomato prosciutto locale.A Doberdò del Lago, vicino a Gorizia, il mercoledì dopo il carnevale in piazza viene bruciato un carro di fi eno che rappresenta i peccati della comunità; mentre a Monfalcone, nello stesso giorno, un personaggio tradizionale (il postino Sior Anzoleto) legge il suo testamento, e la satira della “Cantada” in versi dialettali canzona i (mis)fatti occorsi nel precedente anno.

Ultima fermata della nostra breve trattazione è Grado, dove in passato un manzo infi occhettato veniva fatto sfi lare per le vie dell’isola. Questa tradizione è oggi ancor viva, sebbene l’animale sia stato sostituito da una sagoma.Come si può vedere, queste terre ancora non smentiscono la loro particolare vivacità in fatto di cultura locale e tradizioni; regalandoci anche per il carnevale l’occasione di gustare l’anima più genuina del luogo. Sempre che, almeno per noi studenti, ve ne sia il tempo…(sigh).

Andrea BonettiRodolfo Toè

In questo periodo di allegria, di facezie, e di colorate e fantasiose maschere, concederete che la redazione si dedichi alla descrizione dei dolci carnevaleschi che più gradisce. Si tratta di dolcetti friabili e leggerissimi, che si possono trovare in forma di strisce o di semplici quadrati, e il cui nome varia di regione in regione: galani o crostoli in Veneto; bugie in Piemonte; sfrappole in Emilia; cenci in Toscana; o ancora fritole, frappe, lattughe, lasagne... Tanti sono i nomi per un’unica lussuriosa delizia che vede i suoi natali addirittura nell’antica e austera Roma. Queste leccornie altro non sono, infatti, che la moderna versione delle frictilia, dolci fatti con la stessa pasta delle lasagne e fritti nel grasso di maiale durante le antiche feste di primavera. Molte sono le testimonianze di quelle ricorrenze giunte a noi attraverso raffi gurazioni pittoriche; ma assai più importanti, ai fi ni del gaudio del nostro palato, sono le tracce concrete sotto forma di preziose e prelibate ricette culinarie, che il genio benigno dell’italico popolo ha saputo conservare ed arricchire nel corso dei secoli. Sviluppandosi da ingredienti semplici e comuni, presenti in tutte le cucine popolari ( come uova, farina, e zucchero), questi dolci sono

stati nel tempo arricchiti dai contributi più svariati: oggi vengono spesso accompagnati con miele e cioccolato. Anche la forma semplice e geometrica, al più impreziosita dall’arricciamento del bordo, ricorda l’estrazione popolare di questo sfi zioso dolcetto.Interessante, e divertente, è la sua storia, che si fonde con quella delle ricorrenze e delle tradizioni popolari. Con la diffusione del cristianesimo, le feste primaverili vennero inserite nel calendario cattolico tra l’Epifania e la Quaresima, periodo in cui bisognava astenersi dal consumo delle carni (e proprio da ciò nacque probabilmente la stessa parola carnevale, dal latino “carnem levare”). In vista di un periodo che appariva di spaventevole continenza, si affermò la tradizione d’anticipare i festeggiamenti primaverili romani con banchetti e feste d’ogni sorta. Per questo motivo, nel Medioevo, il giovedì e il martedì prima delle ceneri iniziarono ad essere chiamati “grasso”. Insomma: l’abbondanza e la grande varietà di dolci, prevalentemente fritti, che occupava (ed ancor oggi occupa) le nostre tavole non era che uno sfogo per i golosi prima delle terribili costrizioni quaresimali…

R. T., A. B.

INGREDIENTI500g di farina;2 rossi d’uovo;1 uovo intero;30g di burro;un pizzico di sale;una cucchiaiata di zucchero vanigliato;un bicchiere di rosoli (o vino bianco);olio (o strutto) per friggere q.b.;zucchero a velo q.b.

PROCEDIMENTO Mescolate tutti gli ingredienti e lasciate riposare la pasta un’ora. Tiratela molto sottile e ritagliate con la rotellina scannellata di nastri, lunghi o corti, a piacere. Friggeteli in abbondante olio bollente (o strutto), appena avranno preso una colorazione dorata sgocciolateli su una carta che assorba l’unto e spolverizzateli di zucchero a velo. Serviteli freddi

Galani di Carnevale

Il Picolit, vino di papi ed imperatori

Scheda tecnicaUvaggio:

Uve Picolit 100%.

Vinifi cazione:L’uva è raccolta a mano in più passate, a seconda del grado di maturazione. Le uve raccolte vengono fatte appassire.Pressatura soffi ce delle uve intere e pulizia statica a freddo del mosto (5°- 7°C). Decantazione ed avvio alla fermentazione con lieviti selezionati a temperatura controllata (18°- 20° C).

Colore:Ambrato, intenso, con rifl essi dorati

Grado alcolico:Mediamente dai 14° ai 16° Vol.

Profumo:Rende subito esplicite note di fi ori di campo, di mandorla, pesca, acacia e castagna. Il suo sapore ricorda frutta candita, fi chi appassiti, miele e vaniglia.

T° di servizio:10° - 12° C.

Abbinamenti:Ottimo come aperitivo, accompagna egregiamente tartufi di mare ed ostriche. Si esalta sui formaggi saporiti; non è da meno sul fegato d’oca e di anatra. Ottima risulta l’accoppiata con la pasticceria secca. Viene anche considerato sublime

Sconfi nare2007 Marzo 13Relax

Crisi di governo???di Giulia Pizzini

C’è un solo uomo che può risolvere la situazione, scoprilo cancellando tutte i nomi dei nostri cari politici dallo schema! Le lettere rimanenti formeranno il suo nome

periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio

2006, n° di registrazione 4/06.

Direttrice ResponsabileAnnalisa Turel

Editore e PropietarioAssid

“Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche”.

A.S.S.I.D.Sconfi nare non è il giornale uffi ciale dell’Assid nè identifi ca la sua posizione politica, in quanto è semplicemente la libera espressione di alcuni suoi membri che costituiscono il Comitato di redazione.

RedazionePaola Barioli, Andrea Bonetti, Marco Brandolin, Pieranna Brisotto, Edoardo Buonerba, Elisa Calliari, Davide Care-gari, Giulia Cragnolini, Allan Francesco Cudicio, Emmanuel Dalle Mulle, Marco Di Liddo, Nicoletta Favaretto, Antonino Fer-rara, Michela Francescutto, Francesca Fuoli, Francesco Gallio, Davide Goruppi, Ian Hrovatin, Isabella Ius, Davide Lessi, Andrea Luchetta, Mattia Mazza, Monica Muggia, Luca Nicolai, Arianna Olivero, Agnese Ortolani, Leonetta Pajer, Federico Permutti, Massimo Pieretti, Giulia Pizzini, Federica Salvo, Bojan Starec, Eva Stepan-cic Rodolfo Toè, Athena Tomasini,

Se vuoi contattare la redazione scrivi a sconfi [email protected]

...Sconfi nare...

CESA LUXURIAFINI DILIBERTOBINDI RUTELLIBONDI FOLLINIPRODI BERSANILETTA DIPIETROBOSSI MASTELLARIZZO GENTILONIROSSI MUSSIBONINOCASINIFASSINO

TURIGLIATTO ANDREOTTI

Si dicono cose strane in giro. Storie di segreti, cospirazioni e bugie. In genere le persone che raccontano queste storie indossano cappelli coperti di carta stagnola per deviare i raggi di controllo mentale del governo. Questo incide negativamente sulla plausibilità, è vero, ma non le rende meno interessanti. Qui c’è una piccola selezione delle mie preferite.

- I coltelli usati in un sacrifi cio umano non vengono rilevati dai metal detector.

- Tutti i serial killer americani di cui si abbia notizia avevano gli stessi nove numeri nel loro codice di previdenza sociale, solo in ordine diverso.

- Se rimpiazzi le gomme della tua auto con quattro pneumatici provenienti da quattro auto coinvolte in incidenti mortali non avrai mai più un incidente.

- C’è un albero, in una foresta due km a nordovest di Tornio, in Finlandia. C’è un cuore inciso nella corteccia dell’albero. Se incidi il nome di una persona all’interno del cuore, quella persona si innamorerà di te. In quella foresta c’è anche un albero con inciso un teschio.

- I gatti vedono le cose come sono in realtà. Puoi riuscirci anche tu, ma devi allenarti a non dormire mai più di 15 minuti di fi la.

- Gli induisti scrivono preghiere su pezzetti di carta e poi li bruciano come offerte. Se apri le sigarette di una certa marca troverai piccole scritte in sanscrito sull’interno.

- C’è una videocassetta. Chiunque

Paranoia Pillsla guardi, sette anni dopo, vive una vita perfettamente normale per 24 ore. C’è una taglia di due miliardi di dollari su quella cassetta.

- Dicevano che quando ti fotografano ti portano via l’anima. Non è del tutto vero. Te ne portano via solo un pezzetto, e nella maggior parte dei casi è impercettibile. Ma guarda negli occhi una rockstar, o un politico. Non c’è rimasto più niente là dentro.

- Il governo degli Stati Uniti non può rivelare i nomi dei prigionieri rinchiusi a Guantanamo: non ne hanno.

- C’è un tipo vagamente inquietante in sedia a rotelle che appare in ogni fi lm. Ogni singolo fi lm. Devi sapere dove cercarlo, ma c’è sempre.

- Il Triangolo delle Bermuda era famoso per le inspiegabili sparizioni che vi avvenivano, ma sono decenni che nessuno scompare più lì dentro. Perché? Perché si è spostato.

- Non siamo ciò che mangiamo, ma lo saremo nella prossima vita. Mangia molti hamburger e ti reincarnerai in una mucca. Mangia vegetariano e tornerai come pianta. Immagino sia chiaro cosa si deve fare per restare umani, no?

- Ogni presidente USA, dopo l’insediamento, viene portato in una stanza dove gli viene mostrato un fi lmato dell’omicidio Kennedy, ripreso dalla collina erbosa dov’era appostato il cecchino. Giusto per ricordargli chi comanda davvero.

Luca Nicolai

Questo non è un’esagerazione, non è un espediente sensazionalista. È semplicemente ciò che credo accadrà nel corso dei prossimi venti o trent’anni. Secondo uno studio ONU il processo di alterazione del clima è ormai pressoché irreversibile, e nessuno di coloro che hanno il potere di intervenire in merito sembra disposto ad agire con decisione per ridurre i danni. Ricerche scientifi che di parte confondono l’opinione pubblica al punto che milioni di persone continuano a negare gli sconvolgimenti climatici in corso, o li imputano a dei presunti “cicli naturali”, come se il non esserne responsabili ci rendesse immuni alle loro conseguenze. Lo tsunami non fu causato dall’uomo, ma migliaia di persone sono morte comunque. Persone che avrebbero potuto salvarsi se solo i centri sismografi ci fossero riusciti a comunicare effi cacemente con la protezione civile. L’uragano Katrina ci ha dimostrato come anche il paese più potente del mondo sia vulnerabile e colpevolmente impreparato di fronte a disastri naturali di grandi proporzioni. Disastri che saranno sempre più frequenti nei prossimi anni. L’alterarsi del clima (non un semplice “surriscaldamento”, ma un cambiamento molto più complesso che ci condurrà ad un clima instabile ed estremo) è un dato di fatto, che chiunque di noi può verifi care ogni giorno. Per quanto un tempo potessimo sperare di arrestarlo, il meglio che possiamo fare ora è cercare di limitare i danni, o anche semplicemente di essere preparati ad affrontare l’inevitabile. L’effetto serra, il crollo della biodiversità, la desertifi cazione e l’esaurimento dei combustibili fossili cambieranno radicalmente il nostro stile di vita, cosa che nessuno pare prendere

seriamente. Molti non riescono ad accettare l’idea di una “regressione”, pensano che la tecnologia preserverà le nostre costose abitudini. Non è così: le fonti di energia rinnovabile non sono abbastanza sviluppate da sostenere gli attuali consumi, e non vi è alcuna alternativa al petrolio nella creazione di materie plastiche. La mia potrebbe anche essere semplice paranoia, o fatalismo causato dall’eccessiva quantità di cose che si prevede peggioreranno nel futuro; e certo io spero sia così. Ma di fronte ad uno scenario così catastrofi co non ci si può permettere di essere ottimisti.

Luca Nicolai.

Moriremo tutti

SconfinareGo and Go

2007 Marec III

oblikovanju časopisa sodelovati tudi osebe, ki niso v uredništvu ali pa, ki so celo izven univerzitetne realnosti. Časopis urejujejo le študentje sami, kar pomeni, da mnenja univerzitetnih profesorjev ne vplivajo na vstroj časopisa in sodelujejo le, če jih zaprosimo kot poznavalce obravnavanih tematik. Na tedenskih srečanjih, ki se vršijo v univerzitetnih prostorih, študentje razpravljajo o vsebinah vsake posamezne številke. »Sconfinare« je sad nepoklicnih novinarjev, kar lahko privede do organizacijskih problemov, ki vplivajo na publikacijo.Vsak mesec študentje natisnejo okoli 2000 izvodov »Sconfinare«, ki ga potem oni sami razdelijo po Gorici, Novi Gorici, Trziču, Vidmu in Trstu.Poleg tega, časopis ne predstavlja političnega stališča društva ASSID, čeprav je ta njegov založnik.Omeniti gre tudi, da so finančno potprli »Sconfinare« sledeče ustanove: »Consorzio per lo sviluppo del Polo Universitario Goriziano«, ERDISU, Tržaška Univerza in Občina Gorica. Upajmo, vsaj ta je naš namen, da smo s tem uvodnikom pojasnili in zadovoljili vsa vprašanja glede našega dela. Prav tako nameravamo nadaljevati s nasim neodvisnim delom, s ciljem, da se ustvari povezava med nami in našimi bralci ter da se slednji lahko primerjajo z nami.

Prevedel Samuele Zeriali

Uvodniknadaljuje se s prve stranibosanski,turski,madzarski in se bi

lahko nastevali.Je,oziroma moral bi biti,nekaj kar je vec kot le skupek posameznih kultur,zal pa je njegova zapletenost vedno znova razdrobljena v prid podkultur,ki so tako omejene kot nepostene.Ocitno je,da nesposobnost,da bi nasli skupen pogled na problem fojb in ga po moznosti premagali,izhaja iz te situacije.Seveda pa pri tem igra pomembno vlogo tudi desetletni politicni molk,s komunisticno partijo(Pc) na celu.Zelja Krscanskih demokratov(Dc) ,da se ne udriha po Titu,ki je neuvrscen.Namen postfasistov,da bi si povrnili ugled.Vrsta koristi na visji ravni,ki je vpadla v regijo,spravila v nered dokumente,zacrtala nejasne in arbitrazne meje.Napolitano,oziroma eden izmed najboljsih tolmacev

molka Komunisticne partije je ta,ki je priklical v spomin zrtve fojb,ne glede

na to ali so bili okupatorjevi pomagaci ali ne.Manjka se nam samo se,da gre v Budimpesto.In se zgodi,da se tega se sramuje povedati,kajti ta slogan se pojavi na desetinah plakatov stranke

Nuova Forza izobesenih po mestu cigar komunisticni napis spominja na nekaksen sund film poln krvi.Eden izmed velikih nasprotij v Trstu je,da je levica sicer priznala svojo

krivdo,da pa je s tem izgubila moznost pogajanja,ki zadeva zgodovinsko resnico.Slo se je,kot bi lahko rekli,za enostransko priznanje o odgovornosti Italije v spletu dogodkov.Temu pa ni sledilo tudi priznanje trzaske desnice.In tako kdor spreminja,ima od tega tudi koristi.Pozabite na ekspansionisticne cilje ze od Versajskega miru naprej in se bolj na nacifasisticno zasedbo

Jugoslavije,tako ali tako ustasev

nadaljuje se s prve strani

Res nam gre dobronismo urili mi.In ce je slucajno kaksen Jugoslovan izgubil zivljenje si je kriv sam.Ravno tako pateticen je tudi poskus nekaterih zgodovinarjev pripisati titovo okupacijo in

zatiranje izkljucno potrebam mednarodne politike.Skratka,pravi problem ni politika ali vsaj ne v celoti.Je nasa shizofrenija.Predvsem ta je naredila iz fojb vrtinec molka,spletk in sokrivde.Politika nosi vidno odgovornost.Ampak le-ta ni nic drugega kot nova bolezen za ze bolno osebo.Ce se komu glede tega porajajo

dvomi,lahko navedemo zanimiv dogodek,ki se je zgodil pred nekaj tedni..Neznane osebe so prelepile mesto z laznimi casopisnimi oglasi trzaskega castnika Piccolo na katerih je bilo objavljeno,da bodo nekatere strani v njem prevedene v slovenscino.In kaj naredi Piccolo,ki je sicer blizu sredinski levici ampak vseeno ponosno italijanski?Namesto,da bi pograbil ugodno priloznost in pozivil casopis,ki je medel kot lokalna vsakdanjost,grozi svojim potencialnim resiteljem s tozbo.Res nam gre dobro.

Andrea LuchettaPrevedel Jasna Kranacar

Z začetkom novega akademskega leta, dne prvega oktobra, tudi tretji Goriški univerzitetni sedež je začel s svojim delovanjem. V novi strukturi na ulici Croce, ki je poimenovana Šolski dom, bodo potekali tečaji ambientalnih ved – «Scienze Ambientali del Politecnico di Nova Gorica.»Rektor Danilo Zavrtanik, kateremu so bili izročeni ključi poslopja že maja meseca, je napovedal, da tečaji bodo dostopni tudi tujim študentom, čeprav do sedaj, ni nikogar, med 80imi študenti, ki nameravajo letos dokončati študije, ki bi prihajal iz Italije. Študentje tega tečaja prihajajo predvsem iz Nove Gorice,

ŠOLSKI DOMAjdovščine in iz okolice Ljubljane. Ker pa se pričakuje, da se bodo v prihodnjosti vpisali tudi mladi iz drugi držav, nekatera predavanja že sedaj potekajo v angleškem jeziku. Medtem ko v sedežu na ulici Croce potekajo predvsem predavanja, se v Sloveniji, nekaj sto metrov od Rdeče Hiše, nadaljujejo raziskovaja v laboratorijih. Fakulteta predvideva štiri akademska leta prvo stopenjsko diplomo, kateri lahko sledi še specializacija. Kandidati, ki bi se hoteli vpisati morajo opraviti vstopni test in mest na razpolago je samo tridest. Predavanja so obvezna in organizacija didaktike je različna od italijanske.

Za enkrat naj ne bi to bilo v konkurenci z raznimi goriških univerzitetnimi smermi, saj slovenska fakulteta raziskuje področja, ki so bila do sedaj še nedotikana na italijanski strani Gorice. Pravzaprav predviden projekt ustanovitve meduniverzitetne specializacije v «Gestione del rischio ambientale« ni še operativen.Napestost med Gorico in Novo Gorico se torej zmanšuje v intelektualnem sodelovanju italijanskih in slovenskih študentov v novi univerzitetni realnosti, ki vedno več druži in vedno manj deli. Začenja se tako doba nove mejne realnosti - sodelovanje.

Pprekomejno onesnaževanje: zadeva livarneintervju s profesorjem mednarodnega prava Gianluigi Cecchini

Marec 2007 IISconfinareGo & Go

nadaljuje se s prve strani

znaki bi morali biti konkretnejši.To povedano, zadeva livarne se tiče podjetja, ki se nahaja na slovenskem ozemlju pri meji (Montesanto). To podjetje uporablja snov «formaldeide», ki onesnažuje atmosfero.Zdi se nam, da predstavite problem z določeno odtujenostjo, ampak prebivalci so se že združili v odbor in so glasno protestirali proti goriškemu županu ter ga obtožili, da za to premalo skrbi . Torej je nekaj več...Ne gre za to, da se to mene ne tiče, in če sem dal tak vtis, se vam oproščam. Ne bi želel, da bi prišlo do političnih zapletov zaradi neprave interpretacije problema.Stvar je, da snov «formaldeide» prinaša raka in je torej skrb prebivalcev utemeljena, saj nočejo biti vzopstavljeni zdravstvenim problemom, kot se je že dogodilo delavcem Italcantieri-ja in Marghere zaradi azbesta. Glede teh dveh primerov, sta podjetji že mnogo let poprej vedeli o posledicah vspostavljenja tej nevarni snovi. Vsekakor o goriškem problemu se ukvarja sodstvo.Nekateri prebivalci zainteresirane cone so prostovoljno šli na izvide krvi, ki so dokazali da so vrednosti izven norme, ki so lahko povezane z uporabo in izdajo snovi, ki jih izloča podjetje. Onesnaževanje se prikaže z močnimi in nevšečnimi vonji in povzroča solzne oči. Nekateri trdijo, da nima smisla biti zaskrbljeni in da je vse pod kontrolo, drugi pa celo trdijo, da podjetje ne uporablja te snovi. Logično je to zanikanje nesmiselno, ker okoli meje ni nobenih drugih tovarn, ki bi lahko uporabljale tole snov.Nekateri že trdijo, da je vse to politična špekulacija. Vi kaj mislite?Odkritosrčno povedano ne bi želel odgovoriti na to vprašanje zaradi zgoraj omenjenih razlogov. Vsekakor, če prav želite poznati

moje mnenje, vam lahko povem, da sporna zadeva vsebuje tehnične prav tako kot pravne in politične vidike.Kar se tiče prvega in zadnjega vidika, se lahko trdi, da sta večkrat med sabo tesno povezana. Treba se je spomniti, da je goriška občina določila, da bo treba do marca stalno (to se pravi 24 ur na 24) kontrolirati območje za zbiranje točnih podatkov o onesnaževanju. Ta odločitev ima tudi politično pomembnost saj dokazuje, da se župan Brancati želi rešiti te sporne zadeve, ki od blizu vpliva na

odnose med Gorico in Novo Gorico. Po drugi strani tudi novogoriški župan je večkrat zatrdil (a ne na konferenci, ki smo jo mi organizirali), da je pripravljen premestiti tovarno, če bodo izbrani podatki dokazali uporabo «formaldeida» in če se bo nadaljevalo onesnaževanje italijanskega dela. Lokalna slovenska administracija bi lahko avtonomno sprejela tehnično-administrativno rešitev, čeprav ne moremo zanikati, da bi imela tudi političen vpliv.Tudi Dežela, po srečanju z županom Brancatijem in drugimi protagonisti, ki so se posredno ali neposredno ukvarjali s to zadevo,

je zagotovila zanimanje, ki naj bi se konkretiziralo s pogovori z ljubljanskimi oblastmi. Čeprav je to politična odločitev, bi lahko imela pomembne operativne posledice, če bodo upoštevane zahteve odbora in goriške občinske uprave.Druge narave pa je lokalna zadeva, ki je povzročila mnogo težav županu Brancatiju. Pravzaprav o tej zadevi se je že ukvarjala prejšnja občinska administracija, ki je samo preučila stanje in poslala svoje opombe ter ugotovitve drugi strani meje.

Administracija Brancati je torej podedovala že prej sporno zadevo, ki je počila, ko so se prebivalci naveličali čakanja in so se zbali, da bo prišlo do nadaljnih premaknitev. Ne verjamem, da se lahko obem administracijam nadene krivdo: Administracija Valenti se je lahko malo preveč posvetila le formalnemu vidiku (zamenjava in posredovanje opomb), kateremu ni sledilo nobeno konkretno dejanje; po drugi strani pa administracija Brancati, čeprav se je bolje posvetila zadevi, ni znala dovolj dobro komunicirati svoj trud, tudi zaradi zaznavanja prebivalcev, da je bila politika preveč naklonjena podjetju in oblastem

na drugi strani meje... Vas moramo prekiniti, ker vidimo, da politična zadeva začenja zauzemati preveč prostora, kot ste že vi prej omenili. Hoteli bi samo, da nam bi malo obrazložili pravno zadevo.Zadeva se je začela s problemom svobodnega izkorisčanja naravnih bogastev ozemlja in vpliva tega izkoriščanja na okolje. Važno je upoštevati določene omejitve izkoriščanju naravnih bogastev, ker dandanes ima problem zaščite narave veliko prednost in globok pomen. V našem primeru je treba preprečiti, da onesnaževalne

dejavnosti ogrožajo okolju, pravzaprav namen je skušati znižati te dejavnosti in njihovo onesnaževanje.Vprašati se moramo, če obstajajo zakoni iz mednarodnega prava, ki bi omejevale svobodno izkoriščanje naravnih bogastev, ki bi negativno vplivalo na sosednja ozemlja. Najprej, ali obstaja dolžnost za države, da se izogibajo dejavnostim na njihovem ozemlju, ki škodujejo okolju drugih držav? Je torej država odgovorna? Zadeva, ki nas zanima je povezana z odnosi med sosednimi državami, ki ima kot jedro onesnaževanje okolja zaradi izločkov dimov, plinov in drugih strupenih snovi.Do sedaj sta bila podpisana dva pomembna mednarodna dokumenta, ki obravnavata to zadevo, čeprav nimata obvezovalne moči. To sta načelo številka 21 Deklaracije leta 1972 sprejete v Štokolmu, ko je potekala mednarodna konferenca o človekovem okolju in načelo številka 2 Deklaracije konference v Riu o okolju in razvoju. Iz teh dokumentov izhaja dolžnost držav, ki so podpisale dokumente, da se izogibajo dejavnostim v sklopu izkoriščanja naravnih bogastev, ki naj bi ogrožale okolje drugih držav. Mnenja so tudi glede tega različna in obstajajo različice, ki bi ločevale uporabo teh snovi.Glede naše zadeve obstaja sodni precedens v odnosih ZDA in Kanade iz leta 1941 glede «Livarne Trail», ki je delovala v bližini meje in ki je onesnažila ameriške reke in poljske pridelke.V slučaju, da se ne bi livarna do 30 oktobra letos prilagodila evropskim zakonom glede izdajanja škodljivih snovi in ne bi dokazala zanimanja pri rešitvi te zadeve obstajata dve možni rešitvi. Prva je, tožba Livarne s strani prebivalcev, ki so bili direktno prizadeti zaradi onesnaževanja ali tožba Republike Slovenije. Na zadnjo odlocitev bi lahko vplivali politicni dejavniki katerih ni moja naloga soditi.

Davide LessiPaola Barioli

Prevedel Samuele Zeriali

Rubrika Go and Go

BREZPLNCA ŠTEVILKA Številka 6 - marec 2007

na strani III

na strani II

[email protected] Urednica Casopisa: Annalisa Turel http://sconfinare.awardspace.biz/

Strani IIStrani III

Vse izteka v Soco, zadeva livarne

SLOVENSKA IZDAJA

Uvodnik

Minilo je skoraj leto dni od kar je izšla prva številka časopisa »Sconfinare«. V tem letu nekateri naši bralci so nam poslali razne kritike in vprašanja. Zaradi tega, nameravamo v tej številki, predstaviti naša stališča , glavne ideje in cilje ter obrazložiti, kako je organiziran časopis.Prva številka »Sconfinare« je bila natisnjena v lanski pomladi. Delo je zamisel skupine študentov fakultete Mednarodnih in Diplomatskih Ved, ki ima kot cilj ustvariti komunikacijsko povezavo med mestom in univerzitetno realnostjo ter vzbuditi sočutje in spoznavanje med prebivalci Gorice in Nove Gorice.Poudariti želimo, da časopis nima točno določenih političnih in univerzitetnih stališč. Prav zaradi tega, vsak članek odseva samo vidike avtorja, ki ga je napisal.Tudi glavna stran namerava poudariti najaktualnejše argumente, ki jih številka obravnava in gotovo noče izražati neko politično stališče. Naj bo torej jasno, da »Sconfinare« ne predstavlja ideje in mnenja vseh študentov, temveč samo tistih, ki sodelujejo pri projektu. Vsekakor to ne pomeni, da ne morejo pri

Protagonist razgovora o problemih onesnaževanja atmosfere, ki zanimajo od blizu prebivalce nekaterih predelov mesta Gorice je Gian Luigi Cecchini, profesor mednarodnega prava in prava Evropske Unije na fakulteti Mednarodnih in Diplomatskih Ved Tržaske Univerze (goriški sedež), in tudi predsednik kulturnega društva Gorica-Evropa. Društvo, ki je pred kratkim

tudi priredilo konferenco na to tematiko.Prof. Cecchini, nam lahko na kratko obnovite problem tako zvane zadeve livarne?Najprej bi se vam hotel lepo zahvaliti, ker v vaši reviji pokažete zanimanje do problemov, ki se od blizu dotikajo prebivalcev mesta, ki vas gostuje. Po mojem mnenju lokalne oblasti bi vam morale več pomagati. Ne vem, če je tako, a gotovo

Ce s Trzacanom poskusimo govoriti o fojbah,se v njemu sprozi cuden obcutek.Ne glede na to kaj bo rekel vem ze,da bo popaceno glede na njegovo etnicno ali politicno pripadnost.To me vsekakor ne preseneca,kajti sam sem prvi,ki temu podlega.Sicer pa, kako lahko ostanemo ravnodusni pred

zgodovino,ki ni nikoli bila ena sama,ampak jih

je bilo toliko kolikor strank in celo osebnih spominov.Kot vemo je Trst shizofrenicno mesto.Osebno mislim,da njegova bolezen izhaja iz nagnjenosti k zavracanju svoje prave narave.Je obmorsko mesto,prosta luka,krizisce kot le malokatero na svetu.Vsaj bilo je,dokler se ni odlocilo utrditi svoje podobe,zaustaviti neprestan pritok ljudi,ki so od nekdaj predstavljali mesto izmenjav.Skratka,dokler se razlicni nacionalizmi niso zaceli zanj potegovati.Trst ni italijanski,nikoli ni bil slovenski ali hrvaski in se manj avstrijski.Je od vsega nastetega po malo,ampak tudi grski,zidovski,srbski,

na strani III

Res nam gre dobro

Res nam gre dobro

ŠOLSKI DOM

intervju s profesorjem mednarodnega prava

Gianluigi Cecchini