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CZ 83 CALIBRO .380 ACP 072 L a Cecoslovacchia, dei vari Paesi appartenuti al Patto di Varsavia, è sempre stato uno dei più auto- nomi, indipendenti, quasi renitenti ad accettare le implicazioni che l’apparte- nenza al blocco dominato dall’Unione Sovietica comportava. Questa originalità, che porterà a fatti tristemente noti come l’epilogo della cosiddetta Primavera di Praga, permise di mantenere un’industria ben viva e diversificata nonostante l’inva- denza del sistema comunista. La semiau- tomatica che presentiamo in questa oc- casione costituisce uno dei tanti esempi di rifiuto dell’omologazione sovietica che i cecoslovacchi seppero portare avanti e difendere nonostante tutto. Il rifiuto della Makarov La pistola CZ 83 affonda le proprie origi- ni nel progetto che l’esercito cecoslovacco pianificò ad inizio anni 80 e trovò la sua realizzazione nel lancio e nella successiva adozione del modello Vz. 82 (dove Vz. sta semplicemente a indicare “Vzor”, ovvero la parola “modello” in lingua ceca); que- sta pistola andò a sostituire come arma da fianco il precedente Vz. 52, in linea dal 1952 e in quel trentennio prodotto in ol- tre 200.000 esemplari. Rispetto a questo, il modello 82 presentava l’adozione di un nuovo calibro (il più moderno 9x18 mm Makarov in sostituzione del 7,62x25 mm Tokarev) e una significativa semplifica- zione produttiva, con la chiusura a rulli del mod. 52 sostituita da una più banale chiusura labile a massa perfettamente in grado di gestire le pressioni sviluppate dal calibro che, nel frattempo, si era im- posto come standard delle forze militari d’Oltrecortina. L’esercito cecoslovacco avrebbe potuto facilmente adeguarsi alle esigenze di uniformità del Patto Nata come arma d’ordi- nanza dell’eser- cito cecoslovac- co, la pistola a chiusura labile Vz. 82 è passa- ta al mercato civile con il nome di modello 83. Imponendosi come arma d’impostazione tradizionale in un segmento al momento so- vraffollato di strumenti super tecnologici testo di Matteo Brogi, fotografie di Gianluigi Guiotto Il cane e- sterno, dalla cresta ben di- mensionata, agisce sulla testa del per- cussore, di tipo inerziale Ordinanza in doppio petto Sulla destra del carrello-otturatore è presente la fine- stra d’espulsione con l’unghia elastica dell’estrattore

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La Cecoslovacchia, dei vari Paesi appartenuti al Patto di Varsavia, è sempre stato uno dei più auto-

nomi, indipendenti, quasi renitenti ad accettare le implicazioni che l’apparte-nenza al blocco dominato dall’Unione Sovietica comportava. Questa originalità, che porterà a fatti tristemente noti come l’epilogo della cosiddetta Primavera di Praga, permise di mantenere un’industria ben viva e diversificata nonostante l’inva-denza del sistema comunista. La semiau-tomatica che presentiamo in questa oc-casione costituisce uno dei tanti esempi di rifiuto dell’omologazione sovietica che i cecoslovacchi seppero portare avanti e difendere nonostante tutto.

Il rifiuto della MakarovLa pistola CZ 83 affonda le proprie origi-ni nel progetto che l’esercito cecoslovacco pianificò ad inizio anni 80 e trovò la sua realizzazione nel lancio e nella successiva adozione del modello Vz. 82 (dove Vz. sta semplicemente a indicare “Vzor”, ovvero la parola “modello” in lingua ceca); que-sta pistola andò a sostituire come arma

da fianco il precedente Vz. 52, in linea dal 1952 e in quel trentennio prodotto in ol-tre 200.000 esemplari. Rispetto a questo, il modello 82 presentava l’adozione di un nuovo calibro (il più moderno 9x18 mm Makarov in sostituzione del 7,62x25 mm Tokarev) e una significativa semplifica-zione produttiva, con la chiusura a rulli

del mod. 52 sostituita da una più banale chiusura labile a massa perfettamente in grado di gestire le pressioni sviluppate dal calibro che, nel frattempo, si era im-posto come standard delle forze militari d’Oltrecortina. L’esercito cecoslovacco avrebbe potuto facilmente adeguarsi alle esigenze di uniformità del Patto

Nata come arma d’ordi-nanza dell’eser-cito cecoslovac-co, la pistola a chiusura labile Vz. 82 è passa-ta al mercato

civile con il nome di modello 83. Imponendosi come arma d’impostazione tradizionale in un segmento al momento so-vraffollato di strumenti super tecnologici

testo di Matteo Brogi,

fotografie di Gianluigi Guiotto

I l c a n e e -sterno, dalla cresta ben di-mensionata, agisce sulla testa del per-cussore, di tipo inerziale

Ordinanza in doppio petto

Sulla destra del carrello-otturatore è presente la fine-stra d’espulsione con l’unghia elastica dell’estrattore

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La CZ modello 83 in calibro .380 ACP

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mm Browning (.32 ACP) che strizzano l’occhio all’Occidente, all’economia di mercato e a tutti quei modelli commer-ciali e di sviluppo che in epoca sovietica erano avversati. Proprio questi calibri, in particolare il .380 che tanto successo

L’arrivo della 83A pochi anni dalla sua comparsa, la pro-duzione della piccola CZ si concentra sul modello 83, che rispetto alla versione mi-litare presenta finiture più raffinate e una maggior disponibilità di calibri: al 9x18 mm, infatti, si sono affiancati il 9 mm Browning (9 corto, .380 ACP) e il 7,65

adottando la pistola PM Makarov, ordinanza in Unione Sovietica, e la relati-va cartuccia ma, confermando la propria attitudine a essere voce fuori dal coro, sviluppò tanto una pistola nuova che un’evoluzione della cartuccia (Pistolovy Naboj Vz. 82) che, pur dimensionalmen-te sovrapponibile al 9x18 mm, sviluppava pressioni e velocità superiori. La nuova arma, battezzata modello 82 perché in produzione da quell’anno, risulterà essere assai più raffinata (e costosa) di quella sovietica ma la surclassava, e continua a farlo, per ergonomia, precisione e poten-za di fuoco (12 i colpi nel caricatore stan-dard a differenza degli 8 della Makarov). La pistola Vz. 82 darà successivamente ispirazione alla realizzazione di un’arma civile – il modello 83 di cui ci accingiamo a parlare – e, grazie alla sua modernità, riuscirà ad affacciarsi al nuovo millennio con molte carte ancora da giocare. Non è un caso, infatti, che il produttore e il suo importatore italiano continuino a pro-porla sul mercato nazionale.

Makarov, il calibro e la pistola

La cartuccia 9x18 mm Makarov fu sviluppata nel 1951 per sostituire il calibro 7,62x25 mm Tokarev dell’omonima pistola Tokarev TT-33, dotazione da fianco delle truppe sovietiche nel corso della Seconda guerra mondiale. Sviluppata a partire dal calibro 9 mm Ultra introdotto sul finire del conflitto dalla Germania, si poneva come alternativa più potente rispetto al 9x17 mm (9 corto) che poteva essere ancora adottato da armi a chiusura labile. Nonostante il calibro nominale di 9 mm, il 9 mm Makarov presenta un diametro della palla di 9,22 mm che ne impedisce l’impiego su armi camerate per sparare il 9 mm Nato, calibro d’ordinanza dell’Alleanza Atlan-tica. Questo fu espressamente voluto per evitare che la cartuccia sovietica potesse essere eventualmente impiegata dal nemico occidentale. A livello di prestazioni, il calibro Makarov presenta pressioni e velocità nettamente inferiori rispetto a quel-lo Nato così da poter essere utilizzato anche in armi a chiusura labile. La pistola Makarov (PM, pistolet Makarova) andò a sostituire la Tokarev TT-33, assimilando molti dei principi alla base della Walther PP di cui alcuni autori la considerano una copia maggiorata. Semplice nella progettazione e ancor più nella fattura, fu usata estensivamente come arma da fianco delle truppe sovietiche e dei Paesi del Patto di Varsavia fino al 2003, anno in cui è stata sostituita come arma d’ordinanza dalla Yarygin PYa (6P35 Pistolet Yarygina). Resta tuttora molto diffusa in aree che furono d’influenza sovietica e dove si combattono guerre “povere”. Oltre che in URSS, fu prodotta (e talvolta ancora lo è) nella Repubblica Popolare Cinese da Norinco, in DDR e in Bulgaria. In particolare, gli esemplari cinesi (ribattezzati Type 59) furono realizzati in acciaio stampato e bruniti mediante l’azione di sali. Esemplari di surplus militare hanno recentemente invaso gli Stati Uniti, dove hanno trovato un ottimo mercato come arma di back up e per il porto occulto. Essendo ar-mi prodotte a partire dal 1951 e in Stati che non esistono più, rientrano nella tipolo-gia normata dalla Federal Firearms License type 3 (meglio conosciuta come licenza Curio&Relic); a questa categoria di armi appartengono tutte quelle prodotte da oltre 50 anni (ma non le repliche) così come quelle certificate d’interesse culturale, arti-stico o storico. Per queste armi negli Usa è possibile ottenere una specifica licenza che facilita collezionismo e transazioni.

Le mire del modello 83 prevedono tacca e mirino non registrabili con tre punti bian-chi tipo Combat; sulla parte superiore del fusto è presente una bindellina zigrinata

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La sicura, ambidestra, blocca carrello e cane armato, in quella configurazione cocked and locked d’ispirazione 1911

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Il vano del caricatore, in grado di ospitare 12 colpi nell’arma calibro 9 millimetri

sta riscuotendo in questi anni, hanno ampliato a dismisura le potenzialità d’impiego e di diffusione del modello 83. In calibro .380 ACP è quindi l’arma che abbiamo provato; Bignami, l’importatore nazionale, la presenta comunque anche nella sua variante in 7,65 millimetri.

canna fissaL’arma, come descritto, dispone di un sistema di chiusura labile a massa con canna fissa ancorata al fusto e molla di recupero montata attorno alla canna. Si tratta di un sistema semplice, mutuato da Walther, che consente di facilitare le ope-razioni produttive pur essendo più che commisurato alle pressioni in gioco sia con la cartuccia di Makarov che con quel-le di Browning. La canna fissa, per di più,

garantisce un’accuratezza difficile da riscontrare con armi a chiusura geome-trica e canna basculante e presenta caratteristiche d’eccellenza quali la cro-matura interna e rigature di tipo poligonale, in stile Glock. Il sistema di smontaggio è molto si-mile a quello delle pistole Walther della serie PP, con il ponticello del grilletto che, nella sua porzione anteriore, va ad assicu-rare il vincolo tra fusto e

carrello-otturatore. Il carrello ha la tipica conformazione chiusa delle semiautomatiche di calibro non esuberante e presenta un’unghia esterna elastica che provvede all’estrazio-ne del bossolo dalla camera di cartuccia; l’espulsore è invece ricavato sul fusto. La percussione è affidata a un classico per-cussore inerziale comandato da un cane che presenta una cresta ben pronunciata e fornita di risalti utili a facilitarne presa e azionamento mediante il polpastrello del pollice.La costruzione del modello 83 prevede la scelta di blocchi d’acciaio sia per il fusto sia per il carrello, ben lavorati con mac-chine a controllo numerico e rifiniti in maniera ben più che dignitosa. Modeste sono solo le guancette nere, in materiale plastico, semplici anche se efficaci, che ricordano molto l’originale destinazione militare dell’arma.

Ad arma smontata è evi-dente il sistema di chiu-sura labile con la canna assicurata al fusto; la molla di recupero scor-re attorno alla canna stessa

Il modello 83 dispone di hold open automatico che lascia il carrello in apertura d o p o l’ e -splosione dell’ultimo colpo con-tenuto nel caricatore

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Porto cocked and locked Il sistema di scatto ricalca quello del

modello 75 e prevede un’azione mista singola e doppia efficace e godibile in ogni condizione di tiro. Peculiare la do-tazione di sicurezze, che in questa pistola prevede unicamente la sicura manuale al carrello (ambidestra così come il pul-sante di sgancio del caricatore) che va a bloccare anche quest’ultimo; l’inseri-mento della sicura è possibile con il cane armato così da consentire il porto cocked and locked tipico della famiglia 1911. Una caratteristica che rende il modello 83 un punto di riferimento interessante

Vista del ponticello, mobile, il cui azio-namento consente di svincolare il car-rello dal fusto; il pulsante di sgancio del caricatore è presente su entrambi i lati del fusto

Vista della parte inferiore del carrello; è evidente come l’ar-ma sia ricavata dal pieno per asportazione di materiale. Le finiture sono abbastanza gros-solane ma la fattura risulta co-munque di buona qualità

La sicura manuale, ambidestra

sul mercato americano. Mancano sia l’abbatticane sia la sicura al percussore e quella al caricatore, così da consentire lo sparo anche quando il contenitore non sia correttamente alloggiato nella propria sede. A questo proposito si può forse dire che questa scelta risente della maturità del progetto ma, d’altro canto, non si può negare che queste caratteristiche facilitino l’impiego operativo dell’arma.La dotazione delle mire prevede tacca e mirino tipo combat a tre punti bianchi, con la tacca inserita in un alloggiamento a coda di rondine e il mirino in una sede dove il bloccaggio dell’appendice è de-

mandato ad una spina elastica passante.Rispetto ad armi della stessa categoria, la pistola CZ presenta almeno due punti di originalità. Anzitutto le dimensioni, che la rendono più ingombrante sia della Makarov cui in qualche modo s’ispira (11 mm la differenza in lunghezza) sia ad altre armi concorrenti per destinazione e prestazioni. Secondariamente il peso, che nel confronto con la pistola sovietica registra 70 grammi in più (un buon 10% della massa) e ben oltre se paragonato ad armi di concezione più moderna. Qui è necessario valutare con un minimo d’at-tenzione la destinazione della piccola CZ.

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robusto dna militareArma completamente realizzata in acciaio, il modello 83 nasce come arma militare e non si avvale degli ultimi ritrovati in termini di materiali e processi industriali, proponendosi quindi come una pistola d’impostazione piuttosto tradizionale, decisamente pesante se confrontata con altre armi della stessa categoria di calibro; la tendenza più recente, infatti, tende a privilegiare per i calibri meno potenti, quindi idonei all’impiego di chiusure di tipo labile, impostazioni completamente differenti. Si pensi, solo per esemplificare, alla Ruger LCP e alla Kahr P380, entrambe sotto i 300 grammi di peso, o alle Bersa Thunder 380, Sig Sauer P232 e 238, Taurus 58, tutte semiautomatiche la cui massa si attesta attorno al mezzo chilo; è facile in-tuire come il modello 83 di CZ, con i suoi 800 grammi, costituisca tutta un’altra ca-tegoria d’arma, categoria alla quale appar-tiene – tra le altre – l’italianissima Beretta modello 84 Cheetah (650 grammi circa), non a caso coeva del Vz. 82 (l’introduzione risale al 1975). Ciò premesso, ci sembra di

da ottenere con le più piccole realizzazioni oggi sul mercato. Da non disdegnare ne-anche l’autonomia, che con i suoi 12 colpi distanzia nettamente le due piccole di cui si è appena parlato (in entrambi i casi, 6 colpi) e pure le pistole di taglia immediata-mente superiore come la Sig Sauer P232 e altre, che difficilmente superano gli 8 colpi; qualcosa di meglio rescono a fare solo la Beretta 84 (13 colpi) e la Taurus 58 (ben 19 colpi). Il modello 83 si presenta quindi co-me uno strumento atipico per la sua netta impostazione tradizionale, estremamente attuale per qualità meccaniche e balistiche di prim’ordine.

costruttore: CZ (Ceska Zbrojovka), www.czub.czImportatore: Bignami, tel. 0471 803.000, www.bignami.itModello: 83tipo: pistola semiautomatica a chiusura labilecalibro: .380 ACPDestinazione d’uso: difesa personalecaricatore: bifilare da 12 colpiSistema di scatto: azione singola e doppiaPercussione: cane esterno, percussore inerzialeorgani di mira: mire fisse tipo Combat Sicurezze: leva manuale ambidestraLunghezza canna: 97 mmLunghezza totale: 172 mmMateriale del fusto: acciaioFinitura: brunitura lucida Peso: 800 gPrezzo: 561 euro

cZ modello 83 cal. .380 AcP

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L’autore della prova al tiro

Rosata di 5 colpi ottenuta a mano libera a 15 metri con munizionamento commerciale Geco con palla FMJ da 95 grani

Vista laterale destra dell’arma

poter dire che la CZ vada a inserirsi in un segmento di mercato attualmente poco frequentato a causa dell’estremizzazione delle richieste degli operatori: si va, infatti, in scioltezza dalle esigenze tipiche dell’im-piego professionale (che privilegia armi massicce in calibri prestanti) a quelle assai più contenute di chi necessiti di un’arma di back up o da portare occultata, per cui le Ruger e le Kahr di cui si scriveva sono la quintessenza. Verrebbe quindi da dire che, essendo un’arma di calibro tutto som-mato contenuto, il modello 83 sia in un certo senso fuori mercato: troppo pesante, troppo ingombrante per essere portata in contesti dove l’occultabilità conti davvero, troppo poco potente dove la dimensione non conta e quel che importa sono le prestazioni balistiche. Ciò premesso, è do-veroso sottolineare come questa pistola sia estremamente godibile allo sparo, manife-sti un rinculo assolutamente dominabile e consenta di ottenere rosate a 15 metri, come quella pubblicata a corredo di queste considerazioni, che non hanno nulla da in-vidiare ad armi full size, certamente difficili

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