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1 L’OCCUPAZIONE GIOVANILE IN LIGURIA Ricerca quali-quantitativa sul rapporto tra i giovani (16-30 anni) e il mondo del lavoro e sulla percezione del problema della disoccupazione RELAZIONE Aprile 2013

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L’OCCUPAZIONE GIOVANILE IN LIGURIA

Ricerca quali-quantitativa sul rapporto tra i giovani (16-30 anni) e il mondo del lavoro e sulla percezione del problema della

disoccupazione

RELAZIONE Aprile 2013

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Indice Indice ................................................................................................................................................................................................... 2

Premessa ............................................................................................................................................................................................ 3

Metodologia ...................................................................................................................................................................................... 4

Capitolo 1. L’articolazione del mondo dei giovani liguri ................................................................................................ 6

Capitolo 2. I valori e le prospettive ......................................................................................................................................... 9

Capitolo 3. Gli studenti .............................................................................................................................................................. 14

Capitolo 4. La situazione dei giovani occupati ................................................................................................................ 19

Capitolo 5. I disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione (i NEET) .................................................... 24

Capitolo 6. Approfondimento qualitativo sui NEET ...................................................................................................... 27

Capitolo 7. Relazione tra il territorio e le prospettive occupazionali .................................................................... 33

Capitolo 8. I canali della ricerca dell'occupazione e l’orientamento ...................................................................... 36

Capitolo 9. Gli atteggiamenti nei confronti del lavoro ................................................................................................. 40

Capitolo 10. L’apprendistato .................................................................................................................................................. 46

Conclusioni ..................................................................................................................................................................................... 48

APPENDICE A: Il questionario dell’indagine quantitativa .......................................................................................... 51

APPENDICE B: Traccia dei colloqui qualitativi con i NEET ........................................................................................ 68

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Premessa In un periodo di profonda crisi occupazionale, come quella vissuta in Italia in questi anni, la categoria che risulta essere più in sofferenza sono i giovani. Il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto quote mai registrate dal dopoguerra a oggi ed è emblematico pure l’allarmante calo di iscrizioni alle università. Le nuove generazioni rappresentano l’anello debole in questo contesto, apparentemente per tre ragioni. Innanzitutto la scarsa mobilità lavorativa, il che contribuisce a proteggere chi lavora da più anni, ma non libera posti per i debuttanti. In secondo luogo la tendenza delle aziende italiane a preferire i lavoratori adulti, privilegiando continuità e esperienza rispetto a forze fresche e innovazione. Infine la prolungata permanenza in famiglia dei giovani, il che li rende meno ansiosi a trovare un lavoro, mentre un adulto solitamente si attiva in maniera più intensa per ottenere un impiego. Al fine di comprendere quali potrebbero essere gli interventi adatti ad alleviare questa drammatica situazione è necessario conoscere a fondo il rapporto tra i giovani e il mondo del lavoro, un rapporto che nel tempo si mostra mutevole. Queste considerazioni hanno spinto la Regione Liguria a realizzare una ricerca di approfondimento sull’occupazione giovanile nel contesto regionale. L’indagine è stata svolta dalla società SWG in collaborazione con Pomilio Blumm, nell’ambito dei servizi forniti alla Regione Liguria che rientrano nel Piano di Comunicazione del programma operativo 2007/2013 – Fondo Sociale Europeo – Obiettivo “Competitività Regionale e Occupazione”.

I principali obiettivi di questo percorso d’indagine sono di delineare l’atteggiamento dei giovani liguri nei confronti della realtà occupazionale, analizzarne i passaggi tra le condizioni di studenti, occupati e disoccupati, studiare i criteri addottati nelle scelte inerenti la ricerca della prima occupazione, individuare i canali di ricerca del posto di lavoro, rilevare la percezione dell’attività delle istituzioni nell’ambito dell’orientamento e dell’agevolazione dell’incontro tra domanda e offerta dell’occupazione. Dopo una iniziale panoramica sullo status dei soggetti che fanno parte del campione, lo studio parte da una dimensione più generale, ovvero dalla descrizione di come i giovani vedono la società in cui vivono, come interpretano la realtà lavorativa e quali sono i valori che stanno alla base di questi atteggiamenti. Successivamente si passa ad analizzare da vicino le singole categorie: studenti, lavoratori, disoccupati e in cerca di occupazione, ai quali è dedicato anche un approfondimento di tipo qualitativo. Gli ultimi 4 capitoli presentano invece dei focus su alcuni aspetti particolarmente rilevanti per l’ambito trattato dalla ricerca, ovvero il rapporto che i giovani hanno con il proprio territorio, i canali della ricerca dell’impiego, le aspettative nei confronti dell’attività lavorativa e la percezione delle opportunità offerte dal contratto di apprendistato. I risultati della ricerca potranno quindi contribuire a conoscere meglio l’intricata realtà giovanile di questa regione, la quale sta vivendo con particolare difficoltà la perdurante congiuntura negativa, ma anche fornire degli spunti per l’impostazione delle future politiche e strategie a sostegno delle nuove generazioni.

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Metodologia

Le stime riportate nella presente relazione sono fondate sull’analisi di dati registrati nell’ambito di due rilevazioni. L’indagine primaria, la quale rappresenta la base principale dello studio, è riferita a una rilevazione quantitativa su un campione di 1.023 soggetti residenti in Liguria di età compresa tra 16 e 30 anni, rappresentativo della popolazione di riferimento secondo i parametri di sesso, età e provincia di residenza. Nel disegno di campionamento sono state prefissate quote di genere, fasce d’età (16-18, 19-25 e 26-30), provincia di residenza e ampiezza del centro di residenza, proporzionalmente alla suddivisione della popolazione ligure 16-30enne desunta dai più recenti dati forniti dall’ISTAT. Le interviste sono state realizzate con tecnica mista, ovvero in parte tramite interviste on-line con metodo CAWI (Computer Aided Web Interview) selezionando i soggetti da includere nel campione da appositi panel, in parte attraverso interviste personali face-to-face. In questo caso gli intervistatori hanno individuato i soggetti ai quali sottoporre il questionario negli spazi pubblici delle diverse località liguri con metodi che garantiscono la casualità. Il margine d’errore statistico dei dati medi riportati è del 3% al livello di confidenza del 95%. Nell’ambito dell’analisi i dati sono stati scomposti secondo alcuni parametri come sesso, età, titolo di studio, provincia di residenza, ampiezza del centro di residenza, luogo di nascita dei genitori, condizione economica della famiglia, indice socio-culturale (desunto dalla combinazione dei dati relativi alla professione dei genitori e la quantità di libri presenti in casa) e in casi specifici anche secondo altri indicatori. Di seguito riportiamo le principali caratteristiche del campione (valori %):

FASCIA D’ETÀ

16-18 anni 19

19-25 anni 46

26-30 anni 35

TITOLO DI STUDIO

diploma di maturità (5 anni) 30

università in corso/nessuna laurea conseguita 15

superiori in corso 13

laurea specialistica di II livello o laurea 4-5 anni 12

laurea triennale di I livello 9

media inferiore 9

diploma di istituto professionale (3 anni) 6

diploma universitario/laurea breve 3

master/scuola di specializzazione post laurea 2

dottorato di ricerca 1

PROVINCIA DI RESIDENZA

Genova 55

Imperia 14

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La Spezia 14

Savona 17

VIVE:

con i genitori 62

con un/a compagno/a 24

da solo 7

con degli amici 4

con fratelli/altri parenti 3

HA FIGLI?

Sì, uno 7

Sì, più di uno 4

No 89

CONDIZIONE ECONOMICA (Il reddito tuo/della tua famiglia ti consente di vivere:)

con tranquillità 39

avverto delle difficoltà 33

arrivo a fine mese con molte difficoltà 13

agiatamente 5

mi sento povero non riesco mai ad arrivare a fine mese

4

non risponde 6

LUOGO DI NASCITA DEI GENITORI

entrambi in Italia 92

entrambi all'estero 4

uno in Italia e uno all'estero 4

(3,7% ha entrambi i genitori nati in paesi extra-UE non occidentali) Al fine di approfondire il livello di analisi sul segmento dei Neet 1 , ovvero giovani che attualmente non sono né studenti, né occupati, sono stati svolti 9 colloqui non strutturati con Neet di età compresa tra 20 e 30 anni. Tali colloqui sono stati condotti da ricercatori esperti di metodologie qualitative. 2 colloqui sono stati realizzati personalmente, altri 7 tramite collegamento telefonico. Durante i colloqui i ricercatori hanno seguito una traccia redatta in base agli obiettivi dell’indagine e di alcuni elementi emersi dalla fase quantitativa.

1 Not in Education, Employment or Training – ovvero chi non è occupato ed è fuori dall’ambito formativo

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Capitolo 1. L’articolazione del mondo dei

giovani liguri Il campione analizzato nell’ambito di questa ricerca rappresenta uno spaccato della generazione di 16-30enni liguri. Esso ci consente di studiare a fondo le condizioni, le attitudini e le prospettive delle singole categorie che compongono questo pezzo di società che incarna il futuro della regione. Prima di passare, nei successivi capitoli, a descrivere nel dettaglio i dati relativi alle diverse condizioni dei giovani, vediamo come si distribuisce il campione tra studenti, lavoratori, disoccupati e inoccupati. Il gruppo più consistente è quello degli studenti il quale copre il 44% del totale. Di questi il 34% si dedica esclusivamente a scuola o università, mentre il 10% vi affianca un’attività lavorativa. Circa un giovane su tre è occupato, mentre i disoccupati raggiungono il 19%, un terzo dei quali in cerca della prima esperienza lavorativa. Escludendo dalla base gli inattivi, in quanto formalmente non forza lavoro, il peso della disoccupazione sale al 36%, quota piuttosto elevata. Il tasso di attività (occupati più chi è in cerca di un’occupazione rapportato al totale) per questa fascia d’età sarebbe quindi del 53%. A completare il quadro ci sono i non occupati non attivamente in cerca di un lavoro che pesano per il 3%.

Tab.1.1 Condizione attuale dichiarata – età 16-30 anni (valori %) Studente 34

Studente-lavoratore 10

Lavoratore 34

In cerca di prima occupazione 6

Disoccupato in cerca di lavoro 13

Non studente, non occupato, non in cerca di lavoro 3 Esaminando nel dettaglio le diverse fasce d’età notiamo innanzitutto come tra i più giovani, 16-18 anni, che teoricamente dovrebbero essere ancora tutti inseriti nel percorso formativo, il 9% sono lavoratori (3%) o Neet (6%). Dei giovani in “età accademica”, 19-25 anni, il 43% frequenta un corso di laurea, il 9% ancora le superiori o istituti professionali e un ulteriore 8% è già laureato. Un buon 40% quindi sono lavoratori oppure senza un’occupazione e non laureati. Nella classe d’età più elevata naturalmente la maggior parte dei soggetti ha già debuttato nel mondo del lavoro. Due terzi sono occupati e il 18% ha già vissuto l’esperienza di perdere il lavoro senza trovarne un altro. Uno su dieci è ancora studente universitario. Il 40% dei 26-30enni è laureato.

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Tab.1.2 Condizione attuale dichiarata per fascia d’età (valori %) 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

Studente 84 37 4

Studente-lavoratore 7 15 6

Lavoratore 3 21 67

In cerca di prima occupazione 1 11 3

Disoccupato in cerca di lavoro 2 14 18

Non studente, non occupato, non in cerca di lavoro 3 2 2 La piaga della disoccupazione investe in misura più accentuata alcuni particolari profili della popolazione osservata, e altri meno. Prendendo in esame l’indicatore citato sopra, ovvero la percentuale di disoccupati e inoccupati sul totale delle forze lavoro nella classe d’età 16-30 anni, notiamo innanzitutto la significativa differenza di genere: le femmine attive senza lavoro arrivano al 42%, contro il 30% dei maschi. Appare chiaro come nella sfera femminile le difficoltà a trovare un posto sono particolarmente marcate. Un altro segmento che si dimostra più vulnerabile è rappresentato dai soggetti provenienti da famiglie straniere extracomunitarie. Mediamente tali nuclei famigliari vivono in condizioni economiche più precarie e sono caratterizzati da un livello socio-culturale più basso della media, entrambi parametri che incidono in maniera negativa sulla probabilità di trovare un’occupazione. Benché spesso siano meno esigenti nella scelta dell’impiego da svolgere, essi presentano comunque maggiori difficoltà a trovarne uno. Al fine di ottenere un indicatore del livello socio-culturale di origine dei giovani intervistati abbiamo elaborato una variabile che combina i dati relativi alla professione dei due genitori e la quantità di libri presenti in casa. L’incrocio di questo indicatore con la condizione professionale ha evidenziato un nesso tra le caratteristiche dell’ambiente famigliare di partenza con la capacità di inserirsi nel contesto lavorativo. Tra chi deriva da famiglie di estrazione sociale più elevata la quota di disoccupati è lievemente più bassa, tuttavia le differenze non risultano particolarmente marcate. Emergono inoltre notevoli differenze sul piano territoriale. La situazione risulta meno grave nel comune di Genova, mentre la zona più critica è la provincia di Savona, dove la quota di giovani disoccupati copre quasi la metà delle forze lavoro.

Tab.1.3 % di disoccupati e in cerca di prima occupazione sul totale attivi – età 16-30 anni MEDIA 36

Femmine 42

Figli di stranieri extracomunitari 51

Condizione economica famigliare difficile 52

Provincia di Savona 49

Residenti fuori dal comune di Genova 39 Categoria socio-culturale ALTA 32

Categoria socio-culturale MEDIA 37

Categoria socio-culturale BASSA 39 Se è vero, infine, che la crisi occupazionale ha investito in maniera pesante anche i laureati, occorre sottolineare come il possesso del titolo accademico permetta comunque di inserirsi sulla

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corsia preferenziale nella ricerca del posto di lavoro. La percentuale di disoccupati tra i laureati attivi è al 29%, ma rimane inferiore a quella dei diplomati (35%) e di coloro che possiedono un titolo di studio più basso (58%). Di seguito riportiamo uno schema dei percorsi formativo-professionali compiuti dai giovani appartenenti al campione:

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Capitolo 2. I valori e le prospettive Prima di prendere in esame da vicino le singole categorie di condizioni professionali e non professionali, vediamo come sono i giovani liguri di oggi, che immagine hanno della società in cui vivono e come si prefigurano il loro futuro. Per rispondere a queste domande non è possibile tracciare un profilo chiaro e univoco in quanto questa generazione include soggetti con caratteristiche e visioni del mondo anche molto diverse tra loro. Innanzitutto constatiamo l’elevata importanza attribuita dai giovani alle relazioni personali più strette. In un’era in cui si parla spesso della crisi in cui sarebbe precipitato il sistema tradizionale dei rapporti tra le persone, i ventenni mettono in cima della scala d’importanza la famiglia e la relazione con il partner. Tra i teenager naturalmente primeggiano le amicizie, ma la famiglia viene subito dopo. L’ambito familiare rimane quindi centrale nelle percezioni dei giovani. Assume poi una discreta rilevanza anche la cura della salute, seguita dal lavoro. La consapevolezza del ruolo basilare ricoperto dall’occupazione nel percorso di vita è diffusa tra tutte le fasce d’età e in tutte le classi sociali. Risulta meno pregnante il bisogno di un buon standard economico, come a dire: il bisogno primario è di sopravvivere, se poi si riesce anche a vivere bene tanto meglio, ma in questo particolare momento non è fondamentale. Passa in secondo piano anche l’inseguimento del successo, il quale appare marginale nel vissuto di quasi la metà dei giovani. Quella che rileviamo è dunque una visione molto realistica della società, con i piedi per terra e caratterizzata da molta cautela per quanta riguarda le ambizioni e le aspettative per il futuro. Ciò deriva anche da un’interpretazione piuttosto negativa del quadro valoriale sotteso alla società odierna. Agli occhi dei giovani, egoismo e profitto caratterizzano più di altro questa epoca, mentre figurano significativamente più in basso famiglia, lavoro e libertà. Interessante notare come tra i più giovani si mostra particolarmente forte il senso di libertà, percezione che va a indebolirsi notevolmente nel passaggio oltre i 19 anni e più avanti.

Tab. 2.1 Quanto sono importanti nella tua vita i seguenti aspetti? (possibili più risposte) la famiglia 86

stare bene con il proprio partner 73

avere cura della propria salute 65

il lavoro 58

gli amici 54

divertirsi e godersi la vita 41

stare bene economicamente 32

lo studio 31

essere solidali con chi ha meno 29

essere impegnati socialmente 18

lo sport 18

avere successo 16

la religione 12

l'attività politica 9

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Tab. 2.2 Quali sono i valori più diffusi nella società contemporanea? (possibili più risposte)

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

l'egoismo 52 50 53 51

il profitto 51 56 49 51

la famiglia 29 15 28 31

il lavoro 27 35 30 24

la libertà 16 31 12 16

il rispetto delle persone 7 6 9 6

l'onestà 6 13 6 5

la sicurezza 6 9 4 7

il rispetto del merito 5 10 7 2

la solidarietà 4 18 3 4

la cultura 4 0 6 4

l'uguaglianza 4 6 4 4

la pace 4 4 3 5

la tolleranza verso la diversità 4 3 4 4

la giustizia 4 3 3 5

il rispetto della legge 3 0 2 4

nessuno di questi 5 0 4 7

non saprei 4 7 3 4 Le attitudini nei confronti delle sfide della vita risultano tutt’altro che uniformi. A grandi linee e semplificando in misura ampia, questa generazione potrebbe essere suddivisa tra “pragmatici” e “sognatori”. I primi mostrano un approccio più razionale e disincantato, basato su schemi del tipo progettazione-impegno-realizzazione e ambiscono soprattutto a stabilità e sicurezza. I secondi evidenziano un atteggiamento più leggero e idealistico, improntato sul concetto di carpe diem, sulla voglia di vivere esperienze sempre nuove e sulla propensione al rischio. Le proporzioni tra i due modi di porsi sono simili, con una leggera prevalenza dei “pragmatici”. Tra gli under 20 però, come è giusto che sia, i “sognatori” sono più di due terzi. Appare interessante come vi sia una maggiore tendenza alla concretezza tra chi proviene da classi socio-economiche più elevate, mentre i meno abbienti e gli originari da famiglie meno colte sono più inclini alla filosofia del “cogli l’attimo”. Con un’eccezione significativa: i figli di genitori stranieri extracomunitari, i due terzi dei quali mostrano un approccio alla vita molto razionale.

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Tab. 2.3 In quale delle seguenti affermazioni ti riconosci di più?

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

Nella vita è necessario fare progetti di lungo periodo e darsi da fare per realizzarli

27 10 28 28

Nella vita bisogna raggiungere una situazione stabile e sicura

24 12 23 27

È inutile fare tanti progetti, è meglio vivere il presente

15 24 11 17

Nella vita è bello fare esperienze nuove e continuamente diverse

15 29 15 13

La vita è un viaggio senza scelte definitive e i luoghi sono solo di passaggio

8 11 9 7

La vita è un po' come un gioco, bisogna rischiare per vincere

7 3 9 5

Non saprei 4 11 5 3

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

PRAGMATICI 51 22 51 55 SOGNATORI 45 67 44 42

Ciò che unisce i giovani liguri è sicuramente il principio legato all’equità sociale, nell’accezione della necessità di garantire pari opportunità di partenza a tutti, senza nessun tipo di discriminazione. Dopodiché, una volta condiviso questo concetto di base, una parte pone l’accento sulla solidarietà, un’altra, di entità simile invece sull’idea di meritocrazia. L’argomento della meritocrazia assume una valenza considerevole per i giovani. Seppure vi è la consapevolezza che per riuscire nella vita ci sia bisogno di qualità personali quali la competenza, la determinazione, la capacità di adattamento, la creatività e altro, appare diffusa la convinzione che senza i contatti giusti la strada diventa molto più complicata. Non a caso a esserne persuasi in maniera più marcata sono i soggetti in cerca di un’occupazione, per il momento, senza successo. Inoltre, un peso non di poco conto viene attribuito anche alla dea bendata, un ulteriore aspetto che esula dalle capacità personali.

Tab. 2.4 Quanto sei d'accordo con queste affermazioni? (% di quanti si dichiarano “molto d’accordo”)

E' giusto che a tutti siano garantite uguali possibilità di riuscita scolastico-professionali, indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche di ciascuno

71

Una società giusta deve sostenere in particolare le persone più deboli e svantaggiate

50

In una società giusta tutti sono uguali, con gli stessi diritti, ma riesce di più chi è più capace e meritevole

48

La maggior parte delle persone povere lo sono per colpa loro 4

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Tab. 2.5 Secondo te, nella società di oggi, di cosa c'è più bisogno per riuscire? (valori %, risposta multipla) Avere le conoscenze giuste 39

Essere preparati e competenti 33

Essere determinati 33

Avere fortuna 31

Avere capacità di adattamento 28

Essere creativi, avere capacità di innovazione 27

Avere spirito di sacrificio 22

Essere capaci di gestire le relazioni con gli altri 19

Non avere scrupoli 16

Essere competitivi 14

Essere ricchi 13

Essere veloci 4

Non saprei 1 Da queste opinioni traspare dunque un senso di sconsolazione e disillusione, che però non sfocia necessariamente in una visione pessimistica del proprio futuro. Poco meno della metà dei giovani prevede, seppure nel lungo termine, di raggiungere un posto di lavoro stabile o di lavorare in proprio. Ed è significativo il fatto che tale prospettiva cresca in estensione all’aumentare dell’età e quindi con l’approssimarsi al mondo del lavoro. Meno fiducioso è il 17% del campione, il quale vede per sé un futuro in balia del precariato, ma un vero scoraggiamento viene espresso soltanto dal 5% dei giovani che non credono di riuscire a trovare un lavoro nel giro di 10 anni. Tuttavia, una porzione consistente (29%) non si ritiene in grado di fare una previsione, per cui se di pessimismo diffuso non possiamo certo parlare, è possibile dire che l’incertezza nei confronti dei risvolti futuri è presente in misura ampia nella generazione che tra un decennio dovrà rappresentare l’asse portante delle forze lavoro regionali. Incertezza che alimenta molteplici preoccupazioni, soprattutto quelle legate all’occupazione e alla pensione. Le incognite permeano quindi l’intero arco della vita di questi giovani: ottenere un posto di lavoro non basta, il problema è anche assicurarsi una vecchiaia serena. Appare singolare come i timori per quanto succederà nell’ultima parte della vita siano diffusi anche tra chi non ha ancora 20 anni, a dimostrazione che molti ragionano già in una prospettiva di lungo termine. Tra i maggiori assilli per i più giovani troviamo anche la paura di dover rinunciare ai propri sogni e alle proprie aspirazioni. Con l’avanzare dell’età i giovani si rendono conto sempre di più della difficile situazione, per cui necessariamente le grandi ambizioni passano in secondo piano per lasciare spazio a preoccupazioni che riguardano obiettivi più basilari, quali la formazione della famiglia, farcela sul piano economico e la possibilità di avere una propria abitazione. Risulta inoltre molto forte il timore di non raggiungere nemmeno un livello di reddito adeguato a sopravvivere tra chi proviene da famiglie economicamente disagiate, ovvero che già ora stanno affrontando condizioni difficili: la paura di cadere sempre più in basso fino a piombare nella povertà.

Tab. 2.6 Come ti vedi tra 10 anni?

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

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senza un lavoro 5 5 4 5

studente 2 12 0 0

con un lavoro precario 18 10 22 16

con un lavoro stabile (da dipendente) 30 28 30 33

con un lavoro autonomo 15 11 14 19

non saprei 30 34 30 27 Tab. 2.7 Quali pensi siano i rischi maggiori per il tuo futuro? (possibili più risposte)

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

Rimanere disoccupato 35 37 37 33

Non avere la pensione 34 33 29 37

Dover ritardare il momento in cui formare una mia famiglia/avere figli

28 13 26 31

Non avere il necessario per vivere 27 27 29 26

Dover rinunciare ai miei sogni e alle mie aspirazioni

25 37 27 21

Avere un lavoro precario 22 3 24 22

Non poter acquistare una casa 19 13 18 21

Non veder riconosciuti i miei meriti 18 20 20 15

Dovermi accontentare di un lavoro che non mi piace

17 24 20 15

Non poter garantire ai miei figli un'istruzione adeguata

16 20 13 17

Non avere un lavoro adeguato al mio titolo di studio

12 13 14 9

Non poter accedere ai servizi medici e sanitari

11 3 7 15

Avere un lavoro peggiore di quello dei miei genitori

6 4 6 6

Non penso di correre rischi 1 3 1 1

Non saprei 2 5 2 1 La fotografia prodotta da questa rilevazione evidenzia quindi una generazione capace di comprendere la complessità dell’epoca in cui viviamo, assillata da preoccupazioni e incertezze per quanto riguarda il proprio futuro, ma allo stesso tempo non pessimista. I giovani liguri si rendono conto di vivere in una società lontana dall’essere ideale e di avere davanti a se un percorso denso di ostacoli, tuttavia la maggior parte non mostra segni di scoraggiamento ed esprime la voglia di impegnarsi per raggiungere le mete prefissate, benché questi obiettivi siano stati progressivamente ridimensionati. Detto ciò, occorre sottolineare che esiste una porzione, fortunatamente esigua, di giovani con una forte sfiducia nelle proprie prospettive e con una visione piuttosto negativa del futuro.

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Capitolo 3. Gli studenti Vediamo innanzitutto più in dettaglio chi sono gli studenti del nostro campione. Circa la metà sono iscritti all’università, divisi più o meno equamente tra maschi e femmine. In gran parte vivono ancora a casa con i genitori, ma si danno da fare con qualche piccolo lavoretto: tre su quattro dichiara infatti di aver già lavorato in passato, almeno saltuariamente, e il 30% si definisce “studente lavoratore”. La restante parte del campione è formata in parti uguali da studenti del liceo e studenti inseriti nell’ambito dell’istruzione professionale, ovvero iscritti ai centri di formazione professionale e agli istituti tecnici/professionali. Tre intervistati su quattro dichiarano di non aver mai perso anni nella loro carriera scolastica, con percentuali che salgono di quasi dieci punti tra coloro che sono iscritti al liceo e si abbassano a poco più del 60% tra quanti frequentano istituti tecnici e professionali.

Tab 3.1 Distribuzione del campione degli studenti (valori %)

Scuola frequentata

liceo istituto tecnico

istituto professionale

formazione professionale

università

maschio 45 76 61 41 49 femmina 55 24 39 59 51 16-18 anni 83 83 75 83 1 19-25 anni 16 17 26 15 85 26-30 anni 1 0 0 3 13 vive coi genitori 92 95 97 87 80 vive fuori casa 8 5 3 13 20 ha lavorato in modo stabile 4 12 0 20 10 ha lavorato saltuariamente 15 25 47 54 64 non ha mai lavorato 81 63 54 26 27 studente 93 84 97 43 71 studente-lavoratore 7 17 3 57 30 non ha mai perso anni 87 60 62 72 77 ha perso un anno 11 31 24 23 18 ha perso più anni 2 9 14 4 6

Le valutazioni espresse sulle scuole frequentate sono tutto sommato positive, specie per le caratteristiche legate agli aspetti teorici dell’insegnamento; gli istituti professionalizzanti ottengono giudizi largamente positivi anche per quello che riguarda le possibilità di trovare lavoro dopo il diploma e la possibilità di fare esperienza. Chi frequenta università e licei lamenta invece una certa distanza del percorso formativo dal mondo del lavoro: si registrano infatti quote più elevate, seppure sempre minoritarie, di giudizi

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negativi per quanto riguarda gli sbocchi professionali, le competenze professionali trasmesse e la possibilità di fare esperienza. Nella valutazione ottenuta dalle scuole delle diverse province, emergono profonde differenze tra Imperia e il resto della regione, con giudizi dichiaratamente più favorevoli per questa provincia su tutti gli aspetti considerati, siano essi di tipo teorico, che legati agli aspetti più pratici dell’esperienza lavorativa.

Tab 3.2 Come valuti la scuola che stai frequentando per quanto riguarda… (valori %)

Scuola frequentata

liceo istituto tecnico

istituto professionale

formazione professionale

università

… la possibilità di lavoro dopo il diploma

positivamente 51 74 74 75 62

né positivamente né negativamente

25 26 19 25 21

negativamente 24 0 7 0 17

… le conoscenze teoriche che ti sta dando

positivamente 78 78 71 95 58

né positivamente né negativamente

18 17 22 5 22

negativamente 4 5 7 0 6

… le competenze professionali che ti sta dando

positivamente 52 87 70 95 58

né positivamente né negativamente

25 9 23 5 27

negativamente 23 3 7 0 13

… le esperienze che ti sta permettendo di fare

positivamente 63 72 86 78 57

né positivamente né negativamente

16 18 7 22 29

negativamente 21 10 7 0 14

Le motivazioni che spingono i ragazzi a studiare sono legate soprattutto alla speranza di trovare lavoro, meglio se un lavoro che piace, mentre appare leggermente ridimensionata, pur rimanendo importante, la componente legata all’acquisizione di ulteriori conoscenze utili ad affrontare la vita in generale. I giovani mostrano di essere dotati di una buona dose di realismo per cui pongono in primo piano il bisogno di arrivare a un’occupazione, possibilmente vicina ai loro interessi. Tuttavia risulta diffusa anche la spinta a studiare per poter raggiungere un elevato livello di reddito. E’ interessante che tali aspettative siano presenti in misura più accentuata tra gli studenti degli istituti professionali e dei corsi di formazione professionale, ovvero tra coloro che in gran parte non conseguiranno una

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laurea. Viceversa, gli universitari si mostrano piuttosto disillusi sulla prospettiva di poter avere lauti guadagni dal lavoro che conseguiranno una volta laureati. In ogni caso, la percentuale di coloro che ritengono “molto” o “abbastanza importante” studiare per raggiungere uno dei quattro obiettivi proposti copre quasi la totalità degli studenti intervistati, mentre un 5% non ritiene valida nessuna di queste motivazioni. Studiare per poi riuscire a fare un lavoro che piace risulta essere molto importante soprattutto per i maschi (con una percentuale pari al 64% che sceglie questa modalità di risposta) e per quanti sono iscritti ad un centro di formazione professionale (dove si raggiunge il 68%).

Tab 3.3 Secondo te, quanto è importante studiare per …(% di molto importante)

Scuola frequentata

liceo istituto tecnico

istituto professionale

formazione professionale

università

… fare un lavoro che piace 59 58 60 68 63

… fare un lavoro che fa guadagnare molto

49 43 65 74 33

… avere maggiori possibilità di trovare lavoro

59 71 71 55 54

… avere le conoscenze necessarie per vivere in un mondo complesso

56 49 39 71 41

Teoricamente con l’aumentare del tasso di scolarizzazione dovrebbe innalzarsi anche lo standard della vita. La percezione dell’attuale situazione socio-economica spinge i giovani ad avere poca fiducia in questa teoria: pochi (il 17%) prospettano un’evoluzione positiva della propria qualità della vita rispetto alla generazione precedente, conseguentemente alla conclusione del percorso di studio. In verità soltanto il 23% presagisce un peggioramento, per la maggioranza si vivrà più o meno allo stesso modo oppure non sono in grado di fare una previsione. L’ottimismo sul futuro è inversamente proporzionale all’età, con la fascia dei 16-18 anni che, unica fra quelle considerate, presenta una percentuale relativa al “vivrò meglio” superiore a quella relativa al “vivrò peggio”, e con all’opposto la fascia degli over 25, dove le prospettive negative vengono espresse dal 39%, contro soltanto il 17% di positive.

Tab 3.4 Secondo te, chi oggi studia, vivrà in futuro, rispetto ai propri genitori: (valori %) 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

meglio 23 12 17

in maniera più o meno uguale 34 33 34

peggio 19 24 39

non saprei 24 31 10

I ragazzi iscritti alle scuole superiori sembrano avere le idee piuttosto chiare sul proprio immediato futuro. Soltanto il 3% dimostra di avere ancora le idee confuse. Due terzi pensa di proseguire gli studi e iscriversi all’università. Tra questi, uno su tre prevede di accompagnare lo studio con

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un’attività lavorativa, dato in linea con la proporzione tra gli studenti-lavoratori e i solo-studenti nel subcampione di universitari. Di conseguenza, non sembra che nel passaggio tra le due fasce d’età si prospetti un aumento di soggetti che devono lavorare per mantenersi (totalmente o in parte) durante il percorso accademico. Come previsto la percentuale di studenti che scelgono di proseguire gli studi risulta notevolmente più elevata tra chi frequenta il liceo (90%), mentre la scelta lavorativa è diffusa principalmente fra quanti sono iscritti ad istituti tecnici/professionali o a centri di formazione professionale. Si rileva una sensibile differenza tra gli intenti dei maschi e delle femmine. I primi tendono maggiormente a entrare nel mondo del lavoro senza intraprendere la strada dell’università, mentre le ragazze sembrano più motivate a iscriversi all’università anche perché più disponibili a svolgere un’attività lavorativa in aggiunta a quella formativa. Le facoltà più gettonate sono le tecnico-scientifiche (con il 30% di preferenze) e quelle economico-sociali (con il 20%).

Tab 3.5 Pensi che quando avrai terminato le scuole superiori… (valori %)

TOTALE

Scuola frequentata

liceo istituto tecnico

istituto professionale

formazione professionale

proseguirò gli studi all’università

44 69 19 29 8

cercherò un lavoro 31 9 54 43 74

farò entrambe le cose 22 21 23 24 15

non saprei 3 1 4 4 3

Tab 3.6 Verso quale area pensi di orientarti? (domanda rivolta solo agli studenti che intendono proseguire gli studi – valori %) Tecnico-scientifica 29

Economica-sociale 18

Umanistica 11

Sanitaria 9

Artistica 9

Giuridico-politica 7

Altro 13

Non saprei 4 Uno studente su quattro punta a diventare un libero professionista, con una percentuale leggermente maggiore fra i maschi e fra gli iscritti al liceo e all’università; la carriera di insegnante viene preferita dal 13% degli studenti intervistati (in linea di massima donne), quella dell’impiegato di concetto dall’8%. Questi sono i tre impieghi più ambiti da chi oggi studia in Liguria. Gli auspici di un ulteriore 53% si distribuiscono tra diversi tipi di professione. Si nota tuttavia un ridotto orientamento all’imprenditorialità: soltanto il 4% vorrebbe avere una propria azienda, percentuale che scende al 3% tra le ragazze.

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La scuola attualmente frequentata incide sulle aspirazioni dei ragazzi intervistati: gli iscritti ad un centro di formazione professionale o a un istituto professionale vorrebbero svolgere una professione qualificata nel commercio e nei servizi, mentre per quelli dell’istituto tecnico la professione più gettonata è quella dell’impiegato di concetto.

Tab. 3.7 Potendo scegliere, quale tipo di impiego ti piacerebbe svolgere? (valori %) Scuola frequentata

TOTALE liceo istituto tecnico

istituto prof.

formazione prof.

università

libero professionista (iscritto all'albo) 26 31 12 7 0 32

insegnante 13 12 8 12 0 15

impiegato di concetto 8 7 17 0 0 10

professioni qualificate nel commercio e nei servizi

6 6 3 20 42 2

personale paramedico 6 4 5 0 13 7

lavoratore autonomo 6 5 8 6 0 5

imprenditore 4 6 6 3 0 4

impiegato generico 3 4 0 5 0 4

forze armate 3 4 7 8 3 1

artigiano 2 0 2 0 12 1

altre professioni <2% * 3 2 5 10 21 0

altre professioni ** 15 14 15 21 9 15

non saprei 5 5 12 8 0 4

* somma modalità che non raggiungono il 2% di citazioni (operaio, apprendista, commerciante, coltivatore diretto, socio di cooperativa, coadiuvante d’impresa familiare e lavorante presso il proprio domicilio per conto d’imprese) ** non meglio specificate

TOTALE Maschi Femmine

libero professionista (iscritto all'albo) 26 30 22

insegnante 13 8 19

… … … …

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Capitolo 4. La situazione dei giovani occupati La situazione occupazionale I giovani che al momento dell’intervista dichiarano di avere una occupazione sono il 44% del totale del campione. Di questi una quota non irrilevante (il 23% che equivale al 10% complessivo del campione), affianca l’attività lavorativa con lo studio. Si tratta di due tipologie di soggetti per alcuni elementi molto diverse tra di loro, per quanto si pongano lungo una precisa linea di continuità che caratterizza i percorsi di transizione tra la scuola e il lavoro dei giovani liguri. La posizione di lavoratore (soprattutto se a tempo indeterminato, o comunque con una prospettiva lavorativa stabile) rappresenta l’epilogo di un percorso di formazione e piccole esperienze lavorative che costella buona parte dell’età giovanile, partendo per alcuni già durante l’adolescenza e trascinandosi, per altri, ben oltre i trenta anni. Gli studenti lavoratori sono soprattutto universitari, che lavorano senza contratto o con contratti atipici e a tempo indeterminato, per pagarsi gli studi e/o per avere un’entrata economica aggiuntiva da spendere per sé.

Tab. 4.1 Tipologia di contratto prevalente tra giovani lavoratori e studenti lavoratori (valori %)

Lavoratori Studenti

lavoratori

Contratto a tempo indeterminato 47 12

Contratto flessibile (contratti atipici, stage, lavoro interinale…)

11 26

Contratto di apprendistato 8 10

Contratto a tempo determinato 16 16

Lavoratore autonomo/ partita iva 14 11

Non ho un contratto regolare 4 25 All’interno della categoria degli studenti lavoratori c’è una elevata eterogeneità sociale, anche se alcuni indicatori sembrano evidenziare una sovra rappresentazione sia dei giovani di classe più agiata, sia di coloro che provengono da famiglie con maggiori difficoltà. Nel primo caso la scelta di fare piccoli lavori paralleli all’università rappresenta una opportunità per aumentare le proprie esperienze e per accrescere il proprio potenziale di consumo, nel secondo caso si tratta spesso di una necessità per poter coprire le spese relative all’istruzione terziaria. Proprio per questo, gli studenti lavoratori che provengono dai ceti più deboli, per quanto generalmente, molto motivati, si trovano più esposti al rischio di un abbandono, nel momento in cui la fatica per lo studio aumentasse e il reddito da lavoro apparisse sufficiente per vivere da soli o per dar vita ad una nuova famiglia. Il rischio, in questi casi è che i lavoretti che dovevano rappresentare uno strumento per completare gli studi e puntare a posizioni professionali più forti, tengano invischiati a sé i ragazzi e le ragazze, risucchiandoli verso un’apparente maggiore concretezza economica, ma lasciandoli assai più deboli nel medio e lungo periodo. La tabella 4.1 evidenzia come il tipo di contrattualità che caratterizza gli studenti lavoratori non è dissimile da quello presente nelle carriere professionali dei giovani disoccupati: impieghi di pochi mesi, contratti irregolari, richiesta di scarsa professionalità… Proprio perché i lavori svolti sono occasionali e spesso a bassa qualifica, può capitare che, a fronte di un guadagno immediato, un giovane, soprattutto se poco supportato dalla famiglia di origine, abbandoni gli studi universitari.

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Tuttavia l’alto grado di aleatorietà di questi impieghi, potrebbe portarlo presto in una condizione di disoccupazione (cfr. cap. 5 e 6), aggravata dalla mancanza di un percorso formativo qualificante. In questo modo, a fronte della prospettiva di un guadagno immediato si aprirebbe il rischio di rimanere a lungo in una situazione di marginalità economica e occupazionale. Si conferma quindi, per i giovani universitari che provengono da famiglie a basso reddito, la necessità di investire risorse per il sostegno all’istruzione capaci non solo di consentire ai giovani con buone capacità di continuare gli studi universitari, ma anche di prefigurarsi come strumento preventivo nel lungo periodo, riducendo la probabilità di disagio che deriva da un abbandono degli studi senza il conseguimento di un titolo specialistico e di una professionalità elevata. Coloro che si percepiscono pienamente come lavoratori si caratterizzano per forme contrattuali decisamente più solide e/o per posizioni di lavoro autonomo più strutturate e durature nel tempo. Sono posizioni che si consolidano al crescere dell’età, soprattutto tra i maschi, in quanto, come vedremo diffusamente in seguito, le donne continuano a trovare condizioni di accesso stabile al mercato del lavoro più difficili rispetto ai loro coetanei. Dal punto di vista territoriale sono diffusi in maniera piuttosto omogenea, fatta salva la zona di Savona dove è più alta l’incidenza dei disoccupati e si riduce, di conseguenza la percentuale complessiva dei lavoratori. Anche questi dati mostrano come le origini socio culturali della famiglia svolgano ancora un ruolo fondamentale nel definire i destini dei figli. Tra coloro che provengono da famiglie di ceto sociale più elevato è nettamente superiore il numero di studenti (fino a 10 volte) e più basso tanto il numero di lavoratori, quanto quello di disoccupati. Questi ultimi, invece, come vedremo nel capitolo successivo, sono particolarmente numerosi nelle famiglie in cui si fa più fatica ad arrivare alla fine del mese. Ciò significa che anche in questo momento storico il fatto di nascere in una famiglia di livello socio culturale basso o alto incide profondamente sui percorsi di studio e di lavoro. Proprio perché anche per gli adulti le condizioni di lavoro si sono fatte più difficili, l’investimento in istruzione dei figli rappresenta per le famiglie di origini più modeste un costo sempre più difficile da sostenere, mentre per le famiglie più abbienti, rimane un investimento irrinunciabile. Questa considerazione è rafforzata dal dato relativo ai lavoratori che hanno conseguito il diploma secondario, ma che hanno scelto di non iscriversi all’università e che dichiarano di avere interrotto gli studi per i costi eccessivi (19%) e/o per la presenza di problemi personali/familiari (11%). Per quanto questo dato sia sensibilmente più ridotto di quello che vedremo tra i giovani disoccupati, è rilevante che anche tra coloro che hanno una posizione lavorativa più stabile, il 30% abbia dovuto interrompere gli studi per motivi economici o familiari.

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Tab. 4.2 Motivazione alla base della scelta di non continuare gli studi per i giovani lavoratori che hanno interrotto gli studi dopo il conseguimento del diploma (valori %, risposte multiple) Non avevo più voglia di studiare 39

I costi erano eccessivi 19

Ho raggiunto il titolo che volevo 18

Ho trovato un lavoro 17

Avevo problemi familiari e personali 11

Avevo difficoltà a studiare, non riuscivo 7

Mancanza di tempo 3

Non mi piaceva l'ambiente 3

Avevo avuto cattivi rapporti con i professori 3

Non ho trovato una scuola che mi interessava 3

Un titolo di studio non serve a niente 3

Non imparavo niente di utile per il mio futuro 2

Altro 2 La soddisfazione per il lavoro svolto Tra i giovani lavoratori intervistati esiste una soddisfazione ampia per il lavoro svolto, anche se con differenze significative in base alla situazione individuale e alle condizioni contrattuali. Gli elementi di maggiore soddisfazione per i giovani lavoratori liguri derivano dall’opportunità di svolgere un lavoro vicino alla propria abitazione e che non richiede grandi spostamenti, al contesto relazionale in cui viene svolto il lavoro e alla dimensione vocazionale. In altri termini più del 30% dei giovani lavoratori si dichiara molto soddisfatto dell’ambiente di lavoro in cui opera e dei rapporti con i propri colleghi e con i superiori e una quota praticamente identica è fortemente soddisfatta anche dei contenuti del proprio lavoro e della possibilità di ampliare le proprie conoscenze e competenze. Gli aspetti più critici riguardano la retribuzione e le possibilità di fare carriera, dove gli elementi di negatività sopravanzano ampiamente quelli di positività. Il lavoro, dunque, soddisfa per gli aspetti della vita quotidiana. Si sta bene nell’ambiente di lavoro, soprattutto per coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato e sentono meno su di sé l’ansia del futuro. Anche per chi ha contratti flessibili o irregolari questi aspetti sono prevalentemente positivi, segno della capacità di queste generazioni di adattarsi alle condizioni ambientali del contesto lavorativo, anche laddove le condizioni di lavoro sono più incerte o instabili. In questi casi la soddisfazione è legata anche al fatto di essere all’avvio della propria carriera e di vedere, in ogni occasione occupazionale, anche la più destrutturata, un’opportunità per fare esperienza e guadagnare un po’ di denaro. Non è un caso, infatti, che tra chi non ha un contratto a tempo indeterminato, la soddisfazione per il lavoro tenda a diminuire con il crescere dell’età.

Tab. 4.3 Grado di soddisfazione per alcuni aspetti del lavoro (% di risposte “molto soddisfatto”)

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Totale Contr. tempo

indeterminato Contr. tempo determinato

Contratto flessibile

Autonomo/partita

iva

Senza regolare contratto

Il tempo necessario per recarmi al lavoro

38 41 30 35 43 30

Il rapporto con i colleghi

37 40 32 36 32 40

L’interesse per le cose di cui mi occupo

34 33 38 33 35 35

Il rapporto con i superiori

32 32 27 37 32 38

L’ambiente di lavoro 31 31 29 38 27 33 La possibilità di imparare cose nuove

30 26 33 36 38 30

La possibilità di organizzarmi sul lavoro come preferisco

29 28 25 31 35 34

Le responsabilità che mi sono attribuite

27 21 29 39 27 30

La stabilità del posto di lavoro

26 41 15 14 18 18

La possibilità di conciliare il lavoro con altri interessi personali

26 25 18 35 28 30

La corrispondenza tra il lavoro che fai e le tue capacità

25 29 22 27 20 28

L’utilità sociale del lavoro che faccio

22 17 25 30 28 20

Il prestigio del lavoro che faccio

19 18 21 22 23 18

La coerenza con il tuo percorso di studi

19 21 21 11 19 20

La retribuzione 13 15 14 12 10 13 L’opportunità di fare carriera

12 11 14 8 20 8

La consapevolezza di essere in un momento particolarmente delicato dal punto di vista lavorativo, fa sì che la maggior parte di chi ha un lavoro stabile, in questo momento non abbia in previsione di cercare una nuova occupazione, cosa che non avviene ovviamente per gli studenti, che, al contrario vivono l’attuale occupazione come un momento del proprio processo d’ingresso definitivo nel mercato del lavoro.

Tab. 4.4 Propensione alla ricerca di un nuovo impiego. Confronto tra lavoratori e studenti-lavoratori (valori %)

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Lavoratori Studenti

lavoratori

Sì, considero il mio lavoro attuale solo provvisorio e desidererei cambiarlo

28 46

No, almeno per adesso non desidero cambiarlo 58 33

Non saprei 14 21 Anche quest’ultimo dato, quindi conferma come i giovani liguri attraversino in modalità assai differenziate il mercato del lavoro: i più giovani e gli studenti vivono i primi lavori principalmente come delle esperienze, dei punti di partenza per cominciare ad esplorare questo nuovo mondo. Con il passare degli anni, tuttavia, aumentano le esigenze di stabilità e di concretezza e si è disposti ad abbassare un po’ le attese a fronte della possibilità di avere un lavoro stabile, che consenta di pianificare il futuro con una maggiore tranquillità. Per altro l’esperienza lavorativa, pur in questo momento di forte crisi, appare essere assai diffusa tra i giovani liguri, anche se con caratteristiche di intermittenza e frammentarietà che rendono a volte difficile anche percepirsi come un lavoratore vero e proprio.

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Capitolo 5. I disoccupati e i giovani in cerca di

prima occupazione (i NEET)

Selezionando tra gli intervistati coloro che non studiano e non sono al momento occupati (i cosiddetti NEET), troviamo che i dati della nostra ricerca sono in linea con quanto descritto in letteratura e nelle altre analisi presenti a livello territoriale: anche in Liguria la presenza di NEET è maggiore tra le donne (25% contro il 18% dei maschi) e nella fascia d’età tra i 19 e i 25 anni (26%), e si verifica una particolare concentrazione nella provincia di Savona (31%), dove la crisi occupazione sembra essere particolarmente forte. La situazione è particolarmente drammatica tra coloro che dichiarano di vivere in famiglie in cui non si riesce ad arrivare alla fine del mese (58%), e tra chi ha il solo titolo dell’obbligo (51%). Si conferma il quadro di una precarietà lavorativa che investe trasversalmente tutti i giovani, ma che presenta picchi particolarmente forti all’interno di quei contesti territoriali in cui è più forte la mancanza di lavoro e laddove le risorse socioculturali della famiglia di origine siano più basse. Nessun giovane ligure appare pienamente al riparo della disoccupazione se non coloro che vivono in un contesto familiare particolarmente forte, che ha potuto garantire loro da un lato percorsi formativi adeguati, dall’altro la connessione con un sistema relazionale che continua a svolgere un ruolo chiave per l’accesso a posizioni lavorative meno precarie e più stabili. Rispetto al passato, nemmeno i titoli di studio più elevati sono una garanzia assoluta, tanto che il 19% di chi ha conseguito un titolo di studio terziario (dalla laurea di primo livello al dottorato) è senza lavoro e che sono in questa condizione anche 7 giovani su 24 tra coloro che hanno un master post laurea. Ai ragazzi non laureati e disoccupati abbiamo chiesto come mai non abbiano proseguito i loro studi. La tabella 5.1 evidenzia come il processo di abbandono dello studio sia pesantemente condizionato dalla situazione economica e familiare degli intervistati. In particolare, si può osservare che il 48% degli intervistati indica come motivazione dell’interruzione degli studi il fatto di avere raggiunto il proprio obiettivo o di non avere più il desiderio di proseguire, per il 43% dei casi la non prosecuzione degli studi è strettamente connessa alla situazione economica e familiare.

Tabella 5.1 Motivazione alla base della scelta di non continuare gli studi per i giovani lavoratori che hanno interrotto gli studi dopo il conseguimento del diploma (valore %, risposte multiple) Non avevo più voglia di studiare 34

I costi erano eccessivi 25

Avevo problemi familiari e personali 18

Ho raggiunto il titolo che volevo 13

Avevo difficoltà a studiare 12

Avevo trovato un lavoro 11

Non mi piaceva l’ambiente 8

Ho avuto cattivi rapporti con i professori 5

Non ho trovato una scuola che mi interessava 3

Non imparavo niente di utile per il mio futuro 3

Un titolo di studio non serve a niente 2

Mancanza di tempo 1

Altro 4 Come avremo modo di vedere anche nel capitolo 6, coloro che non hanno un lavoro attribuiscono la loro situazione principalmente alla forte crisi che stiamo vivendo e ad una oggettiva riduzione

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delle opportunità disponibili. Allo stesso tempo, però evidenziano come il mercato del lavoro ligure presenti alcune dinamiche che rendono particolarmente difficile trovare una occupazione per un giovane. Tra le citazioni libere dichiarate al momento dell’intervista, quelle più spesso ripetute hanno a che fare con le pessime condizioni di lavoro offerte (in termini di retribuzione, orari, sicurezza), con la mancanza di esperienza (anche in considerazione che sul mercato ci sono molte persone in cassa integrazione che appaiono più appetibili per le imprese), la mancanza di raccomandazioni (questione particolarmente sentita, come potremo vedere anche nel capitolo 9), ma anche un disallineamento tra titoli di studio conseguiti e richieste del mercato che rendono diversi giovani overskilled (soprattutto coloro che hanno lauree o specializzazioni deboli e che si vedono passare davanti diplomati il cui costi per l’azienda è inferiore). C’è inoltre una diffusa consapevolezza che il mercato turistico è particolarmente in difficoltà e che anche le opportunità stagionali, un tempo più facili da trovare, si sono ridotte significativamente. All’interno di questo tipo di valutazioni non viene quasi mai fatto riferimento a motivazioni di tipo personale. In altri termini il fatto di non essere occupati non viene mai collegato ad una scarsa motivazione del singolo o ad una inefficacia dei propri strumenti di ricerca, ma sempre a fattori esterni, fuori dalle possibilità di controllo dei giovani intervistati. All’interno del questionario abbiamo voluto testare anche quali fossero i lavori desiderati dai giovani disoccupati, per verificare se potesse esserci un problema derivante dalla presenza di desiderata particolarmente elevati. Come si può osservare dalla tabella 5.2, questa ipotesi è decisamente smentita. Pur nella varietà delle speranze espresse dai giovani liguri senza un lavoro, ancora una volta emerge un forte senso di concretezza: i lavori più desiderati sono quelli di tipo impiegatizio e operaio a qualifica medio bassa (impiegato generico, cassiere, ecc…), che abbiano però un carattere di continuità e regolarità e consentano un minimo di programmazione del proprio futuro, garantendo la tutela dei diritti fondamentali. In questo le attese sono in linea anche con i titoli di studio ed i percorsi formativi perseguiti, a dimostrazione del diffuso senso di realtà dei ragazzi e delle ragazze intervistate, che non fanno grandi sogni pindarici, ma non riescono ad accedere nemmeno a quelle posizioni base, per le quali sarebbero adeguatamente preparati.

Tab. 5.2 Le professioni desiderate dai giovani liguri senza un lavoro (valori %) Impiegato generico 17

Professioni qualificate nel commercio e nei servizi (commesso, cassiere, cuoco, cameriere, parrucchiere…)

11

Libero professionista/ lavoratore autonomo 9

Artigiano/ commerciante 9

Impiegato di concetto 8

Imprenditore 6

Operaio 6

Personale paramedico (infermiere, fisioterapista) 5

Membro delle forze armate 5

Insegnante 4

Altro 20 Tra i NEET intercettati dall’indagine una quota minoritaria (meno del 2% del totale del campione), dichiara che, pur non avendo un’occupazione ed avendo terminati gli studi, non sta cercando attivamente un impiego. Le motivazioni di questa scelta sono varie e poco si prestano a una analisi statistica. L’elemento preponderante è quello della necessità di provvedere ai bisogni di cura dei propri bambini. Si tratta

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di un elemento che condiziona ancora marcatamente le difficoltà delle donne (soprattutto se hanno avuto un figlio in età relativamente precoce, prima di consolidare la propria posizione professionale) e che sembra rappresentare il maggiore ostacolo ad una ricerca attiva del lavoro tra coloro che hanno figli in età scolastica o pre-scolastica. Questo in relazione alla concomitanza di almeno tre fattori: 1. Da una parte, come avremo modo di vedere meglio nel capitolo successivo, alcune di queste

donne interpretano in maniera piuttosto tradizionale il ruolo femminile, e appaiono

sostanzialmente inclini a preferire il ruolo di madre a quello di lavoratrice.

2. Questo atteggiamento è rafforzato da un elemento di scelta razionale, legato all’elevato costo

dei servizi di cura (pubblici o privati), che spesso, soprattutto se i figli sono più di uno, rende

poco conveniente dal punto di vista economico lavorare, in quanto le spese per l’affidamento

dei figli sarebbero più elevate dell’introito da stipendio. Ragionamento che può essere pagante

nel breve periodo, mentre a lungo termine diventa un vero e proprio boomerang, in quanto dopo

2, 3, 4 anni di inattività diventa molto più difficile ritornare all’interno del mondo del lavoro.

3. Un terzo fattore che incide negativamente sul rapporto tra le giovani donne liguri e il lavoro è il

persistere di atteggiamenti diffusi da parte dei datori di lavoro di diffidenza verso donne in età

fertile, che potrebbero fare assenze legate alla cura dei figli ed avere, quindi, un rendimento più

ridotto di altre persone.

Un secondo elemento che incide negativamente sulla propensione alla ricerca di un impiego è la percezione di avere comunque competenze troppo basse. Si tratta di un elemento particolare grave, in quanto produce un senso di inefficacia che attraverso tutta l’identità della persona con il rischio concreto di portare ad effetti psicologici negativi. Dei 26 giovani intervistati che dichiarano di non essere alla ricerca di un impiego, pur non avendone uno e non essendo inseriti in un percorso formativo, solo 2 non sarebbero comunque disposti a lavorare, mentre 6 sarebbero pronti ad accettare qualsiasi lavoro venisse loro proposto. Per quanto la mancanza di lavoro sia una condizione diffusa trasversalmente che tocca quasi tutte le categorie di giovani, come abbiamo visto dai dati, all’interno di questa condizione sono presenti situazioni assai differenziate che presentano due picchi di criticità, uno relativo alle donne e uno relativo ai giovani di estrazione sociale più bassa. La crescita della precarietà e di forme di lavoro caratterizzate da un più basso livello di garanzia dei diritti fondamentali, pone queste due categorie a più forte rischio di marginalità e le espone a particolari criticità nel medio e lungo periodo.

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Capitolo 6. Approfondimento qualitativo sui

NEET

Come abbiamo visto in precedenza, il tasso di disoccupazione dei giovani liguri misurato attraverso la nostra indagine è sostanzialmente in linea con i dati ufficiali. Nel capitolo precedente ci siamo soffermati in particolar modo sui giovani disoccupati ed in cerca di prima occupazione; in questo capitolo approfondiremo questo tema rendendo conto dei colloqui in profondità svolti con 9 giovani uomini e giovani donne liguri che stanno attraversando in vario modo il vasto territorio dei NEET. In letteratura la figura dei NEET è presentata a volte come quella di giovani fortemente demotivati, ai margini dei percorsi istituzionali e relazionali e difficili da coinvolgere in interventi di politica attiva. L’esclusione tanto dal circuito formativo, quanto da quello lavorativo, espone a processi di impoverimento non solo (e non tanto) di tipo economico, ma anche di tipo relazionale, mettendo in crisi l’identità individuale e comportando il rischio di un progressivo rintanamento dentro un universo sempre più ristretto ed autoreferenziale che allontana inesorabilmente dalla possibilità di rientrare efficacemente sul mercato del lavoro. Per questo motivo è fondamentale evitare che i giovani rimangano troppo a lungo in questa condizione. Come avremo modo di vedere nel prossimo paragrafo, coloro che abbiamo incontrato attraverso i colloqui in profondità ci mettono di fronte ad una realtà assai articolata, caratterizzata certamente da una elevata sfiducia e da una certa fragilità nei percorsi di integrazione, ma anche da una notevole voglia di fare che però fatica a interfacciarsi in maniera adeguata all’interno del mercato del lavoro formale. La situazione di questi giovani è caratterizzata da una elevata frammentarietà e precarietà lavorativa che rende l’esperienza professione un bricolage di micro attività regolari ed irregolari (dagli stage gratuiti alle promozioni pagate in nero), a volte a metà strada tra hobbismo e professione (“gioco a calcio a livello dilettantistico”), in cui le scelte elettive e i percorsi professionali si intersecano, non sempre dando i migliori risultati possibili ma, al contrario, confinando a volte in processi che rischiano di escludere a lungo dal mercato del lavoro. Come avremo modo di vedere più avanti, il mix tra desideri adolescenziali, pressioni familiari, contesti relazionali e situazioni occasionali hanno prodotto esiti assai diversi nelle carriere di questi ragazzi e ragazze, con esperienze fallimentari, occasioni sprecate, colpi di fortuna, vissuti di ingiustizia. Incontrando questi giovani si ha l’impressione di parlare con ragazzi e ragazze che vorrebbero avere in mano il proprio destino, ma che, a volte, perdono la strada per un innamoramento, una scuola sbagliata, una brutta esperienza che segna emotivamente… In altri casi, soprattutto per le neo mamme, l’allontanamento dal mondo del lavoro appare una scelta specifica e razionale che non solo risponde ad un desiderio di cura dei propri figli, ma anche alla necessità di supplire la mancanza di servizi pubblici e privati accessibili e compatibili con l’attuale situazione del mercato del lavoro.

Le carriere formative Dal punto di vista delle carriere formative le situazioni sono quanto mai articolate: abbiamo incontrato ragazzi e ragazze laureate, diplomate e con il titolo dell’obbligo, giovani che hanno svolto percorsi professionalizzanti ed integrativi, stage ed altri tipi di esperienze formative parallele ed integrative rispetto ai percorsi tradizionali. Da questo punto di vista, un dato comune e trasversale che sembra incidere in maniera rilevante sul futuro professionale, non ha tanto a che fare con il grado di istruzione raggiunto, quanto con la qualità e l’efficacia del percorso formativo intrapreso. Alcune soluzioni (magari forzate per motivi familiari) si sono rivelate delle vere e proprie

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trappole, perseguite senza molta motivazione, con una qualità dell’insegnamento non eccelsa, e al termine del percorso hanno lasciato più vuoti che pieni nella vita dei giovani, non riuscendo ad offrire loro né una professionalità adeguata per collocarsi efficacemente sul mercato del lavoro, né un insieme di contatti e relazioni utili per avviare esperienze professionali. Dai resoconti delle interviste l’esperienza scolastica dei NEET incontrati è stata positiva, soprattutto per la dimensione relazionale e delle conoscenze acquisite, ma non è stata in grado di avvicinare effettivamente al mondo del lavoro “l’unica cosa negativa è che dovevano abbinare la scuola ad uno stage, cosa che 10 anni fa non facevano tanto. (…) Ad esempio a scuola facevo la partita doppia a mano, ma poi fuori era tutto computerizzato, non esisteva più: è stato come passare in due epoche diverse”. Al di là dei percorsi più strutturati, molti dei ragazzi intervistati hanno fatto anche altro micro esperienze formative alla ricerca di uno sbocco professionale. C’è chi ha fatto un corso per amministratore di condominio, chi per grafico multimediale, corsi di lingua, telemarketing, HACCP, ecc... In tutti i casi presi in considerazione, tuttavia, questi corsi non hanno permesso di acquisire una professionalità in grado di garantire un lavoro stabile. Un elemento trasversale che emerge dai colloqui è relativo agli effetti che i bisogni e le disponibilità economiche hanno prodotto sulle carriere formative e professionali dei giovani. Esemplificativa a questo riguardo la storia di un intervistato che ha dovuto rinunciare al corso di studi in Fisioterapia, per motivi economici (il corso era in una città diversa da quella di residenza e i costi erano troppo elevati), o di una ragazza di Reggio Calabria che lascia la sua terra alla ricerca di qualcosa di meglio per la sua vita. Si conferma a questo riguardo ciò che spesso è stato indicato in letteratura come un elemento di freno nell’acquisizione di competenze professionali attraverso percorsi formativi specialistici, e che era già emerso dall’analisi dei dati quantitativi: se per le famiglie più benestanti la formazione è un investimento, per le meno abbienti è un costo. Questo aspetto continua a caratterizzare l’esperienza dei giovani intervistati, anche dopo i venti anni, quando alcuni corsi formativi che potrebbero dare maggiori competenze e strumenti professionali, non vengono seguiti per i costi eccessivi.

Le esperienze lavorative Come accennavamo precedentemente, tutti i ragazzi e le ragazze incontrate hanno avuto qualche tipo di esperienza lavorativa. Si tratta però di storie segnate dalla precarietà e dall’instabilità, con situazioni di illegalità e di mancato rispetto dei diritti del lavoro o, quanto meno, delle aspettative dei lavoratori e, soprattutto, delle lavoratrici. Esemplificative a questo riguardo le storie descritte di seguito:

“Ho avuto molte esperienze lavorative finché sono rimasta incinta della mia prima figlia. (…) Poi ho fatto un po’ di contabilità da un commercialista, ma sono dovuta andare via perché non pagava. (…) E poi tanto telemarketing, sempre senza continuità, passando da un lavoro ad un altro.” “mi sarebbe piaciuto continuare a fare il lavoro per cui ho studiato (…) però purtroppo non c’è stabilità, perché non ti pagano, non c’è un contratto, con hai soddisfazione perché lavori e poi non ti tengono. C’è un continuo riciclo, chiudono…. questa cosa ti demoralizza”. “Ho avuto tante esperienze lavorative, troppe… (…) L’esperienza di Ventimiglia è finita perché avrei dovuto lavorare anche la domenica e portavo via troppo tempo al mio bambino”. “… il telemarketing outbound (ma non mi piace raggirare le persone come mi consigliavano i miei titolari)” “è stata una questione di orari: lavoravo dalla 17 alle 2 di notte dal martedì alla domenica e quindi non riuscivo a prendermi permessi ecc… perché spesso erano in apprendistato o in nero”

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L’elemento più evidente di criticità in rapporto al mercato del lavoro è legato alla condizione di madre e donna. Soprattutto per chi ha avuto un figlio da giovane, con una collocazione professionale poco garantita, la maternità ha rappresentato un elemento di rottura rispetto alla carriera professionale, che ha aumentato significativamente le difficoltà a rientrare e a gestire il doppio ruolo di madre e lavoratrice.

“ho fatto un corso di inglese e spagnolo. Pensavo di lavorare all’estero nei consolati. Poi come donna ho capito che … devi scegliere o casa o ufficio”.

Il mix di eventi che caratterizza in negativo i destini e le carriere dei giovani incontrati è composto da fattori strutturali e vincoli individuali, che portano negli snodi fondamentali della vita a fare scelte con esiti pesanti nel lungo periodo.

“Ho superato i test per accedere all’università, ma non ho mai iniziato perché non avevo voglia di studiare e poi il corso era a Savona, troppo lontano. E poi gioco a calcio e devo fare gli allenamenti tre volte alla settimana e non riuscivo ad arrivare in tempo”. “a 16 anni sono rimasta incinta (…) La scelta di fare un figlio è una scelta di responsabilità” “alle superiori scelsi un istituto alberghiero. Fin dal primo anno (…) iniziai a fare esperienze lavorative (…) solamente che poi scoprii che non era ciò che volevo fare perché, dovendo lavorare in orari sballati, mi impediva di fare la fidanzata e poi la mamma” “ho fatto il liceo scientifico, poi volevo iscrivermi a biologia o medicina (come sarebbe piaciuto a mio padre) ma mi sono trovata in un liceo in cui l’insegnante di scienze era la persona più inetta che abbia conosciuto in vita mia e quindi mi ha completamente smontato le certezze” “il biennio è andato bene, con professori severi, ma poi è andato male. Era più il tempo che giocavamo a carte, piuttosto che quello delle lezioni”

Non si tratta solo di una questione di orientamento, ma anche di qualità intrinseca dei percorsi formativi disponibili, di competenza degli insegnanti, di programmi e contenuti vicini alla reale esperienza professionale. Dove questo manca, il percorso si presenta già ad handicap e tutto diventa più complicato. L’esito dei percorsi formativi è dunque influenzato innanzitutto dalle condizioni socioculturali della famiglia di origine che continuano a rappresentare un elemento chiave di indirizzo già negli anni della scuola secondaria di primo grado. Su questa base fragile, si innestano le esperienze di vita interne al mondo scolastico, e le difficoltà del sistema di istruzione e formazione di offrire percorsi pienamente efficaci. Infine le scelte di vita individuale, gli sbandamenti adolescenziali che portano a volte ad investire in esperienze sportive, di volontariato, ma anche alcune forme di hobbies, che potenzialmente possono consentire di migliorare le proprie competenze, ma che se non sono ben gestite, si trasformano in ulteriori trappole ed illusioni, che deprivano ulteriormente la possibilità di entrare nel mercato del lavoro dalla porta principale.

Le rappresentazioni del lavoro Le rappresentazioni del lavoro dei NEET che abbiamo incontrato sono esattamente in linea con quelle degli altri giovani liguri che saranno illustrate nel capitolo 9. Il lavoro è un aspetto fondamentale della vita in cui convergono sia esigenze economiche (“il lavoro ha un ruolo fondamentale perché senza quello è un problema per tutti”), che esigenze di autorealizzazione.

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Allo stesso tempo, però nelle interviste condotte, sembrano aumentare decisamente rispetto alla media i vincoli che si pongono al lavoro che si vorrebbe svolgere:

“a me piacerebbe fare un lavoro che mi permetta anche di seguire i miei figli, di non lasciarli soli. Magari un part time, ma ora non potrei farlo” “il lavoro non mi deve impedire di avere un’altra vita sociale, di vedere la fidanzata, piuttosto che di uscire con gli amici. E’ fondamentale per percepire uno stipendio. Con ciò non voglio dire che farei qualsiasi lavoro: se mi proponessero di fare lo spazzino ci penserei” “il lavoro, nella mia vita dovrebbe avere una parte del 25%”

Il prevalere di una visione strumentale del lavoro emerge in maniera forte quando si pone agli intervistati la domanda su cosa vorrebbero fare se fossero in una situazione economica che consentirebbe loro di vivere anche senza lavorare. In questi casi la dimensione del lavoro è considerata nella direzione di occupare il tempo in maniera piacevole, praticando una propria aspirazione. Queste affermazioni confermano quanto accennato nel precedente paragrafo, ovvero che la situazione dei NEET incontrati se è largamente influenzata da fattori esterni, in parte deriva anche da una serie di scelte individuali e di vissuti che si sono dimostrati poco generativi nella loro capacità di migliorare le chance occupazionali e i profili professionali. Per alcuni aspetti, più che di orientamento, ci sarebbe bisogno di attività di coaching, che accompagnino nell’arco del periodo adolescenziale e giovanile e che siano in grado di consigliare ed aiutare nei processi di scelta e di gestione delle emozioni.

La ricerca di un’occupazione I giovani che abbiamo incontrato non stanno con le mani in mano. Se le giovani mamme sono occupate per gran parte del tempo nella cura dei propri bambini, gli altri intervistati, in attesa di trovare un impiego cercano comunque (prevalentemente attraverso il web) occasioni per guadagnare qualcosa, oppure si dedicano al volontariato o ad hobbies dai quali riescono a ricavare qualche piccolo guadagno.

“l’ultimo lavoro che mi sono inventata è fare cappottini a maglia per i cani e venderli su internet”

Al di là di questi escamotage, le strategie di ricerca di una occupazione dei ragazzi intervistati appaiono piuttosto deboli e passano principalmente per la ricerca di annunci on line e per l’iscrizione presso i centri per l’impiego e le agenzie interinali. Significativa la valutazione che una intervista dà di queste strategie:

“Sono iscritta all’ufficio di collocamento, ma non ho mai ricevuto una telefonata, un avviso, una comunicazione di qualsivoglia tipo, quindi quella è stata la cosa più inutile che ho fatto. L’agenzia internale era utile, ma erano tutti lavoretti. Tramite annunci sul giornale ero riuscita a trovare delle cose interessanti e, ovviamente, anche un sacco di sòle”.

Oltre a queste attività rimane la (a volte) sfiancante procedura di invio e presentazione diretta dei cv a negozi e imprese. Solo in un caso abbiamo un approccio più marcatamente auto imprenditoriale, ma con mezzi e risorse comunque ridotte che, al momento, non fanno pensare che questa sia una strada effettivamente percorribile. Come abbiamo accennato, per alcuni tuttavia, la ricerca del lavoro in questa fase della vita non sembra essere l’occupazione principale. Le giovani madri, in particolare, sembrano essere ancora in una fase in cui la centralità dei compiti di cura dei propri figli ha la prevalenza rispetto alla necessità di un impiego, anche in relazione al fatto, che lavorare comporterebbe l’emergere del problema di dove collocare i figli, in un contesto in cui asili e babysitter costerebbero di più di quanto si riesce a guadagnare.

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Nel lungo percorso di ricerca di un impiego le difficoltà incontrare sono molteplici, a partire dalla constatazione che esiste effettivamente una ridotta disponibilità di posti:

“leggo il Secolo XIX e si vede che prima c’era una pagina di annunci, ora mezza”. Una di quelle che colpisce di più i nostri intervistati è la ricerca di persone con esperienza anche quando ci si rivolge a giovani e giovanissimi:

“cercano una ragazza giovane, di 19 anni, con esperienza pluriennale e che sappia le lingue: ma come si fa?”

Il problema principale, comunque non sembra tanto quello di trovare dei lavoretti, “se uno vuole il lavoro lo trova e se lo inventa anche”

ma di trovare soluzioni in grado di garantire una maggiore stabilità, soprattutto per le giovani donne per le quali la previsione di una maternità continua a rappresentare un grosso ostacolo per l’assunzione. E’ chiaro che il mercato del lavoro è in difficoltà, ma la percezione è che si sia arrivati nei fatti ad un sistema che offre tutele molto basse, con una riduzione degli stipendi e un netto peggioramento delle condizioni contrattuali. Ancora una volta tutto questo è sentito particolarmente dalle giovani madri

“la maternità nel mondo del lavoro è una palla al piede”. In un sistema in cui la disponibilità di lavoro di qualità è assai limitata, la mancanza di esperienza o di competenze specifiche, o il fatto di non avere sufficienti raccomandazioni sembrano essere gli elementi cruciali che non consentono di accedere a lavori stabili. Per le donne, la condizione di madre (reale o potenziale) rappresenta un ulteriore fattore di debolezza, anche per poter svolgere lavori precari e di qualità più bassa. Rispetto agli altri ragazzi intervistati attraverso l’indagine, i giovani NEET incontrati durante i colloqui hanno evidenziato anche una ridotta propensione al trasferimento. I legami con la propria famiglia e le proprie relazioni appaiono troppo importanti per essere allentati, soprattutto in un contesto in cui non c’è fiducia e scelte così impegnative potrebbero configurarsi come veri e propri salti nel buio.

Il lavoro desiderato Tutti i giovani NEET intervistati hanno un sogno lavorativo: aprire un agriturismo, diventare webmaster, direttore di supermercato, nutrizionista, cuoco, lavorare in una agenzia di eventi, avere un negozio personale. Nella maggior parte dei casi, tuttavia si tratta di desideri ben poco realizzabili perché mancano le competenze di base e le esperienze necessarie. Anche di fronte alla domanda su come vedono se stessi tra 5 anni, le risposte sono assai vaghe e sembrano fare riferimento più al mondo dei desideri, che a quello delle possibilità. In questo emerge una debolezza strutturale dei giovani intervistati, che non riescono a pianificare un progetto professionale consistente. Si tratta anche in questo caso, probabilmente, della combinazione tra più debolezze: la presenza di percorsi formativi fragili, una scarsa propensione auto-imprenditoriale, la mancanza di risorse economiche, relazionali e culturali in grado di sostenere nella costruzione di un progetto professionale adeguato. La forte spinta verso l’autoimprenditorialità giovanile, da questo punto di vista, appare un concetto piuttosto lontano per giovani che se nei sogni hanno posizioni di autonomia e di responsabilità, nella realtà concreta della loro vita non vedono molte possibilità di realizzarli.

La valutazione dei servizi pubblici e privati per la ricerca di un’occupazione Come già accennato in precedenza, i nostri intervistati hanno una ampia esperienza di contatti con le agenzie pubbliche e private di ricerca e accompagnamento verso il lavoro. La valutazione generale che emerge dai colloqui, è tuttavia di sfiducia. Di lavoro non ce n’è: i servizi pubblici di collocamento sono considerati da molti inefficienti (anche se qualcuno ha ricevuto indicazioni e

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strumenti molto utili), le agenzie private propongono solo lavori ultraprecari, le proprie reti relazionali non sembrano più in grado di supportare. Si rimane soli con le proprie capacità e i propri limiti, con la propria testardaggine e si ripetono i gesti abituali: ricerca annunci, invio cv, iscrizione a corsi per migliorare le proprie competenze… A volte il pregiudizio circa l’inefficienza del pubblico comporta la scelta di nemmeno informarsi, per cui anche occasioni interessanti e utili passano, senza che siano intercettate dai loro destinatari. Al di là dei centri per l’impiego, i servizi più apprezzati sono quelli che erogano corsi di formazione professionalizzanti, ma anche in questo caso alcuni intervistati sottolineano la grossa burocratizzazione dei percorsi, i tempi di realizzazione estremamente dilazionati e l’instabilità degli stessi percorsi formativi, che dipendono dalla presenza o meno dei finanziamenti pubblici. In questo senso le richieste avanzate alla Regione riguardano un generale rafforzamento dei servizi, sia dal punto di vista della formazione professionale, che dei servizi a sportello (o via web). Dal punto di vista della formazione, la richiesta è di percorsi formativi realmente agganciati al mercato del lavoro e in grado di offrire competenze specifiche. Dal punto di vista dei servizi, una richiesta esplicita è quella che i centri per l’impiego siano in grado di inviare via mail alle persone iscritte le offerte di lavoro presenti sul territorio. La percezione è che si registri il bisogno di passare da strumenti e servizi che erogano informazioni, a servizi di accompagnamento, di coaching che siano in grado di guidare alla scelta, in modo personalizzato, aiutando a costruire un progetto in linea con la storia e le possibilità di ciascuno. A livello di sistema si riconosce che il problema del lavoro non può essere risolto dall’ente pubblico e dai servizi che la Regione può predisporre per i giovani, in quanto si tratta innanzitutto di riavviare le imprese. Come dice una intervistata

“per aiutare i giovani, bisogna aiutare le imprese”. Allo stesso tempo viene chiesto all’ente pubblico di esercitare un maggiore ruolo di tutela

“…in maniera tale che chi si trova a fare un colloquio non si trovi davanti degli strozzini che cercano di assumere persone pagandole una miseria”.

riaffermando i diritti fondamentali di cittadinanza, alla base, come ha affermato recentemente anche Luciano Gallino (2013) dell’identità e del concetto di stato nell’Unione Europea.

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Capitolo 7. Relazione tra il territorio e le

prospettive occupazionali L’entità e la qualità dell’offerta occupazionale di una determinata area geografica incide sulla propensione degli abitanti a spostarsi temporaneamente, oppure emigrare, verso luoghi capaci di proporre maggiori opportunità. Da una parte la disponibilità a lasciare le proprie zone d’origine per lavorare altrove è da interpretare come un aspetto positivo, in quanto è segno di dinamicità e flessibilità, nonché, più in generale, è un atteggiamento che agevola la coincidenza tra domanda e offerta di lavoro. L’altro lato della medaglia è però rappresentato dalla constatazione che spesso tale disponibilità è accompagnata da una situazione di disagio e indotta da una situazione occupazionale particolarmente difficile nel territorio in questione. Le regioni meridionali ne sono un chiaro esempio. Gli spostamenti possono essere motivati dalla ricerca di migliori opportunità di carriera o di una migliore retribuzione, dall’aspirazione a una migliore qualità della vita, dal desiderio di raggiungere una maggiore stabilità, ma spesso per la semplice impossibilità di trovare un’occupazione nell’area in cui si abita. La stragrande maggioranza dei giovani liguri (84%) si mostra disponibile a spostarsi lontano dalla propria zona d’origine per migliorare la propria condizione. Il che dimostra che siano ben consci del momento di particolare gravità in cui ci troviamo e che saranno necessari dei sacrifici. Questo atteggiamento va a discreditare l’immagine di “bamboccioni” o di “viziati” che in diverse occasioni è stata affibbiata a questa generazione. D’altra parte questi risultati testimoniano come la crisi economica e occupazionale abbia oramai inciso con forza sulla generale attitudine dei cittadini nei confronti del lavoro e della vita. Appare significativo il dato secondo il quale poco meno della metà dei giovani sarebbero disposti ad andare anche all’estero. La mobilità globale sta evidentemente mettendo radici anche in Italia, seppure con ritardo e con l‘ausilio di una situazione tutt’altro che positiva. E’ probabile che questa tendenza sia supportata dalla convinzione che difficilmente il resto delle regioni italiane possa offrire condizioni assai migliori di quelle liguri, per cui al fine di migliorare veramente la propria posizione occorre varcare i confini nazionali. Non a caso i ragazzi che soffrono maggiormente di ristrettezze economiche sono anche più spinti a puntare sui paesi stranieri. Il 16% vorrebbe rimanere in Italia, ma potrebbe trasferirsi in un’altra regione, mentre una percentuale simile sarebbe aperta solamente a soluzioni interne alla Liguria. Una parte dei soggetti si muoverebbe soltanto in caso di assoluta necessità, ma per quasi 6 ragazzi su 10 stabilirsi in una nuova realtà sarebbe una prospettiva praticabile se utile, oppure addirittura auspicabile. Una quota non da poco, il 18%, lo farebbe non per necessità, bensì per scelta. Tuttavia sono soprattutto i “sognatori” e i 16-18enni a proiettarsi lontano da casa, mentre questa propensione si indebolisce tra i ventenni e ancor di più tra chi è sulla soglia dei 30 anni. In particolare chi già lavora appare più restio a intraprendere nuove esperienze lontano da casa. La tendenza a spostarsi invece non presenta significative differenze tra i ragazzi appartenenti alle diverse classi sociali o economiche. Dal punto di vista del genere i ragazzi sono lievemente più propensi ad andarsene (61% contro il 54% delle ragazze), anche se per entrambi è uguale la quota di coloro che migrerebbero per scelta (18%).

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I giovani disposti a spostarsi mostrano inoltre di prendere sul serio tale prospettiva e non considerarla come un semplice breve soggiorno fuoriporta. Due su tre potrebbero rimanere lontani da casa per un tempo relativamente lungo, il 14% addirittura per sempre, mentre un 18% prevede di non resistere a lungo. Tra i giovani con una situazione economica particolarmente difficile la quota di disponibili al viaggio con biglietto di sola andata raggiunge il 20%, il che denota ulteriormente la profonda condizione di disagio in cu si trova una parte della popolazione. I giovani stranieri, essendo meno legati alla realtà ligure, si dimostrano particolarmente inclini a partire verso altri paesi, anche per periodi molto lunghi o per sempre.

Tab. 7.1 Per quanto concerne il tuo futuro, saresti contento di rimanere nella tua zona, oppure preferiresti spostarti altrove?

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

Vorrei sicuramente spostarmi altrove 18 32 20 9

Sarei disposto a spostarmi altrove, se fosse utile per il mio futuro

39 34 41 40

Sarei disposto a spostarmi solo se fosse assolutamente necessario

27 18 24 36

Non sarei assolutamente disposto a spostarmi altrove

8 8 6 10

Non saprei 8 8 9 5 Tab. 7.2 Saresti disposto a spostarti dal tuo luogo di origine per motivi di lavoro? estero 45

non all’estero, ma sì in altra regione italiana 16

solo interno Liguria 16

non disposto 8

non saprei 16 Tab. 7.3 Per quanto tempo saresti disposto a vivere lontano da casa? Lo farei anche per un periodo molto lungo 25

Lo farei anche per un periodo abbastanza lungo 25

Lo farei solo per un periodo breve 18

Lo farei anche per sempre 14

Non saprei 18 Tra i giovani prevale in misura netta la convinzione che l’offerta formativa e occupazionale nell’ambito regionale sia piuttosto debole. Il 58% sostiene che le opportunità che la Liguria mette a disposizione sono poche o nulle, mentre soltanto il 13% le giudica in maniera positiva. Una visione inequivocabilmente negativa del proprio territorio che sta alla base del forte impulso a rivolgersi ai

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mercati di lavoro esteri o di altre zone del paese. Vi è quindi una diffusa percezione delle difficoltà che l’economia regionale ha di creare opportunità per le forze lavoro, ma anche una forte sfiducia nei confronti di un’imminente ripresa. Già tra i più giovani la situazione viene ritenuta prevalentemente negativa, ma il giudizio peggiora con l’avanzare dell’età. Infatti, i soggetti che hanno già iniziato a lavorare e, in maniera ancora più marcata quelli in cerca di un’occupazione, mostrano di essere i più critici sulla questione. A rilevare con enfasi le carenze nell’offerta lavorativa regionale sono i giovani laureati, il che segnala una notevole difficoltà anche sul fronte del lavoro specializzato. Le valutazioni degli intervistati non variano eccessivamente tra le diverse province, tuttavia si notano pareri marcatamente negativi tra gli abitanti del capoluogo regionale.

Tab. 7.4 Pensando ai tuoi progetti e alle tue aspirazioni, secondo te, il territorio in cui vivi è in grado di offrirti delle adeguate opportunità di studio e di lavoro?

TOTALE laureati lavoratori disoccupati

Sì, la Liguria offre molte opportunità 3 1 4 3

Sì, la Liguria offre abbastanza opportunità 10 8 8 5

La Liguria offre qualche opportunità 20 23 21 22

No, la Liguria offre poche opportunità 41 46 46 43

No, la Liguria non offre nessuna opportunità 17 17 16 25

Non saprei 9 5 5 2

Σ MOLTE O ABBASTANZA OPPORTUNITÀ 13 9 12 8

Σ POCHE O NESSUNA OPPORTUNITÀ 58 63 62 68

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Capitolo 8. I canali della ricerca

dell'occupazione e l’orientamento Dopo la conclusione del percorso formativo (in alcuni casi già prima) inizia la faticosa ricerca del posto di lavoro. Si tratta di un periodo cruciale per i giovani che devono tracciare il proprio destino professionale. L’obiettivo primario è naturalmente il passaggio di status da “in cerca di occupazione” a “occupato”, ma la speranza è anche di ottenere un lavoro il più possibile aderente alla propria preparazione e alle proprie ambizioni. I canali per la ricerca dell’occupazione sono molteplici, la questione è individuare quali sono i più efficaci. Gran parte dei giovani utilizza al massimo 3 o 4 modalità di ricerca diverse. Il metodo più diffuso, praticato da metà degli intervistati che hanno già cercato lavoro, è l’invio del Curriculum Vitae alle varie aziende. E’ un’azione compiuta con maggiore frequenza dai laureati, i quali sono quindi più fiduciosi nel valore del loro CV. I riscontri dell’invio delle proprie credenziali alle imprese non sembrano essere brillanti, ma nemmeno da disdegnare: un quinto (il 20%) dei lavoratori che lo hanno fatto, hanno poi trovato l’attuale occupazione proprio grazie a questa modalità di ricerca. Il tasso di successo in questo caso risulta decisamente più elevato per chi può vantare una laurea (27%), rispetto a chi ha un titolo di studio di grado inferiore (16%).

Tab. 8.1 Canali utilizzati per la ricerca del lavoro (valori % - lavoratori, disoccupati, in cerca di prima occupazione – risposte multiple) Ho inviato direttamente il curriculum all'azienda 50 Ho chiesto l'aiuto di parenti, amici, conoscenti 44

Ho usato siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...) 43 Ho risposto a annunci trovati sul giornale o in internet 33

Sono andato all'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici 30 Mi sono rivolto a un'agenzia interinale 26 Ho partecipato a concorsi pubblici 14 Ho fatto degli stage in azienda 13

Mi sono rivolto ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i giovani 11 Ho messo annunci sul giornale o in internet 10 Mi sono fatto aiutare dai servizi che offre la mia scuola/università 9 Ho cercato di avviare una mia attività 9 Ho chiesto aiuto a una persona influente 9 Ho cercato lavoro attraverso i social network 8

Altri canali 6 Non risponde 2

Tab. 8.2 Canali attraverso i quali è stato trovato il posto di lavoro (valori % - lavoratori)

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Attraverso l'aiuto di parenti, amici, conoscenti 28

Mi ha contattato l'azienda a cui avevo mandato il curriculum 17

Ho risposto a un annuncio trovato sul giornale o in internet 7 Ho avviato una mia attività 7 Ho fatto uno stage in azienda e mi hanno tenuto 5 Ho vinto un concorso pubblico 5 Attraverso siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...) 5

Attraverso l'aiuto di una persona influente 4

Attraverso i servizi che offre la mia scuola/università 4 Attraverso un'agenzia interinale 3 Attraverso l'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici 3

Attraverso i contatti dei miei docenti 3 Sono stato contattato dall'azienda, ma non so dove hanno trovato il mio nome 2

Ho messo un annuncio sul giornale o in internet e mi hanno contattato 2

Sono stato contattato attraverso i social network 2 Attraverso i servizi pubblici di informazione e orientamento per i giovani 1 Non risponde 3

Tab. 8.3 Tasso di successo dei canali di ricerca del lavoro (rapporto (x100) tra numero di soggetti che hanno cercato lavoro tramite il canale e il numero di soggetti che hanno trovato lavoro tramite lo stesso)

Ho cercato di avviare una mia attività 38

Ho chiesto l'aiuto di parenti, amici, conoscenti 37

Ho chiesto aiuto a una persona influente 23

Ho partecipato a concorsi pubblici 20

Ho inviato direttamente il curriculum all'azienda 20

Mi sono fatto aiutare dai servizi che offre la mia scuola/università 10

Ho fatto degli stage in azienda 10

Ho risposto a annunci trovati sul giornale o in internet 9

Ho cercato lavoro attraverso i social network 8

Mi sono rivolto a un'agenzia interinale 7

Ho usato siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...) 6

Ho messo annunci sul giornale o in internet 6

Sono andato all'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici 5

Mi sono rivolto ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i giovani 3

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La via più proficua per raggiungere un posto di lavoro rimane quella informale delle conoscenze personali. Poco meno della metà dei giovani liguri ha provato a ottenere un impiego tramite i contatti di parenti o amici e il 37% di questi ci è riuscito. Anche l’apporto di una persona influente sembra spesso essere decisivo, ma pochi hanno la fortuna di avere un rapporto diretto con soggetti che possono intervenire efficacemente in aiuto di chi cerca un posto. In generale è diffusa tra i giovani la percezione che disporre delle conoscenze giuste o comunque passare attraverso contatti personali sia il modo più vantaggioso per approcciarsi al mondo del lavoro. Complessivamente per il 35% dei giovani occupati i contatti personali sono stati determinanti per trovare lavoro, una percentuale rilevante, ma pur sempre minoritaria. Vi è poi notevole fiducia nello strumento dello stage aziendale. La possibilità di essere assunti dopo un periodo di tirocinio rappresenta il canale formale più credibile agli occhi dei giovani, anche se soltanto il 10% di quanti hanno fatto l’esperienza dello stage sono poi rimasti in azienda (senza particolari differenze tra laureati e non). Il problema sembra essere che soltanto una porzione limitata (13%) dei giovani lavoratori o in cerca di occupazione ha usufruito di questa possibilità. Anche tra chi ha finito l’università lo svolgimento del periodo di tirocinio non è molto più diffuso (17%). Si tratta dunque di una strada con buone potenzialità, anche perché ben apprezzata dai datori di lavoro, ma per il momento ancora sottoutilizzata. La via del lavoro autonomo viene intrapresa da una parte limitata di giovani, sia perché non tutti ne hanno la possibilità, sia perché pochi sono disposti a correre rischi, specialmente nell’ambito di questa profonda crisi. Il 9% ha provato ad avviare una propria attività e il 38% ci è riuscito. I laureati si mostrano leggermente più propensi a tentare di lavorare in proprio, ma il tasso di successo è pressoché uguale a quello dei diplomati. I giovani fanno oramai ampio uso del web sia come strumento di offerta delle proprie competenze, sia di consultazione della domanda di posti di lavoro. Il 43% degli intervistati ha utilizzato i siti “trova lavoro”, l’8% i social network e altri hanno letto o inserito annunci sugli appositi siti. L’efficacia di questi canali appare però ancora limitata. Soltanto il 7% dei lavoratori è approdato al proprio impiego grazie alla consultazione dei siti internet dedicati o dei vari Linkedin, Facebook ecc. Malgrado gli scarsi risultati, molti under30, e in misura marcata i teenager, credono nelle opportunità che la rete può offrire in questo campo, forse più in prospettiva che allo stato attuale. Con una rilevante distinzione però: vi è ampia fiducia nei siti per la ricerca di lavoro, molto minore nei social network, i quali evidentemente non vengono ancora ritenuti dei validi veicoli di penetrazione nel mondo dell’occupazione. Riscuotono minore credito invece le strutture preposte a facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di posti di lavoro. Molti mettono in dubbio l’efficacia dell’attività svolta dalle agenzie del lavoro, dai centri per l’impiego, dai servizi che operano nell’ambito delle scuole o delle università e dai servizi pubblici di informazione e orientamento. In effetti, soltanto l’11% degli occupati ha ottenuto il posto tramite uno di questi servizi. In ogni caso quote rilevanti di giovani si rivolgono ai CPI (30%) o alle agenzie interinali (26%) per la ricerca dell’occupazione. In particolare metà dei giovani intervistati ha già fruito dei servizi pubblici o privati per l’impiego in gran parte ai CPI (una parte con finalità diversa dalla ricerca del lavoro). Laureati e diplomati si sono rivolti ai centri gestiti dall’Ente provinciale in misura pressoché analoga. Tra i disoccupati lo hanno fatto 6 su 10. Ad accedervi in maniera accentuata sono anche gli stranieri extracomunitari, i giovani provenienti da famiglie più disagiate e chi non abita a Genova. I risultati si mostrano piuttosto scarsi: il 5% di coloro che si sono affidati ai centri per l’impiego ha trovato un posto per merito di questo servizio. Non sembra molto meglio la performance delle agenzie interinali, mentre si mostrano un po’ più efficaci i servizi gestiti da scuole e università.

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Tab. 8.4 Per trovare lavoro, quanto sono efficaci, secondo te, i seguenti canali? (voto medio in scala 1-10) TOTALE laureati non laureati

Chiedere aiuto a una persona influente 7,9 7,7 7,9

Fare stage in azienda 7,3 7,1 7,3

Chiedere l'aiuto di parenti, amici, conoscenti 7,0 6,9 7,1

Inviare direttamente il curriculum all'azienda 6,7 6,6 6,7

Rispondere a un annuncio trovato su giornale o internet 6,5 6,3 6,5

Partecipare a concorsi pubblici 6,4 6,1 6,5

Usare siti web per la ricerca di lavoro (monster, infojobs..) 6,4 6,2 6,4

Rivolgersi a un'agenzia del lavoro 6,2 6,1 6,3

Farsi aiutare da servizi della propria scuola/università 6,2 6,0 6,2

Andare all'ufficio di collocamento/CPI pubblici 5,9 5,6 6,0

Rivolgersi ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i giovani

5,9 5,6 6,0

Mettere un annuncio sul giornale o in internet 5,3 4,9 5,4

Cercare lavoro attraverso i social network 5,0 4,7 5,1 Tab. 8.5 Ti sei mai rivolto ai servizi pubblici e privati per l'impiego?

TOTALE studenti lavoratori disoccupati

Mi sono rivolto ad un centro per l'impiego della provincia (CPI)

38 21 46 61

Mi sono rivolto ad un centro pubblico diverso dai CPI

2 1 2 4

Mi sono rivolto ad un centro privato 5 4 5 6

Mi sono rivolto ad uno o più centri ma non li so descrivere

6 4 10 5

Non mi sono mai rivolto a un servizio pubblico o privato per l'impiego

45 66 33 19

Non risponde 5 5 4 6 I servizi pubblici d’informazione e orientamento detengono un ruolo diverso, prevalentemente di indirizzo, spesso non sono dei veri tramiti tra aziende e persone in cerca di occupazione. Per questo motivo non ha senso valutarne l’efficacia negli stessi termini utilizzati per gli strumenti e i canali descritti sopra. Rimane tuttavia il dato, secondo cui soltanto l’11% dei giovani ha fatto uso di questo tipo di servizio per orientarsi meglio nella difficile avventura della ricerca del lavoro. Appare evidente una scarsa cultura del servizio di orientamento tra i giovani liguri. Uno strumento che in molti paesi dell’UE assume un ruolo centrale nei diversi passaggi del percorso scuola-università-lavoro, si mostra qui del tutto marginale. Il 7% dei 16-30enni attribuisce ai servizi di orientamento un’elevata importanza e il 18% ritiene essi possano fornire un valido aiuto nelle scelte da compiere. La stragrande maggioranza non li prende seriamente in considerazione. Rimarrebbe da

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capire se questa diffidenza è dovuta a una scarsa conoscenza di questi servizi oppure a un giudizio negativo sulla loro efficacia. Comprendere le proprie attitudini e predisposizioni, nonché acquisire informazioni sulle diverse opportunità formative e occupazionali sono fattori fondamentali nel percorso che porta i giovani a intraprendere una carriera. In questo contesto, il limitato affidamento ai servizi di orientamento viene compensato da altre strade. Il modo ritenuto più efficace per capire cosa si vuole fare da grandi e l’esperienza diretta con lo stage aziendale. Provare a svolgere un lavoro per un lasso di tempo limitato è, per i giovani liguri, il modo migliore per coglierne tutti gli aspetti positivi e negativi. Nelle scelte da compiere tuttavia i genitori svolgono sempre un ruolo rilevante di sostegno e consiglio, non solo per i più giovani, bensì anche per quelli alla soglia dei 30 anni. Si nota, inoltre, che i 16-18enni riconoscono di avere ricevuto un valido aiuto anche dalla scuola e in particolare dal personale docente. Ritornando ai servizi che possono agevolare le decisioni sulle vie da percorrere ve ne sono altri due che riscuotono un buon apprezzamento. Il primo riguarda incontri informativi sulle dinamiche del mondo del lavoro e sugli sbocchi professionali, giudicati in maniera positiva da due terzi degli intervistati. Il secondo, che registra una valutazione più o meno analoga, si riferisce alla possibilità di ottenere nozioni in materia di contrattualistica. Si evidenzia dunque una forte richiesta di informazioni che anche nell’era di internet non è facile reperire. E si tratta di servizi che, in senso lato, rientrano comunque nell’ambito dell’orientamento.

Tab. 8.6 Secondo te, i seguenti strumenti possono aiutarti (o ti avrebbero aiutato) molto, abbastanza, poco o per niente, a capire che lavoro vorresti (volevi) fare da grande?

molto abbastanza Molto +

abbastanza

Stage in azienda durante il percorso di studio 38 40 78

Consigli dei genitori o di conoscenti 21 45 66

Incontri per comprendere come funziona il mondo del lavoro e quali sono i lavori più richiesti

25 40 65

Informazioni dettagliate sulle diverse tipologie di contratti per i giovani

24 38 62

Servizi di orientamento di scuole/università 18 38 56

Test attitudinali per individuare il lavoro più idoneo 19 33 52

Servizi delle agenzie del lavoro 16 38 54

Tab. 8.7 Quanto sono stati importanti nelle tue scelte scolastiche e lavorative i seguenti soggetti? (% somma di molto e abbastanza importante) I tuoi genitori 81

La scuola e i professori 52

Conoscenti adulti che ti hanno dato consigli 46

Gli amici 44

I servizi di orientamento (sportelli, fiere, ecc...) 33

Capitolo 9. Gli atteggiamenti nei confronti del

lavoro

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Una sezione del questionario è stata dedicata ad analizzare nel dettaglio gli atteggiamenti dei giovani liguri nei confronti del lavoro. Già nel capitolo 2 abbiamo potuto osservare come i giovani intervistati attribuiscano al lavoro un valore centrale nella loro vita, ma si sentano piuttosto schiacciati dalla percezione di vivere in una società fortemente egoista e centrata sul profitto personale e in cui per arrivare al successo non sono sufficienti competenze e sacrificio, ma servono anche una buona dose di fortuna e avere le conoscenze adeguate. Una visione fortemente pragmatica della società italiana come una società bloccata, in cui perché un giovane possa affermarsi non è sufficiente investire su di sé per via della scarsa capacità del sistema di riconoscere il merito e il prevalere di logiche individualistiche e familistiche. In questo clima generale, i giovani intervistati evidenziano una sostanziale spaccatura tra due concezioni distinte del lavoro, una vocazionale e una economico-strumentale. La concezione principalmente economico-strumentale del lavoro è fatta propria dal 51% degli intervistati in tre diverse declinazioni: un modo per portare a casa uno stipendio (33%), un modo per alzare lo standard economico della vita (10%), una necessità che limita la vita personale (8%). Questa concezione è più diffusa innanzitutto tra chi vive una condizione di maggiore precarietà economica (dove raggiunge il 66% dei consensi), tra gli uomini (56%), tra i disoccupati (56%) e tra i lavoratori (58%), mentre tra gli studenti, prevale ancora una visione più romantica e vocazionale del lavoro. Allo stesso modo, chi sente il peso di una responsabilità familiare sente con maggiore urgenza la necessità economica del lavoro (55%), rispetto a chi vive ancora con i genitori (47%). La concezione vocativa del lavoro è invece propria del 45% del campione ed è diffusa maggiormente tra le donne (50% contro il 39% degli uomini) e, come accennavamo, tra gli studenti (58%).

Tab. 9.1 Principale significato attribuito al lavoro per genere (valore %) Pensando al senso che ha per te il lavoro, quale delle seguenti definizioni rappresenta meglio la tua idea? Lavorare è...

Totale maschi femmine

Portare a casa uno stipendio 33 35 31

Alzare lo standard economico di vita 10 12 9

Una necessità che limita la vita personale 8 9 7

Totale motivazioni economico-strumentali 51 56 47

Una occasione di realizzazione personale 40 33 45

Un modo per fare del bene agli altri 3 3 3

Un modo per diventare una persona che conta 2 3 2

Totale motivazioni vocazionali 45 39 50

Un'occasione per allargare la propria cerchia di conoscenze 2 3 1

Non saprei 2 2 2

Le molteplici valenze che ha il lavoro per i giovani liguri emergono anche dall’analisi delle risposte alla domanda su quali siano le cose più importanti che un giovane cerca nel mondo del lavoro. In questo caso (tab. 9.2) tra i giovani intervistati prevale decisamente la dimensione della stabilità che raggiunge il 69% dei consensi, seguita da elementi più decisamente realizzativi, dai fattori relazionali e da quelli retributivi. L’importanza data alla stabilità del posto non va però letta secondo il vecchio modello della ricerca del posto fisso. L’accento sull’importanza della stabilità riflette non tanto una concezione poco dinamica e imprenditiva del concetto di lavoro, quanto una lettura realistica dell’attuale situazione

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del mercato del lavoro, in cui l’incertezza occupazionale e l’instabilità dei contratti, rendono estremamente difficile per un giovane prefigurarsi il proprio futuro occupazionale. Anche in questo caso nella distribuzione delle risposte si osserva una significativa differenza tra uomini e donne, con le seconde che danno una rilevanza decisamente maggiore tanto alla dimensione vocazionale e realizzativa del lavoro, quanto alla dimensione del riconoscimento e della tutela, ad evidenziare la forte dose di realismo e di concretezza delle giovani donne liguri, che sembrano avere ben presenti sia le disparità di genere che caratterizzano il mercato lavoro italiano, sia le difficoltà aggiuntive per una donna che derivano dalla necessità di gestire il doppio ruolo di lavoratrice e di care giver.

Tab. 9.2 Le cose più importanti del lavoro. Percentuale di intervistati che ritengono la voce indicata “molto importante” Totale maschi femmine

La stabilità del posto di lavoro 70 68 72

L’interesse per le cose che si fanno 60 58 63

La possibilità di imparare cose nuove 55 50 60

Il rapporto con i superiori 54 55 53

La retribuzione 52 55 48

Il rapporto con i colleghi 52 52 51

L’ambiente di lavoro 51 51 50

Le responsabilità che vengono attribuite 43 43 43

La corrispondenza tra il lavoro che si fa e le capacità lavorative

43 40 46

L’opportunità di fare carriera 39 47 31

La possibilità di conciliare la vita lavorativa con altri interessi personale

38 35 42

La possibilità di organizzarmi sul lavoro come preferisco

30 30 29

La coerenza con il percorso di studi fatto 29 30 27

La distanza tra il posto di lavoro e l’abitazione 27 26 29

L’utilità sociale del lavoro che si fa 25 20 30

Il prestigio del lavoro che si fa 19 21 17 A conferma che i giovani liguri presentano un diffuso spirito imprenditoriale, i dati mostrano che più del 40% dei ragazzi intervistati desidera un lavoro autonomo, a fronte di un 20% che spera in uno sbocco all’interno di un ente pubblico, un 30% che si vede come dipendente e quasi un 10% non riesce ad esprimere una idea di dove vorrebbe collocarsi. Anche di fronte alle difficoltà del mercato occupazionale e all’importanza attribuita alla stabilità del lavoro, non sembra prevalere tra i giovani una visione che porta a desiderare di “accasarsi” rapidamente e in modo definitivo. Le differenti propensioni per le tipologie di lavoro indicate, per altro, sono strettamente connesse alle principali variabili di tipo socioeconomico, ma anche all’esperienza e alla fatica maturata negli anni. Così se sono soprattutto i più giovani a sognare un lavoro libero professionale, i più grandi si vedono maggiormente a gestire un’attività imprenditoriale; i disoccupati sperano in un futuro da dipendenti, gli studenti aspirano alla libera professione.

Tab. 9.3 Se potessi scegliere il tuo lavoro, dove preferiresti lavorare? (valori %) Libero professionista 22

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Nel settore pubblico 21

Avviare una tua attività imprenditoriale (azienda, negozio, etc.) 19

Dipendente di una multinazionale 9

Dipendente di una grande impresa italiana 9

Dipendente di una piccola/media impresa italiana 5

Nel terzo settore (es.cooperative sociali, enti no profit, etc.) 4

Dipendente di una cooperativa 1

Non saprei 10 Abbiamo accennato in precedenza a come i giovani liguri mostrino una buona dose di realismo nell’esprimere i propri giudizi rispetto al mondo del lavoro. Questa affermazione è confermata anche dai dati relativi alla domanda sulla loro disponibilità a svolgere lavori manuali. Come si può osservare dalla tabella 9.4, solo il 2% si dichiara del tutto indisponibile a svolgere lavori manuali, a fronte di un più di un quarto degli intervistati che accetterebbe immediatamente e senza condizioni. Tra questi due estremi si colloca la maggior parte del campione, che sarebbe disposto ad accettare lavori manuali, ma solo ad alcune condizioni, prima fra tutte la presenza di uno stipendio adeguato. Anche in questo caso non crediamo che si tratti di una posizione intransigente, quanto di una risposta che rivela la diffusa conoscenza che i giovani liguri hanno delle attuali condizioni del mercato del lavoro e del livello delle retribuzioni connesse alle diverse mansioni.

Tab. 9.4 Si dice che i giovani italiani non siano disposti ad accettare di svolgere lavori manuali. Tu a quali condizioni accetteresti un'offerta di lavoro di questo tipo? (valori %)

Totale Disoccupati in cerca di lavoro

Non riescono ad arrivare a fine mese

Accetterei senza condizioni 27 44 47

Accetterei solo a fronte di uno stipendio adeguato

34 33 34

Accetterei solo con un contratto a tempo indeterminato

9 6 8

Accetterei ma solo temporaneamente 14 8 8

Accetterei con altre condizioni 4 1 0

Non accetterei mai 2 1 0

Non saprei 10 7 3 La tendenza ad accettare senza condizioni lavori manuali cresce al crescere dell’età (sfiorando il 30% delle risposte tra chi ha più di 25 anni) e raggiungendo il 44% tra i disoccupati e il 46% tra coloro che dichiarano di non riuscire ad arrivare a fine mese. E’ soprattutto la domanda su quanto siano importanti alcuni fattori per trovare lavoro per un giovane in Liguria ad offrire il quadro più crudo di come i giovani liguri vedono la propria realtà regionale. Tra i molti fattori elencati, quelli che sono individuati più importanti dalla maggior parte dei giovani liguri sono: avere delle raccomandazioni, conoscere persone influenti, avere fortuna e sapersi presentare bene. Solo il 44% dei giovani intervistati ritiene che le competenze siano un aspetto rilevante e ancora meno (41%) sottolinea l’importanza del titolo di studio. Creatività e coerenza con i propri valori, in questo contesto, appaiono addirittura fattori di rischio per trovare un lavoro, tanto che sono in assoluto all’ultimo posto della classifica tra i diversi item proposti.

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In questo quadro non stupisce, dunque, che circa il metà del campione, veda come via di sbocco accontentarsi di ciò che si trova o lasciare la propria terra per trasferirsi altrove.

Tab. 9.4 Importanza attribuita ad alcuni fattori per trovare lavoro. (% di intervistati che ha dato una valutazione superiore a 7 su una scala da 1 a 10) Raccomandazioni 60

Conoscenza di persone influenti 59

Fortuna 58

Sapersi presentare bene 56

Non arrendersi 55

Non avere troppe pretese, sapersi accontentare 47

Disponibilità a trasferirsi all’estero 46

Disponibilità a trasferirsi in un’altra regione 46

Competenza 45

Avere una rete di amici e conoscenti che possono aiutare 43

Disporre di un titolo di studio adeguato 41

Avere una bella presenza 38

Usare gli strumenti di ricerca del lavoro più efficaci 36

Avere una famiglia benestante 34

Creatività 32

Coerenza con i propri valori/ non accettare compromessi 25 La valutazione di questi aspetti è strettamente legata ad alcune variabili socio-strutturali. In particolare:

le donne tendono a dare maggiore importanza alle competenze, al fatto di avere una bella

presenza e di possedere una buona rete di amici e conoscenze e alla fortuna. Dal canto

loro, gli uomini sembrano decisamente più propensi ad accettare compromessi;

i più giovani tendono a dare minore importanza a tutti i fattori elencati, tranne che al fatto di

mantenere la coerenza con i propri valori e all’avere una buona rete di relazioni; i più

anziani, invece, sottolineano con più forza l’importanza della disponibilità a trasferirsi,

mentre nelle fasce d’età centrali si valuta più importante la possibilità di accedere a

raccomandazioni e di saper utilizzare gli strumenti di ricerca;

la presenza di difficoltà economiche a livello familiare, aumenta marcatamente l’importanza

delle raccomandazioni e della conoscenza di persone influenti (voci che assumono il valore

più alto in assoluto, proprio in questa categoria di intervistati) e riduce al minimo quella

della coerenza con i propri ideali; la maggiore propensione al trasferimento si registra tra

coloro che vivono con tranquillità dal punto di vista economico, ma che non si sentono

propriamente agiati.

Questa analisi rafforza l’interpretazione già descritta in precedenza, di come la collocazione sociale crei, in questo contesto economico, non solo differenti opportunità, ma strategie e aspettative molto diverse tra i giovani appartenenti ai diversi ceti sociali. Chi ha più risorse

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riesce a vedere il futuro in una dimensione di progettualità, sapendo che comunque ha una solida rete di riferimento che gli consentirà anche di compiere dei tentativi a vuoto e/o di commettere degli errori; chi, invece, ha meno risorse sente di dipendere maggiormente dal caso, o dall’influenza salvifica di qualche conoscente, mentre fatica a puntare su se stesso e sulle proprie potenzialità, spesso sottovalutate.

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Capitolo 10. L’apprendistato Il livello d’informazione tra i giovani sull’esistenza del contratto di apprendistato risulta elevata. L’82% degli intervistati dichiara di conoscerlo, anche se il 50% ritiene di sapere bene cosa sia e il rimanente 32% lo conosce in maniera superficiale. Il grado di conoscenza aumenta con l’aumentare dell’età degli intervistati: I meglio informati risultano essere i ragazzi di età compresa tra i 26 ed i 30 anni, ovvero quelli più vicini al mondo del lavoro e quindi maggiormente interessati alle nozioni inerenti la contrattualistica. Tra gli studenti soltanto il 35% conosce in maniera approfondita questo tipo di contratto. Risulta particolarmente poco noto agli iscritti alle scuole superiori, come il liceo e gli istituti tecnici. Notiamo che un’elevata percentuale di questi esprime l’intenzione a proseguire gli studi dopo il diploma, per cui evidentemente non è ancora proiettato nella realtà lavorativa.

Tab. 10.1 Conosci il contratto di apprendistato? (valore %)

TOTALE 16-18 anni 19-25 anni 26-30 anni

Sì 50 26 52 60

Sì, ma solo vagamente 32 32 33 31

No 14 36 11 6

Non saprei 4 6 4 3

Somma di sì e vagamente 82 58 85 90

Per quanto riguarda la disponibilità ad accettare questo tipo di contratto, il 50% dei giovani ha fornito una risposta affermativa, il 16% ha dato una risposta negativa, mentre il 30% si dichiara indeciso. Non sorprende che i disoccupati registrino una maggiore propensione ad accettare questo tipo di soluzione (62%). Gli studenti appaiono più restii a fare questa scelta, mentre tra chi già lavora, quasi la metà prende in considerazione l’opportunità dell’apprendistato, evidentemente in un’ottica prettamente formativa. Anche il 65% di chi è in possesso di un diploma di istituto professionale ha una propensione positiva verso l’apprendistato. Questo può dipendere dal fatto che chi ha conseguito un diploma professionale, ritiene che il percorso di studio svolto non gli sia stato sufficiente per poter svolgere appieno la professione. Questa ipotesi viene confermata se si nota che ben il 55% dei giovani suddetti accoglierebbe con favore il contratto in esame in quanto rappresenta un’esperienza formativa. Si mostrano più riluttanti ad accettare il periodo di apprendistato i giovani che hanno frequentato master, corsi di specializzazione post laurea o dottorati di ricerca, principalmente perché questo percorso non assicura l’assunzione a tempo indeterminato. Tra gli studenti, in particolare tra i più giovani e quelli iscritti alle scuole superiori molti sono indecisi sull’intenzione a usufruire dell’apprendistato o meno, causa la carenza delle informazioni al proposito.

Tab. 10.2 Saresti disposto a lavorare per 2 o 3 anni con uno stipendio ridotto per avere la possibilità di sviluppare meglio le tue competenze attraverso l'apprendistato? (valore %)

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47

Sì 50

No 16

Non so 34

La principale motivazione che spinge i giovani ad accogliere positivamente la prospettiva dell’apprendistato è la considerazione che esso rappresenti un’occasione importante per fare un’esperienza formativa. Un rispondente su tre invece mette meno in risalto i benefici relativi alla crescita personale ponendo in primo piano l’opportunità occupazionale, ovvero la possibilità di assunzione a tempo indeterminato dopo la conclusione dell’apprendistato. Il 18% lo accetterebbe semplicemente perché reputa che al giorno d’oggi bisogna accettare qualsiasi occasione che possa condurre all’ottenimento di un posto di lavoro.

Tab. 10.3 Per quale motivo saresti disposto ad accettare questo tipo di offerta? (valore %)

Sarebbe un'occasione importante per fare un'esperienza formativa 49

Sarebbe un'occasione per essere assunto a tempo indeterminato 32

Oggi bisogna accettare qualsiasi lavoro 18

Altro 1

Il fatto che l’apprendistato non assicuri un’assunzione una volta concluso rappresenta la ragione dominante per le reticenze nei suoi confronti. L’aspetto formativo quindi non è ritenuto sufficiente per considerarlo valido. Il 22%, pensa che le aziende non offrano una formazione adeguata agli apprendisti e il 12% che non sia un’esperienza formativa ai fini curricolari.

Tab. 10.4 Per quale motivo non saresti disposto ad accettare questo tipo di offerta? (valore %)

Non dà sicurezza di assunzione, una volta terminato il periodo di apprendistato 54

Spesso le aziende non forniscono un’adeguata formazione agli apprendisti 22

Non è un’esperienza formativa importante ai fini curricolari 12

Altro 12

Le convinzioni dei giovani sul contratto di apprendistato sono piuttosto contrastanti. La percezione negativa o positiva dell’apprendistato è influenzata principalmente da due variabili, la possibilità di ricevere una formazione professionale e l’eventualità che al contratto in esame segua un’assunzione definitiva. Dunque, la disponibilità ad accettare o meno l’apprendistato dipende dal peso che intervistati attribuiscono a queste due variabili.

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Conclusioni L’istantanea scattata da questa ricerca mostra una generazione messa in forte difficoltà dalla crisi economica e occupazionale, ma che non se ne sente travolta. L’attuale congiuntura è certamente una delle peggiori negli ultimi 60 anni per chi rientra nella classe d’età in cui bisogna entrare nel mondo del lavoro e intraprendere la strada professionale che bene o male incide in buona parte sulla qualità dell’intera vita. I giovani liguri dimostrano di essere consapevoli della situazione e se prima di compiere i 20 azzardano ancora qualche sogno o alta ambizione, crescendo adottano un atteggiamento sempre più realistico e razionale, correggono al ribasso le aspettative per il proprio futuro e si mostrano sempre meno esigenti nei confronti delle scelte dell’impiego da svolgere. Un clima di disillusione alimentato da diffuse preoccupazioni riguardo alla possibilità di trovare un lavoro e, più in là, godere di una pensione, il che porta ad aspirare meno a folgoranti carriere, grandi successi o redditi stratosferici, tarando le ambizioni invece su bisogni primari, come trovare un lavoro stabile, possibilmente interessante e in un ambiente positivo. Ciononostante, i giovani liguri non sembrano essere sopraffatti dal pessimismo, né dallo scoraggiamento. Pochi si prefigurano un futuro senza il posto di lavoro e tra chi è già occupato traspare una moderata soddisfazione per le condizioni lavorative, anche se queste sono lontane dall’essere ideali. Sembrano inoltre rendersi conto che la piazza non offre grandi alternative, per cui la gran parte conta di tenersi l’attuale impiego senza volerlo cambiare. Alla consapevolezza delle difficoltà che caratterizzano questo periodo si affianca una notevole disponibilità al sacrificio e ad accettare lavori non propriamente conformi alle proprie aspirazioni, anche quelli manuali. Molti giovani sono pronti pure a lasciare la propria terra per rincorrere un futuro positivo. Per dirla con un termine che ha recentemente scatenato polemiche, i giovani liguri si mostrano poco “choosy”. In particolare, si rivelano alquanto modesti per quanto riguarda le esigenze in termini di retribuzione. Il trattamento economico, seppure rilevante, non risulta prioritario nella valutazione che gli intervistati danno del generico posto di lavoro e spesso esprimono una generale soddisfazione per il lavoro che stanno svolgendo pur considerandosi sottopagati. I fattori più rilevanti sono la stabilità, ovvero la ricerca di sicurezza, e l’opportunità di svolgere l’attività in un contesto gradevole, ovvero fare un lavoro che piace avendo un buon rapporto con colleghi e superiori. Le possibilità per fare carriera e raggiungere posizioni elevate nelle gerarchie aziendali vengono ritenute utopistiche dalla maggior parte dei giovani lavoratori e molti sembrano già averci messo una croce sopra. Sul fronte del lavoro autonomo traspare una certa frustrazione. Vi è una forte tendenza ad ambire a lavorare in proprio, ma parallelamente si evidenzia un altrettanto robusto timore a lanciarsi in avventure imprenditoriali. L’andamento e le implicazioni della crisi scoraggiano i giovani a tentare di aprire una propria azienda. Di conseguenza diventano cospicue le aspirazioni a una forma di lavoro autonomo apparentemente meno rischiosa, quella delle libere professioni. Ma, aldilà delle ambizioni personali, il vero problema è naturalmente trovarla l’occupazione. I giovani si adoperano tramite diversi canali, invio di curriculum, facendo stage nelle aziende, rispondendo ad annunci ecc. Di questi canali “formali” alcuni risultano più efficaci, altri meno, ma la constatazione principale è che spesso sia l’utilizzo dei contatti personali, amici, parenti, persone influenti, a rivelarsi determinante per conquistare un impiego. Secondo la percezione prevalente i criteri meritocratici passano in secondo piano, mentre sono di primaria importanza le conoscenze giuste. Da una parte questo viene ritenuto un sistema consolidato e dato per acquisito, d’altro canto esso provoca diffusi sentimenti di frustrazione tra chi non può contare su contatti utili, anche perché solitamente si tratta di soggetti che già partono da una posizione svantaggiata. I giovani che originano da nuclei famigliari di livello socio-economico più basso tendono infatti ad avere meno legami con il mondo del lavoro e spesso un tortuoso percorso formativo rende difficile creare

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una propria rete relazionale. Di conseguenza sono ancor più penalizzati nella ricerca del posto di lavoro. Le conoscenze personali o famigliari sono dunque centrali nell’ambito dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma una parte consistente della convergenza tra le due si realizza anche tramite un contatto diretto tra chi cerca un’occupazione e l’impresa. Si rivela invece piuttosto debole il ruolo ricoperto dagli intermediari, come i centri per l’impiego, le agenzie interinali e i servizi pubblici di orientamento, i quali suscitano poca fiducia tra i giovani in cerca di occupazione. In particolare, la fruizione delle attività dedicate all’orientamento è molto limitata, nonché da pochi ritenuta un valido aiuto nella scelta del percorso da intraprendere. Appare evidente la necessità di un rafforzamento di questo importante strumento. La ricerca del lavoro via internet è piuttosto diffusa, ma sembra ancora in una fase di sviluppo, considerato che i risultati conseguiti non sono brillanti, mentre mostra un discreto potenziale la pratica dei tirocini, anche in forza del fatto che molti giovani vi affidano le proprie speranze di trovare un lavoro. L’elevato livello di disoccupazione presuppone che il disagio abbia colpito pressoché tutte le fasce della popolazione giovanile. Tuttavia alcune categorie versano in una situazione particolarmente critica, come ad esempio le donne e chi ha un’età compresa tra 19 e 25 anni. I dati mostrano chiaramente una marcata difficoltà nella ricerca dell’impiego per la componente femminile. Ma a incidere in maniera significativa è anche l’estrazione sociale. I soggetti provenienti dagli strati più elevati hanno in media un titolo di studio più alto. La laurea e i titoli post-laurea non sono certo una garanzia per conseguire un impiego, però riescono ad agevolare la ricerca in maniera rilevante. La quota di giovani che optano per gli studi accademici non è elevata, ma spesso non si tratta di una mera scelta personale. Infatti, uno degli effetti deleteri di questa crisi economica è anche la diffusione di casi di giovani che non hanno la possibilità di proseguire gli studi a causa dei costi troppo alti da sostenere. In parte questo vale anche per corsi di formazione professionale. E ancora una volta, a esserne penalizzati sono i giovani che appartengono a famiglie meno abbienti. L’indagine ha studiato da vicino il segmento degli inoccupati che non cercano lavoro. Ci si aspettava di trovare persone demotivate e scoraggiate dalla grave situazione congiunturale, mentre l’atteggiamento rilevato è risultato del tutto diverso. La propensione a svolgere un’attività lavorativa è viva, ma essa non viene ritenuta prioritaria. Questi soggetti antepongono all’occupazione altri aspetti della vita, soprattutto il ruolo di madre, ma anche le amicizie e gli affetti, per cui diventano più esigenti nel valutare le condizioni lavorative offerte. Emerge soprattutto un problema di conciliazione tra lavoro e oneri famigliari per madri in giovane età. Tra i maschi, invece, la non ricerca del lavoro, anche da parte dei disoccupati, sembra essere più una questione accidentale e momentanea, che una scelta o una condizione di lungo periodo. Tra le persone che abbiamo incontrato, sembra essere più il risultato di una scelta di attesa e di valutazione, che una rinuncia definitiva alla speranza di avere un’occupazione. Il quadro delineato dalla ricerca mette in luce una situazione complessa e disagevole, ma tutto sommato ancora sostenibile. Per il momento i giovani conservano un atteggiamento positivo senza abbandonarsi al pessimismo e allo sconforto, ma le dinamiche in atto segnalano un serio rischio di un’accentuazione delle problematiche sociali. Oltre a un generale impoverimento economico vi sono altre insidie che minacciano la tenuta del tessuto sociale regionale, come ad esempio l’ampliamento delle differenze tra i ceti bassi e quelli più elevati e una regressione del processo che dovrebbe portare alle pari opportunità di partenza, nonché all’uguaglianza di genere nell’ambito occupazionale. Essendo, inoltre, le opportunità lavorative nel contesto regionale sempre più limitate, le condizioni offerte dai datori di lavoro diventano spesso penalizzanti, il che può portare a un calo della qualità del lavoro e delle tutele.

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Le istituzioni sono dunque chiamate a interventi incisivi su tali questioni per evitare un progressivo degrado della situazione sociale e per preservare quel costruttivo approccio alla realtà che per il momento i giovani liguri ancora riescono a manifestare. In particolare, la richiesta dei giovani non ha tanto a che vedere con l’aumento numerico degli sportelli e dei servizi esistenti, quanto in una loro trasformazione qualitativa che vada più nella direzione della presa in carico e della coprogettazione individuale (magari attraverso il metodo del coaching) piuttosto che nell’erogazione di prestazioni a tavolino. Ciò detto, i giovani intervistati sembrano avere la consapevolezza che la ricerca di un’occupazione sia un compito loro e non delle istituzioni. A queste però si chiede di favorire la ripresa del mercato sostenendo le aziende e di garantire i diritti fondamentali, difendendo i giovani lavoratori dagli abusi a cui sono esposti da parte di un mercato fortemente instabile e parcellizzato.

La ricerca, realizzata da SWG spa per conto della Regione Liguria, è stata coordinata da Rado Fonda. Gli autori dei testi sono Riccardo Grassi (Capitoli 4,5,6,9), Elena Parovel (Capitolo 3), Gioia Simeone (Capitolo 10), Rado Fonda (Premessa, Metodologia, Capitoli 1,2,7,8 e Conclusioni). Alla

fase qualitativa della ricerca ha collaborato inoltre Vera Pellegrino.

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APPENDICE A: Il questionario dell’indagine

quantitativa Dom. 1 e 2 Testo privacy

Dom. 3 Sei:

• maschio

• femmina

Dom. 4 Fascia di età:

• 16-18 anni

• 19-25 anni

• 26-30 anni

Dom. 5 Provincia di residenza:

• Genova

• Imperia

• La Spezia

• Savona

Dom. 6 Quanto sono importanti nella tua vita i seguenti aspetti? Per ciascun

aspetto indica se lo reputi molto, abbastanza, poco o per niente importante.

• La famiglia

• Gli amici

• Il lavoro

• Avere cura della propria salute

• Divertirsi e godersi la vita

• Stare bene economicamente

• Avere successo

• Stare bene con il proprio partner

• Essere solidali con chi ha meno

• Lo studio

• Lo sport

• Essere impegnati socialmente

• La religione

• L'attività' politica

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Dom. 7 Secondo te, nella società di oggi, di cosa c'e' più bisogno per riuscire ?

(possibili più risposte)

• Essere competitivi

• Avere capacità di adattamento

• Essere veloci

• Non avere scrupoli

• Essere preparati e competenti

• Essere determinati

• Avere spirito di sacrificio

• Avere fortuna

• Essere capaci di gestire le relazioni con gli altri

• Avere le conoscenze giuste

• Essere ricchi

• Creatività/ capacità di innovazione

• Non saprei

Preferisco non rispondere

Dom. 8 Quali sono i valori più diffusi nella società contemporanea? (possibili più

risposte)

• Il profitto

• Il rispetto della legge

• La solidarietà

• La tolleranza verso la diversità

• Il rispetto del merito

• L'egoismo

• La cultura

• Il rispetto delle persone

• L'uguaglianza

• La sicurezza

• L'onesta'

• La famiglia

• La libertà

• Il lavoro

• La giustizia

• La pace

Dom. 9 In quale delle seguenti affermazioni ti riconosci di più?

• Nella vita è necessario fare progetti di lungo periodo e darsi da fare per

realizzarli

• E' inutile fare tanti progetti, è meglio vivere il presente

• Nella vita bisogna raggiungere una situazione stabile e sicura

• Nella vita è bello fare esperienze nuove e continuamente diverse

• La vita è un po' come un gioco, bisogna rischiare per vincere

• La vita è un viaggio senza scelte definitive e i luoghi sono solo di passaggio

• Non saprei

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Dom. 10 E sei molto, abbastanza, poco o per niente d'accordo con ciascuna di

queste affermazioni?

• Una società giusta deve sostenere in particolare le persone più deboli e

svantaggiate

• E' giusto che a tutti siano garantite uguali possibilità di riuscita scolastico -

professionali, indipendentemente dalle condizioni socioeconomiche di ciascuno

• In una società giusta tutti sono uguali, con gli stessi diritti, ma riesce di più

chi è più capace e meritevole

• La maggior parte delle persone povere lo sono per colpa loro

Dom. 11 Quali pensi siano i rischi maggiori per il tuo futuro?

• Avere un lavoro precario

• Dovermi accontentare di un lavoro che non mi piace

• Rimanere disoccupato

• Non avere il necessario per vivere

• Non avere un lavoro adeguato al mio titolo di studio

• Non avere la pensione

• Non veder riconosciuti i miei meriti

• Non poter acquistare una casa

• Dover ritardare il momento in cui formare una mia famiglia/avere figli

• Non poter garantire ai miei figli un'istruzione adeguata

• Non poter accedere ai servizi medici e sanitari

• Dover rinunciare ai miei sogni e alle mie aspirazioni

• Avere un lavoro peggiore di quello dei miei genitori

• Non penso di correre rischi

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 12 Per quanto concerne il tuo futuro, saresti contento di rimanere nella tua

zona, oppure preferiresti spostarti altrove?

• Vorrei sicuramente spostarmi altrove

• Sarei disposto a spostarmi altrove, se fosse utile per il mio futuro

• Sarei disposto a spostarmi altrove solo se fosse assolutamente necessario

• Non sarei assolutamente disposto a spostarmi altrove

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 13 E come ti vedi tra 10 anni?

• Senza un lavoro

• Studente

• Con un lavoro precario

• Con un lavoro stabile (da dipendente)

• Con un lavoro autonomo

• Non saprei

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Dom. 14 Hai mai lavorato?

• Sì, in modo stabile

• Sì, saltuariamente

• No, mai

Dom. 15 Qual e' il titolo di studio di cui disponi o che stai conseguendo:

• Elementare/privo di titolo

• Media inferiore

• Superiori in corso

• Diploma di istituto professionale (3 anni)

• Diploma di maturità (5 anni)

• Università in corso/nessuna laurea conseguita

• Diploma universitario/laurea breve

• Laurea triennale di I livello

• Laurea specialistica di II livello o laurea 4-5 anni

• Master/scuola di specializzazione post laurea

• Dottorato di ricerca

• Preferisco non rispondere

Dom. 16 Attualmente sei:

• Studente

• Studente - lavoratore

• Lavoratore

• In cerca di prima occupazione

• Disoccupato

• Non studente, non occupato e non in cerca di lavoro

Dom. 17 (STUDENTE)E in particolare sei iscritto a:

• Scuola media

• Liceo

• Istituto tecnico

• Istituto professionale

• Centro di formazione professionale

• Università

Dom. 18 Nel corso dei tuoi studi, hai dovuto ripetere qualche anno?

• No, mai

• Sì, per un anno

• Sì, per più anni

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Dom. 19 Come valuti (molto positivamente, abbastanza positivamente, né

positivamente né negativamente, abbastanza negativamente, molto

negativamente) la scuola che stai frequentando per quanto riguarda:

• le possibilità di lavoro dopo il diploma

• le conoscenze teoriche che ti sta dando

• le competenze professionali che ti sta dando

• le esperienze che ti sta permettendo di fare

Dom. 20 Secondo te è molto, abbastanza, poco o per niente importante studiare

per...?

• fare un lavoro che piace

• fare un lavoro che fa guadagnare molto

• avere maggiori possibilità di trovare lavoro

• avere le conoscenze necessarie per vivere in un mondo complesso

Dom. 21 Secondo te, chi oggi studia, vivrà in futuro, rispetto ai propri genitori:

• Meglio

• In maniera più o meno uguale

• Peggio

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 22 Pensi che quando avrai terminato le scuole superiori...

• proseguirò gli studi all'università'

• cercherò un lavoro

• farò entrambe le cose

• non saprei

• preferisco non rispondere

Dom. 23 A(CHI PROSEGUIRA’GLI STUDI)E verso quale area pensi di orientarti?

• giuridico - politica

• tecnico-scientifica

• umanistica

• economica-sociale

• sanitaria

• artistica

• altro

• non saprei

• preferisco non rispondere

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Dom. 24 Dopo la laurea, quale impiego ti piacerebbe svolgere?

• Alle dipendenze come: dirigente, amministratore pubblico/privato,

membro di corpi legislativi e di governo

• Alle dipendenze come: quadro / funzionario direttivo

• Alle dipendenze come: insegnante

• Alle dipendenze come: impiegato di concetto

• Alle dipendenze come: impiegato generico

• Alle dipendenze come: personale paramedico (infermiere, fisioterapista,

ecc.)

• Alle dipendenze come: professioni qualificate nel commercio e nei servizi (

commesso, cassiere, cuoco, cameriere, parrucchiere, addetto a servizi di

sicurezza, operatore di call center, ecc.)

• Alle dipendenze come: operaio

• Alle dipendenze come: apprendista

• Alle dipendenze come: lavorante presso il proprio domicilio per conto

imprese

• Alle dipendenze come: forze armate

• Autonomo come: imprenditore

• Autonomo come: libero professionista (iscritto all'albo)

• Autonomo come: lavoratore autonomo (non iscritto all'albo)

• Autonomo come: artigiano

• Autonomo come: commerciante

• Autonomo come: coltivatore diretto

• Autonomo come: socio di cooperativa

• Autonomo come: coadiuvante d'impresa familiare

• Altro (specificare)

Dom. 25 (CHI RISPONDE ALTRO) Quale altro impiego?

Dom. 26 (NON STUDENTI) Perché non hai continuato a studiare?

• Ho raggiunto il titolo che volevo

• Non avevo più voglia di studiare

• Mancanza di tempo

• I costi erano eccessivi

• Avevo difficoltà a studiare, non riuscivo

• Non mi piaceva l'ambiente

• avevo problemi familiari e personali

• Ho trovato un lavoro

• avevo avuto cattivi rapporti con i professori

• Non ho trovato una scuola che mi interessava

• Un titolo di studio non serve a niente

• Non imparavo niente di utile per il mio futuro

• Altro

• Preferisco non rispondere

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Dom. 27 (NON OCCUPATO NE’ IN CERCA OCCUPAZIONE)Per quale motivo non sei

in cerca di un'occupazione?

• Motivi familiari (maternità, per prendersi cura dei figli e/o altre persone non

autosufficienti, etc.)

• Ho problemi di salute che non mi permettono di lavorare

• non mi interessa lavorare

• Non ho bisogno di lavorare

• Sono impegnato in attività di studio/formazione professionale non

• Sto svolgendo un'attività' non retribuita (volontariato,etc.)

• Sono scoraggiato, e' impossibile trovare lavoro

• Le mie competenze professionali sono troppo modeste per trovare un

lavoro

• Sono in attesa di iniziare un lavoro

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 28 (MOTIVI FAMILIARI) Se nella zona in cui vivi esistessero adeguati e

economici servizi di supporto alla famiglia (cura per i bambini e per le persone

non autosufficienti), cercheresti lavoro?

• Sì

• No

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 29 Anche se attualmente non sei in cerca di un'occupazione, nel caso si

presentasse un'occasione, saresti disponibile a lavorare?

• Sarei sicuramente disponibile a lavorare

• Dipende da come è l'offerta di lavoro

• Non sarei comunque disponibile a lavorare

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 30 (LAVORATORI) Che tipo di contratto lavorativo hai?

• Contratto a tempo indeterminato

• Contratto flessibile (contratti atipici, stage, lavoro interinale,...)

• Apprendistato

• Contratto a tempo determinato

• Autonomo/partita IVA

• Non ho un contratto regolare

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Dom. 31 In che settore economico lavori?

• Lavoro nel campo dell'agricoltura/allevamento

• Lavoro nel campo della pesca

• Lavoro in un’industria manifatturiera

• Lavoro in un negozio/centro commerciale

• Lavoro in un ente pubblico

• Lavoro in un’impresa di servizi alle persone

• Lavoro in un’impresa di servizi alle imprese

• non so collocarmi

• Preferisco non rispondere

Dom. 32 E attraverso quale canale hai trovato lavoro?

• Ho chiesto aiuto a una persona influente

• Ho chiesto l'aiuto di parenti, amici, conoscenti

• Ho inviato direttamente il curriculum all'azienda

• Ho usato siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...)

• Ho risposto a un annuncio trovato sul giornale o in internet

• Ho avviato una mia attività

• Ho partecipato a concorsi pubblici

• Mi sono rivolto a un'agenzia del lavoro

• Mi sono fatto aiutare dai servizi che offre la mia scuola/università

• Mi sono rivolto ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i

giovani

• Sono andato all'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici

• Ho messo un annuncio sul giornale o in internet

• Ho cercato lavoro attraverso i social network

• Preferisco non rispondere

Dom. 32bis (LAVORATORI E DISOCCUPATI IN CERCA DI LAVORO) Attraverso quale

canale hai cercato lavoro? (possibili più risposte)

• Ho chiesto aiuto a una persona influente

• Ho chiesto l'aiuto di parenti, amici, conoscenti

• Ho inviato direttamente il curriculum alle aziende

• Ho usato siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...)

• Ho risposto annunci trovati sul giornale o in internet

• Ho cercato di avviare una mia attività

• Ho partecipato a concorsi pubblici

• Mi sono rivolto a un'agenzia del lavoro

• Mi sono fatto aiutare dai servizi che offre la mia scuola/università

• Mi sono rivolto ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i

giovani

• Sono andato all'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici

• Ho messo annunci sul giornale o in internet

• Ho cercato lavoro attraverso i social network

• Preferisco non rispondere

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Dom. 33 (LAVORATORI) Pensando al tuo lavoro attuale, quanto sei soddisfatto

riguardo ai seguenti aspetti? Per ciascun aspetto indica se sei molto, abbastanza,

poco o per niente soddisfatto.

• La distanza tra posto di lavoro e abitazione

• Il rapporto con i colleghi

• Il rapporto con i superiori

• Le responsabilità che ti sono attribuite

• L'interesse per le cose di cui ti occupi

• La possibilità di imparare cose nuove

• La stabilità del posto di lavoro

• La corrispondenza tra il lavoro che fai e le tue capacità

• Possibilità di conciliare la vita lavorativa con altri interessi p

• L'utilità' sociale del lavoro che fai

• Il prestigio del lavoro che fai

• La possibilità di organizzarmi sul lavoro come preferisco

• L'ambiente di lavoro

• la retribuzione

• L'opportunità' di fare carriera

• La coerenza con il tuo percorso di studi

Dom. 34 Pensando al tuo lavoro attuale, stai pensando di cambiarlo?

• Sì, considero il mio lavoro attuale solo provvisorio e desidererei cambiarlo

• No, almeno per adesso non desidero cambiarlo

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 35 (TUTTI) Quanto sono stati importanti nelle tue scelte scolastiche e

lavorative i seguenti soggetti? Per ciascuno di essi indica se è stato molto,

abbastanza, poco o per niente importante.

• I tuoi genitori

• La scuola e i professori

• Gli amici

• I servizi di orientamento (sportelli, fiere, ecc...)

• Conoscenti adulti che ti hanno dato consigli

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Dom. 36 Secondo te, i seguenti strumenti possono aiutarti (o ti avrebbero aiutato)

molto, abbastanza, poco o per niente, a capire che lavoro vorresti (volevi) fare da

grande? Esprimi un giudizio per ciascuno strumento elencato.

• Servizi di orientamento di scuole/università

• Stage in azienda durante il percorso di studio

• Incontri per comprendere come funziona il mondo del lavoro e quali sono

i lavori più richiesti

• Informazioni dettagliate sulle diverse tipologie di contratti per i giovani

• Consigli dei genitori o di conoscenti

• Test attitudinali per individuare il lavoro più idoneo

• Servizi delle agenzie del lavoro

Dom. 37 Per trovare lavoro, in una scala da 1 a 10, quanto sono efficaci, secondo

te, i seguenti canali?(1=per niente efficace, 10= molto efficace)

• chiedere aiuto a una persona influente

• Chiedere l'aiuto di parenti, amici, conoscenti

• Inviare direttamente il curriculum all'azienda

• Usare siti internet per la ricerca di lavoro (monster, infojobs,...)

• Rispondere a un annuncio trovato sul giornale o in internet

• Partecipare a concorsi pubblici

• Rivolgersi a un'agenzia del lavoro

• Farsi aiutare dai servizi che offre la propria scuola/università

• Rivolgersi ai servizi pubblici di informazione e orientamento per i giovani

• Andare all'ufficio di collocamento/centri per l'impiego pubblici

• Mettere un annuncio sul giornale o in internet

• Cercare lavoro attraverso i social network

Dom. 37bis (DISOCCUPATI IN CERCA DI LAVORO) A tuo parere, per quale motivo

non hai ancora trovato lavoro? (domanda a risposta aperta)

Dom. 38 Ti sei mai rivolto ai servizi pubblici e privati per l'impiego (CPI)?

• Mi sono rivolto ai CPI

• Mi sono rivolto alle agenzie per il lavoro o a una struttura di

intermediazione pubblica o privata diversa da un CPI

• Non mi sono mai rivolto a un CPI

• Preferisco non rispondere

Dom. 39 Saresti disposto a spostarti dal tuo luogo di origine per motivi di lavoro?

• Sì, ma restando all'interno della Liguria

• Sì, in un'altra Regione italiana

• Sì, in un paese dell'Unione Europea

• Sì, all'estero

• No, non sarei disposto a spostarmi per motivi di lavoro

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

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Dom. 40 E per quanto tempo saresti disposto a vivere lontano da casa?

• Lo farei anche per un periodo molto lungo

• Lo farei anche per un periodo abbastanza lungo

• Lo farei solo per un periodo breve

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 41 Pensando ai tuoi progetti e alle tue aspirazioni, secondo te, il territorio in

cui vivi è in grado di offrirti delle adeguate opportunità di studio e di lavoro?

• Sì, la Liguria offre molte opportunità

• Sì, la Liguria offre abbastanza opportunità

• La Liguria offre qualche opportunità

• No, la Liguria offre poche opportunità

• No, la Liguria non offre nessuna opportunità

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 42 Pensando al senso che ha per te il lavoro, quale delle seguenti definizioni

rappresenta meglio la tua idea? Lavorare è...

• Portare a casa uno stipendio

• Alzare lo standard economico di vita

• Un’occasione di realizzazione personale

• Una necessità che limita la vita personale

• Un modo per diventare una persona che conta

• Un modo per fare del bene agli altri

• Un'occasione per allargare la propria cerchia di conoscenze

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 43 Se potessi scegliere il tuo lavoro, dove preferiresti lavorare?

• Dipendente di una multinazionale

• Nel settore pubblico

• Avviare una tua attività imprenditoriale (azienda, negozio, etc.)

• Libero professionista

• Dipendente di una grande impresa italiana

• Dipendente di una piccola/media impresa italiana

• Dipendente di una cooperativa

• Nel terzo settore (es. cooperative sociali, enti no profit, etc.)

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

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Dom. 44 Pensando in generale al lavoro, quanto sono importanti i seguenti

aspetti? Per ciascun aspetto indica se è molto, abbastanza, poco o per niente

importante.

• La distanza tra posto di lavoro e abitazione

• Il rapporto con i colleghi

• Il rapporto con i superiori

• Le responsabilità che vengono attribuite

• L'interesse per le cose che si fanno

• La possibilità di imparare cose nuove

• La stabilità del posto di lavoro

• La corrispondenza tra il lavoro che si fa e le capacità del lavoratore

• Possibilità di conciliare la vita lavorativa con altri interessi personali

• L'utilità' sociale del lavoro che si fa

• Il prestigio del lavoro che si fa

• La possibilità di organizzarmi sul lavoro come preferisco

• L'ambiente di lavoro

• La retribuzione

• L'opportunità' di fare carriera

• La coerenza con il percorso di studi fatto

Dom. 45 Si dice che i giovani italiani non siano disposti ad accettare di svolgere

lavori manuali. Tu a quali condizioni accetteresti un'offerta di lavoro di questo tipo?

• Accetterei senza condizioni

• Accetterei solo a fronte di uno stipendio adeguato

• Accetterei solo con un contratto a tempo indeterminato

• Accetterei ma solo temporaneamente

• Accetterei con altre condizioni

• Non accetterei mai

• Non saprei/ Preferisco non rispondere

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Dom. 46 Quanto ritieni importanti i seguenti fattori affinché un giovane possa

trovare lavoro oggi? Per ogni fattore indica il grado di importanza utilizzando una

scala di valutazione che va da 1(per niente importante) a 10(molto importante).

• Conoscenza di persone influenti

• Creatività

• Competenze

• Coerenza con i propri valori/non accettare compromessi

• Disponibilità a trasferirsi all'estero

• Disponibilità a trasferirsi in un'altra regione

• Avere una bella presenza

• Avere una rete di amici e conoscenti che possono aiutare

• Non arrendersi

• Fortuna

• Raccomandazioni

• Sapersi presentare bene

• Disporre di un titolo di studio adeguato

• Non avere troppe pretese, sapersi accontentare

• Avere una famiglia benestante

• Usare gli strumenti di ricerca del lavoro più efficaci

Dom. 47 Conosci il contratto di apprendistato?

• Sì

• Sì, ma solo vagamente

• No

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 48 Saresti disposto a lavorare per 2 o 3 anni con uno stipendio ridotto per

avere la possibilità di sviluppare meglio le tue competenze attraverso

l'apprendistato?

• Sì

• No

• Non so

• Preferisco non rispondere

Dom. 49 Per quale motivo saresti disposto ad accettare questo tipo di offerta?

• Sarebbe un'occasione importante per fare un'esperienza formativa

• Sarebbe un'occasione per essere assunto a tempo indeterminato

• Oggi bisogna accettare qualsiasi lavoro

• Altro

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

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Dom. 50 Per quale motivo non saresti disposto ad accettare questo tipo di offerta?

• Non da' sicurezza di assunzione, una volta terminato il periodo di

apprendistato

• Non è un'esperienza formativa importante ai fini curricolari

• Spesso le aziende non forniscono un'adeguata formazione agli apprendisti

• Altro

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 51 Secondo te, chi dovrebbe essere pagato di più?

• Chi fa un lavoro più faticoso

• Chi sa fare meglio il suo mestiere

• Chi è più produttivo

• Chi ha un titolo di studio più elevato

• Chi ha maggiore responsabilità

• Chi ha più anzianità

• Tutti dovrebbero avere più o meno la stessa paga

• Non saprei

• Preferisco non rispondere

Dom. 52 Attualmente vivi:

• da solo

• con i tuoi genitori

• con un/a compagno/a

• con degli amici

• con fratelli/altri parenti

Dom. 53 Hai figli?

• Sì, uno

• Sì, più di uno

• No

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Dom. 54 Qual e' la tua posizione professionale?

• Alle dipendenze come: dirigente, amministratore pubblico/privato,

membro di corpi legislativi e di governo

• Alle dipendenze come: quadro / funzionario direttivo

• Alle dipendenze come: insegnante

• Alle dipendenze come: impiegato di concetto

• Alle dipendenze come: impiegato generico

• Alle dipendenze come: personale paramedico (infermiere, fisioterapista,

ecc.)

• Alle dipendenze come: professioni qualificate nel commercio e nei servizi (

commesso, cassiere, cuoco, cameriere, parrucchiere, addetto a servizi di

sicurezza, operatore di call center, ecc.)

• Alle dipendenze come: operaio

• Alle dipendenze come: apprendista

• Alle dipendenze come: lavorante presso il proprio domicilio per conto

imprese

• Alle dipendenze come: forze armate

• Autonomo come: imprenditore

• Autonomo come: libero professionista (iscritto all'albo)

• Autonomo come: lavoratore autonomo (non iscritto all'albo)

• Autonomo come: artigiano

• Autonomo come: commerciante

• Autonomo come: coltivatore diretto

• Autonomo come: socio di cooperativa

• Autonomo come: coadiuvante d'impresa familiare

• Altro (specificare)

Dom. 55 (CHI HA RISPOSTO ALTRO) Quale altra professione?

Dom. 56 Il reddito tuo/della tua famiglia ti consente di vivere:

• agiatamente

• con tranquillità

• avverti delle difficoltà

• arrivi a fine mese con molte difficoltà

• ti senti povero non riesci mai ad arrivare a fine mese

• preferisco non rispondere

Dom. 57 Ancora solo qualche domanda. Dove sono nati i tuoi genitori? Indica

per ciascun genitore se è nato in Italia o in uno Stato Estero.

• Padre

• Madre

Dom. 58 (CHI RISPONDE STATO ESTERO)In che Stato Estero e' nato tuo padre?

Dom. 59 (CHI RISPONDE STATO ESTERO)In che Stato Estero e' nata tua madre?

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Dom. 60 e 61 Quale lavoro fa (o faceva in passato) tuo padre? (Se deceduto, in

pensione, in cassa integrazione o disoccupato fare riferimento all'ultima

professione svolta)

• Non abile al lavoro

• Non occupato/a (casalinga, in cerca di lavoro...)

• Dirigente

• Quadro/funzionario direttivo

• Insegnante

• Impiegato di concetto

• Impiegato esecutivo

• Capo operaio

• Operaio specializzato o qualificato

• Operaio comune

• Imprenditore (15 o più dipendenti)

• Libero professionista (iscritto a un albo professionale)

• Lavoratore autonomo non iscritto a un albo professionale

• Artigiano

• Commerciante

• Coltivatore diretto

• Coadiuvante familiare

• Socio di cooperativa

• Altro (specificare)

Dom. 62 e 63 Quale lavoro fa (o faceva in passato) tua madre?

• Non abile al lavoro

• Non occupato/a (casalinga, in cerca di lavoro...)

• Dirigente

• Quadro/funzionario direttivo

• Insegnante

• Impiegata di concetto

• Impiegato esecutivo

• Capo operaio

• Operaia specializzato o qualificato

• Operaia comune

• Imprenditrice (15 o più dipendenti)

• Libera professionista (iscritta a un albo professionale)

• Lavoratrice autonoma non iscritta a un albo professionale

• Artigiana

• Commerciante

• Coltivatrice diretta

• Coadiuvante familiare

• Socia di cooperativa

• Altro (specificare)

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Dom. 64 Quale titolo di studio hanno ottenuto tuo padre e tua madre?

• Padre ___________

• Madre___________

Dom. 65 All'incirca quanti libri ci sono a casa tua (escludi quelli scolastici)?

• Nessuno o pochissimi (0-10 libri)

• Abbastanza da riempire una mensola (11-25 libri)

• Abbastanza da riempire uno scaffale (26-100 libri)

• Abbastanza da riempire due scaffali (101-200 libri)

• Abbastanza da riempire tre o più scaffali (più di 200 libri)

Dom. 66 Ampiezza centro

• fino a 5.000

• da 5.001 a 10.000

• da 10.001 a 30.000

• da 30.001 a 100.000

• da 100.001 a 250.000

• più di 250.000

Dom. 67 Il tuo comune di residenza è un capoluogo di provincia?

• si

• no

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APPENDICE B: Traccia dei colloqui qualitativi

con i NEET parte prima: ricostruzione dei percorsi formativi e lavorativi

1. Ci racconta in pochi minuti chi è lei, quali sono stati i momenti più importanti

della sua storia personale, che hanno segnato le sue scelte e il suo percorso

di vita?

a. se si dovesse descrivere con 3 aggettivi, quali sceglierebbe?

2. Può raccontarci brevemente la sua storia scolastica? (ricostruire i tipi di

scuola frequentate dopo l’obbligo, la presenza di eventuali ripetenze,

abbandoni, ecc…)

a. che ricordi ha di quel periodo? (investigare soprattutto la dimensione

relazionale, rapporti con gli altri studenti e con gli insegnanti)

b. cosa le ha lasciato in positivo e in negativo, il periodo degli studi?

(investigare, al di là dei ricordi emotivi/affettivi i segni profondi lasciati

da queste esperienze)

3. Al di là dell’esperienza scolastica tradizionale, lei ha avuto altre esperienze

formative che le hanno permesso di apprendere conoscenze o

competenze? Può descrivercele brevemente? (ricostruire il tipo di

esperienza e il tipo di conoscenza/competenza che l’intervistato vi associa)

4. Lei ha avuto qualche tipo di esperienza lavorativa? Ce le può descrivere

brevemente? (considerare anche eventuali esperienze di lavoro irregolare)

a. che ricordi ha di queste esperienze?

b. cosa le hanno lasciato in positivo e in negativo queste esperienze di

lavoro? (investigare, al di là dei ricordi emotivi/affettivi i segni profondi

lasciati da queste esperienze)

c. perché si sono interrotte queste esperienze?

parte seconda: percezione della propria situazione e delle evoluzioni future

1. Cosa rappresenta per lei il lavoro e che parte dovrebbe avere nella sua

vita?(indagare se per l’intervistato è un elemento centrale rispetto alla

propria identità oppure un aspetto secondario: - il lavoro è uno strumento

per realizzarsi vs una cosa necessaria per vivere)

a. Facciamo finta per un momento che lei fosse in una situazione

economica che le permettesse di vivere bene senza la necessità di

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lavorare. Crede che comunque cercherebbe un lavoro? Per quale

motivo?

2. In questo momento di cosa si sta occupando? (verificare se l’intervistato/a

ha piccole occupazioni remunerate, sta svolgendo percorso di

autoformazione o di formazione no formale, attività di volontariato, cura dei

familiari, ecc…)

3. Lei sta cercando una occupazione?

a. Se sì, come sta cercando lavoro?

b. Se no, per quali motivi non cerca lavoro? (cercare di capire se si

tratta di condizioni interne al soggetto – ritiene che non ci sia lavoro,

non è motivato, etc…, o condizioni esterne – carichi familiari di cura,

etc…)

i. in passato ha cercato attivamente lavoro? Cosa ha fatto

concretamente per trovare un lavoro?

4. Quali sono le principali difficoltà che ha incontrato nella sua ricerca di un

lavoro? (indagare se si tratta più di problemi di non sapere a chi rivolgersi

e/o cosa fare, di gestione dei colloqui di selezione, di senso di

inadeguatezza, di rifiuti ricevuti, etc…)

5. Se le venisse offerto un lavoro qualsiasi, in qualsiasi posto lei sarebbe

disposto ad accettarlo?

a. se no, quali condizioni di lavoro non sarebbe disposto ad accettare?

(verificare le seguenti opzioni: tipo di lavoro proposto, tipo di

contratto, luogo di lavoro, orari, compenso,etc… per capire quali

sono gli elementi che non farebbero accettare un lavoro)

6. Quali ritiene che siano le sue maggiori competenze? ovvero in cosa si sente

“bravo”? Crede che queste competenze le potrebbero essere utili nel

mondo del lavoro?

7. E quali pensa siano invece i suoi limiti, ovvero i fattori che più l’hanno

ostacolata nella ricerca di un impiego?

a. pensa che potrebbe superare queste difficoltà se fossero presenti dei

servizi pubblici specifici nella zona in cui vive? Di quali servizi potrebbe

avere bisogno?

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8. Che lavoro le piacerebbe fare?

a. Crede che riuscirà a fare in futuro il lavoro che desidera?

b. Come pensa di fare concretamente per riuscire a fare il lavoro che

desidera?

9. Provi a immaginare se stesso/a tra 5 anni. Cosa starà facendo e come sarà

la sua vita il (inserire data dell’intervista) del 2017?

parte terza: conoscenza delle risorse territoriali e prefigurazione delle strategie di

azione

1. Per quanto lei ne sa, quali servizi ci sono nella sua città o a livello regionale

per aiutare le persone a trovare un lavoro? (segnare i servizi che indica e

chiedere successivamente per ciascuno di essi:)

a. si è mai rivolto/a a questi servizi?

b. ci racconta brevemente cosa è successo quando si è rivolto/a ad

essi? (capire le difficoltà incontrate e la percezione che essi siano stati

una risorsa o meno)

2. Secondo lei quali sono i motivi per cui non sta riuscendo a trovare lavoro?

3. Quali iniziative pensa di mettere in atto per cambiare la sua situazione?

a. a chi pensa di rivolgersi per avere un aiuto e che tipo di aiuto

vorrebbe ottenere?

b. sarebbe disposto a fare un percorso di formazione e/o riqualifica per

migliorare la sua preparazione e le sue competenze?

4. Pensi ora a cosa potrebbe fare la Regione Liguria per aiutare giovani come

lei, alla ricerca di un lavoro. Cosa vorrebbe che fosse realizzato a livello di

servizi o di interventi?