Capitolo 6 La disoccupazione - ecostat.unical.it · 2 Il percorso La disoccupazione Tasso di...

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1 Capitolo 6 La disoccupazione

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Capitolo 6La disoccupazione

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Il percorsoLa disoccupazione

�Tasso di disoccupazione naturale (§ 6.1)�CAUSE della disoccupazione:

� Disoccupazione frizionale (§ 6.2)� Disoccupazione strutturale (§ 6.3)

� salario minimo� sindacati e contrattazione collettiva� il salario di efficienza

� I connotati della disoccupazione (§ 6.4)� Tendenze nel tempo (Usa, Europa, Italia)

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Tasso naturale di disoccupazione

In questo capitolo viene studiata la disoccupazione presente nel sistema economico anche nel lungo periodo.

Definizione: Il tasso naturale di disoccupazioneè il tasso di disoccupazione medio attorno a cui l’economia fluttua

Il tasso di disoccupazione corrente può essere superiore o inferiore a quello naturale.

È superiore a quello naturale durante periodi di recessione economica e inferiore durante i periodi di espansione (boom).

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La disoccupazioneTasso naturale e tasso corrente

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1955 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000

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ro

Tasso di disoccupazione Tasso naturale di disoccupazione

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Ogni giorno ci sono lavoratori che vengono licenziati o che volontariamente lasciano il posto di lavoro, e ci sono disoccupati che trovano una nuova occupazione.

Questo perpetuo flusso e reflusso determina la quota della forza lavoro che è disoccupata.

Svilupperemo un modello della dinamica della forza lavoro che possa spiegare il tasso naturale di disoccupazione.

Il tasso naturale di disoccupazione

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L: Forza lavoro totale (L = O + D)

D: Stock di disoccupati in ogni istante di tempo

O: Stock di occupati in ogni istante di tempo

tasso di disoccupazione: D/L

s: Tasso di separazione Percentuale di occupati che perde il lavoro in un dato periodo di tempo

o: Tasso di ottenimento Percentuale di disoccupati che trova lavoro in un dato periodo di tempo

Il tasso naturale di disoccupazioneNotazione

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Per stabilire cosa determina il tasso di disoccupazione, ipotizziamo che la forza lavoro sia fissa e concentriamoci sulla transizione dei singoli individui che compongono la forza lavoro dalla situazione di occupazione a quella di disoccupazione e viceversa.

Questa dinamica è sintetizzata graficamente nella figura 6.2

Il tasso naturale di disoccupazioneNotazione

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Il tasso naturale di disoccupazionePerdita del lavoro e nuovi occupati

O: occupati D: disoccupati

Separazione dal lavoro

Ottenimento del lavoro

s x O

o x D

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In ogni istante di tempo ci sono:

s x O nuovi disoccupati

o x D nuovi occupati

Quando il numero di nuovi occupati è uguale al numero di nuovi disoccupati il tasso di disoccupazione non cambia:

o x D = s x OQuesta equazione definisce l’equilibrio di stato stazionario in cui la disoccupazione non cambia.

Il tasso naturale di disoccupazionePerdita del lavoro e nuovi occupati

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La condizione di stato stazionario permette di identificare il tasso di disoccupazione naturale.

Poiché O = (L – D) cioè il numero degli occupati è uguale alla differenza tra il numero dei partecipanti alla forza lavoro e quello dei disoccupati, allora:

s x O = s x (L – D) = s x L – s x D

In stato stazionario (o x D = s x O) :

o x D = s x L – s x D quindi: (o + s) D = s x L

Calcoliamo il tasso di disoccupazione naturale: D/L

D/L =s/ (o + s)

Il tasso naturale di disoccupazionePerdita del lavoro e nuovi occupati

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Tasso di disoccupazione: D/L =s/ (o + s)

Questa equazione dimostra che il tasso di disoccupazione di stato stazionario (cioè quella a cui l’economia tende nel lungo periodo) dipende

dal tasso di separazione s e dal tasso di ottenimento o

Quanto più elevato è s, tanto più elevato è D/L ;

quanto più elevato è o, tanto più basso è D/L

Il tasso naturale di disoccupazionePerdita del lavoro e nuovi occupati

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EsempioCalcolo del tasso di disoccupazione naturale

Se ogni mese:

� L’1% dei lavoratori impiegati perde il proprio lavoro

s = 0,01� Il 20% dei disoccupati trova un nuovo lavoro

o = 0,20Allora il tasso naturale di disoccupazione è dato da:

4,7% 0476,020,001,0

01,0⇒=

+=

+=

os

s

L

D

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Il tasso di disoccupazione naturalePolitiche economiche

Politiche economiche. Il tasso di disoccupazione naturale cala se:� o aumenta� s diminuisceÈ necessario studiare le cause di o e sAttuare politiche che permettano di cambiare questi tassi.

Questo modello non riesce a dare risposta a una domanda fondamentale: perchéc’è disoccupazione?

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Cause della disoccupazione La ricerca del lavoro e la rigidità dei salari

Esamineremo due delle cause della disoccupazione:

� la ricerca del lavoro (disoccupazione frizionale)

� la rigidità salariale (disoccupazione strutturale)

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La disoccupazione frizionaleLa ricerca del lavoro

Se il processo di ottenimento di lavoro fosse istantaneo (ovvero se o = 1), allora il periodo di disoccupazione sarebbe quasi nullo e il tasso naturale vicino a zero.

L’economia ha disoccupazione anche se la domanda di lavoro sarebbe sufficiente a occupare tutti i lavoratori.

La disoccupazione dovuta al tempo necessario per trovare un lavoro è detta:

disoccupazione frizionale

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La disoccupazione frizionaleLa ricerca del lavoro

Per trovare un lavoro occorre tempo perché:� I posti di lavoro non sono tutti uguali e anche i lavoratori sono diversi tra loro (abilità, educazione, ecc.).

� Reperire informazioni sui posti di lavoro e sui lavoratori richiede tempo ed è costoso.

� I posti di lavoro e i lavoratori sono distribuiti sul territorio e la mobilità geografica richiede tempo ed è costosa.

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La disoccupazione frizionaleLa ricerca del lavoro� L’innovazione tecnologica cambia in continuazione la domanda di lavoro (richiede nuove competenze).

� Cambiamenti settoriali: (agricoltura – industria – servizi). La domanda di lavoro cambia.

� Spostamenti di attività produttive tra diverse regioni.

La variazione nella composizione della domanda di lavoro tra settori o aree diverse si chiama spostamento intersettoriale

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Occupazione e settori Occupazione e settori

Composizione settoriale dell'occupazione in Italia (in migliaia) Unità di lavoro totali 1991 % 2000 % 2006 %

Agricoltura, silvicoltura e pesca 1,995 8 1,492 6 1,319 5Industria in senso stretto 5,613 24 5,086 22 4,993 20Costruzioni 1,612 7 1,611 7 1,902 8Commercio. Alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni 6,229 26 6,231 27 6,632 27Intermediazione monetaria e finanziaria; attività immobiliari ed imprenditoriali 2,284 10 2,907 12 3,459 14Altre attività di servizi 5,933 25 6,087 26 6,421 26Totale 23,665 100 23,412 100 24,726 100Fonte: ISTAT

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Disoccupazione frizionalePolitiche economiche

Il governo può rendere più facile l’incontro tra lavoratori e imprese:

o Uffici pubblici di collocamento: forniscono informazioni sui nuovi lavori e favoriscono l’incontro tra lavoratori e imprese.

Il governo può attivarsi per riqualificare i lavoratori con competenze obsolete:

o Programmi di formazione professionale: aiutano i lavoratori delle industrie in declino ad acquisire la professionalità richiesta nei settori emergenti.

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Disoccupazione frizionale Politiche economiche: i sussidi di disoccupazione

Definizione: Il governo paga al disoccupato parte del suo precedente salario (per un periodo di tempo limitato) dopo la perdita del lavoro.

Effetti: La disoccupazione frizionale aumentaall’aumentare del periodo di sussidio.

Il tasso di occupazione si riduce perché il sussidio riduce l’urgenza di trovare lavoro.

Vantaggi: I lavoratori possono cercare un lavoro più adatto alle loro esigenze e preferenze.

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Disoccupazione strutturale Rigidità dei salariLa seconda ragione per cui esiste disoccupazione èla rigidità dei salari, ovvero l’incapacità dei salari di aggiustarsi istantaneamente, facendo sì che offerta e domanda di lavoro si eguaglino

Se W/P è al di sopra del livello di equilibrio tra D e O, la quantità di lavoro offerta è > di quella domandata e le imprese razionano i posti di lavoro disponibili: si riduce il tasso di ottenimento di lavoro e, quindi, la disoccupazione aumenta.

La figura 6.3 spiega perché la rigidità dei salari provoca disoccupazione

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La disoccupazione strutturaleRigidità e inefficienze del mercato del lavoro

LLO = L

PMLSalario

Consideriamo il grafico di equilibrio sul mercato d el lavoro

LD = PML

W/P

Se non esistono rigidità il salario reale si aggiusta fino a eguagliare domanda e offerta

L’offerta di lavoro è costante e pari a tutto il lavoro disponibile nell’economia

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LLO = L

PMLSalario

LD = PML

W/P

Nell’equilibrio di mercato esiste quindi disoccupazione strutturale

(W/P)min

La disoccupazione strutturaleRigidità e inefficienze del mercato del lavoro

Se il salario non è libero di aggiustarsi liberamente (per esempio, esiste un salario minimo) non tutto il lavoro viene impiegato: l’offerta èsuperiore alla domanda

Quantità di lavoratori disposti a lavorare

Quantità di lavoratori occupati

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La disoccupazione strutturaleLe cause principali

QUINDI, vi è disoccupazione strutturale quando il salario reale corrente è più alto di quello di equilibrio per cui l’offerta di lavoro è superiore alla domanda

Perché le imprese non riducono i salari?� Leggi sul salario minimo�Sindacati e contrattazione collettiva� I salari di efficienza

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La disoccupazione strutturale1. Leggi sul salario minimo

Definizione: salario minimo legale che le imprese devono corrispondere ai lavoratori

� Il salario minimo è inferiore al salario medio e non si applica alla maggioranza dei lavoratori (ovvero è inferiore al salario di equilibrio).

� Quindi non può essere causa del tasso di disoccupazione naturale in quanto non si applica alla maggioranza dei lavoratori.

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Tuttavia è spesso superiore al salario di equilibrio di:� lavoratori a bassa qualifica� lavoratori giovani con poca esperienza (per cui parte della remunerazione avviene sotto forma di formazione professionale)

Un aumento del 10% del salario minimo riduce l’occupazione giovanile dell’1-3%.

La disoccupazione strutturaleLeggi sul salario minimo

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Altre critiche: Strumento non mirato: spesso utilizzato da giovani di classe media in part-time

Strumenti alternativi:Credito d’imposta concesso in modo mirato a famiglie a basso redditoE’ una somma che alle famiglie povere sarebbe consentito detrarre dalle imposte dovute

ATTENZIONE: tra gli economisti c’è grande disaccordo sull’effetto del salario minimo sulla disoccupazione . Si consideri Analisi di un caso: Un’interpretazione revisionata del salario minimo

La disoccupazione strutturaleLeggi sul salario minimo

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La disoccupazione strutturale2. Sindacati e contrattazione collettiva

Perché i sindacati possono cercare di ottenere salari superiori a quelli di equilibrio?

� I sindacati rappresentano (e massimizzano l’utilità) degli occupati (insider).

� I disoccupati preferirebbero salari inferiori che garantiscano la piena occupazione (outsider)

Conflitto tra i due gruppi di lavoratori: gli effetti del processo di contrattazione sui salari e sull’occupazione dipendono dall’influenza di ciascun gruppo

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La disoccupazione strutturaleSindacati e contrattazione collettiva

Negli Stati Uniti la contrattazione salariale avviene a livello di impresa o di singolo impianto produttivo.

In Italia i contratti di lavoro sottoscritti dai sindacati sono efficaci anche per i non iscritti.

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La disoccupazione strutturale3. Teoria dei salari di efficienza

È possibile che le imprese decidano volontariamente di pagare salari superiori a quelli di equilibrio?

Sì, se salari elevati aumentano la produttività e permettono di aumentare i profitti.

L’influenza dei salari sulla produttività potrebbe spiegare il fatto che le imprese non riescono a tagliare le retribuzioni anche in presenza di un eccesso di domanda di lavoro. La riduzione dei salari, secondo questa teoria, avrebbe l’effetto di ridurre la produttività dei lavoratori e, quindi, il profitto dell’impresa.

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Rapporto tra salari e produttività è spiegato da diverse teorie:� Paesi in via di sviluppo:migliore retribuzione migliora lo stato di salute e di nutrizione e quindi la produttività

� Riducono il “turnover” e i costi di formazione di nuovo personale

� Attirano i lavoratori migliori (selezione avversa)

� Aumentano l’impegno sul lavoro e riducono l’assenteismo.

� Riducono i conflitti sindacali e gli scioperi.

La disoccupazione strutturaleTeoria dei salari di efficienza

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Conclusione:dato che a salari più elevati corrisponde una maggiore efficienza dell’impresa, questa può trovare conveniente mantenere i salari al di sopra del livello per cui domanda e offerta si equilibrano.

A un salario superiore al livello di equilibrio corrisponde un tasso di ottenimento di lavoro più basso e una più alta disoccupazione strutturale

La disoccupazione strutturaleTeoria dei salari di efficienza

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I connotati della disoccupazione

� La durata� La disoccupazione in differenti gruppi demografici

�Partecipazione e disoccupazione� Indicatori del mercato del lavoro�Tendenze della disoccupazione

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I connotati della disoccupazioneLa durataLa durata della disoccupazione permette di capire se si tratta di disoccupazione frizionale o strutturale

Disoccupazione:di breve periodo → frizionaledi lungo periodo → strutturale

Comprendere le cause della disoccupazione è cruciale per disegnare le politiche per combatterla.

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Esempio: Durata e disoccupazione� 10 lavoratori sono disoccupati� 8 per un mese e 2 per 12 mesi� Totale mesi disoccupazione: 32� Il 75% dei mesi, 24 su 32, è a carico dei 2 disoccupati di lunga data

L’interpretazione del fenomeno cambia se si prende in considerazione la durata o il numero di mesi complessivi di disoccupazione:i disoccupati a lungo termine sono la minoranza (2 su 8), però la maggiore quantità di disoccupazione si riferisce alla disoccupazione a lungo termine (24 mesi su 32)

I connotati della disoccupazioneLa durata

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Implicazioni di politica economica

La politica economica deve concentrarsi sulla disoccupazione a lungo termine, perché è quella a cui si riferisce la maggiore quantità di disoccupazione.

In questo caso, però, gli interventi devono essere mirati, poiché i disoccupati a lungo termine sono una esigua minoranza

I connotati della disoccupazioneLa durata

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Il tasso di disoccupazione varia tra i diversi gruppi di popolazione (in Italia, dati al 2008)

Le differenze fondamentali:� Uomini vs DonneIl tasso di disoccupazione femminile: 8,5Il tasso di disoccupazione maschile: 5,5� Adolescenti vs AdultiIl tasso di disoccupazione: 6,8Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) :21,3� Centro Nord vs MezzogiornoIl tasso di disoccupazione nel Nord: 3,9Il tasso di disoccupazione nel Centro: 6,1Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno: 12,0Fonte:ISTAT, Rilevazione sulle forse lavoro (comunicazione del 27 aprile 2009)

I connotati della disoccupazionePrincipali differenze per gruppi demografici

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Finora abbiamo ipotizzato che la forza lavoro sia fissa e cioè che non vi sia E e U dalla forza lavoro!

In questo modo l’unica ragione della disoccupazione è la separazione dal lavoro e l’unica ragione di uscita dalla disoccupazione èl’ottenimento di un posto di lavoro

Nella realtà le variazioni della forza lavoro rivestono grande importanza

I connotati della disoccupazione Partecipazione e disoccupazione

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Le variazioni della forza lavoro rivestono grande importanza:

circa i 1/3 dei disoccupati sono nuovi entrati nella Forza Lavoro (giovani in cerca di prima occupazione, chi ha già lavorato ma aveva temporaneamente abbandonato la forza lavoro)

non tutta la disoccupazione finisce con l’ottenimento di un posto di lavoro (la metà dei disoccupati escono dal mercato del lavoro)

Questo rende più difficile interpretare le statistiche relative alla disoccupazione

I connotati della disoccupazione Partecipazione e disoccupazione

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Alcuni individui che si definiscono disoccupati, in realtà non cercano attivamente un lavoro e dovrebbero essere considerati non partecipanti alla forza lavoro

Altri vorrebbero un lavoro ma, dopo molte ricerche infruttuose, ha smesso di cercarlo. Questi lavoratori scoraggiati non sono inclusi tra i partecipanti alla forza lavoro e non sono perciò inclusi nelle statistiche sulla disoccupazione

Poiché è difficile distinguere un disoccupato da un individuo che non partecipa alla forza di lavoro perché scoraggiato, esistono altre misure delle forza lavoro

I connotati della disoccupazione Partecipazione e disoccupazione

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Altri indicatori del mercato del lavoro

a/eOccupati/Pop in

età di lavoroTasso di occupazione

c/eForza lavoro/Pop.

in età di lavoroTasso di attività (partecipazione)

b/cIn cerca di

occupazione/Forza Lavoro

Tasso di disoccupazione

h=d+fFuori dalla forza lavoro

g=e+fPopolazione totale

fPopolazione non in età da lavoro (non attivi)

e=c+dPopolazione in età lavorativa (Attivi)

dIn età lavorativa ma non nella forza lavoro

c=a+bForza Lavoro

bIn cerca di occupazione

aOccupati

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Le tendenze della disoccupazione

EUROPA

ITALIA

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneStati Uniti

Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti

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Tas

so d

i dis

occu

pazi

one

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropa

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Il tasso di disoccupazione medio in Europa è aumentato in modo permanente a partire dagli anni 1970 mentre negli Stati Uniti è prima aumentato e poi diminuito.

Quali possono essere le cause di queste differenze?

Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropa

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IPOTESI 1. Eurosclerosi (Rigidità del mercato del lavoro) + progresso tecnologico

Anche se è difficile stabilirlo con esattezza due fenomeni possono (congiuntamente) spiegare il fenomeno:

1. La regolamentazione del mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali (sussidio di disoccupazione)

2. La riduzione della domanda di lavoratori a bassa qualifica.

Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropa

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Il progresso tecnologico ha portato a un aumento della domanda relativa di lavoratori ad alta qualifica.

Negli Stati Uniti i salari dei lavoratori a bassa qualifica sono calati relativamente a quelli ad alta qualifica.

Questo ha portato anche a un aumento della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi.

Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropa

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropa

Gli ammortizzatori sociali in Europa hanno impedito ai salari dei lavoratori a bassa qualifica di calare eccessivamente.

Inoltre molti lavoratori non qualificati hanno preferiti sussidi e cassa integrazione a salari bassi.

Il risultato:• Minore disuguaglianza• Maggiore disoccupazione

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropaIPOTESI 2 - ISTERESIIntuizione: il tasso naturale di disoccupazione

dipende dal tasso di disoccupazione effettiva. Al crescere del tasso effettivo cresce il tasso strutturale che l’economia è in grado di tollerare

Il lungo periodo di disoccupazione degli anni ’70 (crisi petrolifera) e anni ’80 (politiche monetarie restrittive) ha innalzato il tasso naturale.

Il tasso di disoccupazione non è tornato ai livelli precedenti gli anni 1970.

Perché?

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropaCome il tasso di disoccupazione effettiva

influenza il tasso naturale?1. Lunghi periodi di disoccupazione elevata possono

indurre i governi al aumentare i sussidi di disoccupazione al fine di ridurre i costi sociali della disoccupazione (+ sussidi, + disoccupazione)

2. Periodo di disoccupazione elevata fa comparire i disoccupati di lunga durata, i quali tendono a perdere capacità e abitudine al lavoro. Ciò implica che:

• la loro probabilità di essere riassunti è bassa• quindi, essi sono irrilevanti ai fini della determinazione del salario

(insider contano di più)• I salari e i prezzi restano invariati invece di diminuire

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Andamento del tasso naturale di disoccupazioneEuropaMisure di politica economica:A differenza dell’ipotesi 1, che prevede misure di

riforme nell’organizzazione del mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione naturale può diminuire se:

• disoccupati possono essere reinseriti e in quanto tempo• si riduce la presenza di lavoratori scoraggiati• si recuperano le abilità lavorative con programmi di

formazione lavoro

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Partecipazione al mercato del lavoro

Popolazione residente59.504

Occupati23.34939,2%

Persone in cerca di occupazione

1.7753,0%

Inattivi in etàLavorativa (15-64 anni)

14.54324,4%

Inattivi in età nonLavorativa

19.83633,3%

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Il mercato del lavoro in Italia

Fonte: Istat (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro (dat i al 2008 )

5,510,03,4maschi

8,515,76,1femmine

6,712,04,5Tasso disoccupazione

70,361,175,2maschi

47,231,356,1femmine

58,746,165,7Tasso occupazione

74,468,077,9maschi

51,637,259,7femmine

63,052,468,8Tasso partecipazione

TotaleMezzogiornoCentro Nord

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Mercato del lavoro in Italia

Nel 2008, con il manifestarsi dei primi effetti della crisi, la crescita dell’occupazione si è sostanzialmente arrestata.

La stagnazione della domanda di lavoro a fronte della crescita dell’offerta si è riflessa in un aumento del tasso di disoccupazione, tornato a salire dopo essere continuamente diminuito dal 1998.

Nei primi mesi del 2009 le ore di CIG sono aumentate ulteriormente; le imprese prevedono un calo dei livelli di occupazione per l’anno in corso: soprattutto attraverso il blocco del turnover e la cessazione dei contratti a termine le imprese più grandi, in misura maggiore con il ricorso ai licenziamenti le più piccole.

Secondo le stime dell’OCSE, il tasso di disoccupazione in Italia potrebbe salire nel 2009 al 9,2 per cento, dal 6,7 dell’anno precedente.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia

All’aggravarsi della crisi il Governo e le Regioni hanno esteso temporaneamente la copertura degli ammortizzatori sociali e le risorse a essi destinate, strutturalmente modeste nel confronto internazionale.

Il sistema di protezione italiano per coloro che perdono il lavoro è frammentato.

Ne derivano la segmentazione delle tutele, per settore, dimensione di impresa e tipologia contrattuale, e una scarsa efficacia nel facilitare la mobilità dei lavoratori tra impieghi e settori produttivi.

L’Italia si conferma, inoltre, come uno dei pochi paesi sviluppatia non disporre di uno strumento di sostegno al reddito delle persone escluse dal mercato del lavoro.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

L’indagine dell’Istat sulle forze di lavoro, riferita alla sola popolazione residente, rileva una crescita ancora sostenuta del numero degli occupati nel 2008 (0,8 per cento, 183.000 persone), anche se in progressivo rallentamento nel corso dell’anno (dall’1,4 per cento nel primo trimestre allo 0,1 nel quarto).

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

La crescita dell’occupazione è il saldo tra un incremento di 249.000 occupati stranieri (16,5 per cento) e un calo di 66.000 occupati italiani (-0,3 per cento).

Il diverso andamento delle due componenti riflette in gran parte quello della popolazione in età da lavoro, ridottasi di 132.000 persone per gli italiani, cresciuta di 369.000 per gli stranieri.

La componente straniera ha così raggiunto il 6,6 per cento della popolazione in età da lavoro (5,7 nel 2007) e il 7,5 degli occupati (6,5 nel 2007).

L’incidenza della forza lavoro straniera supera il 9 per cento nel Centro Nord, ma è appena il 3 per cento nel Mezzogiorno.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

L’occupazione è cresciuta nelle regioni del Centro e del Nord (1,5 e 1,2 per cento, rispettivamente), mentre è diminuita nel Mezzogiorno (-0,5 per cento).

La riduzione nel Mezzogiorno è stata particolarmente marcata nell’industria in senso stretto (-4,9 per cento), a fronte di una riduzione dell’1,4 per cento al Nord e di un aumento del 3,0 al Centro.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

Nel complesso l’incremento dell’occupazione ha interessato la sola componente femminile (176.000 persone; 1,9 per cento), a fronte della sostanziale stazionarietà di quella maschile (7.000 persone).

Considerando la classe di età 15-64 anni, il tasso di occupazione maschile si è così ridotto dal 70,7 al 70,3 per cento, mentre quello femminile è ulteriormente aumentato, dal 46,6 al 47,2 per cento.

Il calo del tasso di occupazione maschile ha interessato soprattutto le classi di età centrali (35-44 anni) e i lavoratori con livelli di istruzione inferiori.

Il miglior andamento dell’occupazione femminile riflette anche la maggior incidenza di questa componente nelle attività di servizio, meno coinvolte dalla crisi e ancora in espansione nel 2008.Nei servizi le donne raggiungono il 48,6 per cento del totale degli occupati, contro il 21,6 nell’industria, il 30 in agricoltura e il 39,9 nella media dell’economia.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

Il tasso di occupazione è rimasto invariato al 58,7 per cento:risultato di un incremento al Centro (dal 62,3 al 62,8) e al Nord (dal 66,7 al 66,9)

e una riduzione nel Mezzogiorno (dal 46,5 al 46,1), riconducibile al forte calo del tasso di occupazione maschile (dal 62,1 al 61,1).

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

L’occupazione è aumentata esclusivamente nella componente alle dipendenze (279.000 persone; 1,6 per cento)

mentre è diminuita in quella indipendente (-96.000 persone; -1,6 per cento).

Si è quindi ulteriormente ridotta l’incidenza del lavoro autonomo (dal 26,1 al 25,5 per cento), pur restando ancora elevata nel confronto internazionale.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

Tra gli occupati dipendenti, sono cresciute del 2,4 per cento le posizioni a termine (55.000 persone) e dell’1,5 quelle a tempo indeterminato (224.000).

La quota dei contratti a termine è salita al 13,3 per cento del totale, dal 13,2 del 2007.

Le posizioni di lavoro a termine hanno un’incidenza assai più elevata tra quanti trovano un impiego muovendo dalla condizione di inoccupato.

Complessivamente gli occupati dipendenti a termine, i collaboratori a progetto e i lavoratori occasionali hanno costituito nel 2008 il 47 per cento di coloro che avevano trovato un impiego negli ultimi 12 mesi (1,3 punti in più dell’anno precedente); l’incidenza è ancor più elevata tra i giovani e i laureati (59 per cento).

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: occupazione

È proseguita anche la crescita dell’occupazione dipendente a tempo parziale (6,4 per cento), con un incremento dell’incidenza sul totale dei dipendenti dal 14,1 al 14,8 per cento.

Per le lavoratrici la quota del part-time ha raggiunto il 28,1 per cento (27,2 nel 2007), per gli uomini è salita leggermente dal 4,4 al 4,6 per cento.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

64

Mercato del lavoro in Italia: disoccupazione

Il tasso di disoccupazione, sceso dall’11,3 per cento del 1998 al 6,1 nel 2007, è risalito al 6,7 per cento nel 2008.

La crescita ha interessato entrambi i sessi e tutte le classi di età e le ripartizioni geografiche, anche se gli incrementi maggiori si registrano tra i giovani dai 15 ai 24 anni e nel Mezzogiorno.

Il tasso di disoccupazione maschile è salito dal 4,9 al 5,5 per cento, quello femminile dal 7,9 all’8,5;

al Centro il tasso è aumentato di 8 decimi al 6,1 per cento, al Nord di 4 decimi al 3,9 per cento, nel Mezzogiorno di un punto al 12,0 per cento.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: disoccupazione

La crescita del tasso di disoccupazione in Italia è stata anche sospinta dal forte aumento dell’offerta di lavoro (1,5 per cento; 369.000 persone), dopo il modesto aumento nell’anno precedente (0,3 per cento).

Vi hanno contribuito sia il forte incremento della popolazione straniera in età da lavoro, sia la ripresa della partecipazione al mercato del lavoro della popolazione italiana, soprattutto femminile.

Le forze di lavoro straniere sono salite di 274.000 unità(16,7 per cento), quelle italiane di 94.000 (0,4 per cento).

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: tasso attività

Il tasso di attività della popolazione in età da lavoro è aumentato nel complesso dal 62,5 al 63 per cento;è rimasto stazionario per gli uomini al 74,4 per cento,è salito di 9 decimi al 51,6 per cento per le donne.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: dati a livello regionale e provinciale

TASSO DI OCCUPAZIONEGraduatoria regionale dei tassi di occupazione Graduatoria delle province con i tassi di occupazione più altiGraduatoria delle province con i tassi di occupazione più bassi

TASSO DI DISOCCUPAZIONEGraduatoria regionale dei tassi di disoccupazioneGraduatoria delle province con i tassi di disoccupazione più altiGraduatoria delle province con i tassi di occupazione più bassi

TASSO DI INATTIVITA’ (non forze lavoro/popolazione)Graduatoria regionale dei tassi di inattivitàGraduatoria delle province con i tassi di inattività più altiGraduatoria delle province con i tassi di inattività più bassi

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro, 27 aprile 2009http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20090427_01/

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di occupazione regionale e provinciale

Nel 2008, nella classe di età 15-64 anni il tasso di occupazione – ovvero il rapporto tra gli occupati e la popolazione di 15-64 anni – si attesta a livello nazionale al 58,7%, appena 0,1 decimi di punto percentuale in piùrispetto al 2007.

A livello regionale, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta presentano i tassi di occupazione più alti (rispettivamente 70,2%, 68,6% e 67,9%) Campania (42,5%), Sicilia e Calabria (44,1% in entrambi i casi) quelli più bassi.In confronto al 2007, la graduatoria delle regioni nel 2008 registra qualche

modifica per le regioni del Centro-nord, in particolare per l’Umbria che sale dalla decima alla sesta posizione e per il Piemonte che scende dalla settima alla nona; rimane invariata per quelle meridionali.

Resta comunque stabile nel biennio 2007-2008 il gruppo delle cinque regioni con i tassi di occupazione rispettivamente più alti e più bassi.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di occupazione regionale e provinciale

A livello provinciale (Tavole 2 e 3), i tassi di occupazione più elevati si registrano a Bologna (72,4%), Reggio Emilia (71,8%), Modena e Parma (71,1%).

Con l’esclusione di Reggio Emilia e Modena, le restanti due province occupavano le prime posizioni anche nel 2007.

I tassi di occupazione più bassi continuano a registrarsi esclusivamente nelle province del Mezzogiorno.

A Crotone è occupato appena il 37,3% della popolazione di 15-64 anni (51,6% degli uomini e 23,2% delle donne); a Caserta, dove solo il 23,0% delle donne risulta occupato, il tasso di occupazione complessivo è pari al 38,7%.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di occupazione regionale e provinciale

Tutte le grandi province del Centro-nord presentano nel 2008 tassi di occupazione superiori al dato medio nazionale.

Come nell’anno precedente Bologna, con il 72,4%, mantiene la prima posizione seguita da Firenze e Milano.

Nel 2008 le quattro grandi province del Mezzogiorno registrano tassi di occupazione decisamente inferiori al dato medio nazionale. Il valore più elevato dell’indicatore si osserva a Bari (49,7%); quello più basso a Napoli (39,8%).

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di disoccupazione regionale e provinciale

A livello nazionale il tasso di disoccupazione, dopo nove anni di discesa ininterrotta, torna a crescere posizionandosi al 6,7% sette decimi di punto in più in confronto al 2007.

Le regioni con il tasso di disoccupazione più alto sono Sicilia (13,8%), Campania (12,6%), Sardegna (12,2%) e Calabria (12,1%); il tasso più basso si rileva in Trentino-Alto Adige (2,8%) e in Emilia-Romagna (3,2%).

In confronto al 2007, il Piemonte e la Sardegna peggiorano i propri risultati nella graduatoria regionale del tasso di disoccupazione salendo rispettivamente dalla tredicesima all’undicesima posizione e dalla

quinta alla terza.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di disoccupazione regionale e provinciale

I divari territoriali permangono molto ampi: in Sicilia l’indicatore è quasi cinque volte più elevato del Trentino-Alto Adige.

Rispetto al 2007, la crescita della disoccupazione riguarda tutte le regioni tranne Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta dove l’indicatore rimane pressoché stabile.

Il tasso di disoccupazione in Sardegna e in Campania registra un aumento tendenziale particolarmente sostenuto.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di disoccupazione regionale e provinciale

Nel dettaglio provinciale, i tassi di disoccupazione più elevati continuano a rilevarsi nel Mezzogiorno: Palermo, Sassari, Agrigento, Enna superano il 15%.

Le province del Nord segnalano tassi di disoccupazione più bassi.

Tuttavia, nel 2008 solo sei province presentano un tasso di disoccupazione inferiore al 3% a fronte delle quindici del 2007.

Con l’eccezione di Bologna, tutte le grandi province registrano un incremento del tasso di disoccupazione.

Tra il 2007 e il 2008 gli incrementi più sostenuti si osservano a Palermo (dal 15,5% al 17,1%) e Napoli (dal 12,4% al 14,0%), che rimangono le due grandi province con il tasso di disoccupazione più elevato, nonché a Roma (dal 5,8% al 7%) e Genova (dal 4,4% al 5,4%).

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di inattività regionale e provinciale

Nel 2008 il tasso di inattività delle persone tra i 15 e i 64 anni - ossia il rapporto tra le non forze di lavoro di quella fascia di età e la corrispondente popolazione - si è attestato al 37,0%, cinque decimi di punto in meno rispetto al 2007.

Con l’eccezione della Valle d’Aosta (dal 29,6% al 29,8%), l’indicatore scende in tutte le regioni del Centro-nord. In particolare, nel Lazio passa dal 36,2% al 34,9% e in Toscana dal 32,3% al 31,1%.

Nel Mezzogiorno, il tasso di inattività sale in Campania, Calabria e Sicilia, dove sono inattive circa cinque persone in età lavorativa ogni dieci, mentre diminuisce nelle restanti regioni.

Peraltro, le regioni meridionali restano quelle con i tassi di inattività più elevati.

I tassi di inattività più contenuti permangono anche nel 2008 in Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia.Tasso di inattività regionale e provinciale

A livello provinciale, i tassi di inattività più elevati si confermano a Crotone, Caserta e Napoli. Si tratta delle stesse province con i più bassi valori del tasso di occupazione.

Con l’esclusione di Agrigento, tutte le province con i più alti tassi di inattivitàerano presenti anche nella graduatoria del 2007.

Le province con i tassi di inattività più bassi sono ancora una volta quelle con i valori più alti del tasso di occupazione. A Bologna, Modena e Reggio Emilia è inattiva circa un quarto della popolazione tra i 15 e i 64 anni.

Tutte le grandi province del Mezzogiorno presentano nel 2008 tassi di inattivitàsuperiori al dato medio nazionale. Le tre grandi province con i più alti tassi di inattività sono anche nel 2008 Napoli, Catania e Palermo; quelle con i piùbassi si confermano Bologna, Firenze e Milano.

Fonte: ISTAT (2009), Rilevazione sulle forze di lavoro

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Mercato del lavoro in Italia

Perché questi risultati?

Alcune considerazioni sulla struttura produttiva e sulla qualità della forza lavoro

Per un quadro generale sulla situazione economica del paese si suggerisce una lettura approfondita delle Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009).

Disponibile su:http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2009/cf_08/cf08

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Mercato del lavoro in Italia: struttura produttiva

Con la recessione mondiale iniziata nel 2008 il valore aggiunto e la produttività del lavoro nei principali comparti manifatturieri, che nel periodo 2006-07 avevano registrato un’espansione significativa dopo un quinquennio di arretramento, sono nuovamente diminuiti.

Gli effetti della crisi sono più intensi per le imprese manifatturiere più propense all’esportazione e per quelle di dimensioni minori.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: struttura produttiva

La crisi internazionale rende più pressante l’esigenza di affrontare i problemi strutturali che affliggono l’economia italiana.

� La ridotta dimensione media delle imprese limita le capacità di innovazione e di penetrazione nei mercati esteri, rendendo il sistema produttivo più vulnerabile ai cambiamenti che caratterizzano l’economia mondiale da oltre un decennio.

� La concorrenza, che nella manifattura ha generato significativi miglioramenti di efficienza, rimane limitata in importanti settori come i servizi pubblici locali e quelli professionali.

� La proprietà delle imprese continua a presentare un’elevata concentrazione e una limitata contendibilità.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: struttura produttiva

� Permangono inalterati nel Mezzogiorno la bassa qualità media dei servizi pubblici, il cattivo funzionamento del mercato del lavoro, la minore efficacia delle politiche pubbliche.

� L’attività di impresa è ostacolata da difetti del quadro normativo e regolamentare. Nonostante i progressi realizzati sul piano dellasemplificazione, i costi derivanti dalla regolamentazione restano elevati e presentano significative differenze territoriali.

� Le inefficienze della giustizia civile continuano a comportare costi elevati per le imprese.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2008 (29 maggio 2009)

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Mercato del lavoro in Italia: qualità dell’istruzione

La produttività del lavoro è aumentata a ritmi molto modesti, limitando la crescita dell’economia e delle retribuzioni unitarie.

Le ultime informazioni disponibili sulla qualità della formazione scolastica, uno dei fattori che nel lungo periodo influenzano l’efficienza produttiva, confermano il ritardo del Paese.

I test condotti dall’OCSE nel 2006 nell’ambito dell’indagine PISA(Programme for International Student Assessment) segnalano che il livello di apprendimento degli studenti italiani delle scuole secondarie rimane basso nel confronto internazionale.

L’indagine ha rilevato le competenze dei quindicenni nella lettura e comprensione dei testi, in matematica e in scienze. Come nelle passate edizioni, i punteggi mediamente raggiunti dai ragazzi italiani sono sensibilmente inferiori a quelli medi dei paesi OCSE.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2007 (31 maggio 2008)

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Mercato del lavoro in Italia: qualità dell’istruzione

Non raggiungono il livello minimo di competenze giudicato necessario in una società avanzata il 50,9 per cento dei ragazzi nella lettura e nella comprensione dei testi, il 32,8 per cento in matematica e il 25,3 per cento in scienze (42,8, 21,3 e del 23,2 per cento, rispettivamente, nella media dell’OCSE).

I divari territoriali negli apprendimenti scolastici appaiono molto elevati.La distanza media tra il Nord e il Mezzogiorno equivale alle

competenze che si possono acquisire con quasi due anni di istruzione.

Nelle regioni meridionali la quota degli studenti con preparazione inferiore ai livelli minimi è pari a circa due terzi nella comprensione dei testi, a poco meno di uno su due in matematica e a quasi quattro su dieci in scienze.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2007 (31 maggio 2008)

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Mercato del lavoro in Italia: qualità dell’istruzione

Una notevole parte del capitale umano formatosi nelle Università non èimpiegato nei processi produttivi.

Nel 2006 circa il 30% dei laureati tra i 25-34 anni non era occupato, una quota doppia rispetto a quella media della UE.

Il tasso di non occupazione dei laureati varia tra i diversi gruppi disciplinari: solo il 15% laureati di ingegneria; 45% area umanistico -letterarie.

Fonte: Banca d’Italia, Relazione annuale sul 2007 (31 maggio 2008)

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Mercato del lavoro in Italia

Banca d’Italia , Relazione Annuale sul 2008, 29 maggio 2009http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel08

Banca d’Italia , Relazione Annuale sul 2007 , 31 maggio 2008http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel07/rel07it

ISTAT, 2009, Rilevazione sulle forze di lavoro, 27 aprile 2009http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20090427_01/

OECDEconomic Outlook, No 82, dicembre 2007http://www.OECD.org (disponibile tramite sistema bibliotecario di Ateneo)

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In sintesi

Il tasso naturale di disoccupazione:� La media di lungo periodo o il tasso di disoccupazione di stato stazionario

� Dipende dai tassi di separazione e ottenimento del lavoro

Disoccupazione frizionale� Dovuta al tempo necessario a lavoratori e imprese per “incontrarsi”.

� Può crescere con i sussidi di disoccupazione.

Disoccupazione strutturale� Risulta dalla rigidità dei salari: il salario reale èsuperiore a quello di equilibrio.

� Cause: salari minimi, sindacalizzazione e salari di efficienza.

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In sintesiI connotati della disoccupazioneDisoccupazione europea

� È aumentata sostanzialmente a partire dagli anni 1980.

� Due sono le ipotesi:1. Eurosclerosi (esistenza di protezioni sociali) e

cambiamenti tecnologici che riducono la domanda di lavoro non qualificato

2 IsteresiDisoccupazione in Italia

� Confronti tra Centro Nord e Mezzogiorno� Fotografia del mercato del lavoro in Italia nel 2008.