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LE POTENZIALITA’ DI CRESCITA DELL’ITALIA

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LE POTENZIALITA’ DI CRESCITA DELL’ITALIA

La scomposizione del PIL

• Il tasso di crescita del Pil reale può essere scomposto nel contributo

• 1. della popolazione complessiva

• 2. della quota della popolazione in età da lavoro

• 3. del tasso di occupazione

• 4. e della produttività del lavoro misurata dal rapporto prodotto per occupato

Contabilmente, in ogni periodo t, è identicamente vero che:

Prendendo il logaritmo

• ritardando di un periodo, e calcolando la differenza:

• Si ottiene la scomposizione del tasso di crescita del Pil

• Da notare che l’evoluzione del Pil pro capite può essere scritta come

Dalla tabella sembra che la produttività del lavoro sia il problema fondamentale in Italia e Spagna.

Nella vulgata comune e anche in ambiente politico:

Bisogna riformare il mercato del lavoro. Troppo rigido impedisce lo spostamento di risorse dai settori meno efficienti ai settori più efficienti

Da cosa dipende la produttività del lavoro?

• L A CONTABILITA’ DELLA CRESCITA

La funzione di produzione aggregata

L’analisi teorica della funzione di produzione aggregata ci insegna che la produttività del lavoro non dipende solamente dai livelli occupazionali, ma anche dalla dotazione di capitale per occupato e dal progresso tecnologico. Quindi, per avere una visione completa delle cause del rallentamento della produttività dobbiamo studiare come e se questi due ulteriori fattori ne abbiamo influenzato l’accrescimento. • Guardiamo dunque alla funzione di produzione

aggregata

• Come varia nel tempo il tasso di crescita per unità di prodotto?

• Partiamo dalla funzione di produzione aggregata:

Contabilità della crescita

• Supponiamo che At(progresso tecnologico) cresca ad un tasso costante µ:

• 𝐴𝑡 = 𝐴0 1 + 𝜇 𝑡

• Come misurare µ? • Partiamo dalla funzione di produzione Cobb-Douglas

con rendimenti si scala costanti per determinare come il tasso di crescita della produttività del lavoro dipenda dal tasso di crescita del progresso tecnologico e dal tasso di crescita del rapporto capitale lavoro.

• 𝑦𝑡 =𝑌𝑡

𝐿𝑡=

𝐴𝑡𝐿𝑡𝛼𝐾𝑡

1−𝛼

𝐿𝑡= 𝐴𝑡𝐿𝑡

𝛼−1𝐾𝑡1−𝛼 = 𝐴𝑡

𝐾𝑡1−𝛼

𝐿𝑡1−𝛼

• Che possiamo scrivere come:

• 𝒚𝒕 = 𝑨𝒕𝒌𝒕𝟏−𝜶

• Facendo il logaritmo delle variabili, ritardando di un periodo, e calcolandone la differenza, otteniamo la funzione espressa ai tassi di crescita.

𝒈𝒚 = 𝝁 + (𝟏 − 𝜶)𝒈𝒌

• Il tasso di crescita della produttività del lavoro è uguale al tasso di crescita del progresso tecnologico più il tasso di crescita dell’intensità di capitale.

• Problema: come determinare µ?

La misura del progresso tecnologico

• Poiché gy e gk si osservano:

• 𝜇 = 𝑔𝑦 − (1 − 𝛼)𝑔𝑘

• Resta il problema di determinare α.

• Nella Cobb-Douglas se assumiamo che i fattori sono remunerati in base alla loro produttività marginale e poniamo A=1 si ha:

•𝛿𝑌

𝛿𝐿= 𝑊 = 𝛼 𝐿𝛼−1 𝐾1−𝛼 = 𝛼

𝐿𝛼

𝐿𝐾1−𝛼 = 𝛼

𝑌

𝐿

𝛿𝑌

𝛿𝐾= 𝑟 = (1 − 𝛼)

𝑌

𝐾

• 𝑌 = 𝑊𝐿 + 𝑟𝐾 =𝛼𝑌

𝐿𝐿 +

1−𝛼 𝑌

𝐾𝐾

• 𝑌 = 𝛼𝑌 + 1 − 𝛼 𝑌 • α=Quota del reddito che va al lavoro • (1-α)=Quota del reddito che va al capitale • Se per esempio la quota del reddito che val al

capitale è circa 1/3

• 𝜇 = 𝑔𝑦 − (1/3)𝑔𝑘

• Risultati empirici:

• Queste evidenze empiriche possono raccolte in quattro "fatti stilizzati" che caratterizzano la crescita dell'economia italiana ed europea degli ultimi quindici anni:

• 1. è aumentato il contributo del lavoro nel processo di crescita, dopo due decenni di disoccupazione

• 2. l'aumento dell'occupazione è stato accompagnato però da un rallentamento della crescita della produttività.

=> correlazione negativa tra tassi di crescita dell’occupazione e produttività • 3. si è ridotto il contributo della PTF nella crescita. Questa decelerazione ha

ovviamente influenzato negativamente lo sviluppo della produttività del lavoro.

• 4.si è ridotto l'investimento per nuovo occupato, segnalando che le imprese hanno preferito tecniche di produzione capital-saving, a bassa qualità di lavoro.

• Questo cambiamento nel rapporto capitale-lavoro può riflettere l'adozione di tecnologie non neutrali, con conseguenze sulla crescita e sulla distribuzione del reddito.

Le determinanti della crescita della produttività

• L’analisi di lungo periodo dei rapporti tra crescita economica e produttività totale dei fattori (Ptf) – che può essere considerata una misura del grado di efficienza e di innovazione tecnologica e organizzativa nell’utilizzo degli input produttivi – conferma l’attuale quadro di scarsa dinamicità per l’Italia.

• In particolare, la progressiva riduzione dei tassi di espansione reale dell’economia italiana si associa al contributo esclusivo dei fattori produttivi, mentre sempre più residuale è l’apporto fornito da sostanziali innovazioni tecnologiche od organizzative.

• In questo quadro, è rilevante approfondire l’analisi del ruolo dei beni intangibili per la crescita della produttività, in particolare di quello svolto dalle attività innovative e dall’impiego di tecnologie Ict.

Il ruolo dei beni immateriali

• Un aspetto importante nell’analisi della crescita economica riguarda il ruolo dei beni intangibili per l’aumento della produttività.

• Per molto tempo in questo ambito si è posta l’enfasi sul ruolo degli investimenti tecnologici (software, beni ad alto contenuto tecnologico) come motore della crescita economica, ma relativamente poca attenzione è stata dedicata ad altri tipi di beni intangibili:

• La spesa in Ricerca e Sviluppo (R&S), cosi come il software, sono parte di una categoria più ampia di beni immateriali, identificati da gran parte della letteratura economica come le nuove fonti della crescita economica (Corrado, Hulten e Sichel 2005, 2009).

• Nei sistemi di contabilità nazionale, i soli beni intangibili classificati come investimenti sono il software, gli originali di opere artistiche, letterarie e di intrattenimento e le prospezioni minerarie.

• Le spese per acquistare tutte le altre tipologie di beni intangibili sono attualmente classificate tra gli input intermedi, poiché si suppone che esauriscano il loro ruolo di fattori produttivi nell’arco di un solo periodo di tempo.

• Il trattamento dei beni intangibili come input intermedi ha due conseguenze:

• A)da un lato, le spese sostenute per acquistare “beni intangibili” non contribuiscono alla formazione di capitale e quindi si ipotizza che non contribuiscano in nessun modo alla produzione futura;

• B) dall’altro, la produzione di “beni intangibili” non rientra tra le componenti della produzione di beni e servizi finali e quindi non contribuisce alla formazione del Pil

Problema di qualità del capitale

• La crescita della produttività del lavoro viene decomposta in due principali componenti, quella è spiegata dalla aumento del capitale per addetto, e quella dovuta ad una componente residuale, chiamata "produttività totale dei fattori" ( TFP, "residuo di Solow"). Questa parte cattura gli effetti dello sviluppo tecnologico e dell'efficenza organizzativa con cui vengono "combinati" i fattori produttivi

• La TFP è importante anche perché garantisce che il processo di crescita non si arresti.

• L'accumulazione del capitale per addetto viene ulteriormente suddivisa tra quella legata a capitale fisico (legato alle tecnologie di informazione e telecomunicazion ICT, e non) e quella dovuta al capitale "intangibile" (uso di software, spese in Ricerca e Sviluppo e altro).

Un’analisi dell’ISTAT (2012) la dinamica della produttività

Scomposizione della crescita della produttività del lavoro con riferimento • al periodo 1995-2010, distinguendo gli anni 1995-2007 dagli anni

2007-2010 per esaminare più precisamente gli effetti della crisi internazionale sulla dinamica della produttività.

• I risultati confermano come i paesi europei abbiano beneficiato in modo diversificato degli investimenti in capitale tangibile (o materiale) e in capitale intangibile (o immateriale) sia nel periodo precedente (Figura 3.18) che in quello successivo alla crisi (Figura 3.19)

• Nel periodo precedente la crisi internazionale (1995-2007) si evidenzia la bassa crescita della produttività italiana, con un tasso medio annuo dello 0,4 per cento, contro il 2,2 per cento registrato in media dai paesi dell’Unione europea.

Risultati

• Guardando alla crescita della produttività nel periodo pre-crisi 1995-2007, in Italia e in Europa (Figura sopra), si possono fare alcune considerazioni.

• Come noto, la produttività del lavoro è cresciuta molto meno in Italia (0,44% medio annuo) che in Europa (2,2%).

• Questo probabilmente è spiegabile anche con il tipo di crescita, dove il capitale fisico (in giallo quello non ICT, in blu quello ICT) spiegano interamente la bassa crescita italiana, mentre le nuove tecnologie, legate al capitale intangibile (software, in rosso, R&S in verde) contribuiscono per una parte irrilevante (l' 8% del misero 0,4% annuo), a differenza di quanto avviene in Europa.

La crescita della TFP negativa

• Ancora più preoccupante è il fatto che la TFP (in blu) contribuisca in Italia in modo negativo alla crescita della produttività, cosa che accade solo in Spagna, mentre altrove, e soprattutto in Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, UK, contribuisce in maniera positiva e preponderante.

• Il quadro italiano è completato dai dati su i bassi livelli di R&S in rapporto al PIL, di investimento in capitale umano, di un pattern nella specializzazione internazionale congelata nei settori low-tech e di una sostanziale immobilità sociale. Insomma, far ripartire il paese non sarà compito né facile né breve.

• Il mercato del lavoro è uno degli anelli della catena, formata da diversi anelli abbastanza deboli in Italia

• L’evoluzione della produttività nel periodo più recente (2007-2010) è fortemente influenzata dalla dinamica del ciclo economico. In questi anni la produttività del lavoro ha mostrato tassi di crescita negativi in tutti i paesi considerati, ad eccezione della Spagna (dove è cresciuta a un tasso medio annuo pari al 2 per cento circa), mentre la crescita della Ptf è stata negativa in tutti i paesi (Tavola 3.10).

• L’impatto della crisi internazionale sulla produttività del lavoro è stato particolarmente forte in Finlandia e Svezia (rispettivamente -2,2 e -2,1 per cento in media d’anno), mentre è stato più contenuto nel Regno Unito e in Austria (rispettivamente -0,3 e -0,2 per cento in media d’anno).

• In Italia la produttività del lavoro ha registrato un tasso di crescita negativo pari a -0,9 per cento in media d’anno. In linea con il periodo precedente la crisi, Danimarca e Finlandia si caratterizzano come le economie con il contributo assoluto più elevato del capitale intangibile alla crescita della produttività del lavoro (rispettivamente 0,53 e 0,42 punti percentuali in media d’anno), mentre per l’Italia il contributo del capitale immateriale aumenta marginalmente rispetto al periodo precedente, risultando comunque molto limitato in termini assoluti (0,06 punti percentuali in media d’anno).

• Fadi Hassan, Gianmarco I.P. Ottaviano Productivity in Italy: The great unlearning, 30 November 2013 vox

• Gli investimenti in Italia sono giudicati carenti più in termini di qualità che di quantità.

• L’assorbimento tecnologico e l’innovazione rimangono carenti. • Il grafico sotto (riprodotto da Hassan et al., 2013), che analizza la

composizione degli investimenti italiani concentrandosi sulle TIC, indica che l’Italia ha registrato quote di TIC negli investimenti complessivi in settori diversi dall’edilizia residenziale simili a quelle di Francia e Germania solo fino alla metà degli anni ‘90.

• La letteratura economica contiene solide prove del fatto che la diversa capacità dei paesi di assorbire le nuove tecnologie, in particolare le TIC, ha determinato sviluppi divergenti della produttività, all’interno e all’esterno dell’Europa.

Distribuzione del reddito e costo del lavoro

• Quali riflessi ha avuto sulla distribuzione del reddito la dinamica della produttività del lavoro e dell'occupazione che abbiamo appena descritto?

Sappiamo che il PIL può essere distribuito a

• PIL = profitti + retribuzioni

• 1 = (profitti/PIL)+ (retribuzioni/PIL)

• 1 = (P/Y) + (w*L/Y) => quote

• Da notare che (w*L/Y) può anche essere

• scritto come (w/(Y/L)), divenendo un confronto tra retribuzione e produttività

L'andamento della quota del reddito da lavoro in Italia, 1990-2007. (adjusted wage share) Fonte:Ameco

La quota del reddito da lavoro nella manifattura e nei servizi, 1990-2006.

Quota dei profitti

Una prima interpretazione teorica

• Due tipi di shock hanno colpito

• l’economia italiana ed europa negli

• ultimi 15 anni

• 1. Shock non tecnologici (istituzionali)

• 2. Shock Tecnologici

• Questi shock hanno manifestato i loro effetti nel mercato del lavoro influenzando l’occupazione, la

• produttività, i salari i profitti e la

• crescita.

• Shock Non tecnologici • Tutti gli shock che accrescono l'offerta di lavoro (spostano la curva

di offerta di lavoro).

Dagli anni Novanta riforme del mercato del lavoro

• La moderazione salariale, Il riordino della normativa sul mercato del lavoro (in Italia le riforme Treu e Biagi)

• Il doppio livello di contrattazione salariale

• L'immigrazione di qualità lavorativa bassa (capitale umano), hanno modificato le caratteristiche del mercato del lavoro ed il rapporto lavorativo.

• shock avversi tecnologici • Tutti gli shock che influenzano la domanda di lavoro

(spostano la curva di domanda di lavoro).

• Riduzione della crescita della PTF con conseguenze su:

• Rallentamento della produttività

• Rallentamento dell’accumulazione

• Rallentamento della crescita