Tornado Alley

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Un’avventura fuori dal comune, quattro cacciatori di tempeste che, nel midwest americano trovano il loro elemento naturale. Un racconto emozionante in cui, la passione per i temporali e i tornado, porta i protagonisti a percorrere migliaia di chilometri, tra paesaggi mozzafiato ed esperienze travolgenti, fino a scoprire, in quelle pianure, l’unico posto in cui vogliono essere.

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Marco Rabito

Tornado Tornado AlleyAlley

Introduzione dell’autore

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Tornado AlleyMarco RabitoCopyright © 2011ISBN 978-88-97039-27-3

I edizione

tgbook editoreby tecnograficarossivia 1° maggio, 636066 Sandrigo (Vicenza)www.tecnograficarossi.itwww.stampaunlibro.it

L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. Sono vietate e sanzionate (se non espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica e la comunicazione).

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A tutte le persone che, nel corso della loro vita, sono state ferite da un tornado.

Che il fascino per queste maestose potenze della natura possa sempre andare di pari passo,

con il rispetto per chi al vento lascia beni e, talvolta, persone care. Lo sforzo dei cacciatori di tempeste

possa continuare ad essere il valido supporto alla popolazione, al fine di contribuire a ridurre,

l’impatto di queste manifestazioni estreme.

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Introduzione

Il tornado dentro a un fiocco Il tornado dentro a un fiocco di nevedi neve

Potrà mai un racconto iniziare da un fiocco di neve? Il pensiero va alla mano di Marco bambino quando, tanti anni fa, con il braccio teso fuori dal finestrino della Fiat 500 blu di papà, teneva stretto stretto il termometro ad alcool mentre saliva i primi tornanti, dopo Breganze.

Nel nostro giardino pioveva mestamente ed erano solo una manciata i gradi sopra lo zero. Papà mi aveva spiegato che la neve era vicina vicina, ma non abbastanza per poterla ammirare, accarezzare, mangiare.

Per fortuna pochi chilometri erano sufficienti per catapultarci in un’altra dimensione... via in macchina verso il bianco, verso il freddo, verso la neve. Partiti da casa, iniziavamo già ad immaginare a quale tornante avremmo assistito al passaggio da pioggia a neve.

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Da bimbo sapevo bene che alle volte, bastava salire davvero di poco, per entrare d’incanto nella magia bianca, nella neve.

Non so da cosa sia nato questo amore per la dama, ma già, a circa tre anni, nelle foto con il paesaggio imbiancato, il mio sguardo assumeva un qualcosa di indefinibile.

Tutti i bambini di fronte ad una nevicata dimostravano stupore, interesse, divertimento ed emozione, per me invece era tutto diverso... Mentre tutti giocavano, io guardavo in alto e fissavo il cielo, come per chiedere alla neve di continuare a scendere senza smettere mai.

Rammento le carezze dei fiocchi sulle guance rosse li ricordo come se fosse ieri. La neve la mangiavo anche, neppure i guanti volevo indossare e le manine ghiacciate non mi fermavano, era fredda e io volevo sentirla, proprio così com’era.

Di certo la passione per l’atmosfera e la meteorologia era dentro di me fin da allora, non solo per le emozioni che provavo ma, soprattutto, per le domande che ponevo continuamente. Quali erano le temperature necessarie per permettere alla neve di cadere? Perché quei fiocchi tanto attesi, a volte non attecchivano al suolo? Tanti interrogativi, nati dalla mente curiosa di un bambino, che però non sempre, trovavano risposta.

Ogni sera d’inverno ero lì, con il naso incollato alla finestra, quello sguardo al lampione, compagno di avventura, la cui luce mi accompagnava nell’attesa di veder fioccare dal cielo. Al primo batuffolo bianco mi catapultavo di corsa in giardino, con il termometro in mano che andava ben

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posizionato, lontano dai muri, perché sapevo bene che la casa altera la corretta misurazione.

Poi rientravo in casa e mia madre strillava, il riscaldamento era acceso e il calore usciva dalle porte spalancate, lasciando entrare il gelo. Niente da fare, l'eccitazione era tale da impedirmi di ascoltare una sola parola.

Così tornavo in casa, salivo sulla sedia, necessaria per arrivare a veder fuori dal vetro e spegnevo le luci della cucina, dovevo poter vedere, nel più piccolo dettaglio, il mio lampione. Pensare che per una settimana non ha funzionato, fortunatamente il tempo era stabile, non ho perso nulla e lo hanno riparato subito!

Che fastidio quando, l’alito caldo, appannava il vetro della finestra e il mio nasino appoggiato creava piccoli varchi, attraverso i quali ritornavo a vedere. E le tende, che intralcio le tende! Mia madre lo aveva capito e, per evitare che le strappassi, ha liberato le finestre, permettendomi finalmente la visuale.

I ricordi spaziano nella mente e non vanno ai giochi sulla neve, non vanno allo slittino o agli sci, non mi sono mai piaciuti più di tanto. Io adoravo quell’attesa, dei primi fiocchi di neve, che vorticavano giù dal cielo. Amavo aspettarli al buio, in silenzio, con i fratellini, oppure immaginare che la neve sarebbe arrivata, perché l’avevano prevista in televisione.

Da piccolo mi ponevo mille domande, volevo sapere come i meteorologi facessero a prevedere il tempo, così, con gli anni, il desiderio di cercare le risposte è cresciuto con me.

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Ricordo le mie lettere, scritte a poco più di 10 anni, indirizzate ai meteorologi e non ai calciatori come si potrebbe pensare. Ripenso a quel telecomando, sul quale attaccavo un foglietto, con appuntati i vari orari dei servizi meteo trasmessi alla televisione. Quando non potevo seguire io, correva in mio aiuto il nonno, che riproduceva su un foglio, la carta del tempo mostrata in tv.

Sapevo bene che la B era bassa pressione e tempo in peggioramento e la A significava tempo bello. Adoravo la B, neanche dirlo!

Gli anni successivi erano quelli dell'avvento di internet e la meteorologia diventa una scienza ormai alla portata di tutti. In quel periodo, tante mie domande, hanno finalmente trovato risposta. Preferisco fermare il gioco dei ricordi a quel bambino, con braccio teso fuori dal finestrino, a quella manina ghiacciata, alle guance rosse e a quegli occhioni blu, fissi sulla linea del termometro, arrivata finalmente allo zero.

Un giorno sarei andato a caccia di tornado nelle Great Plains... Avrebbe mai potuto crederci Marco bambino?

E soprattutto, quanti interrogativi ancora ci sono ai quali dare risposta?

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Marco Rabito

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The Spring is comingThe Spring is coming

E’ un giorno di fine gennaio, il risveglio quello solito, computer portatile sempre acceso, ci sono dei dati meteorologici da gestire e trasmettere nel web, come sempre a disposizione di tutti, nel novero di una libera divulgazione. Niente nebbia stamane, il cielo si presenta velato e un timido sole saluta questi ‘giorni della merla’; l’inverno che, in questo scampolo dovrebbe dire la sua, secondo il famoso proverbio, ha già perso la voce. Inutile anche cercare nei modelli meteorologici nuove possibilità di ritorni del freddo, sembra che sia stato già speso tutto nel mese sfavillante di dicembre, con quella nevicata così d’altri tempi tra il 19 e il 21.

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La giornata di oggi prevede l’arrivo a casa mia, nel pomeriggio, dell’amica Gloria, con cui condivido la sana passione per la meteorologia. Con Gloria il rapporto di amicizia è stupendo, da anni sui forum meteo condividiamo notizie, esperienze, sensazioni e lavori di divulgazione su quei fenomeni, parte della scienza meteorologica, che più ci affascinano e che ci hanno fatti conoscere, i temporali. Non si tratta solo di un rapporto virtuale, d’estate non è certo infrequente passare dei pomeriggi insieme a inseguire una tempesta, scattando foto e vivendo emozioni di fronte a strutture naturali di indubbio spettacolo. Le nostre soste poi, per proteggere la macchina dalla grandine, in attesa di ripartire, viver insieme la concitazione della caccia e il festeggiamento per quanto immortalato. E’ davvero dolce quel suo viso, così armonico nei lineamenti e candido nella carnagione chiara; alcuni amici la chiamano pure Casper, ricordando il famoso fantasmino del film, proprio per la sua pelle così bianca. Non è l’aspetto fisico, peraltro davvero piacevole, a renderla così speciale per me, bensì il suo modo di essere nei miei confronti, in una recente delusione amorosa è stata proprio lei l’unica persona che ho voluto accanto subito, in quei momenti di scoramento, per quella sua capacità di usare le parole giuste senza mai essere scontata. Gloria non dice mai quello che io vorrei sentirmi dire, l’obiettività la rende amica sincera su cui so che posso sempre contare. Ci prendiamo in giro tra noi, ogni occasione va bene per ridere e beccarci, ma quando i momenti sono quelli che contano, salta fuori la vera essenza del nostro volerci bene. Chi ci conosce e ci vede, ha sempre un punto di vista diverso, il rapporto che riusciamo ad avere è qualcosa che

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non si può limitare alla definizione di semplice amicizia, si tratta di qualcosa di più profondo, ma difficilmente descrivibile. Ecco, prima di capire cosa riserverà questo scorcio di gennaio, è bene immaginare come possano dei fenomeni agli occhi dei più, banali come un temporale, portare a saldare amicizie tra persone che ne condividono la semplice osservazione e lo studio. Sembra tutto così strano, così incomprensibile, questo perché l’occhio comune si ferma al tuono, al fulmine, alla forte pioggia, alla grandine e magari a quel vento freddo che accompagna l’avanzata di questo spunto del nostro cielo. Io e Gloria però, vediamo più in là, anzi meglio, noi vediamo dentro, fino a diventarne, idealmente parte. L’amore per questi fenomeni ci ha portato nel tempo a studiarne la genesi, le dinamiche, le forze in gioco trovando nello spettacolo visivo che il temporale offre, quel fascino adrenalinico generato della conoscenza delle insidie che esso nasconde. Ogni semestre caldo, noi lo sappiamo, è così. Il ribollire dell’atmosfera alla mattina, quegli altocumuli castellani, sintomo di instabilità, poi la solita telefonata: “Andiamo a cacciare?”. Io sono il più moderato tra i due, avrei la tendenza a muovermi soprattutto nelle occasioni più succulente, se fosse per lei invece, si uscirebbe sul campo ogni giorno. Cacciare si, perché il temporale è una forza viva della natura e la nostra è una caccia visiva, una rincorsa che si conclude con una ‘preda’ impressa negli obiettivi delle nostre macchine fotografiche, nelle videocamere ma soprattutto nei nostri occhi, nel cuore e nell’esperienza, di un pomeriggio vissuto insieme.

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Quante telefonate a rivivere quegli attimi, quei momenti fatti di secondi interminabili, in cui i click delle strumentazioni fotografiche si fondono, con commenti, impressioni e idee. Questo è un primo riferimento al rapporto che in questi anni si è creato tra noi, oggi sicuramente, con la sua visita, sarò rapito da una di queste cacce, nei nostri ricordi sempre impresse attimo per attimo. Mi ritrovo qui, seduto in cucina, mentre mamma prepara il pranzo, che la attendo, oggi più che mai. Gloria, anche quest’anno, andrà nella Tornado Alley, per la terza volta potrà ammirare i temporali delle Grandi Pianure americane in prima persona, quelle strutture così imponenti, scolpite, tanto da sembrare disegnate da qualche artista surrealista, ma così devastanti, talvolta, nei loro effetti. Per lei la ‘missione’ in America rappresenta una costante, in quel periodo che va da aprile a giugno, il territorio statunitense offre le condizioni migliori per poter osservare quei mostri: anche quest’anno, lei ci sarà. Nel primo pomeriggio, come d’accordo, eccola al mio cancello, la sua eleganza nei modi e nell’abbigliamento non si discute, si apprezza e basta. Ovviamente, come al solito, stiamo fuori qualche minuto, giusto il tempo per permetterle di finire la sigaretta, attimi in cui io mi congelo e da copione la sgrido, intimandole di abbandonare quel vizio. Convenevoli da poco perché subito i nostri discorsi vanno all’inverno in corso, all’episodio freddo di dicembre, quando temperature sotto zero di oltre 10 gradi, accompagnate da neve fin sulla pianura, hanno deliziato noi appassionati. Discorrendo poi con le differenze tra la sua Schio e la mia Cavazzale, immaginando ipotesi di nuovi scenari freddi o delusioni per una primavera anticipata.

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Noi potremmo trovarci d’accordo senza drammi anche nell’ultima ipotesi, la primavera porterà con se i primi episodi temporaleschi degni di osservazione, mancherà però la nostra telefonata, lei sarà oltre oceano. La discussione in brevi istanti è già passata, in questo finire di gennaio, ai nostri compagni estivi, fulmini, grandine e vento, non ce ne siamo nemmeno accorti. Il viaggio di Gloria sarà solo l’apripista per la stagione temporalesca italiana e magari veneta più nel dettaglio, ma come non parlarne, specie con tutte le mie curiosità e quel sogno di esserci, un giorno anch’io, con i miei piedi e con il mio cuore. Le porgo il portatile, in mattinata gli altri compagni di questa avventura le hanno segnalato la necessità di prenotare il volo e, quale occasione migliore, mentre ne parliamo, di farlo online? In pochi attimi apre il sito indicato e compila i vari campi, la destinazione scelta è Denver, aeroporto internazionale, uno dei più grandi al mondo. Il prezzo è davvero conveniente, del resto con una prenotazione effettuata con parecchi giorni di anticipo, da alcuni anni a questa parte, va così. Mentre parliamo, lei è così rilassata, sta per suggellare anche quest’anno, con un click del mouse, la sua ennesima esperienza di vero stormchasing, il massimo per i patiti dei fenomeni estremi come noi. Io sono lì, il sorriso di compiacimento verso la mia amica che, nei mesi a seguire, sarebbe stata immersa in una esperienza indimenticabile, sempre nuova e travolgente. Un po’ di rammarico nei miei pensieri, non ho mai viaggiato tanto, non sono mai stato via per periodi troppo lunghi da casa, forse per quel legame alla mia terra così

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saldo o per i motivi sentimentali che, da sempre, mi hanno tenuto incollato qui senza mai seguire i miei sogni. La voglia di andare, un giorno, con quei pazzi cacciatori di tempeste, al di là dell’oceano, è fissata in me da tempo. Quest’anno appena passato poi, ha visto la fine di una storia molto importante, sono tante le spine che mi sono portato nel cuore, un groviglio di rovi che devo in qualche modo scrollarmi di dosso, per ripartire. Gloria col solito sorriso compila campo dopo campo, mancano tre mesi ancora, ma sembra nei suoi occhi che debba partire l’indomani, consulta le ore d’aereo, gli scali, la compagnia più economica e in un attimo giunge all’inserimento dei dati per il pagamento. Non prima di aver indicato il numero dei viaggiatori. In quel momento il tempo si ferma, come se fossi all’interno di una cupola in cui i rumori sono sommessi, l’aspirapolvere di mia madre si sente lontano, penso solo a me, solo a vivere le emozioni che questa vita mi regala e ne sono il protagonista. Mi giro, i secondi scorrono più lentamente, il camino acceso, timidi raggi di sole entrano dall’ampia vetrata, disegnando le ombre sul tavolo, tutto questo mentre osservo la freccia del mouse lampeggiante sul numero dei viaggiatori. E’ il mio momento, sono solo e scelgo di seguire il cuore e la passione: “Gloria, segna 2!” la ragazza si gira, stupita, sconcertata, mi sorride e non serve molto a capirci, come sempre. Non lo scrive subito il 2, prima mi abbraccia, ci stringiamo e ora, in quella avventura, ci sono dentro pure io, in pochi istanti i miei prossimi mesi sono stati stravolti da questa ‘pazzia’. Il due sul form di prenotazione è ora solo una formalità, la prima decisione della mia esistenza, presa solo per me, è concreta, è fatta, io sarò là.

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Come per magia, quella piccola cifra digitata, segna una sorta di rinascita, un sipario messo a dividere quello che io ero prima, da quello che ho deciso di essere, deciso da solo, per me. Non riesco a spiegare cosa sia accaduto in quel preciso momento, per mesi nei quali ho saputo solo dire agli amici che non sarei più stato felice, che mi sarei portato dentro quella ferita per sempre, riscopro l’assurdo di ciò che sto vivendo. Tutto quel disagio interiore, quella sensazione di vuoto che mi aveva pervaso, scivola via, mi sento così leggero dentro, con la voglia di gridare a tutti che sono guarito, che i giorni da quel momento non si trascineranno più a sera, che le notti saranno costellate di nuovi, piacevoli sogni. Non pensavo che si potesse stare male per amore come sono stato io in quel periodo, allo stesso tempo mai e poi mai avrei potuto immaginare che, il confine sottile, tra la sofferenza e la gioia, si potesse varcare in questo modo. Il mio travaglio ha avuto un epilogo di quelli che non ti immagini, di quelli che se te li raccontano, diventa difficile crederci. Gloria non sa cosa mi passa per la mente, o forse si, i brevi sguardi che riesco a scambiare con lei trasmettono i brividi, mi è stata vicina nei momenti brutti e chi meglio di lei sa capirmi anche in una fase così… ora sono sicuro, ha capito. Volano adesso i polpastrelli sulla tastiera del mio portatile, abbiamo compilato tutto, un controllo è necessario prima di confermare, ma noi siamo già in volo, siamo già sulle Great Plains. Chiudo gli occhi per godermi il momento, forse mai prima, mi sono sentito così vivo. A volte si parla di scariche di adrenalina, di emozioni difficili da spiegare, so di cosa si tratta, ora lo so molto

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bene, se potessi gridare al mondo che seguire un sogno e lasciarsi andare, regala momenti così, beh lo racconterei con questi attimi. Mi piace credere che Gloria abbia pensato che il suo amico non perde mai l’occasione per stupirla, che tutto sommato sarà anche un po’ sciroccato, ma non vuole tradire la contentezza di quanto oggi si è realizzato. Il resto della giornata è un contorno di parole, di commenti, di sorrisi, non si sprecano gli abbracci, sembra di essere a caccia, sotto al temporale. Anche oggi la caccia è andata bene, abbiamo cacciato emozioni. I giorni a seguire sono dedicati a tutte le formalità necessarie ad un viaggio di questo tipo, prendiamo gli accordi con gli altri due ragazzi italiani con cui condivideremo l’esperienza. C’è da fare la polizza assicurativa, da prenotare il veicolo a noleggio, spedire negli States le strumentazioni, ottenere il passaporto e il visto. Il viaggio sarà condiviso con altri appassionati come noi, Niccolò e Valentina, Gloria li conosce già da tempo, sono stati suoi compagni di viaggio in altre esperienze simili. Niccolò è il deus ex machina di questa avventura, si occuperà lui di reperire la strumentazioni, prenotare il motel in cui pernotteremo la prima notte, noleggiare il mezzo e tutti quei dettagli che una missione di questo genere comporta. In questi giorni il mio cellulare comporrà spesso e volentieri il suo numero, affinché tutto sia programmato per il meglio. La pallina sul piano inclinato è inarrestabile ormai, scende, prende velocità, i giorni passano e si avvicina il 20 aprile. Le formalità legali sono espletate in modo piuttosto rapido, nessun problema a mettersi l’animo in pace con

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l’assicurazione e il passaporto che, in 20 giorni, è pronto. Sono sempre stato veloce a preparare i bagagli per un viaggio, anche se questa volta, la circostanza non è di quelle più comuni, non mi smentisco e inizio a preparare una lista che verrà utile. A metà circa del mese di marzo scoppia però la grana che non ti aspetti, un vulcano islandese, fino a quel momento sconosciuto e dal nome impronunciabile, Eyjafjallajökull, inizia a sparare in atmosfera, attraverso una intensa fase eruttiva, importanti quantitativi di ceneri che, fin da subito, si rivelano preoccupanti per il traffico aereo. Le eruzioni continuano per vari giorni, i telegiornali aprono i notiziari con riferimenti continui al vulcano e vari esperti si alternano nella previsione e lettura degli spostamenti di quella nube di cenere, diventata seria minaccia alla nostra partenza. Sembra una maledizione, da appassionati di temporali e di clima, iniziamo ad informarci sulla geologia islandese, sui precedenti episodi eruttivi e sulle caratteristiche degli stessi. Quando al telefono sento Gloria, ormai la terminologia usata è quella degli esperti vulcanologi, ci inoltriamo in analisi, proiezioni, commenti sull’intensità della spinta dei lapilli. Diventa ormai vulcanologia applicata alla meteorologia, mappe sulla corrente a getto, informazioni sulla nube di cenere, fino ad arrivare a chiedersi, se davvero, tale pulviscolo rappresentasse un reale problema al traffico aereo. Ci confrontiamo sbigottiti, eppure mancano ancora 20 giorni abbondanti alla nostra partenza e il sito con la webcam puntata sul vulcano diventa il primo consultato ogni mattina, nostro malgrado, le notizie non sono buone. L’eruzione, ad alterne intensità, continua fino ai giorni

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immediatamente precedenti alla partenza, anzi, proprio in quei giorni l’intero traffico aereo europeo, presenta un blocco pressoché totale. Se potevamo dire che, fino a questo punto, le cose erano andate fin troppo bene per esser vere, la sfortuna presenta il conto in maniera implacabile, il 20 aprile è vicino e in Europa non si vola. La compagnia aerea con cui viaggeremo, aggiorna regolarmente la pagina web, con informazioni relative ai voli, in correlazione con l’attività eruttiva. Appaiono davvero scarse, al 17 aprile, le nostre possibilità di partire il 20, tenuto anche presente che dovremo volare fino a Londra e poi, con rotta polare, a Denver, passando proprio per quelle zone in cui la nube di cenere è presente in maniera più compatta e pericolosa. La sera del 19 è una continua telefonata tra noi, io e Gloria, teoricamente avremmo il volo da Venezia nella mattinata del giorno successivo, gli stessi Niccolò e Valentina da Milano, ma il sito della compagnia aerea è impietoso, non si partirà. La decisione è quella di recarsi in aeroporto in ogni caso e valutare il da farsi in accordo con gli addetti al desk della compagnia. Notte che passa tormentata, come posso dormire? La valigia è pronta, per alcuni giorni ho preso appunti su tutto quanto potrebbe essere utile, l’abbigliamento è proprio l’ultimo dei pensieri: macchina fotografica, pile a volontà, videocamera, caricabatterie vari, computer portatile. Anche al piano di sotto si dorme poco, mia madre molto apprensiva da sempre, condivide gli stessi momenti di tensione, anche se, dentro di noi, sappiamo bene che il giorno della partenza non sarà l’indomani e nessuno, ad ora, sa quando. Nel cuore della notte ci sentiamo ancora, anche Gloria non riesce a dormire, non avevo dubbi, pure stavolta

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un filo invisibile ci tiene collegati, come in tantissime altre occasioni. Non abbiamo cose nuove da dirci, il solo condividere questi momenti di insonnia, li rende meno amari.

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IndiceIndice

INTRODUZIONE: Il tornado dentro a un fiocco di neve ………...……… 5 The Spring is coming ……………………..….…….... 11 False start ……………………………….……..…….. 22 Departure …………………...……………………..… 26 Arrival. ………………………………….…………… 33 First chase: Nebraska …………..……………….…… 40 The fleeting outbreak ……..………..…………….….. 48 Direction: Oklahoma …………………..……………. 57 An anemometer experience ………………..………... 65 Palo Duro Canyon State Park .………………..……... 72 No place like Kansas ……………….……………..…. 80 The chase begins again ………………..………........... 90 Into the Jungle ……………………………...………... 98

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High Risk in the Jungle ………………………...……. 106 Flooding and tornado damages ……………...………. 116 Across the Dixie Alley ………………………………. 125 Back in the Great Plains …………………………...… 134 Stormchasers convergence …...........………...………. 142 First chase with new friends ………...….…….……… 152 Pizza party …………………….………...…………… 159 The long wait …………………..…………..………... 168 Day off, apparent calm ………………………...…….. 173 Close up tornado! …………………………………..... 179 Elk City, stormchasers invasion ……………...……… 192 So long Meso Team ……...………………………..… 199 Texas here we come ……………………..…….…….. 206 Chasing in the remote plains of Texas .……..….……. 212 Along the Mexican border ……..………….……..….. 219 Texan sunset …………………………....……………. 225 Chasing in New Mexico …………………...………… 231 You are approaching a twisting storm, please exercise caution! ……………….……...…..…. 238 High Risk in Oklahoma: last chance ...……..………... 247 Back home ……………………………...……….…… 256 Me, the stormchaser …...…………………..………… 262

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Finito di stamparenel mese di giugno 2011

pressoTecnografica di Sandrigo (VI)