Su Bandu Numero 4 - Febbraio 2012

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Magazine di politica e cultura indipendentista di Progetu Repùblica de Sardigna - Regione Disterru Numero 4, Febbraio 2012 "Noi siamo ProgReS Progetu Repùblica e intendiamo fare della Sardegna una Repubblica politicamente libera, economicamente prospera, socialmente giusta, moralmente degna." PROGRES La Sardegna terra promessa per le trivellazioni petrolifere Sabato 18 Febbraio l'Assemblea Generale Disterru a Bologna La proposta di ProgReS sul Master & Back ENERGIA INDIPENDENTISMI DISTERRU Puerto Rico

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Su Bandu, sa revista fata dae sa regione Disterru de ProgReS – Progetu Repùblica.

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Magazine di politica e cultura indipendentista di Progetu Repùblica de Sardigna ­ Regione Disterru Numero 4, Febbraio 2012

"Noi siamoProgReSProgetu Repùblicae intendiamo faredella Sardegnauna Repubblicapoliticamentelibera,economicamenteprospera,socialmente giusta,moralmentedegna."

PROGRES

La Sardegna terra promessa per le trivellazioni petrolifere

Sabato 18 Febbraio l'Assemblea Generale Disterru a Bologna

La proposta di ProgReS sul Master & Back

ENERGIA

INDIPENDENTISMI

DISTERRU

Puerto Rico

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Con la delibera n.47/ 24 la RegioneSardegna, con una partecipazione delFondo Sociale Europeo, ha stanziato7.000.000 di euro per i “Master andBack” per il periodo 2009-2013. Sitratta dei “Percorsi di Alta Formazio-ne”, i master di studio finanziati perun anno a laureati che prevedono dispecializzarsi all'estero - o fuoridall'Isola comunque - e poi tornarein Sardegna.

Proprio negli ultimi giorni del 2011Capellacci ha firmato per aumentareil finanziamento da 9 a 18 milioni dieuro, ripartiti in uguali proporzionitra privato, pubblico e ricerca, e cosìi giovani che potranno beneficiaredella borsa di studio saranno 300,più del doppio di quelli previsti conil primo stanziamento.

A dicembre inoltre è stato firmatoun "Protocollo per l'Alta formazione"tra Regione e Università di Cagliari eSassari complementare al programma‘Master & back’.

Si è istituito il progetto 'Master inSardegna' che permette di attivare interritorio sardo un maggior numerodi corsi, probabilmente a costi infe-riori per un maggior numero di stu-denti.

Con la sobrietà dei primi giornidell'anno stiamo ad osservare questeproposte: magari dovremmo ralle-grarci per il notevole finanziamento:

dopotutto ne beneficierà qualcunoche possiede spirito di ricerca espinta al miglioramento professiona-le, il quale potrà completare la pro-pria formazione e venire poi re-intro-dotto nel mercato del lavoro. Sardo.

Perché la delibera prevede anche“l'attivazione di percorsi di rientro”che vengono però nella stragrandemaggioranza dei casidisattesi e non comple-tati, per una serie inve-rosimile di motivi.

La delibera del ma-ster and back di per se'è encomiabile: è giustooffrire un modo perpermettere ai più vo-lenterosi di studiarefuori ma soprattuttotornare, e perciòspendere “a casa” laprofessionalità altroveacquisita.Infatti non ci convince

per niente l'istituzionedel “Master in Sarde-gna”: dovrebbe befi-ciarne non solo“l''utente finale ma anche l’intera re-te di soggetti coinvolti (università,aziende, pubbliche amministrazioni)”nelle parole dell'assessore al LavoroLiori.

Invece a noi sembra l'ennesima pa-stetta mal organizzata perche' vienetotalmente a mancare il beneficio

della formazione “all'estero” che inve-ce avrebbe dovuto premiare e ca-ratterizzare chi stava già puntandoad accrescere, distinguere e concre-tizzare la propria qualità lavorativa.

Però, se è giusto offrire un modoper permettere ai più volenterosi distudiare fuori, è necessario spianarele strade molto impervie e sassoseaffichè questi rientrino. Si tratteràperciò di finanziare progetti di studionon slegati al mercato del lavorosardo, che si complementino allarealtà lavorativa attuale. Si tratta diaiutare questi neoprofessionisti a ri-cercare istituzioni, enti, società doveconcretamente essi possano spenderela loro formazione.

Obbiettivamente c'è ben poco spa-zio in Sardegna e nell'eternamenteimmobile mercato del lavoro sardoper professionisti altamente formati.Con molta sobrietà ci auguriamodalla Regione nuovi progetti e nuovedelibere che finanzino ad esempio l'

“expertise”, la profes-sionalità accertata diun soggetto, anziche'quella “a venire” di unlaureato.

Si potrebbe studiareun nuovo sistema di“prestiti d'onore” daaccordare per ottenereil Back, il rientrodell'esperto dopo uncorso di studi.Al fine di responsabi-

lizzare i beneficiaridelle borse di studio esensibilizzarli in occa-sione del rientro, po-trebbe risultareimportante studiare unmetodo di restituzione

del fondo acquisto.Diminuirebbero gli sprechi, aumente-rebbero i rientri.

Sarebbe un modo per appianare igrossi limiti del Master & Back, chepero' le attuali proposte della giuntanon hanno neppure considerato.

Master & Back: la Regione finanzia, ma non sa bene cosa

di RAFFAELLA CARTA

Se è giustooffrire un modoper permettereai piùvolenterosi distudiare fuori,è necessariospianare lestrade moltoimpervie esassose affichèquesti rientrino,cosi daspendere“a casa” laprofessionalitàaltroveacquisita.

La proposta di ProgReS riguardo il progetto "Master & Back": due percorsi paralleli, non solo "Master"ma anche "Expert" e un servizio di supporto, autofinanziati. Le nostre idee per rendere la formazioneefficiente, accessibile, democatica.

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pag. 3Master & Back: la Regione finanzia, ma non sa bene cosaSi è svolto sabato 22 ottobre 2011 a

Bologna, organizzato dalla regione

Disterru di ProgReS-Progetu Republi-ca, il dibattito sullo spopolamento

della “Sardegna di dentro”, secondo

l’espressione usata da uno dei relato-ri, Massimo Dadea, già assessore re-gionale agli affari generali durante la

giunta Soru.

Un problema, quello dello spopola-mento, che trova sempre dei riferi-menti nei documenti istituzionali ma

che viene sistematicamente ignorato

nelle politiche pubbliche, “quasi un

rituale perverso con scarsa utilità e

grave dimenticanza” è opinione di

Lilli Pruna, docente di sociologia

all’Università

di Cagliari.

La relazione

della sociologa

ha sviluppato

le cause e gli

elementi che,

nel corso degli

ultimi decenni,

hanno de-terminato il

lento svuota-mento dei paesi: abbassamento del

tasso di fecondità, forte impatto

dell’emigrazione, con un aumento

della componente femminile rispetto

ai flussi migratori della seconda metà

del secolo scorso e conseguente

scarsa capacità compensativa per il

debole impatto dell’immigrazione.

Il dott. Dadea ha sottolineato che

una della cause va ricercata nell’alto

tasso di disoccupazione giovanile, il

44,7% tra i più elevati in Europa, a

cui si aggiunge dispersione scolastica

e un basso numero di laureati.

L’intervento dell’ex assessore regio-nale si è incentrato nell’idea precisa

di Sardegna che aveva la precedente

giunta Soru: coniugare modernizza-zione e identità, innovazione, capitale

umano su cui investire.

È sempre più necessario puntare

sull’unicità del popolo sardo, prima

che sia troppo tardi. Anche perché il

rischio dell’atollo demografico, se-condo la metafora usata da ProgReS,

è sottovalutato.

Il sindaco di Nughedu San Nicolo,

nonché presidente dell’Unione dei

comuni del Logudoro, Dario Fenu è

il più coinvolto tra i relatori.

Alla sua seconda legislatura è alla

continua ricerca di soluzioni che pos-sano coinvolgere i giovani, anche

nella riutilizzazione di infrastrutture

decadenti create senza una necessaria

strategia di utilizzo. È necessaria una

progettualità condivisa con le altre

comunità vicine.

Il sindaco Fenu non fa sconti

all’attuale giunta regionale che

emette dei bandi utili solo per fi-nanziare i consulenti, né alla giunta

precedente, colpevole di aver stilato

un PPR

senza la

concerta-zione con i

comuni

dell’interno.

L’intervento

del presi-dente di

ProgReS,

Omar

Onnis, ha

inquadrato nelle sue dinamiche stori-che il problema della “penuria di uo-mini”.

È soprattutto nel 1800 che lo shock

antropologico conosciuto dai Sardi,

determinato da politiche sabaude mi-rate a un processo di modernizzazio-ne hanno portato a un rallentamento

del processo demografico.

Forzatamente vennero applicate

delle politiche studiate per il Pie-monte che niente avevano a che fare

con la realtà della Sardegna.

Ma l’atteggiamento della classe

politica attuale non ha ancora capito

la lezione: le esigenze, i problemi dei

Sardi non possono essere risolte da

coloro che hanno i loro interessi e i

loro obbiettivi politici ed economici

lontani dalla Sardegna.

Il presidente Onnis accoglie con fa-vore il precedente invito del sindaco

Fenu a prendere una scopa per

spazzare via una classe dirigente

sarda perversamente inerte.

FRANCO ARBA

A Carlo V d'Asburgo, re di Sarde­gna e padrone di mezzo mondo nelcorso del Cinquecento, tra tante co­se si attribuisce anche questa fa­mosa definizione dei sardi. Ma CarloV mai si sognò di dire niente del ge­nere a proposito di sudditi che nonconosceva affatto. Più verosimile èl'attribuzione della medesima frasead A. Parragues de Catillejo (arci­vescovo di Cagliari in quello stessoperiodo). Fu lui a definire così i sardiin una sua lettera. E forse rife­rendosi non tanto ai sardi intesi co­me popolo, quanto all'aristocrazialocale.

Fatto sta che dal XVI secolo ciportiamo addosso questa descrizio­ne, tramutata dall'uso continuo in undogma pseudo­antropologico e inqualcosa che assomiglia a una ma­ledizione. Noi sardi siamo pochi,stupidi e disuniti.

Ora, che siamo pochi possiamoanche ammetterlo: la nostra densitàdi popolazione è alquanto bassa.Però bisognerebbe anche calcolarele dimensioni della nostra emigra­zione, prima di emettere facilisentenze. Oltre a considerare chenel mondo esistono decine di statimeno popolosi della Sardegna.

Sulla nostra stupidità che dire?Basta l'impressionante quantità ditalento che riusciamo a produrre intanti ambiti, per smontare questatesi. Di sicuro non siamo più stupidio matti di altri.

Sulla disunione, poi, va detto unavolta per tutte che i sardi non sonopiù disuniti tra loro di molte altrecollettività storiche. I campanilismiesistono ovunque vi siano comunitàumane, non è una peculiarità sarda.

D'altra parte basta avere un mini­mo di dimestichezza con la nostraemigrazione, per rendersi conto diquanto in realtà prevalga presso tuttii sardi, di qualsiasi provenienzaspecifica, un senso di identificazionee di appartenenza largamentecondiviso. In definitiva, non sembraproprio che questo luogo comune, adispetto della sua reiterazione os­sessiva, abbia un reale fondamentostorico.

OMAR ONNIS

Tutto quello che sai sullaSardegna è falso: "Pocoslocos y mal unidos"

Spopolamento della Sardegna: unfuturo da "atollo demografico"?

MASSIMO DADEA (FOTO: GIANMARIO DEIDDA)

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Ciao Alessandra, sei andata viadalla Sardegna ormai diversi anni fa,in che modo, e se, questo ti fa senti­re “Disterrata” nell’accezione negati­va del termine?

Sono andata via tanti anni faperché volevo uscire e vedere ilmondo, volevo vivere esperienze nuo-ve e acquisire competenze lavorativeed accademiche innovative, non pos-so dire di essere stata costretta adandarmene. Purtroppo mi rendoconto che oggi ci sono delle diffi-coltà oggettive che rendono moltocomplicato un ritorno Sardegna unavolta terminato il mio progetto di ri-cerca qua in Catalogna.

Come valuti il fenomeno dell'emi­grazione sarda, intellettuale e non?

La ritengo una cosa drammatica,quasi come se ci si dissanguasse, se ipiù giovani se ne vanno, nell'isolavengono a mancare forze fresche,anche perché sempre più spessopersone formatee intraprendentise ne vanno permancanza di spa-zio nelle universi-tà e nelle imprese.Tutto ciò è dovuto, a mio avviso, aun mercato del lavoro poco svi-luppato e in gran parte allamancanza di correttezza e traspa-renza: qua in Catalogna si trova lavo-ro solo in base alle tue competenzesenza chiedere favori a nessuno.

In Sardegna questo non basta, èanche per questo che molti giovanise ne vanno: manca una mentalitàmeritocratica e se non si vuole

scendere a patti con questo sistema,ci si deve per forza spostare.

Cosa ti aspettavi di trovare fuoridalla Sardegna, cosa hai effettiva­mente trovato e cosa no?

Mi aspettavo di imparare ciò chenon ho avuto l’occasione di impararein Sardegna, ad esempio la gestionedi progetti di educazione non forma-le per i giovani, cosa della quale misono occupata in passato a Barcello-na e precendentemente in Porto-gallo.

Mi aspettavo soprattutto di potertrovare un lavoro in maniera traspa-rente ed onesta, posso dire di avertrovato tutto e di esser soddisfattadella mia esperienza. Purtroppo starelontani dalla propria terra, da amicie parenti non è semplice. Questo è ilprezzo da pagare, a quanto pare.

L'esperienza all'estero ti ha fornitouna visione diversa delle cosesarde? E se sì in che termini?

Decisamente! Stare all’estero offresempre una visione diversa e scopri

che le cose non debbono perforza andare come vanno, si acquisi-sce coscienza delle enormi potenziali-tà che la Sardegna possiede.

Con un po’ meno di fatalismo e unpo’ più di attenzione da parte ditutti le cose potrebbero andare di-versamente, manca la partecipazionee la coscienza civile. Pretenderemaggiore efficienza da parte delleamministrazioni ed evitare di

accontentarsi potrebbe essere un pri-mo passo.

Hai riflettuto sul fatto che la Sarde­gna, al centro del Mediterraneo occi­dentale, sia in qualche modo vinco­lata alla sua condizione di regioneitaliana, in riferimento ai contatti e aicollegamenti con altri paesi? Se sì,che conclusioni ne hai tratto?

Le responsabilità di politica esterasono dello Stato centrale, è un datodi fatto, e confesso di non aver mairiflettuto a fondo sulla possibilità chela Sardegna possa giocare un ruolodi punta nel mediterraneo. Tuttavia,sono convinta che già oggi si possafare tanto, anche in regime di auto-nomia, ma questa possibilità vienepresa poco in considerazione.

Le opportunità di collaborazioneche esistono non sono sfruttate afondo: se volessimo avere un ruolopiù attivo interagendo con altre na-zioni potremmo farlo ma la politicaspesso non prende in considerazionequesta possibilità. La nostra società

in generale èpoco “interna-zionale” impre-se, cittadini,università.Manca l’attivi-

smo da questo punto di vista. In unacondizione di indipendenza le cosecambierebbero, ma non è una possi-bilità che ho valutato sinora, non misono esercitata su questa ipotesi.

Al di là della condizione economi­ca, hai rilevato differenze tra Sarde­gna e Catalogna? Quali le più signi­ficative secondo te?

In Catalogna c’è più dinamismo epiù fiducia in se stessi, come singoli e

Intervista con Alessandra Arru, ricercatrice a BarcellonaAbbiamo intervistato ALESSANDRAARRU, giovane laureata in ScienzePolitiche con indirizzo internazionalepresso l’Università di Sassari.Alessandra ha vinto una borsa distudio nell’ambito del progettoMaster & Back della RegioneAutonoma della Sardegna, e daVillanova Monteleone, suo paesed'origine, è partita verso Barcellonadove attualmente svolge unDottorato di ricerca in storiacontemporanea all’UNIVERSITAT DEBARCELONA.

di ALESSANDRO COLUMBU

Stare all'estero offre sempre una visione diversadelle cose. Con un po' meno di fatalismo le cosepotrebbero andare diversamente.

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pag. 5Intervista con Alessandra Arru, ricercatrice a Barcellona come collettività. C’è un maggiore ri-spetto delle regole, maggiore co-scienza e partecipazione civile, cheaiuta la convivenza e favorisce anchelo sviluppo economico.

Ci sono moltissime associazioni chedibattono qualsiasi scelta politica, lepersone si fannosentire su tutto equesta è una grandis-sima differenza. Lapartecipazione politi-ca è alta, l’associazio-nismo in Catalogna èuna realtá moltoforte, sia quello poli-tico che quello cultu-rale e sociale e questogioca un ruoloimportantissimo nelcontrollo delle sceltefatte dalle ammini-strazioni locali e nellacreazione di reti di solidarietá socialee azione culturale.

Queste associazioni sono alla basedi una maggiore capacità di mobilita-zione e organizzazione, e questo hafatto sì che le amministrazioni predi-sponessero dei servizi ah hoc: qui lelinee di finanziamento per associazio-ni e iniziative di base sono stabili,con dei programmi bene organizzatie trasparenti, con infrastrutture effi-cienti per la distribuzione di fondi.

Dal punto di vista giovanile esisto-no fondi e spazi ad hoc per incenti-vare la creatività e lo spirito di ini-ziativa dei giovani cittadini dandoloro la possibilità di contribuire allacrescita di questa società.

Pensi di tornare un domani perreinvestire le tue competenze inSardegna? Quali condizioni do­vrebbero verificarsi, perché questofosse possibile?

Mi piacerebbe molto! Avrei bisognodi trovare lavoro presso qualche isti-tuzione o impresa, ma non mi dispia-cerebbe creare qualcosa di nuovo, co-me una cooperativa sociale o diservizi.

Ci vorrebbero maggiori garanzie ditrasparenza, linee di azione e fi-nanziamento e un quadro legale piùsnello che permetta di metter suimpresa o associazioni in maniera piùfacile: la burocrazia e le questioni fi-scali oggi non favoriscono l’inizio diun’attività, tutto risulta moltocomplicato.

In Sardegna poi mancano politiche,

programmi e linee di finanziamentotrasparenti e stabili, insomma, mancaun quadro legislativo concreto perincentivare progetti per l’educazionenon formale alla cittadinanza comequelli che ho portato avanti in pas-sato e che mi piacerebbe poter

implementare anchein Sardegna.

Com’è il tuorapporto con i giova­ni che sono rimastiin Sardegna? Che ti­po di accoglienzahanno le tue idee, letue proposte, i tuoisuggerimenti, se haiavuto l'occasione difarne, che reazionihanno suscitato?

Ho un ottimorapporto con chi èrimasto, alcune mie

idee vengono accolte serenamentealtre con un po’ di scetticismo. In ge-nerale penso che piacerebbe anche aloro mettere in atto alcune di questeproposte.

Penso che in generale sia cambiatoil ruolo di quelli che come mestanno fuori, siamo in grado di co-municare e viaggiare con molta piùfacilità rispetto alpassato e questo cipermette di avereun’influenzamaggiore su i no-stri familiari,parenti ed amici.

Dobbiamo esserefiduciosi nel fattoche noi che andia-mo fuori ora nonsiamo come le ge-nerazioni dei nostrinonni, che spessonon potevanotornare più.Rimaniamo incontatto, ci preoccupiamo, portiamoidee, e potremmo essere teste diponte di tante cose.

Cosa obbietti se ti viene propostodi restituire il finanziamento ricevu­to, nel tempo e attraverso unapercentuale equa di un suo possibi­le futuro contratto lavorativo?

Non sono d’accordo con l’idea didover restituire il finanziamento, leborse di studio non sono prestiti.

Le borse Master and Back sono giàtassate come lavoro dipendente e

non danno diritto a coperture previ-denziali. Se vogliamo un ritorno perla collettività sarda da parte dei be-neficiari di borsa Master and Backposso ipotizzare l'implementazione divarie azioni, in modo che essi sianomoltiplicatori delle competenzeacquisite.

Ad esempio, si potrebbe offrirel'occasione agli studenti, nell'ambitodel finanziamento, di fare corsi oaltri tipi di servizi, in programmi dipromozione sociale e culturale ashoc, o si potrebbero mettere su dellepubblicazioni o lasciare spazio per iprogetti che gli studenti stessi pro-pongano, fonendo loro appoggio lo-gistico e infrastrutturale.

Tali azioni dovrebbero rappresenta-re un’occasione sia per il borsista cheper la comunità. E non devonoprendere la forma di corveés obbli-gatorie.

Soprattutto, credo che potenziare ilback sia fondamentale, visto che loscopo del programma dovrebbe esse-re quello di riportare in Sardegna lepersone formate.

Sarebbe auspicabile anche una forteazione di educazione per gli adulti,che potenzi l'accettazione della meri-tocrazia, la cittadinanza attiva, l’alfa-

betizzazione all'imprenditoria, la di-minuzione del lavoroin nero e la tendenzaa svilire gli investi-menti in formazione.

Per quanto mi ri-guarda l'investimentoin educazione ha unimpatto che va al dilà dell' immediata-mente monetizzabilee il Master and Backdarà i suoi frutti ne-gli anni, in termini diritorno di cono-scenze, contatti con

l'estero, numero di persone formate.La creazione di possibilità di ri-

torno, o per lo meno di un ambientemeno ostico, farebbe il resto.

I giovani sardi che partono oggi-giorno cercano conoscenza eopportunità, ma hanno sempre pre-sente la loro isola, e vorrebbero faremolto per una sua rinascita culturaleed economica e la vivacizzazionedella sua società.

Penso che siacambiato il ruolodi chi vive fuoridalla Sardegna.Comunicare eviaggiare con piùfacilità permettedi avereun'influenzamaggiore suinostri amici.

L'investimento ineducazione ha unimpatto che va aldi là dell'immediatamentemonetizzabile e ilMaster and Backdarà i suoi fruttinegli anni, intermini di ritornodi conoscenze.

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di GIOVANNI MUNDULAIn questi ultimi anni nel linguaggio

politico sardo è sempre più presente,molte volte a sproposito, la locuzione“vertenza entrate”: ma di cosa sitratta? Cerchiamo di far un po’ di lu-ce su un argomento che alla maggiorparte dei sardi purtroppo non diceniente ma che paradossalmente inci-de profondamente in maniera negati-va sulla loro vita.

Nel 2005, durante il mandato diRenato Soru, la giunta regionale,anche grazie alle sollecitazioni delarea indipendentista, aprì unconfronto con il governo italiano,allora presieduto da Silvio Berlusconi,a proposito della restituzione dellesomme non versate dallo Stato Italia-no nelle casse regionali, secondoquanto previsto dagli articoli 7 e 8dello statuto sardo, nel periodocompreso tra il 1991 e il 2003.

L'articolo 7 dello statuto dichiarache la Regione Sardegna ha dirittoad una propria finanza in coordina-mento con quella dello stato centra-le, mentre nell'articolo 8 vengonoelencate le varie imposte (tra cuiIRPEF, IVA e le entrate derivanti daiprodotti petroliferi dette accise) chevanno a costituire una grossa partedel bilancio regionale. O meglio, do-vrebbero costituire. Il punto centraledella vertenza entrate infatti è ilmancato versamentoda parte dello statoitaliano delle quotespettanti alla Sardegna,secondo i calcoli fattinel 2005 dai funziona-ri regionali. Per imancati introiti di IVAe IRPEF, nelle cassedella Regione Sardegnason venuti a mancarecirca 900 milioni dieuro all'anno, per unammontare complessi-vo di circa 10 miliardidi euro (la cifra vacalcolata per difetto).Se teniamo presente che la finanzia-ria regionale dell'anno 2011 ammontaa 6.8 miliardi di euro, ci rendiamoconto dell'importanza della questio-ne. Il confronto tra la giunta Sorued il governo Berlusconi fu piuttostoduro. C'è da dire che in quell'occasio-ne la classe politica sarda per la pri-

ma - e unica - volta si mostròcompatta. Si arrivò infine ad unaccordo con lo Stato Italiano nel2006, con il governo Prodi. Più cheun accordo fu in realtà una specie dicompromesso alla prendere o lascia-re: lo Stato Italiano si impegnavanella restituzione di circa 5 miliardi

di euro dellemancate entrate pre-gresse (quindi la me-tà del dovuto), da re-stituire in rate da500 milioni all'annosenza interessi apartire dal 2013;oltre questo si modi-ficava anche l'artico-lo 8 dello statuto,stabilendo dei para-metri fissi per leentrate derivantidalla quota IVA, cheprima era variabile;in cambio la Regione

Sardegna si faceva carico delle speseper la sanità e i trasporti pubblici,prima in gran parte a carico dellostato italiano.

Questi cambiamenti dovevanoentrare a regime nel 2010. Dovevano,appunto, ma di fatto nulla ancora ècambiato. A dimostrazione di questo,

la finanziaria 2012 ad oggi non è stataancora chiusa e a Gennaio 2012 la Re-gione Sardegna si trova in esercizioprovvisorio con tutto quello che neconsegue.

Un altro aspetto della vertenzaentrate riguarda anche chi deve ri-scuotere i tributi: ad oggi è lo statoitaliano che incassa i tributi per poiripartirli, malamente, con la RegioneSardegna. Questo nonostante la Sarde-gna abbia la possibilità di riscuoterlidirettamente, possibilità data dall'arti-colo 9 dello statuto regionale (che,non dimentichiamo, è legge costituzio-nale), il quale recita: “La Regione puòaffidare agli organi dello Statol'accertamento e la riscossione deipropri tributi”. La Regione può, ma senon volesse? Se non volesse dovrebbeprima di tutto dotarsi di una suaAgenzia per le Entrate così come giàavviene in Sicilia, dove la Regione ri-scuote direttamente le entratespettanti.

Un'agenzia per le entrate sarde erastata creata nel 2006 dalla giunta So-ru, ma si occupava solo di riscuoterele entrate regionali derivanti dalla co-siddetta tassa sul lusso, impostasuccessivamente bocciata dalla cortecostituzionale. Nel 2011, a seguito diquella bocciatura, la giunta

Vertenza entrate: dove finiscono i tributi pagati dai Sardi?Una classe politica incompetente e masochista che lavora contro gli interessi dei Sardi. Risultato: laRegione Autonoma della Sardegna è in credito di nove miliardi di euro nei confronti dello Stato italiano.

IL CONTATORE DELLA VERTENZA ENTRATEE' attivo, da circa due mesi, il contatore della

Vertenza entrate realizzato dai tecnici diProgReS ­ Progetu Repùblica.

Il contatore, raggiungibile sul web all'indirizzohttp://isoladeltesoro.progeturepublica.netcalcola in tempo reale la quantità di denaro cheviene sottratta ai contribuenti sardi a causa dellamancata applicazione degli articoli 7 e 8 dello

Statuto Regionale.Consultabile in Sardo, Inglese, Francese e

Italiano, il contatore offre diversi esempi dicome i soldi che a norma di legge spettano allaRegione Sardegna potrebbero esserereinvestiti per migliorare le tante carenze sulpiano amministrativo, sanitario, culturale einfrastrutturale.

Non si capiscequale mentalitàdistorta abbiaportato le classipolitiche sardea privarsi di quelminimo disovranità fiscaleche lo statutosardo consente.

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pag. 7Vertenza entrate: dove finiscono i tributi pagati dai Sardi?

Cappellacci ha chiuso l'agenzia rite-nendola inutile: un'atto che dimostratutta la lungimiranza politica checontraddistingue l'attuale governodell'isola.

Non si capisce quale mentalitàdistorta abbia portato le classi politichesarde da diversi decenni a questa partea privarsi di quel minimo di sovranitàfiscale che lo statuto sardo consente.Non si capisce come sia stato possibileche la classe politica sarda, con ifunzionari regionali al seguito, non sisiano accorti per tanti anni che lostato italiano ci privava delle nostre ri-sorse. Non si capisce perché, puravendone il potere, la Regione Sarde-gna non riscuota i suoi tributi da sé.Non si capisce che senso abbiano iviaggi della speranza ciclicamentecompiuti dai vari politici isolani a Ro-ma per andare a bussare alle porte deipalazzi del potere nella speranza diottenere qualche soldo che ci consentadi sopravvivere. Ma soprattutto non sicapisce che cosa aspettino i sardi a sba-razzarsi di una classe politica di questogenere, che cosa aspettino i sardi aprendere in mano le redini del loro fu-turo invece di affidarlo di volta in voltaa delle persone che hanno ampiamentedimostrato la loro totale incapacità neldare una speranza a questa terra.

Su 17 de nadale de su 2011 in sa

Sala Cosseddu de s’universidade de

Casteddu ProgReS at presentadu in

pùblicu pro sa prima borta su

documentu de polìticas linguìsticas

chi su Tzentru de Elaboratzione –

Polìticas linguìsticas- at elaboradu

in prus de tres annos de traballu,

arrejonu e esperièntzia.

Pro sa prima borta in s’istòria

sarda, unu partidu essit cun una

proposta politicamente sèria e

scientificamente articulada subra de

sa chistione linguìstica in Sardigna.

Dae tropu annos si nde arrejonat

sena nde bogare carchi cosa chi

unat sos sardos, una idea chi bògiat

fàghere de sas limbas de Sardigna

una richesa de crèschere e no carchi

cosa de chistire in sos calàscios de

sos museos.

A sa presentada ant partetzipadu

sos ativistas de ProgReS chi ant

elaboradu custu documentu,

partzidu in 10 puntos, e chi ant

presentadu dogniunu unu cantu de

su documentu in sas limbas issoro,

calicunu in italianu, àteros in sardu

e in gadduresu.

In prus, a sa presentada ant leadu

parte puru personalidades de sa

cultura sarda invitados dae ProgReS,

chi in sos annos s’ant leadu

impignu de liberare custas limbas

minorizadas.

Òmines e fèminas che a Nanni

Falconi, iscritore e bortadore in

limba sarda, Franca Masu, cantante

in aligheresu, Lisandru Mongili,

sotziologu, Paola Alcioni, poeta in

sardu e Tore Cubeddu, iscritore e

presentadore televisivu,chi ant

apidu su praghere de interbènnere

contende de sas esperièntzias e

ideas issoro.ALESSANDRO COLUMBU

Presentada de “Polìticas linguìsticas in ProgReS”

Oliver Perra: ambasciatore della Sardegna al Congresso dell'SNPOliver Perra, rappresentante di ProgReS per le Isole Britanniche, ha partecipato in veste di delegato al CongressoNazionale dello Scottish National Party. Questo il racconto della sua esperienza.

Lo scorso autunno ho partecipatoal 77mo congresso di Scottish Natio-nal Party (SNP) in veste di delegatodi ProgReS. In questa occasione, gliindipendentisti scozzesi si presentava-no non solo come coloro che guida-

no una nazione “devoluta”, ma vole-vano anche accreditarsi come coloroche guideranno uno stato con pienasovranità. L'ingente presenza diconsoli e ambasciatori di diversi statidurante il congresso di SNP rivela

che diversi staticominciano ariconoscere ne-gli indi-pendentistiscozzesi degliinterlocutoricredibili.

Ho avutoperciò l'occasio-ne di parlarecon amba-sciatori econsoli di paesieuropei(Francia, Belgioe Austria) e dipaesi come Tai-

wan, Indonesia, Giappone.Ho rappresentato anche la Sarde-

gna quindi, parlando delle sue aspi-razioni di indipendenza. Mentre que-ste aspirazioni hanno trovato unascoltatore attento nel console di Tai-wan, un paese la cui esistenza stessa èminacciata dalle rivendicazioni dellaCina, altri erano più scettici.

Ciò che mi ha reso fiducioso èstato sentire il console francese adEdinburgo dire che la Francia nonavrebbe problemi a riconoscerel'indipendenza di una nazione comela Sardegna se tutto il processo sisvolgesse democraticamente.

Per quanto potesse essere una fra-se di circostanza, sarebbe difficileargomentare contro un processo diindipendenza che, come quello inScozia, sia non-violento, democraticoe tragga legittimità dal consenso po-polare costruito attraverso serietà eonestà d'azione.

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Arborea, Costa del Sinis, Golfo di Oristano, Medio Campidano e Golfo degli Angeli: la Saras, e non solo, mira atrivellare buona parte del territorio sardo per la ricerca di idrocarburi. Nel totale silenzio delle amministrazioni.

Gas e petrolio: la Sardegna obiettivo delle trivellazioni

sessorato all'Industriadella Regione Sarde-gna.

Siamo nel 2010, e ildisastro del Golfo delMessico è appenaavvenuto: le richiesteper i permessi di ri-cerca a mare vengonobocciate dal Ministe-ro. Bocciate, ma nonvengono ritirate. Omeglio, la Saras noncomunica di voler ri-nunciare alla ricercadi idrocarburi in ma-re.

Si sa, la comunica-zione è un'armamolto importante. LaSaras infatti imponealle due aree di ispe-zione a terra due no-mi simbolo dell'EraGiudicale. “Eleonora”per l'area di 443 kmqindividuatanell'oristanese e “Igia”per un'area delMedio Campidano.Ed il gioco riesce: laRegione Sardegnaconcede entrambi ipermessi di ricerca.Andiamo dunque ad inizio 2010. La

Saras comincia ad ispezionare l'area diricerca dell'oristanese denominata

“Eleonora” e siconcentra in particolaresu una zona: quella delComune di Arborea.Esattamente pochi chilo-metri in linea d'aria da-vanti all'area per cuiaveva presentato la ri-chiesta di ispezione perle trivellazioni off-shorenel Golfo di Oristano.

La Saras sembra avertrovato ciò che cerca: nelsottosuolo di Arboreapotrebbe esserci un gia-

cimento di idrocarburi, probabilmentedi gas naturale. A Luglio 2011 ne vienedata comunicazione al Comune diArborea e la notizia viene pubblicatanel B.U.R.A.S. E tra gli annunci legali

dei giornali locali: “la Saras s.p.a. ha pre-sentato le richieste per avviare la tri-vellazione di un pozzo esplorativoall'interno del Comune di Arborea”. IlPermesso Eleonora diventa “ProgettoEleonora”.

L'iter sembra procedere regolarmente:nessuna opposizione al Progetto Eleono-ra viene presentata, tantomenodall'amministrazione comunale di Arbo-rea, e la trafila burocratica va avanti.

Tra tutti i permessi di ricerca concessiin Sardegna, il Progetto Eleonora risultaquello in stato maggiormente avanzato.L'obiettivo della Saras è iniziare le tri-vellazioni nel mese di Giugno 2012.

Nel mese di Ottobre però, succedequalcosa. Cominciano a circolare le pri-me informazioni sul Progetto Eleonora enasce, per iniziativa di un gruppo di ra-gazzi di Arborea, un Comitato Civicoche si pone un unico obiettivo: informa-re la popolazione. Già, perchè il proble-ma principale, sia per il Progetto Eleo-

di PAOLO PIRASPrima di raccontare quello che succe-

de silenziosamente in Sardegna dacirca cinque anni riguardo la ricerca diidrocarburi, è necessario sfatare alcuniluoghi comuni in cui spesso si incappaquando si discute di temi riguardantile trivellazioni, il petrolio, il metanoecc.

Non esiste alcuna popolazione almondo che si possa riteere soddisfattadal vivere a ridosso di un'impianto ditrivellazione. Non esiste alcuna popo-lazione, e soprattutto nessun entepubblico, Comune, Provincia o Regio-ne, all'interno dello Stato Italiano, chesi sia arricchito notevolmetente dallosfruttamento del territorio per l'estra-zione di idrocarburi. Non esiste alcunimpianto di trivellazione che si possadefinire "sicuro" o ad "impatto zero".Non esiste, e non potrà mai esistere,un giacimento di "metano puro" o di"petrolio puro": tutti gli idrocarburiche vengono utilizzati per produrreenergia sono sempre frutto di un pro-cesso di raffinazione. Questa premessa,oltre che doverosa, è necessaria perinquadrare il problema delle trivella-zioni in Sardegna.

Ma andiamo con ordine, e partiamodal mare. Bisogna andare al 1999,quando la società Puma Petroleoumpresenta un permesso di ispezione perla ricerca di idrocarburi al largo dellaPenisola del Sinis. Permesso che vieneaccordato e che il Ministero, nel 2008,decide di non sottoporre aValutazione di ImpattoAmbientale. Eppure si trattadi una delle coste più belledi tutta la Sardegna, a po-che miglia dall'Area MarinaProtetta del Sinis-Mal diVentre. 683 kmq di mare inbalia di possibili trivellazio-ni petrolifere.

Nel 2009 è la Saras deiMoratti a farsi avanti. Pre-senta quattro richieste: dueper la concessione dipermessi di ricerca off-shore– dunque al Ministero dello SviluppoEconomico, che ha competenza suipermessi a mare – per il Golfo di Ori-stano e per il Golfo degli Angeli, e dueper i permessi di ricerca a terra, all'As-

Non esistealcunapopolazione almondo che sipossa riteneresoddisfatta divivere a ridossodi un'impiantodi trivellazione.

LA CARTINA MOSTRA LE AREE DELLA SARDEGNA PER CUI SONO STATE PRESENTATE DELLE RICHIESTE DIAUTORIZZAZIONE ALLA RICERCA DI IDROCARBURI, A TERRA E A MARE, NEGLI ULTIMI ANNI.

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Gas e petrolio: la Sardegna obiettivo delle trivellazioniIl 18 febbraio 2012 ProgReS –

Progetu Repùblica organizza aBologna l'Assemblea generaledel Disterru. 

La giornata sarà articolata sudue sessioni. Al mattino ci de-dicheremo a temi politici: pre-senteremo ProgReS, i nostrifondamenti teorici, la nostraprospettiva, i nostri pro-grammi.

Discuteremo del ruolo fonda-mentale che la diaspora sardaha e avrà sempre più nel pro-cesso di emancipazione storicadella Sardegna. Getteremo unosguardo su situazioni politichee culturali paragonabili allanostra, in giro per il pianeta.Dopo la pausa pranzo, si apriràla sessione più specificamenteculturale. Avrà luogo unconvegno-dibattito sul tema“Sergio Atzeni e la rivoltadell'oggetto: narrazioni, storia e

politica in Sardegna”.Interverranno la scrittrice Mi-

chela Murgia e il registaGianfranco Cabiddu, che da-ranno la loro testimonianza sulfermento intellettuale e artisti-co dell'Isola, in contrasto conla mediocrità della nostra si-tuazione politico-istituzionale esulla limitatezza della visionestorica che ci riguarda.

Parteciperanno al dibattitoaltri ospiti e naturalmente tutticoloro che vorranno interveni-re per considerazioni e do-mande. Contiamo sulla parte-cipazione attiva dei tanti sardidel centro-nord italiano eanche dei non sardi cheabbiano a cuore la nostraterra. Sarà un'occasione diincontro e di confrontoimportante, in questomomento così problematicodella nostra storia.

A Bologna l'Assemblea Generale del Disterrunora ma anche per tutte gli altripermessi di ricerca, è sempre lo stesso:l'assenza dell'informazione.

E qui tornano in gioco i luoghicomuni che abbiamo citato. Luoghicomuni che in Sardegna vengonoripetuti da decenni ogni volta che unagrossa industria tenta di imporre unapropria visione di sviluppo sulterritorio: più soldi, più lavoro, piùricchezza. Ma le vasche di cianuro dellaminiera di Furtei, le industrie diOttana, i bacini dei fanghi rossi delSulcis, sono lì a dimostrare l'esattocontrario.

Il Comitato Civico di Arborea iniziaa fare una cosa molto semplice, a cuispesso amministratori e industriali nonsono abituati: pone domande. Ponedomande alle amministrazioni e ancheai cittadini, cercando di coinvolgerlinel processo decisionale.

È davvero conveniente trivellare ilterritorio di Arborea? Che impattopuò avere sull'ambiente circostante? Esull'economia del paese? Quale puòessere il danno d'immagine per unterritorio che da decenni crearicchezza grazie all'agricoltura eall'allevamento? Quali potrebbero es-sere le conseguenze di un possibilemalfunzionamento dell'impianto di tri-vellazione? E poi, dove si dovrebbe tri-vellare esattamente?

Domande che, come ovvio, rimango-no senza risposta. Ma le risposte, senon arrivano, si trovano.

E, documenti alla mano, ecco cosa siscopre: l'area di trivellazione risultaall'interno di un campo agricolo acirca cento metri dallo Stagno di S'EnaArrubia (zona di nidificazione di feni-cotteri, area protetta come Zona diProtezione Speciale e Sito di InteresseComunitario), a trecento metri dalCampeggio Comunale, a poche decinedi metri da diverse abitazioni, nel belmezzo dei terreni utilizzati quotidiana-mente per l'allevamento di bovini daproduzione da latte e per le coltureagricole.

Il pozzo risulta inoltre all'interno diun'area protetta denominata IBA, ma,cosa più importante, per il ProgettoEleonora non è prevista alcuna Valuta-zione di Impatto Ambientale. A pre-sentare la richiesta di V.I.A. ci pensanoil Comitato Civico, il Gruppo diIntervento Giuridico, il WWF di Ori-stano e anche ProgReS – Progetu Re-pùblica.

Proviamo a fare due conti: l'indottodi Arborea produce qualcosa come250milioni di euro l'anno, comprendeall'incirca 1400 lavoratori e oltre 200aziende agricole.

È compatibile un impianto di tri-vellazione ed estrazione di metano che,se dovesse entrare a regime, comporte-rebbe la raffinazione sul posto del pro-dotto estratto? È compatibile tutto ciòcon una delle economie più sviluppatedella Sardegna, che ha costruito la suaimmagine sul rispetto di natura eambiente per la tutela dei propri pro-dotti?

Evidentemente no, ma tutto questoalla Saras non importa.Molto evidenti sono, invece, i rischiche la trivellazione nel territorio diArborea comporterebbe perl'ambiente, la popolazione e l'economiadel paese.

La possibile contaminazione dellefalde acquifere decreterebbeimmediatamente la morte di quel

territorio e della sua economia. Lapossibile fuoriuscita di idrogenosolforato (H2S, gas altamente tossico eletale che si trova sempre legato agliidrocarburi) rappresenta un rischio chenessuno può negare.

In tutto questo la posizione delleamministrazioni pubbliche risultaparadossale: rifiutano il confronto coni cittadini - così come ha fatto ilSindaco di Arborea non presentandosiad un'assemblea pubblica convocatadal Comitato - e non rispondono alledomande che vengono legittimamenteposte.

Alla Saras intanto, sono stai concessiulteriori 45 giorni di tempo per pre-sentare la documentazione relativa alprogetto di trivellazione. Bisogneràattendere Marzo 2012 per averequalche novità a riguardo. Il rischioche Arborea si trasformi da paese dellatte in paese del gas è sempre piùconcreto. Ed è un rischio che nessunosi può permettere di correre.

LA CARTINA MOSTRA LE AREE DELLA SARDEGNA PER CUI SONO STATE PRESENTATE DELLE RICHIESTE DIAUTORIZZAZIONE ALLA RICERCA DI IDROCARBURI, A TERRA E A MARE, NEGLI ULTIMI ANNI.

Page 10: Su Bandu Numero 4 - Febbraio 2012

pag. 10La Sardegna del Mar dei Caraibi: Puerto Rico

Con un sorriso irresistibile Ricky

Martin ci invita dall'estate del 1999 a

“Livin' la vida loca”. Mi sto chiedendo

se una parte dell'imperituro successo

della canzoncina non sia dovuto al

fatto che il cantante abbia convogliato

in quelle quattro frasette in inglese

spagnoleggiante una carica maggiore

ma nascosta rispetto a quanto appava

in superficie.

Con questa convinzione ben piantata

in testa vado a rileggere la storia e le

vicende attuali dell'isola caraibica di

Puerto Rico.

Non posso fare a meno di notare

quanto siano impressionati i paralleli-smi con quelle sarde.

Ricky Martin è portoricano. Il suo

successo però è dovuto allo star system

statunitense e perciò mi permetto di

pensare che chi canta di quest'isola al

di fuori da essa possa provare la stessa

nostalgia e gli stessi sentimenti che

provano i sardi fuoriusciti verso la

Sardegna. Anche se parliamo di due

Nazioni letteralmente agli antipodi del

pianeta: i sentimenti umani sono co-munque gli stessi. Ricky canta frustrato

di una “she” che può essere la sua terra

d'origine, la sua amata-odiata isola che

pretende di fargli vivere mille

contraddizioni, spro-nandolo e facendolo

cadere, sfilacciando

una nostalgia che

sconfina nella dispera-zione e nel rifiuto.

Il Puerto Rico fa

parte dell'arcipelago

delle Antille, nei Ca-raibi. Isole dalle

spiagge bianchissime e

la popolazione acco-gliente, di lingua spagnola. Fisicamente

scorporato dalla parte centrale, il terri-torio rientra sotto la giurisdizione del

Presidente USA ed è regolata dalla spe-ciale Costituzione del Commonwealth

del Puerto Rico.

La popolazione locale conta 4 milioni

di abitanti, ed altrettanti 4 milioni so-no i portoricani fuoriusciti dall'isola.

Non si possono chiamare tutti

espatriati, perche' gran parte di essi so-no migrati negli USA, per cui tecnica-mente si sono solo mossi “entro i

confini nazionali”.

Dal 1917, infatti, l'“Atto Jones–Shafro-th” impone ai portoricani la cittadi-nanza statunitense permettendo loro di

eleggere un governo parlamentare re-pubblicano locale. Questo parlamento

è sotto la sovranità e la giurisdizione

legale di quello degli Stati Uniti.

Il lascito linguisto della lunghissima

dominazione tradizionale sin dal

tempo di Colombo è lo spagnolo, che

però solo di recente è la lingua ufficia-le. Sta però iniziando a cadere un certo

tipo di stigma cui erano semi-conscia-mente sottomessi i parlanti tradizionali:

da quando è legale

redigere documenti

ufficiali in spagnolo

anche chi si esprime

in un inglese forte-mente accentato

puo' essere invitato a

parlare nelle TV na-zionali. Queste

infatti risentono

della pesante

influenza statuni-tense; diverse generazioni sono attratte

da certi modelli culturali che sono

ormai fermi sistemi di riferimento per

la popolazione.

Con la TV, e con la dominazione

USA si è imposto da oltremare l'Ame-rican-Dream, che ha soffocato che lo

sviluppo autoctono di sistemi di

pensiero trazionali, implementati alla

realtà concreta che avrebbe dovuto

privilegiare le sensibilita' autentiche.Stiamo contando tanti parallelismi

tra la Sardegna influenzata nel bene e

nel male dal sistema Italia e il Puerto

Rico condizionato dagli Usa; purtoppo

ora aggiungiamo il più abberrante.

L'arcipelago caraibico è fortemente

contaminato a causa della presenza sin

dagli anni '50 di basi di addestramento

dei Marines e della Marina USA.

Esattamente come in Sardegna: poli-goni militari, pescatori, bombe, aerei,

leucemie e tumori. Oggi e' la stessa iso-la di Puerto Rico a far da scenario agli

addestramenti militari, con grande

sconcerto e preoccupazione della

gente: infatti sarà cambiata la location

ma la storia si ripete uguale a quella

l'isola di Viequez, abbandonata dai mi-litari nel 2003.

Disatteso l'obbligo ufficiale di ripuli-re e decontaminare, l'isoletta azzurra

dove tutti fanno o il pescatore o

l'addetto alle pulizie del poligono

conta l'incidenza dei tumori la più alta

di tutte le Americhe, il lascito “norma-le” di tante, troppe aree in cui “si sono

addestrati” gli USA.

Puerto Rico e Sardegna sono molto

simili anche per quanto riguarda il

grado di diffusione del sentimento di

coscienza nazionale, la sensazione di

appartenere ad un popolo unico e

differente dagli altri. E' molto basso in

entrambi i Paesi. Con tanti portoricani

fuoriusciti, che a volte occupano posi-zioni di rilievo nel governo USA, nel

2006 sembrava solo questione di

“quando” la storica richiesta di indi-

di RAFFAELLA CARTA

Continua il nostro viaggio nella storia dei paesi che compiono il loro cammino verso l'indipendenza.Raccontiamo la storia di Puerto Rico, isola dei Caraibi, territorio non incorporato degli Stati Uniti.

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NOME COMPLETO: Estado Libre Asociado de Puerto RicoNOME UFFICIALE: Estado Libre Asociado de Puerto Rico /

Commonwealth of Puerto RicoLINGUE UFFICIALI: Spagnolo, IngleseCAPITALE: San Juan (848.000 ab)FORMA DI GOVERNO: Repubblica ParlamentareCAPO DI STATO: Barack ObamaCAPO DI GOVERNO: Luis FortuñoSUPERFICIE: 9.104 km² (169º)POPOLAZIONE: 3.994.259 ab.DENSITÀ: 438 ab./km²VALUTA: Dollaro statunitense

pendenza del Puerto Rico sarebbe

coinvogliata in un referendum.

Si studiava da tempo il progetto di

legge che dovrebbe accordare Stati

Uniti e volonta' popolare attraverso i

cambiamenti fino al nuovo status go-vernativo, ma questo non sembra in

realta' accontentare mai nessuno.

Così si arriva alla paradossale situa-zione del Presidente Obama che

nell'estate del 2011 in Puerto Rico pro-mette un referendum attraverso il qua-le i cittadini potranno decidere lo

status politico dell'isola.

Attualmente è uno Stato Libero e As-sociato agli Usa, ma Obama è disposto

a negoziare. Peccato però che solo il

5% di questi cittadini vogliono una

completa indipendenza.

L'esitazione della gente di fronte a

questa svolta storica è dovuta a più ra-gioni; si studia la possibilità di estorce-re agli Usa maggiori poteri locali cosi

da liberarsi da dipendenze economiche

e legali, si rafforzano contatti e links

economici con le nazioni vicine, si

cerca di risvegliarsi dalla fascinazione

dell'”American Dream” che tanto

attrae più di una generazione.

Insomma anche quando l'indi-pendenza viene offerta con eleganza

dal Presidente della nazione che ha

formulato la “Dichiarazione d'Indi-pendenza”, la gente fa fatica a capirla e

riconoscersi in essa. Anche gran parte

dei sardi si trova ancora in questo

status mentale, perché è molto poco

diffusa l'autocoscienza, la percezione di

sè come popolo. A noi però diffi-cilmente toccherà un placido destino

come quello cui sembra felicemente

avviarsi il Puerto Rico; presto diventerà

il 51esimo Stato degli USA, a dispetto

degli strenui sforzi di gruppi di indi-pendentisti e progressisti che cercano

di proporre altenative e negoziare il

cambiamento.

A volte sembra normale provare

amore ed odio per la propria Isola: eh

si, la vida es un poco loca.

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Sono riprese le trasmissioni di

RadioIndipendèntzia, già prima

radio indipendentista on line dal

2004, e oggi radio ufficiale di

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