SOMMARIO - Pannullo · 2007. 10. 19. · Quark XPress 3.3 e Adobe Photoshop 3.0 per Windows.Tutti i...

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Elettronica In - novembre ‘95 1 CORSO DI ELETTRONICA DI BASE Dedicato ai lettori alle prime armi, questo Corso privilegia l’aspetto pratico a quello teorico. Quarta puntata. 65 MIXER AUDIO 8 INGRESSI Appositamente studiato per piccoli complessi, può essere utilizzato anche per sonorizzare una videocassetta o per realizzare il divertimento più alla moda: il karaoke. 71 ELETTRONICA IN Rivista mensile, anno I n. 4 NOVEMBRE 1995 Direttore responsabile: Arsenio Spadoni Responsabile editoriale: Carlo Vignati Redazione: Paolo Gaspari, Vittorio Lo Schiavo, Sandro Reis, Francesco Doni, Angelo Vignati, Antonella Mantia. DIREZIONE, REDAZIONE, PUBBLICITA’: VISPA s.n.c. v.le Kennedy 98 20027 Rescaldina (MI) telefono 0331-577982 telefax 0331-578200 Abbonamenti: Annuo 10 numeri L. 56.000 Estero 10 numeri L. 120.000 Le richieste di abbonamento vanno inviate a: VISPA s.n.c., v.le Kennedy 98, 20027 Rescaldina (MI), tel. 0331- 577982 Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. Angelo Patuzzi S.p.A. via Bettola 18 20092 Cinisello B. (MI) telefono 02-660301 telefax 02-66030320 Stampa: Industria per le Arti Grafiche Garzanti Verga s.r.l. via Mazzini 15 20063 Cernusco S/N (MI) Elettronica In: Rivista mensile registrata presso il Tribunale di Milano con il n. 245 il giorno 3-05-1995. Una copia L. 7.000, arretrati L. 14.000 (effettuare versamento sul CCP n. 34208207 intestato a VISPA snc) (C) 1995 VISPA s.n.c. Impaginazione e fotolito sono realizzati in DeskTop Publishing con programmi Quark XPress 3.3 e Adobe Photoshop 3.0 per Windows.Tutti i diritti di riprodu- zione o di traduzione degli articoli pub- blicati sono riservati a termine di Legge per tutti i Paesi. I circuiti descritti su questa rivista possono essere realizza- ti solo per uso dilettantistico, ne è proi- bita la realizzazione a carattere com- merciale ed industriale. L’invio di artico- li implica da parte dell’autore l’accetta- zione, in caso di pubblicazione, dei compensi stabiliti dall’Editore. Manoscritti, disegni, foto ed altri mate- riali non verranno in nessun caso resti- tuiti. L’utilizzazione degli schemi pubbli- cati non comporta alcuna responsabi- lità da parte della Società editrice. SOMMARIO ANTIFURTO CASA VIA RADIO Sicuro, affidabile e facile da realizzare grazie all’utilizzo dei nuovi sensori AUREL ad infrarossi con trasmettitore radio incorporato. ESPANSIONE 4 CANALI PER CHIAVE DTMF Come aumentare da 4 a 8 il numero delle uscite del telecontrollo DTMF con EEPROM presentato sul fascicolo di ottobre. CHIAVE DTMF MONOCANALE Compatto telecontrollo DTMF in grado di accendere o spegnere a distanza, via radio, qualsiasi utenza elettrica. Ritenzione del codice di accesso in memoria non volatile. CORSO DI PROGRAMMAZIONE PER ST626X Per apprendere la logica di funzionamento e le tecniche di programmazione dei nuovi micro della famiglia ST626X. MOTORETTA ELETTRICA Non più un ciclomotore, ma una vera e propria motoretta con prestazioni esaltanti ed un costo di esercizio di poche lire al chilometro. Autonomia di quasi 100 chilometri. 8 21 36 47 27 54 INVERTER PWM 250 WATT Potente convertitore DC-AC caratterizzato da un altissimo rendi- mento e da dimensioni contenute grazie alla tecnica PWM. La tiratura di questo numero è stata di 31.000 copie.

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Elettronica In - novembre ‘95 1

CORSO DI ELETTRONICA DI BASEDedicato ai lettori alle prime armi, questo Corso privilegia l’aspetto pratico a quello teorico. Quarta puntata.

65

MIXER AUDIO 8 INGRESSIAppositamente studiato per piccoli complessi, può essere utilizzato anche per sonorizzare una videocassetta o per realizzare il divertimento più alla moda: il karaoke.

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ELETTRONICA IN Rivista mensile, anno I n. 4 NOVEMBRE 1995

Direttore responsabile:Arsenio Spadoni

Responsabile editoriale:Carlo Vignati

Redazione:Paolo Gaspari, Vittorio Lo Schiavo,Sandro Reis, Francesco Doni, AngeloVignati, Antonella Mantia.

DIREZIONE, REDAZIONE,PUBBLICITA’:VISPA s.n.c.v.le Kennedy 9820027 Rescaldina (MI)telefono 0331-577982telefax 0331-578200

Abbonamenti:Annuo 10 numeri L. 56.000 Estero 10 numeri L. 120.000Le richieste di abbonamento vannoinviate a: VISPA s.n.c., v.le Kennedy98, 20027 Rescaldina (MI), tel. 0331-577982

Distribuzione per l’Italia:SO.DI.P. Angelo Patuzzi S.p.A.via Bettola 18 20092 Cinisello B. (MI)telefono 02-660301telefax 02-66030320

Stampa:Industria per le Arti Grafiche Garzanti Verga s.r.l.via Mazzini 1520063 Cernusco S/N (MI)

Elettronica In:Rivista mensile registrata presso ilTribunale di Milano con il n. 245 il giorno 3-05-1995.Una copia L. 7.000, arretrati L. 14.000(effettuare versamento sul CCP n. 34208207 intestato a VISPA snc)(C) 1995 VISPA s.n.c.

Impaginazione e fotolito sono realizzatiin DeskTop Publishing con programmiQuark XPress 3.3 e Adobe Photoshop3.0 per Windows. Tutti i diritti di riprodu-zione o di traduzione degli articoli pub-blicati sono riservati a termine di Leggeper tutti i Paesi. I circuiti descritti suquesta rivista possono essere realizza-ti solo per uso dilettantistico, ne è proi-bita la realizzazione a carattere com-merciale ed industriale. L’invio di artico-li implica da parte dell’autore l’accetta-zione, in caso di pubblicazione, deicompensi stabiliti dall’Editore.Manoscritti, disegni, foto ed altri mate-riali non verranno in nessun caso resti-tuiti. L’utilizzazione degli schemi pubbli-cati non comporta alcuna responsabi-lità da parte della Società editrice.

SOMMARIO

ANTIFURTO CASA VIA RADIOSicuro, affidabile e facile da realizzare grazie all’utilizzo dei nuovisensori AUREL ad infrarossi con trasmettitore radio incorporato.

ESPANSIONE 4 CANALI PER CHIAVE DTMFCome aumentare da 4 a 8 il numero delle uscite del telecontrolloDTMF con EEPROM presentato sul fascicolo di ottobre.

CHIAVE DTMF MONOCANALECompatto telecontrollo DTMF in grado di accendere o spegnerea distanza, via radio, qualsiasi utenza elettrica.Ritenzione del codice di accesso in memoria non volatile.

CORSO DI PROGRAMMAZIONE PER ST626XPer apprendere la logica di funzionamento e le tecniche diprogrammazione dei nuovi micro della famiglia ST626X.

MOTORETTA ELETTRICANon più un ciclomotore, ma una vera e propria motoretta conprestazioni esaltanti ed un costo di esercizio di poche lire al chilometro. Autonomia di quasi 100 chilometri.

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INVERTER PWM 250 WATTPotente convertitore DC-AC caratterizzato da un altissimo rendi-mento e da dimensioni contenute grazie alla tecnica PWM.

La tiratura di questo numero è stata di 31.000 copie.

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SICUREZZA

ANTIFURTO CASAVIA RADIO

Anche se le ultime statisticheindicano un leggero calo dei

furti negli appartamenti, questogenere di reato è ancora molto dif-fuso nel nostro paese. Altrettantoflorido (non poteva essere diversa-mente) è il mercato delle contromi-sure ovvero l’offerta di impianti disicurezza atti a rendere più difficilela vita ai “soliti ignoti”. Sul merca-

to esistono impianti in grado di sod-disfare qualsiasi esigenza, dai sem-plici antifurti per appartamento aisistemi sofisticati per banche egioiellerie dotati di impianto TV acircuito chiuso, teleallarme ed altrediavolerie del genere. Tutti questidispositivi, forse perché destinati adun mercato particolare, presentanocosti decisamente sproporzionati

rispetto al loro reale valore. Dalpunto di vista strettamente elettroni-co, lo schema di un impianto anti-furto è molto semplice essendo for-mato da un insieme di temporizza-tori e da alcune funzioni logicheelementari: per questo motivochiunque abbia una certa dimesti-chezza con i montaggi elettronicipotrà facilmente autocostruire il

di Arsenio Spadoni

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proprio impianto con un notevolerisparmio dal punto di vista econo-mico. E’ proprio il progetto di unantifurto per abitazione che propo-niamo in queste pagine. La partico-larità di questo circuito è il funzio-namento via radio ovvero l’assenzadi cavi di collegamento tra i varisensori e la centrale. In caso diallarme il sensore invia alla centra-le l’impulso di allarme sfruttandouna portante radio; ovviamente ilsensore deve essere dotato di appo-sito trasmettitore codificato e lacentrale di un ricevitore radio e delrelativo decodificatore. L’impiegodi un impianto antifurto di questotipo semplifica notevolmente l’in-stallazione che può essere effettua-ta in poche decine di minuti senzaalcun intervento sulle opere mura-rie evitando così di danneggiarepareti, intonaci, tappezzerie,moquette, eccetera. L’occasione peroccuparci nuovamente di questoargomento è rappresentata dallarecente commercializzazione di un

nuovo sensore ad infrarossi passivicompleto di trasmettitore codifica-to. Il dispositivo, manco a dirlo, èprodotto dalla ditta Aurel, leader inquesto settore. L’utilizzo di un sen-sore completo di trasmettitore radiosemplifica notevolmente la realiz-zazione dell’impianto eliminandocompletamente i problemi relativialla taratura della sezione RF. Il

sensore ad infrarossi passivi è con-tenuto in una elegante scatolina pla-stica di colore bianco; la portata è dicirca 12-15 metri con un’ ampiaapertura angolare. Il circuito elet-tronico, completamente in SMT,utilizza nella parte a radio frequen-za il modulo TX433SAW già notoai nostri lettori in quanto utilizzatopiù volte in passato. Questo modulo

ANTIFURTO CON FILI?GRAZIE, NO! ECCO LA

NOSTRA PROPOSTA PERUN ANTIFURTO VIA

RADIO PER USODOMESTICO SICURO E

FACILE DA REALIZZAREGRAZIE AI NUOVI

SENSORI DELL’AURELCON TRASMETTITORERADIO INCORPORATO.

ATTIVAZIONE MEDIANTERADIOCOMANDO, USCITA

PER SIRENAAUTOALIMENTATA,

BATTERIA TAMPONE.DISPONIBILE IN SCATOLA

DI MONTAGGIO.

L’antifurto con il telecomando di attivazione

ed un sensore PIR. A fianco,l’interno della centrale.

E’ l’elemento più importante delnostro impianto antifurto in quanto alsensore PIR è affidato il compito dirilevare la presenza di persone all’in-terno dell’area protetta e, in casopositivo, di inviare via radio il segna-le di allarme alla centrale. E’ eviden-te che qualsiasianomalia nel fun-zionamento delsensore vero e pro-prio o della sezio-ne radio vanifiche-rebbe l’impiegodell’impianto anti-furto. Per questomotivo abbiamoprevisto l’impiegodi un sensore ditipo commerciale,già perfettamentefunzionante e concara t te r i s t i chedavvero eccezio-nali. La nostrascelta è caduta sulnuovo sensore diproduzione Aurel, contraddistintodalla sigla SIR113-SAW. Si tratta diun dispositivo con doppio elementoPIR e trasmettitore a 433,92 MHzcon codifica tipo MotorolaMC145026. Il sensore ha una porta-ta di 12-15 metri con un angolo dicopertura di 90 gradi. La sezioneradio, che utilizza il modulo

TX433SAW, consente l’installazionedel sensore anche a 200-300 metridalla centrale. Tale dispositivo infat-ti, presenta una potenza RF di 20-30mW che garantisce, unitamente all’e-levata sensibilità del ricevitore mon-tato nella centrale, una notevole por-

tata, sicura-mente superio-re a quella diqualsiasi altrod i s p o s i t i v ocommerciale. Ilsensore vienealimentato conuna batteria a 9volt che garan-tisce un’auto-nomia di fun-zionamento dioltre un anno. Ariposo il consu-mo del disposi-tivo è infatti diappena 5 µA.Teoricamenteal nostro

impianto possono essere abbinati unnumero infinito di sensori; in praticaè sufficiente utilizzare un sensore perciascun ambiente da proteggere. Ildispositivo costa 98.000 lire già mon-tato e collaudato (pila esclusa) e puòessere richiesto alla ditta FuturaElettronica (V.le Kennedy 96 20027Rescaldina-MI tel.0331/576139).

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è in grado di erogare una potenza di 10mW se alimentato a 5 volt e di 50 mWse viene utilizzata una sorgente a 12volt. In questo caso il dispositivo vienealimentato con una batteria a 9 volt epertanto la potenza di uscita è di circa30 mW; il bassissimo consumo a ripo-so (appena 5 microampère) garantisceuna lunga autonomia di funzionamento(mediamente di circa 1 anno). Unsegnale acustico generato dal piccolobuzzer interno avvisa quando la batte-ria sta per scaricarsi consentendo lasostituzione prima che il sensore vadafuori uso. Ad ogni buon conto, anchesenza segnalazione, è consigliabilesostituire ogni anno la batteria in mododa garantire sempre il massimo delleprestazioni (leggi:portata). La segnala-zione di allarme avviene mediante tra-smissione radio codificata eliminandodi fatto la possibilità di falsi allarmidovuti ad una errata interpretazione delcodice. Attualmente sono disponibilidue sensori che differiscono tra loroper il modulo radio utilizzato: unmodello (SIR113) utilizza il trasmetti-tore TX300 ad oscillatore libero e conuna frequenza di lavoro di 300 MHzmentre il secondo modello (SIR113-SAW) utilizza il modulo TX433SAWla cui frequenza di emissione (433,92MHz) viene controllata da un filtroSAW. Il primo modello, leggermentepiù economico, garantisce una portatain assenza di ostacoli di non più di 50metri; ovviamente il raggio di azione siriduce in presenza di muri, mobili,eccetera. Da questo punto di vista ilsecondo modello è un vero e propriomiracolo tecnologico dal momento chela portata può superare in aria liberaanche i 200-300 metri, valore che nes-suno dei dispositivi commerciali da noiprovati può garantire. Se con il SIR113è possibile realizzare un ottimo sistemadi allarme volumetrico per apparta-mento, con il SIR113-SAW possiamopermetterci di andare a “coprire” ancheil Box, lo scantinato, il laboratorio edin genere tutti quei locali molto distan-ti dall’abitazione nella quale è installa-ta la centrale. Potremo così realizzareun sistema di allarme in grado di copri-re tutto ciò che ci interessa e che per lapeculiarità sopra menzionata non silimita all’uso domestico, ma può tran-quillamente essere impiegato per laprotezione di capannoni, magazzini ed

IL SENSORE AD INFRAROSSI VIA RADIO

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lo stadio dialimentazione

uffici di grandi dimensioni.Ovviamente il nostro progetto prevedel’impiego del sensore più potente pro-prio per ottenere le massime prestazio-ni dall’impianto. Evidenziato così que-sto importantissimo aspetto del nostroprogetto, vediamo ora di descrivere lealtre caratteristiche della centrale diallarme partendo proprio dalla sezionea radiofrequenza che è in grado di rice-vere sia i segnali di allarme dei sensori,sia quello del radiocomando utilizzatoper attivare o disattivare l’impianto. Lacentrale è del tipo a due zone con pos-sibilità di attivazione contemporanea oparziale. Preso atto delle numerosedomande rivolte al nostro ufficio tecni-co riguardo il concetto di “Zona”, rite-niamo necessario spendere due righe dispiegazione a tal proposito. Per “zona”si intende una partizione dell’ambienteda sorvegliare in grado di essere attiva-ta indipendentemente dalle altre. A cia-scuna zona è possibile collegare unnumero teoricamente infinito di senso-ri radio ed è quindi in fase di installa-zione che ad ogni sensore viene attri-buita la zona di appartenenza. Il classi-co esempio è rappresentato dalla villet-ta a due piani con sala, tinello e cucinaal piano terra e camere da letto al pianosuperiore: durante le ore notturne ven-gono attivati i sensori posti al pianoterra che fanno capo alla zona 1 mentrequando nessuno è in casa vengono atti-vati anche i sensori della seconda zona(piano notte). Ovviamente la nostracentrale dispone anche di tutti queglialtri accorgimenti indispensabili per unserio impianto antifurto, dall’indicazio-ne visiva dello stato della centraleall’uscita per sirena esterna con prote-zione, dalla batteria tampone al segna-latore acustico di attivazione/disattiva-zione. Dopo questa lunga ma necessa-ria introduzione, entriamo nel vivo delprogetto occupandoci dello schemaelettrico.

SCHEMA ELETTRICO

Nel progettare quest’apparecchiatura,in controcorrente rispetto alle attualitendenze, abbiamo utilizzato dellecomuni porte logiche CMOS anzichéun microcontrollore: ciò per consentireanche a coloro che non hanno una spe-cifica esperienza nel campo dei microdi realizzare questo progetto ed even-

tualmente effettuare qualsiasi tipo dimodifica. La soddisfazione di aver uti-lizzato dei componenti comuni larga-mente conosciuti e diffusi, ci ripagadella relativa difficoltà di realizzazionedel master che, nonostante ciò, presen-ta dimensioni abbastanza contenute edun aspetto più che ordinato. Dunque, unprogetto alla portata di tutti, realizzabi-le con poca spesa, magari sfruttandodel materiale di recupero che traboccadai cassetti del laboratorio. La partepiù costosa è quella radio, dove sonopresenti un modulo ricevente

RF290/433 e un modulo di decodificaD1MB rispettivamente siglati U6 e U7.Il primo modulo necessita di un’ali-mentazione di 5 volt che viene stabiliz-zata tramite il diodo DZ1 e la resisten-za di limitazione R1: a parte questo sta-dio, tutte le altre sezioni del circuitofunzionano a 12 volt. Al modulo U6(precisamente al piedino 3) va collega-ta l’antenna costituita da uno spezzonedi filo rigido dalla lunghezza di 17 cen-timetri. E’ consigliabile usare del filo dirame smaltato dal diametro di un milli-metro. Il segnale digitale presente all’u-

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scita del ricevitore viene inviato almodulo U7 e agli integrati di decodifi-ca U8 e U9. L’impiego di più decodifi-catori è dovuto al fatto che all’unicoricevitore (U6) giungono sia i segnali

d’allarme che quelli del radiocomandoutilizzato per abilitare e disabilitarel’impianto. Quale trasmettitore abbia-mo previsto il modello ad un canaleTX1C/433 dell’Aurel, munito di un

solo pulsante in grado di commutarealternativamente l’accensione e lo spe-gnimento dell’antifurto, condizionequesta che viene evidenziata dal ledLD3. Il codice impostato nel trasmetti-

schemaelettrico

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tore tramite l’apposito dip-switch deveessere uguale a quello selezionato nelricevitore mediante DS2 tenendo pre-sente che il dip numero nove di DS2,non essendoci un corrispondente nel

trasmettitore, deve essere posizionatoal negativo (-) o al positivo (+) a secon-do di come è stato selezionato dallacasa produttrice l’interno del TX.Ovviamente, lo diciamo solo per scru-

polo, il codice selezionato per il radio-comando di attivazione, deve esserediverso da quello di allarme impostatosui sensori e sul dip-switch DS1 utiliz-zato nel ricevitore. Per poter comunica-re correttamente con la centrale diallarme, i sensori debbono avere tuttiun codice uguale a quello di DS1 conl’eccezione del bit numero nove che suciascun sensore deve essere posto al +o al - a seconda della zona di apparte-nenza del sensore. Tutti i sensori chehanno il nono bit collegato al positivofanno parte della zona 1 mentre quellicol nono bit al negativo fanno partedella zona 2. Sulla centrale la discrimi-nazione viene effettuata dai due deco-der U8 e U9: il piedino 12 (nonoingresso per il codice) è collegato in uncaso a massa (U8) e nell’altro al positi-vo. In concomitanza col segnale diallarme sulle uscite di questi chip (pie-dino 11) avremo un impulso positivodella durata di un paio di secondi;ovviamente il segnale sarà presentesolo sul pin dell’integrato relativo allazona di appartenenza del sensore cheha inviato l’allarme. Il primo ostacoloche gli impulsi di allarme incontrano èrappresentato dalle porte U1a e U1bche permettono ai segnali di prosegui-re solo se è attiva la zona interessata.La selezione delle zone attive avvienetramite il pulsante P1 che, collegatosull’ingresso di clock di un contatoredecadico (U10), permette l’attivazionesequenziale delle uscite di U10 conconseguente abilitazione prima di unazona, poi dell’altra, infine di entrambe.L’attivazione delle zone viene segnala-ta dai led LD1 e LD2. Il cambio zonetramite il pulsante P1 può avvenireesclusivamente quando l’antifurto èdisinserito cioè con LD3 spento. Inquest’ultima condizione l’eventualesegnale di allarme viene bloccato dallaporta logica U2a il cui ingresso di con-trollo (pin 5) presenta un livello logicodi 0 volt. Solamente nel momento incui si attiva l’antifurto tramite radioco-mando, il dispositivo entra immediata-mente in funzione pronto a ricevere isegnali di allarme dai sensori. Un oscil-latore di circa 1 Hz (composto dallaporta U3c, da R15 e da C12) viene uti-lizzato per pilotare con una nota inter-mittente il buzzer BZ e per far lampeg-giare il led LD4 di segnalazione diavvenuto allarme. Ma procediamo con

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ordine. Quando si utilizza il radioco-mando per attivare o disattivare l’anti-furto, sul piedino 13 del modulo U7 èpresente, per 4 o 5 secondi, un segnalenegativo (0 volt) il quale, tramite le

porte U3b e U3d, va ad attivare il tran-sistor T3 (utilizzato come amplificatorein corrente) che a sua volta pilota ilbuzzer. Come segnalatore acusticoabbiamo utilizzato un buzzer a 12 volt

con oscillatore interno in grado diemettere una nota di notevole intensità.Questa nota viene modulata dall’oscil-latore che fa capo a U3c esclusivamen-te quando l’antifurto è disabilitato.

C17: 1.000 µF 16VLC18: 100 nF multistratoD1: 1N4148D2: 1N4148D3: 1N4148D4: 1N4148D5: 1N4148D6: 1N4148D7: 1N4002D8: 1N4002D9: 1N4002D10: 1N4148D11: 1N4002D12: 1N5404D13: 1N5404D14: 1N4002DZ1: 5,1V 1/2W zenerDZ2: 15V 1/2W zenerLD1: Led rosso 5mmLD2: Led rosso 5mmLD3: Led giallo 5 mmLD4: Led rosso 5 mmLD5: Led verde 5mmT1: BC547BT2: BD911T3: BC557BU1: 4093U2: 4093U3: 4093U4: 4093U5: 4093U6: RF290/433 AurelU7: D1MB AurelU8: MC145028U9: MC145028U10: 4017U11: 7812PT1: Ponte 1A-100VRL1: Relè’ 12V 2 scambiBZ: Buzzer 12V 10 mm

con oscillatoreDS1: Dip-switch 3-state 9 poliDS2: Dip-switch 3-state 9 poliTF1: Trasformatore 4VA 220/15VFUS1: Fusibile 1 AP1: Pulsante N.A.CH: Interruttore a chiaveBATT : 12V-1,2A al piomboVarie:- 1 C.S. cod. F036

COMPONENTI

R1: 820 OhmR2: 120 KohmR3: 47 KohmR4: 220 KohmR5: 220 KohmR6: 47 KohmR7: 1 KohmR8: 1 KohmR9: 1 KohmR10: 1 KohmR11: 22 KohmR12: 820 OhmR13: 220 OhmR14: 220 KohmR15: 22 KohmR16: 22 KohmR17: 47 KohmR18: 22 KohmR19: 470 OhmR20: 22 KohmR21: 22 KohmR22: 22 Kohm

R23: 220 KohmR24: 1 Mohm trimmerR25: 10 OhmR26: 22 KohmR27: 820 OhmR28: 820 OhmR29: 470 OhmR30: 47 Ohm 2WC1: 47 µF 16 VLC2: 22 nF ceramicoC3: 100 nF multistratoC4: 100 nF multistratoC5: 22 nF ceramicoC6: 470 µF 25VLC7: 47 µF 16VLC8: 100 nF multistratoC9: 47 µF 16 VLC10: 47 µF 16 VLC11: 47 µF 16 VLC12: 47 µF 16 VLC13: 10 µF 16 VLC14: 470 µF 25VLC15: 100 nF multistratoC16: 100 µF 25VL

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Otterremo così un beep continuo quan-do si inserisce l’impianto e una serie dibeep modulati in caso contrario.Quando avviene un allarme con l’atti-vazione del relè RL1 e dell’ eventuale

sirena o sirene ad esso collegate, unparticolare circuito imperniato sulleporte U4b e U4c, collegate tra loro aflip flop, permette di mantenere inmemoria l’avvenuto allarme visualiz-

zando questo stato tramite il led LD4che inizia a lampeggiare. Per resettare illed è necessario agire sulla chiave mec-canica CH portandola per alcuni secon-di nella posizione OFF. Questa chiave

- 5 morsettiere 2 poli- 2 morsettiere 3 poli- 1 dissipatore per TO220- 1 Vite 3MAx8 con dado- 6 Viti 3MA autofilettanti

- 2 Prese faston volanti- 5 Portaled plastici- 5 Zoccoli 7+7- 3 Zoccoli 8+8- 1 Portafusibili da

stampato- 1 Cavo di alimentazione- 1 Contenitore

Teko AUS22- 2 Fascette serracavo

circuito stampato e piano di cablaggio

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viene utilizzata come elemento di sicu-rezza in quanto se posta in posizioneOFF interdice completamente il funzio-namento dell’antifurto. Il temporizzato-re RC formato dal condensatore elettro-litico C9 da R23 e dal trimmer R24determina la durata di allarme dellasirena che può essere compreso trapochi secondi ed un paio di minuti. Ilcontatto S1 opzionale, rappresenta unoswitch antimanomissione costituitofisicamente da un interruttore a lamellada collegare direttamente sotto il coper-chio del contenitore. L’apertura di que-

sto interruttore che coincide con il sol-levamento del coperchio provoca unallarme immediato. Se non si intendeutilizzare questa funzione è necessariocortocircuitare tra loro i morsetti di S1.Un’altra possibilità per attivare la sire-na d’allarme è la funzione di “Panico”,funzione che fa capo alle porte U5b eU5c ed ai relativi temporizzatori. Se simantiene premuto per oltre otto secon-di consecutivi il radiocomando, si attival’allarme che rimane in funzione pertutto il tempo che si insiste nella pres-sione del tasto. Per quanto riguarda le

uscite di allarme la nostra scheda èdotata di un doppio relè con possibilitàdi collegamento a qualsiasi sirena a 12volt. Il deviatore di uscita dispone di trecontatti contraddistinti dalle lettere C(centrale), NC (Normalmente chiuso),NA (Normalmente aperto), con i quali èpossibile pilotare qualsiasi circuitoausiliario (combinatore telefonico, lam-peggiante, eccetera). La seconda sezio-ne del relè consente di pilotare una sire-na autoalimentata o una normale sirenaa 12 volt; nel primo caso vanno utiliz-zati i contatti di massa e di +NC, nel

il circuito stampato

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piano di foratura

serigrafia dei pannelli

secondo la massa ed il contatto +NA.La tensione positiva diretta verso lasirena è di circa 14-15 volt, in gradoquindi di ricaricare la batteria a 12Vpresente nelle sirene autoalimentate.L’alimentazione della centrale vieneottenuta dalla rete tramite un semplicecircuito in grado di fornire tutte le ten-sioni necessarie al funzionamento dellascheda. La tensione di rete, tramite ilfusibile di protezione FUS1, vieneapplicata al primario del trasformatoreTF1 il quale provvede a fornire sulsecondario una tensione alternata di 15volt che raddrizzata dal ponte PT1 e fil-trata dai condensatori C14 e C15 dàluogo ad una tensione continua di circa20 volt presente sul collettore di T2. Illed LD5 con la sua accensione indicache l’impianto risulta regolarmente ali-mentato tramite la tensione di rete. Iltransistor T2 e lo zener DZ2 riducono ilvalore della tensione continua a circa15 volt, potenziale che viene utilizzatosia come tensione d’ingresso per ilregolatore U11, che per caricare la bat-teria tampone tramite il diodo D12 e laresistenza di limitazione in correnteR30. Come batteria tampone abbiamoutilizzato un elemento al piombo a 12volt con capacità di 1,2Ah in grado digarantire una lunga autonomia di fun-zionamento in assenza della tensione direte. La tensione a 12 volt, sia che pro-

venga dal regolatore U11 che dalla bat-teria tramite D14, viene filtrata da C17e C18 ed utilizzata per alimentare l’in-tero circuito.

MONTAGGIO E TARATURA

Un occhio di riguardo è stato usato perla realizzazione della centrale comemostrano i disegni dei pannelli e delpiano di foratura del contenitore nelquale è stato alloggiato l’antifurto. Maprocediamo con ordine. Il primo passoè quello di montare la scheda con tutti

Il contenitore TEKO AUS22 da noi utilizzato per alloggiarel’antifurto dispone di due pannelli in alluminio che vanno forati e

serigrafati come indicato nei disegni (in scala 1:2).

18 Elettronica In - novembre ‘95

I MODULI AUREL

Il sensore PIR completo di trasmet-titore radio utilizzato in questo pro-getto è uno degli ultimi dispositivinati in casa Aurel, una delle treaziende italiane specializzate nellaprogettazione e produzione dimoduli a radiofrequenza per con-trolli a distanza. Questi dispositivirisolvono brillantemente il proble-ma della taratura e messa a puntodegli stadi in alta frequenza che, acausa della strumentazione necessa-ria, l’hobbysta medio non è in gradodi effettuare. In questo modo, glistadi A.F. (sia trasmittenti che rice-venti) possono essere paragonati adegli integrati, con dei pin di ingres-so e di uscita che svolgono una pre-cisa funzione. Più volte in passatoabbiamo utilizzato questi dispositiviper realizzare le più svariate appa-recchiature. Attualmente sonodisponibili numerosi tipi di moduliriceventi, dai superreattivi ai supe-reterodina, da quelli a banda strettaa quelli a basso consumo sino a quel-

li con decodifica a microcontrollore(standard Dynacoder). Esistonoanche numerosi tipi di trasmettitori,da quelli completi di decodifica edinscatolati sino ai moduli DIL con lasola sezione a radiofrequenza.Completano la gamma dei prodottiAurel vari modelli di decoder,moduli ad ultrasuoni e di interfacciaRS232, RTX DATI, nonché il sen-sore PIR completo di trasmettitoreutilizzato in questo progetto.

i suoi elementi seguendo scrupolosa-mente l’elenco componenti e i solitiaccorgimenti del caso. Per il montaggiodegli integrati consigliamo l’impiegodegli appositi zoccoli che evitano il sur-riscaldamento dei chip e consentonouna rapida sostituzione in caso di gua-sto. Il transistor T2 va munito di unapiccola aletta di raffreddamento che eli-mina il calore in eccesso; sempre per unproblema di calore, la resistenza R30(che carica la batteria) deve essere ingrado di dissipare una potenza di unpaio di watt. Come antenna è possibileutilizzare uno spezzone di filo rigido di17 centimetri saldato direttamente

all’apposita piazzuola mentre per il fis-saggio della batteria allo stampato èconsigliabile fare uso di fascette plasti-che sfruttando i quattro fori previsti perquesto scopo. Un pezzetto di nastrobiadesivo posto tra la basetta e la batte-ria garantirà una migliore tenuta evitan-do che l’accumulatore possa muoversianche di poco. Due spezzoni di filo,preferibilmente rosso/nero, con prese ditipo faston completano il collegamentoelettrico tra la batteria ed il circuito. Aquesto punto, prima di proseguire nel-l’inscatolamento, è consigliabile verifi-care il funzionamento della centraleimpostando i codici ed effettuando

Elettronica In - novembre ‘95 19

PER LA SCATOLA DI MONTAGGIO

L’antifurto senza fili è disponibile in kit (cod. FT112) al prezzo di198.000 lire. La scatola di montaggio comprende tutti i componen-ti, la basetta forata e serigrafata, il contenitore Teko, la batteriatampone, le minuterie e tutto quanto indicato nell’elenco compo-nenti. Non sono compresi i sensori ed il trasmettitore per l’attiva-zione. Quest’ultimo (cod. TX1C/433) è disponibile già montato ecollaudato al prezzo di 42.000 lire mentre ciascun sensore PIRcompleto di trasmettitore radio (cod. SIR113-SAW) costa 98.000lire. Anche i sensori vengono forniti già montati e collaudati. Ilmateriale va richiesto alla ditta Futura Elettronica, V.le Kennedy96, 20027 Rescaldina (MI) tel. 0331/576139 fax 0331/578200.

alcune altre semplici operazioni di tara-tura. Per quanto riguarda la program-mazione dei dip (sia del radiocomandoche dei sensori), rimandiamo a quantospiegato in precedenza; il trimmer pre-sente all’interno dei sensori (regola iltempo di allarme) va messo in primaapprossimazione in posizione centrale(tempo di allarme di circa 1 minuto). Aquesto punto possiamo attivare la cen-trale e verificare se tutto funzionacome previsto. Particolare attenzioneva prestata alla portata dei sensori che,ne siamo certi, stupirà positivamenteanche i più scettici. Solo a questo puntoprovvederemo all’inscatolamento della

centrale; a tale scopo - per il nostro pro-totipo - abbiamo utilizzato un conteni-tore plastico tipo Teko AUS22 chedispone di due pannelli in alluminio aiquali abbiamo fissato tutti i controlli. Idisegni evidenziano i fori e le scritte darealizzare. Termina qui la descrizionedel nostro impianto antifurto senza fili;sui prossimi numero della rivista torne-remo sull’argomento proponendo larealizzazione di altri tipi di sensore,tutti rigorosamente via radio. Abbiamoallo studio anche il progetto di un anti-furto molto più semplice, ideale percontrollare da casa garage, box, canti-ne e simili.

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Sul fascicolo di ottobre abbiamo presentato una nuo-vissima chiave DTMF a microcontrollore a 4 cana-

li impegnandoci a presentare il mese successivo un’e-spansione in grado di portare ad 8 i canali disponibili.Eccoci - puntuali - a mantenere la promessa fatta.Certo, quattro canali non sono pochi, in molticasi addirittura sono eccessivi; però c’è sem-pre l’applicazione particolare dove è richie-sto un maggior numero di uscite. Se inve-ce la vostra applicazione richiedesempre e solamente un’unicauscita, nessun problema:più avanti troverete ilprogetto di unachiave ad uncanale di dimen-sioni molto conte-nute. Insomma, i let-tori con interessi in que-sto campo non potrannocerto lamentarsi di questonumero di Elettronica In! Matorniamo alla nostra espansioneed alla chiave a 4 canali. A bene-ficio di quanti avessero perso il pre-cedente numero della rivista, riassu-miamo per sommi capi le caratteristichedi questa eccezionale scheda realizzatautilizzando un microcontrollore della famiglia ST626X,precisamente il modello ST6265. Questo integratodispone tra le proprie risorse di una EEPROM ovvero di

una memoria dati non volatile che è in grado di mante-nere memorizzati tutti i parametri anche in assenza dialimentazione. Abbiamo così potuto realizzare unachiave DTMF di terza generazione, con prestazioni

decisamente superiori rispetto a quelle diqualsiasi altro dispositivo realizzato in

passato. Questa nuova chiave può lavo-rare sia con apparati radio (con

gestione del PTT) che in lineatelefonica con possibilità di

impostare il numero di squillinecessari all’attivazione

della scheda. Il circuitorisponde ad ogni

comando con tonidifferenti ondeconfermare l’av-venuta aperturao chiusura dei

relè; inoltre i cana-li possono funzionare

sia in on/off che in modoimpulsivo. E’ prevista anche la

possibilità (opzionale) del ripristinoautomatico dei canali, molto importante nel

caso in cui venga a mancare la tensione di alimen-tazione. In questo modo, nel momento in cui vieneripristinata l’alimentazione, i relè tornano nello stato incui si trovavano prima del black-out. Tra le altre fun-zioni segnaliamo la possibilità di interrogare la schedaper conoscere lo stato di ogni canale prima di procede-

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CONTROLLI

ESPANSIONE 4 CANALIPER CHIAVE DTMF

di Paolo Gaspari

Concludiamo la descrizione della chiave DTMF a più canali presentando il circuitodi espansione che consente di aumentare da 4 a 8 il numero delle uscite.

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schemaelettrico

Prima di procedere al fissaggio meccanico, l’espansione deve essere collegataelettricamente alla piastra base mediante 6 conduttori.

re alla commutazione degli stessi.Inoltre, come dicevamo poc’anzi, ilcodice di attivazione a cinque cifre, lostato dei relè, il numero di ring e tuttele altre impostazioni sono memorizzatepermanentemente, ovvero con ritenzio-ne anche in assenza della tensione dialimentazione, all’interno di unamemoria non volatile. Ciò significache, al contrario delle chiavi DTMFche utilizzano microcontrollori conmemoria RAM, nel nostro caso, dopoun eventuale black-out, tutti i parametrivengono ripristinati così come eranoprima dell’interruzione. Dal punto divista elettrico, tutte le funzioni ed icontrolli fanno capo alla piastra baseche dispone già di otto uscite. Tuttavia,onde contenere le dimensioni della pia-stra, solamente quattro uscite dispon-gono del circuito di potenza a relè; lealtre quattro risultano inutilizzate e talirimangono se non viene collegata l’e-spansione. Le quattro uscite (contrad-distinte dalle lettere A,B,C e D), fannocapo ad altrettanti driver contenuti inun integrato ULN2803 (U4 nello sche-ma della scheda base). Tali uscite sonoin grado di pilotare direttamente unrelè. E’ evidente perciò che lo schemadell’espansione si riduce a ben pocacosa: essenzialmente a quattro relè edaltrettanti led di segnalazione.

CIRCUITO ELETTRICO

I relè (e le relative uscite) si attivanoquando il livello logico delle linee dicontrollo passa da 1 a 0; anche i led, inquesto caso, si illuminano. Non ènecessaria neppure la presenza deidiodi di protezione nei confronti delleextra-tensioni prodotte dalla compo-nente induttiva delle bobine: questidiodi sono infatti presenti all’internodell’ULN2803. Completa lo schemadell’espansione il diodo di protezioneD5 ed il condensatore di filtro C17. Uncircuito, dunque, della massima sem-plicità. Altrettanto semplice (non pote-va essere diversamente) è il circuitostampato utilizzato per il montaggio diquesti componenti. Il master ed il rela-tivo piano di cablaggio sono raffiguratial naturale. La basetta misura appena50 x 115 millimetri ed è ovviamentemonofaccia. Il montaggio può essereportato a termine in pochi minuti. I led,il condensatore C17 ed il diodo vanno

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piano di cablaggio

montati nel giusto verso onde evitareche la scheda faccia le bizze; per quan-to riguarda i relè non esiste la possibi-lità di scambiare tra loro i terminali.Per le uscite e per la presa di alimenta-zione abbiamo fatto uso di morsetti ser-rafilo a passo 5 millimetri. I collega-menti alla piastra base vanno effettuaticon sei conduttori, due per l’alimenta-zione e quattro per le linee di controllo.I due terminali di alimentazione vannocollegati in parallelo a quelli dellascheda base. Tra l’altro le due morset-tiere di alimentazione (quella dell’e-spansione e quella della schede base) sitrovano una sopra l’altra. Gli altri quat-tro terminali vanno utilizzati per colle-gare le piazzuole contraddistinte dallelettere A,B,C,D della scheda di espan-sione alle corrispondenti piazzuoledella scheda base. Un’operazione sem-plicissima. A questo punto, prima difissare meccanicamente tra loro leschede, è consigliabile verificare il fun-zionamento dell’espansione collegan-do, una alla volta, le quattro linee dicontrollo a massa; se tutto funziona adovere i quattro relè ed i led debbonoattivarsi. Ovviamente questa prova vaeffettuata con l’espansione alimentata.Non resta quindi che fissare le schedeutilizzando due distanziali da 3MA alti25 o 30 millimetri. I fori di fissaggiosono stati studiati in modo da consenti-re, una volta fissate le schede, di poteraccedere facilmente ad entrambe lemorsettiere di uscita, anche a quelledella piastra base che si trova sotto l’e-spansione. Ultimata anche questa ope-razione possiamo procedere al collau-do finale. Le funzioni disponibili sullascheda DTMF sono numerose per cuila verifica completa richiede un po’ ditempo.

IL COLLAUDO FINALE

Ad ogni tono disponibile sulla tastieradel telefono o dell’apparato radioabbiamo associato una funzione cer-cando di rendere l’utilizzo del teleco-mando il più intuitivo possibile. I toniDTMF utilizzati vanno dallo zeroall’otto, ci sono poi il tono * (asteri-sco) ed il # (cancelletto). Il programmainterpreta questi toni ed esegue la fun-zione associata: l’asterisco causa l’a-pertura di tutti i relè mentre il cancel-letto provoca l’uscita dalle subroutine e

COMPONENTIR32: 1 KohmR33: 1 KohmR34: 1 KohmR35: 1 KohmC17: 470 µF 25VLD5: 1N4002

LD5: Led rosso 5 mmLD6: Led rosso 5 mmLD7: Led rosso 5 mmLD8: Led rosso 5 mmRL5: Relè 12V 1ScRL6: Relè 12V 1ScRL7: Relè 12V 1Sc

RL8: Relè 12V 1 ScVarie:- 1 c.s. cod. F034- 1 morsetto 2 poli- 4 morsetti 3 poli- 2 distanziali DM25- 2 viti 3MA con dado

La basetta dell’espansione di canali è fissata meccanicamente allapiastra base mediante due distanziali alti 25 millimetri. Per quanto

riguarda i collegamenti elettrici sono sufficienti sei fili: 2 perl’alimentazione e quattro per i segnali.

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LA PIASTRA BASEL’espansione di canali presentata in questepagine va connessa elettricamente e mec-canicamente alla chiave DTMF a quattrocanali descritta sul fascicolo di ottobre1995. Così facendo i canali disponibilipassano da quattro a otto. In questo riqua-dro riproponiamo lo schema elettrico com-pleto e lo stampato (in scala leggermenteridotta) di questo dispositivo. La chiaveconsente di attivare a distanza - via radio ovia telefono - qualsiasi utenza elettrica.L’impiego di un microcontrollore conEEPROM interna consente di ottenere pre-stazioni impensabili sino a poco tempo fa.Queste le principali caratteristiche dellanostra chiave:- gestione tramite microcontrollore a 8 bitdotato di memoria non volatile;

- protocollo di comunicazione secondo lostandard DTMF;

- funzionamento dei canali in on/off oppuread impulso;

- chiave di attivazione a 5 toni (100.000possibili combinazioni) impostabilidall’utente e ritenzione della stessa sumemoria non volatile;

- possibilità di protezione della chiave;- programmazione - in funzionamentotelefonico - del numero degli squilli da uno a nove.

- toni differenziati di risposta perconferma comandi;

- possibilità di interrogazione dello stato dei canali;

- gestione del relè di PTT infunzionamento via radio;

- funzione ripristino dei canali;

- segnalazione di avvenuto black-outdell’alimentazione;

- possibilità di funzionamento inabbinamento ad una segreteriatelefonica;

- time-out di 20 secondi su ognicomando.

Elettronica In - novembre ‘95 25

l’eventuale disimpegno della lineatelefonica, i toni dall’uno all’otto agi-scono invece sui canali da CH1 a CH8e sui rispettivi relè. Il funzionamentodei relè può essere impulsivo (i contat-ti si chiudono per 1-2 secondi) oppurebistabile (il contatto si chiude e restachiuso sino ad un nuovo comando).Ogni volta che un relè cambia statoviene generata una nota di risposta(continua se il relè viene chiuso oppuremodulata se il relè viene aperto).Inviando il tono zero seguito da unnumero da 1 a 8 si attiva la funzione diinterrogazione della scheda: il pro-gramma legge lo stato del relè “interro-gato” e genera una nota di rispostaseguendo lo standard sopra citato (con-tinua = relè chiuso, modulata = relèaperto); in questo modo possiamoconoscere lo stato di un canale senzadoverlo modificare. Se inviamo alnostro telecontrollo il tono zero seguitodal tono cancelletto attiviamo la fun-

PER LA SCATOLA DI MONTAGGIO

L’espansione descritta in queste pagine è disponibile in scato-la di montaggio (cod. FT110EK) al prezzo di 18.000 lire. Laversione montata e collaudata (cod. FT110EM) costa invece22.000 lire. Ricordiamo che la versione base della chiaveDTMF con micro e EEPROM descritta il mese scorso costa105.000 in scatola di montagggio (cod. FT110K) oppure125.000 se già montata e collaudata (FT110M). Il materiale varichiesto a: Futura Elettronica, V.le Kennedy 96, 20027Rescaldina (MI) tel. 0331/576139 fax 0331/578200.

corrisponde a 1 il software disabilita lafunzione di programmazione a distanzarendendo impossibile la modifica delcodice di accesso da parte dell’utenteremoto. Per eliminare la protezione ènecessario azzerare in loco la memoriaEEPROM mediante il pulsante montatosulla piastra. Se la chiave è abilitata alfunzionamento con apparati radio laprocedura di programmazione risultaleggermente diversa, per l’esattezza inquesto caso il software attende solo seitoni (cinque della chiave più uno perl’eventuale protezione). Non vieneinfatti programmato il numero di squil-li poiché il software della versioneradio non gestisce la linea telefonica.Un’ultima precisazione: la nota genera-ta all’inizio ed alla fine della program-mazione è diversa da quelle di rispostadei relè (continua o modulata), per laprecisione la nota continua dura circa 3

secondi e ha una frequenza di 1000 Hz,la nota modulata è formata da treimpulsi a 1000 Hz della durata di 0,5sec mentre la nota di inizio e di fineprogrammazione consiste invece in 8impulsi a 1000 Hz della durata di 100ms. Il dip-switch a tre poli (in realtàsono quattro ma l’ultimo non viene uti-lizzato) montato sulla piastra base con-sente di impostare il modo di funziona-mento della scheda. Se la chiave devefunzionare via radio il primo dip vaposto in ON, in caso contrario va messoin OFF. Se i relè debbono funzionare inmodo impulsivo, ovvero se debbonoattivarsi per un secondo per poi reset-tarsi, il dip n. 2 va messo in OFF, alcontrario se dobbiamo memorizzare lostato il dip 2 va posto in ON. Infine, sevogliamo attivare la funzione di ripristi-no dei relè, portiamo il dip 3 a ON,altrimenti lo lasciamo in OFF.

zione di programmazione a distanza. Ilcircuito invia dapprima una nota perinformare che siamo in programmazio-ne: a questo punto la scheda attendeuna sequenza di sette toni che vienememorizzata nella EEPROM; al termi-ne invia una nota di fine programma-zione e disattiva il telecontrollo disim-pegnando eventualmente anche la lineatelefonica. I sette toni ricevuti e memo-rizzati in EEPROM assumono un pre-ciso significato: il primo tono rappre-senta il numero di squilli che debbonogiungere alla chiave per attivare lalinea telefonica, i successivi cinquetoni rappresenteranno il nuovo codicedi accesso mentre il settimo tono attivao meno la protezione. Se quest’ultimo

Lo switch DS1 consente di impostarei principali parametri operativi.

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6X Corso di programmazioneper microcontrollori ST626X

Per apprendere la logica di funzionamento e le tecniche di programmazione dei nuovi modelli di una delle più diffuse eversatili famiglie di microcontrollori presenti sul mercato:

la famiglia ST6 della SGS-Thomson. Quarta puntata.

di Carlo Vignati e Arsenio Spadoni

Nelle precedenti puntate abbiamo descritto la partehardware e software dell’ST626X Starter Kit. Con que-sto sistema di sviluppo abbinato ad un PersonalComputer è possibile programmare i nuovi microcon-trollori della SGS-Thomson, l’ST6260 e l’ST6265.Diamo ora un’occhiata dall’esterno ai due microcontrol-lori e osserviamo la configurazione dei pin dell’ST6260che dispone di un contenitore dual-in-line da 20 pin edell’ST6265 che è racchiuso in un dual-in-line da 28 pin.Contenitore a parte, questi due chip sono identici, hannointernamente la stessa CPU, una memoria perfettamenteuguale e condividono lostesso set di istruzionisoftware. Durante tuttoil Corso tratteremo que-sti chip allo stesso modosia per la parte hardwareche per quella software.Dovremo solo tener pre-sente che il micro piùpiccolo, l’ST6260,dispone di un numeroinferiore di “porte”. Perla precisione,nell'ST6260 il PORT Bè composto da 6 piedini(PB0, PB1, PB2, PB3,PB6 e PB7, mancaquindi il PB4 e il PB5),il PORT C è compostoda 3 pin (PC2, PC3 ePC4, manca il PC0 e ilPC1), ed infine il PORTA va all’esterno con 4pin (PA0, PA1, PA2 ePA3, manca quindi ilPA4, il PA5, il PA6 e ilPA7). Nell’evidenziare

la differenza tra l’ST6260 e l’ST6265 abbiamo parlato di“PORT” senza spiegare che cosa sono. Rimediamo subi-to dicendo che con questo termine indichiamo le linee,ovvero i pin, con cui il micro scambia informazioni conil mondo esterno. Questi terminali vengono spesso indi-cati come linee di ingresso o di uscita: di ingresso quan-do l’informazione transita dall’esterno verso la CPU, diuscita quando l’informazione va dalla CPU al mondoesterno. I microcontrollori della SGS-Thomson dispon-gono di diverse linee di I/O (ingresso o uscita), l’ST6260ne ha 13 mentre l’ST6265 ne ha 21. Ogni singola linea

prende poi il nome dellaperiferica di appartenen-za, quindi, ad esempio, ilpin numero 15 del microST6265 viene denomi-nato PA3 poiché risultainternamente collegatoalla periferica PORT A.Concludendo, il micro-controllore più piccoloovvero l’ST6260 dispo-ne di 4 linee (PA0, PA1,PA2 e PA3) collegatealla periferica PORT A,di 6 linee (PB0, PB1,PB2, PB3, PB6 e PB7)che fanno capo all’unitàPORT B e di 3 linee(PC2, PC3 e PC4) chefanno capo alla PORTC, per un totale di 13linee di ingresso/uscita.Il microcontrollore piùgrande, cioè l’ST6265,dispone di 8 linee (PA0,PA1, PA2, PA3, PA4,PA5, PA6 e PA7) colle-

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gate alla periferica PORT A, di 8 linee (PB0, PB1, PB2,PB3, PB4, PB5, PB6 e PB7) che fanno capo all’unitàPORT B e di 5 linee (PC0, PC1, PC2, PC3 e PC4) chefanno parte del PORT C, per un totale di 21 linee di I/O.Proseguiamo nell’analisi dall’esterno dei nostri chip conla descrizione degli altri pin disponibili, tenendo presen-te che il significato è identico per entrambi i chip puressendo diversa la posizione esterna. Partiamo con quel-li di alimentazione che vengono contraddistinti dallesigle Vdd (positivo di alimentazione) e Vss (massa). Aquesti pin dovremo applicare una tensione stabilizzata,tipicamente 5 volt, ricordando di collegare anche uncondensatore di disaccoppiamento con capacità compre-sa tra 0,1 e 1 microfarad. Proseguiamo con i pin siglatiOSCin (oscillator input) e OSCout (oscillator output)che risultano internamente collegati ad un oscillatoreche genera il clock di sistema. Quest’ultimo, che altronon è che un segnale ad onda quadra, provvede allascansione degli eventi all’interno dei micro. Per il cor-retto funzionamento del micro dovremo collegare ai pindell’oscillatore un quarzo o un risuonatore ceramico confrequenza di lavoro compresa tra 4 e 8 MHz. Dovremoanche connettere un condensatore con capacità compre-sa tra 12 e 22 pF tra il pin OSCin e massa, e un egualecondensatore tra il pin OSCout e massa. Bene, conti-nuiamo con il pin siglato RESET che se portato allostato logico 0 (coincidente con la massa) forza la CPUalla lettura della prima istruzione presente nella memo-ria programma. Questo va normalmente collegato trami-te una resistenza da 100 Kohm alla tensione positivaVdd e attraverso un condensatore da 10 microfarad allaVss (massa). La rete RC così realizzata forza, per qual-che istante e solo all’atto della prima accensione, il pie-dino RESET al valore di 0 volt e conseguentemente per-mette al micro di partire correttamente andando a legge-re l’istruzione numero uno. Il pin TEST non viene maiutilizzato nel normale funzionamento e deve rimanere

sempre collegato con la massa. Questo piedino vieneusato esclusivamente dalla scheda di programmazionedell’ST626X Starter Kit per il trasferimento dei coman-di dal PC al micro (programmazione) o dal micro al PC(lettura della memoria). Continuiamo l’analisi con il pie-dino siglato NMI, Not Maskable Interrupt o interruzionenon mascherabile. Vedremo in seguito che l’utilizzo di

Pin out del micro ST6260 (sopra) e dell’ST6265 (sotto)

Lo schema a

blocchi del “core”

dei micro ST626X

evidenzia il

controller, l’ALU,

il registro

Program Counter,

i flag e i sei livelli

di stack.

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questo pin è indispensabile per molte applicazioni, maprima di procedere alla sua descrizione facciamo unapremessa per comprendere il significato di interruzione(interrupt). Con tale termine indichiamo un evento cheinterrompe il normale flusso di funzionamento del microper deviarlo in una seconda direzione. Sappiamo che laCPU processa le istruzioni seguendo esattamente il loroordine cronologico quello cioè con cui sono state “scrit-te” e memorizzate. Ne deriva che per poter gestire istan-taneamente e in qualsiasi punto del programma un even-to esterno o interno è necessario interrompere il pro-gramma principale per passare ad uno secondario speci-fico per quel tipo di evento. Il programma secondarioviene chiamato subroutine di interrupt seguito dal nomedi colui che l’ha causato, ad esempio subroutine di inter-rupt del timer se la causa è il timer, o dell’ADC se lacausa è il convertitore analogico digitale, oppure del pinNMI se appunto la causa è una variazione dell’ingressopresente su tale pin. La famiglia ST626X è molto com-pleta da questo punto di vista con ben 5 diversi livelli diinterrupt. Ogni periferica interna, compresa quella diinterfaccia e quindi le relative linee di I/O, possonogenerare una interruzione di tipo mascherabile. Ciò vuoldire che le interruzioni possono essere, in funzione dellaspecifica applicazione, gestite o ignorate (mascherate)dal programma. Al contrario l’interruzione causata dalpiedino NMI viene sempre gestita: essa interrompe edevia sempre il programma allo scopo di ottenere unarisposta immediata (in tempo reale) all’evento.

Concludiamo la descrizione dei pin con quello siglatoTIMER che come si intuisce fa capo al temporizzatoreinterno al micro ST6. Questo piedino può essere utiliz-zato come ingresso per far partire il conteggio della peri-ferica timer, oppure come uscita per attivare un disposi-tivo esterno allo scadere del tempo impostato nel timer.

LA CPU

Terminata la panoramica esterna dei micro ST6260 eST6265 non ci resta che passare al loro interno per vede-re cosa realmente contengono. La CPU (CentralProcessor Unit) rappresenta per il micro l’unità di ela-borazione principale, non per niente essa contiene il“core” del micro che in inglese significa centro, anima oanche, in senso ovviamente figurato, cuore. Il suo com-pito è di leggere, interpretare ed eseguire le istruzionipresenti nella memoria programma. Per poter svolgerequesti compiti la CPU deve essere collegata alle altreperiferiche da un bus bidirezionale, deve contenere unaunità matematica che chiamiamo ALU (ArithmeticLogic Unit), deve poter disporre di un contatore di pro-gramma (Program Counter), di un registro detto di“stack”, di un registro accumulatore e, infine, dei “flag”.Bene, possiamo affermare che nei nuovi micro dellaSGS-Thomson tutte queste cose ci sono e sono anchepotenti e complete. Vediamo dunque di approfondire ilsignificato delle unità presenti nella CPU partendo dalProgram Counter. Esso, come specificato dal nome chelo identifica, contiene l’indirizzo del byte di memoria

I micro ST626X possono distinguere quattro diverse

interruzioni mascherabili e unanon mascherabile (piedino

NMI). Ad ogni interruzione èassociato un preciso “vettore”la cui locazione nella memoria

è riportata tra parentesi a fianco del numero di

identificazione dell’interruzionestessa. La numero 1 è causatadai port di ingresso/uscita A eB, la 2 dal port C, la terza è

associata al timer auto ricarica-bile e, infine, la quarta, è condivisa dal timer 1 e dal

convertitore A/D. Ogni interruzione può anche essere

utilizzata per il restart (risveglio) del micro nel caso in

cui esso si trovi nello stato abasso consumo

di “stop” o di “wait”.

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programma in cui è scritta l’istruzione da eseguire. Ilprogram counter viene copiato o meglio salvato nellostack quando la CPU abbandona la normale sequenza diistruzioni, quella cronologica, e si sposta in un altropunto della memoria programma. Per intenderci, questotipo di salvataggio viene eseguito quando la CPU nonprocessa l’istruzione successiva a quella conclusa.Vedremo, durante l’analisi di applicazioni software, chel’esecuzione di un programma non è sempre cronologi-co ma anzi vi sono molti “spostamenti” da una parteall’altra della memoria programma. Alcuni di essi non

necessitano del salvataggio del program counter, altri (lesubroutine e gli interrupt) utilizzano invece lo stack. Nelprimo caso lo spostamento avviene senza che poi ci siala necessità di ritornare nella posizione abbandonata, nelsecondo caso una particolare istruzione può riportare laCPU all’istruzione successiva a quella che ha causato lospostamento. Dal numero di program counter che pos-siamo salvare deriva il numero di spostamenti consecuti-vi che si possono eseguire. Nei micro della famigliaST626X esistono sei livelli di stack, ciò significa chepossiamo eseguire un numero massimo di spostamenti

Possibili configurazioni delle linee di ingresso/uscita dei micro ST626X

MIC

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CO

NT

RO

LLO

RI S

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Elettronica In - novembre ‘95 31

consecutivi uguale a sei, quantità più che sufficienteanche per le applicazioni più complesse. La CPU vienegestita dal software attraverso cinque diversi registri acui associamo la sigla di registro accumulatore, registroX, registro Y, registro V, registro W. L’accumulatore è ilregistro più importante all’interno della CPU e quasi tuttii comandi e le istruzioni software utilizzano per lo svol-gimento questo registro. I registri X e Y vengono defini-ti anche come registri indiretti poiché il loro compitoprincipale è quello di indirizzare in modo indiretto lamemoria dati. I registri V e W vengono definiti short

register e sono utilizzati per l’indirizzamento direttodella memoria dati. In seguito parleremo anche dei tipidi indirizzamento disponibili nei micro ST6. Tutte leoperazioni matematiche vengono svolte dall’unità ALUalla quale spetta anche l’aggiornamento del Carry flag edello Zero flag. Questi ultimi sono sostanzialmente deiregistri ad un solo bit che vengono scritti dalla ALU altermine di una operazione matematica e che possonoessere letti dal programma software per sapere se duenumeri sono uguali o diversi, oppure quale dei due è ilmaggiore, oppure ancora se un numero è negativo o

Schema a blocchi di una linea di ingresso/uscita.All’atto della prima accensione tutti i pin di I/O funzio-nano come ingressi, successivamente è possibile asse-gnare ad ogni linea, tramite programmazione, una delleconfigurazioni di I/O riportate nella pagina precedente.Per fare ciò dovremo modificare i bit presenti nei regi-stri DR (registro dati), DDR (registro direzione) e OR(registro opzioni) della porta relativa A, B oppure C.

MIC

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LLOR

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positivo. All’interno di un microcontrollore la sequenzadegli eventi o meglio la velocità con cui questi avvengo-no è regolata dal clock di sistema.

IL CLOCK

Il clock viene generato da un particolare circuito, inter-no al micro, denominato oscillatore. Per funzionare l’o-scillatore necessita di qualche componente esterno,ovvero di un quarzo o risuonatore ceramico e di due con-densatori. Se il tutto viene collegato correttamenteall’atto della prima accensione, trascorso il ritardo direset, la CPU inizierà a lavorare “mossa” dal clock gene-rato dall’oscillatore. La velocità con cui la CPU svolgele sue mansioni è ovviamente correlata alla frequenza dioscillazione del quarzo esterno. Quanto più alta sarà lafrequenza del quarzo, tanto più alta sarà la velocità dilavoro del micro e il consumo di corrente, al contrario,abbassando la frequenza del quarzo, andremo a diminui-re la velocità del micro ed anche il suo consumo di cor-rente. E’ evidente che se la frequenza del quarzo nonvaria, anche la velocità di esecuzione del micro rimanesempre la stessa, ovvero la CPU processa le istruzionisempre con la stessa velocità. Per stabilire il legame trafrequenza di oscillazione del quarzo e velocità di esecu-zione del micro si usa il termine “machine cycle” o ciclo

temporale di macchina. Nel data-book dei micro ST6 èriportato, a fianco di ogni singola istruzione, anche ilnumero di cicli macchina necessari per l’esecuzione. Adesempio, l’istruzione LDI A,nn (trasferisci il numero adotto bit nn all’interno del registro accumulatore) richie-de per essere eseguita dalla CPU quattro cicli macchina.Supponendo di collegare esternamente al micro un quar-zo da 8 MHz, il periodo dell’impulso di clock sarà di0,125 microsecondi: 1/8 MHz. Il tempo di ciascun ciclomacchina sarà di 1,625 microsecondi (13 x 0,125 micro-secondi). Infine, il tempo di esecuzione dell’istruzionesopra citata sarà di 1,625 x 4 cicli = 6,5 microsecondi.Abbiamo moltiplicato per 13 il periodo di clock poichél’oscillatore interno pilota il core del micro con una fre-quenza pari a quella del clock diviso 13. Per essere pre-cisi le esatte frequenze che vengono applicate alle diver-se unità sono: core e periferica seriale uguale a clockdiviso 13; timer 1, watchdog e convertitore A/D clockdiviso 12; infine, il timer autoricaricabile viene pilotatodirettamente con la frequenza di clock. E’ possibile divi-dere ulteriormente le frequenze applicate alle varie unitàagendo sul registro di controllo dell’oscillatore OSCR(Oscillator Control Register). Esso si trova fisicamentenella memoria dati alla locazione DC Hex, può esseresolo scritto ed è composto da 8 bit che rappresentiamocon le sigle da D0 (bit 0) a D7 (bit 7). Di questo registro

Sopra, rappresentazione schematica dell’oscillatore e del divisorecontenuto nei micro ST626X. Quest’ultimo è controllato dal registroOSCR (Oscillator Control Register). A fianco, le possibili connessio-ni dei pin che controllano l’oscillatore. Sotto, rappresentazione gra-fica della massima frequenza di clock utilizzabile in funzione dellatensione di alimentazione del micro.

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vengono usati solo due bit, il D0 e il D1, per seleziona-re il fattore di divisione dell’oscillatore in funzione dellaseguente tabella:

D1 D0 fattore di divisione0 0 10 1 21 0 41 1 4

LE PORTE DI I/ODalla descrizione della piedinatura dei micro ST626Xsappiamo che questi dispositivi comunicano con ilmondo esterno attraverso delle apposite linee denomina-te di Input/Output (I/O) che, a loro volta, fanno capoalle periferiche interne di interfaccia. Le periferiche diI/O contenute all’interno dei nuovi micro ST6260 eST6265 sono tre (PORT A, PORT B e PORT C); esserisultano praticamente uguali a quelle presenti nei microdella famiglia ST621X e ST622X. Le uniche differenzetra le tre sottofamiglie, ST626X da una parte e ST621Xed ST622X dall’altra, sono le opzioni di collegamentodei piedini. Infatti, i nuovi micro dispongono di periferi-che aggiuntive, non presenti nelle famiglie inferiori, e diconseguenza le opzioni di alcuni pin di I/O risultanodiverse poiché sono diversi i collegamenti tra questi ulti-mi e le nuove periferiche. In generale, possiamo affer-

mare che all’atto della prima accensione ogni pin di I/Oviene automaticamente impostato dall’hardware comeingresso ad alta impedenza, successivamente il softwareutente può modificare la configurazione di ogni singolopin abilitandolo a funzionare in un diverso modo. Adesempio è possibile settare le linee come ingressi conresistore di pull-up, oppure come ingressi capaci digenerare una interruzione, o come ingressi analogici,oppure, ancora, come uscite push-pull o open-drain.Infine, sono disponibili delle nuove opzioni non imple-mentate nelle versioni precedenti come, ad esempio,uscite e ingressi seriali, o ancora uscite e ingressi asso-ciati al timer autoricaricabile. Per poter abilitare un pina uno dei funzionamenti sopra citati, l’utente deve agiresui registri delle periferiche di interfaccia. Esistono treregistri per ogni periferica contraddistinti dalle sigle DR(Data register) seguito dal nome della periferica A, B oC; DDR (Data direction register) seguito sempre dalnome della periferica (A, B, C) e OR (Option register)più la periferica A, B o C. Concludendo, i registri di I/Osono complessivamente 9, occupano ciascuno lo spaziodi un byte e sono fisicamente contenuti nella memoriadati. Ogni piedino di I/O del micro appartiene ad unasola periferica ed è contraddistinto dalla lettera P (Port)seguita dal nome della periferica di appartenenza e dallarelativa posizione nei registri. Ad esempio, il pin 15 del

Alcune linee di ingresso/uscita

sono connesse oltre che ai

relativi registri di controllo (dati,

direzione e opzioni) anche ad

altre periferiche presenti nei

micro ST626X. Queste linee

possono quindi essere

configurate come normali I/O

oppure possono essere utilizzate

come I/O di un’altra periferica.

In figura lo schema a blocchi di

queste linee: PC3, PC2 e PC4

rappresentano rispettivamente

l’uscita, l’ingresso e il clock

della periferica seriale; PC1

viene utilizzato come ingresso o

come uscita del timer 1; PB6 e

PB7 fanno capo rispettivamente

all’ingresso e all’uscita del timer

auto ricaricabile.

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RO

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34 Elettronica In - novembre ‘95

PER IL PROGRAMMATORE

Il programmatore della famiglia ST626X (ST6260 e ST6265) cod. ST626X Starter Kit viene for-nito completo di manuali, di software (assembler, linker, simulatore, esempi), di basetta di pro-grammazione, di alimentatore da rete, di quattro chip finestrati (n. 2 ST62E60 e n. 2 ST62E65)al costo di lire 580.000 IVA compresa. E’ anche disponibile il programmatore per i microST6210, ST6215, ST6220 e ST6225 (cod. ST622X Starter Kit) al prezzo di 420.000 lire.Anch’esso viene fornito completo di manuali, di software (assembler, linker, simulatore, esempi),di basetta di programmazione, di alimentatore da rete e di quattro chip finestrati (n. 2 ST62E20e n. 2 ST62E25). I programmatori vanno richiesti a: FUTURA ELETTRONICA, v.le Kennedy96, 20027 Rescaldina (MI), tel. 0331-576139, fax 0331-578200.

micro ST6265 è contraddistinto dalla sigla PA3 poichéviene controllato dalla periferica di I/O siglata A, e pre-cisamente dal bit numero 3 dei registri DRA, DDRA eORA. Per modificare il funzionamento di un pin di I/Odovremo quindi agire sui tre relativi bit dei registri dellaperiferica di appartenenza, attenendoci alla seguentetabella:

DDR OR DR Funzionamento del pin0 0 0 Ingresso con resistore di pull-up0 0 1 Ingresso normale0 1 0 Ingresso con pull-up e con interruzione0 1 1 Ingresso analogico1 0 X Uscita di tipo open-drain1 1 X Uscita di tipo push-pull

Per passare da una delle sei configurazioni sopra riporta-te ad un’altra configurazione occorre seguire un partico-lare criterio onde evitare anomalie nel funzionamentodel micro. Le variazioni di configurazione debbono cioèessere eseguite seguendo una particolare sequenza ditransizione che riportiamo qui di seguito: ingresso conresistore di pull-up e con interruzione, ingresso con resi-

store di pull-up senza interruzione, uscita open drain(con bit del DR uguale a zero), uscita push-pull (con bitdel DR uguale a zero), uscita push-pull (con bit del DRuguale a uno), uscita open drain (con bit del DR ugualea uno), ingresso senza resistore di pull-up e senza inter-ruzione, ingresso analogico. Le transizioni possonoavvenire sia nel senso di lettura sia nel senso inverso, èsufficiente che la transizione successiva sia quella adia-cente. Contrariamente ai micro della famiglia preceden-te, i nuovi ST626X dispongono di alcuni pin che si uti-lizzano sia come appena descritto sia in abbinamentoalle nuove periferiche implementate; per la precisionequesti piedini sono siglati PC3 (uscita seriale), PC2(ingresso seriale), PC4 (clock della periferica seriale),PC1 (I/O del timer 1), ARTIMin (ingresso timer autori-caricabile), e ARTIMout (uscita timer autoricaricabile).Descriveremo completamente ciascuno di questi piedinidurante la trattazione della relativa periferica. Nellaprossima puntata inizieremo finalmente a lavorare con inuovi micro della SGS-Thomson proponendo delle sem-plici applicazioni, complete di hardware e di software,riguardanti, inizialmente, le porte di ingresso/uscita.

Caratteristiche elettriche delle linee di ingresso e uscita

POWER SUPPLY

INVERTER PWM250 WATT

Da alcuni anni hanno fatto la loro comparsa sul mer-cato gli inverter realizzati in tecnologia PWM, tec-

nologia che consente di realizzare apparecchiature didimensioni contenute, leggere e perciò facilmente tra-sportabili ovunque. Tuttavia, la potenza dei modellidisponibili in commercio, non supera i 100÷120 watt epertanto se l’apparecchiatura da alimentare richiede unapotenza maggiore non resta altro da fare che utilizzare imodelli tradizionali, pesanti, ingombranti e con un ren-dimento bassissimo. Anche i pochi progetti del genereapparsi sulle riviste di elettronica presentano questolimite: la potenza (quella continua, s’intende) non supe-

ra mai i 100 watt. D’altra

parte, lavorando a 12 volt, è molto difficile andare oltrecerte potenze a causa dell’elevata corrente in gioco. Percolmare questa lacuna, alcuni mesi fa abbiamo messo“in cantiere” un progetto di inverter con l’obiettivo direalizzare un circuito in PWM (alimentato a 12 volt) ingrado di erogare la massima potenza possibile. Dopovarie prove siamo giunti alla conclusione che oltre i 250watt non si poteva andare a causa principalmente della

caduta di tensione nei cavi enei circuiti di potenza. Il

risultato dei nostri studiè descritto in questepagine: un compatto

inverter in gradodi erogare una

potenza di250 watt

continui( o l t r e4 0 0w a t t

36

nei picchi). Ma procediamo con ordine. Atutti è chiara la definizione di inverter, inpoche parole un dispositivo in grado digenerare la tensione di rete prelevandoenergia da una batteria. Anchecoloro che non hanno mai avutoa che fare con simili prodottipossono facilmente intuirnel’utilizzo, ovvero renderedisponibile una tensionealternata a 220 volt inambienti non servitidall’ENEL. Gli impie-ghi tipici sono perciòin auto, nei camper,nelle barche, incase isolate,eccetera. Nontutti però cono-scono le varietecnologie utiliz-

Convertitore DC - AC in grado di erogare, partendo da unatensione continua di 12 volt, una tensione alternataa 220 volt con una potenza massima di 250 watt. L’impiegodella tecnica PWM consente di realizzare undispositivo compatto, leggero, con un assorbimento a vuotopraticamente nullo ed un elevato rendimento. Può alimentare qualsiasi dispositivo elettrico (TV, computer,lampade, eccetera) funzionante con la tensione di rete. Disponibile in scatola di montaggio.

di Sandro Reis

38 Elettronica In - novembre ’95

zate per realizzare questi dispositivi.Nel nostro caso, la tecnologia impiega-ta è quella della modulazione della lun-

ghezza degli impulsi meglio conosciutacome PWM, (Pulse Width Modulator).Solo con questa tecnica è possibile rea-

lizzare in modo semplice e in uno spa-zio minimo un inverter così potente. Latecnica PWM consente, inoltre, rendi-

Elettronica In - novembre ‘95 39

menti altissimi, superiori al 90%, eassorbimenti di corrente a riposo moltobassi, dell’ordine del centinaio di mil-

liampère. Il nostro circuito genera unaforma d’onda molto simile a quella direte, tanto da venir denominata, in

gergo tecnico, onda sinusoidale modifi-cata (modified sinevawe). Quest’ultimaè adatta ad alimentare qualsiasi appa-

Schema elettrico

dell’inverterda 250 watt

continui realizzato con

tecnologiaPWM.

40 Elettronica In - novembre ‘95

Il cablaggio

COMPONENTIR1: 1,5 KohmR2: 1 ohmR3: 3,9 KohmR4: 6,8 KohmR5: 6,8 KohmR6: 10 KohmR7: 4,7 KohmR8: 1 KohmR9: 39 ohmR10: 22 ohm

R11: 22 ohmR12: 10 KohmR13: 10 KohmR14: 10 ohmR15: 10 ohmR16: 1 KohmR17: 1,5 KohmR18: 2,2 KohmR19: 1 KohmR20: 330 KohmR21: 5,6 Kohm

R22: 330 KohmR23: 47 Kohm trimmerR24: 10 KohmR25: 1 KohmR26: 18 KohmR27: 10 KohmR28: 5,6 KohmR29: 1,5 KohmR30: 4,7 KohmR31: 2,7 KohmR32: 4,7 Kohm

R33: 2,2 KohmR34: 2,2 KohmR35: 4,7 KohmR36: 1 ohm 5 wattR37: 2,2 KohmR38: 2,2 KohmR39: 5,6 KohmR40: 5,6 KohmR41: 680 ohmR42: 27 KohmR43: 47 Kohm trimmerR44: 3,3 KohmR45: 180 Kohm 3 wattR46: 5,6 KohmR47: 47 ohmR48: 10 ohmC1: 470 µF 50 V elettr.C2: 10 nF ceramicoC3: 10 nF ceramicoC4: 1000 µF 50V elettr.C5: 3,3 nF poliestereC6: 1 µF 25V elettr.C7: 100 nF ceramicoC8: 10 µF 16V elettr.C9: 22 µF 16V elettr.C10: 1 µF 16V elettr.C11: 220 µF 50V elettr.C12: 100 nF ceramicoC13: 10 µF 16V elettr.C14: 100 µF 350V elettr.C15: 100 nF ceramicoC16: 4,7 µF 50V elettr. C17: 10 nF ceramicoC18: 47 ”F 50V elettr. C19: 100 nF ceramicoC20: 100 nF ceramicoC21: 3,3 nF poliestereC22: 10 µF 16V elettr. C23: 220 nF poliestereC24: 4,7 µF 50V elettr. D1: BY254D2: 1N4148D3: 1N4148D4: 1N4148D5: 1N4148D6: BY399

recchio funzionante a 220 volt, compre-si i computer. Nel progettare l’invertersi è badato anche all’affidabilità delprodotto finito, a tale scopo sono stateintrodotte nel circuito le necessarie pro-tezioni in corrente ed in temperatura.

La prima, per salvaguardare l’inverterda un eventuale corto circuito o da uneccessivo assorbimento sui morsetti diuscita; la seconda, per proteggere imosfet da un eccessivo innalzamentotermico. A tale proposito, abbiamo

dotato l’inverter di una piccola ventoladi raffreddamento che mantiene moltobassa la temperatura anche nelle condi-zioni di funzionamento più gravose. Inquesto modo il rendimento (che potreb-be calare notevolmente a causa dell’in-

Elettronica In - novembre ‘95 41

D7: BY399D8: BY399D9: BY399D10: 1N4007D11: diodo al germanioD12: 1N4007D13: 1N4007D14: 1N4007D15: 1N4007D16: 1N4007D17: 1N4007

D18: 1N4007D19: 1N4007D20: 1N4007D21: 1N4007T1: STH75N06T2: STH75N06T3: IRF840T4: IRF840T5: IRF840T6: IRF840T7: BC547

T8: MPSA44T9: MPSA44U1: SG3525U2: LM393U3: SG3525FUS: fusibile 30 AL1: bobina (vedi testo)LD1: led rossoST1: sensore temperaturaBZ: buzzer 12 V TF1: trasformatore eleva-

tore cod. SW1207Varie:- Zoccolo 4+4 pin- Zoccolo 8+8 pin (2 pz.)- Dissipatore ML33 (2 pz.)- Faston da c.s. (2 pz.)- Distanziali DM50 (4 pz.)- Vite 3MA 8 mm (6 pz.)- Dado 3MA (6 pz.)- Morsetto 2 poli- C.S. cod. E49

nalzamento termico dei mosfet) restacostante. Infine, per tutelare la batteria,abbiamo dotato il circuito di uno stadiodi protezione che segnala (tramite unbuzzer) quando la tensione continua èinsufficiente e che addirittura blocca il

funzionamento dell’inverter se la ten-sione cala ulteriormente. Entriamosubito nel vivo del progetto osservandolo schema elettrico dell’inverter.Partiamo dallo stadio di ingresso, dalchopper insomma, in cui lavorano i due

mosfet T1 e T2, l’integrato U1, ed iltrasformatore TF1. Il compito di questasezione è di generare una tensionealternata, a circa 30 KHz, per presentar-la poi al primario di TF1 che provve-derà ad elevarla. Per fare ciò sono stati

42 Elettronica In - novembre ‘95

circuito stampato in scala 1:1

utilizzati due mosfet di potenza, per laprecisione due STH75N06 capaci direggere una corrente continua di ben 75ampère (300 nei picchi) ed una tensio-ne di 60 volt. I due mosfet, indicatinello schema con le sigle T1 e T2, pre-sentano una resistenza drain-source inconduzione molto bassa (0,014 ohm)che consente di minimizzare le perditedi questo stadio. Le reti R/C, composteda R14/C2 e da R15/C3 servono per eli-minare gli “spike” dovuti alla compo-nente induttiva del trasformatore. Il fil-tro formato da L1 e da C4 impedisce,invece, ai disturbi di commutazione diraggiungere gli altri stadi dell’inverter. Idue mosfet T1 e T2 vengono pilotatidall’integrato U1, un SG3525, che rap-presenta uno dei due driver PWM pre-senti nel circuito del nostro inverter.L’integrato U1 viene utilizzato comeoscillatore con duty-cycle fisso, e la

frequenza di oscillazione viene stabilitadalla resistenza R3 e dalla rete compo-sta da R9 e da C5. Portando il pin 10 diU1 ad una tensione superiore a 2,5 voltviene bloccata l’oscillazione dei mosfetT1 e T2 e conseguentemente il funzio-namento di tutto l’inverter. A questo pinfanno perciò capo tutte le protezioni, apartire da quella termica controllata dalsensore ST1. Quest’ultimo viene instal-lato sullo stesso dissipatore dei mosfete risulta chiuso nelle normali condizio-ni di lavoro e aperto se rileva una tem-peratura superiore ad 80 gradi centigra-di. Le altre protezioni implementatefanno capo all’integrato U2, un LM393che contiene due comparatori di tensio-ne. Uno di questi viene utilizzato, pin 1di U2, per attivare il buzzer quando latensione della batteria scende sotto i10,2 volt. All’ingresso invertente pin 2viene applicata la tensione di riferimen-

to di 5,1 volt disponibile sul pin 16 diU1. All’ingresso non invertente (pin 3)viene applicata la tensione della batte-ria tramite il partitore R4/R5. In questomodo l’uscita presenta normalmente unlivello alto e il buzzer risulta spento; alcontrario, quando la tensione scendesotto i 10,2 volt l’integrato commutaattivando il buzzer attraverso R47. Ilsecondo comparatore di U2 viene uti-lizzato per bloccare l’inverter se la ten-sione cala ulteriormente. Si evita così didanneggiare irreparabilmente la batte-ria che non deve mai essere scaricatacompletamente. Se la tensione dellabatteria scende sotto gli 8,5 volt, l’usci-ta del secondo comparatore (pin 7)passa da un livello logico basso ad unoalto e va a chiudere il T7 che a sua voltablocca l’oscillazione di U1. Tramite ildiodo D4, la tensione di uscita vieneapplicata all’ingresso non invertente, in

Elettronica In - novembre ‘95 43

questo modo anche se la tensione salesopra gli 8,5 volt il blocco rimane.Occorre a questo punto scollegare labatteria e ricollegarne una nuova e cari-ca. L’inverter dispone anche di un cir-cuito di protezione in corrente cheinterviene quando la corrente assorbitadal carico supera un determinato valo-re. Tale circuito fa capo alla resistenzadi caduta R36 ed alla rete R41 e D11.Anche in questo caso la protezione agi-sce sul piedino 10 dell’integrato U1.Questo interviene anche nel caso dicorto circuito tra i morsetti di uscita.Dopo aver visto come funzionano leprotezioni, torniamo alla sezione dipotenza. La tensione alternata a 30 Khzpresente sul secondario del trasforma-tore elevatore viene raddrizzata dalponte di diodi veloci contraddistintidalle sigle D6÷D9: si tratta di quattrodiodi BY399 il cui rendimento anchealle alte frequenze è molto buono. Latensione viene quindi resa perfettamen-te continua dal condensatore elettroliti-co C14 ai capi del quale è presente avuoto una tensione continua di circa300 volt che scende a circa 250 voltnelle condizioni di carico massimo. Latensione continua viene applicata all’u-scita dell’inverter tramite un particola-re circuito formato da quattro mosfet dipotenza che vengono fatti lavorare adue a due alternativamente. In questomodo è possibile ottenere una tensionealternata; ovviamente la frequenza dicommutazione è esattamente di 50 Hz.Il valore massimo delle due semiondecoincide (a meno della caduta drain-source dei mosfet) con la tensione con-tinua presente ai capi del condensatoreC14. E’ evidente perciò che se nel cir-cuito non fosse presente uno stadio diregolazione, la tensione alternata diuscita varierebbe in funzione del caricoapplicato all’inverter. L’unico sistemaper ottenere una tensione costante èquello di modificare la durata degliimpulsi di controllo dei mosfet. Inassenza di carico, con una tensionecontinua di circa 300 volt, gli impulsipresentano una durata di circa 6 msecche aumenta a mano a mano che l’in-verter viene caricato fino al valore mas-simo di poco inferiore ai 10 msec. Aquesta regolazione provvede l’integra-to U3 a cui giunge, tramite la rete chefa capo ai piedini 1 e 9, una piccolaporzione della tensione di uscita. In

questo caso l’integrato U3 si comportacome vero e proprio regolatore PWMallargando e ristringendo l’impulso diuscita, ovvero i periodi di conduzionedei mosfet. Questi ultimi vengono con-trollati direttamente dalle uscite 11 e 14dell’SG3525. I transistor T8 e T9 sfasa-no di 180 gradi il segnale di controllo.Così facendo durante una semiondaconducono i mosfet T4 e T5 mentredurante la seconda semionda risultanoin conduzione i mosfet T3 e T6. Nel

nostro caso vengono utilizzati deimosfet (IRF840) in grado di lavorarecon una tensione massima di 500 volt econ una corrente di 4 ampère. La reteformata da C23, R42, R43 ed R44 con-trolla la frequenza di oscillazione delPWM. Il segnale di retroazione puòessere controllato mediante il trimmerR23, in modo da ottenere la migliorcompensazione possibile. La ventola èsempre in funzione e viene alimentatadalla tensione della batteria tramite la

Schema a blocchi delregolatore SG3525

44 Elettronica In - novembre ‘95

resistenza R48. Il led LD1 segnalaquando il dispositivo è alimentato. Bene, completata l’analisi del circuitopassiamo ora alla realizzazione praticadel nostro inverter. Allo scopo occorreper prima cosa realizzare la basetta uti-lizzando la traccia rame riportata nel-l’articolo. Procedere poi alla saldaturadei componenti seguendo la solita suc-cessione logica: prima quelli a bassoprofilo poi man mano quelli a più altoprofilo. Per ultima va montata la vento-la utilizzando quattro distanziali. Per lataratura è necessario collegare innanzi-tutto la batteria utilizzando un cavo didiametro adeguato. Regolate a metàcorsa tutti i trimmer e collegate all’u-scita un frequenzimetro ed un tester (èanche possibile utilizzare un oscillo-scopio). Regolate a questo punto iltrimmer R43 in modo da ottenere unafrequenza di 50 Hz esatti ed il trimmerR23 per avere in uscita una tensione avuoto di 230÷240 volt. Applicate quin-

di un carico di un centinaio di watt eritoccate leggermente il trimmer. Per ilparticolare modo di funzionamento delcircuito di regolazione, è probabile chela tensione anziché diminuire subiscaun leggero incremento; in questo casoregolate il trimmer in modo che la ten-sione scenda a 230 volt. Verificate infi-ne che, applicando un carico di 250watt, la tensione di uscita non scendasotto i 210÷215 volt. Lasciate l’inverterin funzione per una decina di minuti econtrollate che la temperatura del tra-sformatore e quella dei mosfet T1 e T2non superi i 40÷50 gradi. I quattromosfet di uscita non necessitano dialcun dissipatore in quanto la correnteche fluisce attraverso questi componen-ti è decisamente più bassa (poco supe-riore ad 1 ampère). Controllate anche,applicando una tensione continua ditipo variabile in ingresso, che i duecomparatori di tensione intervenganocome previsto.

PER LA SCATOLA DI MONTAGGIO

L’inverter PWM da 250 watt è disponibile in scatola di mon-taggio (cod. FT113K) al prezzo di 185.000 lire. Il kit com-prende tutti i componenti, la basetta, il trasformatore, la ven-tola di raffreddamento e le minuterie. Il trasformatore in fer-rite (cod. SW1207) è anche disponibile separatamente alprezzo di 30.000 lire. Il materiale va richiesto a: FUTURAELETTRONICA, v.le Kennedy 96, 20027 Rescaldina (MI),tel. 0331/576139, fax. 0331/578200.

Sei un appassionato di elet-tronica e hai scoperto soloora la nostra rivista? Per rice-vere i numeri arretrati è suffi-ciente effettuare un versa-mento sul CCP n. 34208207intestato a VISPA snc, v.leKennedy 98, 20027 Rescaldi-na (MI). Gli arretrati sonodisponibili al doppio del prez-zo di copertina (comprensivodelle spese di spedizione).

Elettronica In - novembre ‘95 47

TELECONTROLLI

CHIAVE DTMF MONOCANALE

Compatto telecontrollo DTMF in grado di accendere o spegnere a distanza, via radio, qualsiasi utenza elettrica.

Gestione a microcontrollore con ritenzione del codice di accesso inmemoria non volatile. Disponibile in scatola di montaggio.

di Carlo Vignati

Rieccoci a parlare di chiavi DTMF. Come sanno inostri più affezionati lettori, già nello scorso

numero della rivista abbiamo affrontato questo argo-mento presentando una chiave DTMF estremamentecompleta a 4/8 canali. In quell’articolo ci siamo posti ilproblema di realizzare, nelmiglior modo possibile, untelecontrollo che potessefunzionare sia abbi-nato ad una lineatelefonica sia ad unapparato radio e chefosse dotato di undiscreto numero dicanali di uscita. Oggi,invece, ci poniamo ilproblema opposto,quello cioè di realizza-re una chiave DTMFdotata di una sola usci-ta, un solo relè, utiliz-zando il minore numeropossibile di componentie badando soprattutto allasemplicità del circuito edalla compattezza del pro-dotto. Ma procediamo conordine rammentando ai let-tori meno esperti che la scheda oggetto di questo arti-colo è un “telecontrollo monocanale via radio a chiaveDTMF”. Analizziamo meglio questa definizione. Il ter-

mine telecontrollo indica un dispositivo capace di con-trollare a distanza con segnali radio una qualsiasi appa-recchiatura elettrica o elettronica. La scheda avrà quin-di come ingresso un segnale audio a bassa frequenza ein uscita, essendo il nostro telecontrollo monocanale,

un solo relè. Questi segnali ven-gono trasmessi a distanza tra-mite una coppia di ricetra-smettitori (o un trasmettitore

e un ricevitore) funzionantisu qualsiasi frequenza(CB, VHF o UHF). Il ter-mine “chiave” indica lapresenza di un codice diaccesso atto a garantirel’esclusività delcomando. Solo chiconosce tale codicepotrà accedere alcontrollo del relè econseguentementevariarne lo stato.Infine, la siglaDTMF (Dual-tone

m u l t i f r e q u e n cy,segnalazione multifre-

quenza a due toni) indica lo standard di comu-nicazione utilizzato per trasmettere i codici. Il sistemaDTMF viene largamente utilizzato nei telecontrolli perdue motivi sostanziali, innanzitutto perché la maggiorparte dei moderni apparati radio può generare dei toni

48 Elettronica In - novembre ‘95

DTMF, in secondo luogo perché questiparticolari toni, essendo in realtà deibitoni, non possono essere prodottidalla voce umana e non possono cosìdar luogo a false interpretazioni nelcaso in cui sulla stessa linea di trasmis-sione viaggino sia i comandi DTMF siadei segnali vocali. Bene, compreso oraquello che si vuole fare, vediamo unpo’ quali scelte sono state adottate perrealizzare in pratica il dispositivo. Lanostra nuova chiave monocanale hacome prerogative principali la sempli-cità e le dimensioni contenute, perciòabbiamo dovuto abbandonare la classi-ca logica cablata, che avrebbe richiestoalmeno cinque circuiti integrati, perorientarci verso un microcontrollore.Quest’ultimo doveva soddisfare dueprecise esigenze, ovvero doveva dispor-re al proprio interno di una memoriaEEPROM e di un’unità di decodifica inDTMF. Purtroppo attualmente non esi-ste un micro di piccole dimensioni chesoddisfi entrambe queste necessità.Siamo stati così costretti, nostro mal-grado, a realizzare la nuova chiave condue integrati, per la precisione con unmicro ST6260 e con un decoder DTMF

tipo 8870. La scelta è cadutasull’ST6260 in quanto questo micro-controllore dispone di tutte le linee diI/O necessarie a soddisfare le nostreesigenze; in secondo luogo questo par-ticolare micro ha al proprio interno unamemoria EEPROM, cioè una memoriaelettricamente programmabile in gradodi trattenere i dati (nel nostro caso lachiave di accesso), anche in assenzadella tensione di alimentazione. Ilsecondo integrato, ovvero l’8870, serveinvece per convertire i toni DTMF insegnali digitali che possono così esserecompresi dal micro.

SCHEMA ELETTRICO

Ma entriamo nel vivo del progetto ediamo un’ occhiata allo schema elettri-co che, come si può notare, è veramen-te ridotto all’osso: due integrati con unminimo di componenti attorno per farlifunzionare, un regolatore di tensione eun relè. Il micro, contraddistinto nelloschema come U2, viene alimentato conuna tensione di 5 volt tra i piedini 9(Vdd) e 10 (Vss). Esso necessita perfunzionare di un quarzo (Q2 nello sche-

ma) collegato ai pin 14 e 15, rispettiva-mente OSCin e OSCout, e di una reteRC, composta da R5 e da C6, connessaal pin 16 (reset). Il quarzo serve pergenerare, unitamente all’oscillatorecontenuto nel micro, il clock di sistemache consente di “far girare” il program-ma contenuto nel micro stesso. La reteRC serve invece per costringere ilmicro ad eseguire l’istruzione numero 1all’atto della prima accensione. Il pin17 del microcontrollore, che rappresen-ta l’ingresso di interruzione nonmascherabile, non viene utilizzato inquesta applicazione e perciò deve esse-re tenuto al +5 volt; al contrario il pin 3(TEST) deve sempre essere collegato amassa. L’uscita della scheda è rappre-sentata dal relè RL1 che viene control-lato dal pin 1 (PB0) del micro attraver-so il transistor T1 e le due resistenze R6e R7. Il PB0, che viene programmatodal software per funzionare come usci-ta push-pull, potrà assumere il valore di+5 volt (in questo caso il relè risulteràchiuso) oppure di 0 volt (relè aperto).Tutte le impostazioni della scheda dalcodice di accesso, alla funzione di ripri-stino e di protezione vengono program-

Schema elettrico

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mate all’atto della prima installazioneinviando al micro specifici toni dicomando. Le uniche due impostazionihardware sono affidate al dip-switchDS1 direttamente collegato ai piedini19 e 20 del micro, ovvero al PC2 e alPC3. Queste due linee vengono confi-gurate dal software per funzionarecome ingressi con resistenze di pull-up.Così facendo il micro potrà distinguerese il dip è aperto (tensione sul pin di +5volt dovuta alla resistenza interna) ochiuso (tensione di 0 volt). Il dip 1 diDS1 consente l’azzeramento dellamemoria EEPROM del micro mentre ildip 2 serve per selezionare il tipo difunzionamento del relè. Portando il dip2 di DS1 a ON abilitiamo il funziona-mento in on/off del relè; in questo casoil micro memorizza lo stato del relèogni volta che riceve il corretto codicedi accesso. Al contrario, portando il dip2 di DS1 a OFF, selezioniamo il fun-zionamento impulsivo di RL1 e il relèviene chiuso solo per il tempo di 1secondo. Analizziamo ora il secondoed ultimo integrato implementato nellascheda, ovvero l’8870. Esso riceve iningresso (pin 2) il segnale a bassa fre-

CARATTERISTICHETECNICHE

- gestione tramite µC a 8 bit dota-to di memoria non volatile;

- protocollo di comunicazione secondo lo standard DTMF;

- uscita a relè con portata massi-ma dei contatti di 1 ampère;

- funzionamento del relè in on/off oppure ad impulso;

- chiave di attivazione a 5 toni (100.000 possibili combinazioni) impostabile dall’utente e riten-zione della stessa su memoria non volatile;

- possibilità di protezione della chiave;

- possibilità di modificare il codi-ce di accesso a distanza;

- funzione di ripristino canale;- alimentazione a 12 volt;- assorbimento max di 50 mA.

Diagramma di flusso del programma (cod. MF53) installatonel microcontrollore ST6260. Il software può essere

scomposto in tre blocchi principali. Nel primo, di inizializzazione, il micro legge la memoria EEPROM edeventualmente ripristina lo stato del relè. Nel secondo, di

decodifica, il software attende nell’esatta sequenza la chiavedi accesso. Nel terzo, di attuazione, il micro interpreta

ed esegue i toni di comando.

Il software

quenza applicato al morsetto “IN BF”attraverso il condensatore C2 e le resi-stenze R2 ed R3. Internamente l’8870converte le note in impulsi digitali che,sotto forma di codice BCD, è disponi-bile sui pin di uscita Q0, Q1, Q2 e Q3(rispettivamente piedini 11, 12, 13 e14). Questi sono direttamente collegatialle porte A e C del micro (pin 13, 12,11 e 18). Per evitare che il micro debbaandare in continuazione a leggere leuscite dell’8870, viene utilizzato ancheil pin STD (Delayed Steering Output)che risulta direttamente collegato al pin8 (PA0) del micro. Quando l’uscitaSTD assume il valore di +5 volt signifi-ca che sul morsetto “IN BF” è presenteun tono DTMF valido. Rammentiamo

che per far funzionare correttamentel’integrato 8870 è necessario collegaretra i suoi pin 7 e 8 un quarzo da 3.58MHz e tra i pin 16 e 17 una resistenzada 330 Kohm e un condensatore da 100nF verso il +5 volt. Diamo ora unosguardo alla sezione di alimentazioneche fa capo al regolatore U3, un norma-le 78L05, e che impiega anche qualchecondensatore di livellamento: C7, C3 eC4. Il diodo D3 protegge la scheda daeventuali inversioni di polarità dellatensione di alimentazione.

IL SOFTWARE

Bene, a questo punto è necessario par-lare del software che fa “girare” questa

50 Elettronica In - novembre ‘95

L’integrato decoder DTMF 8870

nuova chiave DTMF. Per fare ciò fac-ciamo riferimento al diagramma diflusso del programma (cod. MF53)contenuto nel micro e riportato in figu-ra. All’atto della prima accensione ilmicrocontrollore inizializza le proprielinee di ingresso/uscita, ovvero stabili-sce quali pin debbono funzionare comeingressi e in quale modo, e quali comeuscite. In seguito verifica lo stato deldip 1 di DS1 e se questo è posto in ONazzera i dati contenuti nella memoriaEEPROM e li trasferisce all’internodella memoria RAM in modo che sianodisponibili per le elaborazioni succes-sive. Successivamente, se la funzionedi ripristino è attiva, va a leggere lostato del relè, salvato nella EEPROM

L’integrato 8870 trasforma i toniDTMF presenti sui pin di ingresso“IN+” o “IN-” in segnali BCD comeda tabella sotto riportata. Il pin STDsi porta a livello logico 1 quando l’in-tegrato riconosce un tono valido.L’8870 necessita esternamente di unquarzo da 3.58 MHz.

La scheda utilizza il nuovo microcon-

trollore della SGS-Thomson siglato

ST6260 che si addice a questa appli-

cazione per due motivi sostanziali. In

primo luogo per le ridotte dimensioni

(contenitore a 20 piedini), in secondo

luogo perché dispone di una memoria

interna non volatile. Quest’ultima

consente di impostare tutti i parametri

operativi della chiave (codice di acces-

so, stato canale, ripristino e protezio-

ne) all’atto dell’installazione tramite

una sequenza di toni DTMF. I dati

vengono poi mantenuti in memoria

anche in assenza della tensione di ali-

mentazione: non è quindi richiesta

alcuna batteria tampone. Per ulteriori

informazioni su questo chip si può

fare riferimento al nostro Corso di

programmazione per micro ST626X

giunto ormai alla quarta puntata.

Il micro ST6260

prima dello spegnimento, e aggiorna lostesso. Terminata tutta la procedura diinizializzazione, il software esegue ilcosiddetto “main” o programma princi-pale. Il main è di una semplicità estre-ma infatti il micro non fa altro chetestare in continuazione, o meglio inloop, lo stato del pin STD dell’8870.Quando tale piedino va al +5 volt ilprogramma legge il tono in formatoBCD e lo confronta con quello in suopossesso. Se i due toni coincidono ilmicrocontrollore incrementa il numerodi cifre codificate, in caso contrariorientra nel “main”. Questa operazioneviene ripetuta per cinque volte perchétale è il numero delle cifre che compon-gono il codice. Se i cinque toni ricevuti

in sequenza coincidono con quelli dellachiave di accesso il programma gestiscela subroutine dei comandi. Qui il pro-gramma attende nuovamente un tonoche deve essere o il numero 0, o l’1oppure il 9, ed associa ad ognuno diquesti numeri un diverso comando. Seil tono di comando risulta uguale a 1, ilmicro legge inizialmente lo stato deldip 2 di DS1 e in funzione dello stessosi comporta in due modi differenti. Se ildip è in ON, chiude il relè e aggiorna laEEPROM (funzionamento on/off), seinvece il dip è a OFF chiude il relèattende un secondo e riapre il relè (fun-zionamento impulsivo). Il tono dicomando 0 causa sempre l’apertura delrelè e l’aggiornamento della memoria

EEPROM. Il tono di comando 9 provo-ca invece l’ingresso nella routine diprogrammazione a distanza. Se la chia-ve risulta protetta il tono 9 viene igno-rato, al contrario, se la protezione èdisabilitata, è possibile effettuare lariprogrammazione del codice di acces-so. In questo caso dovremo digitare insequenza le nuove cinque cifre delcodice, il tono di ripristino e quello diprotezione. Vediamo di chiarire meglioil significato di queste due ultimeopzioni. Il tono di ripristino potrà esse-re uguale a 1 se intendiamo attivare talefunzione, oppure uguale a 0 se la fun-zione non ci interessa. Rammentiamoche attivando il ripristino il programmacommuta, all’accensione e automatica-

Elettronica In - novembre ‘95 51

COMPONENTIR1: 10 Kohm trimmerR2: 100 KohmR3: 100 KohmR4: 330 KohmR5: 100 KohmR6: 15 KohmR7: 15 Kohm(I resistori sono da 1/4W 5%)C1: 100 nF multistratoC2: 100 nF multistratoC3: 100 µF 25 V elettr. rad.C4: 100 nF multistratoC5: 100 nF multistratoC6: 1 µF 25 V elettr. rad.C7: 100 µF 25 V elettr. rad.C8: 22 pF ceramicoC9: 22 pF ceramicoD1: 1N4148D2: 1N4002D3: 1N4002T1: BC547U1: 8870U2: ST62T60 (software MF53)U3: 78L05Q1: quarzo 3.58 MHzQ2: quarzo 6 MHzDS1: dip-switch 2 poliRL1: relè miniatura 12 VVarie:- Zoccolo 9+9 pin- Zoccolo 10+10 pin- Morsetto 3 poli p. 5 mm (2 pz.)- C.S. cod. F037

Piano di cablaggio della chiave DTMF a 1 canale

Il prototipo a montaggio ultimato

Circuito stampato in scala 1:1

Il dip-switch DS1Tutte le impostazioni vengono effettua-te via software durante l’inizializza-zione della chiave. Le uniche eccezio-ni sono l’azzeramento della memoriaEEPROM e la selezione del modo difunzionamento che vengono inveceimpostate via hardware mediante ildip-switch DS1. Quest’ultimo deveessere montato con la scritta ONrivolta verso l’integrato U2 in modoche i suoi poli assumano il seguentesignificato: il polo 1 portato a ONconsente l’azzeramento della memoriaEEPROM; il polo 2 posto a ON abili-ta il funzionamento in on/off del relè,mentre se portato a OFF seleziona ilfunzionamento impulsivo.

mente, il relè nello stato in cui si trova-va prima dello spegnimento o di uneventuale black-out. Infine, il tono diprotezione dovrà essere uguale a 0 sevogliamo mantenere la possibilità diriprogrammare a distanza il codicementre dovrà essere uguale a 1 se inten-diamo disabilitare questa funzione.

IL MONTAGGIO

A questo punto, ultimata anche l’anali-si del software possiamo passare allarealizzazione del telecontrollo. Tutto ilmateriale può essere reperito in qual-siasi negozio di elettronica ad eccezio-ne del microcontrollore che viene for-

nito già collaudato e programmato(cod. MF53) dalla ditta FuturaElettronica, tel. 0331-576139 la qualedispone anche del kit completo (vediriquadro a pie’ di pagina. Data la sem-plicità del circuito è anche possibilerealizzare il circuito utilizzando unabasetta millefori sotto la quale realizze-remo i collegamenti con degli spezzonidi conduttore. Tuttavia, al fine di otte-nere un cablaggio ordinato e preciso, ilsistema migliore resta sempre quellodella fotoincisione. Allo scopo dovre-mo utilizzare la traccia rame riportatain scala 1:1 nell’articolo, fotocopiandoil disegno su carta da lucido ed utiliz-zando la copia così realizzata come

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master. Dopo aver inciso la piastradovremo realizzare i fori e procedere almontaggio seguendo la normale prassi,ovvero iniziando con l’inserimento deicomponenti a più basso profilo e viavia procedendo con quelli di maggioredimensione. Ricordiamo anche dirispettare la polarità dei diodi e deicondensatori elettrolitici.

INIZIALIZZAZIONE E COLLAUDO

A montaggio ultimato la prima opera-zione da fare consiste nell’inizializzarela scheda. A tale scopo, collegate ungeneratore di toni DTMF o l’uscitaaltoparlante dell’apparato radio invostro possesso all’ingresso “IN BF”della chiave. In funzione del livello delsegnale disponibile, regolate il trimmerR1. Posizionate poi il dip 1 di DS1 aON e date tensione alla scheda con unalimentatore in grado di fornire unatensione continua compresa tra 10 e 15volt. Dopo qualche secondo il relè sideve chiudere per un istante a confermadell’avvenuto azzeramento dellamemoria. Dopo aver riportato il dip 1 aOFF è possibile procedere ad un primocollaudo della scheda. Allo scopo,inviate per cinque volte il tono 0 segui-to dal tono 1 verificando che il relè sichiuda per un secondo se il dip 2 è aOFF, oppure che rimanga chiuso se è aON. A questo punto è possibile memo-rizzare nella scheda il proprio codice diattivazione. Inviate nuovamente percinque volte il tono 0 seguito questavolta dal tono 9 che, come abbiamovisto precedentemente, abilita la pro-grammazione. Digitate ora le cinquecifre del codice di accesso, seguite daltono 1 se intendete abilitare la funzionedi ripristino o dal tono 0 se tale funzio-ne non vi interessa. Infine, inviate ilsettimo tono: 1 per proteggere la sche-da o lo 0 per mantenere la riprogram-mazione a distanza del codice. Se lascheda viene protetta il codice di acces-so può essere variato solamente ripe-tendo completamente la fase di inizia-lizzazione, compreso l’azzeramentodella EEPROM. Bene, possiamo consi-derare conclusa la fase di impostazionedel codice; possiamo perciò installarela scheda nel luogo prescelto collegan-do alla morsettiera di uscita l’utenzache si desidera controllare.

PER LA SCATOLA DI MONTAGGIO

Il telecontrollo DTMF a 1 canale è disponibile in scatola dimontaggio (cod. FT111K) al prezzo di 65.000 lire. Il kit com-prende tutti i componenti, la basetta serigrafata e le minute-rie. La chiave DTMF può essere richiesta anche già montatae collaudata (cod. FT111M) al prezzo di 75.000 lire. Il solomicrocontrollore già programmato con il software del tele-controllo (cod. MF53) è disponibile anche separatamente alprezzo di 35.000 lire. Il materiale va richiesto a: FuturaElettronica, v.le Kennedy 96, 20027 Rescaldina (MI), tel.0331-576139.

Promemoria per l’utilizzo della chiave

Funzionamento normaleInviare alla scheda le cinquecifre del codice seguite daltono 1 per chiudere il relè,dallo 0 per aprirlo, dal 9 perentrare in programmazione.Quest’ultimo tono viene gesti-to solo se la chiave non è pro-tetta, altrimenti il comandoviene ignorato.

Programmazione a distanza- Inviare alla scheda le cinque cifre del codice seguite dal tono 9;- Inviare il tono 1 per attivare la funzione di ripristino oppure 0 per disattivare tale funzione;

- Inviare il tono 1 per proteggere la scheda oppure il tono 0 per consentire la riprogrammazione a distanza del codice di accesso.

54 Elettronica In - novembre ‘95

Motoretta

ESCLUSIVO

Motoretta elettrica in grado di raggiungere una velocità massimadi 45 Km orari e di garantire un’autonomia di quasi 100 Km.

Questo nuovo modello, che rappresenta l’evoluzione del ciclomotore presentato sul numero di settembre, dimostra come

sia possibile ottenere dalla trazione elettrica delle prestazioniparagonabili a quelle di un motore a scoppio con un costo di

esercizio decisamente più basso.

di Angelo Vignati

Come anticipato sul numero precedente della rivista,il travolgente successo ottenuto dal progetto del

ciclomotore elettrico presentato sui fascicoli di settem-bre e ottobre ci ha indotti a proporre una realizzazioneancora più impegnativa, descritta in queste pagine. Sitratta del progetto di una vera e proprio moto elettricain grado di raggiungere una velocità di oltre 45 chilo-metri orari con un’autonomia di quasi cento chilome-tri. A differenza di quello precedente, questo progettoha carattere sperimentale in quanto il telaio e gli altriorgani meccanici sono stati appositamente realizzatiper questo scopo e dun-que per poter circolareliberamente è necessa-rio provvedere all’omo-logazione del mezzopresso la Motoriz-zazione Civile. Nelcaso precedente, inve-ce, trattandosi della tra-sformazione di unciclomotore già omolo-gato che non comportaalcuna modifica altelaio né un aumento di

potenza del motore né un incremento di peso, non ènecessario omologare nuovamente il mezzo.Ricordiamo, a beneficio di quanti avessero perso i pre-cedenti numeri della rivista, che il ciclomotore a trazio-ne elettrica descritto sui fascicoli di settembre e ottobreè in grado di raggiungere una velocità massima di 30chilometri all’ora e dispone di un’autonomia di 50÷60chilometri. Questi risultati sono stati ottenuti utilizzan-do un motore elettrico della potenza di 250 watt fun-zionante a 12 volt ed una batteria, sempre a 12 volt, da38 Ampère/ora. Alla massima velocità il motore assor-

be una corrente di 20ampère per cui il ciclo-motore è in grado difunzionare per quasidue ore percorrendo, inquesto tempo, unadistanza di 50÷60 chi-lometri. Per ottenereuna maggiore autono-mia è necessario utiliz-zare un “serbatoio” piùcapiente, ovvero unabatteria di maggiorecapacità. Ciò, evidente-

Elettronica In - novembre ‘95 55

Elettrica

Il chopper, vero e proprio“cuore” della nostra

motoretta, consente diregolare la velocità. Il

circuito utilizza latecnica PWM che

garantisce un elevatorendimento ed una

regolazione uniformecon coppia costante

in qualsiasi condi-zione di lavoro. Lasezione di potenza

utilizza ben otto mosfetconnessi in parallelo.

56 Elettronica In - novembre ‘95

mente, comporta un aumento del pesodel ciclomotore che, oltre un certo limi-te, rende il mezzo insicuro e difficile daguidare. Ad esempio, per raddoppiarel’autonomia del nostro ciclomotore, ènecessario utilizzare una batteria da 80A/h che pesa ben 30 chili: è evidenteche tale batteria non può essere monta-

ta su un mezzo così leggero.Analogamente per incrementare le pre-stazioni velocistiche è necessario uti-lizzare un motore più potente: in questocaso l’aumento di peso dovuto al nuovomotore è irrisorio (la differenza tra unmotore da 250 ed uno da 400 watt è dicirca 1 chilogrammo) ma bisogna tene-

re conto che un motore più potenteassorbe una corrente maggiore che va adiscapito dell’autonomia. Nel nostrocaso l’impiego di un motore da 400watt consentirebbe al ciclomotore diraggiungere una velocità di quasi 50chilometri l’ora ma comporterebbe unariduzione dell’autonomia di circa il

Elettronica In - novembre ‘95 57

Schema elettricodel chopper

50%. E’ evidente che le due caratteristi-che sono strettamente legate tra loro:nel progettare qualsiasi veicolo a tra-zione elettrica bisogna dunque cercareil giusto compromesso tra velocità edautonomia. Pertanto, quando - solleci-tati dai lettori - abbiamo messo in can-tiere questo nuovo progetto, abbiamo

innanzitutto stabilito quale dovevaessere il corretto rapporto tra questedue caratteristiche e siamo giunti allaconclusione che una motoretta a trazio-ne elettrica per uso generico dovevagarantire un’autonomia di almeno uncentinaio di chilometri ed essere ingrado di sviluppare una velocità di

40÷50 chilometri all’ora. Sulla base diqueste considerazioni abbiamo dimen-sionato innanzitutto il motore: la sceltaè caduta su elemento a 48 volt in gradodi sviluppare una potenza di 400 watt a4.700 giri. Questo motore, completo ditermostato bimetallico ed elettroventi-latore, è in grado di garantire una velo-cità di circa 45 chilometri all’ora; inpianura ed alla massima velocità l’as-sorbimento in corrente è di circa 10ampère per cui, considerando le perdi-te, per ottenere un’autonomia di 100chilometri le batterie debbono fornireun’energia di circa 1500 W/h. Nelnostro caso abbiamo utilizzato 4 ele-menti a 12 volt da 35 A/h ciascuno percomplessivi 1.680 W/h. Le batteriesono ovviamente collegate in serie inmodo da garantire una tensione di ali-mentazione di 48 volt. Completa il cir-cuito elettrico della motoretta un chop-per (regolatore di velocità) simile aquello già presentato sul fascicolo diottobre ma studiato per funzionare conuna tensione più alta. Entriamo ora nelmerito del progetto occupandoci innan-zitutto della parte mecccanica.Per realizzare la nostra motorettaabbiamo utilizzato uno dei telai prodot-ti alcuni anni fa dalla ditta TGR diOzzano Emilia; questi telai dovevanoessere utilizzai per realizzare una pic-cola serie di motocicli a trazione elet-trica; in effetti alcuni vennero realmen-te impiegati per questo scopo mentrealtri furono commercializzati senza l’e-quipaggiamento elettrico. Il telaio danoi utilizzato dispone di un alloggia-mento per le batterie e di altri accorgi-menti che consentono di elettrificarefacilmente il veicolo. Quanti sonointenzionati a costruire questa motodovranno, osservando le foto ed i dise-gni, realizzare un telaio quanto più pos-sibile simile al nostro, eventualmenteadattando un telaio di recupero. I telaidella TGR , infatti, non vengono piùprodotti da alcuni anni. Indubbiamenteè questo l’ostacolo maggiore nella rea-lizzazione della nostra motoretta masiamo certi che chi è veramente inte-ressato al progetto saprà, magari conl’aiuto di un amico meccanico, supera-re anche queste difficoltà. Per quantoriguarda l’equipaggiamento elettrico,la nostra motoretta comprende unmotore da 400 watt, le batterie - di cuiabbiamo già parlato - ed il chopper che

58 Elettronica In - novembre ‘95

COMPONENTI

R1: 1 ohm 10 WR2: 1 ohm 10 WR3: 1 Kohm 1/2 WR4: 33 KohmR5: 330 ohmR6: 4,7 KohmR7: 1,8 Kohm 2 WR8: 2,2 Kohm 2 WR9: 470 ohmR10: 820 KohmR11: 5,6 KohmR12: 100 KohmR13: 2,2 KohmR14: 100 Kohm

R15: 100 KohmR16: 100 KohmR17: 10 Kohm trimmerR18: 3,3 KohmR19: 3,3 KohmR20: 100 KohmR21: 390 KohmR22: 470 KohmR23: 100 KohmR24: 100 KohmR25: 39 KohmR26: 2,2 KohmR27: 220 Kohm trimmerR28: 22 KohmR29: 10 KohmR30: 2,2 Mohm

R31: 4,7 MohmR32: 330 KohmR33: 47 Kohm trimmerR34: 1 KohmR35: 33 KohmR36: 10 KohmR37: 270 KohmR38: 1 Mohm trimmerR39: 10 ohmR40: 10 ohmR41: 10 ohmR42: 10 ohmR43: 10 ohmR44: 10 ohmR45: 10 ohmR46: 10 ohm

R47: 8,2 KohmP1: 2,2 Kohm (vedi testo)(Le resistenze, salvo diversaindicazione, sono da 1/4 W)C1: 220 µF 63 V elettr. rad.C2: 220 µF 63 V elettr. rad.C3: 10 µF 63 V elettr. rad.C4: 22 µF 50 V elettr. rad.C5: 1 nF ceramicoC6: 22 µF 50 V elettr. rad.C7: 100 nF poliestereC8: 100 nF multistratoC9: 22 nF ceramicoC10: 100 pF ceramicoC11: 100 pF ceramicoC12: 47 nF multistrato

Piano di cablaggio del chopper

consente di regolare con continuità lavelocità. Il motore a magneti perma-nenti utilizzato nel progetto presenta leseguenti caratteristiche:- Tensione nominale: 48 volt;- Corrente assorbita: 10 A (80A allospunto);

- Potenza resa: 400 watt;- Velocità di rotazione massima: 4.700giri/min;

- Coppia massima: 1.1 Nm;- Peso: 4,5 Kg.Il motore dispone di un doppio sistemadi ventilazione (ventola applicata

all’indotto ed elettroventilatore applica-to allo scudo posteriore) che garantisceun ottimo raffreddamento ed un rendi-mento costante in tutte le condizioni dilavoro. L’elettroventilatore, che ha unassorbimento limitato (solo 3,5 watt),viene azionato automaticamente da unsensore termico che entra in funzionequando la temperatura supera i 50gradi. Il motore è prodotto dalla dittaPolymotor di Genova. Il “serbatoio” della nostra motorettacomprende quattro batterie al piombodi tipo completamente ermetico, senza

alcuna perdita di vapore acido o acqua.E’ anche possibile utilizzare le più eco-nomiche batterie al piombo per avvia-mento. Le batterie da noi utilizzatehanno una capacità di 35A/h e pesano11,8 Kg ciascuna per complessivi 47chilogrammi. Ovviamente le batteriesono collegate in serie tra loro per otte-nere i 48 volt necessari al funzionamen-to del motore. La ricarica può essereeffettuata mediante un semplice ali-mentatore dalla rete luce in grado dierogare una corrente di almeno 3÷5ampère in modo da ottenere la comple-

Elettronica In - novembre ‘95 59

C13: 22 nF ceramicoC14: 10 µF 50 V elettr. rad.C15: 100 nF multistratoD1: 72HFR60D2: 72HFR60D3: 72HFR60D4: BY254D5: 1N4004D6: 1N4148D7: BYW80D8: 1N4148D9: 1N4148D10: 1N4148D11: 1N4148D12: 1N4148D13: 1N4148

D14: 1N4148D15: 1N4148D16: 1N4004DZ1: zener 10 V 1/2 WDZ2: zener 56 V 1/2 WDZ3: zener 12V 1/2 WT1: BD911T2: BC547BT3: BC557BT4: MJ2955T5: BD911MSF1: IRF540MSF2: IRF540MSF3: IRF540MSF4: IRF540MSF5: IRF540

MSF6: IRF540MSF7: IRF540MSF8: IRF540U1: NE555U2: 4093U3: LM339FUS1: fusibile 2 AMOTOR: motore DC 400watt 48 volt (vedi testo) Varie:- Portafusibile da C.S.- Morsetto 3 poli - Morsetto 2 poli (2 pz)- Barretta in rame (3 pz)- Capicorda (2 pz)- Vite 3MA 10 mm (3 pz)

- Distanziale 10 mm (2 pz)- Dadi 3MA (7 pz)- Colonnine 5MA (4 pz)- Dissipatore in alluminio

200x120mm h=10mm - Dissipatore in alluminio

130x80mm h=8mm- Dissipatore in alluminio

80x40mm h=8mm- Circuito stampato (E52)

ta ricarica nel giro di 8÷10 ore.Ovviamente l’alimentatore deve forni-re una tensione continua di almeno50÷55 volt e deve disporre di una resi-stenza di caduta adeguata alla correntedi carica. Il regolatore di velocitàimpiega la tecnologia PWM che con-sente di ottenere un elevato rendimentoin tutte le condizioni di lavoro. Poichéla frequenza di lavoro è molto bassa(circa 200 Hz), la forma d’onda è sem-pre “pulita”, aumentando in questomodo l’affidabilità del sistema. Loschema del nostro regolatore compren-

de un generatore di impulsi ad ampiez-za variabile che fa capo agli operazio-nali contenuti in U3, uno stadio dipotenza composto da otto mosfet colle-gati in parallelo e un generatore a 12volt nel quale vengono utilizzati l’inte-grato U1 ed i transistor T4 e T5. Lo sta-dio di potenza si comporta come uninterruttore: sempre acceso o semprespento. Il tutto ad una frequenza di 200Hz con una durata dell’impulso che, inpercentuale, può variare tra lo zero ed ilcento per cento. L’ampiezza dell’im-pulso viene controllata dal potenziome-

tro P1 (in realtà uno slider); ai trimmerR33, R38 e R27 è affidato il compito dimodificare il campo di azione dello sli-der in modo da ottenere un’escursioneottimale in funzione della corsa delcavo di accelerazione. Il chopper dispo-ne anche di un circuito di limitazionedella massima corrente di funziona-mento e di uno stadio di controllo dellarampa di accelerazione che evita glistrappi durante gli avviamenti senzacomprometterne la “brillantezza”. Latensione a 12 volt necessaria per i “ser-vizi” (luci di posizione, segnalatori acu-

Traccia rame in scala 1:1

60 Elettronica In - novembre ‘95

Piano di cablaggio generale

Il chopper rappresenta il “cuore”della nostra motoretta; tramite questascheda è possibile infatti regolare lavelocità del motore elettrico e quindil’andatura del veicolo. Si tratta anchedell’unico circuito elettronico utilizza-to in questo progetto. Nel montarequesta scheda bisogna tenere contodelle elevate correnti che circolanonello stadio di potenza ed adottaretutti gli accorgimenti del caso. Labasetta è fissata meccanicamente aduna piastra di alluminio che funge dadissipatore e da supporto per i semi-conduttori dello stadio di potenza. Gliotto mosfet sono fissati direttamente aldissipatore; i drain risultano pertantocollegati elettricamente alla piastraalla quale fanno anche capo il polonegativo del motore e gli anodi dei trediodi di potenza. Per questo motivo lapiastra va isolata dal telaio dellamotoretta. Gli otto source dei mosfetsono collegati a massa tramite unabarra metallica di sezione adeguata.Anche il transistor di potenza T4 vafissato al dissipatore; in questo caso,tuttavia, è necessario utilizzare un kitdi isolamento per evitare un corto cir-cuito tra questo componente ed imosfet. Per i collegamenti tra la pia-stra ed i componenti esterni bisognafare riferimento alle lettere riportatesullo stampato: ai punti A e C vannocollegati rispettivamente il polo posi-tivo e quello negativo della batteriamentre tra il punto A e la barra di dis-sipazione va collegato il motore elet-trico; il diodo D3 è collegato tra ilpunto B e la barra mentre i diodi D1 eD2 sono collegati in parallelo almotore ovvero tra la barra di allumi-nio ed il punto A. Tra i punti D ed E èdisponibile la tensione a 12 volt per iservizi mentre il transistor di potenzamontato sul dissipatore va collegato aimorsetti contraddistinti dalle lettere F,G e H. Infine, alla morsettiera con-traddistinta dalle lettere I, L e M vacollegato lo slider che controlla lavelocità. I disegni e le foto riportate afianco chiariscono eventuali dubbi inmerito a questi collegamenti.

Per realizzare la nostra motoretta abbiamo utilizzatouno dei telai prodotti alcuni anni fa dalla ditta TGR diOzzano Emilia; questi telai dovevano essere utilizzatiper realizzare una piccola serie di motocicli a trazioneelettrica; in effetti alcuni vennero realmente impiegatiper questo scopo mentre altrifurono commercializzati senzal’equipaggiamento elettrico. Iltelaio da noi utilizzato dispone diun alloggiamento per le batteriee di altri accorgimenti che con-sentono di elettrificare facilmen-te il veicolo. Quanti sono inten-zionati a costruire questa motodovranno, osservando le foto ed idisegni, realizzare un telaioquanto più possibile simile alnostro, eventualmente adattandoun telaio di recupero. I telai dellaTGR, infatti, non vengono piùprodotti da alcuni anni. Il moto-re a magneti permanenti utiliz-zato nel progetto presenta leseguenti caratteristiche: tensionenominale: 48 volt, corrente assorbita: 10 A (80A allospunto), potenza resa: 400 watt, velocità di rotazionemassima: 4.700 giri/min, coppia massima: 1.1 Nm,peso: 4,5 Kg. Il motore dispone di un doppio sistema di

ventilazione (ventola applicata all’indotto ed elettro-ventilatore applicato allo scudo posteriore) che garan-tisce un ottimo raffreddamento ed un rendimentocostante in tutte le condizioni di lavoro.L’elettroventilatore, che ha un assorbimento limitato

(solo 3,5 watt), viene azionatoautomaticamente da un sensoretermico che entra in funzionequando la temperatura supera i50 gradi. Il motore, prodottodalla ditta Polymotor di Genova,è fissato alla parte posteriore deltelaio, quasi sotto la sella. Il motoviene trasmesso mediante duecinghie; la prima (tipo 300L050)collega la puleggia a 10 denti delmotore alla puleggia dentata a 52denti del rinvio; la seconda (tipoMT1294103) collega la puleggiaa 21 denti del rinvio alla puleggiadentata a 61 denti fissata allaruota posteriore della motoretta.Complessivamente il rapporto ditrasmissione è di circa 1 a 15,1.

Le batterie vanno montate nell’apposito alloggiamentopredisposto sotto il telaio. Così facendo si abbassa ilbaricentro del veicolo in modo da ottenere una miglio-re stabilità nonché una buona tenuta di strada.

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baricentro del veicolo in modo da otte-nere una migliore stabilità nonché unabuona tenuta di strada. Per la realizza-zione del chopper è necessario innanzi-tutto approntare la basetta sulla qualeandranno cablati tutti i componenti.

Nelle illustrazioni riportiamo il disegnodello stampato al vero. Per realizzare labasetta consigliamo di utilizzare ilmetodo della fotoincisione che consen-te di ottenere una piastra del tutto simi-le a quella utilizzata per realizzare il

stici, frecce, eccetera) è disponibile trai punti D (positivo) e E (negativo); que-sto stadio può erogare una potenzamassima di 30-40 watt. Passiamo oraalla realizzazione pratica della nostramotoretta occupandoci innanzituttodella meccanica.

IN PRATICA

Come si vede nelle immagini, il moto-re è fissato alla parte posteriore deltelaio, quasi sotto la sella. Il moto vienetrasmesso mediante due cinghie; laprima (tipo 300L050) collega la puleg-gia a 10 denti del motore alla puleggiadentata a 52 denti del rinvio; la secon-da (tipo MT1294103) collega la puleg-gia a 21 denti del rinvio alla puleggiadentata a 61 denti fissata alla ruotaposteriore della motoretta.Complessivamente il rapporto di tra-smissione è di circa 1 a 15,1. Le batte-rie vanno montate nell’apposito allog-giamento predisposto sotto il telaio. Inquesto modo, tra l’altro, si abbassa il

Il motore e la meccanica di trasmissione

62 Elettronica In - novembre ‘95

nostro prototipo. Per il montaggio deicomponenti sulla basetta valgono lesolite raccomandazioni che questavolta dobbiamo integrare con consiglispecifici legati alla particolarità del cir-cuito. Ci riferiamo in modo particolarealle elevate correnti in gioco che richie-dono un montaggio particolarmentecurato nella sezione di potenza. Gliotto mosfet sono fissati direttamentealla piastra di alluminio che funge dadissipatore; i drain risultano pertantocollegati elettricamente alla piastra allaquale fanno anche capo il polo negati-vo del motore e gli anodi dei tre diodidi potenza. Per questo motivo la piastrava isolata dal telaio della motoretta. Gliotto source dei mosfet vanno collegati amassa tramite una barra metallica disezione adeguata. Anche il transistor dipotenza T4 va fissato al dissipatore; inquesto caso, tuttavia, è necessario uti-lizzare un kit di isolamento per evitareun corto circuito tra questo componen-te ed i mosfet. Per i collegamenti tra lapiastra ed i componenti esterni bisognafare riferimento alle lettere riportatesullo stampato: ai punti A e C vannocollegati rispettivamente il polo positi-vo e quello negativo della batteria men-tre tra il punto A e la barra di dissipa-zione va collegato il motore elettrico; ildiodo D3 è collegato tra il punto B e labarra mentre i diodi D1 e D2 sono col-legati in parallelo al motore ovvero trala barra di alluminio ed il punto A. Trai punti D ed E è disponibile la tensio-ne a 12 volt per i servizi mentre il tran-sistor di potenza montato sul dissipato-re va collegato ai morsetti contraddi-stinti dai punti F, G e H. Infine, allamorsettiera contraddistinta dalle lettereI, L e M va collegato lo slider che con-trolla la velocità. Per poter azionarequesto componente tramite il cavo diaccelerazione, è necessario realizzareun dispositivo meccanico dotato dimolla antagonista che consenta di spo-stare il perno del potenziometro senzaforzature tra il valore minimo e quellomassimo. Il dispositivo deve avereanche una notevole robustezza mecca-nica in considerazione dell’elevatonumero di manovre cui viene sottopo-sto. Un dispositivo simile è stato utiliz-zato anche nel progetto del ciclomoto-re descritto sul fascicolo di ottobre. Icollegamenti tra la batteria, il choppered il motore vanno effettuati con cavo

Nelle immagini, alcuni dettagli della nostra motoretta. Il alto,particolare del motore elettrico con lo scudo posteriore dentro il quale

trova posto un elettroventilatore che garantisce un ottimoraffreddamento ed un rendimento costante in tutte le condizioni di

lavoro. La ventola viene azionata automaticamentetramite un sensore termico che entra in funzione quando la temperatura

supera i 50 gradi centigradi. In basso, il “serbatoio”ovvero lequattro batterie al piombo utilizzate per immagazzinare l’energia. Nel

nostro prototipo abbiamo montato quattro batterie a 12 volt da35A/h ciascuna collegate in serie in modo da ottenere la tensione a 48

volt necessaria al funzionamento del motore. Le quattro batteriepesano complessivamente 47 chilogrammi e sono in grado di fornire una

energia di ben 1680 W/h. Con questa riserva d’energiala nostra motoretta è in grado di percorrere circa 100 chilometri.

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di diametro adeguato in considerazionedelle elevate correnti in gioco che, loabbiamo visto in precedenza, nei picchipossono raggiungere anche i 80 ampè-re. Ultimato il montaggio della piastraed effettuati i collegamenti tra la batte-ria, il motore ed il chopper, possiamofinalmente procedere al collaudo delmotorino. Le prime prove vanno effet-tuate al banco, con la ruota del motori-no rialzata e spostando a mano lo sli-der. Verificate innanzitutto che la ten-sione presente sul pin 11 di U3a vari tracirca 0,5 e 1,5 volt in funzione dellaposizione dello slider. Se disponete diun oscilloscopio potrete anche visua-lizzare il treno di impulsi presenteall’uscita del driver T2/T3. Un segnalesimile deve essere presente anche aicapi del motore. Con un amperometroa pinza controllate l’assorbimento delcircuito nelle varie condizioni di lavo-ro: la corrente può raggiungere anchegli 80 ampère nelle condizioni più cri-tiche. A questo punto fissate lo slider aldispositivo di accelerazione e regolate itrimmer R33 (velocità massima) edR38 (velocità minima) in modo daottenere un’escursione ottimale dellamanopola dell’acceleratore. Con i trim-mer R27 e R17 è invece possibileregolare la rampa di accelerazione inmodo da evitare strappi durante gliavviamenti. Con questo veicolo abbia-mo percorso circa 1.000 chilometri coni seguenti risultati:- Velocità massima raggiunta in pianura con batterie cariche e con un carico di 75 Kg: 45Km/h;

- Pendenza massima superata con lostesso carico: 15%;

- Autonomia (con batterie cariche al90%): 95 Km;

- Assorbimento in pianura alla massimavelocità: 10 ampère;

- Assorbimento in salita con pendenzadell’ordine del 10%: 30-35 ampère;

- Corrente assorbita dal motore allo spunto: 50÷80 ampère.

Riteniamo che queste prestazioni sianopiù che sufficienti per la maggior partedegli impieghi e che pertanto questoprogetto possa trovare un reale impiegopratico. Vogliamo infine sottolinearedue aspetti di questo progetto che nonvanno assolutamente trascurati. Ci rife-riamo innanzitutto all’inquinamentoprodotto da questo veicolo che è prati-camente nullo sia per quanto concerne

l’emissione nell’atmosfera di gas tossi-ci sia per quanto riguarda l’inquina-mento acustico. Il secondo aspettoriguarda i consumi ed il costo di eserci-zio: l’energia elettrica necessaria allaricarica delle batterie (circa 2 Kw)viene a costare 1.000 lire e pertanto il

costo chilometrico (tenendo conto checon un “pieno” di corrente si percorro-no 100 chilometri) è di circa 10lire/Km: nemmeno lontanamente para-gonabile con quello di un veicolo conmotore a scoppio. Cosa aspettate, dun-que, a realizzare questa moto?

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CORSO DI

ELETTRONICA DI BASE

Questo Corso di Elettronica, che si articola in più puntate, è rivolto ai lettori alle prime armi, ovvero a coloro che - pur essendo attratti ed affascinati dal mondo

dell’elettronica - hanno una limitata conoscenza di questa materia. Pur senza trascurarel’esposizione di concetti teorici di base, è nostra intenzione privilegiare l’aspetto pratico,

convinti che solo un’ immediata verifica “sul campo” possa fare comprendere al meglio le leggi fondamentali che stanno alla base dell’elettronica. Per questo motivo tutte

le puntate si concluderanno con delle esercitazioni che consentiranno di mettere in pratica le nozioni acquisite. Ci auguriamo che questo Corso possa essere utile

sia a coloro che si interessano a questa materia per hobby sia a quanti hanno un interesse professionale specifico (studenti di elettronica, tecnici, eccetera).

A tutti auguriamo una proficua lettura.

a cura della Redazione Quarta puntata

Oltre ai diodi, appartengono alla famiglia deisemiconduttori numerosi altri dispositivi il più

conosciuto dei quali è il transistor. Questo compo-nente, formato da due giunzioni, è il più importan-te dispositivo elettronico allo stato solido. Convarianti più o meno significative, tutti i componen-ti elettronici attivi utilizzano dei transistor.Addirittura alcuni circuiti integrati particolarmen-

te complessi implementano milioni e milioni ditransistor. Fondamentalmente questo dispositivo(lo vedremo in maniera più approfondita nelleprossime puntate del corso) non è altro che unamplificatore di corrente. Nella forma più elemen-tare un transistor è composto da tre terminali deno-minati base, collettore ed emettitore che fanno capoad una doppia giunzione (PNP o NPN); polariz-

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disponibili al mondo: arrivato ad un milione di tipidiversi si è arreso. Questo ovviamente non significa cheesistono realmente tanti modelli: questa proliferazionedipende dal fatto che quasi tutti i fabbricanti di semi-conduttori (ce ne sono oltre 200 in tutto il mondo) uti-lizzano sigle differenti per marchiare lo stesso tipo ditransistor. Dal punto di vista fisico, i contenitori utiliz-zati sono i più diversi: plastici, metallici, microscopici,enormi, con i terminali disposti nei modi più disparati.Una classificazione completa è impossibile; fortunata-mente però nella maggior parte dei casi vengono utiliz-zati contenitori standardizzati (ne esistono oltre un cen-tinaio). Nelle illustrazioni riportiamo i tipi più comuniin modo da consentire a chiunque di identificare facil-mente i terminali corrispondenti alla base, al collettoree all’emettitore o, nel caso dei fet, al drain, al source edal gate. I contenitori vengono classificati con una siglache spesso non identifica un contenitore specifico mauna famiglia. Ad esempio, nel caso del TO3P, del TO92ed in altri casi ancora bisogna effettuare una ulterioreverifica per stabilire l’esatta disposizione dei terminali.

zando opportunamente le giunzioni, la corrente che flui-sce attraverso lo stadio di uscita (solitamente tra collet-tore ed emettitore) è proporzionale - ma di gran lungasuperiore - alla corrente che fluisce attraverso lo stadiodi ingresso (solitamente base-emettitore). L’effetto“transistor” (il nome è una contrazione della definizio-ne “transfer resistor”), scoperto nel lontano 1948, è allabase di tutta la moderna elettronica allo stato solido. Iprimi transistor erano realizzati con cristalli di germa-nio mentre oggi in quasi tutti i dispositivi vengono uti-lizzati cristalli di silicio. Anche se in senso lato, appar-tengono alla categoria dei transistor i FET (transistorad effetto di campo), i MOSFET (particolari FET realiz-zati con la tecnica MOS, Metal-Oxide Semiconductor),gli UJT, gli IGBT ed altri ancora. A seconda dell’impie-go cui sono destinati possiamo suddividere i transistorin elementi per alta o bassa tensione, per alta o bassafrequenza, per amplificazione di segnale o per commu-tazione, di piccola, media o alta potenza, a montaggiotradizionale o in SMD. Qualcuno, tempo fa, si è preso labriga di contare quanti fossero i modelli di transistor

Principali tipi di transistor e relativi contenitori

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Il progetto del meseDopo gli alimentatori presentati sui fascicoli di settem-bre e ottobre (rispettivamente un circuito a tensionevariabile con uscita compresa tra 1,5 e 15 volt ed un ali-mentatore duale), questo mese descriviamo un piccoloamplificatore di bassa frequenza - completo di pream-plificatore - che può sicuramente essere utile in moltis-sime occasioni. I due stadi possono essere utilizzatiseparatamente oppure accoppiati; il circuito disponeanche di un piccolo microfono preamplificato. Diamosubito un’occhiata allo schema riportato a pie’ di pagi-na. L’amplificatore di potenza vero e pro-prio fa capo all’integrato U1, un comu-nissimo TBA820M prodotto dalla SGS-Thomson; questo componente - insiemeall’LM386 - è uno dei più utilizzati amplifica-tori per uso audio esistente sul mercato. L’integrato è ingrado di erogare una potenza compresa tra 0,5 e 2 watta seconda della tensione di alimentazione utilizzata edell’impedenza del carico (altoparlante). La tensionemassima di alimentazione non deve superare i 16 voltmentre l’impedenza minima collegata all’uscita nondeve essere inferiore ai 4 Ohm. Lo schema da noi utiliz-zato è quello suggerito dal Costruttore: il segnale daamplificare viene applicato all’ingresso (piedino 3)mentre il segnale di uscita viene prelevato, tramite ilcondensatore elettrolitico di disaccoppiamento, tra ilpiedino 5 e la massa. Il guadagno in tensione (rapporto

tra segnale di uscita e segnale di ingresso) dipende dalvalore della resistenza R8: con il valore da noi utilizza-to (150 Ohm) il guadagno in tensione è di circa 30 dB. Ivalori di C9, C10 e C12 determinano la banda passanteche, nel nostro caso, è compresa tra 25 e 12.000 Hz.Utilizzando una tensione di alimentazione di 12 volt edun altoparlante da 8 Ohm, lo stadio è in grado di ero-gare una potenza di circa 1 watt; ovviamente, se la ten-sione scende, la potenza cala in proporzione.Normalmente la tensione di alimentazione può esserecompresa tra 5 e 12 volt. Il diodo D1 evita che un’ even-tuale inversione della tensione di alimentazione provo-chi la distruzione del chip. L’amplificatore di potenzapuò essere collegato all’apposito ingresso (IN BF)

Schema elettrico

Veniamo ora al progetto del mese, un circuito utilissimonel laboratorio di qualsiasi hobbista. Data la semplicitàdello schema, il progetto può essere realizzato da chiun-que, anche da coloro che stanno muovendo i primi passiin questo campo.

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oppure allo stadio preamplificatore che fa capo a T1. Atale scopo bisogna agire sui dip-switch utilizzati nel cir-cuito. In entrambi i casi il volume di uscita viene rego-lato dal trimmer R7. Qualora si rendesse necessario, iltrimmer potrà essere sostituito con un potenziometro. Lostadio preamplificatore utilizza un solo transistor, uncomunissimo BC547 plastico al posto del quale potràessere utilizzato qualsiasi altro transistor NPN di picco-la potenza. T1 è montato in un circuito ad emettitorecomune che garantisce un elevatissimo guadagno in ten-sione. La base del transistor viene polarizzata mediantela resistenza R2 che introduce anche una discreta con-troreazione che rende particolarmente stabile il funzio-namento di questo stadio. All’ingresso del preamplifica-tore è presente una piccola capsula microfonica pream-plificata con la relativa resistenza di polarizzazione(R1). La capsula va posta a debita distanza dal circui-to per evitare che l’amplificatore entri in autoscillazio-

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DOVE REPERIRE I COMPONENTII componenti utilizzati in questo primo circuito sono facilmente reperibili presso tutti irivenditori di materiale elettronico. Il circuito è disponibile anche in scatola di montaggio(cod. CD03) al prezzo di 22.000 lire. Il kit comprende tutti i componenti, la basetta, lacapsula microfonica e tutte le minuterie. Il materiale va richiesto a: FUTURA ELET-TRONICA, V.le Kennedy 96, 20027 Rescaldina (MI), tel. 0331-576139, fax 0331-578200.

R1: 4,7 KohmR2: 470 KohmR3: 1 KohmR4: 22 KohmR5: 22 KohmR6: 1 OhmR7: 47 Kohm trimmerR8: 150 OhmR9: 56 OhmR10: 100 OhmR11: 1 OhmC1 : 100 nF multistrato

C2: 100 µF 16 VlC3: 100 nF multistratoC4: 220 pF ceramicoC5: 100 nF multistratoC6: 220 µF 25 VlC7: 47 µF 16 VlC8: 100 nF multistratoC9: 220 pF ceramicoC10: 220 µF 16 VlC11: 220 µF 16 VlC12: 100 µF 16 VlD1: 1N4002

T1: BC547BU1: TBA820MS: Dip-switch 2 poliMIC: Capsula microfonica

preamplificataAP: Altoparlante 8 OhmVal: 6÷12 voltVarie:- C.S. cod. F032- Zoccolo 4+4- Morsetto 2 poli p.5 (4 pz)

ne (effetto Larsen). In considerazione dell’ elevata sen-sibilità del circuito ed al fine di evitare ronzii indeside-rati, la capsula microfonica va collegata utilizzando delcavetto schermato. Al posto della capsula microfonica èpossibile utilizzare qualsiasi altro tipo di microfono; sequesto non è preamplificato è necessario eliminare laresistenza R1. Ultimata così l’analisi del circuito, nonresta che occuparci dell’aspetto pratico di questo pro-getto. Come si vede nei disegni e nelle foto, per il mon-taggio dell’amplificatore abbiamo utilizzato un circuitostampato di dimensioni contenute realizzato apposita-mente per questo scopo. Il cablaggio non presenta alcu-na particolarità e non richiede che poche decine diminuti di lavoro; per il montaggio dell’integrato è con-sigliabiule fare uso di uno zoccolo a 8 pin. Il dispositivonon richiede alcuna taratura: se il montaggio è statoeffettuato senza errori l’amplificatore funzionerà nelmigliore dei modi non appena darete tensione.

piano di cablaggio

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BASSA FREQUENZA

MIXER AUDIO8 INGRESSI

Cinque ingressi microfonici e tre ausiliariad alto livello fanno di questo mixer unapparecchio ideale per registrare brani

eseguiti da piccoli complessi o persovrapporre la propria voce ad un branomusicale realizzando il divertimento più

alla moda: il karaoke.

di Andrea Lettieri

Per chi effettua registrazioni o prepara cassette perdiscoteca e feste danzanti, il mixer audio è uno stru-

mento indispensabile; è infatti l’apparecchio che (lodice la parola “italianizzata”: miscelatore) consente disovrapporre due o più segnali elettrici di bassa frequen-za, ovvero due segnali musicali. Il mixer serve comun-que anche per altri tipi di “lavorazioni”: ad esempio permodificare l’audio di una videocassetta registrata con lavideocamera, aggiungendole il sonoro o sovrapponen-do al parlato musica ed effetti sonori. Insomma il mixerè un apparecchio sicuramente di primaria importanza,indispensabile per chi vuole cimentarsi con le tecnichedel suono. Sono state tutte queste considerazioni che cihanno spinto a progettare un mixer audio, qualcosa disemplice ma nello stesso tempo funzionale e versatile.

Siamo convinti che il progetto verrà accolto con favore,anche perché, pur trattandosi di un classico, non tra-monta mai; forse perché è stato portato alla ribalta dalKaraoke, il divertimento più “gettonato” in questi ulti-mi anni. Già, perché i tanti apparecchi per il Karaokeche si vendono nei negozi non sono altro che lettori dicassette con un mixer che permette di sovrapporre lavoce (prelevata da un microfono) alla base musicaleriprodotta dal nastro. Quindi se non riuscite a resisterealle tentazioni del Karaoke avete un motivo in più perpensare seriamente alla realizzazione del mixer cheproponiamo, e per seguire le prossime pagine in cuiillustreremo, in modo essenziale, le caratteristiche e gliaspetti tecnici principali del circuito che lo compone.Per l’esame del circuito facciamo riferimento agli

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ingressi microfonicie stadio di uscita

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CARATTERISTICHE TECNICHE

Numero di ingressi .............................................. 8Sensibilità e impedenza MIC ............................. 2 mV / 4 KohmLivello massimo MIC .......................................... 600 mV eff.Sensibilità e impedenza AUX ............................. 100 mV / 20 KohmLivello massimo AUX .......................................... 2,8 V eff.Livello massimo e impedenza uscita ................. 1,5V / 5 KohmSeparazione tra i canali ...................................... 60 dBConversione mono di segnali AUX stereo.......... presenteAlimentazione ...................................................... 15 Vca / 2VA

schemi elettrici pubblicati. Il mixerdispone di otto ingressi e, ovviamente,un’uscita; è monofonico, anche seaccetta - agli ingressi ad alto livello -segnali di tipo stereofonico (vedremotra breve il perché). Degli otto ingressicinque li abbiamo riservati ai microfo-ni e tre ad apparecchi ad alto livello diuscita; nessuno degli ingressi è equaliz-zato: sono tutti lineari, sia in termini diamplificazione che di risposta in fre-quenza. L’attribuzione degli ingressinon può essere modificata, in quanto icinque microfonici presentano un’ele-vata sensibilità (1-2 millivolt eff.) ebassa impedenza, mentre quelli ausilia-ri (AUX1, AUX2, AUX3) accettanosegnali di ampiezza compresa fra 100 e500 millivolt. Ad ogni modo i segnaliescono in fase rispetto a come entranonel mixer, poiché abbiamo disegnato ilcircuito in modo da evitare l’inversionedi fase (l’amplificatore invertente èseguito da uno analogo per riportare infase i segnali).

SCHEMA ELETTRICO

Ma vediamolo meglio questo circuito: icinque ingressi per microfono fannocapo ad altrettanti amplificatori di ten-sione di tipo non invertente; amplifica-tori realizzati con operazionali, il cuiguadagno è stabilito in circa 50 volte.In pratica un segnale che entra conun’ampiezza di 2 millivolt efficaci esceal livello di 100 millivolt efficaci. Va dasé che ad un ingresso microfonico(MIC) non si possono applicare segna-li di ampiezza superiore ai 60 millivoltefficaci, altrimenti il rispettivo amplifi-catore d’ingresso satura: infatti con ali-mentazione di 12 volt ogni operaziona-le può dare in uscita una tensione divalor massimo pari a circa 4,5 volt, checorrispondono a circa 3 volt efficaci. Ilprodotto di 60 mV per 50, che è il gua-dagno di ogni operazionale di ingresso,dà esattamente 3000 mV, ovvero 3 volt.Per l’ingresso MIC1 l’amplificatore èU1a, per il 2 è U1b, per il 3 è U1c, peril 4 è U1d, mentre per il quinto provve-de U2. Notate che mentre per i primiquattro ingressi l’integrato amplifica-tore è unico (U1 è infatti un quadruplooperazionale con ingressi a JFET, ditipo TL074 o TL084), per l’ultimoabbiamo usato un integrato a parte. Loabbiamo fatto solo perché non esiste un

quintuplo operazionale, altrimenti....Certo, per avere tutti i cinque ingressimicrofonici uguali avremmo potutorealizzare per ciascuno un amplificato-

re a singolo operazionale, ma avremmosprecato dello spazio; visto che nonpretendevamo di realizzare un mixersuperprofessionale abbiamo ritenuto

ingressi ausiliari estadio di alimentazione

CO

MP

ON

EN

TI

R1:

4,7

Koh

m

R2:

4,7

Koh

m

R3:

4,7

Koh

m

R4:

4,7

Koh

m

R5:

4,7

Koh

m

R6:

100

Koh

m

R7:

100

Koh

m

R8:

100

Koh

m

R9:

100

Koh

m

R10

:100

Koh

m

R11

:100

Koh

m

R12

:100

Koh

m

R13

:100

Koh

m

R14

:100

Koh

m

R15

:100

Koh

m

R16

:2,2

Koh

m

R17

:100

Koh

m

R18

:2,2

Koh

m

R19

:100

Koh

m

R20

:2,2

Koh

m

R21

:100

Koh

m

R22

:2,2

Koh

m

R23

:100

Koh

m

R24

:2,2

Koh

m

R25

:100

Koh

m

R26

:150

Ohm

R

27:4

,7 K

ohm

pot

enzi

omet

rolo

garit

mic

o

R28

:22

Koh

m

R29

:150

Ohm

R

30:4

,7 K

ohm

pot

enzi

omet

rolo

garit

mic

o R

31:2

2 K

ohm

R

32:1

50 O

hm

R33

:4,7

Koh

m p

oten

ziom

etro

loga

ritm

ico

R34

:22

Koh

m

R35

:150

Ohm

R36

:4,7

Koh

m p

oten

ziom

etro

loga

ritm

ico

R37

:22

Koh

m

R38

:150

Ohm

R

39:4

,7 K

ohm

pot

enzi

omet

rolo

garit

mic

o R

40:1

00 K

ohm

R

41:2

2 K

ohm

R

42:2

2 K

ohm

R

43:1

00 K

ohm

il ca

blag

gio

del m

ixer

R44

:100

Koh

m

R45

:15

Koh

m

R46

:47

Koh

m

R47

:150

Ohm

R

48:1

0 K

ohm

pot

enzi

omet

rolo

garit

mic

o R

49:1

00 O

hm

R50

:3,9

Koh

m

R51

:3,9

Koh

m

R52

:3,9

Koh

m

R53

:3,9

Koh

m

R54

:3,9

Koh

m

R55

:3,9

Koh

m

R56

:47

Koh

m

R57

:47

Koh

m

R58

:47

Koh

m

R59

:47

Koh

m

R60

:47

Koh

m

R61

:47

Koh

m

R62

:5,6

Koh

m

R63

:4,7

Koh

m

pote

nzio

met

rolo

garit

mic

o R

64:2

2 K

ohm

R

65:5

,6 K

ohm

R

66:4

,7 K

ohm

po

tenz

iom

etro

lo

garit

mic

o R

67:

22 K

ohm

R

68:5

,6 K

ohm

R

69:4

,7 K

ohm

po

tenz

iom

etro

loga

ritm

ico

R70

:22

Koh

m

R71

:1,8

Koh

m

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:22

Koh

m

R73

:100

Ohm

R74

:100

Ohm

R

75:1

00 O

hm

R76

:47

Koh

mC

1:1

µF

25

Vl

C2:

1 µ

F

25V

l C

3:1

µF

25

Vl

C4:

1 µ

F

25V

l C

5:1

µF

25

Vl

C6:

4,7

µF

25

Vl

C7:

4,7

µF

25

Vl

C8:

4,7

µF

25

Vl

C9:

4,7

µF

25

Vl

C10

:4,7

µF

25

Vl

C11

:22

µF

25

Vl

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:22

µF

25

Vl

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:22

µF

25

Vl

C14

:22

µF

25

Vl

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:22

µF

25

Vl

C16

:22

µF

25

Vl

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:4,7

µF

25

Vl

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:100

µF

25

Vl

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:2,2

µF

25

Vl

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:2,2

µF

25

Vl

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:2,2

µF

25

Vl

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:1.0

00 µ

F

25V

l C

23:1

00 n

F

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:100

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C

25:1

.000

µF

16

Vl

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:10

µF

25V

lC

27:1

0 µ

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5Vl

C28

:10

µF

25V

lC

29:2

,2 µ

F 2

5Vl

DL1

:LE

D 5

mm

T

1:B

C54

7

T2:

BC

547

T3:

BC

547

U1:

TL0

84

U2:

TL0

81

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TL0

82

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7812

P

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Pon

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.5 (

3 pz

)

75

che qualche lieve differenza tra gliingressi microfonici fosse più cheaccettabile.E lo é effettivamente, visto che le proveeffettuate con gli strumenti di laborato-rio non hanno fatto registrare differen-ze sostanziali tra gli ingressi MIC1, 2,3 e 4, ed il MIC5. Considerate infineche U2 è un TL071 (TL081) cioè unoperazionale in tutto simile ad una solasezione dell’U1...Per poter ottenere lamiscelazione dei vari segnali microfo-nici tra loro e/o con quelli relativi agliingressi AUX, ciascun amplificatoredegli ingressi MIC ha l’uscita collegataai capi di un potenziometro; in talmodo si può dosare l’intervento, ovve-ro la presenza di ogni singolo segnale.I cursori (da cui si prelevano i segnali)di R27, R30, R33, R36 ed R39 sonocollegati tra loro mediante delle resi-stenze da 22 Kohm; resistenze di ugualvalore uniscono le uscite dei tre stadiAUX.A proposito, andiamo a vedere i colle-gamenti degli ingressi ausiliari.Abbiamo detto che gli AUX sono treingressi ad alto livello, intendendo chehanno una sensibilità nominale di circa100 millivolt efficaci; perciò per otte-nere i livelli necessari ad essere misce-lati con i segnali uscenti dagli amplifi-catori microfonici non occorrono stadiamplificatori. Abbiamo quindi interpo-sto solo un buffer tra ciascun ingressoAUX ed il rispettivo potenziometro divolume; questo buffer è in pratica uninseguitore di emettitore, cioè uno sta-dio a transistor (nel nostro caso NPN,di tipo BC547) che presenta alta impe-denza di ingresso e bassa impedenza diuscita, e che non amplifica in tensione.Prevedendo di collegare apparecchicon uscita stereofonica agli ingressiAUX, abbiamo disposto una premisce-lazione dei relativi segnali a ciascuningresso; in pratica due resistenze uni-scono i due canali di ciascun AUX inmodo che collegandovi gli spinotti diun apparecchio stereo si ottenga unsegnale monofonico da poter poi invia-re al buffer.Il collegamento delle resistenze di pre-miscelazione (R50-R51 per AUX1,R52-R53 per AUX2 e R54-R55 perAUX3) non disturba in alcun modol’applicazione di segnali mono, cheovviamente possono essere introdotti,per ciascun ingresso AUX, indifferen-

Circuitostampato del

mixer indimensioni

reali.

Elettronica In - novembre ‘95 77

temente da uno solo dei punti “L” o“R”. Torniamo all’interno del mixer evediamo che i segnali relativi agliingressi AUX giungono ai capi deirispettivi potenziometri di volume(R63 per AUX1, R66 per AUX2, R69per AUX3) praticamente con lo stessolivello. Gli stadi facenti capo a T1, T2 eT3 servono solo a separare le uscitedegli apparecchi collegati agli ingressiAUX dai potenziometri di volume, inmodo da rendere i livelli dei segnali damiscelare del tutto indipendenti dal-l’impedenza dei vari tipi di apparecchi(radio, registratori, ecc.).Senza interporre stadi separatori, ilmaggiore o minore carico impostodalla posizione del cursore di uno deipotenziometri R63, R66, R69, potrebbedeterminare variazioni del livello diuscita dell’apparecchio collegato alrispettivo ingresso. E veniamo al cuoredel circuito: il mixer vero e proprio.Quelli che abbiamo visto finora sonosolo gli stadi di preparazione degli ottosegnali, circuiti che servono a portaretutti i segnali applicati agli ingressi algiusto livello di tensione, e che permet-tono il funzionamento ideale del misce-latore. Lo stadio che opera la miscela-zione dei segnali è in pratica il solooperazionale U3a; questo è configuratocome amplificatore invertente, polariz-zato con metà tensione (condivide ilpartitore di polarizzazione, R43-R44con U3b) all’ingresso non-invertente inmodo da avere il riferimento di massaartificiale. U3a è collegato come ampli-ficatore, ovvero sommatore invertentead otto ingressi. Per capire come fun-

ziona dobbiamo considerare che ampli-fica tutti i segnali che riceve in ingressoin misura uguale al rapporto tra la resi-stenza di retroazione R40 e ciascunadelle resistenze d’ingresso, che sonoR28, R31, R34, R37, R72, R64, R67,R70.Per fare un esempio, immaginiamo dimettere a massa i cursori di tutti ipotenziometri degli ingressi AUX equelli dei MIC, ad eccezione di quellorelativo a MIC1. Ruotando il cursoredell’R27 si fornisce un segnale ad U3a,attraverso R28; l’operazionale in que-stione lo amplifica di circa 4,8 volte.Tanto è, infatti, il rapporto esistente traR40 ed R28. E’ quindi ovvio che lostesso trattamento viene riservato ai

segnali disponibili in uscita dai restantipotenziometri: tutti vengono amplifica-ti in uguale misura, perciò affinché unoprevalga sugli altri è chiaro che il cur-sore del relativo potenziometro debbaessere allontanato maggiormente dal-l’estremo di massa. Notate che in realtàl’amplificazione di U3a dipende dalrapporto tra la solita R40 e la resistenza(non importa quale) vista tra l’ingressoinvertente (piedino 2) e la fonte disegnale; quest’ultima dipende anchedal valore assunto da ciascun potenzio-metro in funzione della posizione in cuisi trova (cioè più o meno vicino al ter-minale di massa).Per limitare la dipendenza dell’amplifi-cazione dalla resistenza dei potenzio-

IL MIXER E LE VIDEOCASSETTE

Sappiamo che il mixer audio, pur essendo di bassa frequenza, può essereutile in campo video, amatoriale e professionale; certo non per trattare isegnali video (che richiedono almeno 5,5 MHz di larghezza di banda) ma permontare la colonna sonora di filmati registrati con la videocamera. Ad esem-pio, con il mixer si può elaborare il parlato o la colonna sonora di un fil-mato, in modo molto semplice: si mette la relativa videocassetta in un video-lettore la cui uscita BF va al mixer mentre l’uscita video si collega al relati-vo ingresso di un VCR (leggi videoregistratore); quindi si avvia la riprodu-zione del filmato che verrà registrato su una cassetta vuota posta nel VCRavviato in registrazione. Contemporaneamente con il mixer si produce ilsegnale audio che dall’uscita raggiungerà l’ingresso audio del VCR. In talmodo è possibile introdurre una nuova colonna sonora, oppure mettere musi-ca che faccia da sfondo al parlato, o ancora, riempire con musica le pausedel parlato come si fa nei documentari. Ovviamente per la musica ed altrieffetti sonori bisogna collegare agli ingressi AUX del mixer l’uscita di un let-tore di audiocassette o di Compact Disc; agli ingressi MIC si possono colle-gare fino a cinque microfoni magnetici o a condensatore.

metri (altrimenti l’amplificazione deisegnali non sarebbe più stata costante)abbiamo adottato un semplice accorgi-mento: abbiamo scelto la resistenzad’ingresso dell’operazionale miscelato-re in modo che il suo valore sia moltopiù elevato di quella del relativo poten-ziometro. Notate, ad esempio, che se ilvalore di R27 è di 4,7 Kohm, quello diR28 è di ben 22 Kohm.Il segnale che U3a offre in uscita èquello ottenuto dalla miscelazione deivari segnali d’ingresso; tuttavia non loinviamo direttamente all’uscita delnostro mixer per una ragione a cuiabbiamo accennato in precedenza: sitratta di un segnale in opposizione difase rispetto a quelli d’ingresso. Ciònon è un problema per la miscelazionee la registrazione di nastri, ma puòesserlo per l’amplificazione della voce:infatti ascoltando in altoparlante ilsegnale di un microfono sfasato di 180gradi, mentre si parla, si ha l’impressio-ne di una certa incoerenza; insomma, siprova quasi fastidio. Infatti U3a è fon-damentalmente un amplificatore inver-tente, perciò ribalta di fase qualunquesegnale lo attraversi. Per far sì che isegnali d’ingresso una volta miscelatiescano comunque in fase abbiamodisposto un secondo stadio invertentein cascata a U3a: U3b. Quest’ultimo,oltre che invertirlo, provvede adamplificare il segnale di circa tre volte,così da ottenere un’amplificazionecomplessiva di 14-15 volte, il che signi-fica che con 100 millivolt efficaciall’ingresso AUX si può ottenere finoad un volt e mezzo all’uscita.

Ovviamente il segnale di uscita nonviene “buttato fuori” così come vieneamplificato, ma viene dosato grazie alpotenziometro R48 che costituisce ilcontrollo di volume “master”. Bene,riteniamo completata la spiegazione delmixer; almeno per la sezione audio.Inconclusione facciamo solo notare chel’intero circuito funziona a tensionealternata, poiché abbiamo incorporatoun semplice ma efficace alimentatorestabilizzato capace di fornire l’alimen-tazione continua a 12V richiesta daglielementi attivi (gli operazionali ed i tretransistor). L’alimentatore fa capo alponte a diodi PD1 (che raddrizza la ten-sione alternata caricando C22 e C23) eal regolatore di tensione U4, che stabi-lizza la tensione tra il proprio terminaleU e la massa a 12 volt. Il LED DL1indica, illuminandosi, quando il mixerviene alimentato.

REALIZZAZIONE PRATICA

Concluso l’esame dello schema passia-mo alla seconda parte di questo artico-lo, interessante forse più per chi inten-de costruirsi il mixer; siamo alla realiz-zazione, che prevede come primo passola costruzione del circuito stampato. Atal proposito pubblichiamo la traccialato rame della basetta a grandezzanaturale. Inciso e forato il circuitostampato si debbono montare i compo-nenti, meglio se nel seguente ordine:prima i componenti a basso profilo,cioè le resistenze e gli zoccoli per i treintegrati dual-in-line, poi i transistor, i

78 Elettronica In - novembre ‘95

condensatori (in ordine di altezza,quindi prima quelli non polarizzati) ilponte a diodi, il regolatore di tensioneU4, il LED, e i nove potenziometri.Durante tutte le fasi del montaggio èutile, se non indispensabile, tenere difronte la disposizione dei componenti,che indica come inserire correttamentei componenti polarizzati. In particolarericordiamo che il regolatore va monta-to in modo che la parte metallica siarivolta verso i potenziometri, mentregli integrati dual-in-line devono essereinseriti nei rispettivi zoccoli in modoche le tacche di riferimento siano rivol-te agli ingressi. A proposito di integra-ti, ricordiamo che quelli contenentioperazionali sono di tre tipi: TL081(singolo) TL082 (doppio) e TL084(quadruplo); questi possono esseresostituiti senza problemi rispettivamen-te con i tipi TL071, TL072, TL074,oppure µA771, µAF772, µAF774. Unavolta montati tutti i componenti il cir-cuito è pronto per funzionare, nonrichiedendo alcuna taratura. Per l’ali-mentazione è necessario fare uso di untrasformatore con primario da rete220V-50Hz e secondario da 12 o 15Veff. che va collegato (il secondario) aipunti Val del circuito stampato.Ovviamente è anche possibile alimen-tare il mixer con una tensione continuadi valore compreso tra 15 e 20 volt;eventualmente è anche possibile utiliz-zare una tensione continua di 12 volteliminando il regolatore montato sullapiastra. Per l’impiego del mixer consi-gliamo di racchiudere il dispositivo inun contenitore metallico collegando adesso, in un solo punto, la massa prele-vata dalla sezione di alimentazione (adesempio dal terminale M del regolatoreU4); in tal caso raccomandiamo, perevitare interferenze, di isolare dal con-tenitore le prese di ingresso e di uscita,giacché, come abbiamo appena detto,la massa deve essere collegata in unsolo punto.Ultima cosa: per il prototipo abbiamoprevisto dei potenziometri rotativi manulla impedisce l’impiego degli slider;in tal caso però vanno montati all’e-sterno del circuito stampato, fissandolial contenitore e collegandoli alle piaz-zuole dello stampato con cavetto scher-mato a due conduttori più lo schermo(che non va stagnato al contenitoredello slider per il solito motivo).