In questa slide sono riassunti gli obiettivi del sesto...

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In questa slide sono riassunti gli obiettivi del sesto modulo.

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È una splendida giornata di primavera, ma per Elisabetta, una bambina di 7 anni, le belle giornate, tanto desiderate dopo un inverno grigio e piovoso, si trasformano in un’insidia.

Una mattina, infatti, prima di accompagnarla a scuola, sua madre si accorge che Elisabetta ha un aspetto poco convincente: se già è di carnagione chiara, ora appare bianca come un lenzuolo, parla spesso a monosillabi – proprio lei, che invece è sempre stata molto loquace –, appare sbadata e poco reattiva.

Le tasta la fronte ma la cute è fresca. Curiosamente gli occhi appaiono gonfi e il rosso delle congiuntive contrasta vivacemente con il candore latteo delle palpebre. Nei giorni scorsi, in effetti, si era manifestata una tosse secca progressivamente più fastidiosa e insistente, ma per una serie di circostanze non era stata particolarmente degnata di attenzione.

Anche perché a scuola circolavano ancora molte forme da raffreddamento, complici i capricci del tempo con i suoi recenti sbalzi di temperatura. Subito dopo l’uscita di casa, nel percorso abituale verso la scuola che prevede l’attraversamento di un piccolo parco pubblico, Elisabetta si sente mancare: sua madre nota che il suo respiro è superficiale.

La bambina non riesce a gettare fuori l’aria dai polmoni, ha lo sguardo perso ed è agitata.

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Entrambi i genitori di Elisabetta sono portatori di allergie e la stessa bambina aveva sviluppato a 3 mesi dermatite atopica e allergia alle proteine del latte vaccino.

A 11 mesi aveva presentato spiccata ipersensibilità alle proteine dell’uovo. Il decorso successivo era apparso favorevole: a 13 mesi circa, infatti, la dermatite atopica si era progressivamente attenuata fino a ridursi per così dire a sporadiche manifestazioni caratterizzate per lo più da secchezza e irritazione cutanea a livello di avambracci, piega cubitale e cavo popliteo.

Dall’età di 3 anni si sono spesso verificati episodi di respiro sibilante (wheezing), innescati anche da semplici raffreddori: per questa ragione la mamma aveva già sperimentato la relativa sintomatologia respiratoria, del tutto assimilabile all’attacco asmatico.

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Si tratta in effetti proprio di un attacco d’asma, documentato dalla spirometria eseguita in studio dal pediatra, che ha evidenziato una riduzione significativa del VEMS (volume espiratorio emesso in un secondo) e dal test alla metacolina effettuato in seguito in ambito specialistico.

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La bambina è stata trattata con broncodilatatore per via inalatoria (salbutamolo, 150 mcg/kg) e beclometasone in sospensione (0,8 mg/2 ml) per nebulizzatore (0,4 mg per seduta, pari a 1 ml di sospensione) con soddisfacente controllo della sintomatologia.

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Si tratta di un caso clinico lineare e assai frequente che suggerisce due riflessioni: innanzitutto la familiarità gioca un ruolo determinante; in secondo luogo la bambina aveva già manifestato fenomeni di ipersensibilizzazione seguendo quella che è stata denominata marcia allergica, ossia un percorso evolutivo che vede ridursi nei primi anni di vita le problematiche alimentari e aumentare parallelamente quelle respiratorie: in un primo tempo (di solito in età prescolare) con episodi di respiro sibilante, che si configurano nella nota “bronchite asmatiforme”, e in seguito, con un picco tra i 6 e gli 8 anni, in crisi asmatiche.

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È evidente che in questo caso la tipologia di comunicazione è essenzialmente affidata alla madre o ai genitori, senza peraltro affatto sottovalutare il coinvolgimento diretto della piccola paziente.

Compito del pediatra è spiegare che l’asma è in sé una malattia cronica: non è sufficiente affrontare gli attacchi ma occorre prestare attenzione anche alla componente infiammatoria sottostante.

L’esempio di un incendio da domare in continuazione può essere una valida strategia per semplificare il concetto.

Nel caso specifico, alla comunicazione verbale dovrebbe fare seguito la consegna di un testo scritto in cui si richiamino i concetti essenziali e soprattutto le indicazioni terapeutiche.

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La richiesta della compilazione di un diario può essere un ulteriore passo utile a stimolare e monitorare l’aderenza.

Per Elisabetta, inoltre, sarebbe alquanto di supporto poter avere qualche informazione aggiuntiva sull’asma, in modo da riconoscerne subito i primi segnali e adottare le opportune strategie di prevenzione.

A tale scopo il ricorso a materiali divulgativi illustrati è senza dubbio uno strumento efficace, come dimostrato da varie esperienze a livello internazionale sull’utilità perfino di fumetti, giochi o vignette interattive, messi a disposizione nelle sale d’attesa: i risultati ottenuti da importanti centri ospedalieri hanno documentato un significativo miglioramento dell’aderenza e una riduzione degli accessi in pronto soccorso e dei ricoveri.

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Il farmacista in un caso di questo genere può svolgere un duplice ruolo: sensibilizzare i genitori nei confronti dell’evoluzione delle manifestazioni allergiche, nel momento in cui è a conoscenza di una condizione di familiarità, e accertarsi, una volta avvenuta la prescrizione, che siano state ben comprese finalità e modalità dei farmaci.

Rimane poi sempre un importante consulente per quanto riguarda i sintomi secondari e di immediata gestione – nel caso specifico la tosse secca –, per eventuali provvedimenti comportamentali (per esempio bonifica ambientale, ove indicata) e per consigli estemporanei (per esempio consultare il medico in caso di nuovo peggioramento della sintomatologia o per un controllo successivo).

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Vittorio è un direttore di banca alla soglia della pensione. Non si è mai fatto mancare nulla e ha sempre amato una vita comoda: in pratica non ha mai voluto praticare sport e non si è negato i piaceri della tavola, come dimostra la sua corporatura (Vittorio è classificabile come obeso di I grado).

Parallelamente, però, non ha mostrato altrettanta attenzione alla propria salute, evitando spesso di recarsi dal medico e basandosi sui consigli di familiari e amici. Per questa ragione la bronchite cronica da cui è affetto gli è stata diagnosticata in ritardo, circa un paio d’anni fa, e malgrado tutte le raccomandazioni comportamentali, per non smentirsi, è riuscito a sottrarsi ai controlli.

Questa volta, però, non può fare a meno di una visita: è infatti comparsa febbre, nei primi giorni soltanto come modesto innalzamento serale per raggiungere poi un valore mantenutosi stabilmente intorno i 38,6-38,9 °C, ed è subentrata tosse catarrosa.

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Oltre alle informazioni già riportate, Vittorio ha familiarità per malattie cardiovascolari, è un ex fumatore (2 pacchetti al giorno fino a un anno fa) e recentemente, a seguito di un check up imposto dal suo medico, è risultato ipercolesterolemico (colesterolemia totale 308 mg/dl) e moderatamente iperteso (144/96 mmHg).

È inoltre emerso un profilo glicemico alterato (158 mg/dl), suggestivo di incipiente diabete di tipo 2: prima, però, di prescrivere una terapia specifica il medico ha ritenuto corretto, come suggerito da numerose raccomandazioni internazionali, intervenire sullo stile di vita, nel tentativo di ottenere un calo ponderale e contrastare la sedentarietà.

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Su base empirica il quadro è del tutto compatibile con quello di una riacutizzazione di bronchite cronica. Vengono in ogni caso praticate alcune indagini: l’ossimetria dimostra una riduzione significativa della saturazione dell’ossigeno, ulteriormente confermata dall’emogasanalisi, che evidenzia anche ipercapnia.

La radiografia del torace rivela un’accentuazione della trama polmonare in sede ilare con un addensamento in sede basale destra suggestivo di focolaio broncopneumonico e la coltura dell’escreato risulta positiva per Moraxella catarrhalis.

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Il paziente viene posto in terapia sintomatica con amoxicillina-acido clavulanico (100 mg/kg/die) per 10 giorni a seguito della quale si osserva scomparsa della febbre e miglioramento della ventilazione.

A fronte della persistenza di tosse catarrosa viene suggerito un preparato a base di carbocisteina sale di lisina, che migliora significativamente il sintomo nell’arco di pochi giorni.

Successivamente il paziente sarà avviato a un iter diagnostico (in particolare spirometria, ripetizione dell'emogasanalisi arteriosa, polisonnografia ecc.) per instaurare una terapia adeguata in merito alla condizione respiratoria.

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Vittorio è un paziente di tutt’altro che facile gestione. È il prototipo del classico individuo che sottovaluta i propri sintomi e non rinuncia ai vizi, pur nella consapevolezza delle possibili ripercussioni.

Non solo. Presenta anche i connotati tipici della sindrome metabolica, tra i cui elementi caratterizzanti si annoverano obesità, ipertensione, diabete di tipo 2 e dislipidemia.

Il quadro generale, insomma, rende l’approccio complesso: se infatti da un lato è necessario attuare un’opera di informazione sullo stato di salute con i possibili rischi, dall’altro si impone lo sforzo di spinta e persuasione verso il percorso di cura.

L’obesità, tra l’altro, al di là delle implicazioni metaboliche, può favorire episodi di apnea notturna e reflusso gastroesofageo.

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Il medico dovrà affrontare notevoli difficoltà nella sua attività terapeutica e al tempo stesso educazionale.

È un’impresa ardua, infatti, modificare uno stile di vita ormai consolidatosi negli anni e forse ancor più gravosa è la fatica nello spiegare dei rischi non sempre tangibili: l’ipertensione, per esempio, rimane a lungo asintomatica e anche il diabete in fase iniziale il più delle volte decorre inosservato.

Non occorre quindi soltanto perizia ma anche molta pazienza: approfittando dell’episodio in atto, il medico potrà spiegare che la bronchite cronica può andare incontro a riacutizzazioni, ciascuna delle quali comporta un deterioramento della funzione polmonare.

Forse l’impatto emotivo dello stato di malessere è la leva più efficace per indurre il paziente non soltanto a seguire scrupolosamente il piano di trattamento ma anche a intervenire su quell’insieme di abitudini scorrette la cui modifica in sé costituisce un obiettivo terapeutico altrettanto importante.

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La prospettiva del farmacista, invece, può essere interpretata come quella di un consulente autorevole e discreto: molto probabilmente Vittorio incontra minore difficoltà a confidare al farmacista qualche trasgressione e il farmacista, agendo proprio su questo clima di serena cordialità, può di volta in volta rinforzare le indicazioni del medico.

Per esempio, se necessario, può contribuire a spiegare il corretto utilizzo del nebulizzatore o di altri dispositivi per la terapia inalatoria oppure rinviare al medico il cliente che non dovesse dimostrare particolare affidabilità o aderenza alle cure.

Inoltre è più probabile per il farmacista coinvolgere anche i familiari dei propri clienti, che con il loro affetto possono creare quelle condizioni ambientali ed emotive più funzionali a rendere accettabile la terapia o qualche rinuncia o sacrificio.

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Anna è una giovane studentessa di archeologia. Recentemente, grazie a una borsa di studio, in occasione della costruzione del nuovo tronco di una strada statale che ha portato alla scoperta di alcuni reperti di interesse artistico, si è momentaneamente trasferita lontano da casa, per coordinare gli scavi ed effettuare i necessari rilievi storici.

Proprio al suo primo giorno di lavoro nel nuovo cantiere ha accusato prurito nasale, starnuti frequenti con forte lacrimazione, fotofobia e irritazione palpebrale.

Sono poi comparsi mal di gola e nei giorni successivi disturbi del sonno, che si sono accompagnati a scarsa vigilanza e difficoltà di concentrazione nelle ore diurne.

In un primo tempo Anna aveva pensato a una classica forma da raffreddamento, ma la persistenza della sintomatologia, non casualmente accentuatasi proprio in concomitanza dello spostamento logistico, l’ha indotta a chiedere aiuto al farmacista locale.

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Anna in generale ha sempre goduto di buona salute.

Ricorda di aver sviluppato fino all’adolescenza alcuni episodi di orticaria indotti per lo più dal consumo di frutta e crostacei (alimenti che ha abolito dalla propria alimentazione).

Riferisce di avere da sempre una pelle molto delicata, irritabile e predisposta alla secchezza, e di aver avuto in passato, soprattutto in primavera, raffreddori di lunga durata, con i quali si era passivamente rassegnata a convivere: per tale ragione, anche a causa dei numerosi trasferimenti della sua famiglia, non aveva mai effettuato indagini diagnostiche specifiche.

Anna segnala che la madre soffre tuttora di una forma modesta di dermatite atopica al volto che si riaccende in concomitanza di periodi di stress.

Un paio di settimane prima riferisce la comparsa di una strana irritazione pruriginosa al collo, che si era risolta dopo l’applicazione di una crema cortisonica di cui le sfugge il nome.

D’altra parte, però, riconosce di aver avuto sempre facilità alle irritazioni cutanee per via della sua pelle molto sottile e delicata e di aver fatto largo uso di preparati dermocosmetici ad azione idratante nonché di filtri solari, in considerazione delle frequenti esposizioni al sole.

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In questa singolare storia clinica il “leitmotiv” sembra il prurito, sintomo cardine della fenomenologia allergica.

Il farmacista potrebbe trovarsi spiazzato di fronte a una giovane che presenta una storia indubbiamente suggestiva di familiarità e di piccoli episodi da interpretare come manifestazioni di ipersensibilità, per quanto finora non siano mai stati condotti approfondimenti clinici.

Il recente episodio di dermatite potrebbe apparire sospetto e correlato in qualche modo alla tipologia di pelle delicata, ma non può essere considerato che un piccolo indizio.

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L’esperienza pratica, come già accennato in precedenza, suggerisce che spesso l’individuo con rinite allergica, malgrado i sintomi, tende a fare da sé e a non consultare il medico.

Dalle indagini prescritte è emerso un incremento delle IgE totali e il prick test, eseguito successivamente, ha documentato iperreattività ad alcuni pollini, in particolare a Corylacee e Betulacee, attualmente in fioritura e presenti a elevata concentrazione nell’area del cantiere.

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La paziente viene trattata con antistaminico per via orale (desloratadina 5 mg/die), beclometasone dipropionato per aerosol (2 sedute giornaliere) e sodiocromo glicato collirio 4%.

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A distanza di poco più di un mese Anna ha manifestato reattività ingravescente anche a livello delle basse vie aeree, fino alla comparsa improvvisa di una crisi asmatica, che ha costretto Anna a rivolgersi al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, dal quale è stata dimessa con un’associazione di corticosteroide per via inalatoria e beta2-agonista per via inalatoria a rapida azione al bisogno.

Naturalmente, in occasione della permanenza per lavoro in quella località, ad Anna sono state opportunamente fornite indicazioni per un ulteriore approfondimento diagnostico e per il follow-up di cui si è occupato, dopo il suo definitivo rientro a casa, il suo medico di famiglia.

Tuttavia, prima di poter intraprendere e completare il percorso diagnostico, si è verificata una ripresa della sintomatologia dell’asma: è stata pertanto ritenuta opportuna la prescrizione di una soluzione pressurizzata di 100 mcg di beclometasone dipropionato e 6 mcg di formoterolo fumarato diidrato extrafine (1 inalazione al mattino e 1 la sera).

Il trattamento ha consentito un netto miglioramento del quadro generale cosicché, al rientro a casa, in occasione degli approfondimenti suggeriti, l’asma è risultato in soddisfacente controllo e la terapia è stata mantenuta.

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Si tratta di un caso di oculorinite allergica, forse meno ordinario ma pur sempre riscontrabile nella quotidianità di individui senza apparenti elementi di sospetto anche se però, una volta posta la diagnosi, spesso l’analisi di alcuni eventi passati rimasti inspiegati trova improvvisamente una chiave di lettura univoca e chiarificatrice.

La rapida evoluzione verso l’asma suggerisce inoltre due riflessioni: innanzitutto le forme allergiche possono riservare ogni genere di sorpresa, per quanto riguarda sia l'età di comparsa (non sono rari i casi di prima diagnosi anche in soggetti anziani) sia l’evoluzione.

In secondo luogo il caso di Anna, che ha registrato una ”riaccensione” insolitamente vivace con interessamento delle basse vie aeree, richiama all’attenzione lo stretto legame fisiopatologico tra rinite allergica e asma, che costituisce il fondamento della teoria unitaria, illustrata nel modulo 2.

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Il farmacista è stato interpellato subito e giustamente ha offerto il proprio consiglio pratico, aggiungendo però una raccomandazione importante e spesso disattesa: la persistenza di un sintomo merita sempre un approfondimento.

Come già accennato, sono frequenti i casi in cui il paziente si abitua a convivere con la rinite allergica soprattutto se, come in questo caso, l’entità dei sintomi si mantiene a un livello sopportabile: è quindi sempre opportuno indagare con attenzione senza lasciarsi influenzare da eventuali giudizi o atteggiamenti del paziente di sottovalutazione o banalizzazione di alcuni disturbi (raffreddore in questo caso, ma anche starnuti, lacrimazione e prurito nasale e oculare).

In pratica si può dire che vige sempre una regola empirica: se una condizione non è così acuta e imponente da gravare pesantemente sulla vita quotidiana, c’è il rischio che venga affrontata in maniera grossolana.

Le allergie sono fenomeni capricciosi e talvolta imprevedibili e meritano di essere tenute in debito conto: la letteratura medica abbonda di casi aneddotici e talvolta quasi ai limiti della realtà.

È quindi doveroso giungere sempre a una definizione diagnostica precisa e monitorare il decorso clinico, potenzialmente destinato a modificarsi nel corso degli anni. Un compito, questo, di stretta pertinenza del medico. A patto, però, che il paziente lo consulti.

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In questo caso il farmacista si trova nella condizione di proporre una soluzione sintomatica, ma anche di sottolineare come l’eventuale persistenza dei disturbi non debba essere sottovalutata, anzi dovrebbe diventare motivo del consulto del medico.

In effetti a distanza di una settimana, nonostante il miglioramento, Anna, certa dello stretto legame tra l’insorgenza dei sintomi e il contesto ambientale, ha ritenuto opportuno rivolgersi al medico, che ha prescritto alcune indagini diagnostiche.

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