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Fisica della materia allo stato fluido e di plasma Fisica della materia allo stato fluido e di plasma G. G. Bosia Bosia Dipartimento di Fisica Dipartimento di Fisica Universit Universit à à di Torino di Torino Introduzione Introduzione

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Fisica della materia allo stato fluido e di plasmaFisica della materia allo stato fluido e di plasma

G. G. BosiaBosiaDipartimento di Fisica Dipartimento di Fisica UniversitUniversit àà di Torinodi Torino

IntroduzioneIntroduzione

Bibliografia Bibliografia Anche se le trattazioni della dinamica di fluidi e plasmi sono concettualmente simili , non e’ facile trovare un singolo libro di testo che tratti di entrambi.

Queste lezioni fanno riferimento ai seguenti testi:

Per la Fisica dei Fluidi:

K. Huang, “Statistical Mechanics” , John Wiley & Sons.

L.D. Landau, E.M.Lifshitz, “Fluid Mechanics” , Pergamon Press

P. k. Kundu, I.M. Cohen “Fluid mechanics” , Academic Press

Per la Fisica dei Plasmi

F.F Chen “ Plasma Physics and Controlled Fusion” Plenum Press, NY-London

T. Boyd, J.Sanderson "Plasma Dynamics" Nelson & Sons

R Goldston, P Rutherford “Plasma Physics”,Taylor & Francis NY

Questi libri sono tutti disponibili in Biblioteca.

Aumentando la temperatura

Stati di aggregazione della materiaStati di aggregazione della materia

T < 0°C T < 100°C T< 2500°C T > 105 °C

< 10-2 eV 1 eV > 10 eV

Figura 1

10 keV

10 eV

Aumentando la temperatura

Stati di aggregazione della materiaStati di aggregazione della materia

T < 0°C T < 100°C T< 2500°C T > 105 °C

< 10-2 eV 1 eV > 10 eV

Figura 1

10 keV

10 eV

Ad un ulteriore aumento della temperatura, l’ energia media delle componenti del gas supera l’ energia di legame atomico di una o più componenti del sistema. Nel caso dell’acqua, inizialmente per l’ Idrogeno, ad una energia di circa 10 eV, corrispondente a circa 105 °K).

A questo punto il gas ionizzato diventa un miscuglio di ne elettroni/m3 ni ioni/m3 e nnatomi neutri/m3. Il grado di ionizzazione di un gas in equilibrio termodinamico e’ dato dall’equazione di Saha, e varia bruscamente tra 0 e 1 per variazione quando l’energia media delle particelle e’ eguale all’ energia potenziale di ionizzazione

Dove:

ni = numero di atomi ionizzati/m3; nn= numero di atomi neutri/ m3, kB =1.38 10 –23 J/°K, è la costante di Boltzmann, T = temperatura in °K, Ui = energia di ionizzazione del gas.

Per aria a temperatura ambiente (T =300°K), Ui = 14.5 eV (N):1 eV = 1.6 10-19 J

ossia il livello di ionizzazione è trascurabile

η =

n i

n n10

122−

η

n

ma diventa totalmente ionizzato per modesti incrementi di temperatura.

A questi livelli termici, nel fluido, (detto plasma) , sono presenti consistenti percentuali di cariche libere (o il plasma e’ totalmente ionizzato) e l’interazione elettromagnetica tra le singole particelle non è locale ma determinata dall’ azione a lungo raggio della forza elettromagnetica, che è nella maggior parte dei casi prevalente. il campo EM agente su una particella e’ ora il risultato “collettivo” dei campi prodotti da diverse particelle che si sovrappone a eventuali campi imposti dall’ esterno.

La dinamica delle componenti del plasma dipende pertanto anche dall’ evoluzione temporale del campo EM. Le equazioni del moto delle particelle deve essere consistente con l’evoluzione del campo elettromagnetico applicato, che deve anche soddisfare i vincoli delle equazioni di Maxwell. Queste pertanto devono essere risolte in modo auto consistente con le equazioni del moto.

Storicamente la dinamica dei fluidi si è sviluppata utilizzando una descrizione “macroscopica” della dinamica del sistema, con l’ ipotesi fondamentale che in un fluido la materia è distribuita in un modo continuo , e descrivendone il moto in funzione di parametri misurabili quali pressione, temperatura, compressibilità, viscosità, conduzione termica, ecc. Molte delle leggi fondamentali della dinamica dei fluidi sono state derivate ignorando o prescindendo dal riconoscimento che la materia è discreta a livello microscopico e che il moto macroscopico del fluido e’ il risultato della sovrapposizione complessa di forze elementari che si esercitano tra le componenti a livello microscopico.

.

La modellizzazione “macroscopica” si basa pertanto su una descrizione abbastanza generica delle proprietà del fluido, con equazioni di conservazione (della massa, dell’impulso, dell’ energia cinetica….) che contengono costanti o variabili che si devono derivare con misure sperimentali, e che valgono un intervalli limitati dei parametri fisici del sistema. In molti casi la descrizione si riferisce a fluidi “ ideali” in cui il moto e le interazioni delle componenti microscopiche sono drasticamente semplificate e la dinamica macroscopica deve subire correzioni euristiche non sempre descritte o giustificate.

L’ approccio “cinetico” della dinamica dei fluidi e’ iniziato all’ inizio del 19 secolo con lo sviluppo della meccanica statistica applicata ai sistemi di molti corpi. L’ approccio statistico permette di introdurre una descrizione microscopica più accurata delle forze in gioco e una migliore caratterizzazione della dinamica delle particelle, estendendo il campo all’ analisi del moto di “fluidi” “elettrolitici e di moti elettronici nella banda di conduzione di corpi solidi, ecc.

L’ interesse allo studio della materia allo stato di plasma si è sviluppato nel corso dell’ultimo secolo per l’ interpretazione di vari aspetti di fenomeni astrofisici , per il riconoscimento che l’ energia prodotta nelle stelle e’ dovuto principalmente ad interazioni di fusione nucleare di nuclei atomici progressivamente piu’ pesanti e per le crescenti applicazioni dell’ uso industriale di gas ionizzati (scariche elettriche di vario tipo indotte in gas ad alta o bassa pressione.

Nella seconda parte del secolo ventesimo si sono poi sviluppati studi di fattibilità dell’ uso

della fusione nucleare controllata di isotopi di idrogeno in un plasma di altissima temperatura, come mezzo di produzione di energia.. Questa linea di ricerca, che si e’ rapidamente sviluppata nella seconda metà del secolo, con la costruzione di sistemi sperimentali di confinamento magnetico ed inerziale, si pone lo scopo di mantenere confinato in modo continuo un plasma di alta densita’ nello spazio limitato di un contenitore solido minimizzando gli scambi termini plasma /contenitore in modo che temperature di ignizione temonucleare possano essere mantenute.

E’ apparso chiaro che, anche se le trattazioni della dinamica di fluidi neutri ed elettricamente carichi sono concettualmente identiche nelle linee generali, l’ approccio macroscopico classico non e’ sufficientemente dettagliato per modellare la dinamica di un plasma, in cui, per esempio, in nessun modo si può assumere che il moto delle particelle fra due collisioni sia inerziale come in un fluido “ideale”.

Il ricorso all’ approccio statistico e’ necessario per sviluppare una teoria “cinetica” comune a fluidi e plasmi le cui equazioni fondamentali siano applicabili sia a insiemi di particelle neutre sia cariche e che permettano una trattazione più coerente di fenomeni che una trattazione macroscopica non e’ in grado di descrivere.

- ProprietPropriet àà fisiche di un fluidofisiche di un fluido

Che cos’`e un fluido? Che cosa lo distingue da una sostanza allo stato solido?

Possiamo definire un fluido come una sostanza che si deforma in modo continuo sottol’azione di uno sforzo tangenziale, non importa quanto piccolo. Ovvero una sostanza che non può resistere a uno sforzo tangenziale senza muoversi.

Figura 2.2: Rappresentazione dello sforzo come forza per unità di superficie.

Uno sforzo é inteso qui semplicemente come forza agente su una superficie (fig. 2.2),per unità di superficie,

Lo sforzo tangenziale `e quello definito dalla componente della forza tangente alla superficie stessa

Questa caratteristica fondamentale fa sì che il fluido non abbia una forma propria,anche se ci sono differenze tra i tipi di fluidi..

Temperatura cineticaTemperatura cineticaUn gas mono-dimensionale in equilibrio termico ad una temperatura T e’ composto da particelle di ogni velocità che sono distribuite con una distribuzione Maxwelliana

(III-2)

(III-3)

La densita’ di particelle e’ data da:

f du e’ il numero di particelle per m3 con velocità u-u+du, K e’ la costante di Boltzmann

(III-3)

E la costante e’ legata a n dalla relazione:

(III-4)

Energia cinetica mediaEnergia cinetica media

Il valor medio dell’ energia cinetica delle particelle è

Ponendo :

possiamo riscrivere l’ equazione (III- 2) come:

e l’ equazione(III-5) come:

(III-5)

(III-6)

Energia cinetica mediaEnergia cinetica media

Integrando per parti il numeratore:

e semplificando si ottiene la definizione di energia cinetica media in funzione di T

(III-7)

∞−

yexp y2−( ) y

2⋅⌠⌡

2e denominatore

∞−

yexp y2−( )⌠

d π

che esprime l’ energia cinetica quadratica media delle particelle del plasma in funzione della sua temperatura macroscopica.

Energia cinetica mediaEnergia cinetica media

Nel caso tridimensionale di velocità vx, vy, vz la funzione di distribuzione e’

Nel caso di una distribuzione isotropa delle velocita’ vx2 = vy

2 = vz2 e

<v2> = <vx2>+<vy

2>+< vz2> = 3 <vi

2> (i = x,y o z)

lo stesso tipo di calcolo conduce al risultato:

Eav= 3(1/4mvth2) = 3/2 KT

(III-8)

++−

= )(2

exp2

),,( 2222

3

zyxzyx vvvkT

m

kT

mnvvvf

π

(III-9)

(III-10)

Dall’ equazione [III-10] e’ possibile dare una definizione cinetica della temperatura del gas

Per kT = 1 eV

1 eV = 1.6 10 –19 J T = 1.6 10 –19 /1.38 10 –23 = 11600 °K

La quantità kT , (che ha dimensioni di un’ energia) viene comunemente usata in fisica del plasma come un’ unità di temperatura.

Si parla pertanto di un plasma con elettroni ad una temperatura di 10 Kev (11, 600 milioni di °K e si indica la quantità kT con T .

NotaNota in un plasma possono coesistere specie diverse aventi distribuzioni di velocitàdiverse in equilibrio termodinamico, e pertanto “temperature diverse” Questo perché il solo modo di trasferimento di energia cinetica tra una specie ed un’ altra è mediante collisioni. Esistono casi in cui la probabilità di collisione tra elementi della stessa specie e’ più grande di quello tra specie diverse.

PressionePressione

Abbiamo due concetti intuitivi del significato fisico della grandezza pressione: da un latopressione è una forza per unità di superficie, che agisce su una data superficie; dall’altropressione è una grandezza di stato di tipo termodinamico, per esempio legata a volume e temperatura dalla legge di stato valida per un gas ideale, PV = nRT.

Come si conciliano questi due punti di vista?

Consideriamo un caso molto semplice, un recipiente di volume V noto, contenente un gas in quiete a temperatura T e pressione P uniformi. Consideriamo:- un gas monoatomico- molecole di forma sferica, che interagisco tramite urti elastici, senza attrazione molecolare a distanza-una distanza media tra le molecole grande rispetto al loro diametro.

Figura 2.8: Urti delle molecole con la parete solida.

Il gas esercita una pressione sulle pareti del contenitore: questa può essere vista comela forza per unità di superficie che le molecole del gas producono attraverso i loro urti con le pareti, urti che avvengono a causa del moto di agitazione termica delle molecole stesse

Il numero medio particelle che incidono normalmente una delle sei superfici del contenitore è 1/6 n v ∆ ∆ ∆ ∆ t .Pertanto l’ impulso medio trasferito alla parete nel tempo ∆ ∆ ∆ ∆ t e’

La forza media che agisce in direzione normale alla parete

e

.

Consideriamo un singolo urto elastico. La quantità di moto della molecola in direzionetangenziale alla parete rimarrà invariata, mentre quella in direzione normale subirà unavariazione pari

Ne risulta quindi che la pressione

Ossia

Dove e una costante di proporzionalità, specifica per il gas considerato.

P = F/A = n kT

< v2> = (3kT)/m

<∆ ∆ ∆ ∆ q> = 1/6 < n v ∆∆∆∆ t 2mv > A = 1/3 nm < v2> A

Numero delle collisioni nel tempo ∆∆∆∆t

∆ ∆ ∆ ∆ q = 2mv

F = <∆ ∆ ∆ ∆ q>/∆ ∆ ∆ ∆ t = 1/3 nm < v2> A

Partendo quindi dal concetto di pressione come forza (normale) per unità di superficie abbiamo ricavato la legge di stato valida per i gas ideali politropici, in cui la pressione appare come una variabile di stato.

Il ragionamento condotto fin qui è stato semplificato dal fatto di avere consideratol’interazione tra il gas e una parete solida. Cosa possiamo dire di ciò che avviene all’interno del fluido?

Possiamo ripetere le considerazioni fatte isolando all’interno del fluido una particella fluida (fig. 2.9), composta da un numero molto grande di molecole ma infinitesima dal punto di vista macroscopico, e considerando le forze che agiscono su tale particella, dovute al fluido circostante da cui essa `e stata artificialmente isolata.Sulla particella fluida, in generale, agiscono due tipi di forze: forze di volume, dovute per esempio al campo gravitazionale, e forze di superficie, dovute all’azione del fluido circostante. Se il fluido è in quiete, le forze di superficie che agiscono sulla particellaSe il fluido è in quiete, le forze di superficie che agiscono sulla particella fluida sono normali alla superficie e dirette verso la superficie stessa, sono pertanto forze di compressione. Il loro valore per unità di superficie costituisce la pressione nel gas.

Diminuendo le dimensioni della particella fluida macroscopica – ma sempre restando all’interno dell’ipotesi del continuo, ovvero ad una scala di lunghezze molto maggiore diquella molecolare – si ottiene il valore puntuale di pressione nello spazio, che risulta essere indipendente dall’orientazione della particolare superficie scelta nell’esempio.

Ciò significa che la grandezza pressione, definita in un punto dello spazio geometrico, èuna quantità scalare, e non vettoriale come una forza. Questa affermazione è giustificatadal fatto che la pressione è conseguenza del moto di agitazione termica molecolare che non ha una direzione specifica.

Il prodotto tra la pressione e una superficie dà luogo ad una forza diretta come la normale alla superficie considerata.

.

Figura 2.10: Pressione agente su un elemento fluido di forma triangolare

A livello macroscopico, possiamo considerare un elemento di fluido a forma di tetraedro, con una faccia inclinata in modo generico secondo la direzione normale n, o – semplificando – ci limitiamo ad un caso bidimensionale in cui la superficie inclinata e caratterizzata dall’angolo di inclinazione θ (fig. 2.10). Sull’elemento infinitesimale agiscono forze divolume e forze di superficie. Supponendo il campo gravitazionale diretto nella direzione opposta all’ asse y

possiamo considerare equilibrate le forze nelle due direzioni:

in cui abbiamo indicato con Px, Py e Pn le forze di superficie agenti sulle varie faccedell’elemento. Considerando le relazioni trigonometriche

in cui abbiamo trascurato il termine gravitazionale in quanto infinitesimo di ordine superiore al tendere di dx, dy a zero.

Dato che l’elemento di fluido era caratterizzato da un valore di θ generico, risulta dimostrato che la pressione nel punto dato è indipendente dall’orientazione della superficie considerata.

Vedremo in seguito che per descrivere compiutamente lo stato di sforzo in un punto diun fluido non è sufficiente una quantità scalare come la pressione o una quantitàvettoriale come la forza, bensì `e necessario considerare una quantità tensoriale, piùprecisamente un tensore doppio simmetrico.

Una diretta conseguenza della deformabilità di un fluido e’ costituita dalla sua viscositàSi consideri il moto di una sostanza fluida posta tra due lastre piane semi-infinite (fig. 2.3).

ViscositViscosit àà

delle quali la lastra inferiore e in quiete mentre la lastra superiore e’ in moto con velocitàU. Si osserva sperimentalmente che, in condizioni stazionarie, il fluido a contatto con la lastra superiore si muove con essa, mentre il fluido a contatto con la lastra inferiore resta in quiete. Nell’intervallo di tempo dt, il fluido contenuto nel volume ABCD si muove in AB’C’D. Ogni particella fluida (eccetto quelle a contatto con la parete inferiore) e’ in moto nella direzione parallela alle lastre, con una velocità che varia uniformemente trazero e U. Sperimentalmente si osserva anche che la forza che si deve applicare alla lastra superiore per mantenere la velocità U è direttamente proporzionale alla velocitàstessa e all’area A delle lastre, e inversamente proporzionale alla distanza d tra le lastre,

Figura 2.3: Corrente fluida tra una lastra in quiete e una lastra in moto uniforme.

η

Il coefficiente di proporzionalità prende il nome di coefficiente di viscosità dinamica ed èuna propietà fisica del fluido. Il coefficiente di viscosità ha dimensioni [Pa s] = [ kg m s].E’ anche possibile definire anche un coefficiente di viscosità cinematica, pari al rapporto tra viscosità dinamica e densità:

le cui dimensioni sono [m2/s ]. Definendo lo sforzo tangenziale (o di taglio) come τ = F/A

otteniamo: (2.3.1)

Possiamo interpretare il rapporto U/d come velocità di deformazione angolare dell’elemento fluido ABCD (fig. 2.4). Infatti, considerando la deformazione di tale elemento nell’intervallo di tempo ∆t abbiamo una variazione angolare data da

η

η

(fig.2.5). Risulta che

da cui consegue che lo sforzo tangenziale che agisce sull’elemento vale

: (2.3.2)

In conclusione, da questo esperimento ideale osserviamo che

- sotto l’azione di uno sforzo tangenziale il fluido si deforma in modo continuo e quindi si mette in movimento- in un fluido in movimento con velocità non uniforme sono presenti sforzi tangenziali

η

Nelle stesse condizioni, possiamo ripetere queste considerazioni per un elemento infinitesimo di fluido, di altezza dy, posto tra le lastre, per un intervallo di tempo dt

La legge di proporzionalità, (2.3.1) o (2.3.2), tra lo sforzo tangenziale e la velocità di deformazione angolare è nota come legge di Newton. I fluidi che obbediscono a tale legge sono appunto detti fluidi newtoniani, tra questi l’aria e i gas in generale, l’acqua e molti liquidi comuni. Vi sono però sostanze fluide in cui il legame sforzo deforma-zione non è lineare (fig. 2.6). Questi fluidi non-newtoniani sono normalmente dei liquidi composti da macromolecole, per esempio composte da lunghe catene di idrocarburi.

Per valori di pressione non molto superiori a quella atmosferica, il coefficiente di viscositàdipende solamente dalla temperatura, in un modo che `e caratterizzato dalla struttura molecolare del fluido stesso. Infatti, lo sforzo tangenziale, dovuto allo scorrimento di uno strato di fluido sull’altro, dipende essenzialmente da due fattori:

- la coesione tra le molecole, dovuta alle forze intermolecolari- lo scambio di quantità di moto, in direzione normale al moto stesso, dovuto all’agitazione termica delle molecole

Nei liquidi le forze intermolecolari sono la causa principale della generazione dellosforzo. Dato che esse diminuscono con l’aumento della temperatura, il coefficiente diviscosità dei liquidi diminuisce con l’aumento della temperatura.

pari al libero cammino medio λ, ovvero dalla distanza media percorsa da una molecola tra due urti successivi (fig. 2.7).

Per effetto del moto di agitazione termica, le molecole passano da uno strato all’altro, senza trasporto di massa netto. Ad ogni passaggio di una molecola da uno strato all’altro si verifica una variazione (positiva o negativa) di quantità di moto ∆ q pari a

in cui m è la massa della molecola. La variazione complessiva di quantità di moto

Nei gas le forze intermolecolari di coesione sono molto inferiori e lo sforzo si generaprincipalmente a causa dello scambio di quantità di moto tra elementi fluidi a velocitàdifferente.Per capire come questo fenomeno sia influenzato dalla temperatura, possiamoadottare un modello molecolare molto semplice:- un gas monoatomico- molecole di forma sferica, che interagisco tramite urti elastici, senza attrazioneuna distanza media tra le molecole grande rispetto al loro diametro

Consideriamo due strati di fluido posti a diverse quote lungo la direzione y, con velocitàmedia delle molecole diversa, caratterizzata dai valori u1 e u2, e separati da una distanza

nell’unita di tempo sarà proporzionale al prodotto tra ∆ ∆ ∆ ∆ q e il numero di urti che si verificano nell’unità di tempo, che indicheremo con M. La forza di taglio che uno strato esercita sull’altro è dovuta a questa variazione di quantità di moto, ovvero

M è proporzionale all’area A di passaggio tra gli strati, al numero di molecole per unitàdi volume, N, e alla velocità di agitazione termica del gas,

Lo sforzo tangenziale che si esercita sui due strati di gas, risulta quindi:

Il prodotto Nm rappresenta la densit`a ρ del gas e da cui:

Infine, il valore del libero cammino medio dipende dalle caratteristiche delle molecole(massa m e diametro d) e dalla densità del gas:

da cui possiamo concludere che

(2.3.3)

Confrontando il risultato (2.3.3), ottenuto con questa semplice analisi, con la legge di Newton (2.3.2) risulta che A sua volta, la velocità di agitazione termica aumenta all’aumentare della temperatura.

Per esempio, per gas monoatomici (per i quali solamente questa analisi `e valida) risulta

Una legge sperimentale valida per l’aria in un ampio campo di temperature (200 K <T < 2000K) è la legge di Sutherland

(2.3.4)

in cui ηref e un valore di riferimento valutato alla temperatura Tref .Una relazione semplificata, che rappresenta una buona approssimazione delle leggeprecedente in campi ristretti di temperatura, `edata dalla legge esponenziale

(2.3.5)

in cui il valore dell’esponente varia come descritto in Tabella

η

ηη

ηη