Mario Docci I Riccardo Migliari
SCIENZA DELLA RAPPRESENTAZIONE Fondamenti e applicazioni della geometria descrittiva
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La Nuova Italia Scientifica
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Prefazione
Jorge Luis Borges afferma che non esistono libri definitivi (eccezion fatta, per chi ha fede, dei testi sacri) . In altre parole non esiste libro che, nel momento stesso in cui viene stampato, non sia già destinato ad essere superato. Si potrebbe dire, anzi, che la stampa, operando una sorta di cristallizzazione del pensiero dell'autore, ne decreta irrimediabilmente un fatale declino, al quale non si può porre rimedio se non ricominciando a scrivere. Se applicata, come nel nostro caso, ad un testo di carattere scientifico, questa considerazione potrebbe sembrare tanto frustrante da sconsigliare affatto fatiche di questo genere: nulla di più sbagliato. Infatti è proprio nel continuo superamento di sé che la ricerca progredisce e, con essa, il cammino dell'uomo. È chiaro dunque che se, da un lato, il libro che qui presentiamo ambisce a raggiungere qualche nuovo risultato, dall'altro è consapevole di quanti risultati, pur prossimi, esso non ha raggiunto. Tuttavia, se i primi costituiscono un contributo alla ricerca scientifica ed alla didattica, i secondi costituiscono un incentivo a proseguire, tanto per gli autori del libro, quanto, ci auguriamo, per il suoi lettori; e, dunque, sarà bene parlare brevemente tanto degli uni quanto degli altri. Ma, prima ancora di parlare di risultati, ottenuti o solo attesi che siano, urge rispondere al primo quesito che si pone il lettore esperto: che senso ha, oggi, scrivere ancora di geometria descrittiva? Non è questa una disciplina che ha esaurito il suo compito, superata com 'è dai mezzi , sempre più potenti, offerti dalla tecnologia e dunque messa a tacere, impossibilitata a esprimere un nuovo volto?
Noi riteniamo senz'altro che la risposta a questa domanda sia del tutto negativa: in primo luogo perché, evidentemente, non è esaurito il ruolo della disciplina nella formazione dell'architetto, dal momento che essa svolge ancora, e sempre, la essenziale funzione di esercitare la mente a leggere, a immaginare, a modellare lo spazio. Va infatti ricordato che lo scopo della geometria descrittiva non è solo quello di rap-
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presentare oggetti tridimensionali su un piano a due dimensioni, ma soprattutto quello di descrivere ed analizzare le forme geometriche e le relazioni reciproche degli oggetti disposti nello spazio. In altre parole, più che uno strumento per rappresentare, essa è prevalentemente un mezzo formativo per sviluppare negli architetti quella capacità di "vedere nello spazio", che consente loro di controllare le immagini mentali. Sappiamo, infatti, che solo un attento controllo di queste immagini e la successiva capacità di trasferirle correttamente sulla carta consentono al progettista di esprimere compiutamente le proprie idee dando loro forma. Dobbiamo anche ricordare che egli non è in grado di concretizzare e promuovere immagini mentali di forme nuove e complesse, se precedentemente non ha realizzato e memorizzato le strutture geometriche che stanno alla base della loro genesi.
In secondo luogo (fast but not least) non è esaurito il ruolo della disciplina perché essa, se ricollocata, come deve essere, nella giusta prospettiva storica, può offrire nuovi contributi alla ricerca come, a ben vedere , è stato anche nel passato più recente. È vero, piuttosto, che la disciplina della quale ci occupiamo è reduce da un periodo di grave declino o, meglio sarebbe dire, da una crisi di identità. Nata dal connubio tra arte e scienza (dove alla parola "arte" non si dà il significato romantico, ma piuttosto quello illuminista), la geometria descrittiva è stata per lungo tempo (almeno dall'ultimo dopoguerra fino agli anni Sessanta) coltivata soltanto dai matematici. Questa frequentazione, mentre la arricchiva di speculazioni teoriche, come quelle, fondamentali , di Luigi Campedelli sulla unificazione dei metodi , dall'altro la impoveriva sempre più del vivificante contatto con le sue applicazioni e con i mezzi grafici che le sono propri . Basti pensare che mentre un matematico della levatura di Gino Fano non disdegnava, ancora prima della Seconda guerra mondiale, di trattare argomenti come la "Rappresentazione di alcuni apparecchi per costruzioni in pietra da taglio " , il già citato
Prefazione
Campedelli subito dopo (1949) elimina dalla sua trattazione ogni riferimento ai campi applicativi e piuttosto si sforza di elevare il tono della trattazione introducendo concetti e strumenti che sono propri della geometria proiettiva. Intendiamoci: non che questa operazione non sia apprezzabile in sé, tutt'altro; abbiamo già detto che essa ha dato un contributo essenziale al progresso di questa scienza; tuttavia ha anche privato la nostra geometria del contatto con la realtà dalla quale discende e dalla quale ha sempre tratto nutrimento, e l'ha privata, ancora, di quel laboratorio di sperimentazioni che è il disegno. Colpa dunque di Campedelli e degli altri ultimi insegnanti della generazione dei "matematici"? No, certo: piuttosto colpa d i quanti, tra gli ingegneri e gli architetti, non hanno saputo raccogliere una eredità che loro spettava di diritto.
Soltanto pochi , lungimiranti e coraggiosi studiosi, accettando l' imbarazzante confronto con i matematici che erano stati loro insegnanti , hanno permesso quella continuità di ricerche e di insegnamenti che oggi consente la stampa di questo volume: alludiamo ad Ugo Saccardi , discepolo di Campedelli, nella scuola fiorentina, a Maria Luisa Ganassini e ad Orseolo Fasolo, discepoli di Enrico Bompiani e Carmelo Longo nella scuola romana, a Michele Campanella e a Mario Giovanardi , eredi della nobilissima scuola geometrica napoletana, ed ancora ad altri studiosi della scuola palermitana e romana. Si deve a questi studiosi , tutti ingegneri o architetti, se oggi la disciplina della quale ci occupiamo, senza perdere in rigore logico- matematico, ha ritrovato quel contatto con l'arte, come dianzi si diceva, e con la storia, che tanta importanza ha per il suo sviluppo futuro.
Il rapporto con la storia, in particolare, ci sembra essenziale: da esso discendono la riscoperta e l'ampliamento di idee e strumenti ingiustamente negletti , ma soprattutto una profonda revisione dei contenuti della disciplina, tale da mettere in dubbio la stessa deno-
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minazione che ancora conserva nell'insegnamento universitario, quella di Applicazioni della geometria descrittiva. Su questa idea ci sia consentito soffermarci brevemente. È noto che il termine "geometria descrittiva" (géométrie descriptive) è stato coniato da Gaspard Monge per battezzare la nuova scienza della quale egli si dichiarava il creatore. È scritto nelle fonti di questa storia che dopo la "invenzione" della geometria descrittiva sarebbe stato possibile risolvere, grazie a quest'ultima, ogni problema prima affrontato coi mezzi della prospettiva, della gnomonica, della stereotomia e di tutte le altre scienze applicate alla rappresentazione dell'architettura e dell'ingegneria, della topografia e geodesia ecc. È inoltre noto che molti "modi di rappresentare", che all 'epoca non avevano forse ancora raggiunto la dignità di metodo di rappresentazione, l'hanno poi trovata in una storia più recente, tant'è che oggi al cosiddetto metodo di Monge se ne sono affiancati altri tre almeno, tutti con pari dignità -di strumento matematico. Sembra dunque assurdo continuare a raccogliere sotto la denominazione suddetta scienze antiche, nobili e complete come la doppia proiezione ortogonale (nella forma del disegno architettonico illustrata in questo libro), come la prospettiva (o proiezione centrale, che dir si voglia), come l'assonometria (del tutto ignorata da Monge) , come la proiezione quotata, e studi che meglio si avvalgono di questi altri metodi piuttosto che del metodo di Monge, com'è lo studio delle superfici, quello delle volte e la teoria delle ombre e del chiaroscuro. Piuttosto sembra doveroso, al fine di raccogliere l' insegnamento della storia, comprendere tutte queste discipline, insieme e accanto alla geometria di Monge, sotto un nuovo titolo che potrebbe essere quello di "Scienza della rappresentazione" , titolo che è, appunto, proposto per questo libro.
Ciò premesso, esaminiamo brevemente le caratteristiche innovative di questo lavoro, ovvero i risultati che, speriamo, sono stati raggiunti. Innanzitutto il
Prefazione
continuo riferimento alla evoluzione storica dei concetti esposti; l'uso della fotografia come primo approccio alle relazioni omografiche; il confronto sistematico tra il metodo di Monge (detto forma canonica) e il metodo della doppia proiezione ortogonale senza uso di tracce e di linea di terra, così come avviene nel disegno di progetto (detto forma tecnica); la ripresa dell'assonometria ortogonale come metodo di rappresentazione; una classificazione delle superfici che fa riferimento diretto all'architettura; la sistematica applicazione del teorema del contorno apparente con ricerca delle linee che sono proiezione dello stesso e dei punti di contatto della proiezione delle sezioni ; la reintroduzione delle volte e del chiaroscuro.
Quali invece i risultati che sono ancora da raggiungere? Naturalmente non è possibile elencarli tutti (si ritornerebbe al libro definitivo) ma, quantomeno, si può suggerire qualche argomento, anche come auspicio per una prossima riedizione: i poliedri e le strutture reticolari; la stereotomia o taglio delle pietre e dei legnami ; l'omologia solida e le sue applicazioni alla prospettiva in rilievo e alla scenografia; le trasformazioni dell'immagine prospettica, ovvero l'anamorfosi e il raddrizzamento; i principi teorici della fotogrammetria, ovvero l'orientamento e la restituzione grafica da uno o più fotogrammi ; il problema di rappresentare una superficie sull'altra dalla stereografia alle proiezioni cartografiche; la cartografia convenzionale (basata sugli sviluppi); le costruzioni piane: dai proporzionamenti e tracciati regolatori degli antichi alla nomografia; la costruzione degli anaglifi ecc. ecc.
E se il numero degli obiettivi che sono da raggiungere non fosse ancora sufficiente a dare un'idea della vitalità di questa scienza ci sia consentito, allora, di rinviare il lettore a quelle piccole invenzioni , più o meno originali , che in vari momenti dell'esposizione ci sembrano dar buona prova di sé: dalle costruzioni per la determinazione esatta delle generatrici di contorno apparente del cilindro (volte a botte e a crociera), alle
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applicazioni del teorema di Dandelin -Quetelet (volta a vela), alla dimostrazione, per via elementare, della natura proiettiva delle rigate a direttrici rettilinee. Occorrerebbe, infine, dire a quali testi si è fatto riferimento. Si è preferito rispondere a questa domanda con una bibliografia (quasi) ragionata, molto liberamente pensata per essere d 'ausilio a chi voglia approfondire questo o quell'argomento ed essa stessa possibile e significativo oggetto di ulteriori, più approfondite ricerche.
Roma, luglio 1992
Mario Dacci e Riccardo Migliari
Gli archi e le volte
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7.1 Premessa
L'avvento delle moderne tecniche di costruzione del calcestruzzo armato e dell'acciaio, la mutata economia del cantiere, mezzo secolo di architettura razionalista, hanno sopito gran parte dell'interesse che fu rivolto, nel passato, allo studio degli archi e delle volte. Quell'interesse, tuttavia, è e deve essere ancora attuale per chi si occupa del rilievo, del disegno, del restauro o anche del censimento delle strutture antiche. In queste strutture, infatti , gli archi e le volte garantiscono la continuità della materia, superando i vuoti che la funzione o l'estetica dell 'edificio richiedono. Il risultato è quello di una ineguagliata omogeneità costruttiva, statica e linguistica. Lo studio delle volte può essere affrontato con diversi atteggiamenti , che corrispondono alle diverse esigenze dello storico o del progettista e tuttavia, se si vuole procedere ad una descrizione sistematica, o ad una classificazione dei vari tipi di arco e di volta , occorre specializzare la visione più generale in quella che ha peculiare carattere geometrico 1. Infatti la costruzione di una volta, sia essa bizantina o barocca, è innanzitutto un problema di geometria solida, giacché consiste nell'individuazione del "luogo" dei punti che soddisfano determinate proprietà. Così, ad esempio, la necessità di plasmare una forma regolare i cui punti sono equidistanti dal centro, e possono perciò essere facilmente trovati per mezzo di un'asta o corda di lunghezza costante (detta "randa") , conduce alla forma emisferica della volta da forno, ancor oggi costruita per mezzo dell 'artificio cui si è fatto cenno. Quando la volta copre grandi o grandissime luci, al problema della sua generazione geometrica si aggiunge poi un problema che è ancora più complesso, cioè quello della sua rappresentazione rigorosa, rappresentazione che, evidentemente, non è fine a se stessa, ma è finalizzata allo studio della forma e della disposizione dei conci, ovvero dei "pezzi " che compongono la struttura. Nasce così un'arte che fu detta in passato stereotomia , ovvero "taglio dei corpi solidi " 2 .
La nostra descrizione di archi e volte si propone, innanzitutto, di stabilire gli elementi di un linguaggio comune attraverso una nomenclatura delle strutture e delle loro componenti. Di ogni struttura si studieranno le caratteristiche geometriche ed i problemi di rappresentazione. Il risultato che intendiamo raggiungere è mettere in grado l'architetto, che esegue un rilievo, di classificare la struttura rilevata, riconoscendone la generazione geometrica e costruttiva, le difformità rispetto al modello teorico, che si presentano frequentemente, e di registrarne infine i caratteri morfologici e le misure in una rappresentazione non solo corretta ma soprattutto comunicativa.
7.2. Nomenclatura e classificazione generale degli archi e delle volte
7.2 Nomenclatura e classificazione generale degli archi e delle volte
Occorre innanzitutto distinguere le strutture destinate a coprire le discontinuità di un muro, dalle strutture destinate a ricoprire interi ambienti. Chiameremo archi le prime, volte le seconde. Archi e volte sono, per elezione, strutture curve, tuttavia entrambe possono essere costruite anche in piano o con lievissime monte: chiameremo piattabande queste particolari costruzioni, siano esse destinate a coprire un varco, sia un intero ambiente. Elementi di comune nomenclatura per archi, volte e piattabande sono (fig. 1): i conci, cioè i blocchi di pietra che formano la struttura;
fronte
i filari , che sono i ricorsi orizzontali dei conci o dei mattoni ; i letti, cioè i piani sui quali poggiano, gli uni sugli altri , i conci o i mattoni; i letti sono, di regola, perpendicolari all ' intradosso (cfr. infra); la chiave, che è il concio più alto dell'arco , posto sull'asse di simmetria della struttura; · il cervello (o chiave di volta), il concio più alto della volta; le spalle o piedritti, che sono gli appoggi della struttura; il piano d 'imposta, cioè la superficie superiore dei piedritti, sul quale la struttura si appoggia; l' intradosso , che è la superficie inferiore della struttura; il sesto o profilo, che è la sezione verticale dell'intradosso;
estradosso chiava
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I freccia o piano d'imposta saetta o
monta .
I corda o luce
linea d'Imposta
Fig. 1
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arco d'imposta della volta
soprassesto
spalla o piedritto
7. Gli archi e le volte
Fig. 5 Fi g 6 Fig 7
Fig .8 Fi g.9 fig . IO
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Fig. 2
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7.2. Nomenclatura e classificazione generale degli archi e delle volte
le linee d'imposta, che staccano l'intradosso dalla superficie interna dei piedritti; gli archi d'imposta sonò, invece, i profili che delimitano sul fronte l'intradosso delle volte; la linea di chiave, cioè l'orizzontale più alta dell'intradosso; la corda o luce, che è la distanza tra i piedritti; la freccia o saetta o monta, vale a dire la distanza tra il piano d'imposta ed il punto più alto dell'intradosso; l'estradosso, che è la superficie superiore della struttura; il rinfianco, che è la muratura destinata a contenere le spinte laterali della struttura e a riportare in piano l'estradosso; gli speroni e le porcelle, strutture di alleggerimento del rinfianco; le fronti, che sono le superfici verticali che delimitano la struttura; le reni, cioè le parti della struttura comprese tra i piedritti e i letti il cui angolo di pendio è vicino ai 30°; la cornice d'imposta, che è la decorazione della linea d'imposta, spesso ribassata, rispetto alla linea vera, per dare slancio al profilo; il soprassesto, infine, che è la distanza tra la cornice d'imposta ed il vero piano d'imposta. La costruzione di un arco o di una volta si effettua, salvo eccezioni, con l'ausilio di una struttura provvisoria di sostegno che si chiama céntina (fig. 2), normalmente realizzata con puntelli e tavolati di legno.
Fig. 3
453
La centina può essere fissa o a sbalzo. Si chiamano ritti i montanti che scaricano direttamente a terra, o sulla muratura sottostante, il peso dei conci durante la costruzione. Quando si costruisce, i conci si appoggiano sulla centina lavorando contemporaneamente da entrambi i lati, per evitare deformazioni, e si procede così fino alla chiave. Se la struttura è di grande luce conviene, prima di incominciare il lavoro, caricare la centina in corrispondenza della chiave, o del cervello, sempre per evitare che si deformi prima che la costruzione sia completata. Particolare attenzione è posta al delicato momento del disarmo: la centina deve infatti essere liberata gradualmente in modo da no.n caricare la struttura troppo bruscamente: ciò evita, tra l'altro, i rischi di un crollo improvviso. Per ottenere questo risultato si pongono, sotto i ritti, due cunei contrapposti, che poi si fanno scorrere dolcemente l'uno sull'altro, oppure sacchi di sabbia, che poi si forano, facendone uscire lentamente il contenuto.
Un'ulteriore nomenclatura di carattere generale discende dalla forma del profilo. Perciò si chiamano: a tutto sesto, le strutture di profilo semicircolare nelle quali la freccia è metà della luce (fig. 3); ribassate, o sceme, le strutture di profilo semiellittico, o semiovale (l'ovale è una curva composta da archi di cerchio), la cui freccia è inferiore alla metà della luce (fig. 4);
Fig. 4
7. Gli archi e le volte
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Fig. 6
Fig. 7
454
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Fig.8
Fig. 9
Fig. 10
7.2. Nomenclatura e classificazione generale degli archi e delle volte
rialzate , le strutture di profilo semiellittico, o semiovale, la cui freccia è superiore alla metà della luce (in questi profili le tangenti all'imp_ost~ son? verticali); a sesto incompleto , le strutture 11 cui profilo presenta un punto angoloso in corrispondenza dei piedritti, sicché il fianco verticale interno del piedritto ed il piano tangente all'intradosso nelle linee d'imposta sono distinti (fig. 5) ; il profilo a sesto incompleto si distingue, dunque, da quello ribassato perché nel primo le tangenti al profilo, nell'imposta, sono oblique, mentre nel secondo sono verticali e coincidono con il fianco dei piedritt i; a sesto acuto , le strutture il cui profilo presenta un punto angoloso in chiave, ovvero un punto nel quale le tangenti al profilo sono distinte (fig. 6).
Un'ultima nomenclatura discende dalla simmetria caratteristica della struttura, sicché: rette , sono le strutture le cui linee d'imposta sono perpendicolari alle fronti (fig. 7); oblique , sono le strutture le cui linee d'imposta, pur essendo parallele e orizzontali, non sono perpendicolari alle fronti (fig. 8) rampanti , sono le strutture le cui linee d'imposta, pur essendo parallele e contenute in piani normali alle fronti , non sono orizzontali (fig. 9); zoppe o a collo d'oca , sono le strutture che hanno linee d ' imposta parallele ma poste a quote diverse (fig. 1 O) .
In generale, oltre agli archi ed alle piattabande, che abbiamo già definito, si distinguono le volte semplici dalle volte composte. Le volte semplici sono quelle il cui intradosso appartiene a una sola superficie geometrica e principalmente: le volte cilindriche o a botte (cfr. figure precedenti); le volte cilindroiche o a sbieco, come il biais passé (cfr. cap. 6, fig. 73); le volte coniche (cfr. cap. 6, fig. 55); le volte conoidiche (cfr. cap. 6, figg. 76-79);
Fig. 11
455
le volte di rivoluzione o cupole (fig. 11); le volte anulari (fig. 12); le volte elicoidali (cfr. cap. 6, fig. 102); le volte a vela (fig. 13). Le volte composte sono quelle il cui intradosso è costituito da più superfici geometriche e principalmente: le volte a crociera (fig. 14); le volte a padiglione (fig. 15); le volte a botte con testa di padiglione (fig. 16); le volte a schifo (fig. 17); le volte a schifo con padiglione (fig. 18); le volte lunulate o lunettate (fig. 19); le cupole composte (fig. 20) .
Fig. 12
7. Gli archi e le volte
Fig. 13
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Fig. 14
456
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Fig. 15
Fig. 16
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?.2. Nomenclatura e classificazione generale degli archi e delle volte
Fig.18
Fig.19
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Fig. 20
7. Gli archi e le volte
7.3 Il tracciamento e la suddivisione in conci degli archi
7.3.1 Arco a tutto sesto
È l'arco classico e di più semplice tracciamento, giacché il suo profilo è un semicerchio perfetto. Il pri
. mo problema geometrico che s'incontra nella realiz-zazione di un arco a tutto sesto è la divisione dell'opera in un numero di conci dispari: infatti occorre che il vertice sia occupato dalla chiave, mentre i fianchi sono costituiti da un numero variabile di conci simmetrici. Perciò, tracciato il profilo, di solito lavorando a terra sulle tavole destinate alla centina e con il semplice ausilio di un filo , si provvede a costruire un poligono regolare, inscritto nel cerchio, il cui numero di lati è doppio del numero dei conci voluti. Se l'arco è di piccola luce, soluzioni ricorrenti sono quelle che dispongono tre, quattro o cinque conci su ciascuno dei due fianchi ; ciò si ottiene utilizzando le costruzioni canoniche del poligono regolare di sette, nove o undici lati, come meglio vedremo nel seguito. Se invece la luce è grande, e perciò, in generale, è grande il numero dei conci, si può ricorrere, per la divisione, al procedimento che impiega la curva quadratrice di Dinostrato.
7.3.1.1 Divisione dell'arco in sette conci
Segnato il profilo (fig. 21) , si punta il compasso su una delle imposte, e sia A. Si traccia l'arco AO, dove O è il centro del profilo. Dal punto O dove AO interseca il profilo, si abbassa la perpendicolare (OP) alla corda. Il segmento (OP), così costruito, è il lato di un ettagono inscritto nella circonferenza alla quale appartiene il profilo: lo si riporta tre volte da A verso B, segnando C, D, E ed ottenendo così tre lati dell'ettagono inscritti nella semicirconferenza del profilo, più la metà (EB) dell'arco sotteso dal quarto lato; ciò fatto si ripete l'operazione a partire da B e si segnano F, G, H, completando la divisione. È chiaro che i punti F, G, H risultano medi degli archi di circonferenza (AC), (CD) e (DE), rispettivamente, e dunque il profilo, da A a B, è diviso nelle sette parti (AH), (HC), (CG), (GO), (DF), (FE), (EB), come si voleva.
7.3.1.2 Divisione dell'arco in nove conci
Segnato il profilo (fig. 22), si alza in O la perpendicolare alla corda (AB), fino ad intersecare l'arco in O; qui si punta il compasso e, con raggio (00), eguale alla freccia, si interseca l'arco in R ed S. La (RS) interseca la (00) in P; si punta qui il compasso, sempre con raggio eguale alla freccia dell'arco, e si descrive una circonferenza che interseca (RS) in T. Si punta ancora in T, sempre col medesimo raggio, e,
che interseca la precedente in U. La retta (UO) sega l'arco in V: (RV) è il lato di un ennagono inscritto nella circonferenza alla quale appartiene il profilo. Per completare la divisione si riporta (RV) da A verso B e viceversa, come già si è visto nel paragrafo precedente.
7.3.1.3 Divisione dell'arco in undici conci
Segnato il profilo (fig. 23), si fa centro nel punto P medio della semicorda (AO) e si descrive una circonferenza di raggio (PA), quindi, col medesimo raggio , la circonferenza di centro A, che interseca la precedente in R e l'arco in O. Con centro in O e raggio (OR) si taglia l'arco in S. Il segmento (SP) è il lato di un undecagono regolare, che si riporterà, come sopra, da A verso Be viceversa, segnando le divisioni C, D, E ... N.
A p o B
Fig. 21
con centro in T, si descrive una nuova circonferenza Fig. 22 ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
458
_ 7.3. 11 tracciamento e la suddivisione in conci degli archi
7.3.1.4 . . . . Divisione dell'arco in un numero quals1as1 d1 conci
La soluzione generale di questo problema è legata alla determinazione geometrica del rapporto tra la circonferenza ed il suo raggio, cioè al problema eh~ tutti conoscono come "quadratura del cerchio " . E noto che questo problema, come quello della trisezione dell 'angolo, non è risolvibile con i mezzi ammessi da Euclide, vale a dire con la riga ed il compasso. Dinostrato (IV sec. a.C.) riuscì tuttavia ad esprimere la quadratura per mezzo di una curva detta, appunto, "quadratrice" che si può pensare generata in questo modo (fig. 24) : un punto P descrive la circonferenza mentre, nel medesimo tempo, un punto o descrive il raggio in modo che i due punti, procedendo con velocità diverse ma costanti, s'abbiano ad incontrare in R. I raggi individuati da Pn, come (OPn). e la corda perpendicolare al diametro individuata da
Fig. 23
Fig. 24
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*
I \ I \
\
\
7t * \ \
On si intersecano in un punto Sn che si muove con Pn e On e che si sovrappone ad essi in R. I punti S ... Sn descrivono la quadratrice. È evidente che, volendo dividere l'arco (PR) in un qualsiasi numero di parti, tre ad esempio, si potrà dividere in tre il raggio (RO), tracciare le corde relative perpendicolari al diametro, fino ad intersecare la quadratrice, quindi tracciare i raggi corrispondenti che dividono l'arco (RP) nelle tre parti desiderate. Si noti che, come già si è accennato , la soluzione di Dinostrato fa intervenire una linea che non può essere tracciata né con la riga, né col compasso e perciò, pur essendo corretta, non è accettabile nella logica euclidea. Vediamo ora come la quadratrice di Dinostrato può essere applicata alla divisione di un arco in un numero qualsiasi di conci. Per cominciare, si dovrà costruire la quadratrice (fig. 25). A tal fine si divide il profilo in un numero pari di parti , il che è sempre possibile con l'uso del compasso, ad esempio negli otto archi (AC), (CD), (DE), (EF), (FG), (GH), (Hl), (IB). Si divide poi il diametro nello stesso numero di parti, ad esempio (A1), (1- 2), ecc., e si tracciano i raggi e le corde segnando i relativi punti di intersezione. Si disegna quindi la quadratrice a mano libera, raccordando i punti. Si divide ora la corda (AB) nel numero dispari di parti desiderate (sette ad esempio), per mezzo dei punti I, Il , lii, IV, V, VI e si ritrovano i raggi corrispondenti utilizzando la quadratrice.
Fig. 25
7. Gli archi e le volte
Fig. 26
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p I
questo non e' un esagono di Pascal
questo e' un esagono di Pascal
....... ...... .....
/
questo profilo e' ellittico
7.3. Il tracciamento e la suddivisione in conci degli archi
7.3.2 Archi ribassati o a sesto scemo
Il profilo de[l'arco ribassato può essere ellittico oppure ovale. E legittimo chiedersi come riconoscere un profilo dall'altro in fase di rilievo: un occhio esperto non ha difficoltà in questo, tuttavia, volendo eseguire un controllo rigoroso, si potrà far ricorso ad una nota costruzione insegnata dalla geometria proiettiva, che appresso illustriamo (fig. 26). Si comincia col rilevare accuratamente sei punti del profilo e precisamente: le imposte P e Q, la chiave R, e tre punti intermedi S, T, U, situati poco sopra l'imposta, laddove sono più evidenti le differenze tra il profilo ellittico e quello ovale. Si applica poi il celebre teorema di Pascal (1640) il quale afferma, in sintesi, che se un esagono è inscritto in una conica (per esempio in un'ellisse), allora i lati opposti si incontrano in tre punti allineati su una stessa retta, oggi nota, appunto, come "retta di Pascal". Vediamo ora, nel dettaglio, la costruzione che permette di effettuare il controllo. Siano P, S, T, R, U, Q i punti scelti sul profilo, nominati ordinatamente, cioè da destra a sinistra o viceversa; costruiamo innanzitutto l'esagono (PSTRUQ), quindi prolunghiamo il lati opposti fino a individuarne l'intersezione 3. I lati (PQ) e (TR) si taglieranno dunque nel punto A, i lati (PS) e (RU) nel punto B, infine i lati (ST) e (UQ) si incontreranno nel punto C. Orbene, se il profilo dell'arco è ellittico, i punti A, Be C saranno allineati sulla retta di Pascal, se ciò non avviene il profilo non è ellittico e perciò, con ogni probabilità, è ovale.
7.3.2.1 Profilo ellittico costruito con il filo
Il profilo ellittico si costruisce tradizionalmente per mezzo del filo (cfr. cap. 2, fig. 145): sia (AB) la corda e (OC) la freccia dell'arco (fig. 27) . Con centro in C si traccia, sulle tavole della centina, una circonferenza di raggio (OA) e si segnano i punti F1 ed F2 nei quali la circonferenza taglia la corda. In F1 ed F2 si fissa un filo di lunghezza tale che possa esser teso fino a C: il profilo si traccia facendo scorrere una punta nel filo in tensione. Così facendo (AB) risulta essere l'asse maggiore dell'ellisse, (CO) il semiasse minore ed F1, F2 i fuochi. Il procedimento è spedito ma impreciso quando la luce è grande, perché il filo si deforma elasticamente. Si usa allora un'altra costruzione, già nota agli antichi (cfr. Serlio e gli altri trattatisti rinascimentali), che ci accingiamo a descrivere .
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7.3.2.2 Profilo ellittico costruito con riga e compasso
Sia (AB) la corda e (OC) la freccia dell'arco (fig. 28). Si tracciano due circonferenze di centro O e di raggio (OA), (OC), rispettivamente. Un qualsiasi raggio r taglia le due circonferenze in P e Q: la parallela alla corda per p e la parallela alla freccia per a si intersecano in un punto S del profilo ellittico. Inoltre la tangente alla curva del profilo, in S, passa per il punto T intersezione della retta (AB) con la tangente al cerchio in Q: questa osservazione è di grandissimo aiuto per il tracciamento del profilo.
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Fig. 27
Fig. 28
7. Gli archi e le volte
7.3.2.3 Suddivisione in conci del profilo ellittico
Per la suddivisione in conci dell'arco a profilo ellittico (fig. 29) ci si può avvalere della costruzione appena illustrata, tracciando quei raggi che dividono le due circonferenze nel numero di parti volute. Così, se l'arco è diviso in sette conci, dividendo in sette parti le circonferenze, si otterranno nei punti D, E, F, G, H, I le divisioni del profilo. Tuttavia occorre ancora individuare la giacitura dei letti, che, per le buone regole dell'arte, dev'essere normale all'intradosso. La normale in un punto qualsiasi dell'ellisse è la bisettrice dell'angolo sotteso dai fuochi, occorrerà perciò costruire i fuochi puntando il compasso in C con raggio (OA) -come già si è visto- quindi bisecare gli angoli (F1 D F2), (F1 E F2) ... (F1 I F2). A lavoro ultimato sarà facile constatare che i conci di metà arco, oltre alla chiave, sono tutti diversi gli uni dagli altri , il che complica notevolmente la realizzazione dell'arco a profilo ellittico nelle opere di pietra. Anche le modanature di eventuali cornici debbono essere costruite come ellissi di diametri assegnati, né possono essere tracciate usando i medesimi fuochi del profilo, giacché non sono curve confocali. Queste difficoltà si superano adottando il profilo ovale che, tuttavia, è meno nobile, perché non è affine al cerchio, forma principe dell'arte di voltare.
A F, \"'. ·""' O / \ ""'- . /
~ ""' t• ---\ -----~. ---\ \
-\--- I "'* B
Fig. 29
462
7.3.2.4 Profilo ovale
Il profilo ovale è una linea mista, composta di parti di cerchi di diverso centro e raggio, ragione per la quale si dice anche che l'ovale è una curva policentrica. I vari tratti della curva sono perfettamente raccordati, cioè ammettono la medesima tangente nei punti di saldatura. Quanto maggiore è il numero dei centri, tanto più l'ovale riesce simile all'ellisse e perciò, in genere, il numero dei centri cresce con l'aumentare della luce e dell'accuratezza del lavoro. Si distinguono due casi: nel primo il rapporto tra la corda e la freccia del sesto ribassato è compreso tra 2 e 3 e la curva è impostata su tre centri; nel secondo il rapporto tra la corda e la freccia è compreso tra 3 e 5 e la curva è impostata su cinque centri. Varie, in entrambi i casi, le costruzioni del profilo. Riassumiamo le più note.
Ovale a tre centri (fig. 30) Sono assegnate la corda (AB) e la monta (OC) dell'arco. Su (OC) si assume un segmento (CP) la cui lunghezza diventerà il raggio del primo arco che compone il profilo, perciò con P comunque compreso tra C e O. La lunghezza di detto segmento si riporta sulla corda, da A a Q e da B a T. Tracciata la (QP) si costruisce la perpendicolare nel suo punto medio R, questa retta interseca la (CP) in un punto S. La curva si descrive con centro in Q e raggio (QA), centro in S e raggio (SC), centro in Te raggio (TB). In questa costruzione gli angoli sottesi ai rispettivi centri di curvatura dalle tre curve che compongono il profilo sono, in generale, diversi. Particolare interesse, perciò, ha il caso in cui i tre angoli sono invece uguali, e quindi di 60°, perché la curva, in tal caso, è particolarmente equilibrata. Un ovale siffatto si dice isometrico.
Fig. 30
?.3. 11 tracciamento e la suddivisione in conci degli archi
ovale a tre centri isometrico (fig. 31) Sono assegnate la corda (AB) e la frecèia (OC). Si traccia la semicirconferenza di centro O e raggio (O~) e si riporta ~u di essa il punto P, facendo centro in A con raggio (AO). Chiamato Q il p_unto i~ cui la retta (OC) sega la semicirconferenza, s1 tracciano le corde (AP), (PQ). Si conduce per il vertice C dell'arco una parallela alla (PO) fino a intersecare (PA) in R. Per R si conduce una parallela alla (PO) fino a intersecare (AB) in Te la retta (CO) in S. Si riporta infine il segmento (OT) dalla parte opposta di O, segnando il punto U. La curva si descrive con centro in Te raggio (TA), centro in se raggio (SR), centro in U e raggio (UB) ( = (TA)).
Fig. 31
T
Fig. 32
463
Ovale a tre centri ottimizzato (fig. 32) È anche interessante la costruzione che minimizza la differenza tra i raggi di curvatura 4 . Sono assegnate la corda (AB) e la monta (OC) dell'arco. Con centro in O e raggio (OA) si traccia una circonferenza a intersecare la retta (OC) nel punto P. Con centro in Ce raggio (CP) si traccia una ulteriore circonferenza che sega la retta (CA) nel punto Q. Trovato il punto R, medio di (AQ), si costruisce la perpendicolare in R alla (CA) che intersecherà (AB) in S, e la retta (CO) in T. Si riporta infine il segmento (SO) dalla parte opposta di O in (OU). La curva si descrive con centro in S e raggio (SA), centro in Te raggio (TC), centro in U e raggio (UB) (=(SA)) .
Ovale a tre centri a rapporto fisso (fig. 33) Infine, se è assegnata la corda (AB) e libera invece la scelta della monta, l'ovale può tracciarsi come segue. Si divide (AB) in tre parti eguali mediante i punti P e Q. Si tracciano le circonferenze di centro P e Q e raggio (PA) = (QB), le quali si intersecano nel punto R. Si costruisce la retta (RP) che taglia la circonferenza di centro P nel punto S. La curva si descrive con centro in P e raggio (PA), centro in Re raggio (RS), centro in Q e raggio (QB) ( = (PA)). Il rapporto tra corda e freccia in questo profilo ovale risulta eguale a 2,65. Da notare che questo è un caso particolare dell'ovale composto da archi che sottendono al centro 60°.
A B
Fig. 33
7. Gli archi e le volte
Costruzione di ovale a cinque centri (fig. 34) Più raro, forse anche per la sua costruzione laboriosa, il profilo ovale a cinque centri è però il più elegante. È assegnata la corda (AB) e la monta (OF). Si traccia la semicirconferenza di diametro (AB) e si divide in cinque parti eguali: basta ricordare che la media ragione del raggio è il lato del decagono regolare inscritto. Si tracciano ancora le corde (AD), (DE), (EH) e i raggi (OD), (OE), (OH). Con centro in A si descrive un cerchio di raggio r=f2/c , dove f è la monta e c la corda dell'arco. Questo rapporto si può costruire graficamente con facilità, infatti : r=f 2 /c significa che r: f = f: c, perciò la freccia f è media proporzionale di
e di c . Basta allora riportare un segmento (AG) di lunghezza f sulla perpendicolare ad (AB) in A: la perpendicolare alla (BG) in G interseca la corda (AB) in un punto R tale che (AR): (AG) = (AG): (AB), come, appunto, si voleva. Si traccia ora il cerchio di centro A e raggio (AR): esso taglia la corda (AD) nel punto S. Per S si conduce la parallela alla (OD) che taglia la corda (AB) nel primo centro di curvatura cercato C1. Si tracciano ora: per S una parallela alla (DE), per F una parallela
Fig. 34
464
alla (EH); queste rette si incontrano nel punto T. Per quest'ultimo si conduce una parallela alla (EO) che taglia la (SC1) nel secondo centro di curvatura C2 e la (OFH), cioè l'asse dell'arco, nel terzo centro di curvatura C3 . C4 e C5 si ottengono facilmente per simmetria. La bellezza del profilo che si ottiene ripaga ampiamente del suo faticoso tracciamento.
7.3.3 Archi a sesto rialzato
Tra gli archi a sesto rialzato ricorderemo soltanto queJlL cbe.sUncontrano più frequentemente nelle architetture antiche.
7.3.3.1 Profilo saraceno
Il profilo saraceno (fig. 35) è costituito semplicemente da un sesto completo impostato su due accentuati soprassesti di altezza pari , generalmente, alla metà del raggio, sicché la freccia è tre mezzi della corda.
?.3. 11 tracciamento e la suddivisione in conci degli archi
7.3.3.2 Profilo moresco o lobato
È analogo al profilo saraceno ma il soprassesto segue la curva dell 'arco (fig. 36) , al di sotto del piano d'imposta, per una profondità generalmente eguale alla metà del raggio sicché la freccia è, ancora, tre mezzi della corda.
7.3.4 Archi a sesto acuto
Visto che molti trattatisti non fanno distinzione tra archi a sesto rialzato e archi a sesto acuto, è utile ricordare che nei primi il profilo è continuo giacché, seppure è composto di linee diverse, esse ammettono nei raccordi la stessa tangente; al contrario , nei secondi, il profilo presenta un punto angoloso nel vertice, nel quale la tangente è doppia. Nel rilievo diretto di un arco a sesto acuto ci si può limitare all'esame di tre punti, le due imposte e la chiave; questi punti sono sufficienti per ricostruire i centri di curvatura del profilo (fig. 37). Se, ad esempio, sono A e B i punti
D E
Fig. 35
465
all ' imposta, C il punto in chiave, si costruiscono le normali nei punti medi dei segmenti (AC) e (BC): queste intersecano la corda dell 'arco nei due centri di curvatura.
Fig. 36
Fig. 37
7. Gli archi e le volte
7.3.4.1 Sesto acuto equilatero
Data la corda (AB), le due parti del profilo si ottengono (fig. 38) facendo centro in A con raggio (AB) e viceversa. La denominazione discende dal fatto che in quest'arco si inscrive un triangolo equilatero.
7.3.4.2 Sesto tedesco o sesto acuto in terzo punto
Si divide la corda (AB) in tre parti (fig. 39) e, nominando nell'ordine gli estremi della divisione A, C2, C1, B, si ottengono le due parti del profilo facendo centro in C1 con raggio (C1A), in C2 con raggio (C2B).
e
Fig. 38
Fig. 39
466
7.3.4.3 Sesto acuto in quarto punto
È analogo al sesto tedesco, ma la corda (AB) è divisa in quattro parti (fig. 40). Se A, C2, O, C1, B sono gli estremi della divisione, l'arco si descrive con centro in C1 e raggio (C1A), centro in C2 e raggio (C2B).
7.3.4.4 Sesto acuto a lancetta
Sulla corda (AB) si costruisce (fig. 41) un semicerchio, quindi si traccia la tangente al semicerchio parallela alla (AB) e se ne determinano le intersezioni D ed E con i prolungamenti dei piedritti. Facendo centro in O si riporta sulla (AB) la distanza (OD)= (OE) da una parte e dall'altra, staccando così i centri di curvatura C2 e C1. Sulla corda si ottengono, perciò, nell'ordine, i quattro punti: C2, A, B, C1 e l'arco può esser tracciato con centro in C2 e raggio (C2B), centro in C1, raggio (C1A).
Fig. 40
C2 A
Fig. 41
I e
:o-· lo B
3 Il tracciamento e la suddivisione in conci degli archi 7 ..
7.3.4.5 d h' 1· sesto acuto a influsso o a co a o a c 19 1a
Si costruisce un semicerchio (fig. 42) sulla corda (AB), e si traccian? le rette (AF) e (BF) prolungandole di circa un paio d1 corde.
1 fianchi del profilo si descrivono come per _l'arco a
sesto acuto equilatero, face~do ce~tro nelle imposte on raggio pari alla corda, fino ad incontrare le rette
~iagonali (AF) e (BF) nei punti D ed E. Da questi si riporta, sempre sulle diagonali, la dis~anza (~F) = (BF) staccando i punti C3 e C4 che sono 1 centri che permettono di completare il profilo, sempre con raggio eguale ad (AF) = (BF).
7.3.4.6 Sesto Tudor
Essendo questo un profilo mistilineo, lo si trova spesso classificato tra gli archi ribassati. Tuttavia la presenza di un punto angoloso in chiave suggerisce di comprenderlo tra quelli a sesto acuto. Si divide la corda (AB) in quattro parti eguali (fig. 43) e siano, nell'ordine, A, C1, O, C4, B i punti che staccano i segmenti ottenuti. Con raggio (AC4) = (BC1) pari ai tre quarti della corda si descrivono, sotto il piano d'imposta, i quattro archi di circonferenza di centro C4 e A, Be C1 che si intersecano, due a due, nei punti C2 e C3, rispettivamente a destra e a sinistra dell'asse. Si costruiscono le rette (C1C2) e (C3C4) e si descrive infine il profilo come segue: centro in C1, raggio (C1A) fino a incontrare la (C1C2) in D; centro in C2, raggio (C2D), a riprendere la curva e così via con centri in C3 e C4.
G e
B:C2
Fig. 42
467
7.3.4.7 Sesto siriano rilevato da Mauss-Choisy
Con centro in O si descrive (fig. 44) una circonferenza di raggio pari a un ottavo della corda (AB): questa stacca sulla corda stessa i due centri C2 e C1. Perciò nominando, nell'ordine, i quattro punti così determinati A, C2, C1, B si disegna il profilo con centro in C2 e raggio (C2B), con centro in C1 e raggio (C1A).
1/4 A
Fig. 43
A B
Fig.44
7. Gli archi e le volte
7.3.4.8 Sesto persiano rilevato da Dieulafoy-Choisy
Come nell'arco siriano si descrive (fig. 45) un cerchio di centro O e raggio pari a un ottavo di (AB) e si staccano così sulla corda due punti che chiameremo C4
e C1. Si costruisce poi un quadrato di cui la corda (AB) è l'asse e D ed E i due vertici sopra il piano d'imposta. Si descrive ora un cerchio con centro in O e raggio pari a un dodicesimo della corda (AB), staccando su di essa i due punti F e G. Si tracciano le rette (DF) ed (EG), prolungandole sotto il piano d'imposta. Facendo centro in F e in G, con raggio (FD) = (GE), si staccano sulle due rette i punti C2 e C3.
Il profilo si descrive come segue: con centro in C1 e raggio (C1B) fino a incontrare la (EG) nel punto H, con centro in C2 e raggio (C2H) fino alla chiave e così via. Questo sesto ha il vantaggio di occupare, in altezza, il medesimo spazio di un sesto completo. Va osservato, tuttavia, che il punto H è angoloso, anche se in modo impercettibile: infatti i centri delle due curve che colà si saldano non sono allineati con H.
e E
Fig. 45
468
7.4 Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità
Ove siano noti gli elementi della scienza della rappresentazione, non è difficile costruire il modello grafico di una volta, sia esso in doppia proiezione ortogonale, in assonometria o in prospettiva. Occorre tuttavia controllare bene il disegno in corrispondenza del contorno apparente delle superfici rappresentate (cfr. parr. 6.3.1 ss.). Le conseguenze del teorema del contorno apparente sul disegno delle volte sono notevolissime: infatti tutte le curve, ovvero tutte le sezioni, tutti i profili della volta che nello spazio risultano tangenti a quella linea di contorno apparente, nel disegno saranno tangenti alla proiezione della linea stessa. Il concetto si chiarisce subito affrontando il problema operativamente. Perciò presenteremo per primo il disegno delle volte più comuni, che sono quelle il cui intradosso è un cilindro circolare retto, per affrontare poi, più in generale, il tracciamento degli archi e la costruzione di alcune tra le volte più complesse. Poiché la rappresentazione assonometrica militare risulta incomparabilmente più chiara della rappresentazione tecnica in pianta e sezione, faremo uso di tali assonometrie per descrivere la forma della volta considerata, e ci occuperemo solo secondariamente della rappresentazione tecnica e delle convenzioni grafiche relative.
7.4.1 Le volte cilindriche o a botte
L'intradosso della volta a botte è una superficie cilindrica. Per solito il profilo, ovvero la sezione retta di questa volta, è un arco a tutto sesto: perciò il cilindro che costituisce l'intradosso è circolare. Se l'asse della volta è normale al piano del profilo , la volta è circolare retta, se l'asse è obliquo ma orizzontale, la volta è obliqua, se l'asse è inclinato la volta è rampante o, anche, obliqua e rampante. Il profilo può essere ribassato o rialzato ed anche a sesto acuto, nel qual caso l'intradosso della volta è costituito da due cilindri ad assi paralleli che s'intersecano in chiave.
7.4.1.1 Rappresentazione della volta a botte a tutto sesto
Nel disegno delle volte cilindriche a tutto sesto si costruiscono, nell'ordine: il piano di imposta (individuato dalle linee di imposta); il profilo dell'intradosso (in corrispondenza di uno degli archi di imposta); la generatrice di contorno apparente; il secondo arco di imposta e gli eventuali ulteriori profili. Si può notare che il profilo, semicircolare, si proietta sempre in una conica ed in particolare, in assonometria come nelle proiezioni ortogonali, si proietta in un'ellisse.
7.4. Le volte semplici : soluzione dei problemi di visibilità
Assonometria militare della volta a botte a tutto sesto, retta
11 piano d 'imposta dell~ volta c.oincid~ con il fogli? da d'segno. Su di esso (f19. 46) s1 tracciano le due linee d: imposta parallele (AB) e (CD), nonché le corde d~i due archi di imposta a. tutto .sesto (AH.C) e (~KD). 81-sogna dunque in_imaginar~ 1 due ser:i1ce~ch1 ~~HC) ~ (BKD) sopra il disegno (f19. 47) e s1 avra un idea d1 come procede la costruzione della centina, prima ossatura della volta. Sempre ragionando nello spazio , dalla chiave H del primo arco d'imposta caliamo una verticale (il filo a piombo) , che incontrerà il piano di imposta nel punt~ H1. 11 seg~en~o (HH1) è la freccia del primo arco d imposta. S1 puo allora assegnare, come megl io si crede (cfr. il teorema di Pohlke e le sue conseguenze operative nei parr. 3.4.2, 3.4.3), la proiezione assonometrica (H1H') della freccia e risulta così individuato il modello assonometrico militare nel quale completeremo il disegno: infatti il segmento (AH1) = (H1C) fornisce in vera grandezza il raggio del primo arco di imposta, che assumeremo come unità d i misu ra dell 'asse x , il segmento (H1H') fornisce l' un ità di misura assonometrica (scorciata) lungo le verticali, perciò lungo l'asse z, mentre l'asse y appar-
g'
tiene ancora al piano di imposta, cioè al disegno, e dunque è misurato da una unità uguale al segmento (AH1). Nella nostra costruzione l'asse y è anche l'asse del cilindro che costituisce l'intradosso della volta a botte. Si può ora procedere al disegno del primo arco di imposta. Il suo profilo semicircolare si proietta in una ellisse che passa per i punti A, H' e C. Volendo controllare meglio le simmetrie tipiche dell'ellisse, la si può anche disegnare per intero, costruendo la proiezione H'0 del punto H0 , simmetrico della chiave H, rispetto al piano d'imposta: per determinarla basterà staccare sulla retta (H'H1), dalla parte opposta di H', un segmento (H'0 H1) uguale al segmento (H1H'). I due segmenti (AC) e (H'H'0 ), per essere proiezione parallela di una coppia di diametri ortogonali del cerchio, sono diametri coniugati dell'ellisse proiezione del profilo . Ciò significa che le tangenti alla ellisse nei punti A e C sono parallele al diametro (H'H'0 ), mentre le tangenti nei punti H' e H'0 sono parallele al diametro (AC); il che risulta evidente, se si osserva che le tangenti in A e C sono verticali e la tangente in H', punto più alto del profilo, è orizzontale. Determinate in tal modo le tangenti, l'ellisse proiezione del profilo della volta si può tracciare agevolmente a mano libera op-
D
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I / I I
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{ I I I
~ I H10
Fig. 46
469
7. Gli archi e le volte
Fig.47
/
Fig.48
470
I I I 1 / I .
I~ I 1
I I I I I I IH' '?
pure applicando uno dei numerosi procedimenti che consentono il tracciamento discreto, aggiungendo altri punti e tangenti o, ancora, con altre elaborazioni applicando il tracciamento continuo per mezzo dei filo. Costruito così il primo arco di imposta, si disegna la proiezione g' della generatrice di contorno apparente dell'intradosso: essa è parallela all'asse e tangente alla ellisse proiezione del profilo. Come si vede, dunque, il buon esito di questa seconda operazione dipende dalla cura con cui è stata tracciata la prima ellisse. Per evitare errori si può ricorrere all'affinità obliqua che lega la proiezione del profilo e il suo ribaltamento sul piano di imposta (cfr. par. 3.4.4): se ne ricava una costruzione che abbiamo già dimostrato (par. 6.6.3) e della quale, perciò, faremo qui applicazione, senza altre giustificazioni (fig. 48). Si traccia d_unque il semicerchio di centro H1 e diametro (AC); s1 prolunga l'asse della volta fino a incontrare il semicerchio nel punto 1; si conduce per H' una parallela all'asse, fino a staccare sulla corda (AC) il punto 2;
/ B
?.4. Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità
. t ccia la retta 1-2 e si costruisce il raggio del se~i;!rchio che le è ortogonale; per l'estremo 3 di detto raggio si conduce ancora una retta ortogonale che . ntra il prolungamento della corda (AC) nel punto inco · d" t 4
. La proiezione g' della gener~tnce 1 con o_rno ap-rente del cilindro passa per 11 punto 4 cosi deter
p~nato. Ciò fatto , si può disegnare la proiezione ~1K'D) del secondo a_r~o di !mpost_a: una ellisse c
1he
· costruisce come g1a abbiamo visto per la (AH C) SI t d ,
Che per il teorema del contorno apparen e, ovra e , ,
risultare tangente alla retta g . . ,. Abbiamo ultimato, in tal modo, la costruzione dell in
tradosso della volta, una sorta di stilizzato modello della centina. Si tratta ora di aggiungere gli spessori e di evidenziare eventuali sezioni. Un buon modo per completare il disegno è quello di i~magi_n_are due tagli uno in corrispondenza del piano d1 imposta (o po~o più in basso), l'altro in corrispondenza della linea di chiave. Quanto alla vista, è da preferirsi quella dal basso verso l'alto, che permette di osservare bene la forma dell'intradosso e l'eventuale disposi-
e
Fig. 49
471
H'i I I I I I I I
I H1
zione dei conci o dell'apparecchio murario (fig. 49) . L'ossatura del disegno è la stessa: infatti la proiezione costruita come sopra a filo di ferro, come si usa dire, è bivalente e può essere riguardata tanto come una vista dall'alto, cosa che in genere riesce più agevole, quanto come una vista dal basso. Appoggiandosi a questa struttura conviene, innanzitutto, disegnare il piedritto, lo spessore della volta e la zona del rinfianco. Si aggiungono poi la sezione orizzontale del piedritto e quella verticale della volta, fatta sulla linea di chiave. Si noti che l'affinità che intercede tra la proiezione dei profili, come (BK'D), ed il loro ribaltamento sul piano di imposta, (BK*D), consente anche di individuare agevolmente la proiezione assonometrica delle reni dell'arco di imposta, corrispondenti al letto il cui angolo di pendio è di 30° circa: basterà costruire sul ribaltamento il punto R*, estremo del raggio del profilo che forma tale angolo con la corda e risalire quindi, lungo la direzione di affinità, al corrispondente R'.
7. Gli archi e le volte
Rappresentazione tecnica della volta a botte a tutto sesto, retta
Sul primo piano di proiezione, che conviene far coincidere con il piano di imposta, si disegna lo spiccato (cioè la pianta) della volta. Sul secondo piano di proiezione si disegna invece l'alzato, cioè, in genere, una sezione fatta in corrispondenza alla linea di chiave. La volta può essere disposta con le generatrici oblique, parallele o perpendicolari al secondo piano di proiezione: nel primo caso il profilo semicircolare si proietta in una semiellisse (fig. 50); nel secondo caso appartiene ad un piano di profilo e la sua proiezione degenera in un segmento (fig. 51); nel terzo caso si proietta in vera forma (fig. 52). Esaminiamo in dettaglio il caso generale. Dopo aver tracciato la pianta (fig. 53), si riporta sull'alzato la proiezione (A2C2) della corda (AC) del primo arco di imposta e, per il punto di mezzo 0 2 di questo segmento, si innalza la freccia, che, essendo parallela al secondo piano di proiezione, si proietta in vera forma e può essere direttamente misurata. Sulla seconda proiezione della freccia si stacca dunque un segmento (02H2) uguale al raggio del profilo, nel quale l'estremo H2 rappresenta la seconda proiezione della chiave. Nella seconda proiezione il profilo si proietta, evidentemente, in una semiellisse che passa per i punti A2, C2 e H2 . La tangente alla curva è verticale in A2 e C2, orizzontale nel punto più alto H2; il che è sufficiente per un tracciamento rapido. Volendo raggiungere un maggior grado di precisione, conviene disegnare anche il punto H02 simmetrico di H2 rispetto alla proiezione della corda (A2C2), in modo da preparare il disegno dell'intera ellisse. I diametri (A2C2)
e (H2Ha2), così costruiti, sono coniugati (poiché derivano da una proiezione parallela di una coppia di diametri ortogonali del cerchio), inoltre, per essere tra loro perpendicolari, sono gli assi dell'ellisse seconda
D1
Fig. 50
472
Fig. 51
Fig. 52
I I
B1
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T I I I I I I ,....-+-.......
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l \ B1 "' K1
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4 Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità 7 . .
· zione dell'arco di imposta, il che consente an-proie ·1 f'I ( · d' h ·
h d·1 tracciare la curva con 1 1 o ncor 1amo c e 1 c e · · t · f hi 1 e 2 si possono determinare come in ersez10-uoc on l'asse maggiore, del cerchio che ha centro in
ne, c ' . . I I uno degli estren:i dell asse minore e raggio ugua e a semiasse maggiore). . . .
0 orre ora disegnare la pro1ez1one della generatrice dic~ontorno apparen.te ?ell'in!rado.sso, rispetto al se.-
ndo centro di pro1ez1one. E facile osservare che 11 c~ano proiettante in se~onda e tan~e.nte.~I cilindro è p ·zzontale e si appoggia alla superf1c1e d1 intradosso, 0~~prio lungo la linea di chiave (HK). Dunque la proie~ione del contorno apparente dell' .intra.do~so d?lla volta, rispetto al secondo centr~ d1 pr?1e~1one, e la seconda proiezione (H2K2) della linea d1 chiave. Analoghe considerazioni permettono di disegnare l'alzato del secondo arco di imposta.
Al
Fig. 53
473
7. Gli archi e le volte
Completata in tal modo la centina, si aggiungono gli spessori e gli eventuali dettagli costruttivi (fig. 54). I casi particolari, con l'asse della volta parallelo o perpendicolare al secondo piano di proiezione, sono banali e si desumono agevolmente dal caso generale. Bisogna aggiungere, tuttavia, che la necessità di descrivere chiaramente la forma dell'intradosso, anche nei suddetti casi particolari (ma ricorrenti), ha suggerito di ribaltare sempre il profilo degli archi di imposta sul piano di imposta. Ne scaturisce una vera convenzione grafica che è puntualmente adottata nel disegno di rilievo, come in quello di progetto.
7.4.2 Le volte di rivoluzione, ovvero le cupole
Le cupole sono, in genere, costituite da un intradosso sferico e da un estradosso a padiglione rialzato, su impianto poligonale (cfr. infra). Tra i due gusci varie soluzioni alleggeriscono la struttura. La rappresentazione dell'intradosso (fig. 55) non presenta alcuna particolarità rispetto a quella, già trattata, della sfera (cfr. par. 6.5.3).
H2
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Fig. 55
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Fig. 54
474
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Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità 7,4.
7.4.3
Fig. 56
Fig. 57
475
_j--.......... ___ __.....
/ ,./
I
Le volte a vela
Se l'impianto è costituito da un poligono inscrivibile in un cerchio, la volta a vela si costruisce semplicemente sezionando la sfera - il cui equatore appartiene ai vertici del poligono- con i piani verticali che passano per i suoi lati. Si può costruire così una volta a vela tanto su un impianto quadrato (fig. 56), quanto su un impianto rettangolare (fig. 57), quanto su un impianto poligonale (fig. 58), quanto su un poligono irregolare, quando sia inscritto in un cerchio (fig. 59).
Fig. 58
Fig. 59
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7. Gli archi e le volte
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Fig. 60
476
In tutti questi casi il profilo degli archi di imposta della volta sarà a tutto sesto, sia pure con raggi differenti. Nella rappresentazione (fig. 60) converrà prima costruire il disegno "a filo di ferro", controllando il comportamento delle proiezioni degli archi di imposta, rispetto alla proiezione del contorno apparente con i metodi già noti (cfr. par. 6.5.6), quindi (fig. 61) aggiungere gli spessori degli archi e del guscio, sezionando sul cervello.
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Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità 7.4.
Fig. 61
477
Ma la volta a vela si può anche costruire su un impianto completamente irregolare, qualora si rinunci ad avere tutti i punti di incontro degli archi di imposta (detti peducci) sul medesimo piano. È evidente, infatti, che se l'impianto planimetrico (ABCD) non è inscrivibile in una circonferenza lo sono, però, almeno tre dei suoi vertici. Si può, allora, costruire la sfera il cui equatore passa per tre dei vertici dati, ad esempio A, B e C (fig. 62), e sezionarla con i piani verticali
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7. Gli archi e le volte
che appartengono ai lati. Le sezioni della sfera che appartengono a piani le cui tracce sul piano di imposta non si incontrano sull'equatore, ma nel punto D all'interno del cerchio, avranno, evidentemente, in comune un punto E che non appartiene al piano di imposta ed ha una quota più elevata. Questo modo, più libero, di concepire la volta, trova la sua massima espressione nella volta boema. Si tratta di una volta a vela ottenuta sezionando una
Fig. 62
478
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sfera il cui equatore non passa per alcuno dei vertici dell'impianto, perché si trova anzi più in basso, in modo che la freccia sia contenuta nei limiti imposti dalla costruzione e comunque sia inferiore al raggio. Questa volta è l'equivalente, in tre dimensioni, di un profilo a sesto incompleto, e a sesto incompleto risultano, appunto, i profili dei suoi archi di imposta. Dato, ad esempio (fig. 63), l'ambiente di forma rettangolare (ABCD), lo si seziona con un piano vertica-
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4 Le volte semplici: soluzione dei problemi di visibilità
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ssante per la dia~onale (AC) .. si ribal.ta il ~iano segmento (G*Q*) è il raggio della sf~ra stessa .. Perci?, I~ pa . ne sul piano di imposta e s1 costruisce 11 cer- fatto centro nel punto Q1, con raggio (G*Q*) s1 traccia di ~ezi~e passa per il ribaltamento Q* del cervello Q, l'equatore e della sfera che darà luogo alla superficie chio e nato in funzione della freccia f = (OQ), e per i di intradosso. ass~.gA e C; a tale scopo è sufficiente costruire una Ciò fatto, basta proseguire come di consueto, seziopu~ 1
normali nel punto medio delle corde (AQ*) o nando la sfera con i piani verticali che appartengono d;Q:). detta normale incontra il ribaltamento della ai lati (AB), (BC), (CD), (DA). I peducci E, F, G, H, na( ertic~le per Q* nel punto G~, ribaltamento del centr? t~ralme_nte, risulteranno alla medesima quota se l'irl_l~ella sfera cui appartiene l'intradosso della volta; 11 pianto e rettangolare o regolare, come nell'esempio
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Fig. 63
479
7. Gli archi e le volte
da noi proposto, a quote diverse, se l'impianto è irregolare. Come di consueto, dalla rappresentazione "a fil di ferro" si passerà a quella che mostra gli spessori della struttura e le sue sezioni (fig. 64).
Fig. 64
480
/
7.5 Le volte composte
Si dicono composte quelle volte che si ottengono intersecando più superfici semplici, oppure componendo segmenti di superfici diverse, secondo procedimenti che debbono essere illustrati partitamente.
7.5.1 Le volte lunulate o lunettate
La volontà di illuminare bene gli ambienti coperti da una grande volta cilindrica, come la navata di una chiesa, conduce ad aprire, nei fianchi della volta stessa e al di sopra del piano di imposta, ampie finestre sormontate da archi. Ne consegue la necessità di raccordare l'intradosso dell'arco con l'intradosso
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7 .5. Le volte composte
Fig. 65
Fig. 66
481
della volta (fig. 65). La parte di muratura che costituisce il fronte dell'arco prende il nome di lunetta, ma la medesima denominazione si estende anche alla superficie di raccordo. Quest'ultima può ottenersi almeno in due modi: sezionando la volta madre con due piani verticali che nascono alle imposte dell'arco e che producono due costoloni intersecantisi (lunetta sferoidale, fig. 66), oppure sezionando il cilindro della volta madre con il cilindro, più piccolo, dell'intradosso dell'arco aperto nel suo fianco (lunetta cilindrica). In entrambi i casi la base del disegno assonometrico è la medesima (fig. 67): nel fianco della volta a botte, della quale si è già disegnata l'armatura, si apre l'arco a tutto sesto (DWE), misurandone la corda e la freccia con le scale assonometriche oppure, più speditamente, sfruttando l'affinità che ha la corda (DE) per asse e W', (W) come elementi corrispondenti; la
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7. Gli archi e le volte
direzione di questa affinità è, evidentemente, quella della retta (H'A). L'arco si proietta in una ellisse (DW'E) che in D ed E ha tangenti verticali, in W tangente orizzontale, perciò parallela alla linea di imposta.
Fig. 67
482
7.5.1.1 Assonometria militare della volta a botte lunettata, a tutto sesto, retta con lunetta sferoidale
La lunetta sferoidale è la più semplice a costruire. Per i punti E e G (fig. 68) si conducono due piani verticali ed obliqui rispetto all'asse della lunetta, che tagliano il piano di imposta nelle rette (EF) e (GI). Le due rette tagliano l'asse della volta madre nei punti L1 ed M1 e si incontrano nel punto V1. I piani suddetti sono simmetrici rispetto all'asse, ma il carattere del loro diedro, ovvero l'angolo che essi formano con l'asse, può variare notevolmente. Ciascuno dei due piani taglia l'intradosso della volta madre in una ellisse che è così individuata: nasce nel punto E (la simmetrica nel punto G); incontra la linea di chiave nel punto L, la
Le volte composte 7.5.
~ · ne assonometrica è L' (la simmetrica nel Ui pro1ez10 , ') d t L . t c M 1 cui proiezione e M , etto pun o s1 ro-
punto ' articale condotta in L1 (o M1), ed è il punto v~. sulla. vie curva termina nel punto F (la simmetrica PIU alto, a · d" . t C b t I) sulla opposta linea 1 1mpos a. ome a -n~I pundo tto le due curve si tagliano nel punto V, V' biamo ~ zi~ne assonometrica, che si trova sulla ver~ellal proinedotta per V1. Nei punti E ed F (per la simt1ca eco
metrica, nei punti G ed I} le tangenti alla curva sono verticali; nel punto L (o M), che è il punto più alto, la tangente è orizzontale e parallela alla corda (EF) (o (GI)}; infine, nel punto comune V la tangente può essere costruita ricorrendo alla stessa affinità obliqua già utilizzata per la determinazione del contorno apparente, nel modo che abbiamo già altrove illustrato (cfr. par. 6.6.6).
Fig. 68
483
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7. Gli archi e le volte
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Fig. 69
484
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Le due curve o costole della lunetta, in tal modo determinate, possono essere tracciate (fig. 69) , dopo di che si procederà ad aggiungere i materiali con il loro spessore nella consueta vista dal basso (fig. 70). La superficie muraria che raccorda l'arco aperto nel fianco della volta con i costoloni presenta una doppia curvatura: ciò significa che è curva anche nel tratto che va dalla chiave W dell'arco di imposta al punto
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Le volte composte 7.5. ~ dei costoloni, donde il nome dato alla V di incontro he ne paragona la superficie di intra-
tta stessa c . lune 11 di una sfera. Disegnando una sezione dos~o a q~~t= sull 'asse dell'arco (fig. 71), si può osverticale, nta accentuata dell'intradosso. La mon-
rvare la mo f" · d · se 1 fatto che in genere, la super 1c1e 1 , dovuta a ' . . ta e . e realizzata costruendo una sene d1 ar-
ccordo vien . . ra . d. nti che spingono sui costoloni. chi a iace
Fig. 70
485
7. Gli archi e le volte
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Fig. 71
Fig. 72
486
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7.5.1.2 Rappresentazione tecnica della volta a botte lunettata, a tutto sesto, retta con lunetta sferoidale
Tratteremo, come di consueto, prima il caso in cui la volta è disposta con l'asse obliquo rispetto al secondo piano di proiezione, poi i casi particolari: quando l'asse è parallelo o perpendicolare a n2. La volta sarà sempre sezionata sulla linea di chiave. In generale (fig. 72), rappresentata la volta a botte a tutto sest? ~ retta, nel modo già illustrato (cfr. par. 7.~.1.1), s1 disegnano le proiezioni dell'arco (EWG) il cui profilo è rappresentato, in pianta, dal segmento (E1W~G1), in alzato dall'ellisse che ha per ass i i segm~nt1 (E2G2) e (W2Wo2): quest'ultimo, asse maggiore, misura quanto la corda dell'arco, dato che la freccia retta alla quale appartiene, è verticale e perciò parai~ lela al secondo piano di proiezione.
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5 Le volte composte 7 . .
. f E e G si costruiscono due piani verticali, P_er 1 P~~c: rispetto all 'asse della lunetta; essi incons i rnrn~. n osta linea di imposta nei punti F ed I. tran~ op~ella volta è parallelo al secondo piano di Se 1
. a~se e (fig. 73) le due ellissi che costituiscono i proie~io~ della lunetta si proiettano, in generale, sul costo don piano di proiezione in altrettante ellissi. Si secon o . d . . h
Sservare tuttavia, che se 1 ue piani c e se-deve 0 ' 1· d' 45° . la volta principale formano ango 1 1 con zio(~~no74) allora l'asse maggiore dell'ellisse sezione n~ '9."etta' in un segmento di lunghezza uguale alla s1 pro1 . . I corda della volt~ pr~nc1pale , ~er conseg.u~nzafe se-conde proiezioni dei costoloni sono sem1c1rcon eren-
~~· . infine, l ' as~e d~lla_ volta è perpen?icolar_e al se-do piano d1 pro1ez1one, come abbiamo visto, al
ci on tutte le generatrici del cilindro sono proiettanti ora · · t I · · f d e le seconde proiezion_1 d~1 c~s o ~~1 s1 con on o_no con le omonime proiez1on1 dei profili della volta pnn-
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Fig. 73
487
cipale. Si può fare buon uso di questa posizione particolare per sezionare la lunetta in chiave con un piano di fronte e osservare, in vera forma, la monta dell' intradosso, che è caratteristica di questa soluzione e ne giustifica l'appellativo "sferoidale" (fig. 71) .
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~ Fig. 74
7. Gli archi e le volte
7.5.1.3 Assonometria militare della volta a botte lunettata, a tutto sesto, retta con lunetta cilindrica
La lunetta cilindrica (fig. 75) si costruisce determinando l'intersezione del cilindro che costituisce l'intradosso della volta a botte con quello che costituisce l'intradosso dell'arco (EWG) aperto nel suo fianco. La curva intersezione è, in questo caso, sghemba e si ottiene come abbiamo già detto (cfr. par. 6.12 .2, fig. 120)
Fig . .75
488
7.5.2 Le volte a crociera
È opportuno distinguere la volta a crociera romana da quella rialzata che, invece, è caratteristica dell 'architettura romanica e gotica. Prescindendo dalle differenze formali, che risulteranno evidenti nello studio della rappresentazione dei vari tipi, la differenza essenziale è di carattere costruttivo. La volta a crociera romana (fig. 76) è costruita come intersezione di due volte a botte, portanti: gli spigoli degli archi diagonali sono il risultato di tale intersezione e non hanno essi
5 Le volte composte
7 .. ---
Fig. 76
Fig. 77
489
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7. Gli archi e le volte
stessi una funzione portante; la volta a crociera rialzata (fig. 77) gotica è invece costruita facendo prima i costoloni e poi i riempimenti, i più leggeri possibile. Secondo Breymann la volta romana, rigorosamente cilindrica e ad assi orizzontali -tale, perciò , d 'avere il cervello alla stessa quota della chiave degli archi di imposta- si evolve in questo modo: 1) riconoscendo l'importanza statica degli spigoli si provvede a rinforzarli con la costruzione dei costoloni ; 2) vista la scomodità della forma ellittica per la costruzione dei costoloni (evidentemente nelle realizzazioni lapidee), si sceglie di fare gli archi diagonali semicircolari ma, per conservare orizzontali le linee di chiave, si debbono rialzare gli archi d'imposta e allora, forse anche per conservare la medesima forma dei conci dei costoloni , si adotta il sesto acuto; 3) «ponendo poi in non cale anche l'orizzontalità delle linee di chiave, e facendo ascendere queste o retti linee o curve verso l'incontro degli archi diagonali, si ottenne una volta a crociera della forma la più libera» 5 .
Costruzione della volta a crociera romana (Volta a crociera regolare come intersezione di due cilindri di egual diametro ad assi incidenti)
L'intersezione di due cilindri rotondi , di egual diametro, ad assi coincidenti, è costituita da una curva digrammica i cui rami sono due ellissi (cfr. parr. 6 .12 e 6.12.2). Dunque, l'intersezione di due sale di uguale larghezza, coperte da volte a botte a tutto sesto, impostate sullo stesso piano, dà luogo ad un sistema di quattro segmenti cilindrici che si saldano in due semiellissi (crociera), ciascuna delle quali appartiene tanto al cilindro che copre la prima sala, quanto al cilindro che copre la seconda. Questa osservazione porta una notevole conseguenza: le proiezioni dei costoloni sono, in generale, tangenti alle proiezioni di entrambe le generatrici di contorno apparente dei due cilindri. Riservandoci di sviluppare altre considerazioni che permettono di svincolare la volta a crociera dal rigido schema che abbiamo proposto, occupiamoci ora di rappresentare la volta prima in una assonometria militare dall'alto, in trasparenza, e cioè come semplice schema geometrico, poi in una vista assonometrica militare dal basso, sezionata, completa degli spessori murari. Si tracciano, innanzitutto (fig. 78), le linee di imposta (AB), (BC), (CD), (DA), sul piano di imposta, che coincide con il piano di quadro. Sugli estremi A e B della prima coppia di linee si costruisce l'arco a tutto sesto (AVB), che si ribalta sul piano di quadro nella semicirconferenza (AV*B) ed altrettanto si fa per il profilo (BWC). Si tracciano ora le diagonali del quadrato (o del rombo) generato dalla intersezione delle linee di imposta: questi due segmenti , (AC) e (BD), rappresentano la traccia dei due piani verticali che contengono i costoloni. Soltanto dopo aver compiuto queste prime operazio-
490
ni conviene assegnare la proiezione assonometrica V' della chiave V del primo arco. Infatti, è evidente che, a disegno ultimato, si avranno sei ellissi appartenenti a quattro diverse giaciture e precisamente: 1) due ellissi a ' e o' , come proiezioni dei profili iniziale e terminale del primo semicilindro (intradosso della prima volta a botte), giacenti entrambi su piani verticali e perpendicolari all 'asse della prima volta; 2) due ellissi,~ · e a', come proiezioni dei profili iniziale e terminale del secondo semicilindro (intradosso della seconda volta a botte), giacenti entrambi su piani verticali e perpendicolari all 'asse della seconda volta; 3) una ellisse e', come proiezione del primo costolone; 4) una ellisse/ ', come proiezione del secondo costolone. Orbene, se si vuole evitare che taluna di queste ellissi risulti accidentalmente troppo scorciata per poter essere disegnata con garbo o, a maggior ragione, se si vuole evitare che taluna degeneri in un segmento (perché il piano cui appartiene è parallelo alla direzione di proiezione) , occorre, evidentemente, assegnare tale direzione in modo che non appartenga ad alcuna delle giaciture suddette. Ciò può farsi in modo assai semplice: basterà, ad esempio, riportare su un lato del disegno, o anche nel centro 01 del piano d'imposta, quattro rette incidenti e rispettivamente parallele ai segmenti (AB), (BC), (AC), (BD), quindi tracciare una retta z' per il punto di incidenza 0 1, in modo che divida due angoli opposti in parti pressappoco uguali , infine disegnare le proiezioni delle rette verticali parallele a z'. A questo punto si può disegnare la proiezione (VN') della freccia del primo arco, scegliendo V' ad arbitrio, come è concesso dal teorema di Pohlke, ma in modo che sia (VN') < (V1A) come vuole il buon esito del disegno (cfr. par. 3.4 .3). In tal modo risulta fissata la scala assonometrica dell'asse z' , sicché, essendo uguali le frecce dei profili delle due volte, si può costruire la proiezione W' della chiave del secondo arco alla medesima quota del primo; oppure, ricordando l'artificio già descritto trattando delle volte lunettate (cfr. par. 7 .5 .1.1), si può considerare la corda (V*V') e tracciare per B una retta ad essa parallela fino a intersecare la proiezione della freccia del secondo arco nella proiezione W'. Ciò fatto si costruiscono le proiezioni g' e j' delle generatrici di contorno apparente dei due cilindri, applicando la costruzione nota (cfr. par. 6.6.3), qui riassunta per mezzo di numeri che esprimono la progressione delle operazioni grafiche. Conviene ora costruire le proiezioni delle linee di chiave delle due volte, che si intersecano, evidentemente, in un punto O' che è la proiezione del cervello O, chiave della volta. I due costoloni passano per O, che è, per entrambi , il punto più alto. Sono diverse, tuttavia, le tangenti alle due curve in O. Infatti esse sono entrambe orizzontali ma appartengono a piani diversi. La loro proiezione risulta parallela alla corda del relativo costolone.
L Volte composte 7.5. e ---- t punto sono pronte tutte le condizioni
I a ques o . . tt so o . · llissi da costruire dovranno nspe are, che le sei sem1e
infatti: . . ne del primo arco nasce in A con tan-1) la pro 1~1
1~a a z' , passa per il punto V' con ta1n.gen
gente pari Ila corda (AB) risulta tangente a g in un aralie a a . ' · · f t d I' f-te P , che può essere 1nd1v1duato s ~ut an . o . a
punto P1. che ·1ntercede tra la proiezione e 11 nbal-. ·r ob 1qua ·
f1n1 a della curva (cfr., ancora, par. 6.6.3), s1 arre-tarn~nto tangente parallela a z' ; la proiezion~ del sta 1n B con. le del primo cilindro è una traslazione
ofilo termina , P~ sta ellisse, anch 'essa tangente a g ;. . d1 que . . ni del secondo arco e del profilo termi-2) le pr~ 1ez1~ndo cilindro si comportano in modo del nale de sleocgo rispettando la condizione di tangenza tutto ana •
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alla j'; . 3) la proiezione e ' del primo cost?lone nasce. in .A. con tangente verticale, è tangente in Q' alla pro1ez10-ne g' della generatrice g di contorno apparente del primo cilindro passa per la proiezione O' del cervello, con tange~te parallela alla corda diagonale .(AC) '. è tangente in R' alla proiezione j' de~I~ gener~tnce d1 contorno apparente j del secondo cilindro , s1 arresta in e con tangente parallela a z'; a sua volta, la proiezione/' del secondo costolone nasce in B, con tangente verticale, passa per la proiezione O' del cervello , con tangente parall~la . alla corda diagonale (BD), è tangente in S' alla pro1ez1on.e g' della generatrice g di contorno apparente del ~nmo cilindro, e in T' alla proiezione j' della generatrice
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491
7. Gli archi e le volte
di co~torno apparente j del secondo cilindro, si arresta 1n D con tangente parallela a z'. Una volta comprese le operazioni che conducono a q_uesto primo tracciato schematico e la logica con cui s1 susseguono, si può affrontare il disegno della struttura vera e ~ropria (fig. 79). Conviene allora ripeterle, sforza~dos1 d1 immaginare la vista dal basso verso !:alt.o. E .evide~t~, infatti, che lo schema precedente a filo d1 ferro e ambiguo: non facendo distinzione
tra sup~rfici in vista e superfici nascoste, esso può essere 1.nterpretato tanto come vista dall'alto, quanto ~ome v.1st.a dal basso. Quando, però, si aggiungono 1 mat~nall occorre fare riferimento ad una vista che ~ostri la parte più significativa della struttura cioè l'1ntr~d.os~o •. e, insieme, che sia più vicina all~ reali cond1z1on1 d1 osservazione dell'opera realizzata.
Fig. 79
492
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7 .S. Le volte composte ---costruzione della _vol~a a crociera romana .
l\t lta a crociera su 1mp1anto rettangolare come 1nter-1 ·~ione di due cilindri di egual freccia, ad assi coin~~denti e volta a crociera su impianto poligonale)
Accade frequentemente che l'impianto della volta a crociera non sia affatto quadrato o romboidale, come ell'esempio del paragrafo precedente. La volta, tut
~avia può essere realizzata nel medesimo modo a condlzione che i due semicilind.ri che la compongono, ammettano comunq~e .un pian~ tang~nte. comune, appoggiat~, per cosi dir~, all~ 11.~ee ~1_ch1ave. In tal caso, è ovvio, se uno dei sem1c1hndn e rotondo, l'altro dovrà, di necessità, avere il profilo ribassato o rialzato. Consideriamo ad esempio due sale che si intersecano secondo il rettangolo (o parallelogramma)
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Fig. 80
493
(ABCD) (fig. 80) dove (AB), (CD) e (BC), (AD) sono le coppie di lati opposti. Se la luce (AB) è più breve della luce (BC) si costruisce, per solito, sulla prima un arco a tutto sesto di freccia ((AB)/2), poi sulla seconda un arco a sesto ribassato ellittico che ha (BC) come corda e freccia uguale a ((AB)/2). La costruzione procede, peraltro, secondo le fasi e i modi del caso precedente. È interessante notare che anche la costruzione delle proiezioni g' e j' delle generatrici di contorno apparente resta immutata. A rigore, il ribaltamento del profilo (BWC) è l'ellisse (B[W]C) e su questa si dovrebbe operare per determinare l'intersezione con il piano del fronte (BWC) del piano proiettante e tangente il secondo cilindro. Ma quando si tratta di proprietà proiettive -e la tangenza lo è- è lecito, come insegna Poncelet, operare
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7. Gli archi e le volte
su una forma che sia la trasformazione proiettiva di quella studiata, dunque su un cerchio di diametro (BC), per trasferire poi i risultati ottenuti alla forma originale. Ciò significa che si può instaurare comunque un'affinità obliqua tra la semiellisse (BW'C) e il semicerchio (B(W)C), anche se, in questo caso, esso non rappresenta, come per solito, il ribaltamento del profilo.
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Fig. 81
494
7.5.3 Costruzione della volta a crociera su impianto poligonale
La vol~a_a cr~ciera ror:i:iana è, ~eme ~bbiamo visto, la ma~enallzzaz1?ne del! intersezione d1 due cilindri; tuttavia essa puo anche essere costruita in un second modo, che presenta indubbi vantaggi pratici.
0
Consideri_amo un sem_icil~ndro rotondo ad asse orizzo~tale (f19. 81) e sezioniamolo con due piani vertica.11, ugual~~nte in~linati'. cio~ simmetrici, rispetto all asse. _Il cilindro nsultera cosi suddiviso in quattro segn:ent1, a ?.ue a due contrapposti. I primi due segmenti, che s1 impostano su due direttrici del cilindro .
Fig. 82
Fig. 83
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Fig.84
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segmenti, che si impostano su due generatrici, ovvero sulle linee di imposta, si chiamano fusi . Separiamo ora i quattro elementi (fig. 82), per osservare che i costoloni delle unghie e dei fusi, così costruiti, causa la simmetria dei piani di sezione, sono congruenti, possono cioè essere sovrapposti per mezzo di una rotazione (fig. 83). È evidente allora che, scegliendo opportunamente l'angolo formato dai due piani di sezione, si potranno costruire unghie e fusi atti a coprire ambienti impiantati sui poligoni regolari , come il triangolo equilatero (fig. 84), il pentagono (fig. 85), l'esagono ecc. Utilizzando le unghie, si costruisce allora una volta derivata da quella romana (e, sul quadrato, precisamente la volta romana); utilizzando i fusi si costruisce, invece, la volta a padiglione, della quale tratteremo tra poco. Se si immagina di utilizzare unghie di uguale freccia, ma di corde diverse, si vede come sia anche possibile superare il limite posto dalla regolarità dell ' impianto, coprendo con volte a crociera anche impianti rettangolari (cfr. paragrafo precedente) . Se infine si presuppone di utilizzare non solo cilindri, ma anche superfici rigate come il cilindroide, il che riesce peraltro agevole in cantiere, si vede come, in realtà, una volta a crociera romana possa essere realizzata anche su un impianto irregolare. Proponiamoci, ad esempio, di coprire, per mezzo di una volta sif-
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7. Gli archi e le volte
fatta, una stanza impiantata sul quadrilatero (ABCD) (fig. 86). Le due superfici che compongono una volta siffatta debbono soddisfare le seguenti condizioni: 1) debbono appartenere, rispettivamente, ai lati opposti del quadrilatero (ABCD), perciò ai lati (AB) e (CD), (BC) e (AD); debbono, dunque, appartenere ai punti E ed F, comuni alle coppie suddette; 2) debbono avere in comune le linee (AVC) e (BVD), che sono i costoloni della volta; 3) debbono ammettere un comune piano tangente in V. Queste condizioni guidano la costruzione della volta. Disegniamo, innanzitutto, sul piano di imposta le tracce (AC) e (BO) di due piani verticali che si intersecano nella retta verticale (V,V), che passa per il
Fig. 85
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cervello V. Prolunghiamo, ora, i lati opposti del qua. drilatero fino ai rispettivi punti di intersezione, E ed F. Costruiamo quindi le verticali per E e per F. Ciò fatto, assegniamo l'altezza del cervello V della volta rispetto al piano di imposta, in funzione delle condi~ zioni imposte dall'architettura (come, ad esempio, lo spazio disponibile per la freccia); quindi per V conduciamo due rette orizzontali m ed n, incidenti le verticali in H e K, e saranno queste le linee di chiave delle unghie impostate sui lati opposti. La retta m interseca il piano verticale per (AB) in un punto P e il piano verticale per (CD) in un punto Q che hanno entrambi, per costruzione, la medesima quota di V. Analogamente i punti R ed S, intersezioni di n con gli altri due piani verticali per (AD) e (BC), hanno la quota di V.
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5 Le volte composte
7 .. ~. fine , su i piani verticali per (AC) e per Tracc1arn~. in e grafiche (AVC) e (BVD). Orbene, que(80) , du~ ine. d'iv'iduano con le verticali nei punti E
d e linee in ' ) h d ste u .1. dro'idi generici (cfr. par. 6.8 c e so -F due c1 in ·1 · d 'd ' ed • d'z'ioni proposte. Infatti due c1 in ro1 1
. f o le con ' . tt d1s an ·r ezionano i piani laterali della stru ura così .cost~~~: ~mposta (APB) , (BSC), (CQD) e (ORA), negli are . partengono per costruzione, alle rette . ltre essi ap ' . . i n~ li m ed n, incidenti in V. orizzonta essiamo dire di aver costrui~o quattro unIn bre~~ · dp . he che ammettono un piano tangente h. cilin ro1c
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e due costoloni in comune: dunque una ·zzon a e · · t · on · a di derivazione romana su 1mp1an o 1r-
volta a croc1er regolare .
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\ Fig. 86
497
7. Gli archi e le volte
Fig.87
498
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7.5.4 Volta a crociera semplicemente rialzata
S~ll'!~pianto rettan~olare (ABCD) costruiamo, Per pnm1, 1 due cos!oloni (AC) e (BO) con profi lo a tutt sesto (fig. 87). E chiaro che essi si incontreranno i~ un punto V, cervello della volta, di quota uguale alla semidiagonale del rettangolo (ABCD). Dunque, volendo costruire una crociera di derivazione romana saremo costretti a rialzare tutti e quattro i profili degli archi di imposta che ha~no come corde (AB) , (BC); (CD) e (DA). In alternativa, potremo costruire due profili a tutto sesto sui lati (AD) e (BC), profili che avranno, dunque, la chiave più bassa del cervello v della volta, e due profili a sesto acuto sui lati più corti (AB) e (CD). Così facendo la volta sarà costi tu ita da porzioni di superficie rigata a piano direttore, intessuta tra gli archi di imposta e i costoloni, assunti come direttrici.
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Le volte composte 7.5.
-. trasversali di questa volta a crociera, che Le ~ezio.n; ata hanno un caratteristico andamento a s! dice "~iz. aB), dovuto alle differe~z~ di. q~ota ~elle z1g. -z~g ~~cervello ed al fatto che 1 piani d1 sezione, chiavi e :no per il cervello e sono paralleli ai lati cheyas.s nto tagliano la superficie d'intradosso sedell impianer~trici. Spesso l'architettura gotica esalta con~~r~ente lo slancio verticale d! ,ques~e ~alte ~o~ ulten do anche i costoloni, e perc10 tutti gli archi d1 ~truenta con profili a sesto acuto. 1mpos • I h' · · · rtuno ricordare infine, che e ung 1e porzioni E oppo · ' · lt . volta a crociera rialzata presentano, a vo e, d1 una I rt· · d' ·
I gera monta che ne rende a supe 1c1e 1 1n-una eg · · I f · h
d So simile a quella d1 un tnango o s eneo e e e, tra os , f ·1 · · ·1· · · · si dicono sferoidali. Non e ac1 e, 1n s1m1 1 casi, Pd~rtc.109' uere la volta a crociera dalla volta a vela e
1s in " 11 b t·1· t' I' lisi deve essere condotta p1u su a ase s 1 1s 1ca ana . ·t t t .
Struttiva che su quella squ1s1 amen e geome nca. eco I . . I t Si pensi, ad esempio, ad una vota a crociera na za a
Fig. 88
499
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7. Gli archi e le volte
impostata su un quadrato e nella quale siano archi di circonferenza, tanto i costoloni quanto gli archi di imposta: è chiaro che una siffatta struttura può determinare due superfici affatto diverse, l'una rigata {fig. 89), l'altra sferica {fig. 90).
Fig. 89
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7.5.5 Le volte a padiglione
La volta a padiglione si ottiene, come abbiamo ac. cennato, componendo quattro o più fusi cili ndrici irn. postati sui lati dell'ambiente da voltare. Ad esempio se l'ambiente è quadrato (fig. 91), la volta si costrui~ sce componendo quattro fusi derivati dalla sezione
Fig. 90
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Fig. 91
500
5 Le volte composte
7 .. ~ tondo che ha per diametro il lato del dì un cilindro ro
quadr_ato .. costoloni appartengono, per costruzione, Sì noti c_he_
1 t superfici cilindriche e che pertanto la
d d1stin e · · · a ue . . dev 'essere tangente alle pro1ez1on1 Pro1ez1one d. t b. loro t . -1 d 'i contorno apparente 1 en ram 1
I genera ne . ?e.I _e . Volendo soddisfare con __ cura q.uesta cond1-1 cdindn. a· allora costruire, innanzitutto, le due . ne converr . . . t
zio . i delle due generatnc1 d1 contorno apparen e pr~ie~~o~ . uddetti utilizzando, allo scopo, le costrud_ei ~!1 1 ~. n ste ed avvalendosi dei profili che passano z1on_1 gta nollo della volta; ciò fatto, si potranno trac-per 11 cerve . . . . le roieziont det costoloni.
ciare d ~· · rnpianto è rettangolare si possono adottare Quan °
1 ~on ·, . la prima consiste nel ribassare uno dei
due so uz1 . . I f .1. (f. 92). la seconda, descritta ne paragra o
Prof1 1 19. • · · t 6 nsiste nell'adottare una soluzione m1s a e
7 5. • CO . rt d" I" · · I voltare in parte a botte, 1n pa e a pa 1g ione. c1oe ne
Fig. 92
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7. Gli archi e le volte
Fig. 93
502
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7.5 .5.1 Le volte a padiglione rialzate
Come per la volta a crociera, anche la volta a . glione può essere dotata di costoloni semicir~~di: (f.i~. 93): in tal caso, evidentemente, la chiave di ~o~" s1 innalza e la sezione trasversale della struttura ta senta un profilo ellittico rialzato con freccia PerP~e..ò
. d · • Cl maggiore ella sem1corda. La costruzione non ' senta difficoltà e, come abbiamo già spiegato ~re. sono essere sfruttate tutte le affinità note per ia ~sterminazione della proiezione delle generatrici di e etorno apparente. on-
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5 Le volte composte
~ 7.5.5.2 adiglione su impianto poligonale Le volte a P
. t si è osservato precedentemente cir-·rt · di quan o . In v1 u. . dei costoloni, i fusi possono essere I S1rnrnetna · b ' t. · ca a . f mare la copertura d1 am 1en 1 a 1m-
cornpostilia 0~~le (fig. 94) . Inoltre il profilo dei costopianto P~egdelle sezioni trasversali della volta a pa-1on1, co . nche essere a sesto acuto. La costrud1glione, puo aenta difficoltà, se non per le tangenti . ne non pres ·1 . d' . zio . d. volta che intersecano 1 piano 1 1mpo-
lla chiave 1 ·, · ne t' pesso inaccessibili che, perc10, conv1e-sta in P.un a' ~ un piano di quota più elevata. ne riferire
Fig. 94
503
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7. Gli archi e le volte
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Fig. 95
504
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7.5.6 Le volte a botte con testa di padiglione
Si tratta di volte a botte terminate da uno o due diglioni. La loro rappresentazione non presenta alPana particolarità rispetto a quanto abbiamo già de~~(fig. 95). o
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Le volte composte 7.5.
7 5.7 h"f . olte a se •o Le v · er scarsità di spazio disponibile alla
sovente '. sta ~ragioni decorative, la volta a padigliomon~a.' si':apae raccordare quattro (o più) segmenti di ne st ltm n solaio piano (fig. 96), in genere affrecilindro con ~a assume allora l'aspetto caratteristico s~ato . ~~~fo rovesciato (donde il termine "schifo" d1 un.o
0 marinaresco, designa ancora un battei
che. tn gerg fondo piatto di servizio ad imbarcazioni I spesso a ' 1 h"f 0 •. d") Come abbiamo detto, le vo te a se t o p1u gran
1 ~sere completate da un padiglione. possono e
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Fig. 96
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7. Gli archi e le volte
7.5.8 Le volte miste, le cupole composte
Le costruzioni illustrate sin qui possono essere composte nei modi più vari. Uno tra i più ricorrenti, soprattutto nell'architettura del Rinascimento, consiste nel sezionare una volta a vela a tutto sesto con un piano orizzontale appoggiato alle chiavi dei quattro archi di imposta o di poco più alto (fig. 97) lasciando,
perciò, quattro triangoli sferici che si chiamano Pennacchi; nel sovrapporre quindi un cilindro, detto tamburo; e ancora una cupola illuminata da un occhio riparato a sua volta da un lanternino. La rap presen~ tazione è il frutto dell'applicazione reiterata dei Procedimenti già noti.
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Fig. 97
506
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1. Note~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
-- . uita anche da Giuseppe Zander, il quale 1 Questa la via seg d' Storia dell 'Architettura una esemplare · I suo corso 1 t · " GI ' "appunti" remette a la "loro forma geome rica . 1
lezione sulle ~alte e 0 pubblicati in un fascicolo stampato a di questa lezione son Roma nel 1986. .
. ià trattata da Philibert Delorme, da Girar~ 2 La stereotomiaG, g ·no Guarini per citare solo alcuni nomi . e da uari • . I · oesargu.es, . ·unse la piena maturità con la scuo a mi-tra i più illustri , r~g~'François Frézier, alla fine del ~VUI se~olo, litare francese e to e mezzi alla geometria. descrittiva d1 Gae diede fonda~e~ ·guardi della moderna scienza della rapprespard Monge. ei ri le e della forma tecnica del metodo delle sentazio~e, in genef.a la' stereotomia rappresenta un'asce~denproiezioni ortogonap
1'ortanza a nostro avviso, supera d1 gran
d·retta la cui im , . za 1 . . . circoscritto contributo mangiano. lunga il p1u
. . ni che ci interessano questo punto è, in ge-3. Nelle applicazio ro rio · ma non si deve escludere che i lati nerale,_un pundto Pti siano' paralleli, nel qual caso si interseche-0 posti cons1 era . p ·n un punto improprio. ranno 1
R Fol .1nea Architettura Pratica, Napoli 1891. 4. Cfr. · •
Costruzioni e strutture murali, Milano 1885, 5. G. A. Breymann, cap. 111 , par. 21.
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