Università Telematica Pegaso I carboidrati
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Indice
1 CLASSIFICAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 ASPETTI GENERALI -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3 I CARBOIDRATI NELL’ORGANISMO -------------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
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1 Classificazione
I glucidi o carboidrati sono prodotti naturali che svolgono un grande numero di funzioni
vitali. Tramite la fotosintesi le piante trasformano l’anidride carbonica in carboidrati: i più comuni
sono la cellulosa, l’amido e tutti gli zuccheri. La cellulosa è il principale componente delle pareti
cellulari rigide delle piante, l’amido è accumulato come alimento o fonte di energia, alcune piante
(barbabietola e canna da zucchero), producono saccarosio che è il comune zucchero da tavola.
Negli animali superiori il glucosio appare tra i componenti essenziali del sangue.
Rappresentano solo l'1% del corpo umano ma hanno una notevole importanza nutrizionale
costituendo il principale nutriente nell'alimentazione umana e la fonte energetica a più basso costo.
Secondo il comitato di esperti della FAO/OMS la denominazione “carboidrati” è quella più
corretta per identificare il vasto insieme di composti chimici costituiti da uno o più atomi di
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carbonio (C), ioni idrogeno (H) e gruppi ossidrilici (OH), a cui possono essere legate altre molecole
più o meno complesse, la cui formula generale è Cn(H2O)n.
I carboidrati, anche conosciuti come “idrati di carbonio” o “glucidi” o ancora più
diffusamente con il termine di “zuccheri”, provengono tutti dal mondo vegetale eccetto il lattosio
(disaccaride presente nel latte, formato da una molecola di glucosio e da una di galattosio) che
rappresenta l’unica fonte animale di zuccheri.
Quest’ultimo termine sarebbe più corretto riservarlo per identificare i composti più semplici
di questa categoria di nutrienti caratterizzati, chi più chi meno, dal sapore dolce.
In base al numero di gruppi CHO, al tipo di composizione chimica e alla struttura che
assumono, i principali glucidi di dividono in:
Monosaccaridi (una sola molecola): glucosio, levulosio, fruttosio, galattosio
e mannosio;
Disaccaridi (due molecole di monosaccaridi unite insieme): maltosio
(glucosio- glucosio), lattosio (glucosio-galattosio), saccarosio (glucosio-fruttosio);
Polisaccaridi (tre o più molecole di monosaccaridi): amidi, glicogeno e fibra.
I monosaccaridi e i disaccaridi sono detti anche zuccheri semplici (oligosaccaridi,
che conferiscono al cibo il gusto dolce), mentre i polisaccaridi sono considerati zuccheri
complessi.
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A proposito della caratteristica degli zuccheri di conferire ai cibi il gusto dolce, è
opportuno ricordare che le sostanze dolcificanti possono essere distinte in due gruppi
principali, dolcificanti nutrienti e dolcificanti non nutrienti, ciascuno dei quali presenta
caratteristiche nutrizionali e potere dolcificante specifici.
Tanto i mono quanto i polisaccaridi vengono suddivisi a loro volta in disponibili
(zuccheri e amido), che possono essere utilizzati direttamente dalle cellule per il
metabolismo energetico, e non disponibili (fibra alimentare), non disponibili e non digeribili
e, pertanto, neppure direttamente utilizzabili per i processi metabolici, ma fermentati dalla
flora batterica intestinale e trasformati in acidi grassi a catena corta:
Carboidrati disponibili:
- Zuccheri semplici (glucosio, fruttosio, lattosio, maltosio e saccarosio);
- Polisaccaridi (amido, destrine e glicogeno),
Carboidrati non disponibili:
- Oligosaccaridi della serie del raffinosio (raffinosio, stachioso etc);
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- Fibra alimentare (cellulosa, lignina, emicellulosa, pectine, ecc);
- Fibra grezza (cellulosa e lignina);
- Amido non digeribile e resistente definito come la frazione di amido
che resiste ad una protratta idrolisi enzimatica; influenzata dal contenuto di
amilosio, dalla temperatura di cottura e dai processi tecnologico-industriali, dalla
struttura dell’alimento e dal suo contenuto di acqua costituito probabilmente da
amilosio altamente cristallino e a basso grado di polimerizzazione, che ne
modifica, riducendola, la digeribilità (maggiore resistenza all’azione digestiva
degli enzimi) e quindi la disponibilità.
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2 Aspetti generali
I monosaccaridi, dopo essere stati assorbiti dalle cellule della parete intestinale,
raggiungono, attraverso il torrente circolatorio, il fegato, dove vengono trasformati in glucosio, il
glucide metabolicamente fondamentale, e utilizzati in base alle specifiche necessità sia dal fegato
stesso che da tutte le altre cellule dell’organismo.
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I glucidi semplici possono essere assorbiti e metabolizzati da ogni cellula del corpo per
produrre energia, il loro meccanismo di assorbimento è facilitato e avviene a livello di tutte le
membrane cellulari.
Il loro utilizzo metabolico a scopo energetico è immediato, essendo i glicidi semplici la
molecola di partenza del metabolismo energetico anerobico (glicolisi).
I glicidi complessi devono essere precedentemente idrolizzati e poi digeriti dagli specifici
enzimi pancreatici (le saccarasi), che li riducono in zuccheri semplici prima di poter essere assorbiti
ed utilizzati.
Mentre il glucosio proveniente dagli zuccheri - presenti nel cibo quasi sempre come
ingrediente aggiunto - viene assorbito velocemente dall'intestino, ed entra massivamente nel sangue
provocando un rapido e brusco rialzo della glicemia, l'amido invece per essere assorbito deve prima
essere frammentato nelle molecole di glucosio che lo compongono, e questo richiede tempo:
significa che le molecole di glucosio entreranno gradualmente nel sangue, che questo processo
durerà per il tempo necessario all'assorbimento di gran parte dell'amido e che i livelli di glicemia
verranno innalzati modicamente ma stabilmente.
Questa differenza è fondamentale: gli zuccheri semplici, infatti, provocano un'impennata
della glicemia cui fa seguito un'immediata scarica di insulina, l'ormone prodotto dal pancreas e
deputato a mantenere stabili i livelli di glucosio. L'insulina provoca in breve tempo un
abbassamento della glicemia, condizione nota come "ipoglicemia", che il cervello non è in grado di
tollerare, perché il carburante per eccellenza del cervello è lo zucchero. Tuttavia l'assunzione di
zuccheri provoca, intuibile da quanto anzidetto, continue e brusche oscillazioni della glicemia, il
cosiddetto "effetto yo-yo", che porta ad assumere ad intermittenza, sotto forma di cibi dolci, calorie
non necessarie. Gli zuccheri complessi invece, soprattutto se accompagnati a fibre, influenzando in
modo "soft" la glicemia: essi non solo non innescano l'effetto yo-yo ma riescono a garantire livelli
di glicemia stabili ed efficaci per le necessità dell'organismo.
Per evitare gli zuccheri aggiunti durante la conservazione e la preparazione degli alimenti è
possibile:
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Scegliere l’acqua anziché le bevande gassate dolcificate,
Bere mezza tazza di succo 100% frutta anziché di succo di frutta generico,
Mangiare un po’ di frutta fresca al posto del dolce ed evitare i dolci con
aggiunta di zuccheri,
Scegliere cereali per la colazione senza zuccheri aggiunti o con pochi
zuccheri aggiunti.
È certamente un concetto ormai assimilato nelle conoscenze generale, e tuttavia è sempre
bene ribadirlo con forza: gli zuccheri e i carboidrati fermentabili hanno un elevato potenziale
cariogeno. Ma non è solo la quantità di zuccheri e carboidrati fermentabili consumati che favorisce
la carie, anche:
- la loro consistenza e composizione,
- quanto spesso vengono consumati
- per quanto tempo rimangono nella bocca.
Di conseguenza la frequente assunzione di zuccheri e carboidrati fuori pasto e la loro permanenza
nella cavità orale permette agli acidi batterici di attaccare lo smalto dentale.
La produzione di acidi (= possibilità di sviluppo della lesione cariosa) può essere diminuita
limitando la frequenza degli spuntini fuori pasto a base di zuccheri e carboidrati fermentabili e
quindi la durata di tempo in cui i denti sono esposti a questi alimenti. Perciò in ogni caso è
imperativo modificare e limitare l'assunzione dei carboidrati fuori pasto (snacks), eseguire una
scrupolosa igiene orale giornaliera almeno tre volte al giorno, assumere giornalmente il fluoro.
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Fa parte dei carboidrati la Fibra Alimentare (come cellulosa, pectina, lignina) : l'uomo non
è capace di digerirla (e tutto ciò che non riusciamo a digerire contribuisce alla formazione delle
feci), ma svolge importanti funzioni nell'organismo, regolando la funzione intestinale, ritardando lo
svuotamento gastrico e contribuendo a mantenere il senso di sazietà.
Recentemente le è stata attribuita una funzione protettiva contro lo sviluppo di alcuni tumori.
La funzione principale degli zuccheri è produrre energia: forniscono in media 4 kcal/g di
sostanza, o più esattamente 3,75 kcal/g per i carboidrati disponibili (o semplici) espressi come
monosaccaridi, e 4,13 kcal/g per l’amido (espresso come polisaccaride); inoltre i glucidi svolgono
anche una certa funzione plastica, contribuendo anche alla costituzione delle strutture cellulari come
il DNA e le membrane cellulari.
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3 I carboidrati nell’organismo
Nel corpo umano il glucosio (detto anche glicosio o glicoso oppure destrorsio) è distribuito
dappertutto come tale (cellule, sangue).
Si trova invece sotto forma di molecola complessa (glicogeno) nei muscoli (energia pronto
uso) e nel fegato, dove svolge funzione energetica e detossificante (si coniuga con le tossine per
formare composti innocui ed eliminabili con le urine).
Le scorte di carboidrati possono fornire all’organismo circa 2000 calorie (pari a circa 500
g di glicogeno), una quantità paragonabile alla spesa energetica di una corsa di 30 km. Solo il
glicogeno del fegato può essere scomposto in glucosio e liberato nel sangue, in modo da servire gli
organi, principalmente il cervello.
Il glucosio contenuto nelle cellule può provenire da tre differenti fonti:
- la dieta,
- la glicogenolisi (scissione delle molecole di glicogeno accumulate nei
muscoli scheletrici e nel fegato),
- la gluconeogenesi epatica (produzione di glucosio a partire dalle
molecole della maggior parte degli amminoacidi: alanina, arginina, asparagina,
acido aspartico,, cisteina, acido glutammico, glutammina, glicina, istidina,
metionina, prolina, serina, treonina, triptofano e valina);
queste tre vie, in misura variabile, a seconda delle condizioni metaboliche, e di
alimentazione, concorrono tutte a mantenere costante la glicemia.
La glicemia indica la concentrazione ematica del glucosio, che, in condizioni normali,
oscilla tra 60 – 110 mg/dl (3,6 – 6,1 mmml/l), in funzione dello stato metabolico dell’organismo,
con aumenti nelle fasi successive ai pasti ed una riduzione nelle fasi di digiuno o durante attività
fisiche gravose o prolungate nel tempo.
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La glicogenolisi epatica, nell’intervallo tra i pasti, e la neoglucogenesi, dopo 10-12 ore di
digiuno, garantiscono il rilascio nel sangue di una quota di glucosio pari a circa 2,0 – 2,5 mg/kg
p.c./minuto, che rimane costante anche senza un rifornimento di glucidi dall’esterno, ma che
diventa tanto più importante quanto più lungo è il periodo di digiuno.
Poiché l’organismo umano non dispone di cospicue riserve di zuccheri, come invece avviene
per i grassi, è indispensabile favorire nel tempo un corretto rifornimento di zuccheri per evitare che
la glicemia si abbassi eccessivamente (ipoglicemia) e che l’organismo debba ricorrere alla
produzione endogena di glucosio. Quest’ultima evenienza può verificarsi, come già detto in
precedenza, a partire dalle riserve di glicogeno muscolare ed epatico (glicogenolisi) e/o dagli
aminoacidi (gluconeogenesi) e serve ad evitare la comparsa dei disturbi soggettivi che si
accompagnano generalmente ad uno stato ipoglicemico: malessere generale, scarsa capacità di
concentrazione, riduzione dell’efficienza fisica, stanchezza, sudorazione etc, fino alla temporanea
perdita di coscienza (lipotimia) nei casi più gravi.
Il processo di gluconeogenesi provoca però un eccesso di urea (con sovraccarico renale) e
un accumulo di corpi chetonici (scorie provenienti dall’utilizzo degli acidi grassi) con conseguente
acidosi.
Gli alimenti principali che forniscono la maggiore quota glucidica sono i cereali, il
saccarosio, la frutta, il miele, ma gli zuccheri sono presenti anche in preparati quali marmellate,
sciroppi, dolci e bevande e, in misura minore, in molti altri alimenti.
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La digeribilità dei carboidrati complessi viene migliorata dal riscaldamento (< 70 °C) e dalla
cottura a 100 °C, mentre solo in caso di esposizione a temperature molto più elevate (intorno ai 200
°C, temperature alle quali avviene la caramellizzazione) si verifica una riduzione della loro
disponibilità e la formazione di sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana; una
parziale perdita del contenuto in carboidrati semplici si può determinare durante la cottura in acqua.
Nella dieta la quantità di glucidi deve rappresentare il 55-65% della quota energetica totale
giornaliera (ETG) di cui il 20% deve essere rappresentato da zuccheri semplici (glucosio e
fruttosio).
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La quota giornaliera totale dei glucidi deve essere rappresentata dunque per l’80% dai
glucidi complessi.
La presenza di glucosio è determinante per il funzionamento dei globuli rossi e delle cellule
nervose che utilizzano questa molecola come principale fonte di energia.
La dieta dell’atleta deve prevedere un’adeguata quantità di glucidi complessi e semplici
come fonte energetica in relazione alle esigenze individuali e al carico di lavoro sportivo.
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