Weekly Report N°27/2015
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www.bloglobal.net
N°27, 11-17 OTTOBRE 2015
ISSN: 2284-1024
I
Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 18 ottobre 2015 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Agnese Carlini Giuseppe Dentice Danilo Giordano Vittorio Giorgetti Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Violetta Orban Maria Serra
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°27/2015 (11-17 ottobre 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Khaama Press; AFP; Ndi Eugene Ndi/The East African; Reuters; Ansa; ArabPress.eu; NATO.
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FOCUS
IRAQ/SIRIA ↴
L’impegno militare in Siria della Russia di Vladimir Putin e la ritrovata volontà ameri-
cana in Iraq non hanno, sinora, prodotto risultati tangibili, soprattutto per la compre-
senza di numerosi attori regionali che hanno obiettivi diversi e spesso contrastanti.
Uno di questi è la Turchia che il 16 ottobre ha annunciato di aver abbattuto un
drone, pare di fabbricazione russa, che aveva violato il proprio spazio aereo, nei
pressi del confine con la Siria. Le autorità turche hanno precisato, nei minuti imme-
diatamente successivi all’accaduto, di aver provveduto all’abbattimento del drone,
rispettando quelle che sono le regole di ingaggio internazionale, ovvero dopo che i
tre warning previsti erano rimasti inascoltati. Alcuni rappresentanti statunitensi
hanno affermato che il drone è russo, ma il portavoce del Ministero della Difesa russo,
Igor Konashenkov, ha immediatamente negato ogni coinvolgimento, dichiarando che
«tutti gli aerei operanti in Siria hanno fatto regolarmente rientro alla base aerea di
Hmeimim, dopo aver completato il proprio compito, mentre tutti i droni risultano
operativi».
Per quanto riguarda la situazione sul campo, le truppe siriane, supportate da
combattenti iraniani e di Hezbollah hanno lanciato un’offensiva sulla città di
Aleppo, nel tentativo di riprenderla dal controllo dei gruppi ribelli. L’offensiva, la
prima che ha visto un tale schieramento di forze iraniane, è stata sferrata, insieme
ad altre operazioni nel centro della Siria, per cercare di riprendere il controllo dello
strategico tratto di strada M5 che collega la capitale siriana Damasco alle città di
Homs, Hama ed Aleppo. L’offensiva pro-governativa è stata accompagnata dai bom-
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bardamenti aerei dell’aviazione russa che, nonostante lo scorso 15 ottobre abbia rag-
giunto il punto più alto della sua partecipazione, con ben 88 sortite aeree, ha dovuto
ridurre la propria frequenza per permettere alle truppe siriane di avanzare sul ter-
reno. Nonostante l’interventismo russo, i progressi sul campo sono limitati:
solo sei villaggi sono stati ripresi, mentre sono avvenute importanti perdite sia ma-
teriali, sia umane. Le forze iraniane hanno sofferto la perdita di numerose per-
sonalità di alto profilo, tra cui il Generale Hossei Homedani, uno dei capi delle
Guardie Rivoluzionarie iraniane.
La resistenza contro i miliziani dello Stato Islamico (IS), che stanno puntando verso
Aleppo da nord, è stata rafforzata dalla costituzione di una nuova alleanza arabo-
curda che ha ricevuto armi e munizioni da Washington. Al riguardo, il Primo
Ministro turco Ahmet Davutoğlu ha richiamato Stati Uniti e Russia a non utilizzare i
curdi iracheni, né tantomeno quelli siriani, per la propria causa, perché potrebbero
decidere di utilizzare gli armamenti ricevuti contro le forze di sicurezza turche. Il
Pentagono ha chiarito che il carico di armamenti è andato alla coalizione costituita
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dai curdi dell’YPG e da gruppi arabi siriani, racchiusi nella Syrian Arab Coalition, che
con i suoi 5.000 combattenti programma un’offensiva determinante sulla città di
Raqqa, roccaforte dell’IS: ulteriori forniture, ha precisato il Pentagono, saranno valu-
tate attentamente e avverranno se i ribelli dimostreranno di utilizzarle esclusiva-
mente contro il gruppo fondamentalista islamico. Il fronte pro-Assad ha, intanto, fatto
registrare una curiosa adesione: secondo le rivelazioni di una fonte anonima alla
emittente televisiva Fox News, forze speciali e truppe paramilitari provenienti
da Cuba, sarebbero giunte in Siria, probabilmente grazie al supporto russo, per
affiancarsi alle truppe governative.
Per quanto riguarda il fronte iracheno, dopo la riconquista di alcuni villaggi a nord e
ad ovest della città di Ramadi, avvenuta grazie al supporto dell’aviazione americana,
si intensificano gli sforzi per riconquistare l’area di Anbar, conquistata dai mi-
liziani dell’IS nel maggio scorso. Le forze di intelligence hanno, nel frattempo, con-
fermato che lo strike condotto domenica scorsa dall’aviazione irachena sul convoglio
dell’IS, non ha colpito a morte il leader Abu Bakr al-Baghdadi, anche se non è ancora
chiaro se fosse presente o meno. L’attacco è stato il frutto del lavoro congiunto del
centro di intelligence condiviso tra Siria, Iran, Iraq e Russia, dislocato nella green
zone di Baghdad: ognuno dei quattro Paesi partecipa al centro di coordinamento con
sei membri, tra i quali ci sono anche due generali russi. Nel frattempo, truppe ira-
chene e milizie sciite avrebbero riconquistato la strategica raffineria di Bajii,
situata a circa 190 km da Baghdad, e considerata un passaggio strategico fondamen-
tale nella lotta all’IS.
Continua, infine, la crisi politica nel Kurdistan iracheno: il Primo Ministro Ne-
chirvan Barzani ha rimosso quattro Ministri del suo governo e ha impedito allo Spea-
ker della Camera di far rientro nella capitale Erbil. Tutti e cinque le personalità politi-
che osteggiate da Balzani fanno parte del partito Gorran, accusato dal Kurdistan De-
mocratic Party (KDP) di aver orchestrato le proteste della settimana scorsa, a seguito
della quali cinque persone sono morte. Le proteste, nate dalla richiesta dei partiti
curdi di una riduzione del potere del Presidente Massoud Barzai come precondizione
per estendere il suo mandato, potrebbero minare la compattezza dell’opposizione dei
curdi nei confronti dell’IS.
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BREVI
AFGHANISTAN, 11-16 OTTOBRE ↴
Dopo settimane di intensi combattimenti i Talebani
hanno lasciato il centro della città di Kunduz.
Secondo quanto dichiarato dal portavoce dei
miliziani, Zabihullah Mujahid, la decisione di
ritirarsi è stata presa per evitare che altri civili
muoiano a causa dei bombardamenti dell’aviazione
NATO: «i nostri nemici hanno distrutto mercati, negozi ed ospedali, e abbiamo visto
la nostra gente soffrire a causa dei loro attacchi» ha rivelato Mujahid ad un
corrispondente di al-Jazeera. La presa temporanea di Kunduz da parte dei Talebani
ha rappresentato un colpo duro per la coalizione internazionale e ha dimostrato da
una parte l’impreparazione e la debolezza delle forze di sicurezza afghane, dall’altra
la ritrovata forza dei Talebani afghani, adesso riuniti sotto la nuova guida del Mullah
Mansur. A due mesi dalla nomina ufficiale di Mansur quale nuovo leader, i Talebani
sono riusciti a mettere sotto il loro controllo diversi territori nel nord e nell’est
dell’Afghanistan: Mujahid ha confermato che i Talebani hanno conquistato più di 35
distretti sui 398 in cui è suddiviso il Paese. La mattina dell’11 ottobre un attentatore
kamikaze, riconducibile ai
Talebani, ha attaccato un
convoglio delle truppe NATO,
nel quartiere Joy Shir della
capitale Kabul, causando
soltanto il ferimento di tre
civili. Questi episodi e gli altri
attacchi nelle province di
Badakhshan, Takhar e Baghlan
hanno spinto i membri della
coalizione internazionale a
rivedere i propositi di
abbandonare il paese entro la
fine del 2015, certi dell’arrivo
di una nuova offensiva
talebana per riprendere il nord
dell’Afghanistan. Gran parte
delle truppe NATO sono andate
via dal Paese, ad eccezione di
un contingente internazionale
dedito all’addestramento delle
truppe afghane e un
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contingente statunitense di circa 10 mila soldati. Il Presidente statunitense Barack
Obama ha annunciato che gli Sati Uniti manterranno l’attuale organico anche per il
2016, ma dal 1° gennaio del 2017 vi sarà un parziale ritiro del contingente. Infatti, il
numero di unità scenderà dagli attuali 9.800 a 5.500 militari, che saranno mantenuti
sul campo e suddivisi tra Kabul, la base aerea di Bagram e la altre due basi di
Kandahar e Jalalabad, esclusivamente a scopi addestrativi e in funzione anti-
terrorismo. Dopo il sostanziale appoggio alla continuazione della missione da parte
della Germania, il governo italiano, alle prese anche con il dossier libico, sta valutando
la possibilità di estendere il proprio mandato nel Paese, che sarebbe dovuto terminare
nel gennaio del 2016.
BIELORUSSIA, 12 OTTOBRE ↴
Un plebiscito ha confermato per la quinta volta
consecutiva Aleksandr Lukashenko, vittorioso alle
elezioni presidenziali con l’83,49% dei voti. Un risultato
che ha superato anche l’ultima tornata del 2010,
quando il Presidente si era affermato con il 79,65%. Gli
sfidanti erano Tatiana Korotkevich, membro del Partito
Socialdemocratico bielorusso e attivista del movimento di opposizione Dì la verità,
fermatasi al 4,42%, il leader del Partito Liberaldemocratico Serghej Gaidukevich
(3,32%) e Nikolai Ulakhovich, capo del Partito Patriottico (1,67%). Diversamente
dalle precedenti elezioni, contrassegnate da gravi episodi di tensione e da ben 600
arresti, non si sono registrati scontri tra oppositori e forze dell’ordine. Ciononostante,
sebbene nelle settimane antecedenti il voto Lukashenko avesse deciso di concedere
la grazia a molti dei prigionieri politici del 2010 allo scopo di favorire un clima di
distensione, il giorno precedente l’apertura ufficiale delle urne diverse migliaia di
persone sono scese in piazza a Minsk per denunciare nuovi brogli che avrebbero
coinvolto un terzo dell’elettorato. Sotto accusa è stato soprattutto il sistema di voto
anticipato, una pratica che, utilizzata in particolare da studenti e dipendenti statali,
ha permesso di votare fino a cinque giorni prima della data fissata per le elezioni.
Secondo l’OSCE, in molti dei seggi allestiti anticipatamente non ci sono stati né
controlli né esponenti delle opposizioni a garanzia del corretto svolgimento delle
operazioni. Ecco perché per Kent Hasted, Direttore della missione di osservazione,
pur riconoscendo un miglioramento del processo elettorale, ha dichiarato che le
elezioni bielorusse «non soddisfano ancora gli standard minimi per potersi definire
propriamente democratiche». Una delle principali sfide per Minsk riguarderà ora il
mantenimento del difficile equilibrio tra UE e Russia. Se il rapporto con Putin sembra
essersi in parte incrinato, a causa sia della mediazione bipartisan portata avanti nel
dialogo tra Kiev e rappresentanti delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk sia
degli effetti della crisi monetaria russa sulla già fragile condizione economica
bielorussa, quello con l’UE sembrerebbe pronto a riaprirsi. Poche ore dopo la chiusura
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dei seggi, infatti, i Ministri degli Esteri europei hanno dichiarato il momentaneo
allentamento per i prossimi quattro mesi delle sanzioni economiche imposte al Paese.
Un’apertura notevole, per quanto figlia, in tutta probabilità, più di un gioco di
strategie internazionali che di una reale convinzione dei progressi della Bielorussia in
termini di rispetto dello stato di diritto e dei principi democratici.
CAMERUN, 12-13 OTTOBRE ↴
In risposta alla crescita esponenziale della minaccia
terroristica di Boko Haram nella regione dell’Africa
Centrale e in Camerun in particolare, l’Unione Africana
(UA) ha dato il proprio consenso all’invio di un
contingente di soldati in Benin, Camerun, Ciad e Niger
per combattere contro il gruppo estremista attivo in Nigeria, stanziando inoltre 86
milioni di dollari in aiuti di vario tipo. L’accordo ufficiale è scaturito a seguito
dell’incontro avvenuto nella capitale camerunense Yaoundé tra il Commissario per la
pace e la sicurezza dell’UA, Smail Chergui, e il Ministro della Difesa del Camerun,
Joseph Beti Assomo. L’accordo prevede il dispiegamento di una nuova forza di
intervento dell’UA per riportare la pace e la sicurezza nei Paesi membri, tra cui il
Camerun appunto. Tale contingente militare avrà la sua sede operativa nella città
camerunese di Douala, ma farà capo al quartier generale di Addis Abeba, in Etiopia.
Comprenderà militari, ufficiali e agenti di polizia e componenti della società civile
provenienti da tutti i cinque blocchi regionali dell’Africa: il Meccanismo di
coordinamento della forza di pronto intervento dell’Africa Orientale (EASFCOM), la
Comunità economica degli Stati dell’Africa Centrale (CEEAC), la Comunità Economica
degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), la Comunità dell’Africa Orientale (EAC)
e la Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC). Tuttavia, non è stata ancora
annunciata la data in cui la forza di intervento sarà operativa. Negli stessi giorni, in
una lettera al Senato e alla Camera dei Rappresentati, il Presidente degli Stati Uniti
Barack Obama ha annunciato che 90 militari sono stati inviati in Camerun per
sostenere il Paese africano nella lotta contro il terrorismo islamista di Boko Haram.
Le truppe sono state dispiegate il 12 ottobre ed altre ne seguiranno nelle prossime
settimane. Obama ha altresì dichiarato che i contingenti militari forniranno assistenza
e ricognizioni aeree e terrestri su richiesta delle autorità di Yaoundé e che saranno
muniti di armi a mero scopo difensivo.
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ISRAELE, 15-16 OTTOBRE ↴
Continuano gli scontri e le violenze tra israeliani e
palestinesi a Gerusalemme e in tutte le principali città
della Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Nelle ultime
ore si sono registrate numerose aggressioni da parte
di giovani palestinesi (tra cui anche donne) nei
confronti di militari israeliani, tra Gerusalemme Est e
la Cisgiordania. Uno degli episodi più volenti si è registrato a Nablus, dove nella notte
tra il 15 e il 16 ottobre è stata incendiata la Tomba di Giuseppe, luogo sacro per tutte
e tre le fedi monoteistiche, da parte di alcuni giovani palestinesi. Altri attacchi sono
avvenuti ad Hebron vicino alla Tomba dei Patriarchi. Intanto il governo israeliano ha
ulteriormente innalzato il livello di allerta in tutto il Paese e ha disposto nuove misure
di sicurezza a protezione dei luoghi sacri e di quelli ritenuti strategici dalle autoirità
ebraiche, nonché a salvaguardia dell’incolumità dei cittadini israeliani e dei coloni in
Cisgiordania. Oltre mille soldati sono stati dispiegati a Gerusalemme, ai confini
internazionali della zona orientale e altrettanti militari sono stati inviati a Tel Aviv.
Nel tentativo di abbassare il livello di scontri, il governo israeliano ha bloccato
temporaneamente il piano di costruzione di oltre 500 abitazioni a Gerusalemme Est
e sta prendendo in considerazione l’ipotesi di tamponare, almeno per il momento, la
costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Nel frattempo da parte palestinese
si assiste all’ennesima situazione di confusione, nella quale ogni singolo
rappresentante politico ha ribaltato responsabilità e accuse ora nei confronti della
controparte gazawi o cisgiordana, ora verso quella israeliana. In questa situazione di
forte tensione la comunità internazionale ha richiamato tutte le parti alla massima
responsabilità, chiedendo la cessazione immediata delle violenze. Gli Stati Uniti e la
Germania, attraverso il Segretario di Stato John Kerry e il Cancelliere Angela Merkel,
hanno chiesto un immediato rilancio dei negoziati israelo-palestinesi. Sebbene Tel
Aviv e Ramallah non abbiano posto un netto rifiuto all’ipotesi della mediazione
internazionale, non sono tuttavia d’accordo su quale attore esterno alla regione possa
assumere un utile ruolo di mediatore.
MACEDONIA, 14 OTTOBRE ↴
Oliver Spasovski, Segretario Generale del partito di
opposizione Unione Socialdemocratica di Macedonia
(SDSM) ha annunciato l’abbandono del tavolo delle
trattative con l’Organizzazione Rivoluzionaria Interna
Macedone-Partito Democratico per l’Unità Nazionale
Macedone (VMRNO-DPMNE) del Primo Ministro
conservatore Nikola Gruevski. L’accordo tra i due principali partiti, mediato con
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difficoltà da Johannes Hahn, Commissario europeo per la Politica di Vicinato e i
negoziati per l’Allargamento, si era reso necessario dopo lo scoppio dello scandalo
intercettazioni nello scorso inverno. Dai nastri resi noti dal leader di SDSM, Zoran
Zaev, era emerso che il governo di Skopje aveva spiato illegalmente telefonate ed e-
mail di più di 20.000 cittadini tra politici, giornalisti e membri di ONG, oltre ad essersi
reso reo di presunte attività illecite tra cui controllo della stampa, nomine pilotate
nella pubblica amministrazione, insabbiamento di casi giudiziari e brogli elettoriali.
Gruevski e il suo partito non hanno mai ammesso la veridicità di queste
intercettazioni, bollandole come artifici costruiti ad hoc per destabilizzare l’Esecutivo.
Dopo un braccio di ferro durato diversi mesi, segnati da molteplici proteste di piazza
e dal boicotaggio dell’attività parlamentare da parte dell’opposizione, il Premier aveva
deciso di accettare la via diplomatica per discutere i punti principali di una nuova
intesa. Il 15 luglio scorso si era finalmente deciso che: SDSM, dopo il 20 ottobre,
avrebbe potuto nominare Ministri o vice Ministri dei cinque Dicasteri chiave (Interni,
Lavoro, Finanze, Telecomunicazioni e Agricoltura); Gruevski si sarebbe dimesso a
gennaio e l’Esecutivo – inclusivo anche dei partiti di minoranza – sarebbe stato
affidato ad un governo tecnico di unità nazionale fino alle elezioni anticipate del 24
aprile 2016; una commissione speciale d’inchiesta sarebbe stata infine istituita per
fare luce sulle intercettazioni. Su ognuno di questi punti le parti si sono tuttavia
gradualmente allontanate. Soprattutto con riferimento all’ultimo aspetto, dopo la
nomina di Katica Janeva – personalità su cui tutte le parti politiche si erano trovate
in accordo – a Procuratore speciale della Commissione d’inchiesta, il Consiglio
nazionale dei Magistrati ha approvato solo la metà dei giudici designati dalla stessa
Janeva e a cui sarebbe spettato l’incarico, bloccando di fatto l’attività del pool
investigativo. Nota è la diffidenza dei principali giudici del Paese di affidare ad un ente
esterno l’ordinamento macedone una decisione così importante. In secondo luogo, il
VMRNO-DPMNE ha continuato a rimandare le discussioni sulla nuova legge elettorale,
facendo intendere la poca disponibilità a procedere con il voto anticipato. Inoltre lo
scorso 6 ottobre il governo ha presentato una proposta di legge per impedire la
pubblicazione di qualsiasi materiale relativo alle interecettazioni, con una pena per i
giornalisti che commettono il fatto fino a un massimo di quattro anni di reclusione.
Davanti alla protesta di giornalisti e società civile, riunitisi sotto il nome di Ajde!
(Avanti!), il governo ha dunque deciso di rimandare la discussione in Parlamento al
prossimo 20 ottobre. Una data che, però, sarà probabilmente già tardiva per
riprendere le trattative.
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MONTENEGRO, 14-15 OTTOBRE ↴
Il Segretario Generale della NATO, Jens
Stoltenberg, accompagnato dal Consiglio
Atlantico (NAC), si è recato in visita a
Podgorica per la valutazione del
proseguimento del processo di adesione del
Montenegro – cominciato ufficialmente nel
2009 con la firma del Membership Action Plan
– all’Alleanza Atlantica. Stoltenberg ha riconosciuto che il Paese ha completato
l’attesa riforma della Difesa e dei servizi di sicurezza, dimostrando significativi
miglioramenti nell’applicazione dello stato di diritto con riferimento ai settori
strettamente connessi con la sicurezza (lotta alla corruzione, al crimine organizzato
e ai traffici illeciti) in accordo, peraltro, ai capitoli negoziali di accesso all’Unione
Europea (23, sistema giudiziario e diritti fondamentali; 24, giustizia libertà e
sicurezza). Mentre i Ministri degli Esteri dei 28 Paesi NATO saranno quindi chiamati
ad esprimersi in merito alla membership del Montenegro il prossimo mese di
dicembre, partiti politici ed opinione pubblica si dividono sulla politica perseguita dal
governo guidato da Milo Đukanović: in particolare Nuova Democrazia Serba,
formazione guidata da Andrija Mandic e rappresentativa delle istanze della forte
minoranza serba presente nel Paese (30%), che tra l’altro sta fortemente spingendo
per un referendum popolare in merito, ha infatti disertato l’incontro con Stoltenberg,
mentre movimenti pacifisti hanno manifestato nella capitale nel giorno del Vertice.
L’eventuale ingresso del Montenegro nella NATO, il primo dopo l’ultimo di Albania e
Croazia nel 2009, potrebbe essere il primo allargamento delle strutture atlantiche
dopo la crisi in Ucraina (nonostante le storiche relazioni con Mosca l’Esecutivo
montenegrino ha sostenuto le sanzioni economicheimposta dall’Unione Europea) e
perciò può rappresentare un ulteriore elemento di frattura nelle già tese relazioni tra
Occidente e Russia.
SUDAN/SUD SUDAN, 12 OTTOBRE ↴
Il governo ugandese ha annunciato l’inizio del ritiro
delle sue truppe presenti nel Sud Sudan, che dovrebbe
essere completato entro la prima settimana di
novembre. Proprio questa novità rappresenta una delle
condizioni imposte dai ribelli guidati da Riek Machar,
ex vice Presidente del Sud Sudan, per rispettare
l’accordo di pace firmato il 26 agosto con il Presidente Salva Kiir. Nonostante questo
importante passo, l’intesa sembra ancora debole: restano ancora da attuare molte
delle condizioni previste dall’accordo di pace, mentre in molte zone continuano i
combattimenti tra fazioni opposte. A causa di tale delicata situazione, il 9 ottobre, il
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Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rinnovato il mandato della missione di
pace, UNMISS, in Sud Sudan al fine di vigilare sulla fragile tregua, minacciando, tra
l’altro, nuove sanzioni qualora il cessate il fuoco non venga rispettato. A soli due
giorni dall’annuncio ugandese si è aperta a Karthoum la conferenza di dialogo
nazionale voluta dal Presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir. Alla conferenza
hanno preso parte circa 20 gruppi armati d’opposizione tutti, però, poco
rappresentativi dell’intero contesto politico sudsudanese. Le formazioni più rilevanti
delle opposizioni hanno, invece, boicottato la conferenza definendola «una
manipolazione ben organizzata da Bashir, volta soltanto ad impedire un reale
confronto nazionale».
TURCHIA, 15 OTTOBRE ↴
Resta ancora non rivendicato l’attentato che il 10
ottobre ha sconvolto Ankara durante un corteo per la
pace. Dalle indagini condotte dalla polizia turca,
tuttavia, sembra evincersi un diretto collegamento tra
i due attentatori e lo Stato Islamico. Infatti,
analizzando le modalità di innesco e di lavorazione
dell’ordigno e studiando la strategia usata dagli
attentatori nella strage di Ankara, vi si riscontrerebbero
numerosi elementi di affinità con gli attentati dello
scorso luglio a Suruç. Nonostante quanto emerso in
seguito alle indagini, continuano le accuse reciproche tra Ankara e i curdi. Questi
ultimi, in particolare, accusano Erdoğan di essere il mandante morale, perlomeno
indirettamente, di quanto accaduto. Sul fronte della gestione dei flussi di rifugiati,
invece, si è faticosamente raggiunto il 15 ottobre un primo accordo di cooperazione
non definitivo, e ancora ritenuto un “progetto” da Ankara, tra l’UE e la Turchia, in
materia di controllo dell’immigrazione. Nel tentativo di velocizzare l’accordo,
Bruxelles ha messo sul tavolo dei negoziati tre fondamentali offerte: un’accelerazione
del processo di liberalizzazione dei visti (in particolare per alcune specifiche categorie
di persone), un pacchetto di aiuti finanziari che sembrerebbe ammontare a circa 3
miliardi e un impegno ad accelerare il negoziato per l’adesione. In cambio la Turchia,
si impegnerebbe a collaborare con l’UE nel tentativo di arginare i flussi di profughi
provenienti da Est e diretti in territorio europeo, anche rimpatriando coloro che non
godono del diritto d’asilo.
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ALTRE DAL MONDO
BRASILE, 17 OTTOBRE ↴
A poche settimane dalle accuse della Corte dei Conti di aver falsificato il bilancio
economico-finanziario 2014, una nuova accusa pende nei confronti di Dilma Rousseff.
La Corte Suprema Elettorale ha deciso di aprire un’indagine nei confronti della Presi-
dente e del suo entourage politico, in quanto sospettati di aver favorito alcune irre-
golarità elettorali nel corso delle consultazioni del 2014. Se venisse riscontrato
l’abuso, le elezioni verrebbero decretata nulle e, dunque, si andrebbe a nuovamente
al voto, mentre la Presidente Rousseff potrebbe rischiare l’impeachment.
GIAPPONE, 13 OTTOBRE ↴
Il governatore della prefettura di Okinawa, Takeshi Onaga, ha nuovamente imposto
uno stop ai lavori di bonifica e ampliamento della base militare USA, decretando il
momento più difficile nei rapporti tra governo centrale e autorità locali. Alla base del
contenzioso politico vi è la questione della ricollocazione della base di Okinawa, san-
cita anche da un accordo firmato negli anni Novanta tra USA e Giappone, a cui il
governo nipponico ha dovuto sempre derogare a causa di un’opinione pubblica alta-
mente contraria alla permanenza dei militari USA nell’area. Il piano rilanciato di re-
cente dal Primo Ministro Abe si inserisce in un contesto regionale già ampiamente
teso per il crescente militarismo cinese nel Pacifico asiatico meridionale.
MALI, 13 OTTOBRE ↴
A pochi giorni dall’attentato kamikaze avvenuto nella regione di Timbuctù, nel nord
del Mali, un nuovo attacco ha provocato 6 vittime e 4 feriti, tra cui civili e militari.
L’attacco è avvenuto nei pressi della città di Gao. Gli attentatori hanno assaltato un
veicolo delle Nazioni Unite scortato da militari maliani. Sebbene non sia stato ancora
rivendicato, le autorità ritengono che l’attentato sia da accreditare alla pista del jiha-
dismo saheliano di al-Qaeda nel Maghreb Islamico.
MOLDAVIA, 15 OTTOBRE ↴
Il leader della coalizione di governo e Presidente del Partito Socialdemocratico
(PLDM), nonché ex Primo Ministro dal 2009 al 2013, Vlad Filat, è stato arrestato con
l’accusa di corruzione e di coinvolgimento nello scandalo degli istituti di credito mol-
davi (negli scorsi mesi Banca de Economii, Banca Sociala e Unibank sono stati oggetto
di indagine per appropriazione indebita per un milione di dollari). Il Premier Valeriu
Streleţ, ora Presidente ad interim di PLDM, ha dichiarato che non intende dimettersi.
Tuttavia, l’episodio rischia di riaprire quell’instabilità politica che, apertasi dopo le
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elezioni del novembre 2014, sembrava essersi risolta con l’accordo tra i partiti di
maggioranza filo-europei e la fiducia al governo Streleţ nello scorso mese di luglio.
MYANMAR, 15 OTTOBRE ↴
Dopo due anni di colloqui, il governo birmano ha annunciato il raggiungimento di un
accordo di pace con otto (dei 15) gruppi armati ribelli per porre fine al pluridecennale
conflitto latente in diverse aree del Paese. L’intesa, tuttavia, fortemente cercata dal
Presidente Thein Sein in vista delle elezioni del prossimo 8 novembre, non solo non
prevede il disarmo dei gruppi e dunque un vero e proprio cessate il fuoco, ma non è
stata firmata da due delle principali sigle armate: il United Wa State Army (UWSA),
che conta 25.000 uomini attivi al confine con la Cina, e il Kachin Independence Or-
ganisation (KIO), il cui braccio armato KIA controlla larghe aree dell’omonimo Stato
nord-orientale.
STATI UNITI, 13-14 OTTOBRE ↴
Si è tenuto il primo dibattito tra i candidati del Partito Democratico in corsa per la
Casa Bianca. I riflettori erano puntati su Bernie Sanders e Hillary Clinton, i due prin-
cipali sfidanti, che si sono ben destreggiati di fronte alle telecamere fornendo presta-
zioni convincenti all’insegna del rispetto reciproco. Sembrano così chiudersi gli spazi
per l’eventuale candidatura dell’attuale vice Presidente, Joe Biden, che nelle prossime
ore dovrebbe sciogliere definitivamente la riserva.
THAILANDIA, 12 OTTOBRE ↴
Un Tribunale penale della capitale Bangkok ha emesso un mandato d’arresto nei con-
fronti dell’ex Premier in esilio Thaksin Shinawatra, esponente di spicco della scena
politica nazionale per oltre un ventennio. Shinawatra è accusato di diffamazione nei
confronti dell’esercito a causa di alcune interviste rilasciate lo scorso maggio a un
giornale sudcoreano e successivamente postate su YouTube. In alcune dichiarazioni
ad organi di stampa stranieri l’ex Primo Ministro ha apertamente accusato le forze
armate di essere responsabili di una cospirazione per estromettere dal potere nel
2014 sua sorella Yingluck Shinawatra, pochi giorni prima di un nuovo Colpo di Stato.
UCRAINA, 13 OTTOBRE ↴
Secondo il Rapporto del Dutch Safety Board – l’organismo olandese incaricato di in-
dagare sull’abbattimento del volo MH-17 della Malaysia Airlines che stava coprendo
la rotta Amsterdam-Kuala Lumpur lo scorso 14 luglio 2014 –, l’aereo fu colpito da un
missile terra-aria 9M38 lanciato da un sistema Buk-M1 di fabbricazione russa posi-
zionato in un’area di 320 Km2, probabilmente vicino a Zaroschenkoye, nelle regioni
13
dell’est dell’Ucraina controllate dai separatisti filo-russi. Sebbene Mosca continui a
smentire il proprio coinvolgimento, accusando piuttosto le forze ucraine e lamentando
di non essere stata coinvolta nelle indagini, le autorità malesi hanno dichiarato di
voler portare la questione in tribunale. Spetterà ora ad una commissione d’inchiesta
internazionale (formata da Olanda, Malesia, Ucraina, Belgio e Australia) stabilire chi
effettivamente ha azionato il dispositivo.
VENEZUELA, 14 OTTOBRE ↴
Il Presidente Nicolás Maduro ha annunciato che la chiusura dei valichi di frontiera con
la Colombia nello Stato occidentale di Táchira, effettiva dal 20 agosto, rimarrà in
vigore finché non sarà costruito un “confine di pace” fra Caracas e Bogotá. Tra i due
Paesi è in corso una crisi diplomatica per il contrabbando transfrontaliero. Maduro
aveva ordinato il blocco delle frontiere dopo che, nella città di San Antonio del Táchira,
due uomini armati avevano ferito un civile e due militari venezuelani che stavano
facendo dei controlli contro il contrabbando. Caracas si era detta certa del fatto che
gli attentatori fossero paramilitari colombiani e aveva accusato il governo di Bogotá
di non sapere contenere tale minaccia.
YEMEN, 14 OTTOBRE ↴
I combattenti di al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP) hanno occupato il complesso
governativo di Zinjibar, nella provincia di Abyan, nel sud dello Yemen. Già nel 2011
AQAP aveva preso il controllo totale della provincia, che dovette abbandonare dopo
un intero anno di scontri con le unità militari yemenite, rifugiandosi infine nella pro-
vincia di Hadramout.
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ANALISI E COMMENTI
LE PROSPETTIVE STRATEGICHE DEL BALTICO NEL CONFRONTO TRA EST E OVEST
SIMONE VETTORE ↴
Sin dal Tardo Medioevo, e con maggior precisione a partire dal momento in cui i
progressi nelle tecniche costruttive e di governo delle navi consentirono una naviga-
zione che non fosse di puro cabotaggio, il raggiungimento del dominium maris Baltici
è stato, a turno, l’obiettivo strategico costante e principale delle politiche “estere” di
pressoché tutti gli attori, peraltro non sempre propriamente statuali [1], con interessi
su questo bacino. L’importanza di avere libero accesso al mare e di potervi navigare
era infatti tale che, allorquando uno Stato si avvicinava o peggio raggiungeva un
simile obiettivo, i rimanenti creavano alleanze volte a ristabilire lo status quo spesso
e volentieri mediante l’uso della forza. La particolare conformazione oro-idrografica
di questo bacino e la tipologia di traffici che in esso si svolgevano aiuta a comprendere
meglio l’importanza da esso assunta per i vari Stati rivieraschi. (…) SEGUE >>>
I DISPOSITIVI DI CONTRASTO E PREVENZIONE DEL TERRORISMO IN TUNISIA
LORENZO MARINONE ↴
Gli attentati al museo del Bardo (18 marzo) e al resort di el-Kantaoui vicino a Sousse
(26 giugno) hanno riportato ai primi posti dell’agenda politica tunisina la minaccia
terroristica. Il fenomeno è tutt’altro che nuovo, benché negli ultimi anni gli obiettivi
e le strategie siano mutati. Infatti, dopo la rivoluzione del gennaio 2011 che ha co-
stretto all’esilio il Presidente Zine El-Abidine Ben Ali, la delicata fase di ricostruzione
delle istituzioni nazionali è stata costellata da frequenti imboscate contro l’esercito e
le forze dell’ordine, concentrate soprattutto nelle regioni montuose dell’ovest (el-Kef,
Kasserine e area dei Monti Chaambi). Queste azioni rispondono ad una logica pretta-
mente difensiva, con cui le cellule terroristiche puntano ad assicurarsi spazi di mano-
vra lungo il confine con l’Algeria, ma raggiungono anche lo scopo di tenere sotto
pressione l’apparato di sicurezza statale. Il primo salto di qualità è avvenuto tra feb-
braio e luglio 2013, ossia durante la crisi di governo apertasi a seguito degli omicidi
di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, esponenti del Fronte Popolare (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
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