Speciale Su Harmony Korine
-
Upload
hiero-nymus -
Category
Documents
-
view
65 -
download
0
description
Transcript of Speciale Su Harmony Korine
Speciale su Harmony Korine parte ISottotitolo: Fotocopia di ritratto da fermo immagine digitale
Film che dirigerò:- Un ballerino di Tap Dance alcolizzato viene riabilitato.-
Un gangster fugge in Alaska alla ricerca di oro.- Una bambinaia scontrosa
va a pescare e trova un corpo morto sul fondo del lago.- Una prostituta
decide di candidarsi come sindaco- Un ex – spacciatore decide di voler
diventare un giocatore di Baseball professionista.- Un dentista trova
100.000 dollari nella fenditura di un cello.- Una maestra porta la sua
classe in Isralele dove passano il loro tempo in un Kibbutz bighellonando
e piantando granturco.
Harmony Korine, dal suo libro Crack-Up at the Race Riots.
- Quando vedo un film commerciale dei primi anni del cinema, come
quelli di D. W. Griffith, questo dice le stesse cose ed è visivamente
costruito come un film di adesso; se penso al piccolo progresso che c’è
stato in questo campo mi rattristo.
Si può fare molto di più e io faccio questo lavoro perché non esistono i
film che vorrei vedere, con i personaggi che mi affascinano. Se qualcuno
facesse questo, io andrei al cinema. Nessuno li fa, ed è per questo che
sono un regista. Non che mi disturbi, anzi, mi rende felice.-In conferenza
stampa qui a Venezia Korine sembra un Punk cattivo appena scappato di
casa. Insulta i giornalisti e le loro domande svogliate. Finite le interviste
esce dalla sala e ferma la gente per dare personalmente gli inviti per la
proiezione del suo film. Torna in America e va ubriaco in televisione.-
Lavoro duramente per fare film che non possono essere descritti a
parole, perché sono abituato a vedere storie che chiunque può poi riferire
semplicemente a parole. E questo è troppo semplice. Non voglio che si
possa fare questo dei miei film.-
Korine non sarebbe minimamente interessato alla divulgazione della
storia della sua vita e usa le interviste farsi dipingere come un poeta
drogato e maledetto che ama farsi fotografare con la barba di due giorni
ed apparire come sfrontato e pretenzioso alle conferenze stampa.Chi
ama il suo cinema capisce che “il personaggio” Korine cozza con la
sensibilità con cui tratta personaggi delicatissimi, cozza con l’amore e il
rispetto verso i diversi che animano le opere. Cinema e immagine
pubblica sono due mondi così distanti che sembra quasi che Korine ci
inviti a lasciar perdere il suo personaggio e a buttarsi direttamente nella
sua filmografia.- Non mi piacciano le interviste, vorrei arrivare al punto in
cui devo smettere di promuovere me stesso, vorrei solo fare film e
lasciare che escano. Vorrei arrivare al punto di non dovere spiegare le
cose.-
E’ proprio per questa sua attitudine con i media che ci riesce difficile
sapere esattamente qualcosa sul suo passato. Risponde distratto alle
domande sulla sua infanzia e si diverte a dare versioni completamente
diverse ad ogni intervista.- Non so neanche che mestiere facesse mio
padre, se ne andava per lunghi periodi e a volte spariva anche mia
madre. Non sapevo chi erano, che cosa facessero. Non sono stati cattivi
genitori e quando mio padre tornava a casa mi portava soldi o regali, per
questo gli volevo bene. Gli ho chiesto recentemente che genere di lavoro
fa, ma non mi ha risposto. (…) Ho letto sul certificato di nascita che mio
padre è un commerciante di pellicce, ma non glien’ho mai visto né
indossare una né fare discorsi da pellicciaio.-Non c’è da stupirsi se
altrove racconta di essere cresciuto in una comune Trotzkista in cui tutti,
invece che praticare l’amore libero, se ne andavo a spasso per il Tenesee
a fare propaganda e a bruciare chiese.Il padre era invece un
documentarista-montatore che portava spesso il figlio al cinema dove
Korine si innamora della sacra e tragica bellezza di Buster Keaton per poi
conoscere e amare il cinema personale e diverso di Herzog e Fassbinder,
due autori con cui si sente di condividere l’ “attitudine cinematografica”.
Korine ha la passionalità fisica dell’ Herzog di “Anche i nani hanno
cominciato da piccoli” e di “Aguirre”, e mantiene il modo di riprendere
curioso e impietoso del grande regista tedesco. Il finale di “Furore di Dio”
potrebbe essere stato tranquillamente girato dal giovane americano.
Diverso è quello che lo accomuna con Fassbinder:– I miei film sono come una casa; alcuni sono pavimento, altri sono muri, altri il camino. Alla fine della mia vita vorrei poter vivere in questa casa.- diceva del suo cinema.- Amo quest’idea, il suo modo di lavorare intensissimo: in un anno ha girato nove film – spiega Korine –Sono due le cose che ricordo delle sue pellicole: i personaggi e alcune scene. Non ricordo mai la storia e Fassbinder era grande proprio a mostrarti scene personalissime che nessuno saprebbe mostrarti.-Nei film di Korine, guarda caso, non esiste un plot vero e proprio ma un macero di situazioni paradossali, una fanghiglia di tagli di censura altrimenti impossibili da mostrare. Non rimane nulla della classica struttura di sceneggiatura che viene insegnata agli aspiranti sceneggiatori.- Detesto le scuole di cinema, mangiano l’anima del cinema. Lì diventare regista fa parte di un processo di studio, ed è solo spazzatura. Tutti questi ricchi ragazzi che prima volevano fare i dottori ora vogliono fare i Filmmakers ma hanno una esperienza di vita nulla e scriveranno merda come chiunque altro. E’ perfetto per andare a Wollywood e incontrare produttori perché sono degli stronzi anche loro. E’ per questo che non vado quasi mai al cinema.-Sono altri i modi per diventare registi.
New York, Millenovecentonovantadue.Il regista-fotografo Larry Clark sta
scattando foto in un parco. Fra i suoi soggetti c’è anche uno skater
diciassettenne. I due si mettono a parlare di fotografia, di giovani e di
cinema.- Posso scrivere una sceneggiatura per te.- gli dice lo skater.
KIDS e KEN PARKla parabola Korine – Larry Clark
Casper e Terry sono due adolescenti di strada. Parlano di sesso, rubano,
pisciano per terra senza rispetto per nessuno. Si intreccia la storia Jenny:
ha appena scoperta di avere l’Aids e di averlo preso da Terry, l’unico
ragazzo con cui ha fatto sesso.Sono il girovagare dei due protagonisti a
riempire il film: fra scatti di violenza, droga, e sesso gelido Terry si lavora
una nuova verginella. La porta ad una festa e riesce a convincerla a
venire a letto con lui. Jenny arriva al party la mattina, distrutta. Trova
Terry abbracciato alla sua nuova ragazza e collassa distrutta sul divano;
Casper si sveglia e ne approfitta per scoparsela mentre tutti ancora
dormono, ubriachi e strafatti.
- Larry Clark è un persona che mi è indifferente. E’ un porco che fa film
solo per vedere la figa delle ragazzine.- Commenta acido Korine.Se Kids
da una parte mostra il nichilismo di Korine, il suo sguardo sul disagio e
sul degrado, dall’ altro è un film dall’estetica classica. La diversa forma
del film che probabilmente voleva dare il giovane sceneggiatore lo porta
litigare violentemente con Clark tanto che Korine non lo riconoscerà mai
come una sua opera. Il suo copione è glaciale e distaccato (incredibile
per un diciassettenne) , il risultato leccato e pulito.Grazie a Kids si
comincia a parlare di lui come lo sceneggiatore più giovane accreditato
nella storia del cinema e lui scrive un’altra adattamento su commissione
per Clark. Si tratta di “Ken Park”, progetto che risulterà però troppo
estremo e verrà accantonata per anni prima di essere realizzata e
presentata al 59° festival di Venezia. Qui Larry Clark, in conferenza
stampa, cerca di non dare grande importanza a Korine quando qualcuno
gli chiede della loro collaborazione:- Ken Park nasce dal mio lavoro di
fotografo e dalle situazioni reali che ho osservato. Da questi ho creato i
personaggi come si trattasse di film diversi. Harmony gli ha messi tutti
insieme ma con difficoltà perché non sentiva i personaggi suoi, diceva di
non conoscere nessuna ragazza che fa un pompino al padre del
fidanzato. Erano caratteri lontani da lui, non come in “Kids” dove era
tutto suo. Ha fatto una sola stesura e quando abbiamo girato abbiamo
dovuto cambiare gran parte dei dialoghi.
Tiffany (la protagonista, nonché attuale fidanzata di Clark) ha
completamente ricostruito il personaggio di Peaches e anche il finale è
stato cambiato.- Cosa che Korine non ha certo gradito, non volendone
saper più nulla.E’ innegabile che entrambi i cineasti basano la loro idea
sul realismo ma i loro punti di contatto terminano qui.- Voglio essere
visivamente onesto- Afferma Clark – Se quando due persone fanno sesso
io giro la camera, faccio un elisse narrativa insomma, non sono onesto.
Volevo fare un film dove la camera non stacca, dove tutto è onesto e
sincero perché tutto quello che vedi è realmente accaduto. Ho usato
attori professionisti e non e li ho fatto interagire. Ognuno ha imparato
qualcosa di nuovo sulla recitazione. -Anche Korine lavorerà sia con attori
e che con persone prese dalla strada ma la sua ossessione per il reale
mo lo porterà ad un discorso estetico e drammatico completamente
diverso. E lo farà con la sua prima regia, Gummo.
GUMMOIl cinema: 24 fotogrammi al secondo di bugie.Il realismo
al cinema è una reazione da provocare.
Un tornado si è abbattuto sulla città si Xenia. Quello che resta è un
accozzaglia di derelitti e case simili a discariche di rifiuti. Una dissonante
colonna sonora Black Metal incolla sequenze impazzite senza nesso
logico: a Xenia si ammazzano gatti per venderli a ristoranti cinesi in
cambio di colla da sniffare, ragazze down si radono le sopracciglia fra
tumori al seno e albine fans di Patrik Swarze.
Come fa notare Herzog, Korine usa il tornado per distruggere anche la
forma narrativa e lasciar spazio alla sola forza delle immagine. Quello
che ne esce è un film spiazzante e lontano da ogni schema, una sorta di
miracolo nel clima cinematografico odierno.-La fortuna è stata quella di
essere protetto dal mio agente e di avere la produzione molto lontana.-
Certo, i problemi in produzione ci sono stati: quando parte del girato
arrivò alla produzione questi decisero immediatamente di tagliare i fondi,
accusando il giovane regista di usare tantissima pellicola per strane
prove –Lasciatemi stare. Quelle scene sono il mio film.- Sul set aveva
l’appoggio del direttore della fotografia che gli teneva alto il morale: –
Fottitene di questa gente. Daremo fuoco a tutto. Resteremo io, te, una
lampada e il tecnico del suono.--Mi piace: tutto questo è molto punk. – gli
risponde Korine.Lui, d’altronde, aveva un solo obbligo con i suoi
produttori, quello che la pellicola non fosse vietato ai minori, dato che in
america sono pochi i cinema che distribuiscono questi film e un opera
così di nicchia si sarebbe tagliata le gambe da sola. Korine racconta che
inizialmente il film era stato bollato per adulti e la commissione gli aveva
consigliato di tagliarlo di modo da renderlo simile al linguaggio di Mtv.
- Non volevo renderlo vuoto di significati, come Trainspotting. – Alcune
scene sono state accorciate, ma la commissione si rifiutava ancora di
dare il visto. E qui il racconto di Korine diventa epico e ne approfitta per
tirar fuori dal cilindro la sua immagine di Punk egocentrico:- Quando sono
andato in tribunale mi sono trovato davanti a persone che avevano più di
65 anni, tutti assomigliavano al vecchio Bush. Io per difendermi ho
spiegato loro che se guardavano bene il film si rendevano conto che non
c’erano scene di nudo e neanche tanta violenza, a parte qualche scena di
tortura sugli animali. Mentre parlavo loro odiavo me stesso perchè
dovevo spiegare le mie cose a quegli stronzi. Ma dovevo farlo. Pochi
secondi e hanno votato tutti contro di me. Ho detto loro che tutto questo
era illegale, che avrei chiamato i giornali. -A questo punto Korine
racconta di averne preso un membro della commissione parte e di
avergli urlato in faccia:- Ti pugnalo alla tua fottuta gola. Ti taglio la tua
testa di merda perchè non sono un fottuto figlio di papà che sta alle
regole del gioco. Non sono parte del sistema e il mio lavoro significa
tutto. Se non posso mostrarlo agli altri non è un tradimento solo per me,
lo è anche per tutte le persone che hanno lavorato al film e che hanno
dato tutto loro stessi per la riuscita di Gummo.-Il giorno seguente Korine
ricevette una telefonata del suo agente che gli chiedeva se fosse
impazzito ed aver minacciato la vita di una persona ma gli disse anche
che il film ora non aveva più alcuna restrizione.
Anche girare il film non è stato semplice, soprattutto per il senso di
sporcizia che nelle intenzioni del regista il film doveva trasudare. Per far
questo pretendeva che si girasse in mezzo a escrementi e spazzatura di
modo che il senso di marcio trasudasse da ogni fotogramma. Nessuno
però voleva lavorare in quelle condizioni scarsamente igieniche:–Quegli
stronzi si sono rifiutati di girare come volevo. Abbiamo dovuto comprare
delle tute bianche come se ci trovassimo di fronte ad una perdita di
energia nucleare. Sono dei cacasotto.-Solo il direttore della fotografia,
Jean Yves Escoffer, non aveva paura e mentre tutti indossavano le loro
tute bianche i due giravano in calzoncini e ciabatte da piscina. Korine
parla volentieri dell’importanza di Escoffer all’interno della produzione
tanto che ha girato una scena senza il regista: in un povero interno un
gruppo di alcolizzati si sfida a braccio di ferro e dopo, non sapendo come
utilizzare il loro tempo si divertono a lottare contro una sedia di ferro.
Korine, dopo aver impostato la scena e aver fornito la cinepresa di un
microfono direzionale, è uscito dalla stanza e ha lasciato che tu si
svolgesse naturalmente, senza nessuna regia.Ha spento i monitor e si è
andato a fare un giro.Quello che intanto Escoffer stava catturato era
violenza reale.- C’è un punto di questa scena che mi ha colpito-
commenta Herzog -è il momento di silenzio in cui si capisce che nessuno
sa cosa deve fare; è una situazione che non può essere diretta.- Quando
ho guardato i giornalieri sono rimasto sorpreso perché Jean Yves ha
realmente catturato la goffaggine e il triste silenzio di quel momento, E’
stato meraviglioso. –[img4]Korine racconta anche l’ultimo giorno di
riprese: spiegando che nel copione era previsto un finale con la pioggia
ma per tutti i giorni di riprese non si era vista una goccia d’acqua.- Tutti i
giorni sembrava che dovesse piovere ma non accadeva mai. E l’ultimo
giorno finalmente, è arrivato un terribile acquazzone. -In una giornata
sono state girate la scena della piscina, il finale col ragazzo-coniglio
nocchè le scene previste dal copione: la già citata lotta con la sedia e la
sequenza che vede lo stesso regista che tenta di convincere un nano
negro a fare l’amore con lui.- Non assumo mai droghe quando lavoro, ma
per quella scena volevo fare qualcosa di speciale, così mi sono ubriacato.
Erano le due del mattino ed era l’ultima scena. C’era un silenzio profondo
e tutti erano sconvolti perché cercavo di fare l’amore con un nano ed ero
respinto. Il nano aveva una canottiera attillata e io gli sussurravo
nell’orecchio che gli avrei dato 100 dollari se la toglieva ma lui non lo
voleva fare. Così mi sono alzato in piedi e ho cominciato a saltare
urlando “Abbiamo fatto un film, abbiamo finito il film, abbiamo girato un
film originale”urlavo ed ero completamente fuori di me. Tutti
applaudivano ed erano felici ma io non capivo niente. Mia sorella più
piccola è venuta ad abbracciarmi e io l’ho spinta contro il muro. Poi ho
preso un quadro e ho cominciato a correre e a spaccare tutte le finestre.
E Chloe e altra gente hanno iniziato a piangere. Alla fine mi hanno preso
e mi caricato in macchina. (…)Cercavi di arrivare a casa, ma poi ho
cambiato idea: ho preso le forbici e ho cominciato a tagliarmi i peli pubici
con i pantaloni abbassati, poi sono svenuto con la testa in una busta di
plastica.-Epici racconti a parte, sono altre le cose interessanti nel
linguaggio e nella struttura di Gummo che si riverseranno, amplificate e
sviluppate, nella sua seconda regia. Siamo di fronte a frammenti di
realismo che arrivano da situazioni osservate e vissute ma ben lontane
dal documentario o dal DocuDrama sensazionalistico.- Non credo nel
cinema verità, anche il documentario è manipolazione. Il cinema non è
nient’altro che 24 fotogrammi al secondo di bugie. Ma il vero cinema per
me è “24 fotogrammi di una sorta di verità”. Sono interessato al
realismo, se non è presente qualcosa che per me è realismo (personaggi
realistici che subiscono conseguenze realistiche) io non sono interessato.
E’ solo un cartone animato.-Il realismo dello squilibrio mentale, del
sadismo dei bambini, della confusione e dei luoghi comune
dell’adolescenza non sono trattati col Voyeurismo dei mondomovies, né
con l’autocompiacimento nel cattivo gusto di John Wathers: sono rivisti in
un ottica vagamente surreale , una sorta di realismo poetico usato per
trasmettere un insieme di sensazioni legate ad una realtà personale, la
stessa cosa che il giovane regista ammira a Fassbinder.Realismo, non-
sense, retorica sono gli ingredienti base a livello narrativo gestiti
visivamente da un 35 mm fuso con digitale, super 8, fermi immagini e
polaroid. Korine stesso afferma di voler trattare le scene come se
lavorasse su quadri, senza la definizione e la pulizia a cui ci ha abituato il
cinema. Anche il discorso “estetico” sarà approfondito molto nella sua
seconda regia. Julien Donkey Boy è stato infatti girato completamente in
digitale ed il vidigrafo è stato utilizzato con filtraggi speciali.- La mia
intenzione era quella di creare quadri in movimento, dove i colori si
bruciano e si mischiano negli altri. E’ come quando prendi una fotografia
e la metti in una fotocopiatrice a colori La fotografia perde la sua forma e
si trasforma in una sorta di dipinto. C’è dell’inchiostro sulla carta e tu non
percepisci la profondità di campo: e’ molto più integrato col mio modo di
raccontare.-Il film stesso visivamente è di per sé quella “sorta di
realismo” che compare nella sceneggiatura, un passo in più per
completare il quadro della “visione” che è l’opera del giovane americano.
Gummo, come tutte lo opere profondamente personali, ha diviso la
critica. Se per alcuni giornalisti si tratta di uno dei film più moderni e
innovativi, secondo altri è solo un ammasso confuso e ridondate di
immagini autocompiaciute e gratuite.Non c’è da stupirsi che la giuria di
“mummie borghesi bacchettone” abbia attaccato tanto il film,Harmony
Korine è fiero di parlare di un opera non per tutti, che presenta una
nuova sintassi visiva, più comprensibile ai giovani che sono dotati di una
diversa sensibilità.Assistendo però ad una proiezione davanti ad un
pubblico di ragazzi cresciuti a cioccolata, MTv e cronaca nera, ho notato
che la metà delle persone è fuggita alla fine del primo tempo. C’è una
scena in cui il piccolo protagonista fa pesi ascoltando Madonna. Quando
il pezzo musicale è cominciato tutti hanno applaudito per quella oasi di
normalità a cui si sono potuti attaccare e, appena la mamma del ragazzo
si è avvicinata allo stereo per spegnere la musica, tutti fischiavano per il
terrore di tornare nel film.Gummo è indiscutibilmente forte,
assolutamente non gradevole. Grazie a questo film Korine ha ricevuto i
complimenti di Gues Van Saint, Jean Luc Godard, Abel Ferrera, Lars Von
Trier e Warner Herzog.Questi due nomi sono fondamentali per il suo
secondo film. Julien Donkey Boy sarà il primo film americano girato
secondo le Vontrieriane regole del “Dogma 95″ e fra i protagonisti c’è un
a padre triste e assente interpretato da Herzog in persona.
JULIEN DONKEY BOY
Julien è un bidello schizofrenico che lavora in un istituto per non vedenti.
Parla da solo, immagina un dialogo fra Hitler e Gesù interpretandoli
entrambi, ha terribili scatti di violenza e si commuove quando la sorella,
dall’altro capo del telefono, finge di essere la madre morta. Suo fratello
cerca di diventare un lottatore di Wresling, suo padre beve medicine
usando una ciabatta come bicchiere e ama raccontare trame di
polizieschi. La nonna, catatonica su una sedia, parla solo con il suo
cagnolino. Dove sia realtà e finzione, dove ci sia recitazione o candit –
camera non ci è permesso capirlo perché il film è la visione distorta del
mondo dal cervello di Julien, il pazzo che sente le voci in testa.
Impossibile anche in quest’opera stabilire una linea narrativa, basta ad
esempio leggere alcune recensione per rendersi conto che ogni critico
per sintetizzare la trama parla di situazioni diverse tanto che pare che
ognuno parli di tanti film differenti. Ma il puzzle di Julien è molto più
maturo e frammentario di quello che a prima vista può sembrare un
filmino fatto in casa da una famiglia di psicopatici.Korine concentra la sua
attenzione su un nucleo familiare calandoci nel sua realtà senza alcuna
prefazione.Com’è possibile che Julien lavori con disabili?Dov’è sua
madre?Chi è suo padre? Che lavoro fa? Tutte le domante che uno
sceneggiatore dovrebbe farsi prima di iniziare la stesura di una storia
non vengono considerate: per Korine quello che crea veramente il film
sono le situazioni che ne nascono sul set.
Julien Donkey Boy fa un ulteriore passo avanti perchè i personaggi si
muovono su un canovaccio impreciso: tutto nasce dall’improvvisazione e
il film non è che un “montaggio emotivo” realizzato su oltre 180 ore di
girato.- Sono uno sceneggiatore che non crede nei copioni. Non sono che
un qualcosa di morto, carta e inchiostro sono oggetti inanimati finchè
attori e camera non sono davanti a te. Perchè imporre uno script totale
nella vita reale?-Data la natura improvvisata del film anche l’iter tecnico
sul set era molto diverso. Trattandosi di un film Dogma, la realizzazione
deve sottostare a regole ferree come sonoro in presa diretta, nessun
trucco ottico o effetto speciale, nessuna scenografia, camera a mano e
nessuna illuminazione supplementare.Korine porta all’eccesso tutto
questo creando, con l’aiuto di Antony Dod Mantle (già direttore della
fotografia di Festen) un immagine ai limiti della comprensibilità
(desaturata e sgranata) e utilizzando tutti gli effetti delle telecamere
digitali come fermi immagini, shutter, strombo e sovraimperssioni.Il
metodo di regia si avvicina molto a quello utilizzato nella scena della
“lotta con la sedia” di Gummo. Il direttore della fotografia copriva tutto il
raggio d’azione degli attori con molte telecamere maneggevoli
piazzandole lontano su cui erano montate ottiche molto lunghe. Ogni
telecamera era poi collegata ad un videoregistratore DigitalBeta. Altre
mini-telecamere spia (comprate in negozi di sorveglianza) erano piazzate
ovunque, persino nei vestiti e negli occhiali degli attori. In una scena
c’era da quattro a venticinque macchine da presa (un sistema simile a
quello utilizzato dal Von Tirer per “Dancer in the dark”) e tutte le scelte
estetiche venivano poi eseguite in montaggio.Questo metodo imponeva
molto tempo per attrezzare la scena (naturalmente nessuna
illuminazione esterna era utilizzata) ma dopo questo gli attori erano liberi
di muoversi ed improvvisare senza preoccuparsi di essere e non essere
sotto la luce giusta. Il regista/sceneggiatore ha quindi un ruolo diverso a
quello classico, deve solo organizzare la scena e poi lasciar far tutto
all’improvvisazione degli attori all’interazione con i passanti.Il montaggio
contiene poi anche campionamenti video, un ritmo mentale simile a
quello sonoro del drum’n’bass.- Con Gummo avevo già sperimentato
l’estetica del video e la libertà che ti concede. Si parla di una rivoluzione
digitale più che altro correlata all’abbattimento dei costi, questo non mi
interessa. Io non sono un produttore. Vedo nel video una maggiore
intimità e mi piace lavorare con pochi tecnici. Le scene girate in questo
modo sono le più riuscite perché questa sensazione di “confidenza”
trasuda nella pellicola. -Dieci anni fa il cinema e televisione
comunicavano con linguaggi distanti e distinti. Oggi il linguaggio del
video è entrato in quello cinematografico, e la televisione imita il cinema
con spettacoli in cinemascope e simulazione di pellicola. In questo caos
mediatico Il modo di girare con la camera a mano
emozionale/emozionata delle “onde del destino” di Von Trier e anni
prima la nouvelle Vogue (attacchi in asse, scavalcamenti di campo,
piccole troupe) hanno ormai costruito un linguaggio nuovo che comincia
a dare cenni di cedimenti: Irreversibile e Dancer in the Dark ne sono
chiari esempi. Korine non è patinato come il film francese né
pateticamente melodrammatico come il musical di Von Trier e spinge ai
limiti il linguaggio del dogma (e del video) esasperandone ogni tratto.
Come ama dire lui, ha creato qualcosa di nuovo.
- Per me il grande artista cinematografico è quello che riesce a non far
percepire la sua mano. Quando ad esempio guardo la “passione di
Givoanna d’Arco” di Dreyer io no vedo i meccanismi, non sento il
pensiero del regista, è come se il film provenisse dal cielo. Questo è il
suo senso di realtà. Vorrei fare film come questo e andare oltre: io ho
usato telecamere nascoste, sugli alberi, dietro le finestre e gli attori non
sapevano da dove fossero ripresi. Non è più girare un film ma
un’esperienza cinematografica. Da parte mia dovevo piazzare trenta
telecamere e fare in modo che gli operatori non si riprendessero tra di
loro, fare il regista diventa molto simile al giocare una partita a scacchi. -
Le situazioni ruotano intorno alla figura di Julien, ispirata allo Zio di
Korine: -Inizialmente volevo mio Zio come protagonista ma è in uno
ospedale psichiatrico da 25 anni. Le sue condizioni mentali sono molte
serie. Indossa i pantaloni al contrario, salta dalla finestra e si fracassa le
anche, sente le voci nella testa e cerca di uccidermi. La cosa che mi ha
colpito di più è che è stato normale sino a 21 anni poi ha cominciato a
sentire le voci e penso sempre che la mia mente possa finire come la
sua. Ewan Bremner, che lo ha interpretato, ha passato cinque mesi con
lui in un ospedale psichiatrico .-Accanto al cast principale si muovono
attori inconsapevoli e disabili come ciechi, persone menomate che
contribuiscono a questo cupo ritratto di malattia mentale senza vie di
uscita. – Puoi mostrare tranquillamente Tom Hanks che balbetta o Dustin
Hoffman che fa il suo “Rain Man” vincendo l’oscar interpretando teneri e
amabili disabili. Questo mi fa arrabbiare perché se mostri qualcuno che
urla ed ha paura perché sente delle voci nella testa e si prende a pugni e
si schiaffeggia allora stai facendo del voyeurismo o stai sfruttando
disgrazie altrui. Per me questo è molto di più.-Questa scelta di affiancare
disabili e attori che interpretano persone con problemi psicofisici
rapportando la tragedia di qualcuno all’intrattenimento di un altro ha
scatenato diverse discussioni. Korine è molto chiaro sull’impostazione del
suo cinema e risponde seccamente con una risposta che è solo
provocazione:- Se mai dovessi fare un Western e un cavallo muore
perché io gli ho chiesto troppo non verserò una lacrima perché è morto
per un mio ordine. Piangerei solo se il cavallo morisse lontano dalla
macchina da presa. Il cinema sostiene la vita, cattura la progressione
della morte. In questo modo il cavallo muore per il mondo come ha fatto
Cristo. Nel cinema bisogna dare il sangue: il film suonerebbe falso se sul
set, alla parola “cut”, Ewann Bremmer si rilassasse e chiedesse un
cappuccino. Mentre lavoro non riesce ad avere relazioni sociali, non sono
neppure in grado di allacciarmi le scarpe o rifare il letto .-
Girare un film consuma la vita. E su questo concetto, portato
nuovamente all’esasperazione decide di costruire il suo progetto
successivo.
FIGHT ARMTra Buster Keaton e uno Snuff Movie.
Fight Arm non vedrà mai la luce come era stato concepito. Un errore di
calcolo impedisce ad Harmony Korine di portare a termine questo
progetto che del cinema ha perso tutte le caratteristiche. I più critici
giudicano Fight Arm solo una trovata pubblicitaria per fare apparire il suo
autore sempre più bizzarro e folle. Che si tratti di una pagliacciata, di uno
scherzo stupido o di follia geniale lo si potrà scoprire solo quando le
immagini girate da Korine verranno mostrate.
La sceneggiatura è costituita da due regole ed uno obiettivo, come se si
trattasse di un gioco.Scopo: provocare la violenza in qualsiasi etnia e
sesso.Regola uno: nessuno può fermare la lotta a meno che uno dei due
contendenti non sia in pericolo di vita.Regola due: il provocatore non
deve tirare mai il primo pugno.Ed è Korine stesso che, in Gramercy Park,
gira seguito da telecamere nascoste e si avvicina alle persone
scippandole o insultandole cercando di farsi picchiare a sangue. E c’è
una terza regola: le persone che lui provoca devono essere più grosse e
forti di lui.- Ho combattuto contro due enormi lesbiche, un arabo, un
negro e sono stato devastato di botte da un portoricano.-Nelle intenzioni
del regista Fight Arm sarebbe dovuto essere novanta minuti di violenza
pura per creare il film più divertente mai girato, un incrocio tra Buster
Keateon ed uno snuff movie. Secondo Korine ridere è tragedia, il film è
l’esasperazione della gag in cui un ragazzo scivola su di una buccia di
banana. Ed è Korine stesso in un impulso autodistruttivo che si è
fracassato due costole per mostrarci il nostro cinismo ed il nostro
Voyeurismo.- Ogni combattimento durava all’incirca quattro minuti, cioè
fino a quando uno dei due perdeva la conoscenza o non si poteva più
muovere. Ho fatto circa quindici combattimenti e gli ho montati. Sono
quindici minuti di brutalità continua e ma per ora sono venticinque minuti
e dovrei fare altri 60 combattimenti per completarlo. Non penso,
fisicamente, che il mio corpo possa farcela. La vita non è Rocky.-
LIBRI, VIDEOCLIP E PROGGETTI FUTURILa vita è una questione di
estetica.
“A Crack up at the race riots” è il libro pubblicato da Korine in
America dalla Main Street: un concentrato di mini storie, domande, false
lettere di suicidi. Un insieme di appunti tagliati ed incollati in maniera
forse casuale che balzano dalla genialità alla provocazione gratuita, da
idee innovative e ingegnose ad appunti scritti solo per prendere in giro il
lettore. Essenziale e non-sense, non è altro che un’altra sfaccettatura
[img4]del mondo di Harmony Korine. –Non so che cosa voglio dire, posso
solo parlare di un estetica totale. Posso disegnare una sedia, posso
ballare il tip-tap, scrivere un opera lirica, andare nel mio bagno ed
impiccarmi: tutto fa parte della mia persona, delle mie idee. Tutto è un
unico pensiero. Un estetica, insomma.-
Interessato da sempre a Macaulay Culkin ed alle attenzioni che
dedichiamo al culto ossessivo alle celebrità, agli enfant-prodige e alla
loro evoluzioni in adolescenti Harmony Korine usa Il piccolo attore di
“Mamma ho perso l’aereo” come protagonista insieme alla sua
compagna del video “ Sunday ” dei Sonic Youth (scaricabile dal sito
www.sonicyouth.it). Qui Culkin appare come un essere effeminato che ha
perso il suo sessi e il suo ruolo: in un lungo rallenty si tinge la bocca con
un rossetto carminio, si toglie un cappello, si guarda triste allo specchio.
Korine scatta anche centinaia di foto a Culkin che poi fotocopia
ingrandendo, rimpicciolendo ed eseguendo collage e patchwork. Il lavoro
è finito anche su di un libro “The Bad Son”, ordinabile per oltre 100 Euro
alla Paperback.
Oltre ad alcune provocatorie videoinstallazioni in alcune mostre d’arte
( Il diario di Anna Frank parte 2 in cui in tre schermi mostrava un
loop con una down che nuota in piscina e un uomo che seppellisce un
cane morto) Korine sembra avere in progetto un film su tre storie di
Milton Berle e forse un adattamento sul suicido di ian Curtis dei Joy
Division. Ovviamente nessuna voce certa, solo un piano di estetica
totale:
- Il mio è un cinema apolitico: quando lavoro su di un idea quello che mi interessa è creare qualcosa di originale. Ho 25 anni e delle cose da dire. Se penso al sesso e all’amore penso che siano altre forme di sofferenza, non per questo penso che la speranza non esista. Probabilmente non è
nella vita reale ma proprio nel cinema. E’ per questo che ho la necessita di creare un altro mondo.”