Speciale Su Harmony Korine

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Speciale su Harmony Korine parte I Sottotitolo: Fotocopia di ritratto da fermo immagine digitale Film che dirigerò:- Un ballerino di Tap Dance alcolizzato viene riabilitato.- Un gangster fugge in Alaska alla ricerca di oro.- Una bambinaia scontrosa va a pescare e trova un corpo morto sul fondo del lago.- Una prostituta decide di candidarsi come sindaco- Un ex – spacciatore decide di voler diventare un giocatore di Baseball professionista.- Un dentista trova 100.000 dollari nella fenditura di un cello.- Una maestra porta la sua classe in Isralele dove passano il loro tempo in un Kibbutz bighellonando e piantando granturco. Harmony Korine, dal suo libro Crack-Up at the Race Riots. - Quando vedo un film commerciale dei primi anni del cinema, come quelli di D. W. Griffith, questo dice le stesse cose ed è visivamente costruito come un film di adesso; se penso al piccolo progresso che c’è stato in questo campo mi rattristo. Si può fare molto di più e io faccio questo lavoro perché non esistono i film che vorrei vedere, con i personaggi che mi affascinano. Se qualcuno facesse questo, io andrei al cinema. Nessuno li fa, ed è per questo che sono un regista. Non che mi disturbi, anzi, mi rende felice.-In conferenza stampa qui a Venezia Korine sembra un Punk cattivo appena scappato di casa. Insulta i giornalisti e le loro domande svogliate. Finite le interviste esce dalla sala e ferma la gente per dare personalmente gli inviti per la proiezione del suo film.

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Harmony Korine

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Speciale su Harmony Korine parte ISottotitolo: Fotocopia di ritratto da fermo immagine digitale

Film che dirigerò:- Un ballerino di Tap Dance alcolizzato viene riabilitato.-

Un gangster fugge in Alaska alla ricerca di oro.- Una bambinaia scontrosa

va a pescare e trova un corpo morto sul fondo del lago.- Una prostituta

decide di candidarsi come sindaco- Un ex – spacciatore decide di voler

diventare un giocatore di Baseball professionista.- Un dentista trova

100.000 dollari nella fenditura di un cello.- Una maestra porta la sua

classe in Isralele dove passano il loro tempo in un Kibbutz bighellonando

e piantando granturco.

Harmony Korine, dal suo libro Crack-Up at the Race Riots.

- Quando vedo un film commerciale dei primi anni del cinema, come

quelli di D. W. Griffith, questo dice le stesse cose ed è visivamente

costruito come un film di adesso; se penso al piccolo progresso che c’è

stato in questo campo mi rattristo.

Si può fare molto di più e io faccio questo lavoro perché non esistono i

film che vorrei vedere, con i personaggi che mi affascinano. Se qualcuno

facesse questo, io andrei al cinema. Nessuno li fa, ed è per questo che

sono un regista. Non che mi disturbi, anzi, mi rende felice.-In conferenza

stampa qui a Venezia Korine sembra un Punk cattivo appena scappato di

casa. Insulta i giornalisti e le loro domande svogliate. Finite le interviste

esce dalla sala e ferma la gente per dare personalmente gli inviti per la

proiezione del suo film. Torna in America e va ubriaco in televisione.-

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Lavoro duramente per fare film che non possono essere descritti a

parole, perché sono abituato a vedere storie che chiunque può poi riferire

semplicemente a parole. E questo è troppo semplice. Non voglio che si

possa fare questo dei miei film.-

Korine non sarebbe minimamente interessato alla divulgazione della

storia della sua vita e usa le interviste farsi dipingere come un poeta

drogato e maledetto che ama farsi fotografare con la barba di due giorni

ed apparire come sfrontato e pretenzioso alle conferenze stampa.Chi

ama il suo cinema capisce che “il personaggio” Korine cozza con la

sensibilità con cui tratta personaggi delicatissimi, cozza con l’amore e il

rispetto verso i diversi che animano le opere. Cinema e immagine

pubblica sono due mondi così distanti che sembra quasi che Korine ci

inviti a lasciar perdere il suo personaggio e a buttarsi direttamente nella

sua filmografia.- Non mi piacciano le interviste, vorrei arrivare al punto in

cui devo smettere di promuovere me stesso, vorrei solo fare film e

lasciare che escano. Vorrei arrivare al punto di non dovere spiegare le

cose.-

E’ proprio per questa sua attitudine con i media che ci riesce difficile

sapere esattamente qualcosa sul suo passato. Risponde distratto alle

domande sulla sua infanzia e si diverte a dare versioni completamente

diverse ad ogni intervista.- Non so neanche che mestiere facesse mio

padre, se ne andava per lunghi periodi e a volte spariva anche mia

madre. Non sapevo chi erano, che cosa facessero. Non sono stati cattivi

genitori e quando mio padre tornava a casa mi portava soldi o regali, per

questo gli volevo bene. Gli ho chiesto recentemente che genere di lavoro

fa, ma non mi ha risposto. (…) Ho letto sul certificato di nascita che mio

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padre è un commerciante di pellicce, ma non glien’ho mai visto né

indossare una né fare discorsi da pellicciaio.-Non c’è da stupirsi se

altrove racconta di essere cresciuto in una comune Trotzkista in cui tutti,

invece che praticare l’amore libero, se ne andavo a spasso per il Tenesee

a fare propaganda e a bruciare chiese.Il padre era invece un

documentarista-montatore che portava spesso il figlio al cinema dove

Korine si innamora della sacra e tragica bellezza di Buster Keaton per poi

conoscere e amare il cinema personale e diverso di Herzog e Fassbinder,

due autori con cui si sente di condividere l’ “attitudine cinematografica”.

Korine ha la passionalità fisica dell’ Herzog di “Anche i nani hanno

cominciato da piccoli” e di “Aguirre”, e mantiene il modo di riprendere

curioso e impietoso del grande regista tedesco. Il finale di “Furore di Dio”

potrebbe essere stato tranquillamente girato dal giovane americano.

Diverso è quello che lo accomuna con Fassbinder:– I miei film sono come una casa; alcuni sono pavimento, altri sono muri, altri il camino. Alla fine della mia vita vorrei poter vivere in questa casa.- diceva del suo cinema.- Amo quest’idea, il suo modo di lavorare intensissimo: in un anno ha girato nove film – spiega Korine –Sono due le cose che ricordo delle sue pellicole: i personaggi e alcune scene. Non ricordo mai la storia e Fassbinder era grande proprio a mostrarti scene personalissime che nessuno saprebbe mostrarti.-Nei film di Korine, guarda caso, non esiste un plot vero e proprio ma un macero di situazioni paradossali, una fanghiglia di tagli di censura altrimenti impossibili da mostrare. Non rimane nulla della classica struttura di sceneggiatura che viene insegnata agli aspiranti sceneggiatori.- Detesto le scuole di cinema, mangiano l’anima del cinema. Lì diventare regista fa parte di un processo di studio, ed è solo spazzatura. Tutti questi ricchi ragazzi che prima volevano fare i dottori ora vogliono fare i Filmmakers ma hanno una esperienza di vita nulla e scriveranno merda come chiunque altro. E’ perfetto per andare a Wollywood e incontrare produttori perché sono degli stronzi anche loro. E’ per questo che non vado quasi mai al cinema.-Sono altri i modi per diventare registi.

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New York, Millenovecentonovantadue.Il regista-fotografo Larry Clark sta

scattando foto in un parco. Fra i suoi soggetti c’è anche uno skater

diciassettenne. I due si mettono a parlare di fotografia, di giovani e di

cinema.- Posso scrivere una sceneggiatura per te.- gli dice lo skater.

KIDS e KEN PARKla parabola Korine – Larry Clark

Casper e Terry sono due adolescenti di strada. Parlano di sesso, rubano,

pisciano per terra senza rispetto per nessuno. Si intreccia la storia Jenny:

ha appena scoperta di avere l’Aids e di averlo preso da Terry, l’unico

ragazzo con cui ha fatto sesso.Sono il girovagare dei due protagonisti a

riempire il film: fra scatti di violenza, droga, e sesso gelido Terry si lavora

una nuova verginella. La porta ad una festa e riesce a convincerla a

venire a letto con lui. Jenny arriva al party la mattina, distrutta. Trova

Terry abbracciato alla sua nuova ragazza e collassa distrutta sul divano;

Casper si sveglia e ne approfitta per scoparsela mentre tutti ancora

dormono, ubriachi e strafatti.

- Larry Clark è un persona che mi è indifferente. E’ un porco che fa film

solo per vedere la figa delle ragazzine.- Commenta acido Korine.Se Kids

da una parte mostra il nichilismo di Korine, il suo sguardo sul disagio e

sul degrado, dall’ altro è un film dall’estetica classica. La diversa forma

del film che probabilmente voleva dare il giovane sceneggiatore lo porta

litigare violentemente con Clark tanto che Korine non lo riconoscerà mai

come una sua opera. Il suo copione è glaciale e distaccato (incredibile

per un diciassettenne) , il risultato leccato e pulito.Grazie a Kids si

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comincia a parlare di lui come lo sceneggiatore più giovane accreditato

nella storia del cinema e lui scrive un’altra adattamento su commissione

per Clark. Si tratta di “Ken Park”, progetto che risulterà però troppo

estremo e verrà accantonata per anni prima di essere realizzata e

presentata al 59° festival di Venezia. Qui Larry Clark, in conferenza

stampa, cerca di non dare grande importanza a Korine quando qualcuno

gli chiede della loro collaborazione:- Ken Park nasce dal mio lavoro di

fotografo e dalle situazioni reali che ho osservato. Da questi ho creato i

personaggi come si trattasse di film diversi. Harmony gli ha messi tutti

insieme ma con difficoltà perché non sentiva i personaggi suoi, diceva di

non conoscere nessuna ragazza che fa un pompino al padre del

fidanzato. Erano caratteri lontani da lui, non come in “Kids” dove era

tutto suo. Ha fatto una sola stesura e quando abbiamo girato abbiamo

dovuto cambiare gran parte dei dialoghi.

Tiffany (la protagonista, nonché attuale fidanzata di Clark) ha

completamente ricostruito il personaggio di Peaches e anche il finale è

stato cambiato.- Cosa che Korine non ha certo gradito, non volendone

saper più nulla.E’ innegabile che entrambi i cineasti basano la loro idea

sul realismo ma i loro punti di contatto terminano qui.- Voglio essere

visivamente onesto- Afferma Clark – Se quando due persone fanno sesso

io giro la camera, faccio un elisse narrativa insomma, non sono onesto.

Volevo fare un film dove la camera non stacca, dove tutto è onesto e

sincero perché tutto quello che vedi è realmente accaduto. Ho usato

attori professionisti e non e li ho fatto interagire. Ognuno ha imparato

qualcosa di nuovo sulla recitazione. -Anche Korine lavorerà sia con attori

e che con persone prese dalla strada ma la sua ossessione per il reale

mo lo porterà ad un discorso estetico e drammatico completamente

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diverso. E lo farà con la sua prima regia, Gummo.

GUMMOIl cinema: 24 fotogrammi al secondo di bugie.Il realismo

al cinema è una reazione da provocare.

Un tornado si è abbattuto sulla città si Xenia. Quello che resta è un

accozzaglia di derelitti e case simili a discariche di rifiuti. Una dissonante

colonna sonora Black Metal incolla sequenze impazzite senza nesso

logico: a Xenia si ammazzano gatti per venderli a ristoranti cinesi in

cambio di colla da sniffare, ragazze down si radono le sopracciglia fra

tumori al seno e albine fans di Patrik Swarze.

Come fa notare Herzog, Korine usa il tornado per distruggere anche la

forma narrativa e lasciar spazio alla sola forza delle immagine. Quello

che ne esce è un film spiazzante e lontano da ogni schema, una sorta di

miracolo nel clima cinematografico odierno.-La fortuna è stata quella di

essere protetto dal mio agente e di avere la produzione molto lontana.-

Certo, i problemi in produzione ci sono stati: quando parte del girato

arrivò alla produzione questi decisero immediatamente di tagliare i fondi,

accusando il giovane regista di usare tantissima pellicola per strane

prove –Lasciatemi stare. Quelle scene sono il mio film.- Sul set aveva

l’appoggio del direttore della fotografia che gli teneva alto il morale: –

Fottitene di questa gente. Daremo fuoco a tutto. Resteremo io, te, una

lampada e il tecnico del suono.--Mi piace: tutto questo è molto punk. – gli

risponde Korine.Lui, d’altronde, aveva un solo obbligo con i suoi

produttori, quello che la pellicola non fosse vietato ai minori, dato che in

america sono pochi i cinema che distribuiscono questi film e un opera

così di nicchia si sarebbe tagliata le gambe da sola. Korine racconta che

inizialmente il film era stato bollato per adulti e la commissione gli aveva

consigliato di tagliarlo di modo da renderlo simile al linguaggio di Mtv.

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- Non volevo renderlo vuoto di significati, come Trainspotting. – Alcune

scene sono state accorciate, ma la commissione si rifiutava ancora di

dare il visto. E qui il racconto di Korine diventa epico e ne approfitta per

tirar fuori dal cilindro la sua immagine di Punk egocentrico:- Quando sono

andato in tribunale mi sono trovato davanti a persone che avevano più di

65 anni, tutti assomigliavano al vecchio Bush. Io per difendermi ho

spiegato loro che se guardavano bene il film si rendevano conto che non

c’erano scene di nudo e neanche tanta violenza, a parte qualche scena di

tortura sugli animali. Mentre parlavo loro odiavo me stesso perchè

dovevo spiegare le mie cose a quegli stronzi. Ma dovevo farlo. Pochi

secondi e hanno votato tutti contro di me. Ho detto loro che tutto questo

era illegale, che avrei chiamato i giornali. -A questo punto Korine

racconta di averne preso un membro della commissione parte e di

avergli urlato in faccia:- Ti pugnalo alla tua fottuta gola. Ti taglio la tua

testa di merda perchè non sono un fottuto figlio di papà che sta alle

regole del gioco. Non sono parte del sistema e il mio lavoro significa

tutto. Se non posso mostrarlo agli altri non è un tradimento solo per me,

lo è anche per tutte le persone che hanno lavorato al film e che hanno

dato tutto loro stessi per la riuscita di Gummo.-Il giorno seguente Korine

ricevette una telefonata del suo agente che gli chiedeva se fosse

impazzito ed aver minacciato la vita di una persona ma gli disse anche

che il film ora non aveva più alcuna restrizione.

Anche girare il film non è stato semplice, soprattutto per il senso di

sporcizia che nelle intenzioni del regista il film doveva trasudare. Per far

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questo pretendeva che si girasse in mezzo a escrementi e spazzatura di

modo che il senso di marcio trasudasse da ogni fotogramma. Nessuno

però voleva lavorare in quelle condizioni scarsamente igieniche:–Quegli

stronzi si sono rifiutati di girare come volevo. Abbiamo dovuto comprare

delle tute bianche come se ci trovassimo di fronte ad una perdita di

energia nucleare. Sono dei cacasotto.-Solo il direttore della fotografia,

Jean Yves Escoffer, non aveva paura e mentre tutti indossavano le loro

tute bianche i due giravano in calzoncini e ciabatte da piscina. Korine

parla volentieri dell’importanza di Escoffer all’interno della produzione

tanto che ha girato una scena senza il regista: in un povero interno un

gruppo di alcolizzati si sfida a braccio di ferro e dopo, non sapendo come

utilizzare il loro tempo si divertono a lottare contro una sedia di ferro.

Korine, dopo aver impostato la scena e aver fornito la cinepresa di un

microfono direzionale, è uscito dalla stanza e ha lasciato che tu si

svolgesse naturalmente, senza nessuna regia.Ha spento i monitor e si è

andato a fare un giro.Quello che intanto Escoffer stava catturato era

violenza reale.- C’è un punto di questa scena che mi ha colpito-

commenta Herzog -è il momento di silenzio in cui si capisce che nessuno

sa cosa deve fare; è una situazione che non può essere diretta.- Quando

ho guardato i giornalieri sono rimasto sorpreso perché Jean Yves ha

realmente catturato la goffaggine e il triste silenzio di quel momento, E’

stato meraviglioso. –[img4]Korine racconta anche l’ultimo giorno di

riprese: spiegando che nel copione era previsto un finale con la pioggia

ma per tutti i giorni di riprese non si era vista una goccia d’acqua.- Tutti i

giorni sembrava che dovesse piovere ma non accadeva mai. E l’ultimo

giorno finalmente, è arrivato un terribile acquazzone. -In una giornata

sono state girate la scena della piscina, il finale col ragazzo-coniglio

nocchè le scene previste dal copione: la già citata lotta con la sedia e la

sequenza che vede lo stesso regista che tenta di convincere un nano

negro a fare l’amore con lui.- Non assumo mai droghe quando lavoro, ma

per quella scena volevo fare qualcosa di speciale, così mi sono ubriacato.

Erano le due del mattino ed era l’ultima scena. C’era un silenzio profondo

e tutti erano sconvolti perché cercavo di fare l’amore con un nano ed ero

respinto. Il nano aveva una canottiera attillata e io gli sussurravo

nell’orecchio che gli avrei dato 100 dollari se la toglieva ma lui non lo

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voleva fare. Così mi sono alzato in piedi e ho cominciato a saltare

urlando “Abbiamo fatto un film, abbiamo finito il film, abbiamo girato un

film originale”urlavo ed ero completamente fuori di me. Tutti

applaudivano ed erano felici ma io non capivo niente. Mia sorella più

piccola è venuta ad abbracciarmi e io l’ho spinta contro il muro. Poi ho

preso un quadro e ho cominciato a correre e a spaccare tutte le finestre.

E Chloe e altra gente hanno iniziato a piangere. Alla fine mi hanno preso

e mi caricato in macchina. (…)Cercavi di arrivare a casa, ma poi ho

cambiato idea: ho preso le forbici e ho cominciato a tagliarmi i peli pubici

con i pantaloni abbassati, poi sono svenuto con la testa in una busta di

plastica.-Epici racconti a parte, sono altre le cose interessanti nel

linguaggio e nella struttura di Gummo che si riverseranno, amplificate e

sviluppate, nella sua seconda regia. Siamo di fronte a frammenti di

realismo che arrivano da situazioni osservate e vissute ma ben lontane

dal documentario o dal DocuDrama sensazionalistico.- Non credo nel

cinema verità, anche il documentario è manipolazione. Il cinema non è

nient’altro che 24 fotogrammi al secondo di bugie. Ma il vero cinema per

me è “24 fotogrammi di una sorta di verità”. Sono interessato al

realismo, se non è presente qualcosa che per me è realismo (personaggi

realistici che subiscono conseguenze realistiche) io non sono interessato.

E’ solo un cartone animato.-Il realismo dello squilibrio mentale, del

sadismo dei bambini, della confusione e dei luoghi comune

dell’adolescenza non sono trattati col Voyeurismo dei mondomovies, né

con l’autocompiacimento nel cattivo gusto di John Wathers: sono rivisti in

un ottica vagamente surreale , una sorta di realismo poetico usato per

trasmettere un insieme di sensazioni legate ad una realtà personale, la

stessa cosa che il giovane regista ammira a Fassbinder.Realismo, non-

sense, retorica sono gli ingredienti base a livello narrativo gestiti

visivamente da un 35 mm fuso con digitale, super 8, fermi immagini e

polaroid. Korine stesso afferma di voler trattare le scene come se

lavorasse su quadri, senza la definizione e la pulizia a cui ci ha abituato il

cinema. Anche il discorso “estetico” sarà approfondito molto nella sua

seconda regia. Julien Donkey Boy è stato infatti girato completamente in

digitale ed il vidigrafo è stato utilizzato con filtraggi speciali.- La mia

intenzione era quella di creare quadri in movimento, dove i colori si

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bruciano e si mischiano negli altri. E’ come quando prendi una fotografia

e la metti in una fotocopiatrice a colori La fotografia perde la sua forma e

si trasforma in una sorta di dipinto. C’è dell’inchiostro sulla carta e tu non

percepisci la profondità di campo: e’ molto più integrato col mio modo di

raccontare.-Il film stesso visivamente è di per sé quella “sorta di

realismo” che compare nella sceneggiatura, un passo in più per

completare il quadro della “visione” che è l’opera del giovane americano.

Gummo, come tutte lo opere profondamente personali, ha diviso la

critica. Se per alcuni giornalisti si tratta di uno dei film più moderni e

innovativi, secondo altri è solo un ammasso confuso e ridondate di

immagini autocompiaciute e gratuite.Non c’è da stupirsi che la giuria di

“mummie borghesi bacchettone” abbia attaccato tanto il film,Harmony

Korine è fiero di parlare di un opera non per tutti, che presenta una

nuova sintassi visiva, più comprensibile ai giovani che sono dotati di una

diversa sensibilità.Assistendo però ad una proiezione davanti ad un

pubblico di ragazzi cresciuti a cioccolata, MTv e cronaca nera, ho notato

che la metà delle persone è fuggita alla fine del primo tempo. C’è una

scena in cui il piccolo protagonista fa pesi ascoltando Madonna. Quando

il pezzo musicale è cominciato tutti hanno applaudito per quella oasi di

normalità a cui si sono potuti attaccare e, appena la mamma del ragazzo

si è avvicinata allo stereo per spegnere la musica, tutti fischiavano per il

terrore di tornare nel film.Gummo è indiscutibilmente forte,

assolutamente non gradevole. Grazie a questo film Korine ha ricevuto i

complimenti di Gues Van Saint, Jean Luc Godard, Abel Ferrera, Lars Von

Trier e Warner Herzog.Questi due nomi sono fondamentali per il suo

secondo film. Julien Donkey Boy sarà il primo film americano girato

secondo le Vontrieriane regole del “Dogma 95″ e fra i protagonisti c’è un

a padre triste e assente interpretato da Herzog in persona.

JULIEN DONKEY BOY

Julien è un bidello schizofrenico che lavora in un istituto per non vedenti.

Parla da solo, immagina un dialogo fra Hitler e Gesù interpretandoli

entrambi, ha terribili scatti di violenza e si commuove quando la sorella,

dall’altro capo del telefono, finge di essere la madre morta. Suo fratello

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cerca di diventare un lottatore di Wresling, suo padre beve medicine

usando una ciabatta come bicchiere e ama raccontare trame di

polizieschi. La nonna, catatonica su una sedia, parla solo con il suo

cagnolino. Dove sia realtà e finzione, dove ci sia recitazione o candit –

camera non ci è permesso capirlo perché il film è la visione distorta del

mondo dal cervello di Julien, il pazzo che sente le voci in testa.

Impossibile anche in quest’opera stabilire una linea narrativa, basta ad

esempio leggere alcune recensione per rendersi conto che ogni critico

per sintetizzare la trama parla di situazioni diverse tanto che pare che

ognuno parli di tanti film differenti. Ma il puzzle di Julien è molto più

maturo e frammentario di quello che a prima vista può sembrare un

filmino fatto in casa da una famiglia di psicopatici.Korine concentra la sua

attenzione su un nucleo familiare calandoci nel sua realtà senza alcuna

prefazione.Com’è possibile che Julien lavori con disabili?Dov’è sua

madre?Chi è suo padre? Che lavoro fa? Tutte le domante che uno

sceneggiatore dovrebbe farsi prima di iniziare la stesura di una storia

non vengono considerate: per Korine quello che crea veramente il film

sono le situazioni che ne nascono sul set.

Julien Donkey Boy fa un ulteriore passo avanti perchè i personaggi si

muovono su un canovaccio impreciso: tutto nasce dall’improvvisazione e

il film non è che un “montaggio emotivo” realizzato su oltre 180 ore di

girato.- Sono uno sceneggiatore che non crede nei copioni. Non sono che

un qualcosa di morto, carta e inchiostro sono oggetti inanimati finchè

attori e camera non sono davanti a te. Perchè imporre uno script totale

nella vita reale?-Data la natura improvvisata del film anche l’iter tecnico

sul set era molto diverso. Trattandosi di un film Dogma, la realizzazione

deve sottostare a regole ferree come sonoro in presa diretta, nessun

trucco ottico o effetto speciale, nessuna scenografia, camera a mano e

nessuna illuminazione supplementare.Korine porta all’eccesso tutto

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questo creando, con l’aiuto di Antony Dod Mantle (già direttore della

fotografia di Festen) un immagine ai limiti della comprensibilità

(desaturata e sgranata) e utilizzando tutti gli effetti delle telecamere

digitali come fermi immagini, shutter, strombo e sovraimperssioni.Il

metodo di regia si avvicina molto a quello utilizzato nella scena della

“lotta con la sedia” di Gummo. Il direttore della fotografia copriva tutto il

raggio d’azione degli attori con molte telecamere maneggevoli

piazzandole lontano su cui erano montate ottiche molto lunghe. Ogni

telecamera era poi collegata ad un videoregistratore DigitalBeta. Altre

mini-telecamere spia (comprate in negozi di sorveglianza) erano piazzate

ovunque, persino nei vestiti e negli occhiali degli attori. In una scena

c’era da quattro a venticinque macchine da presa (un sistema simile a

quello utilizzato dal Von Tirer per “Dancer in the dark”) e tutte le scelte

estetiche venivano poi eseguite in montaggio.Questo metodo imponeva

molto tempo per attrezzare la scena (naturalmente nessuna

illuminazione esterna era utilizzata) ma dopo questo gli attori erano liberi

di muoversi ed improvvisare senza preoccuparsi di essere e non essere

sotto la luce giusta. Il regista/sceneggiatore ha quindi un ruolo diverso a

quello classico, deve solo organizzare la scena e poi lasciar far tutto

all’improvvisazione degli attori all’interazione con i passanti.Il montaggio

contiene poi anche campionamenti video, un ritmo mentale simile a

quello sonoro del drum’n’bass.- Con Gummo avevo già sperimentato

l’estetica del video e la libertà che ti concede. Si parla di una rivoluzione

digitale più che altro correlata all’abbattimento dei costi, questo non mi

interessa. Io non sono un produttore. Vedo nel video una maggiore

intimità e mi piace lavorare con pochi tecnici. Le scene girate in questo

modo sono le più riuscite perché questa sensazione di “confidenza”

trasuda nella pellicola. -Dieci anni fa il cinema e televisione

comunicavano con linguaggi distanti e distinti. Oggi il linguaggio del

video è entrato in quello cinematografico, e la televisione imita il cinema

con spettacoli in cinemascope e simulazione di pellicola. In questo caos

mediatico Il modo di girare con la camera a mano

emozionale/emozionata delle “onde del destino” di Von Trier e anni

prima la nouvelle Vogue (attacchi in asse, scavalcamenti di campo,

piccole troupe) hanno ormai costruito un linguaggio nuovo che comincia

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a dare cenni di cedimenti: Irreversibile e Dancer in the Dark ne sono

chiari esempi. Korine non è patinato come il film francese né

pateticamente melodrammatico come il musical di Von Trier e spinge ai

limiti il linguaggio del dogma (e del video) esasperandone ogni tratto.

Come ama dire lui, ha creato qualcosa di nuovo.

- Per me il grande artista cinematografico è quello che riesce a non far

percepire la sua mano. Quando ad esempio guardo la “passione di

Givoanna d’Arco” di Dreyer io no vedo i meccanismi, non sento il

pensiero del regista, è come se il film provenisse dal cielo. Questo è il

suo senso di realtà. Vorrei fare film come questo e andare oltre: io ho

usato telecamere nascoste, sugli alberi, dietro le finestre e gli attori non

sapevano da dove fossero ripresi. Non è più girare un film ma

un’esperienza cinematografica. Da parte mia dovevo piazzare trenta

telecamere e fare in modo che gli operatori non si riprendessero tra di

loro, fare il regista diventa molto simile al giocare una partita a scacchi. -

Le situazioni ruotano intorno alla figura di Julien, ispirata allo Zio di

Korine: -Inizialmente volevo mio Zio come protagonista ma è in uno

ospedale psichiatrico da 25 anni. Le sue condizioni mentali sono molte

serie. Indossa i pantaloni al contrario, salta dalla finestra e si fracassa le

anche, sente le voci nella testa e cerca di uccidermi. La cosa che mi ha

colpito di più è che è stato normale sino a 21 anni poi ha cominciato a

sentire le voci e penso sempre che la mia mente possa finire come la

sua. Ewan Bremner, che lo ha interpretato, ha passato cinque mesi con

lui in un ospedale psichiatrico .-Accanto al cast principale si muovono

attori inconsapevoli e disabili come ciechi, persone menomate che

contribuiscono a questo cupo ritratto di malattia mentale senza vie di

uscita. – Puoi mostrare tranquillamente Tom Hanks che balbetta o Dustin

Hoffman che fa il suo “Rain Man” vincendo l’oscar interpretando teneri e

amabili disabili. Questo mi fa arrabbiare perché se mostri qualcuno che

urla ed ha paura perché sente delle voci nella testa e si prende a pugni e

si schiaffeggia allora stai facendo del voyeurismo o stai sfruttando

disgrazie altrui. Per me questo è molto di più.-Questa scelta di affiancare

disabili e attori che interpretano persone con problemi psicofisici

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rapportando la tragedia di qualcuno all’intrattenimento di un altro ha

scatenato diverse discussioni. Korine è molto chiaro sull’impostazione del

suo cinema e risponde seccamente con una risposta che è solo

provocazione:- Se mai dovessi fare un Western e un cavallo muore

perché io gli ho chiesto troppo non verserò una lacrima perché è morto

per un mio ordine. Piangerei solo se il cavallo morisse lontano dalla

macchina da presa. Il cinema sostiene la vita, cattura la progressione

della morte. In questo modo il cavallo muore per il mondo come ha fatto

Cristo. Nel cinema bisogna dare il sangue: il film suonerebbe falso se sul

set, alla parola “cut”, Ewann Bremmer si rilassasse e chiedesse un

cappuccino. Mentre lavoro non riesce ad avere relazioni sociali, non sono

neppure in grado di allacciarmi le scarpe o rifare il letto .-

Girare un film consuma la vita. E su questo concetto, portato

nuovamente all’esasperazione decide di costruire il suo progetto

successivo.

FIGHT ARMTra Buster Keaton e uno Snuff Movie.

Fight Arm non vedrà mai la luce come era stato concepito. Un errore di

calcolo impedisce ad Harmony Korine di portare a termine questo

progetto che del cinema ha perso tutte le caratteristiche. I più critici

giudicano Fight Arm solo una trovata pubblicitaria per fare apparire il suo

autore sempre più bizzarro e folle. Che si tratti di una pagliacciata, di uno

scherzo stupido o di follia geniale lo si potrà scoprire solo quando le

immagini girate da Korine verranno mostrate.

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La sceneggiatura è costituita da due regole ed uno obiettivo, come se si

trattasse di un gioco.Scopo: provocare la violenza in qualsiasi etnia e

sesso.Regola uno: nessuno può fermare la lotta a meno che uno dei due

contendenti non sia in pericolo di vita.Regola due: il provocatore non

deve tirare mai il primo pugno.Ed è Korine stesso che, in Gramercy Park,

gira seguito da telecamere nascoste e si avvicina alle persone

scippandole o insultandole cercando di farsi picchiare a sangue. E c’è

una terza regola: le persone che lui provoca devono essere più grosse e

forti di lui.- Ho combattuto contro due enormi lesbiche, un arabo, un

negro e sono stato devastato di botte da un portoricano.-Nelle intenzioni

del regista Fight Arm sarebbe dovuto essere novanta minuti di violenza

pura per creare il film più divertente mai girato, un incrocio tra Buster

Keateon ed uno snuff movie. Secondo Korine ridere è tragedia, il film è

l’esasperazione della gag in cui un ragazzo scivola su di una buccia di

banana. Ed è Korine stesso in un impulso autodistruttivo che si è

fracassato due costole per mostrarci il nostro cinismo ed il nostro

Voyeurismo.- Ogni combattimento durava all’incirca quattro minuti, cioè

fino a quando uno dei due perdeva la conoscenza o non si poteva più

muovere. Ho fatto circa quindici combattimenti e gli ho montati. Sono

quindici minuti di brutalità continua e ma per ora sono venticinque minuti

e dovrei fare altri 60 combattimenti per completarlo. Non penso,

fisicamente, che il mio corpo possa farcela. La vita non è Rocky.-

LIBRI, VIDEOCLIP E PROGGETTI FUTURILa vita è una questione di

estetica.

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“A Crack up at the race riots” è il libro pubblicato da Korine in

America dalla Main Street: un concentrato di mini storie, domande, false

lettere di suicidi. Un insieme di appunti tagliati ed incollati in maniera

forse casuale che balzano dalla genialità alla provocazione gratuita, da

idee innovative e ingegnose ad appunti scritti solo per prendere in giro il

lettore. Essenziale e non-sense, non è altro che un’altra sfaccettatura

[img4]del mondo di Harmony Korine. –Non so che cosa voglio dire, posso

solo parlare di un estetica totale. Posso disegnare una sedia, posso

ballare il tip-tap, scrivere un opera lirica, andare nel mio bagno ed

impiccarmi: tutto fa parte della mia persona, delle mie idee. Tutto è un

unico pensiero. Un estetica, insomma.-

Interessato da sempre a Macaulay Culkin ed alle attenzioni che

dedichiamo al culto ossessivo alle celebrità, agli enfant-prodige e alla

loro evoluzioni in adolescenti Harmony Korine usa Il piccolo attore di

“Mamma ho perso l’aereo” come protagonista insieme alla sua

compagna del video “ Sunday ” dei Sonic Youth (scaricabile dal sito

www.sonicyouth.it). Qui Culkin appare come un essere effeminato che ha

perso il suo sessi e il suo ruolo: in un lungo rallenty si tinge la bocca con

un rossetto carminio, si toglie un cappello, si guarda triste allo specchio.

Korine scatta anche centinaia di foto a Culkin che poi fotocopia

ingrandendo, rimpicciolendo ed eseguendo collage e patchwork. Il lavoro

è finito anche su di un libro “The Bad Son”, ordinabile per oltre 100 Euro

alla Paperback.

Oltre ad alcune provocatorie videoinstallazioni in alcune mostre d’arte

( Il diario di Anna Frank parte 2 in cui in tre schermi mostrava un

loop con una down che nuota in piscina e un uomo che seppellisce un

cane morto) Korine sembra avere in progetto un film su tre storie di

Milton Berle e forse un adattamento sul suicido di ian Curtis dei Joy

Division. Ovviamente nessuna voce certa, solo un piano di estetica

totale:

- Il mio è un cinema apolitico: quando lavoro su di un idea quello che mi interessa è creare qualcosa di originale. Ho 25 anni e delle cose da dire. Se penso al sesso e all’amore penso che siano altre forme di sofferenza, non per questo penso che la speranza non esista. Probabilmente non è

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nella vita reale ma proprio nel cinema. E’ per questo che ho la necessita di creare un altro mondo.”