Spazialismi a confrontoMaria Maschietto Daniele Milan Milena Milani Lalli Munari Monica Peloso...
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Spazialismi a confronto
VINICIO VIANELLO BRUNA GASPARINI SAVERIO RAMPIN
Il firmatario e le presenze parallele
a cura di
Elsa DezuanniGiovanni Granzotto
Ennio Pouchard
VINICIO VIANELLO BRUNA GASPARINI SAVERIO RAMPIN
Il firmatario e le presenze parallele
Spazialismi a confronto
Museo Civico di Santa CaterinaTreviso, Piazzetta Mario Botter
12 ottobre 2008 - 11 gennaio 2009
Mostra a cura diElsa DezuanniGiovanni Granzotto
RealizzazioneStudio dâArte GR,Sacile (Pordenone)
CoordinatoreEnnio Pouchard
OrganizzazioneUgo Granzotto
Catalogo a cura diElsa DezuanniGiovanni GranzottoEnnio Pouchard
Progetto graficoDiego Arnoldo
AssicuratoreAssicurazioni Generali S.p.A.Agenzia Generale di Treviso
TrasportiTransmont, Sacile (Pordenone)
In copertinaVinicio Vianello, Barena (Rocket), 1954 (particolare)
In quarta di copertinaBruna Gasparini, SonoritĂ , 1955 (particolare)Saverio Rampin, Momento n. 158, 1954 (particolare)
Nessuna parte di questa libro puĂČ essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza lâautorizzazione scritta dai proprietari dei diritti e dellâeditore
© 2008 GMV Libri, Villorba-TrevisoTutti i diritti riservati
Crediti fotograficiArchivi Galleria del Cavallino, VeneziaArchivio Vinicio Vianello, Treviso (T. Follina)Archivio Milena Milani, SavonaArchivio Saverio Rampin, Venezia Maria Maschietto
Un particolare ringraziamento aMaria Lucia Fabio Danilo De Filippo e figli Toni FollinaAntonio LucchettaFiorenzo LucchettaGaspare LucchettaGiancarlo LucchettaClaudio Ruberti
Si ringrazianoAmbra Altissimo Dal ZottoFranca Calimani RampinPaolo CardazzoSilvia CarraroOtto Celotto CorradiAnna Gloria EsterFlavio FasanElena FollinaGalleria Valmore Studio dâArte, VicenzaOdilla GarbuioMassimo GaspardoAldo GaspariniNicola LimanaMaria MaschiettoDaniele MilanMilena MilaniLalli MunariMonica PelosoSilvano e Gianna PelosoMarino SinosiSabina TutoneSergio Zompetti
Assicurazioni Generali S.p.A.Agenzia Generale di Treviso
CittĂ di Treviso
in collaborazione con
Studio dâArte GR, Sacile
La mostra Ăš stata resa possibile grazie al contributo di
Spazialismi a confronto
VINICIO VIANELLO BRUNA GASPARINI SAVERIO RAMPIN
Il firmatario e le presenze parallele
Deflettendo dal ritmo binario adottato nelle quattro precedenti puntate â due artisti di volta in volta chiamati sul proscenio, a formare coppie per affinitĂ (cosĂŹ nel segmento dâavvio che pro-poneva i sodali, e solidali, Bacci e Morandis) o per sottintesa e sia pur non mai verificata disso-nanza â questa mostra conclusiva del ciclo sullo Spazialismo si declina secondo un andamento ternario. Motus in fine velocior, giusta una scansione lucidamente preordinata in sede di stesura del progetto espositivo e frutto di un quadro critico saldamente acquisito a monte, che invita ora a suggello Bruna Gasparini (sola presenza femminile), Saverio Rampin e Vinicio Vianello, tra i tre il nome piĂč noto al pubblico, anche in virtĂč del suo fervido impegno nellâarte del vetro e nel design, oggetto di una recentissima rivisitazione al Museo di Castelvecchio.Il ciclo fa qui punto: dopo undici retrospettive â tanti sono gli autori â ormai da leggere come unâunica articolata (e da qui in avanti ineludibile) monografia sullo Spazialismo, versante ve-neziano. Ă stato accolto con lâattenzione che meritava il grande impegno che vi hanno profuso i curatori, e con loro gli sponsor che lâhanno intelligentemente sostenuto insieme con i gene-rosi prestatori delle opere. Per parte mia, partecipo la soddisfazione dei Musei Civici di Treviso nellâaver dedicato il proprio spazio espositivo di maggior prestigio a una delle esperienze piĂč feconde dellâarte italiana del secondo dopoguerra, incentivando quellâapertura alla contem-poraneitĂ (di riconosciuto alto profilo) che non puĂČ oggi non darsi nelle istituzioni indirizzate piuttosto, per tradizione e per valenza intrinseca del patrimonio, alla valorizzazione del passato meno prossimo.
Emilio Lippi Direttore delle Biblioteche e dei Musei Civici
Trentadue anni fa il Gruppo Euromobil includeva nella propria strategia di comunicazione un programma di interventi promozionali in favore dellâarte contemporanea, entro ambiti scelti sulla base di preferenze ed esperienze acquisite nel tempo.Da diversi anni abbiamo deciso di affiancare allâimpegno imprenditoriale, nel settore dellâarredamento, il convinto sostegno a eventi artistici di assoluto prestigio in Italia e allâEstero. Essere sponsor di una grande mostra, cosĂŹ come sostenere lâattivitĂ di alcuni tra i piĂč importanti artisti italiani, per noi ha significato, e sempre piĂč significa, non solo offrire un contributo concreto, ma soprattutto riconoscere unâidentitĂ di ispirazione tra lâaspetto creativo del nostro lavoro e quello che ha portato alla genesi dei grandi capolavori dellâarte. Lo sviluppo di tali azioni si Ăš gradualmente differenziato tra il sostegno alle attivitĂ espositive di molteplici artisti e lâappoggio concreto a rassegne di levatura storica, come appunto la serie di esposizioni dedicate al tema âSpazialismi a confrontoâ nella Sala ipogea del Museo di Santa Caterina a Treviso.
Antonio, Fiorenzo, Gaspare e Giancarlo Lucchetta Gruppo Euromobil
GMV, Grafiche Marini Villorba, ha accolto con entusiasmo di partecipare alla realizzazione del ciclo di mostre sul tema âSpazialismi a confrontoâ, offrendo in omaggio i relativi cataloghi. Lâampia serie di rassegne, che a Treviso ha trovato luogo ideale nella Sala ipogea del Museo di Santa Caterina, si completa ora con il quinto appuntamento dedicato a Vinicio Vianello, Bruna Gasparini, Saverio Rampin. La collaborazione intrapresa rientra nella politica editoriale di que-sta azienda trevigiana, sviluppata principalmente nel settore dei cataloghi per mostre dâarte e delle monografie dâartista, per una stimolazione culturale partecipativa nel proprio ambito ter-ritoriale. A ciĂČ dedica le proprie energie per garantire una produzione mirata allâestrema cura qualitativa del prodotto, sia nei contenuti, sia nella realizzazione grafica e tipografica.GMV esprime un convinto apprezzamento per la scelta monotematica, centrata su uno dei movimenti artistici che ha caratterizzato lâarte italiana del secondo Novecento ed Ăš ancora non sufficientemente indagato.
Claudio Ruberti GMV Libri
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Le Assicurazioni Generali hanno partecipano in qualitĂ di sponsor, tramite lâAgenzia Generale di Treviso, alla realizzazione del programma biennale di cinque mostre dâarte contemporanea, realizzate nel Museo Civico di Santa Caterina a Treviso sul tema unico dello Spazialismo in ambito veneziano, giunto ora allâultimo appuntamento. Abbiamo ampiamente apprezzato gli esiti delle altre quattro mostre, in cui sono stati confrontati Edmondo Bacci con Gino Moran-dis, Virgilio Guidi con Mario Deluigi, Tancredi con Ennio Finzi e Luciano Gaspari con Riccardo Licata. Desta particolare interesse ora la conclusione con Vinicio Vianello, Bruna Gasparini e Saverio Rampin, che mette in luce il confronto tra un artista che ha aderito formalmente allo Spazialismo, sottoscrivendo piĂč di un manifesto del Movimento, e altri due che invece hanno seguito da esterni le attivitĂ e le iniziative degli artisti spaziali, rapportandovisi per affinitĂ di ricerche. Con tale adesione le Assicurazioni Generali intendono riaffermare il proprio interesse sempre vivo nella promozione culturale estesa alle zone di competenza delle singole agenzie.
F. Rosi, G. Trevi, P. Lenzi, F. Martin Assicurazioni Generali Agenzia Generale di Treviso
Turinvest Spa persegue il progetto ambizioso di coniugare raffinatezza architettonica, alta tec-nologia, bellezza naturale e arte. Da tale intento Ăš nato il Villaggio SantâAndrea, un complesso turistico residenziale sul litorale veneto, portato a compimento con scrupolosa attenzione alle esigenze di chi lo abita e nel rispetto del contesto paesaggistico. Qui la proposta artistica si Ăš concretizzata nel mosaico del maestro Riccardo Licata â una delle sue opere maggiori per di-mensione oggi esistente a cielo aperto nel territorio italiano â e avrĂ seguito con lâinstallazione di sculture di grandi dimensioni di insigni maestri nei complessi edilizi giĂ in fase di edificazione e in quelli futuri da realizzare. La scelta di operare dando sostegno allâarte abbiamo voluto allargarla contribuendo al compi-mento di questo ciclo di mostre sullo Spazialismo veneto, allestite nel museo di Santa Caterina a Treviso, che si qualifica quale iniziativa di valore storico e di alto pregio artistico. Danilo, Stefano e Andrea De Filippo Turinvest Spa
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SOMMARIO
Il firmatarioe le ricerche parallele 17Elsa Dezuanni
ViXX.................. ................................. 21Giovanni Granzotto
Carlo Cardazzo, Venezia e lo Spazialismo 28 Ennio Pouchard
VINICIO VIANELLO Biografia 36Opere 39
BRUNA GASPARINI Biografia 64Opere 67
SAVERIO RAMPIN Biografia 84Opere 87
APPENDICE Ennio PouchardAntologia criticaVinicio Vianello 107Bruna Gasparini 111Saverio Rampin 115Lo Spazialismo, i manifesti 125Bibliografia essenziale 137
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La storicizzazione dello Spazialismo veneto si Ăš avviata dagli Ottanta con una serie di rassegne, da Lugano (Villa Malpensata) a Venezia (Fondazione Bevilacqua La Masa), Ferrara (Palazzo dei Diamanti), Vicenza (Basilica Palladiana), Pordenone (Villa Galvani), e altre, di cui sono strumento essenziale i rispettivi cataloghi. A tali mostre si lega lâiniziativa dei Civici Musei trevigiani che, nei prestigiosi spazi del Museo di Santa Caterina, hanno promosso un ciclo biennale di cinque esposizioni, iniziato nel 2006, con il titolo comune di Spazialismi a confronto, del quale siamo ora al quarto appuntamento, dedicato a Luciano Gaspari (Venezia 1913-2007) e Riccardo Licata (Torino 1929).Nelle mostre precedenti sono state presentate le opere di Edmondo Bacci e Gino Morandis (10 novembre 2006 - 21 gennaio 2007), Virgilio Guidi e Mario Deluigi (31 marzo - 17 giugno 2007) Tancredi ed Ennio Finzi (14 ottobre 2007 - 13 gennaio 2008), selezionate dal periodo che va dalla fine del decennio 1940 alla fine degli anni Sessanta, con incursioni nella produzione successiva, per indicare gli sviluppi di determinate poetiche. Va subito chiarito che la spinta fontaniana a ricercare nuovi linguaggi espressivi fu interpretata dagli spaziali veneti â che rimasero per lo piĂč ancorati ai mezzi tradizionali â come unâapertura verso ricerche e proposte libere da dettami teorici e stilistici, che non fossero quelli man mano determinati dallâartista stesso nel âfarsiâ dellâopera. Non Ăš ravvisabile tuttavia alcuna incoerenza in chi aderĂŹ allo Spazialismo sottoscrivendo i manifesti o partecipando alle mostre collettive degli spaziali, e ben lo esprimeva nel 1972 Milena Milani, portavoce del Movimento e compagna di Carlo Cardazzo, scrivendo: «eravamo convinti che ancora vi sarebbero stati artisti che avrebbero scolpito o dipinto con le materie usate per il passato, ma eravamo altrettanto convinti che queste materie sarebbero state affrontate e guardate con altre mani, con altri occhi». Chi aderĂŹ allo Spazialismo di fatto esplorĂČ la propria intelligenza per assecondare una personale sensibilitĂ ; ed ecco perchĂ© ognuno rimase debitore solo a se stesso. Il âconfrontoâ, dunque, tra gli undici artisti dellâintera rassegna (che si concluderĂ con Vinicio Vianello â il piĂč vicino a Fontana per mentalitĂ di sperimentatore â e con una sezione dedicata a Bruna Gasparini e Saverio Rampin) non Ăš volto a rilevare affinitĂ o contaminazioni. Al contrario, mira a delineare la vicenda artistica e umana che ha connaturato lo Spazialismo veneto, portando in luce le singole personalitĂ :
IL FIRMATARIO E LE RICERCHE PARALLELE
Elsa Dezuanni
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sia dei firmatari dei manifesti, sia degli artisti a loro legati per la partecipazione agli eventi del Movimento o anche per la sola frequentazione, i quali attraverso il dialogo instauratosi hanno maturato la mentalitĂ per percorrere autonome vie di ricerca. Luciano Gaspari (1913-2007) e Riccardo Licata (1931) â che Ăš stato allievo dellâaltro al liceo artistico â operarono al di fuori del gruppo degli spaziali, cui tuttavia sono stati e sono sempre piĂč relazionati dalla critica.Per Gaspari lâavvio in mostra avviene con un paesaggio di intonazione postcubista collocabile allâinizio del decennio â50, o forse anche un poâ prima, seguito da unâopera appena posteriore che rivela un brusco cambiamento verso lâinformale,
con pennellate irruenti e una materia addensata, quasi che il pittore volesse marcare il superamento dellâesperienza precedente in modo irreversibile. Lungo il percorso espositivo diventa poi evidente che egli procedeva con una produzione che si distingue per tipologie diverse. Sulla metĂ degli anni Cinquanta la gestualitĂ si Ăš mutata in una pittura magra, allâinizio sobriamente tonale, che presenta raffigurazioni di masse gassose in movimento, talora squarciate da voragini luminose, in un dialogo serrato tra spazio e luce. In Concetto spaziale del 1958 il registro perĂČ Ăš cambiato e la forma ha preso contorni ben definiti; si avviava intanto la serie denominata da Gaspari Dal ciclo delle stagioni: composizioni di forme astratte, ordinatamente disposte, elaborate con preziosismi cromatici su ampie campiture di fondo. I colori adesso brillano, squisitamente equilibrati su una gamma tonale accesa da piccoli tocchi di risalti timbrici. Da qui, nascevano le tante Germinazioni protratte fino allâinizio degli anni Settanta. Il titolo era da intendersi quale rimando al risveglio della natura â da cui Gaspari diceva di sentirsi molto attratto â poeticamente interpretato con forme terrigene trasmutantisi in spazi cosmici. Il passaggio a una diversa sperimentazione, con cambiamento di tecnica e supporto, giunse alquanto repentino. Da Icona del 1973 circa fino a Movenze della natura di una decina dâanni dopo (opere realizzate con una tecnica mista su carta) vive un ritorno allâinformale e si profila il legame di Gaspari con lâarte vetraria, per via delle trasparenze e dellâamalgama dei colori. A fine anni Ottanta ricomparivano invece
V. Vianello, Grafia spaziale, 1951
forme determinate da contorni in unâastrazione â si veda il Trittico del 1988 â che sembra non aver rimosso il passato Ciclo delle stagioni; ma gli anni Novanta, lui ottantenne, rivedevano il ritorno allâinformale con lavori di straordinaria freschezza coloristica. Lâanalisi di queste diverse fasi ha permesso la ridatazione di piĂč opere, prendendo quali punti fermi le pochissime datate sul fronte dal maestro, le riproduzioni su dĂ©pliant di mostre tenute in tempi diversi e le foto documentarie. AltresĂŹ, si Ăš tenuto conto che un poâ di confusione lâha creata Gaspari stesso, attribuendo date erronee nellâautenticare i suoi lavori a distanza di tanti anni, in etĂ ormai avanzata. Una delle note Germinazioni (tavola qui a p. 56), ad esempio, piĂč volte vista e pubblicata con la datazione 1958-1960, va invece spostata al 1970-71. Prendendo, infatti, in considerazione unâaltra Germinazione (tavola qui a p. 58), firmata in alto a sinistra âL. Gaspari 71â, risulta evidente che la gamma dei verdi e lâelemento sferico, che costituisce il fulcro dâattrazione, corrispondono perfettamente e devono essere ravvicinati nei tempi di esecuzione. Inoltre, se si considera che questâopera ha partecipato allâedizione del 1973 della Rassegna Nazionale dâarte Quadriennale di Roma, Ăš impensabile che, lĂ dove tutti i partecipanti propongono le rispettive novitĂ di orientamento, il maestro abbia presentato un dipinto realizzato quindici anni prima. Il medesimo ragionamento vale per lâaltra Germinazione esposta nella stessa Quadriennale (tavola qui a p. 57).In Riccardo Licata câĂš un fil rouge che attraversa tutta lâopera: il suono. Quello della musica, quello della voce umana. Era il 1949 quando, assistendo ai concerti della Fenice, fu attratto dai movimenti della bacchetta del direttore dâorchestra, trasformata nella sua immaginazione in una matita che tracciava disegni virtuali nello spazio. Da qui lâidea di materializzarli graficamente in un taccuino durante lâascolto. Cominciava cosĂŹ la trasformazione dei suoni in segni, evoluti gradatamente in un alfabeto pittorico, ispirato dalla musica, ma anche dal canto e dallâintonazione di voci recitanti, che egli ascoltava nel suo atelier durante il lavoro. E il legame tra il dipinto e il suono Ăš diventato tale che in una lunga intervista rilasciata a Michele Beraldo (di prossima pubblicazione) Licata ha affermato: «I segni che facevo corrispondevano a una precisa musica e non a unâaltra. Osservando i miei lavori, anche di 50 anni fa, so risalire allâautore che ascoltavo mentre li dipingevo». Il primo dipinto in mostra Ăš un Intreccio del 1953, un movimentato intrico segnico, serpenteggiante, in cui V. Vianello, Senza titolo, 1960
V. Vianello, Grafia spaziale, 1951
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compare, nella parte alta, una griglia in sottofondo. Particolare questo che sembra anticipare la bellissima serie di opere Senza titolo â che arriva alla fine di quel decennio â in cui la composizione Ăš vagamente ripartita a scacchiera. Le differenti zone cromatiche hanno confini che si compenetrano, e in ognuna di esse il segno, diventato carnoso e sensuale, creava armoniche raffigurazioni astratte, arrivando allâesito di suggestivi effetti scenografici. In tale produzione la ricerca di Licata non appare orientata verso unâastrazione pura, ma derivante piuttosto da reazioni emotive e sedimentazioni del sentimento. Negli anni Sessanta, con la serie dei Giudici, si avverte un momento di transizione in cui il segno tende a essere piĂč rappresentativo si sĂ©, organizzato in scene dove il contenuto si chiarisce e rafforza di una componente narrativa. Nel contempo nascevano composizioni suddivise in spazi non piĂč compenetranti,
ma nettamente definiti, come in Giardini veneziani del 1963 e Situazione del 1965. Sin dallâinizio del decennio successivo questa sorta di impasse verrĂ superata e Licata arriverĂ a un personalissimo linguaggio: una scrittura misteriosa, intima, non rapportabile a muti geroglifici o ideogrammi, bensĂŹ a lettere di un alfabeto sonoro, quelle di una lingua parlante, che nelle intenzioni della sua poetica â lui stesso lâha ribadito â hanno il suono della sua memoria, del suo sentire, del suo vivere. Un linguaggio che nelle sue infinite variazioni Ăš diventato una cifra inconfondibile. In esposizione ci sono alcuni esempi emblematici a partire dal 1973, dove la scrittura Ăš soprattutto corsiva, racchiusa in ordinati riquadri. Nel tempo lo spazio interno al dipinto tenderĂ a scomporsi in piĂč zone di diversa proporzione, come se in alcuni parti si aprissero delle zoomate, mentre la scrittura andrĂ acquisendo unâestetica piĂč solenne con lâadozione delle lettere capitali. Ă del 1997 il Ritratto di Giovanni, di seducente sontuositĂ timbrica, che offre lâopportunitĂ di condensare sinteticamente un certo punto di vista sullâopera di Licata. Il titolo, di per sĂ© eloquente, rimanda dâistinto ai tratti fisiognomici di una persona;
S. Rampin, Senza titolo, 1955
Fra gli innumerevoli talenti che hanno abitato e arricchito la cittĂ della laguna dallâultimo dopoguerra fino ad oggi, sia Luciano Gaspari che Riccardo Licata emergono come esempi di incontenibile e feconda preco-citĂ . Gaspari, dopo essersi giĂ distinto nel 1931, studente diciottenne e seguace di Virgilio Guidi, con una prima partecipazione alla Collettiva dellâOpera Bevilacqua La Masa, nellâanno successivo viene premiato alla XVIII Biennale di Venezia come il piĂč giovane espositore; partecipazione, la sua, proposta e sollecitata proprio dal Maestro Guidi. E da quel momento, fino agli anni dellâimmediato dopo guerra, fu un continuo succedersi di partecipazioni alle Biennali veneziane ed alle Quadriennali romane. Nel 1943, poi, egli ave-va potuto inaugurare la prima personale alla prestigiosa galleria milanese del Milione, a cui farĂ seguito, lâanno successivo, una personale nella sua Venezia, presso il Cavallino di Cardazzo.Dal canto suo Riccardo Licata non fu certo da meno, poichĂ© dopo la collettiva con Finzi, Blenner, Tancredi ed altri, alla galleria âNumeroâ di Firenze, nel 1949, nella prima frazione degli anni cinquanta, poco piĂč che ventenne, fece man bassa di premi, di riconoscimenti e vittorie in concorsi. Dal 1951 al 1957 non si conta-no le sue presenze alla Bevilacqua La Masa, alla Biennale veneziana e ad altre Biennali, alla Quadriennale romana, ai Premi Michetti e San Fedele, ed a molti altri concorsi, dove solitamente, soprattutto nei premi per cartone da mosaico, sbaragliava la concorrenza. Ma quel successo cosĂŹ deflagrante e concordemente riconosciuto, raggiunto a poco piĂč di ventâanni, finĂŹ per turbarlo, fino quasi a soffocarlo, ed a fargli per-cepire la dimensione fisica della laguna come troppo angusta e limitante per i suoi sogni. Venezia rimase comunque la sua cittĂ di adozione, ma egli partĂŹ â quasi uno strappo e una fuga â alla volta di Parigi.Dunque, il successo e la considerazione che i due giovanotti, pur nella considerevole differenza di etĂ , si erano conquistati in quel dopoguerra, erano assolutamente giustificati dalla qualitĂ alta delle loro opere; e soprattutto dalla loro originalitĂ .Gaspari, nei primissimi anni, era rimasto in veritĂ legato a stilemi abbastanza tradizionali, percorrendo la strada di un plasticismo fra lâintimistico e il sentimentale, dal timbro vagamente espressionista, che as-sumeva, perĂČ, una personale caratura emotiva, affidata alle corde della sensibilitĂ e della partecipazione interiore. Dino Marangon ci spiega come âGaspari sembra infatti impegnato nel difficile tentativo di dar corpo al proprio sguardo terrestre discostandosi gradualmente sia dallâassolutismo metafisico guidiano che
GA..............L..........................
Giovanni Granzotto
B. Gasparini, Ritmi, 1956
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da ogni mimetismo meramente naturalisticoâ.1 Lo stesso Virgilio Guidi conferme-rĂ questa disposizione e tensio-ne di Gaspari verso una sorta di umanesimo pittorico, in uno dei suoi scritti, disarmanti e chiarifi-catori, capaci di fotografare sen-za esitazioni i percorsi artistici dei colleghi: âIo riconosco in questo pittore appena trentenne giĂ tre tempi della sua pittura. Questo non per dargli importanza este-riore secondo la leggerezza cosĂŹ comune oggi di attribuirsi un pe-
riodo ad ogni minima varietĂ della propria opera⊠Questi suoi tempi sono veramente una successione di fatti pittorici nati dalla evoluzione della sua coscienza di artista. Sono tre tempi giovanili sofferti e medi-tati. Nel primo, il pittore ⊠trova immagini di donne sedute⊠come accentrate e sperdute ad un tempo, tra semplici architetture regolari⊠SAllora le sue colorazioni erano diverse, vive, autentiche, talvolta con accordi troppo prestabiliti restanti piĂč colore che tono⊠Nel secondo periodo il pittore reagisce chiudendo la sua immagine nei limiti della natura morta⊠Ecco allora che nella sua mente nascerĂ la necessitĂ di vo-lumi e di spazi; un desiderio di tonalitĂ piĂč intense, piĂč gravi, e lâopera conquistare un punto focale, senza dispersioni⊠Nel terzo tempo il pittore⊠oltrepassa quella posizione per accompagnare e sottomettere spesso lâespressione formale e coloristica, ad un suo contenuto che Ăš, come ho giĂ detto, psicologicamente umano. Egli Ăš ora, si puĂČ dire, espressionista, ma di un espressionismo pacato, di molta nobiltĂ âŠâ.2
E Gaspari continuerĂ , anche nella seconda metĂ degli anni quaranta, a infondere nelle sue opere questa atmosfera fra il drammatico ed il crepuscolare, galleggiante fra pulsioni di sostanza ed intensitĂ cosmi-ca, ed una visione piĂč intimista e raccolta. Sicuramente non fu sordo alle sonoritĂ ghiacciate e taglienti del fraseggio neo-cubista, e neppure si sottrasse ai molteplici stimoli che il vento europeo dellââInformelâ cominciava finalmente a soffiare anche verso lâ Italia, ma Gaspari restĂČ, fino allâinizio degli anni 50, ancora molto legato alla maniera âalla Gaspariâ, a quella concezione di una forma solida e strutturata, che cercava nel virtuosismo della tavolozza la propria libertĂ espressiva.Nel frattempo a Venezia, era perĂČ accaduto il solito piccolo grande miracolo del coagularsi di molteplici talenti intorno ad una idea forte; o forse, meglio, intorno ad una emozione intellettuale, ad una intuizione catartica, intorno ad una nuova visione dellâattivitĂ e della produzione artistica: lo Spazialismo di Lucio
1 Dino Marangon, Luciano Gaspari. La natura della libertĂ , in catalogo della mostra Luciano Gaspari, tenutasi presso la galleria Comunale di Arte Contemporanea di Portogruaro, Ai Molini, marzo 20062 Virgilio Guidi, Discorso sul pittore Luciano Gaspari, dattiloscritto, Venezia, ottobre 1945
V. Vianello, Tramonto sulla pineta, 1948
Fontana. Ne abbiamo, nellâ occasione di queste mostre ai Musei di Santa Caterina, e non solo, parlato abbondantemente, e non mi pare necessario ritornarvi sopra in questa circostanza; quello che perĂČ va senzâaltro rimarcato Ăš il fatto che Gaspari, soprattutto nel pieno susseguirsi dei Manifesti Spaziali, dei con-fronti e delle provocazioni del Movimento, preferĂŹ prendere un poâ le distanze dai suoi colleghi e coetanei, e perfino dai Maestri come Guidi e Deluigi. Di fatto egli non partecipĂČ mai alla stesura dei Manifesti, e nem-meno li firmĂČ. Eppure rimane â a mio parere correttamente â nel sentire comune, e nellâanalisi critica del periodo, come un testimone, un attore a pieno titolo dellâavventura spazialista. Forse la spiegazione, perlomeno una delle piĂč convicenti, di questa sua appartenenza mai formalizzata, la troviamo nello spes-sore e nellâidentitĂ delle sue opere, di impianto e impronta decisamente spazialista, indipendentemente dalle sue intenzioni e dalle sue dichiarazioni ufficiali. Probabilmente Gaspari giunse con convinzione (e con indiscutibile maestria), a quegli approdi, un poâ piĂč tardi degli altri, verso la metĂ degli anni cinquanta. Negli anni immediatamente precedenti, si era giĂ sottratto a certe reminiscenze post-cubiste e a certe scorie cezanniane (se non Ăš bestemmia accomunare il termine scorie al sommo Maestro), ma aveva con-tinuato a calcare i terreni di un plasticismo piĂč volumetrico che luministico, allevando nuclei formali che sembravano provenire da altre presenze organiche. In quella prima parte degli anni cinquanta Gaspari mi ha sempre ricordato la terrigna visionarietĂ di Arcangeli, con la sua fede professata in un ultimo salvifico âNaturalismoâ. Poi, appunto verso la metĂ del decennio, la svolta definitiva, la liberazione conclusiva dalle molte influenze, e lâapertura nei confronti di una dilatazione e leggerezza spaziale, che intendeva proporre una nuova concezione di forma davvero destrutturata, galleggiante in praterie siderali, assolutamente non identificabili. La specificitĂ della pittura di Gaspari era proprio quella di utilizzare per un preciso progetto strutturale, ma anche in rapporto funzionale alla propria carica emotiva e sentimentale, il linguaggio dei Maestri che lo avevano piĂč interessato ed educato. Come un grande allievo, cresciuto nella bottega, come i Manieristi del secondo Rinascimento: ecco che stravolge il neo-plasticismo guidiano, che affida alle terre ed a tinte fra il cupo e il corrusco, alla Beccafumi, i propri intrichi plastici; ecco che diventa spazialista quando vuole lui, e che inve-ce illumina e rischiara, proprio quando Guidi si tuffa nelle convulsioni e nelle spire e nei vortici delle âAngosceâ, dei âGiudiziâ, dei âTumultiâ.Strano destino quello di Gaspari, abitua-to a precedere o ad inseguire, ma sem-pre in perfetta autonomia, in orgogliosa indipendenza, in voluta solitudine.Naturalmente il rischiarare, lâilluminare di questa fase, non significava un allon-tanarsi da una tavolozza registrata sui V. Vianello, Rocket, 1953
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neri, sui grigi, sui bruni, sugli azzurri profondi: significava piuttosto lâavvento del bianco e di una luce, non tanto diffusiva e fondante, alla Guidi, quanto di una luce di contrasto, forse contrad-dittoria, come uno squarcio nelle tenebre, come un fascio luminoso emergente e risalente dalle viscere magmatiche della terra. Andava chia-ramente a rappresentarsi una sorta di tensione verso il cielo, verso la libertĂ , una aspirazione a liberarsi dagli impacci della fisicitĂ per conquista-re lo spazio. Le opere di Gaspari avevano assun-to una piena spiritualitĂ spaziale, che continuerĂ a confermarsi per tutti i quattro-cinque decen-ni successivi, nonostante le molte variazioni sul tema, e soprattutto le complesse, differenti de-clinazioni formali.Ma di questo vestito spazialista, che non lo ab-
bandonerĂ piĂč in tutto il lungo travaglio della sua inesausta ricerca, parleremo alla conclusione del saggio; ora ritorniamo ai primi anni cinquanta per vedere come invece Riccardo Licata avesse sviluppato i propri rapporti con il Movimento Spaziale. Bene, contrariamente a quello che potrebbe magari suggerirci lâevol-versi, nei decenni successivi, del linguaggio licatiano â sostenuto da un alfabeto stenografico, che tende a sostituire allâimmagine un racconto di segni e colori, tassello di un grande affresco delle emozioni, a me Licata appare in quegli anni come il piĂč spazialista dei giovani artisti spaziali veneziani. Le âNebuloseâ, i âConcertiâ, gli âIntrecciâ, e quella sorta di giardini abitati e fioriti che invadono le sue tele e la sua fantasia dal 1952 al 1955, rimangono come esempi maturi e conclusivi della piĂč alta pittura spaziale. GiĂ negli anni a cavallo fra il quaranta ed il cinquanta egli aveva affidato a brezze siderali, a turbinii e vortici le sue magistrali piccole carte, in cui â⊠iniziava a parlarci di misteriose affascinazioni spaziali, costruendo, spes-so con scrittura stenografica, spesso invece corsiva, piccole, misurate, ma intensissime cosmogonie, che ci trasmettevano vibrazioni spaziali, e annunciavano avventure in universi di luce e di immaginazioneâŠâ3; infatti sul â⊠finire degli anni Quaranta, egli affidava tutta la sua poetica, sia sul piano espressivo che su quello concettuale, quasi esclusivamente al dinamismo, allâincisivitĂ , alla forza comunicativa del segno. Con il quale Licata veniva costruendo agglomerati spaziali, vortici e spirali in bianco e nero, o vellutate e galleggianti matasse, in cui la presenza strutturale del segno veniva solo temperata, alleggerita dal so-pravvenire di filosi cromatismi tinta pastello⊠Ma quando, intorno al 1951/52, egli decide di affrontare lo spazio non piĂč da un osservatorio incantato, privilegiato e fascinoso magari, ma forse troppo siderale, un poâ estraneo alla fisicitĂ degli eventi, quando,
3 Giovanni Granzotto, Cinquantâanni di diari. Il perchĂ© di una mostra, in catalogo della mostra tenutasi presso lâArchivio di Stato di Fi-renze, dicembre 2001-gennaio2002, Verso lâArte Editore
V. Vianello, Senza titolo, 1960
dunque, pretende di penetrarlo e di immergervisi in diretta, senza telescopio, ecco che il colore vie-ne ad acquisire una nuova ed autonoma rilevan-za. Licata dipinge brani musicali, con lâintenzione e la capacitĂ di rappresentare, soprattutto sulla carta, le emozioni racchiuse nelle note, e negli accordi, attraverso le pulsazioni e le vibrazioni rit-miche di un intreccio sempre piĂč organizzato di segni; ma affidando, con freschezza ed immedia-tezza, lâespressione, il timbro spaziale allâempito, allo sgorgare sorgivo del colore. Ă un continuo af-facciarsi di rossi, di gialli, di verdi, di bianchi son-tuosi, in una tavolozza che esprime il pathos ed il sentimento della musica, ma che riesce anche a trasmetterla, ad immergerla direttamente in uni-versi, in campi spazialiâ.4 Era quello il periodo â⊠in cui la musica, i suoi movimenti, la sua libertĂ ed i suoi accordi, la sua formidabile possibilitĂ di percorrere e dilatare i limiti spaziali e temporali, diventa il riferimento, se non lâoggetto dei suoi racconti⊠Che si tramutano in una sorta di spartiti spazio-musicali; un insieme⊠di esplosioni sonore e segniche, in cui tutto affiora o fluttua, e galleggia nei tanti piccoli firmamentiâŠâ5 Dunque Licata ha assunto come momento fondante della propria pittura proprio lo spazio: certo non il concetto di spazio, o la sua materializzazione secondo i canoni del fontaniano automa-tismo del subconscio, bensĂŹ una concezione fantastica, trasfigurata emotivamente, dellâelemento spaziale; e non lo ha inteso nemmeno come contenitore, ma, in una visione partecipativa del supporto, lo ha imma-ginato come il luogo degli accadimenti della fantasia, come il luogo delle emozioni, e quindi come lâunico vero luogo della realtĂ .Sulla tela, sulla tavola, sul foglio, Licata, dipingendo, non rappresentava la realtĂ , ma ricostruiva, anzi costruiva lâunica realtĂ possibile. Ecco che, anche quando affioreranno, proprio verso la metĂ degli anni cinquanta, le prime componenti dellâalfabeto licatiano, dando vita a quel suo prodigioso linguaggio, questo contribuirĂ soprattutto al completamento e riconoscimento della personale cifra linguistica, attraverso una vera, comunque spontanea, organizzazione grammaticale, ma non porterĂ assolutamente al distacco dalla sua visione fantasiosa e immaginativa dello spazio. In opere come i âSenza titoloâ del 1956 e 57, tutto Ăš piĂč strutturato e organizzato, ma la contaminazione e la fusione fra spazio reale, spazio mentale e spazio fantastico, rimane ancora evidente. E questo aspetto, questa immersione a caldo in una dimensione visio-
4 Giovanni Granzotto, Nel segno del colore, in catalogo della mostra Riccardo Licata. Le carte, tenutasi presso la Galleria Comunale dâArte Contemporanea di Arezzo, settembre-novembre 2002, Verso lâArte Editore5 Ibidem
S. Rampin, Momento di natura, 1958
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naria dello spazio, sarĂ una caratteristica che accompagnerĂ Licata in tutto il suo viaggio, sia quando, dopo essersi trasfe-rito a Parigi, darĂ luogo ad un ciclo davvero unico, colmo di ri-ferimenti simbolici, di palpitazioni romantiche, aperto perfino al colloquio con vibrazioni e percezioni di ascendenza nordica: un periodo che la critica ha ritenuto potersi definire del âsur-realismo espressionistaâ di Licata, ma nel quale ha continuato a vivere, riuscendo anzi ad alimentare proprio la pregnante oniricitĂ dellâimmagine, la sua concezione di una spazialitĂ fantastica. Ma anche con il Licata del grande affresco della re-altĂ , con il racconto per ideogrammi, sostenuto da un colore effusivo, lirico, evocativo, o drammatico a seconda degli stati dâanimo che il Maestro intendeva trasmettere, anche con la magica narrazione pittorica che ha attraversato tutti questi decenni della sua arte, la tela o le infinite varietĂ di carte pre-ziose (che egli ha voluto privilegiare come supporto) si sono magicamente compenetrate con la sua visione, ancor piĂč con il suo sentimento dello spazio: garantendo infine una tale im-medesimazione fantastica, una tale simbiosi affettiva, da farci
apparire quel fondale dipinto o quella pagina bianca, non la pagina di un libro, ma la materializzzione di un diario quotidiano, il luogo vivo, reale, degli accadimenti.
Se, dunque, questo Ăš stato il viaggio di Licata lungo le costellazioni e le nebulose della pittura, ritornan-do per un attimo a quel finire degli anni cinquanta, in cui abbiamo lasciato momentaneamente Gaspari, verremo sorprendentemente a scoprire come lâaltro Maestro, che, nonostante la convinzione comune, approdĂČ ai lidi spazialisti piĂč tardi dei suoi coetanei, poi, a quella poetica, a quella concezione e visione della pittura, rimase fondamentalmente legato per tutta la vita. Dalle prime âGerminazioniâ e âRinascenzeâ della seconda metĂ degli anni cinquanta, fino alle testimonian-ze conclusive, quelle degli anni novanta, Gaspari non dismetterĂ piĂč il suo vestito spaziale: solamente negli anni sessanta e settanta sarĂ un vestito forgiato secondo coordinate formali ancora ben radicate, con chiari affidamenti ad una spartizione definita delle campiture, ed una emersione misurata di elementi, di forme plastiche dai rimandi geometrizzanti. Ma allâinterno, ed oltre questa sorta di ogive, di grandi dischi, ecco tutto un brulicare di elementi minimi, di tracciati sottesi e vibranti, ed un intravedersi di lontane e celate stratificazioni, ferite e piagate da fessure e da squarci: probabilmente il cuore pulsante dei dipinti di Gaspari, il luogo da cui scaturisce lâenergia inesauribile che sostiene ogni sua opera. Un partire il suo, dal nucleo, dalla particella essenziale, per risalire, attraverso mille eruzioni, fino alla luce limpida del giorno, quella che permette, illuminando, di riconoscere i colori. E sarĂ proprio lâimmersione in questo colore inva-sivo, eruttivo, germinativo, ma anche capace di creare plasticamente la forma, a guidare lâultima stagione di Gaspari: senza piĂč ora gli obblighi dellâarchitettura formale, ma solo affidandosi al fiuto, allâocchio ed
B. Gasparini, Al chiarore di una, 1958
allâudito dellâesploratore, capace di riconoscere le piĂč sottili vibrazioni e sonoritĂ cromatiche. Come splen-didamente ci annuncia Giuseppe Mazzariol, â Il colore per Gaspari Ăš come la terra, lâacqua, il cielo. Eâ la qualitĂ effettiva, sola e vera dellâesistente. Tutto Ăš colore, e solo colore: colore tempo, colore spazio, colore gioia, colore sofferenza,⊠colore suono, colore silenzio⊠Gaspari sente il colore in tutta la sua urgenza di natura naturans, germinante vita, nuova vitaâ.6
6 Giuseppe Mazzariol, in presentazione al catalogo della mostra Gouaches di Gaspari, tenutasi presso la Galleria Cinquetti di Verona,
febbraio-marzo 1986
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La triade Vinicio Vianello, Bruna Gasparini e Saverio Rampin, presentata al Museo di Santa Caterina in questa quinta mostra del ciclo Spazialismi a confronto, conclude il programma dedicato al nucleo venezia-no del vivace e complesso movimento spazialista, animato da Lucio Fontana. Il lavoro fin qui compiuto ha coinvolto i soli artisti spaziali gravitanti nellâambito della veneziana Galleria del Cavallino, che nei confronti del Movimento in questione fungeva da succursale della sede operativa di Milano, âla Galleria del Naviglio, via Manzoni 45â, dichiarata nella Circolare del febbraio 1948 dai promotori Renato Birolli, Lucio Fontana, Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Bruno Munari, Mauro Reggiani, Aligi Sassu, Antonino Tullier e Carlo Cardazzo.Tutte le pagine di questa storia, dunque, sono state scritte sotto le insegne delle due gallereie, il Naviglio e il Cavallino, di cui Carlo Cardazzo, fu lâilluminato fondatore e titolare: un grande veneziano, intellettual-mente e fisicamente, collezionista, editore ed eccezionale organizzatore di incontri ed eventi. Questa rassegna si apre al pubblico a centâanni esatti dalla sua nascita, avvenuta il 16 ottobre 1908, e nel dedicarla mentalmente a lui richiamo i nomi degli artisti qui presentati a due a due nel corso biennale delle mostre precedenti: Edmondo Bacci e Gino Morandis, Virgilio Guidi e Mario Deluigi, Tancredi Parmeggiani ed Ennio Finzi, Luciano Gaspari e Riccardo Licata.Figlio di un imprenditore edile di origini friulane, Carlo entra nellâazienda paterna appena conseguito il diploma tecnico-professionale, cominciando presto, perĂČ, a impiegare il suo tempo libero nel cercar di familiarizzarsi con lâambiente culturale e del collezionismo dâarte; cosĂŹ, appena diciottenne, acquista i suoi primi De Pisis, e due soli anni dopo decide di iniziare una sua collezione di pittori italiani affermati, come CarrĂ , Cesetti, Guidi, Viani.Nel giro di un decennio, ossia quando tocca appena la trentina, Ăš tra i primi collezionisti dâItalia. Cesetti gli Ăš dâaiuto nelle scelte, che si rivolgono man mano a Campigli, de Chirico, ManzĂč, Marino Marini, Arturo Mar-tini, Modigliani, Morandi, Sironi, Scipione, Sironi, Soffici. âLa fortuna â dirĂ poi â di vivere in questa mia cara Venezia, a contatto con la Biennale, mi ha dato la possibilitĂ di seguire attentamente tutti i movimenti dellâarte italiana. [âŠ] Lentamente si Ăš formata la mia raccolta con fede e amoreâŠâ. Tutti i sabati la sua casa attrae amatori dâarte, collezionisti, critici, artisti, architetti, scrittori, poeti e musicisti, e vi si crea un
CARLO CARDAZZO,VENEZIA E LO SPAZIALISMO
Ennio Pouchard
Carlo Cardazzo tra i dipinti della sua collezione(Archivi Galleria del Cavallino,Venezia)
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cenacolo culturale che prende il nome di âMovimento del Cavallinoâ, da un dise-gno di Cesetti fatto appositamente, che Cardazzo fa scolpire sullo stipite mar-moreo allâingresso dellâabitazione, al numero 3478 del Sestiere di Dorsoduro, non lontano dallâAccademia.Ă lâinizio di unâattivitĂ tentacolare, che va dalla critica cinematografica, lâidea-zione â su consiglio di Cesare Zavat-tini â della âCavallino Film s.a.â, per la produzione di materiale storico-didatti-co sullâarte (peraltro mai realizzata), la costituzione delle âEdizioni del Cavalli-noâ, destinate a produrre volumetti in un primo tempo dâarte, di letteratura e specialmente di poesia, poi anche di musica.I fatti successivi si accavallano: nel 1941 la Collezione Carlo Cardazzo viene presentata pubblicamente a Roma (Gal-leria di Roma) e in altre sedi; lui riceve lâonorificenza di Ufficiale della Corona dâItalia e, su proposta di Giuseppe Bot-
tai â allora ministro dellâEducazione Nazionale â Ăš fatto Commendatore e ottiene la medaglia dâargento per âbenemeriti delle artiâ; quindi, a Venezia, Ăš nominato membro effettivo dellâAteneo Veneto. Nel 1942, il Cavallino diventa galleria e Carlo Cardazzo decide di abbandonare ogni altra attivitĂ . La prima sede, che viene inaugurata il 25 aprile, Ăš in Riva degli Schiavoni, ed Ăš subito luogo di incontri e dibattiti culturali. Gli autori dei suoi cataloghi saranno non degli âstorici che praticano una critica dâarte erudita sempre in ritardo, e difficilmente utile ad orientare il pubblico e gli amatoriâ, ma âdei critici letterati come Gatto, Carrieri, Sinisgalliâ. SarĂ loro il compito e il privilegio di parlare come piace a lui degli artisti di grido con i quali comincia a stipulare contratti esclusivi, grazie a nuovi intensi rapporti avviati con le maggiori gallerie internazionali e con i grandi collezionisti. Nel 1945, mentre cerca una nuova sede per la galleria, avendo dovuto lasciare Riva degli Schiavoni, la sua collezione â comprendente anche una preziosa raccol-ta di arte africana â viene ospitata a Palazzo Pisani, sede del Conservatorio Benedetto Marcello. A Vene-zia, perĂČ, il suo legame sentimentale, stretto a fine â43, con la giovane scrittrice Milena Milani â essendo, lui, giĂ sposato e padre â gli rende difficile la normale esistenza; insieme a lei decide che la soluzione necessaria sia quella di aprire una seconda galleria a Milano â dove il pittore Massimo Campigli, che tra gli amici fedeli gli Ăš vicino da sempre, lo aiuta a trovare lo spazio adatto â con la convinzione che lĂŹ gli sia
Carlo Cardazzo con Tancredi (in primo piano) e Gianni Dova, Venezia 1952 (Archivi Galleria del Cavallino,Venezia)
possibile trovare lâindispensabile serenitĂ , e che solo quella possa diventare per lui la vera base di lancio dellâarte italia-na. Nel gennaio del 1946 inaugura, quindi, il Naviglio in via Manzoni, mentre rimane attivo a Venezia il Cavallino.Le attivitĂ delle due gallerie si espanderanno con mostre in Europa, America, Unione Sovietica e Giappone; nel â47 la Milani gli presenta Fontana, sbarcato a Genova lâanno precedente â dopo la fondazione dello Spazialismo a Bue-nos Aires e la pubblicazione del Manifiesto Blanco â e da lei incontrato nel corso delle calorose accoglienze che la cerchia di artisti richiamati dalla manifattura di ceramiche di Tullio dâAlbisola (dove Fontana aveva giĂ lavorato negli anni â30) gli avevano riservato. Al Naviglio, sede operativa e centro propulsivo dello Spazialismo, avvengono gli incontri e i lanci dei programmi, a cominciare dal Primo Manifesto Spaziale (dicembre 1947), redatto â cosĂŹ ricorda oggi Mi-lena Milani â con i contributi, oltre a quello ovvio di Lucio Fontana, di Beniamino Joppolo, scrittore e drammaturgo, Giorgio Kaisserlian, critico-filosofo-saggista, lei stessa, Mi-lena Milani, scrittrice, e Antonino Tullier, critico-poeta: un insieme comunque singolare nel contesto artistico, per il peso preponderante dei letterati. Guido Ballo, perĂČ, tra le Bozze di lettere a Giampiero Giani riunite nel suo libro Lucio Fontana â Idea per un ritratto (1949), edito da Giani quale titolare delle edizioni La Conchiglia, riporta questa dichiarazio-ne dello stesso Fontana: âI miei collaboratori del primo manifesto sono stati alunni miei allâAccademia di Buenos Aires e giovani artisti argentini e specialmente Cazeneuve e Fridman â il secondo (il primo in Italia) Ăš stato scritto da Joppolo e il terzo da Tullierâ.Tali manifesti, perĂČ, non hanno una grande diffusione, e quindi lâavvenuta costituzione del gruppo spazia-le trova eco presso il gran pubblico solo quando, il 5 febbraio 1949, Fontana presenta al Naviglio, il suo Ambiente spaziale, con âforme spazialiâ di cartapesta trattate con vernice fosforescente, in un ambiente illuminato â si fa per dire â con la sola âluce neraâ delle lampade di Wood.Frattanto la passione per il libro, che non Ăš mai seconda a quella per lâarte, induce Cardazzo ad acquistare, nel 1943, una piccola tipografia, facendola poi diventare una stamperia dâarte. Corre inoltre lâanno 1950 quando commissiona a Carlo Scarpa la costruzione del Padiglione del Libro lungo il viale dâingresso ai Giar-dini della Biennale, divenuto subito famoso, ma finito distrutto in un incendio.Cinque anni dopo Carlo allarga la sua sfera dâazione entrando in societĂ con Vittorio del Gaizo, che gestiva a Roma la galleria Selecta; lĂŹ sviluppa fino al 1960 unâattivitĂ nuova per la Capitale, che si aggiunge al giĂ enorme lavoro in cui Ăš coinvolto. Eppure, aiutato da un intellettuale del calibro di Aldo Camerino, che lo
Carlo Cardazzo con Peggy Guggenheim, Venezia 1960 c.(Archivi Galleria del Cavallino,Venezia)
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assiste nelle scelte degli autori e delle opere, non esiterĂ ad affermare che âlâaver pubblicato per primo in Italia opere di Apollinaire, Proust, Gide, Eluard e di tanti altri, Ăš una cosa di cui sono orgoglioso quan-to delle mie migliori mostre; a posteriori, aggiungiamo qui James Joyce, di cui edita Finneganâs Wake. Ă felice, quindi, quando nel 1961 nelle edizioni del Cavallino puĂČ pubblicare anche i primi album di musica âinformaleâ, registrati da Asger Jorn e Jean Dubuffet.CiĂČ che egli porta di nuovo lo dicono i nomi degli artisti presentati per la prima volta in una galleria privata italiana (MirĂł, Schwitters, Dubuffet, Jorn) ed europea (Jackson Pollock in collaborazione con Peggy Gug-genheim): una lunga lista, cui contribuiscono da New York Leo Castelli e Ileana Sonnabend, in rapporto con i quali porta in America alcuni dei suoi autori, e da Parigi Gualtieri di San Lazzaro, critico dâarte e direttore dellâautorevolissimo periodico XXĂšme SiĂšcle (ma anche narratore affascinante: il suo libro Parigi era viva rimane un capolavoro da rileggere), presentatole dalla Milani. Ă lui che lo aiuta nei contatti con la Galerie Maegth, Nina Kandinsky, Calder, Mathieu e altri maestri. Seguono altri fruttuosi rapporti con Picasso, Kline e i giovani piĂč promettenti dâallora, quali Hundertwasser, Canogar, Anthony Caro, Jasper Johns e i membri del Gruppo Co.Br.A. (Appel, Jorn); in Italia, come si diceva, i membri dello Spazialismo (Capogrossi, Crippa, Dova, Scanavino,⊠) e âNuove Tendenzeâ, nonchĂ© âMirioramaâ con il gruppo âTâ. Lui stesso, senza pretese, produce ceramiche e dipinti-collage che formalmente sembrano dare corpo a certe formulazioni del Movimento. Certamente il vivere giorno per giorno le atmosfere del gruppo lo coinvolge, pur nelle diversitĂ e peculiaritĂ delle posizioni in un luogo e nellâaltro. CiĂČ che allo Spazialismo portano i âvenezianiâ (tra virgolette, perchĂ©, per esempio, il piĂč influente del gruppo, Virgilio Guidi, Ăš un romano che
si autodefinisce âetruscoâ) Ăš una varietĂ di interpretazioni tra le quali spicca lâestrema versatilitĂ ; quanto alle aperture alla tec-nologia e alla scienza, qui Ăš fortissima la spinta di Vinicio Vianello, unico nella com-pagine ad applicare finoin fondo i precetti fontaniani. Ma Ăš di grande peso anche lâin-sieme della grande esperienza e dellâalto livello degli studi e delle ricerche su luce-colore-spazio di Guidi, del contributo teo-rico di Berto Morucchio e della mentalitĂ analitico-organizzativa di Anton Giulio Am-brosini, che definisce la âdimensione dello Spazialismoâ come âlirica ma libera, cioĂš svincolata da presupposti geometrici e na-turalisticiâ, poichĂ© âessa narra lâesperienza dellâuomo narrando solo se stessaâ.Lâaccordo tra âmilanesiâ e âvenezianiâ, tut-tavia, non Ăš facile, pur se con la sua ac-corta, instancabile azione Cardazzo porta
Carlo Cardazzo e Lucio Fontana a un evento spazialista (Archivi Galleria del Cavallino,Venezia)
a un innegabile equilibrio tra le parti e tra i partecipanti. Ecco come egli vede la figura del gallerista: âUn mercante dâarte non Ăš nĂ© uno speculatore nĂ© un mecenate. Partecipa a un normale rapporto di lavoro tra persone che producono e persone che â seppure la parola sia troppo materialisti-ca â consumano, e quindi debbono comprare. La natura del prodotto o della merce, in questo caso, Ăš importante: Ăš infatti lâopera dâarte, o in senso piĂč esteso lâarte stessa nei confronti del suo tempo. E mi sembra che sia proprio questo particolare valore delle cose di cui mi occupo ad appassionarmi al mio mestiereâ.PotrĂ farlo per troppo poco tempo: assalito da unâineso-rabile neoplasia, di cui la Milani â che gli Ăš vicina â gli tiene nascosta la natura, ha solo cinquantacinque anni ed esattamente un mese il 16 novembre 1963, quando la sua vita si conclude, repentinamente e â grazie al Cielo per lui â serenamente.Le sue memorie vivono in concreto negli Archivi della Gal-leria del Cavallino a Venezia e, a Savona, nella Fondazione Museo di Arte Contemporanea Milena Milani in memoria di Carlo Cardazzo; se ne possono leggere notizie e dati nel catalogo di questâultima istituzione (ediz. Skira, 2005) e, per gli Archivi, nei volumi editi dal Cavallino: Il gioco del paradiso: la collezione Cardazzo e gli inizi della Galleria del Cavallino di Antonella Fantoni (1996), Videotapes del Ca-vallino di Dino Marangon (2004) e Un Cavallino come logo di Giovanni Bianchi (2007).
âRimproverare alla sua attivitĂ un certo eclettismo â scrisse Umbro Apollonio â non ha senso, perchĂ© essa si proponeva anzitutto, e deliberatamente, di presentare e portare a discussione le forme piĂč inte-ressanti dellâarte contemporanea, al di lĂ di esclusivismi di tendenza e senza interventi volti a istituire il predominio dellâuna sullâaltra, attento a tutto quanto poteva rivelare un germe, sia pure intenzionale, di rinnovamentoâ.
Nina Kandinsky (al centro) con Milena Milani e Carlo
Cardazzo al Teatro La Fenice, Venezia, settembre 1952 (Archivio Milena Milani)
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Vinicio Vianello, nato a Venezia il 29 aprile del 1923, Ăš cresciuto tra Verona, Milano e Padova, al se-guito della famiglia che si spostava per motivi di lavoro. Nella cittĂ natia ha finito il Liceo artistico, frequentato la Scuola Libera del Nudo e si Ăš iscritto allâAccademia di Belle Arti, seguendo il corso di pittura di Giuseppe Cesetti. Diplomatosi nel 1945, giĂ dal â41 aveva iniziato a esporre nelle collettive dellâOpera Bevilacqua La Masa, che nel 1946 gli assegnĂČ un atelier a Palazzo Carminati. Nel â47 fu premiato a Padova nel concorso âArtisti di Padova, Treviso, Vicenzaâ, ad Auronzo per il paesaggio e alla Bevilacqua La Masa, dove ebbe il Premio Moggioli per unâopera che rivelava il supe-ramento delle esperienze figurative. Ormai orientato verso una progressiva astrazione dellâimmagine, lâanno dopo veniva ammesso alla Biennale di Venezia: era lâedizione che scosse lâambiente italiano dellâarte per le presenze eccezionali di artisti dellâavanguardia mondiale. Risalgono a quel periodo i suoi primi contatti con lâarte vetraria, che lo impegnarono in disegni e pro-getti nei quali rivelĂČ da subito la sua straordinaria originalitĂ . Dal 1950 fu invitato a tutte le rassegne internazionali del vetro, ottenendo la Medaglia dâoro alla IX Triennale di Milano (1951), il Gran Premio alla XI edizione (1957) e quasi contemporaneamente il Compasso dâOro della Rinascente. Nel 1949, intanto, aveva sposato la pittrice Liliana Cossovel. La sua adesione al Movimento Spaziale data al 1951, quando si unĂŹ al primo nucleo dei firmatari ve-neziani â Ambrosini, Deluigi e Guidi â in occasione del lancio del Quarto Manifesto Spaziale (o Ma-nifesto dellâArte Spaziale). Successivamente confermĂČ il suo appoggio con la firma del Manifesto del movimento spaziale per la televisione (1952) e sottoscrivendo il proclama redatto dal critico Anton Giulio Ambrosini in occasione della mostra Lo spazialismo e la pittura italiana nel XX secolo (1953), allestita nella Sala degli Specchi di Caâ Giustinian, in Calle del Ridotto. Nella vicenda spazialista ve-neziana si distinse per lo sbrigliato spirito di ricerca e lâinteresse in campi diversi (pittura, vetro, ceramica, incisione) sperimentando materiali e tecniche capaci di generare nuove forme con risultati coerenti, piĂč di ogni altro, con le esperienze di Lucio Fontana. Procedendo in parallelo sulle varie espressioni artistiche, ha partecipato su invito a varie manifestazioni di carattere internazionale, a cominciare, per importanza, dalle Biennali veneziane (per la pittura nel â48, â50, â56, â58; per il vetro nel â50, â52, â54, â60, â68, â72, per la ceramica nel â62). Sul versante pittorico le opere propriamente spaziali iniziarono con la successione di geometriche composizioni evocative denominate Albe (1949-â50), seguite tramite passaggi repentini dalle Grafie spaziali, composte da linee liberamente tracciate su fondali bianchi, evolute nei successivi Rocket (1951-â54) in cui masse di colore, spruzzato da aerografi (anche di sua invenzione), si addensava-no e dilatavano come una materia gassosa. IncominciĂČ in quel periodo a firmarsi con il solo nome di battesimo. In seguito su tali masse Ăš intervenuto con grafie lineari, per proseguire poi con altre sperimentazioni. Nel frattempo il genio dellâartista del vetro si rivelava nei Vasi asimmetrici, in Esplosione a Las Vegas e nelle serie di sculture intitolate Esplosione nucleare, Reazione nucleare e Grafie tridimensionali. Nel 1962 abbandonava la pittura (ripresa trentaquattro anni dopo) per dedicarsi al vetro, in primo luogo, al design, ad altre attivitĂ poliedriche. Fino ad allora aveva esposto nelle maggiori gallerie dâar-te: la Barbaroux di Milano, il Cavallino a Venezia e il Naviglio a Milano (entrambe di Carlo Cardazzo,
sedi operative del Movimento spazialista), la Vetrina Chiurazzi a Roma, per ricordarne alcune in Italia; e in Australia, Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Irlanda, Iugoslavia, Germania, Libano, Norvegia, Polonia, Svezia, Svizzera e negli USA. LâattivitĂ espositiva Ăš continuata nel tempo, cadenzata dallâas-segnazione di premi e onorificenze. Straordinaria la sua versatilitĂ quale ricercatore, tecnico-tecnologo, consulente, imprenditore e in-ventore capace di colloquiare con scienziati, architetti e industriali, di cui restano gli studi per lo sfrut-tamento delle fonti di energia alternativa che gli hanno procurato significativi riconoscimenti e inca-richi in ambito CEE. Da ricordare inoltre il suo ruolo di co-fondatore (assieme a Giulio Carlo Argan, Carlo Scarpa e Franco Albini) dellâavanguardistico Corso di progettazione per disegnatori industriali e per artigiani presso lâIstituto Veneto per il Lavoro. Nel 1984 la morte della moglie Liliana lo colpĂŹ duramente, ma si riprese con coraggio. Nove anni dopo subĂŹ un incidente automobilistico che lo lasciĂČ a lungo immobilizzato. Appena ristabilito ricominciĂČ a esporre partecipando con dipinti e vetri alla prestigiosa rassegna La sindrome di Leonardo (Stupinigi, 1995). Poco dopo tornĂČ alla pittura, inventando un modo per interagire con la natura: nel suo giardino operava spruzzando macchie di colore su carte e tele che lasciava poi allâaperto perchĂ© intervenisse la natura a âcompletarleâ â come lui stesso diceva â con foglie cadute, rugiada, polvere e pioggia. La metafora di vita e morte cui tali opere intendevano alludere si sarebbe presto sovrapposta al compiersi della sua esistenza, che sâinterruppe repentinamente nel 1999, a pochi giorni dal suo settantaseiesi-mo compleanno.
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Tracce spaziali1952-53
tecnica mista su tela, cm 50 x 65
Propulsione1953
olio su tela, cm 65 x 80
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Tramonto a Torcello (Rocket) 1954
tecnica mista su tela, cm 85 x 105
Barena (Rocket) 1954
tecnica mista su tela, cm 105 x 85
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Senza titolo1956
tecnica mista su tela, cm 69,5 x 100
Senza titolo1958
tecnica mista su tela, cm 70 x 100
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Manifesto 58 1958
tecnica mista su tela, cm 80 x 99
Tempera 1958
tecnica mista su tela, cm 70 x 149
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Rosso di sera1960
tecnica mista su tela, cm 140 x 140
Medusa1961
tecnica mista su tela, cm 140 x 101
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Ore 14.141962
tecnica mista su tela (collage), cm 100 x 100
Circus 19621962
tecnica mista su tela, collage, cm 0 x 0
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Senza titolo1997
tecnica mista su tela, cm 90 x 110
Senza titolo1997
tecnica mista su tela, cm 90 x 70
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Bruna Gasparini Ăš nata a Mantova il 4 settembre del 1913. La sua formazione Ăš avvenuta in un campo diverso da quello artistico: si Ăš diplomata infatti allâAccademia di Educazione fisica a Orvieto, perchĂ© voleva essere autonoma e questa scelta le garantiva di potersi inserire subito nellâinsegnamento. Dopo aver insegnato a Trento e a Pistoia, nel 1937 ha ottenuto il trasferimento a Venezia, destinata al conservatorio âBenedetto Marcelloâ. Alla pittura si era dedicata ancora adolescente da autodidatta, ma Ăš qui, dove sarebbe rimasta per sempre, che grazie a incontri favorevoli e a frequentazioni scelte, cominciĂČ a emergere un suo stile. I progressi derivavano dallâinfluenza di maestri come Virgilio Guidi â per il criterio di una costruzione del quadro basata sulla ricerca della luce attraverso una gamma cromatica bene individuata e ristret-ta â e di Arturo Martini, per una idea sostanziale di energia dellâopera. Nel contempo frequentava anche un suo coetaneo, Luciano Gaspari, avviato a esperienze professionalmente regolari, che sposĂČ nel 1943. Il suo modo di procedere si caratterizzava intanto per cicli di ricerca metodica, accompagnati da mostre intervallate da intensi momenti di solitudine produttiva. La prima comparsa pubblica delle sue opere risale al 1938, nella Mostra Universitaria Triveneta dâArte, organizzata a Padova, in Palaz-zo Pedrocchi, con tre dipinti figurativi (una natura morta, un paesaggio, un ritratto) che rivelavano interessi allargati sulle poetiche di Scipione e Mafai. Due anni dopo veniva accolta alla XII Biennale veneziana (dove fu invitata anche nel â48 e â50 e, con sala personale, nel â64 presentando dodici gouache ispirate ai versi di Charles Baudelaire). Autonomamente, nella seconda metĂ degli anni Quaranta, andĂČ interpretando la lezione di Georges Braque traendone idee proprie, elaborate in accurati appunti. Vinse nel 1947 il primo premio al Pre-mio Watteau a Milano, lâanno dopo alla XXVI collettiva dellâOpera Bevilacqua la Masa un altro primo premio per la pittura (qui, nel â55, si Ăš tenuta una sua personale). Ha partecipato poi alle Quadrien-nali di Roma del â48, â52 e â55. Dallâinizio degli anni Cinquanta la sua pittura Ăš evoluta verso lâastratto, con le forti espressivitĂ dei dipinti chiamati Ritmi, SonoritĂ , Armonia, volgendosi nella seconda metĂ del decennio con lâuso della tempera grassa in composizioni prossime allâinformale. In quel periodo Ăš stata assidua la fre-quentazione della cerchia degli artisti aderenti al Movimento spaziale, che faceva riferimento a Lucio Fontana. La sperimentazione tipicamente veneziana, basata sulla ricerca spazio-luce, si tradusse nel suo fare pittorico con un orientamento a composizioni dinamiche dalle cromie intense. Pur non par-tecipando alle attivitĂ del Movimento (come, dâaltronde, il marito Luciano) Ăš significativo che i suoi lavori siano stati esposti nel 1953 e nel 1956 con quelli dei firmatari dei manifesti dello Spazialismo nelle gallerie di Carlo Cardazzo, il Naviglio di Milano e il Cavallino di Venezia, punti di riferimento degli artisti spaziali. Dal 1956 nasceva un nuovo interesse per la natura atmosferica (confermato da titoli come Tramonto, Alba, ...), con forme che diventavano fluide, mentre la tavolozza acquisiva maggiori trasparenze; e nel 1958 le esponeva nella personale alla Galleria Montenapoleone di Milano, presen-tata da Virgilio Guidi.Da sempre appassionata di poesia, scrisse lei stessa liriche che grazie allâincitamento del critico e poeta Berto Morucchio pubblicĂČ nel 1961, accompagnate da suoi disegni, col titolo Momenti (ed. âIl
Cerchioâ), che oggi rimangono quali eloquenti esempi della sua raffinata sensibilitĂ . Altri illustri poeti avevano ampiamente apprezzato il suo lavoro di artista, come Diego Valeri, che fu tra i suoi primi recensori, e Alfonso Gatto che la chiamava affettuosamente âla Gasparinaâ, definendola, a proposito della sua pittura, âlâincantatrice incantataâ.Negli anni Settanta avanzati si fece strada in lei lâidea dellâacqua, con una ricca serie di oli e tem-pere di grandi dimensioni, denominati Fondali, formati da trasparenze capaci di generare spazialitĂ pelagiche, che nellâultima fase si sono arricchite ancora dellâamatissima poesia e di richiami ai cicli stagionali della natura. Infine, sul finire degli anni Ottanta, il suo bisogno di luce esplodeva con una vitalitĂ coloristica solare, accesa di gialli e rossi aranciati. Mostre degli ultimi decenni hanno confermato lâoriginalitĂ della sua pittura. Nel 1986 la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Suzzara (Mantova) le ha dedicato unâantologica, nellâ87 opere recenti sono state esposte alla Galleria Cinquetti di Verona e quelle âspazialiâ nello stesso anno hanno partecipa-to alla rassegna sullo Spazialismo allâOpera Bevilacqua La Masa, a Venezia; nel â93 si Ăš tenuta una personale alla Galleria del Cavallino di Venezia e nel â96 ha avuto il prestigioso riconoscimento della grande rassegna alla Casa del Mantegna a Mantova. Pochi mesi dopo era presente nella Basilica Pal-ladiana di Vicenza nella collettiva Spazialismo arte astratta, Venezia 1950-1960.Se ne Ăš andata quasi allâimprovviso a Venezia, nel 1998.
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Ritmi1955
tempera su carta intelata, cm 68 x 97
SonoritĂ 1955
tempera su carta intelata, cm 52,5 x 78,5
70 71
Ritmi nello spazio1955
tempera grassa su tela, cm 65 x 85
Ritmi1957
olio su tela, cm 100 x 100
72 73
Forma e materia1957
tempera grassa su tela, cm 82 x 72
Corteccia vitale1957-58,
tecnica mista su tela, cm 64 x 95
74 75
Notte senza luna (Tananai)1959
tecnica mista su tela, cm 75 x 120
Venezia n. 3 di notte1959
tecnica mista su tela, cm 90 x 110
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Saverio Rampin Ăš nato a Paluello di Stra (Venezia) il 14 dicembre del 1930 e allâetĂ di undici anni si Ăš trasferito con la famiglia a Venezia. Qui il padre, che aveva aperto una falegnameria, decise di instradarlo verso lâattivitĂ artigianale. Diventato apprendista in una stimata bottega nei pressi di San Barnaba, ha dimostrato subito una particolare attitudine per lâintarsio, cominciando intanto a quindici anni a dipingere da autodidatta. Avuta lâoccasione di far conoscere il suo lavoro ad Armando Pizzinato, che lo incoraggiĂČ apertamente, si convinse a superare lâostilitĂ della famiglia e nel 1948 decise di frequentare la Scuola libera del Nudo.Nello stesso anno veniva ammesso alla collettiva dellâOpera Bevilacqua La Masa (nuovamente presen-te nel â55, â56, â58 e â59). Iniziava allora la sua carriera espositiva. Nel 1950 era accolto alla XXV Biennale veneziana, e lâanno successivo teneva la sua prima personale alla Galleria Sandri di Venezia, presentato da Pizzinato, che lo rivelĂČ come uno dei giovani talenti emergenti a Venezia. Nel 1955 riceveva il Premio Venezia alla XLIII Collettiva della Bevilacqua La Masa, aggiudicandosi poi il âCampariâ al Premio Burano (attribuitogli anche nel 1960); nel â56 primo premio ex aequo con Riccardo Licata alla Bevilacqua e nel â58 Medaglia dâOro alla III Mostra dei gio-vani pittori a Roma. Altri premi e riconoscimenti gli verranno assegnati nel tempo.Nei dipinti a ridosso del 1950 ha sperimentato, come molti artisti locali coevi, la scomposizione della forma in unâottica post-cubista, rimanendo perĂČ ancora piuttosto legato al racconto figurativo. Poco dopo, nel 1954, si confermava invece come cifra riconoscibile la virata verso cromie accese, stese con pennellate impetuose, attestando un deciso astrattismo gestuale con lâampia serie dei Momenti (1955-57). In tale fase la critica riconosceva nelle sue opere un avvicinamento significativo alle spe-rimentazioni degli artisti del Movimento spazialista, cui egli guardĂČ senza aderire formalmente, dialo-gando soprattutto con Virgilio Guidi, dal quale andĂČ assorbendo una visione lirica del fare pittura che si sarebbe in seguito tradotta, con notevoli risultati, in una ricerca autonoma su luce-colore-spazio.Nel 1955 giunse provvidenziale lâassegnazione da parte dellâOpera Bevilacqua La Masa di un studio a Palazzo Carminati, dovâera giĂ ospitato, tra i vari giovani, Ennio Finzi, con il quale condivise un pe-riodo di speranze e delusioni, e la sorte straordinaria, per quei giorni, dellâincontro con lâimprenditore e amatore dâarte veneziano, Attilio Arduini, che si offrĂŹ quale mecenate garantendo (come anche a Tancredi e a Giovanni Pontini, loro compagni di strada) un assegno mensile, rinnovato fino al 1958. Continuava intanto a frequentare lâambiente ricco di stimoli della Galleria del Cavallino di Carlo Cardazzo, luogo di riferimento degli artisti spaziali, e grazie a Guidi che lo presentĂČ in una mostra personale alla Galleria dellâAriete di Milano, entrĂČ in contatto con il nucleo principale degli spazialisti milanesi (Fontana, Capogrossi, Crippa, Dova). Dal 1961 il trasferimento in uno studio alla Salute, adatto a un lavoro piĂč organizzato, gli permise di intensificare lâattivitĂ espositiva, stringendo un rapporto fattivo e amichevole con il milanese Enzo Pagani, titolare di due gallerie, a Milano e a Legnano (che fino al 1989 gli organizzerĂ ben quattordici mostre personali).Sul finire degli anni Cinquanta Rampin maturĂČ il cambiamento in cui echeggiava la lezione guidiana, sulle possibilitĂ vibratili del colore, pacatamente steso in composizioni geometricamente astratte, per ampie campiture sfumate in lirici accostamenti.
Nel 1970 venne chiamato ad insegnare al liceo artistico di Padova, e nel 1973 in quello di Venezia. Lâinsegnamento rappresentava una garanzia economica che favorĂŹ, lâanno dopo, il matrimonio con Franca Calimani, sua compagna da oltre ventâanni, e il trasferimento in una casa-studio a San Basi-lio.Dallâinizio degli anni Settanta, a Venezia ci fu un altro gallerista, Gianni De Marco, a presentare ripetutamente il suo lavoro, mentre a Genova gli aprirono lâambiente delle maggiori gallerie e dei collezionisti la poetessa Emma Angelica Mele e lo psicologo Franco Rossi. Da questo momento il suo cammino pittorico diventĂČ una coerente e matura riflessione sulle variabili tematiche.Se ne Ăš andato nel gennaio del 1992, dopo qualche mese dallâaver preso casa al Lido di Venezia, dove ora ha sede lâArchivio Saverio Rampin.Enzo Pagani gli ha dedicato una retrospettiva nel â93, nella sua Fondazione di Castellanza; lâamico Franco Rossi unâantologica nel â95 presso il Centro Ricerche Scienze Umane di Genova. Le opere del periodo che la critica definisce spazialista sono state esposte nel â96 a Vicenza, nella Basilica Palla-diana, per la mostra Spazialismo arte astratta, Venezia 1950-1960, curata da Luca Massimo Barbero; e nel 2004 a Villa Galvani di Pordenone, nella mostra Da Venezia alla Venezia Giulia. Gli anni dello spazialismo veneziano e della ricerca friulana e giuliana, curata da Giovanni Granzotto, Dino Maran-gon e Enzo Santese.
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Momento di natura1955
olio su masonite, cm 128 x 95
Momento di natura1955
olio su tele, cm 148 x 100
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PARTE COMUNE
ANTOLOGIA CRITICA
1987
Toni Toniato, Ricerche parallele, in Spazialismo a Venezia, catalogo mostra Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, Nuove edizioni Gabriele Mazzotta, Milano
ââŠLâadesione spontanea da parte degli spaziali era di fatto alimentata dalla conoscenza diretta del movimento, attraverso i contatti che essi poterono intrattenere dapprima con la Galleria del Cavallino e, poi, con la Galleria del Naviglio, dove dâaltronde tutti ebbero modo di esporre, talvolta in occasioni per alcuni di loro anche fondamentali. [âŠ] Nella prospettiva di una prima indicazione, limitata allâambiente locale, di uno spazialismo parallelo, che peraltro potrebbe rivelarsi anche piĂč ricco altrove, e dimostrare cioĂš piĂč strette connessioni formali con quel movimento, rientrano comunque i casi di Bruna Gasparini, Luciano Gaspari, Ennio Finzi, Riccardo Licata e Saverio Rampin. Non si puĂČ dire che essi mirassero allora a identificarsi con lo spazialismo; dâaltra parte neppure gli stessi aderenti, piĂč tardi, avrebbero voluto riconoscerlo, confermando con ciĂČ non tanto unâadesione poco convinta, quanto una personale concezione di interpretare quella poetica, e giustamente, del resto, per evidenti differenze di propositi e di soluzioni. CiĂČ nonostante essi hanno svolto nozioni affini, forse con scopi meno determinati, ma seguendo in ogni caso una problematica di ricerca del tutto tangenziale rispetto alle tendenze dello spazialismo, che rimase per quel periodo un fenomeno comunque catalizzatore e di rinnovamento della cultura artistica, non solo italiana⊠[âŠ] Quanto si andava dunque a definire e a maturare nellâambiente artistico veneziano, in modi piĂč propri alle singole proposte espressive, si collegava, direttamente o indirettamente, allo spirito dello spazialismo, nel senso perlomeno di quella âlibertĂ inventivaâ che Ăš stata unâistanza centrale di quella stagione storica.â
Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, tesi per il Dottorato di Ricerca in Storia dellâArte, UniversitĂ degli Studi di Venezia, (UniversitĂ degli Studi di Padova-Trieste-Venezia), anno accademico 1986/87, Relatore Prof. Decio Gioseffi (e: Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, Pagus Edizioni, Quinto di Treviso, 1993)
(Introduzione) âLe molteplici vicende del mercato ed i piĂč recenti sviluppi della ricerca artistica stanno facendo riemergere e riproponendo allâattenzione lâarte degli anni del secondo dopoguerra. [âŠ] âŠnellâambito di una diffusa prassi citazionistica, pare esseri verificata, soprattutto in Italia, una sorta di risalita dellâattenzione dalle immagine
post-metafisiche e novecentesche, anche alle espressioni aniconiche della fine degli anni â40 e degli anni â50, in una sorta di âneo-informaleâ che tuttavia Ăš sembrato configurarsi, pressochĂ© esclusivamente come unâoccasione ulteriore dellâeclettismo linguistico di questi ultimi anni. Ă sembrato cosĂŹ particolarmente utile tentare di indagare, per quanto possibile senza alcun preconcetto evoluzionistico o pregiudiziale tentativo di sintesi tematica, proprio un movimento come quello spaziale che, per la sua sfuggente e liberissima fisionomia, ha da sempre dovuto registrare uno scarso e inadeguato riscontro critico, pur configurandosi come uno dei momenti di piĂč vivace ed inventiva riproposizione, in Italia e non solo in Italia, nei nuovi termini richiesti dalla mutata situazione storica di quegli anni, di alcune delle principali e caratteristiche istanze dellâavanguardiaâ.
(p. 263) ââŠgli spaziali veneziani saranno [âŠ] in grado di conferire, senza per questo ricorrere a un qualche vincolo o ipostatizzazione modulare, un intimo e fluido respiro progettuale, una orientazione in qualche modo ideativa alle proprie immagini aeree e luminose in cui, oltre ogni scacco ed insuperabile impotenza dellâesserci, per lâuomo sem-bra pur sempre sussistere nel tempo, anche una seppur ardua potenzialitĂ di espansione e di sviluppo verso nuovi equilibri, in una liricitĂ tesa, tramite le possibilitĂ dellâevento creativo, ad una piĂč ampia armonia con le misteriose strutture dellâuniverso. Temi e motivi che nellâambiente artistico veneziano [âŠ] troveranno altresĂŹ significativi e diversificati sviluppi nelle pressochĂ© contemporanee opere di taluni artisti che, pur non entrando mai a far parte del movimento spazialista, verranno tuttavia svolgendo le proprie ricerche nellâambito di problematiche per molti aspetti contigue e parallele rispetto a quelle esperite da molti dei componenti della compagine spazialeâŠâ.
1997
Toni Toniato, Venezia e lo Spazialismo, catalogo mostra Basilica Palladiana, Vicenza, edizioni Il Cardo, VeneziaââŠOggi si puĂČ parlare finalmente di uno spazialismo veneziano come movimento a se stante, e piĂč precisamente di una tendenza del tutto distinta dellâavanguardia italiana di quegli anni, caratterizzata infatti da una formulazione linguistica e teorica assai particolari, tanto che la poetica dei nostri spazialisti risulta fondata su presupposti estetici che non appartengono, come abbiamo giĂ rilevato, nĂ© allâastrattismo di derivazione storica nĂ© alle successive cor-renti dellâinformale, sia nella sua versione «calda» che «fredda», pur non essendo a queste del tutto estranea. Quin-di, per tentare una definizione che meglio ne riassuma i propositi sarebbe forse il caso di servirci di terminologie oggi di moda, ma nondimeno indicative, come quelle di considerare intanto lo spazialismo veneziano quale movimento trans-astratto e post-informale. E questo non certo per rivendicare prioritĂ storiche, in effetti assai improbabili, e tanto meno per affermare una superioritĂ di ideazione espressiva da parte di questi protagonisti nei confronti degli altri spazialisti, ma soltanto per segnalare una loro diversitĂ di fondo o, meglio, una loro singolare peculiaritĂ di concezione e di linguaggio. Aspetti questi che fanno sĂŹ che il gruppo veneziano e lâinfluenza da esso esercitata su altri fenomeni artistici, sorti in parallelo o apparsi qualche anno dopo a Venezia, per merito di giovani emergenti, co-stituiscano un episodio tuttâaltro che marginale nella cultura artistica italiana di quel tempo, rappresentino cioĂš una vicenda magari non del tutto ancora riconosciuta nel suo effettivo ruolo storico, avvalorando perciĂČ la mostra attuale come occasione ulteriore ma necessaria per riproporne gli aspetti piĂč significativi e duraturi e per favorire inoltre la conoscenza piĂč completa di quel clima culturale di respiro davvero internazionale come si puĂČ del resto accertare dalla fortuna dei suoi maggiori esponenti. Se poi lo spazialismo veneziano mostrerĂ di rinnovare una poetica ancora della forma o, meglio, di una forma sia pure trascritta nel processo di un divenire attuativo insieme del vissuto e dellâagito, [âŠ] sarĂ perĂČ da chiarire che per tale tendenza il concetto di forma â lâorizzonte intenzionato in cui essa si inaugura â risulterĂ manifestarsi alla fine come il prodotto del farsi proprio della stessa materia espressiva, in un senso [âŠ] radicalmente basato sul valore formante di un pensiero essenzialmente immaginativo. Con propositi diversi lo scrivono gli stessi artisti: per loro la forma Ăš evento, e lâevento, in tal caso, non Ăš soltanto esperienza del proprio vissuto, soggettivitĂ circoscritta o espansa, ma identitĂ insieme dellâessere e del divenire, di quellâessere e divenire che Ăš lâorizzonte stesso del costituirsi proprio dellâimmagineâŠâ.
2004
Giovanni Granzotto, Spazio veneziano, atmosfere friulane e luci giuliane, in catalogo mostra Da Venezia alla Venezia Giulia. Gli anni dello spazialismo e della ricerca friulana e giuliana, Pordenone, Villa Galvani
ââŠE se ancora ci rivolgiamo alle esperienze dei Vianello, dei Toffoli, dei Gaspari e Gasparini, e dei giovanissimi Finzi, Rampin e Licata [âŠ] diverrĂ allora ancora piĂč evidente che, al di lĂ delle diverse sottolineature personali, in quella irripetibile stagione veneziana, sulla scia delle rivoluzionarie conquiste di Lucio Fontana, ma in un contesto di for-midabile radicamento con lâunicitĂ dellâambiente lagunare, nasceva per davvero una nuova concezione dello spazio: una sintesi ancora mai raggiunta di spazialitĂ naturale e mentale, storica e ideale, che ha contribuito a conformare, o perlomeno delimitare i percorsi di molta arte italiana successiva. A dir il vero, anche a Venezia molti artisti pur esterni al movimento spaziale, non rimasero estranei a questa nuova sintassi visionaria, ed io, infatti, non credo se ne possa ritenere immune il Santomaso della metĂ degli anni cinquanta, dal segno cosĂŹ incisivo e leggero al tempo stesso, dalla architettura cosĂŹ dilatata, espansa, e dai cromatismi soffici e aereiâ.
107
VINICIO VIANELLO
1950
Franco Passoni, catalogo mostra personale alla Galleria Barbaroux, MilanoââŠVinicio Vianello Ăš sulla strada dellâastratto da molti anni⊠[e] non insiste sul problema dellâespressione, del sociale, della moda, del polemico, della forma vincolata a canoni decaduti. Vinicio non sâabbandona allâUniversitĂ dei conosciuti principi Accademici poichĂ© il legarsi ad essi significa legarsi tragicamente e drammaticamente ad un Universo morto e superstizioso che ancor oggi si dibatte angosciosamente e inutilmente nel vano tentativo di so-pravvivereâŠâ.
Virgilio Guidi, ibid.ââŠUn giudice un poâ superficiale che ascolti il Vinicio puĂČ rimanere perplesso che gli puĂČ apparire un poâ lontano dai problemi stretti e insistenti dellâarte. CiĂČ sarĂ , forse, perchĂ© prima della loro conoscenza, il Vinicio aspira a conoscere le ragioni che portano a quella, dalla sua posizione di uomo. Pertanto la sua prima spinta a operare Ăš morale. Il suo tempo non Ăš quello delle divisioni sociali, le sue immagini non obbediscono ad alcuna ideologia, ma queste nascono liberamente dalle sue emozioni⊠[âŠ] Nelle prime opere il Vinicio era devotissimo alla «tonalità » raccolta nel rigore della linea e distesa sulla tela sullâesempi di tavole primitive, con disposizione oggettiva. Era lâoggetto come «cosa in sé» dipinto con amore di scuola. Poi il sentimento prevalse fino a costringere il mondo dei colori a poche tonalitĂ semplificate, attente dal velo dellâanima. Lâoggetto sparĂŹ. Il segno della sua maturazione, della maturazione del suo pensiero Ăš in queste sue ultime opere che non Ăš possibile dirle o soggettive o oggettiveâŠâ.
Ugo Fasolo, ibid.ââŠal di qua ed oltre la grammatica astrattista oggi diffusa e da Vinicio ben conosciuta, si puĂČ rilevare nella sua pittu-ra quasi una ricchezza insolita dâelementi nuovi, un senso vivo di luce e di spazialitĂ architettonica non narrata dalle disposizioni lineari, ma intimamente effusa dalle intensitĂ cromatiche del quadro. Ă proprio questa ricchezza intima che tende a rompere e rompe la frigida e deserta stesura delle campiture astrattiste, le rende vive di maggior senso e tende a conquistare la sintesi di un mondo non rarefatto ma compiuto nelle sue complessitĂ dâaccordiâŠâ.
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1957
Umbro Apollonio, dattiloscritto siglato a mano â1957â e, sotto, âper Americaâ, dallâArchivio Vianello (Treviso: Toni Fol-lina)
âOggi ha acquistato molta importanza lâatto del âfareâ in se stesso, poichĂ© si Ăš diventati intolleranti verso tutti gli schemi. Si preferisce perciĂČ il rischio di interpretare nuove situazioni, di usare un linguaggio artistico che non abbia niente a che fare con le norme usuali, piuttosto che adagiarsi in un comodo atteggiamento di imitazione, come avveniva nelle antiche âbottegheâ e âscuoleâ. In tal modo lâopera dâarte puĂČ anche essere guardata come un âogget-toâ, e lâartista come un âgrande artigianoâ. Si tratta cioĂš di una nuova condizione morale dellâuomo moderno, che sa valutare anche oltre lâopera dâarte in sĂ©, anche lâidea che lâha creata. Il lavoro di Vinicio rientra in questa nuova concezione dellâartista. Egli svolge degli appunti formali anche molto semplici ma pieni di un fremito represso, come se fossero delle note battute con leggerezza sui tasti neri di un pianoforte. Tali appunti formali, sviluppati nel campo di una spazialitĂ ridotta ad accenni elementari, [âŠ] rispondono sempre ad una ragione espressiva, e sono la rap-presentazione di unâidea. La creazione artistica di Vinicio, sia nelle opere in vetro sia nei dipinti, risponde a quelle esigenze stilistiche che sono legate allâesistenza moderna, e che si stanno costituendo al di fuori di ogni sistema e di ogni teoria estetica attraverso il nostro travaglio espressivoâ.
1958
Fathwinter, in âDer Malkasten n. 2/58â, DĂŒsseldorf (tradotto dal tedesco)ââŠAl Malkasten, in collaborazione con lâIstituto Italiano di Cultura, sono esposte in questi giorni le opere di tre pit-tori italiani [Liliana Cossovel, Guido Strazza, Vinicio Vianello]. Questi italiani hanno, nella loro maniera di dipingere, qualcosa in comune e, dâaltra parte, si incontra in ciascuno di loro un mondo che non ha niente in comune con quello degli altri. [âŠ] Vianello [Ăš] un pittore al quale la materia del vetro non puĂČ essere estranea. Forse non tanto attra-verso la familiaritĂ di una applicazione quanto piĂč come unâereditĂ che si fa sempre piĂč presente nella sostanza in-trinseca della sua natura. I suoi quadri sono chiari come cristallo, aperti nella struttura intera e trasparenti nel moto delle singole fasi cronologiche del dipingere malgrado tutta la densitĂ della materia. Le stesse fasi cronologiche del processo del dipingere sono visibili fin dal principio; tale metodo di richiamare il fondo del quadro sulla superficie del secondo o del terzo strato di colore dimostra nuovamente questa chiarezza cristallina [âŠcui si aggiunge] lâinclusione del tempo e delle singole fasi del dipingere il quadro come oggetto [âŠ]. Vianello costringe la materia ad una luce intrinseca simile (simile!!) a quella che tanto ci entusiasma nei quadri dei vecchi maestri. PerĂČ egli raggiunge questo risultato attraverso un trattamento coerente della materia; non con velature, ma con il rivelare â lo scoprire tutti gli strati del dipinto fino al fondo. [âŠ] Dipinge un primo strato di colore con parecchi toni leggeri e liberi che poi copre di nero. La spatola riapre questa monotonia e rivela i toni piĂč bassi in una luce propria⊠[e] sopra di ciĂČ [âŠ] spesse volte trae un bianco trasparente, che malgrado tutta la sua âegocentricitĂ â Ăš aperto agli altri elementi coloristici per mezzo della sua sicura pressione nel tratto. Uno splendore cristallino, â un brillare che Ăš paragonabile a quello delle pietre preziose â una prospettiva che cresce verso lâosservatore (invece di spingersi illusionisticamente dentro il piano del quadro!) nella intuitiva associazione con la materia che sâinnalza in alcuni quadri fino allo spiritualeâŠâ.
Giuseppe Marchiori, presentazione mostra personale alla Galleria del Libro la Saletta, BresciaââŠVinicio non pretende di aver concluso nelle opere presentate un periodo della sua vita di artista: al di lĂ delle intenzioni, câĂš un tempo indistinto aperto alla volontĂ e alla necessitĂ di esistere nellâunico modo possibile per un artista. Ora se il giovane pittore merita un atto di fiducia (e non câĂš dubbio che lo meriti), tale fiducia si estende a un futuro probabile, a giudicare dallâimpulso vitale che anima le sue opereâŠâ
Astone Gasparetto, catalogo mostra Vetri di Murano 1860-1960, Venezia, p. 23ââŠil pittore Vinicio Vianello [âŠ] nellâimmediato dopoguerra si Ăš segnalato dapprima per le sue profonde coppe ovoi-dali asimmetriche montate su piede conico, e poi per certi vetri curiosissimi, a una o due sfere, lattiginosi e a grossi spuntoni, suggeritigli dalle sinistre cupole che si levano dopo unâesplosione nucleare, i quali erano indubbiamente dotati di una loro aggressiva espressività ⊠[Va segnalato] âŠil «designer» Vinicio Vianello, detentore di un Compasso dâOro assegnatogli alla Triennale del 1957, la cui produzione ha caratteristiche tali da permettere per ogni schema strutturale numerose giustificate variazioni di linea e di colore. I vetri eseguiti su disegni suoi, in colori puri e in una materia tersa e leggera, sono saggi esemplari di forme utili per la fabbricazione di serieâŠâ
1963
Sotirios Messinis, catalogo mostra personale Vinicio Collagees, Galerie Wilm Falazik, BochumââŠVinicio Vianello in queste sue opere recenti [âŠ] non esita a richiamarsi al gusto dellâimpaginazione del glorioso periodo cubista, per la scansione aerea che imprime ai fogli di giornale ed alle lettere stampate, ironizzando tuttavia sottilmente il partito di precisione e di calibratura estrema di quella avanguardia: infatti le strutture degli elementi eterocliti vengono sconvolte da un gioioso ed esaltante estro cromatico, che tutto trascina in un ritmo festoso ed ironicoâŠâ
(da sinistra) Bruno De Toffoli, Liliana Cossovel, Vinicio Vianello e Tony P. Spiteris, 1950 c.(Archivio Vinicio Vianello-Toni Follina, Treviso)
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Toni Toniato, dattiloscritto dallâArchivio Vianello (Treviso: Toni Follina)ââŠVinicio ha collaborato col Movimento Spaziale, ha trovato in questa corrente molte affinitĂ , portando un suo non irrilevante contributo, soprattutto nella prima e piĂč significativa fase di quel movimento, con alcune testimonianze anche teoriche. [âŠ] Il senso del colore, [âŠ] un senso âvenetoâ, cioĂš arioso e spaziale, caratterizza il suo mondo, ma anche una ardita concezione formale, corretta, in lui, da un giusto equilibrio di ritmi strutturali, da una sintetica o meglio funzionale misura costruttiva. [âŠ] Dopo la parentesi dello âSpazialismoâ Vinicio si Ăš trovato a elaborare certe sue esperienze in una area forse necessaria per la sua maturazione. Ă questo il periodo dei suoi lavori piĂč âmatericiâ, cioĂš dove egli sperimenta comunque con rigoroso controllo dei mezzi inusitati [âŠ]su cui accosta con felice equilibrio [âŠ] colle, gessi, polvere di ferro, ecc. a grafismi di sottile variazione ritmica [âŠ]. Successivamente utilizza le colature riprendendole in percorsi, [mentre] nella sua ricerca attuale [âŠ] ripropone, parallelamente alle sue esperienze di âdesignerâ, una pittura articolata in preziose strutturalitĂ visualiâŠâ.
1975
Giulio Carlo Argan (1970), in catalogo Vinicio Vianello presenta i vetri di Murano dei âGrandi Designers del passatoâ - COLLEZIONE, Venezia
ââŠNon nasconde, Vianello, che talune delle sue piĂč felici trovate formali sono trovate, appunto, nel museo: fedel-mente, metodologicamente dedotte da antichi testi pittorici, di Paolo Veneziano come del Tintoretto. Si tratta per lo piĂč di forme semplici, familiari, utili, plasmate e standardizzate dallâuso come gli scalmi delle gondole dallâattrito del remo. E tuttavia, malgrado lâalta fedeltĂ della trascrizione disegnativa e tecnica, non sono calchi nĂ© presuntuose citazioni dellâantico: attestano una continuitĂ di vita in una dimensione urbana dove la civiltĂ Ăš consuetudine.â
1987
Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, tesi per il Dottorato di Ricerca in Storia dellâArte, UniversitĂ degli Studi di Venezia, (UniversitĂ degli Studi di Padova-Trieste-Venezia), anno accademico 1986/87, Relatore Prof. Decio Gioseffi (e: Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, Pagus Edizioni, Quinto di Treviso, 1993)
(p. 251) ââŠnei primi anni â50 Vianello verrĂ [âŠ] creando una significativa serie di opere, estremamente libere e prive ormai di ogni rimando figurale, tutte giocate sulla contrapposizione tra gli effetti âflouâ delle cromie indefinite create con un procedimento meccanico, anche se controllato, per mezzo di uno spruzzatore a mano, e lâimpronta umaniz-zante di linee disegnative liberamente trascorrenti sul campo del quadro. [âŠ] In un certo senso, lâattivitĂ di pittore e quella di designer, che verrĂ acquistando sempre maggior peso, finiranno col rivelarsi pressochĂ© equivalenti da un punto di vista concettuale, mentre la sua pittura andrĂ evolvendosi verso un maggior controllo dei ritmi e delle cadenze, verso una piĂč ordinata organizzazione delle componenti lineari in ritmiche sequenze ortogonali. Sul finire degli anni â50, Vianello andrĂ arricchendo la propria pittura di sobri spessori materici, volti tuttavia alla ricerca della definizione di un nucleo formale la cui cellula iniziale, per lo piĂč il quadrato, tenderĂ a comporsi in progressione modulare nello spazio, per rivisitare in seguito anche la tecnica del collage, alla cui severa impaginazione, di lontana matrice cubista, verrĂ sovrapponendo un ritrovato estro cromaticoâŠâ.
2004
Dino Marangon, Da Venezia alla Venezia Giulia, gli anni dello Spazialismo veneziano e della ricerca friulana e giuliana, catalogo mostra tematica, Galleria Civica di Pordenone
ââŠVinicio Vianello, dopo gli studi allâAccademia di Venezia, sotto la guida di Giuseppe Cesetti, sarĂ uno tra i primi artisti veneziani a entrare in contatto con lâambiente degli spazialisti milanesi. GiĂ nella seconda metĂ degli anni Quaranta egli era giunto a una accentuata sintesi formale ââŠsollecitataâ, come osserverĂ Ugo Fasolo, âda una vi-gorosa esigenza cromatica e da una chiara consapevolezza di strutture plasticheâ che collocherĂ , fin dâora, la sua opera ââŠoltre la grammatica astrattista oggi diffusaâŠâ per ââŠuna ricchezza insolita di elementi nuovi, un senso vivo di luce e spazialitĂ architettonica non narrata dalle disposizioni lineari, ma intimamente effusa dalle intensitĂ cro-matiche del quadroâŠâ. Ma forse ciĂČ che meglio ancora ha caratterizzato da sempre la personalitĂ di Vinicio Ăš il fatto che, come osserverĂ Guidi, âEgli non teme che lo spirito dellâarte soffra se portato nel mezzo delle cose utili, le quali sono infine le fondamenta della vita intesa socialmente ⊠Pertantoâ, affermerĂ ancora Guidi, âla sua prima spinta a operare Ăš moraleââŠâ.
Luca Massimo Barbero, Idee spaziali. Alla ricerca di Vinicio Vianello, in L.M. Barbero (a cura di âŠ), Vinicio Vianello. Pit-tura, vetro e design, Skira Editore, Milano Venezia
âNon ho mai tracciato una âbella lineaâ nĂ© ho mai voluto fare una âbella pitturaâ: questa la sentenza che Vinicio Vianello opponeva â perentoriamente e senza soluzione di continuitĂ â ogni qualvolta si iniziasse a guardare e analizzare una sua pittura, un suo disegno, una sua incisione o anche un suo vetro. Nessunâaltra dichiarazione di poetica se non quella di essere alla ricerca costante di una libertĂ di tema e di tecnica che fosse âidea di spazio e di forma nello spazioâ, paradossalmente sempre âcontroâ le modalitĂ tradizionali, avendo presente lâenunciazione di
Lucio Fontana e Vinicio Vianello alla Biennale di Venezia, 1954(Archivio Vinicio Vianello-Toni Follina, Treviso. Foto Cameraphoto Epoche Venezia)
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avanguardia, ove lâarte di ricerca in trasformazione deve nascere allâinsegna de âLâAntigraziosoâ. [âŠ] Scrivere oggi di Vinicio non corrisponde alla solita trita formula dellâ âartista schivo e appartatoâ di cui si promuove la riscoperta dopo anni trascorsi in una âdimenticanzaâ. Si tratta di portare alla luce odierna unâopera che, collocata a pieno titolo nel âsuo tempoâ e conosciuta in ambito internazionale, Ăš stata letteralmente manipolata e persino nascosta dallâau-tore stesso che si Ăš volutamente allontanato per circa ventâanni dal mondo dellâarte, quasi negando ogni contatto e rifiutando la rivalutazione del suo lavoro, come se appartenesse a un altro. [âŠ] Era conscio dei risultati raggiunti negli anni e rammentava â collocandoli in precisa cronologia â eventi, circostanze e aneddoti legati alle specificitĂ delle sue ricerche. Parlava dellâenergia solare come delle ricerche muranesi o industriali, perchĂ© viveva una visione dellâarte, appunto, a âtutto tondoâ. Ed era questa coscienza, infatti, ad allontanarlo dalla vita dellâarte, dallâeffimero del suo scenario mondano. [âŠ] La sua biografia in questa prima pubblicazione darĂ i dati oggettivi del suo singo-lare percorso artistico e, direi, scientifico insieme, dei viaggi, degli impegni nella sua idea di indagatore sempre in continuo fermentoâŠâ.
Toni Follina, Introduzione, in L.M. Barbero (a cura di âŠ), Vinicio Vianello. Pittura, vetro e design, Skira Editore, Milano VeneziaâIo sono contemporaneo a me stesso, cosĂŹ zio Vinicio, in etĂ giĂ avanzata, mi disse parlando di se stesso, non so se per autoironia o per sua vera convinzioneâŠâ.
Manlio Brusatin, Il libro mio, il libro di colori, ibid.âCâĂš sempre un libro nella vita dei pittori, non molto considerato dalla storia e dagli storici, Ăš il libro dei colori e dei segreti della pittura e della loro pittura. [âŠ] Questo quaderno [la cui copertina, nel testo di Brusatin, Ăš stampata a colori vis-Ă -vis, n.d.r.], intitolato Materie e coloranti. Fissativi, tempere, affreschi, ritocchi, sgrassatori, vernici, olii, ecc., Ăš appartenuto a Vinicio Vianello e appartiene non solo alla sua pittura ma alla cucina dellâultima pittura veneta, accanto ai nuovi colori dei colori acrilici, alle nuove emulsioni dellâera della plastica, di rapida e accelerata essiccazione, che hanno decretato per sempre il destino della distruttibilitĂ dellâarte contemporanea. Vinicio Vianello senza drammi riesce a mettere a confronto tecniche passate e moderne, sperimentando gli effetti con unâassoluta conoscenza pratica, come Ăš riuscito a mettere accanto lâarte del vetro e la linea del designâŠâ.
Alberto Bassi, Vinicio Vianello, âartigiano spazialeâ e industrial designer, ibid.ââŠOltre alla doverosa ricostruzione di un percorso esemplare in parte dimenticato, la rilettura dellâopera di Vianello nel vetro soffiato e poi nellâilluminazione, fra le altre cose, puĂČ di sicuro fornire unâopportunitĂ di riflessione per un settore e una tradizione esecutiva che nel complesso ha faticato ad aggiornarsi e dialogare con il progetto con-temporaneo, ma anche stimolare un diverso confronto, piĂč accorto e sensibile, fra il mondo del design e i maestri vetraiâŠâ.
Sabina Tutone, Tracce di una biografia complessa, ibid.ââŠLa libera consultazione della biblioteca e dellâarchivio progetti [di Vinicio] â una sorta di ginepraio onnicom-prensivo â dove ai testi scientifici piĂč introvabili si mischiavano quelli di filosofia, arte, teatro, architettura, musica (soprattutto jazz) e riviste specializzate sui materiali di costruzione e sullâilluminotecnica, [mi] ha permesso, assie-me alla pazienza dellâartista, di cogliere in modo piĂč consapevole la chiave del suo percorso. Senza la sua ironica veicolazione e disponibilitĂ a farsi sondare, [âŠ] la ricerca sarebbe stata asettica e meno entusiasmante, didascalica e priva di quelle puntuali indicazioni che solo la presenza dellâautore possono fornire, illuminando zone dâombra altrimenti invisibiliâŠâ.
n
Vinicio Vianello al lavoro, 1962(Archivio Vinicio Vianello-Toni Follina, Treviso)
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BRUNA GASPARINI
1960
Tony P. Spiteris, catalogo mostra personale Galleria Il Canale, VeneziaââŠLa genesi del processo pittorico della Gasparini ci accentra sul rivivere la sensazione della luce come elemento pri-mario, fecondata da unâalternanza di colori scaturiti in macchie vascolari che strutturano e dimensionano lo spazio. Spazio fenomenologico, reso evidente e desunto dalla distribuzione plastica di continui passaggi di strati cromatici, incorporei e diluiti, che vanno dal nero deciso che inquadra zone periferiche, al marrone evanescente, per svelare in ultimo lâintensitĂ significativa di trasparenze biancastre nucleariâŠâ.
1961
Toni Toniato, catalogo mostra personale Galleria Il Traghetto, VeneziaââŠĂ, la sua, una pittura [âŠ] che possiede una implicita e autonoma tematica formale, pur risentendo di una com-plessitĂ di motivazioni espressive, le quali tendono a mediare, nella loro piĂč sostanziale direzione, le istanze piĂč urgenti e positive della nostra cultura figurativa, soprattutto nellâambito delle attuali problematiche sulla natura e sullo spazioâŠâ.
1963
Silvio Branzi, catalogo mostra personale Galleria dâArte lâArgentario, TrentoââŠse Ăš evidente che tutto lo sviluppo della Gasparini dovesse condurre la sua fatica ad una posizione astrattista, Ăš altrettanto evidente che lâaffermazione piĂč risoluta della sua personalitĂ si fissa al di sopra di quel gruppo cosiddetto spaziale, cui la pittrice ha aderito a suo tempo. La qual cosa, per altro, non significa che essa rinneghi una precipua posizione di cultura: vuol dire soltanto che se ne Ăš giovata al meglio per definirsi nei confronti propri e dâaltruiâŠâ.
Berto Morucchio, catalogo mostra personale Galleria Il Canale, VeneziaââŠcosa ella chiede alla pittura: ritrovarsi nellâintimitĂ . Che il processo psicologico presupposto non sia quello
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dellâesperienza diretta, ma, semmai, si avvalga dellâoggettivitĂ del comportamento, lo si deduca anche dal piano non oggettivo e semmai indiretto del suo metodo di ricerca plastica. Alla felicitĂ emotiva personale, provata durante questo lavoro, corrisponde la felicitĂ espressiva che Ăš ricca soprattutto per una tensione positiva tra la prova che lei chiede allâefficacia di una particolare struttura linguistica e la ragione esistenziale che la suggerisce e la contie-ne, da ciĂČ deriva il particolare dinamismo plastico-sentimentale, mai cosĂŹ schietto, libero e difficile nellâopera della Gaspariniâ.
1984
Enzo Di Martino, catalogo mostra personale Galleria del Naviglio, MilanoâI campi azzurri entro i quali Bruna Gasparini manifesta la sua immaginazione visiva configurano, in effetti spaziali mentali nei quali si verificano, apparizioni che sembrano intraviste in una condizione di estasi e di abbandono, di sogno. Le eccentriche intromissioni di piccole forme colorate, che sovente si incontrano su tali campi, acquisiscono a ben vedere [âŠ] la funzione di rimarcare lâintensitĂ e la profonditĂ assolute degli spazi, connotandoli come luoghi di eventi magici e misteriosi. Anche i piccoli segni graffiati che talora si riscontrano su tali superfici diventano al-lora tracce di ritrovamenti sorprendenti che, sebbene non leggibili, testimoniano tuttavia il riconoscimento di una calligrafia, vale a dire di una scrittura e perciĂČ di una storia. Diverso Ăš il discorso per le trentatre âcarteâ dedicate alla âchamber musicâ di James Joyce, [âŠ] perchĂ© qui i segni ed i segnali diventano piĂč chiaramente leggibili, a volte allusivi di improbabili descrizioni alle quali provvede invece la parola scritta, la parola di Joyce. I fondi screziati, anchâessi azzurri, [âŠ] non hanno piĂč, qui, la funzione di campi emozionali autonomi, come accade per i dipinti, ma diventano supporti della coscienza sui quali depositare la trascrizione visiva della poesia. In entrambi i casi Ăš evidente una visone di sapore cosmico che discende dalla grande lezione dello spazialismo che Bruna Gasparini ha vissuto non passivamenteâŠâ.
1986
Giuseppe Mazzariol, Bruna Gasparini, catalogo mostra personale Galleria Il Traghetto, VeneziaââŠil silenzio si fa alto e il colore Ăš il canto monodico e intenzionalmente monotono, come lâidea del mezzogiorno ferma e perpendicolare sulla superficie del lago di Mantova. Sul colore Bruna ha sempre incentrato il suo discorso poetico e quindi la sua ricerca, ritenendo che in questo sia sempre implicita la definizione della forma e che qui si depositi la memoria del vissuto come nel fondo dellâacqua lâimmagine riflessaâŠâ.
1987
Toni Toniato, Ricerche parallele, in Spazialismo a Venezia, catalogo mostra Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, Nuove edizioni Gabriele Mazzotta, Milano
ââŠDel gruppo veneziano che frequentava lâambiente di Guidi e degli altri artisti spaziali si deve segnalare innan-zitutto Bruna Gasparini, una pittrice di raffinata sensibilitĂ , la cui attivitĂ fin dal â52 si era orientata a configurare una singolare ricerca sul segno e sul colore, tanto che proprio in quegli anni un critico avvertito come Silvio Branzi lâaveva idealmente annoverata tra i rappresentanti del nascente versante veneziano dello spazialismo. In effetti essa poteva invece distinguersi per un processo diverso di affrontamento del reale, per una percezione, meno allarmante, che la spingerĂ a declinare una formulazione della spazialitĂ della luce, come filtrata risonanza di una naturalitĂ piĂč terrestre che cosmica. La Gasparini, infatti, allâinterno dellâimmaginario favolistico nel quale andava a tracciare una morfologia emozionale delle figure della vita organica, puntava nello stesso tempo a scorporare ogni combusta fisicitĂ delle sue trasmutanti esplorazioni nella dimensione di luoghi evocati sullo specchio dellâin-terioritĂ . Essa si affidava dunque a unâoperazione di distillazione della materia-colore, portata a espandersi e a raggrumare in punti di densa stratificazione, per riuscire poi a proseguire in zone meno accidentate, fino a svapo-rare in evanescenti trasparenze, in liquide luminositĂ , quasi appena percettibili. Sortilegi grafici di sottile trama-tura venivano quindi a iscrivere, allusivamente, alcuni simboli magici, desunti da arcane memorie, dispiegando in un mondo di favolistica tessitura che per certe assonanze di pura liricitĂ sembrava dover echeggiare lâastrazione dei ritmi immaginativi di un Klee, a cui la pittrice aveva del resto guardato durante la fase del suo passaggio dal figurativo a una fenomenologia di motivi quasi musicali, affidandosi alle risonanze sentimentali di una captante interioritĂ . Lâartista ha continuato poi a smaterializzare le sue tessere di colore per sfiorare unâestrema dizione della poetica informale [âŠ]. Esclusa, forse indebitamente, da uno spazialismo a cui giungeva in ogni caso per strade diverse, la Gasparini ha proseguito con lucida coerenza a esemplare le sue leggiadre elaborazioni formali in pitture di una soffusa luminositĂ , dimostrando anche in seguito sorprendenti rispondenze con il clima di quel movimentoâŠâ.
Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, tesi per il Dottorato di Ricerca in Storia dellâArte, UniversitĂ degli Studi di Venezia, (UniversitĂ degli Studi di Padova-Trieste-Venezia), anno accademico 1986/87, Relatore Prof. Decio Gioseffi (e: Dino Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, Pagus Edizioni, Quinto di Treviso, 1993)
(p. 264) ââŠBasti pensare allâapprofondita esplorazione delle avventure spaziali della luce e del colore compiuta con Bruna Gasparini con Zaira Pizzinato (alla sua destra) e Liliana Cossovel (di fronte) (Archivio Vinicio Vianello-Toni Follina, Treviso)
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raffinata sensibilitĂ da Bruna Gasparini, i cui significativi esiti, allusivi ad una lirica e âterrestreâ cosmicitĂ , potranno giĂ allâepoca essere avvicinati, dalla critica piĂč avvertita, al clima del versante veneziano dello spazialismoâŠâ.
1996
Luca Massimo Barbero, Bruna Gasparini. Opere 1955-1995, catalogo mostra personale Casa del Mantegna, MantovaââŠAlla familiaritĂ con Gaspari e allâamicizia fraterna di Bacci e Morandis si aggiungono le improvvise visite allo studio dellâamico Tancredi. Gasparini partecipa agli avvenimenti ed esperienze spazialiste, ma il suo ruolo defilato, riser-vato, discreto e laterale, non le consentono nĂ© la vedono entusiasta al firmare alcuno dei manifesti spaziali redatti dalla meravigliosa e attiva compagine che si muove tra Milano e Venezia. [âŠ] Gasparini sente la forza degli intenti spazialisti ma cela ai suoi stessi amici le prove pittoriche, per timore forse, certamente per riservatezza estrema. [âŠ] Il rapporto con gli esponenti âufficialiâ dello Spazialismo Ăš continuo, per quanto riguarda le frequentazioni quo-tidiane, ma il percorso espositivo prosegue isolatamente, parallelo a quello dei colleghi-amici, in una lateralitĂ che la toglie dalla troppo impegnativa luce della mondanitĂ artisticaâŠâ.
Bruna Gasparini, ibidem(p. 17) âLa luce, lâaria, il mare della laguna e la forza del Po, immenso e forte. Sono i miei luoghi, e a questi luoghi ho dedicato un âDiario della Memoriaâ composto negli ultimi mesi del 1995. Sono sessanta fogli dipinti ad olio, sono i miei âAppunti sul coloreâ. In queste opere, come in tutte, ho cercato di formulare un evento, senza pretendere di concludere un problema. Ad ogni problema in arte io ho tentato di rispondere con lâopera, in cui essa potesse essere la sufficiente soluzioneâ.
2004
Dino Marangon, Da Venezia alla Venezia Giulia, gli anni dello Spazialismo veneziano e della ricerca friulana e giuliana, catalogo mostra tematica, Galleria Civica di Pordenone
ââŠBruna Gasparini verrĂ compiendo con raffinata sensibilitĂ unâapprofondita esplorazione dellâavventura della luce e del colore i cui significativi esiti, allusivi talora a una lirica e terrestre cosmicitĂ , potranno giĂ allâepoca essere avvicinati dalla critica piĂč avvertita al clima del versante veneziano dello SpazialismoâŠâ.
2008
Renzo Margonari, Bruna Gasparini. La palude e la marina, in Bruna Gasparini, catalogo mostra personale Museo dâArte Moderna e Contemporanea, Gazoldo degli Ippoliti (MN)
ââŠBruna Ăš lâartista che attua la radicale applicazione dellâidea spazialista, restandone perĂČ a lato perchĂ© applica mezzi esclusivamente pittorici, superando la forma con lâautomatismo piĂč libero e stabilendo un personale rapporto con una dimensionalitĂ disintegrata e priva di coordinate metriche, mentre per i Milanesi, capeggiati d Lucio Fonta-na, lo sviluppo dellâidea avrebbe dovuto essere dâordine tecnologico e materialista. Una scelta in nome della pittura: avventurandosi in un percorso autonomo, incognito e rischioso, lâartista raggiunge il proprio definitivo approdo poeticoâŠâ.
Vinicio Vianello (in basso) e alle sue spalle (da sinistra) Luciano Gaspari, la moglie Liliana Cossovel, Tony P. Spiteris e Bruna Gasparini(Archivio Vinicio Vianello-Toni Follina, Treviso)
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SAVERIO RAMPIN
1951
Armando Pizzinato, Saverio, catalogo prima mostra personale, Galleria Sandri, VeneziaââŠPur avendo il Rampin accettati i modi del ânon-figurativoâ come punto di partenza, tuttavia non Ăš possibile definirlo pittore astratto. CâĂš in lui, piĂč urgente di qualsiasi altra questione, il bisogno di rappresentare; egli vuole ridare, cioĂš, a mezzo di segni espressivi e attraverso una sintesi formale âdinamico-cubistaâ, lâazione che in un ben determinato soggetto lo colpisceâŠâ.
1954
Saverio Rampin, lettera a Franca Calimani (sua futura moglie), conservata nellâArchivio Saverio Rampin, Venezia ââŠPensai al colore perchĂ© di colore Ăš la mia anima, e perchĂ© nel colore sta il mio segreto. Nel colore mi riconosco. La mia tavolozza composta di determinati colori a volte osa sfidare lâimmagine emotiva e la ricerca plastica e lirica dei sentimenti in tutta la loro formazione derivata da esigenze filosofiche che esprimono quanto necessario e urgente Ăš il cammino da percorrere senza lasciare fuori di sĂ© niente di ciĂČ che Ăš umanamente NaturaâŠâ.
1956
Virgilio Guidi, Saverio Rampin, catalogo mostra personale Galleria dellâAriete, Milano âVerso il 20 aprile di questâanno scrissi per Rampin le seguenti parole: ââŠa dispetto di tanti sconsolati che insistono nel credere che lâuomo non conta, ma solo la sua opera, io vi dirĂČ che per me conta moltissimo anche la faccia o, piĂč distintamente, anche solo il viso [âŠ] âŠha il Rampin un volto interessante e nascostamente umano, senza «smorfie da gruppo», disegnate piĂč dallâaspirazione che dalla pretesa. Ma come dipinge? Ascoltatemi! [âŠ] Diresti che Ăš uno «spaziale» non volontario e programmatico: perĂČ uno spaziale furioso per necessitĂ , per una spinta interiore che impone la presenza dellâuomo lĂ dove lâuomo non câĂš e non potrebbe essere. Diresti che il suo Ăš lo spazio dellâesi-stenza, dove le forme e i colori quasi inattesi e impreveduti risuonano come voci dellâanima [âŠ]; ora, a proposito di questa sua mostra mi sia lecito aggiungere qualche proposizione. [âŠ] La tendenza piĂč affine a quella che il Rampin
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fa Ăš quella spaziale. Di questa egli Ăš un elemento vitalissimo. Se parlassi con lâintelligente Teorico-Editore della tendenza spaziale saremmo, forse, dâaccordo sulle «ragioni dello spazio» qualunque ne siano i principi, al disopra dâogni modo dâimprovvisata cultura. Il discorso sarebbe certo difficile, ma lâaccordo potrebbe essere sulla necessitĂ di possedere «lâintensitĂ di natura» che al lume della piĂč semplice filosofia Ăš contraria al naturalismo, ma anche alla facile immaginazione, e che puĂČ permettere di vivere fuori dâogni gruppo o dâogni tendenza troppo determinata e pertanto limitataâŠâ.
1958
Virgilio Guidi, catalogo mostra personale Galleria Opera Bevilacqua La Masa, VeneziaââŠpochi colori sostengono in tele molto vaste lâimmagine. [âŠ] Colore che si muta in tonalitĂ perdendo la veste sensi-bile che impedisce lâespressione intensa. Colore, espressione chiara di una forza interiore, della volontĂ di costruire un mondo della pittura che non sia epidermide colorataâŠâ.
1964
J. Kermoal, catalogo mostra personale Momenti di natura, Galleria Il Canale, VeneziaââŠDubito che Rampin possa piacere. La sua luce troppo bella disturba, come un artificio che segna lâartificialitĂ delle cose. Questo pittore e la sua cittĂ hanno un solo identico volto, quello di un viaggiatore costretto allâimmobilitĂ in un viaggio. Dal quale nĂ© lâun nĂ© lâaltro faranno ritorno. So bene che il pittore della luce veneziana Ăš Guidi. Questo romano deve tutto a Venezia⊠Rampin Ăš un ragazzo della âSaluteâ, Guidi Ăš del âTrastevereâ. La Venezia di Guidi Ăš calma, tranquilla, sicura. Ă lâimmagine che Venezia vuole avere di sĂ©. Rampin, veneziano, non lâintende con lo stesso pennello. Venezia Ăš per lui una luce prigioniera della propria inquietudine. In Guidi le verticali si poggiano dolce-mente su una linea dellâorizzonte tranquillo, in Rampin le verticali tagliano la tela in maniera netta e pertanto la sua pittura Ăš una Venezia reale, ancora una volta impaurita, bella nella sua cattiva fedeâŠâ.
1980
Enzo Pagani, lettera a Saverio Rampin del 16 gennaio, da Legnano [tratta da: Clara Strobino Pagani, Enzo Pagani e Saverio Rampin: frammenti di ricordi sotto il segno di una fede comune nellâarte, in Luca Massimo Barbero, Saverio Rampin. Catalogo generale delle opere 1945-1991 (2006)].
âCaro Rampin, la tua opera non sollecita il gusto anzi, al contrario, lo provoca, lo sfida e richiede una sottile par-tecipazione intellettuale per essere interpretata nei suoi genuini valori. Venezia Ăš unâintima luce di poesia nella tua fiera solitudine. Ogni tuo intervento su un foglio bianco vive di un nuovo incanto e di albe incerte sulla laguna, ma il risultato Ăš che la perlacea felicitĂ della tua Venezia ce la doni come un moto perpetuo. Tuo Paganiâ.
Saverio Rampin risponde da Venezia il 30 gennaio.âCaro Pagani, grazie per quellâintima luce di poesia che Ăš Venezia per me. Da questa provenienza lâansia di vivere si esalta di presenze ed intuizioni ideali dove una possibile armonia puĂČ nascere e rinnovarsi. Tuo Saverio Rampinâ.
1987
Toni Toniato, Ricerche parallele, in Spazialismo a Venezia, catalogo mostra Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia, Nuove edizioni Gabriele Mazzotta, Milano
ââŠSaverio Rampin [âŠ], come lo stesso Finzi, era allora considerato pittore astratto, tanto che ambedue par-teciparono con Tancredi, Licata e lo scultore Giorgio Zennaro alla mostra curata nel â53 da Bruno Alfieri alla Galleria Bevilacqua La Masa, e che intendeva segnalare, con tale circostanza, i giovani emergenti nellâarea per lâappunto delle tendenze dellâastrazione. Rampin, in quel tempo, praticava una pittura, invece, di impetuosa gestualitĂ spaziale, intensa e pulsionale, quasi di impronta espressionistica, che doveva rivolgersi ben presto verso una rimeditata decantazione lirica del colore-luce, mutuata evidentemente attraverso la lezione di Guidi [âŠ]. In precedenza, allâincirca, negli stessi anni dello spazialismo, Rampin si era accostato a un gestualismo di natura organica che veniva a sostanziare gli impulsi della propria necessitĂ esistenziale nellâaffermarsi di-retta da uno slancio vitale, di una immedesimazione con la propria materia espressiva che ne determinava i meccanismi dâimmagine. Vicino dunque alla pittura dâazione, tra Kline e Vedova, lâartista ne offriva comunque versioni molto personaliâŠâ.
2004
Dino Marangon, ModernitĂ , tradizione, libertĂ oltre lâastrattismo e lâinformale: lo Spazialismo a Venezia, in catalogo mostra Da Venezia alla Venezia Giulia. Gli anni dello spazialismo e della ricerca friulana e giuliana, Pordenone, Villa Galvani
ââŠCosĂŹ, sia il linguaggio prevalentemente segnico e aperto anche a raffinate analogie musicali di Riccardo
(
Saverio Rampin con la moglie Franca Calimani (foto Archivio Saverio Rampin, Venezia)
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Licata, [âŠ] sia le propensioni astratto-espressioniste, improntate a una notevole immediatezza esistenziale nel rapporto con il diverso fluire della natura manifestate, nello stesso periodo, da Saverio Rampin in una impetuosa pittura di materia, inquieta e densa, anche se non priva di trasparenze e di segrete conformazio-ni, pur nella diversitĂ degli indirizzi, non troverebbero forse una compiuta giustificazione senza tener conto dei rapporti tra materia e colore, tra spazio e segno, allora affrontati, pur con intenti differenti, dagli artisti del gruppo Spaziale veneziano, come per altro verso, soprattutto nel caso di Rampin, dei dinamismi segnico-espressivi di VedovaâŠâ.
2006
Luca Massimo Barbero, Saverio Rampin. La pittura agisce nel tempo, in Saverio Rampin. Catalogo generale delle opere 1945-1991, edizioni Grafiche Aurora, Verona
ââŠÂ«Nasce un senso progressivo» 1948-1953 [Nota comune a tutti i successivi brani del testo: âI titoletti dei capitoli sono presi da una nota poetica inedita di Saverio Rampin: Siamo nati per crescere, depositata presso lâArchivio Saverio Rampin di VeneziaâŠâ]. âŠSe i paesaggi piĂč tradizionali, giĂ verso il 1950, avevano lasciato ampio spazio a composizioni acute e dinamiche post-cubiste [âŠ], nellâanno successivo Rampin tenta di coniugare le scomposizioni liriche e appena metafisicamente sospese [âŠ]con composizioni piĂč accorte dove esiste una sintesi tra la âscenaâ del reale ed una sua essenza, una sua riduzione schematica e cromaticaâŠâ.
Id., ibid.ââŠÂ«Scavare nella complessa realtĂ con la vena poetica» 1953-55. [âŠ] Nei primissimi anni Cinquanta, mentre an-cora infuria la lotta tra la nuova astrazione [âŠ] ed il Realismo socialista [âŠ], il campo di battaglia ferve ed Ăš aperto scontro creativo. In cittĂ , in modo del tutto isolato, inizia a procedere lâavanzata spazialista, liberale, eterogenea [âŠ]. Anche Rampin risente pienamente di questo clima di contraddizioni. Ma il suo spirito Ăš indipendente, meditato, al limite dellâisolamento. Condivide con gli amici piĂč prossimi, Finzi fra tutti, ma anche Tancredi e Licata, le proprie perplessitĂ , senza vivere schieramentiâŠâ.
Id., ibid.ââŠÂ«In un giorno di festa ho riconosciuto di quale natura sensibile sia capace il mio cuore» 1955-1957. âŠĂ forse la matrice del dinamismo neo-futurista che Fontana esprime prima ancora che stilisticamente, concettualmente, ad affascinare Rampin ed Ăš sicuramente quellâintensa volontĂ dinamica della pittura che gli fa unire alcuni dettami pittorici prettamente informali allâanelito di rappresentare un Momento di natura da racchiudere sempre âin modo emozionaleâ piĂč tipico degli SpazialiâŠâ.
Id., ibid.ââŠÂ«Sogna una realtà » 1958-1967. âŠIn questi anni la materia rasenta spesso il colore monocromo. Il colore steso in campiture mai trasparenti si immerge in fasce distinte di oscuritĂ ; talvolta il pittore lascia presagire unâalba di luce sotterranea, lontana, come in emersioneâŠâ.
Id., ibid.ââŠÂ«Pensai il colore, guardai il sole, il mare, guardai alla Vita» 1970-1986. âŠToni Toniato scrive nella metĂ degli anni Settanta di un âcolore in quanto luce, intesa cioĂš come energia lirica del coloreâ. [âŠ] Verso gli inizi degli anni Ottanta, questa ricerca incomincia a variare. Come per i musicisti, Rampin indaga incessantemente intorno a un tema: la capacitĂ di un colore dâesprimere luce, quindi emozione. [âŠ] Questa ricerca lo porta, nuovamente, a concepire alcune opere che presentano una sorta di astro assoluto, un cerchio simbolico che si carica di piena luce, ed ancora della luce diventa emblema e ricettacolo colmo di significati. [âŠ] Rampin Ăš perĂČ lontano dalla concisione razionale di autori che in quegli anni o nel decennio precedente hanno indagato la realtĂ minimale, la suddivisione dello spazio. La sua geometria Ăš una composizione lirica e prima ancora pittorica dello spazio della tela, un luogo simbolico che ospita porzioni di spazio-luce infinito e di Silenzio, un luogo in cui perdersi ed immer-gersi nella luminositĂ piĂč pura ed altaâŠâ.
Id., ibid.ââŠÂ«Manca forse la possibilitĂ di vivere nel tempo?» 1986-1991. âŠRampin consegna negli ultimi momenti di vita nuovi dipinti articolati, sofferti eppure altissimi, come un canto estremo di consegna al Tempo del suo lavoro. Quellâanelito di sempre che gli fa dire: «Confuse e chiare sono le prospettive di un domani nel Tempo⊠Tante emo-zioni corrono intorno a me e tutte nascono dalla passione di amore» [dagli scritti di Rampin conservati presso il lâarchivio dellâartista a Venezia; fine anni 50]â.
Clara Strobino Pagani, Enzo Pagani e Saverio Rampin: frammenti di ricordi sotto il segno di una fede comune nellâarte, ibid.
ââŠSono anni in cui in Italia diverse forze si muovono e numerosi sono gli artisti la cui ricerca era âla vera, attuale ri-cerca storica italianaâ, come Pagani sostiene. Tra questi figura anche il pittore Saverio Rampin che egli incontra verso
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Saverio Rampin (a destra), Toni Toniato (a sinistra), Virgilio Guidi in mezzo con alla sua destra Alfonso Gatto in Campo Santo Stefano a Venezia (foto Archivio Saverio Rampin, Venezia)
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la fine degli anni Cinquanta probabilmente grazie alle segnalazioni del maestro Virgilio Guidi e le sue frequenti tappe veneziane durante le occasioni espositive [âŠ]. Da quel periodo Enzo Pagani e Saverio Rampin iniziano un rapporto di lavoro e di stima che li porta ad avvicinarsi sempre di piĂč, in una vera complicitĂ dâintenti operativi e nella comune visione del âfare arteâ. Pagani crede fermamente nel talento dellâartista veneziano, tanto da sostenerlo con ben quattordici prestigiose esposizioni personali a partire dal 1960 fino al 1989, tra la Galleria di Legnano e la Galleria di via Brera a Milano, e dal 1965 anche al Museo Pagani allâaperto, a Castellanza, dove Rampin realizza un grande mosaico. [âŠ] Lâamicizia sincera che ne deriva li porta ad una frequentazione assi-dua, tantochĂ© Saverio trascorre dei lunghi periodi nella casa di Enzo a Carrara, chiamata âCasa degli Uliviâ e residenza âstoricaâ in Versilia nel campo dellâarte, conosciuta a tutti gli iniziatiâŠâ.
Sabina Tutone, Saverio Rampin e la sua âragione di essereâ: appunti biografici, ibid.ââŠuna delle piĂč interessanti figure artistiche della contemporaneitĂ veneziana, trascurata per certi versi dallâambiente lagunare, soprattutto negli ultimi decenni. Forse di questa sorte lo stesso Rampin era pienamen-te consapevole, tanto da non curarsene troppo, fermo piuttosto in quei principi di veritĂ âalta e altraâ che il suo instancabile ricercare doveva perseguire senza distrazioni e al di lĂ âdegli interessi spiccioli della cronacaâ o dei âvuotiâ di certa critica superficiale. Atteggiamento che non ebbero â autore in vita â firme come Valsecchi, Gatto, Kaisserlian, Perocco, Guidi e Toniato, per citare i piĂč attenti recensori della sua indagine pittorica; dove cogliere nel profondo la personalitĂ dellâartista vuol dire anche trasmettere il lato umano, lâistinto piĂč sincero, giustificando, quasi, in quel carattere schietto e in quei tratti fisiognomici cosĂŹ marcati e decisi unâindiscussa epifania di qualitĂ âŠâ.
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Saverio Rampin con Virgilio Guidi alla Galleria Il Traghetto 2, di Gianni De Marco, in Campo Santa Maria del Giglio a Venezia (foto Archivio Saverio Rampin, Venezia)
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â-Nosotros continuamos la evoluciĂłn del arte. El arte se encuentra en un perĂodo de latencia. Hay una fuerza que el hombre no puede manifestar. Nosotros la expresamos en forma literal en este manifiesto.
-Por eso pedimos a todos los hombres de ciencia de la especie, que orienten una parte de sus investigaciones hacia el descubri-miento de esa sustancia luminosa y maleable y de los instrumen-tos que producirĂĄn sonidos, que permitan el desarrollo del arte tetradimensional. Entregaremos a los experimentadores la documentaciĂłn nece-saria.
-Las ideas no se refutan. Se encuentran en germen en la socie-dad, luego los pensadores y los artistas las expresan. Todas las cosas surgen por necesidad y son de valor en su Ă©poca. Las transformaciones en los medios materiales de vida determi-nan los estados psĂquicos del hombre a travĂ©s de su historia. Se transforma el sistema que dirige la civilizaciĂłn desde sus orĂge-nes. Su lugar lo ocupa progresivamente el sistema opuesto en su esencia y en todas las formas. Se transformarĂĄn todas las condiciones de la vida de la sociedad y de cada individuo. Cada hombre vivirĂĄ in base a una organizaciĂłn integral del trabajo. Los
â-Noi portiamo avanti lâevoluzione dellâarte.Lâarte si trova in un periodo di latenza. CâĂš una forza che lâuomo non riesce a manifestare. Noi la esprimiamo a parole in questo manifesto.
-PerciĂČ chiediamo a tutti gli uomini di scienza del mondo capaci di capire che lâarte Ăš un bisogno vitale della specie, che indirizzino una parte delle loro ricerche verso la scoperta di quella sostanza luminosa e malleabile e verso gli strumenti atti a produrre suoni, che permettano la realizzazione dellâarte quadridimensionale. Consegneremo agli sperimentatori la documentazione necessa-ria.
-Le idee non si rifiutano. Sâincontrano in germe nella societĂ , poi i pensatori e gli artisti le esprimono. Ogni cosa nasce per necessitĂ e vale nella sua epoca. Le trasformazioni nel campo dei mezzi materiali di vita deter-minano gli stati psichici dellâuomo attraverso la sua storia. Si trasforma il sistema che indirizza la civiltĂ fin dalle sue origi-ni. Il suo posto viene occupato progressivamente dal sistema opposto, nella sua essenza e in ogni forma. Tutte le condi-zioni di vita della societĂ e dei singoli individui si trasforme-ranno. Ciascun uomo vivrĂ in base a unâorganizzazione inte-grale del lavoro. Le incommensurabili conquiste della scienza
LO SPAZIALISMO, I MANIFESTI
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IL MANIFIESTO BLANCO.
Lo Spazialismo nasce a Buenos Aires, nellâautunno del 1946, con il lancio di questo manifesto, ispirato alle idee di Lucio Fontana, ma non a suo nome. Non compare infatti tra i firmatari, che sono 9: Bernardo Arias, Pablo Arias, Enrique Benito, CĂ©sar Bernal, Rodolfo Burgos, Horacio Cazeneuve, Marcos Fridman, Alfredo Hansen, Jorge Rocamonte.
hallazgos desmesurados de la ciencia gravitan sobre esa nueva organizaciĂłn de la vida. El descubrimiento de nuevas fuerzas fĂ-sicas, el dominio sobre la materia y el espacio impone gradual-mente al hombre condiciones que no han existidos en toda la historia. La aplicaciĂłn de esos hallazgos en todas las formas de la vida produce una modificaciĂłn en la naturaleza del hombre. El hombre toma una estructura psĂquica diferente. Vivimos la edad de la mecĂĄnica. El cartĂłn pintado y el yeso erecto ya no tienen sentido.
-Desde que fueran descubiertas las formas conocidas de arte en distintos momentos de la historia se cumple un proceso analĂ-tico dentro de cada arte. Cada una de ellas tuvo sus sistemas de ordenamiento, independiente de los demĂĄs. Se conocieron y desarrollaron todas las posibilidades, se expresĂł todo lo que se pudo expresar. Condiciones idĂ©nticas del espĂritu se expresaban en la mĂșsica, en la arquitectura, en la poesĂa. El hombre dividĂa sus energĂas in distintas manifestaciones respondiendo a esa ne-cesidad de conocimiento. El idealismo se practicĂł cuando la existencia non pudo ser ex-plicada de un modo concreto. Los mecanismos de la naturaleza eran ignorados. Se conocĂan los procesos de la inteligencia. Todo residĂa en las posibilidades propias de la inteligencia. El conoci-miento consistiĂł en enredadas especulaciones que muy pocas veces alcanzaban una verdad. La plĂĄstica consistiĂł en represen-taciones ideales de las formas conocidas, en imĂĄgenes a las que idealmente se les atribuĂa realidad. El espectador imaginaba un objeto detrĂĄs de otro, imaginaba la diferencia entre los mĂșsculos y las ropas representadas. Hoy, el conocimiento experimental re-emplaza al conocimiento imaginativo. Tenemos conciencia de un mundo que existe e se explica por sĂ mismo, y que no puede ser modificado por nuestras ideas. Necesitamos un arte vĂĄlido por Ă©l mismo. En el que no intervenga la idea que de Ă©l tengamos. El materialismo establecido en todas las conciencias exige un arte en posesiĂłn de valores propios, alejado de la representaciĂłn que hoy constituye una farsa. Los hombres de este siglo, forjados en ese materialismo nos hemos tornados insensibles ante la repre-sentaciĂłn de las formas conocidas y la narraciĂłn de experiencias constantemente repetidas. Se concibiĂł la abstracciĂłn a la que se llegĂł progresivamente a travĂ©s de la deformaciĂłn. Pero este nue-vo estado no responde a las exigencias del hombre actual.
-Se requiere un cambio en la esencia y en la forma. Se requiere la superaciĂłn de la pintura, de la escultura, de la poesĂa, de la mĂșsica. Se necesita un arte mayor en acorde con las exigencias del espĂritu nuevo. Las condiciones fundamentales del arte moderno se notan clara-mente desde el siglo XIII, en que comienza la representaciĂłn del espacio. Los grandes maestros que aparecen sucesivamente dan nuevo impulso a esa tendencia. El espacio es representado con una amplitud cada vez mayor durante varios siglos. Los barrocos dan un salto en ese sentido: lo representan con una grandiosidad aĂșn no superada y agregan a la plĂĄstica la nociĂłn de tiempo. Las figuran parecen abandonar el piano y continuar en el espacio los movimientos representados. Esta concepciĂłn fue la consecuencia del concepto de la existencia que se formaba en el hombre. La fĂsica de esa Ă©poca, por primera vez explica la naturaleza por la dinĂĄmica. Se determina que el movimiento es una condiciĂłn inmanente a la materia come principio de la comprensiĂłn del universo. Llegado a ese punto de la evoluciĂłn la necesidad de movimiento es tan grande que no puede ser correspondida por la plĂĄstica. Entonces la evoluciĂłn es continuada por la mĂșsica.
gravano su tale organizzazione nuova della vita. La scoperta di nuove forze fisiche, il dominio sulla materia e sullo spazio impongono via via allâuomo condizioni inedite nella storia. Lâimpiego di queste conquiste in tutte le forme di vita genera un cambiamento nella natura dellâuomo. Lâuomo assume una struttura psichica differente. Viviamo lâetĂ della meccanica. Il cartone dipinto e il vaso eretto non hanno piĂč senso.
-Da quando furono scoperte le forme note dellâarte nei diversi momenti della storia, si compie un processo analitico allâinterno di ciascuna forma di arte. Ognuna di esse ha avuto i propri siste-mi di ordinamento, indipendente dalle altre. Tutte le possibilitĂ furono conosciute e sviluppate, tutto ciĂČ che si poteva esprime-re fu espresso. Identiche condizioni di spirito si esprimevano in musica, architettura e poesia. Lâuomo divideva le sue energie in manifestazioni separate rispondendo a questo bisogno di cono-scenza. Lâidealismo venne praticato quando lâesistenza non potĂ© essere spiegata concretamente. I meccanismi della natura erano igno-rati. Si conoscevano i processi dellâintelligenza. Tutto risiedeva nelle possibilitĂ proprie dellâintelligenza. La conoscenza consiste-va in intricate speculazioni che ben poche volte raggiungevano una veritĂ . Lâarte plastica equivaleva a rappresentare ideali di forme note in immagini cui idealmente si attribuiva il senso della realtĂ . Lo spettatore immaginava un oggetto dopo lâaltro, imma-ginava la differenza tra i muscoli e le stoffe rappresentate. Oggi la conoscenza sperimentale rimpiazza la conoscenza dellâimma-ginazione. Siamo consapevoli dellâesistenza di un mondo, che si spiega da se stesso, e che non puĂČ essere cambiato in rapporto alle nostre idee. Abbiamo bisogno di unâarte valida per se stessa. In cui non intervenga lâidea che abbiamo di essa. Il materialismo radicato in tutte le coscienze esige unâarte dotata di valori propri, lontana da quel rappresentare che oggi Ăš diventato una farsa. Gli uomini di questo secolo, sprofondati in questo materialismo, sono diventati insensibili di fronte al rappresentare le forme note e al raccontare esperienze ripetute senza fine. Si Ăš concepita lâastrazione, raggiunta passo passo attraverso la deformazione. Ma tale situazione nuova non risponde alle esigenze dellâuomo di oggi.
-Si richiede un cambiamento nellâessenza e nella forma. Si ri-chiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica. Si sente il bisogno di unâarte in maggiore accor-do con le esigenze dello spirito nuovo.Le condizioni fondamentali dellâarte moderna si notano chiara-mente dopo il secolo XIII, quando comincia la rappresentazione dello spazio. I grandi maestri apparsi in seguito danno nuovo impulso a questa tendenza. Lo spazio viene rappresentato con sempre maggiore ampiezza nel corso di vari secoli. I barocchi compiono un balzo in questo senso: lo rappresentano con una grandiositĂ insuperata e annettono allâarte plastica la nozione del tempo. Le figure sembrano abbandonare il piano e conti-nuare nello spazio i movimenti raffigurati. Tale concezione fu conseguenza del concetto di esistenza che si andava formando nellâuomo. La fisica dellâepoca spiega per la prima volta la natu-ra attraverso la dinamica. Si prova che il moto Ăš una condizio-ne immanente alla materia come principio della comprensione dellâuniverso. A questo punto dellâevoluzione la necessitĂ di moto Ăš talmente grande che non puĂČ essere corrisposta dallâar-te plastica. Allora lâevoluzione viene continuata dalla musica.
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La pintura e la escultura entran en el neo-clasicismo, verdadero pantano en la historia del arte, y quedan anuladas por el arte del tiempo. Conquistado el tiempo la necesidad de movimiento se manifestĂł plenamente. La liberaciĂłn progresiva de los cĂĄnones dio a la mĂșsica un dinamismo cada vez mayor (Bach, Mozart, Beethoven). El arte continĂșa desarrollĂĄndose en el sentido del movimiento. La mĂșsica mantuvo su dominio durante dos siglos y desde el impresionismo se desarrolla paralelamente a la plĂĄs-tica.
-Desde entonces la evoluciĂłn del hombre es una marcha hacia el movimiento desarrollado en el tiempo y en el espacio. En la pintura se suprimen progresivamente los elementos que no per-miten la impresiĂłn de dinamismo. Los impresionistas sacrificaban el dibujo y la composiciĂłn. En el futurismo son eliminados algunos elementos y otros perdieron su importancia quedando subordinados a la sensaciĂłn. El futu-rismo adopta el movimiento como Ășnico principio y Ășnico fin. Los cubistas negaban que su pintura fuera dinĂĄmica; la esencia del cubismo es la visiĂłn de la naturaleza en movimiento.
-Cuando la mĂșsica y la plĂĄstica unen su desarrollo en el impre-sionismo, la mĂșsica se basa en sensaciones plĂĄsticas, la pintura parece estar disuelta en una atmĂłsfera de sonido. En la mayorĂa de las obras de Rodin notamos que los volĂșmenes parecen girar en ese mismo ambiente de sonido. Su concepciĂłn es esencialmente dinĂĄmica y muchas veces llega a la exacerba-ciĂłn del movimiento. Ăltimamente no se ha intuido la forma del sonido (Schönberg) o la superposiciĂłn o correlaciĂłn de planos sonoros (Scriabin)? Es evidente la semejanza entre las formas de Strawinsky y la planimetrĂa cubista. El arte moderno se en-cuentra en un momento de transiciĂłn en que se exige la ruptura con el arte anterior para dar lugar a nuevas concepciones. Este estado visto a travĂ©s de una sĂntesis, es el paso de estatismo a dinamismo. Ubicado en esa transiciĂłn no pudo desprenderse totalmente de la herencia renacentista. EmpleĂł los mismos ma-teriales y las mismas disciplinas para expresar una sensibilidad completamente transformada. Los elementos antiguos se em-plearon en sentido contrario. Fueron fuerzas opuestas que estu-vieron en pugna. Lo conocido y lo desconocido, el porvenir y el pasado. Por eso se multiplicaron las tendencias, apoyadas en va-lores opuestos y persiguiendo objetivos distintos aparentemente. Nosotros recogemos esa experiencia y la proyectamos hacia un porvenir claramente visible. Concientes o inconscientes de esa bĂșsqueda, los artistas modernos no lo podĂan alcanzar. No dispo-nĂan de los medios tĂ©cnicos necesarios para dar movimiento a los cuerpos, sĂłlo lo daban de un modo ilusorio representĂĄndolo por medios convencionales. Se determina asĂ la necesitad de nuevos materiales tĂ©cnicos que permitan llegar al objetivo buscado. Esta circunstancia unida al desarrollo de la mecĂĄnica ha producido el cine, y su triunfo es un testimonio mĂĄs sobre la orientaciĂłn tomada por el espĂritu hacia lo dinĂĄmico.
-El hombre esta exhausto de las formas pictĂłricas y escultĂłricas. Sus propias experiencias, sus agobiadoras repeticiones atesti-guan que estas artes permanecen estancadas en valores ajenos a nuestra civilizaciĂłn, sin posibilidad de desarrollarse en el fu-turo. La vida apacible ha desparecido. La nociĂłn de lo rĂĄpido es cons-tante en la vida del hombre. La era artĂstica de los colores y las formas paralĂticas toca a su fin. El hombre se torna de mĂĄs en mĂĄs insensible a las imĂĄgenes clavadas sin indicios de vitalidad.
Pittura e scultura entrano nel neoclassicismo, autentico pantano nella storia dellâarte, e vengono annullate dallâarte del tempo. Conquistato il tempo, la necessitĂ di moto si manifestĂČ piena-mente. La liberazione progressiva dei canoni diede alla musica un dinamismo sempre maggiore (Bach, Mozart, Beethoven). Lâarte continua a svilupparsi nel senso del moto. La musica mantiene il suo dominio per due secoli e dopo lâimpressionismo si sviluppa parallelamente allâarte plastica.
-Da allora lâevoluzione dellâuomo Ăš una marcia verso il moto svi-luppato nel tempo e nello spazio. In pittura si sopprimono via via gli elementi che non permettono lâimpressione di dinamismo.Gli impressionisti hanno sacrificato il disegno e la composizione. Nel futurismo sono stati eliminati certi elementi e altri hanno perso la loro importanza diventando subordini alla sensazione. Il futurismo ha adottato il moto come principio unico e fine unico. I cubisti negavano che la loro pittura fosse dinamica; lâessenza del cubismo Ăš la visione della natura in moto.
-Quando la musica e lâarte plastica uniscono il loro sviluppo nellâimpressionismo, la musica si basa su sensazioni plastiche, la pittura sembra dissolversi in unâatmosfera di suono.Nella piĂč parte delle opere di Rodin notiamo che i volumi sembra-no girare in questo stesso ambiente di suono. La sua concezione Ăš essenzialmente dinamica e molte volte porta ad esacerbare il moto. Ultimamente, non si Ăš intuita la forma del suono (Schön-berg) o la sovrapposizione o correlazione dei piani sonori (Scria-bin)? La somiglianza tra le forme di Strawinsky e la planimetria cubista Ăš evidente. Lâarte moderna si trova in un momento di transizione nel quale Ăš necessario arrivare alla rottura con lâarte del passato per dare spazio ad esigenze nuove. Questa situazio-ne vista attraverso una sintesi Ăš il passaggio dalla staticitĂ al di-namismo. Posta in tale stato di transizione non ha potuto liberar-si dellâereditĂ rinascimentale. Ha impiegato gli stessi materiali e le stesse discipline per esprimere una sensibilitĂ completamente trasformata. Gli elementi antichi vennero impiegati in un modo di sentire opposto. E forze opposte finirono per scontrarsi. Il noto e lâignoto, lâavvenire e il passato. Per tutto ciĂČ si moltiplicarono le tendenze, appoggiate a valori contrari e perseguendo obiettivi evidentemente distinti. Noi raccogliamo questa esperienza e la proiettiamo verso un avvenire chiaramente visibile. Consapevoli o no di questa ricerca, gli artisti moderni non sono riusciti a rag-giungerla. Non disponevano dei mezzi tecnici indispensabili per imprimere il movimento ai corpi, lo facevano soltanto in un modo illusorio rappresentandolo con mezzi convenzionali. Si determi-na cosĂŹ la necessitĂ di materiali tecnici nuovi che consentano di arrivare allâobiettivo cercato. Tale circostanza unita allo svilup-po della meccanica ha prodotto il cinematografo, il cui trionfo Ăš unâaltra testimonianza della direzione presa dallo spirito verso il dinamico.
-Lâuomo Ăš stanco di forme pittoriche e scultoree. Le loro espe-rienze, le loro fiacche ripetizioni attestano che queste arti con-tinuano a rimanere in valori alieni alla nostra civiltĂ , senza possibilitĂ di svilupparsi in un futuro.La vita pacifica Ăš sparita. La nozione della velocitĂ Ăš una co-stante nella vita dellâuomo. In arte, lâepoca dei colori e delle forme paralitiche Ăš arrivata alla fine. Lâuomo si fa sempre piĂč insensibile alle immagini inchiodate senza orma di vitalitĂ . Le antiche figure immobili non saziano gli appetiti dellâuomo nuovo, formato nel bisogno di azione, nella convivenza con la
Las antiguas imĂĄgenes inmĂłviles no satisfacen las apetencias del hombre nuevo formado en la necesidad de acciĂłn, en la convi-vencia con la mecĂĄnica, que le impone un dinamismo constante. La estĂ©tica del movimiento orgĂĄnico reemplaza a la agotada es-tĂ©tica de las formas fijas. Invocando esta mutaciĂłn operada en la naturaleza del hombre en los cambios psĂquicos y morales, y de todas las relaciones y actividades humanas, abandonamos la prĂĄctica de las formas de arte conocidas y abordamos el desa-rrollo de un arte basado en la unidad del tiempo e del espacio. El arte nuevo toma sus elementos de la naturaleza. La existencia, la naturaleza y la materia son una perfecta unidad. Se desarrollan en el tiempo y en el espacio. El cambio es la condiciĂłn esencial de la existencia. El movimiento, la propiedad de evolucionar y desarrollarse es la condiciĂłn bĂĄsica de la materia. Esta existe en movimiento y no de otra manera. Su desarrollo es eterno. El color y el sonido se encuentran en la naturaleza ligados a la materia.
-La materia, el color y el sonido en movimiento son los fenĂłmenos cuio desarrollo simultĂĄneo integra el nuevo arte. El color en volumen desarrollĂĄndose en el espacio adoptando for-mas sucesivas. El sonido producido par aparatos aĂșn descono-cidos. Los instrumentos de mĂșsica no responden a la necesitad de grandes sonoridades ni producen sensaciones de la amplitud requerida. La construcciĂłn de formas voluminosas en mutaciĂłn mediante una sustancia plĂĄstica y movible. Dispuestos en el es-pacio actĂșan en forma sincrĂłnica, integran imĂĄgenes dinĂĄmicas. Exaltamos asĂ la naturaleza en todo su sentido. La materia en mo-vimiento manifiesta su existencia total y eterna, desarrollĂĄndose en el tiempo y en el espacio, adoptando en su mutaciĂłn distintos estados de la existencia. Concebimos al hombre en su rencuentro con la naturaleza, en su necesitad de vincularse a ella para tomar nuevamente el ejercicio de sus valores originales. Postulamos una comprensiĂłn cabal de los valores primarios de la existencia, por eso instauramos en el arte los valores sustanciales de la natura-leza. Presentamos la sustancia, no los accidentes. No representa-mos al hombre, ni a los demĂĄs animales ni a las otras formas. Es-tas son manifestaciĂłn es de la naturaleza, mutables en el tiempo, que cambian y desparecen segĂșn la sucesiĂłn de los fenĂłmenos. Sus condiciones fĂsicas y psĂquicas estĂĄn sujetas a la materia y a su evoluciĂłn, fuentes generatrices de la existencia. Tomamos la energĂa propia de la materia su necesitad de ser y desarrollarse. Postulamos un arte libre de todo artificio estĂ©tico. Practicamos lo que el hombre tiene de natural, de verdadero. Rechazamos las falsedades estĂ©ticas inventadas por el arte especulativo. Nos ubi-camos cerca de la naturaleza, como nunca lo ha estado el arte en su historia. El amor a la naturaleza no nos impulsa a copiarla. El sentimiento de la belleza que nos trae la forma de una planta o de un pĂĄjaro o el sentimiento sexual que nos trae el cuerpo de una mujer, se desarrolla y obra en el hombre segĂșn su sensibilidad. Re-chazamos las emociones que nos producen formas determinadas. Nuestra intenciĂłn es abordar en una sĂntesis todas las vivencias naturales, que unida a la funciĂłn de sus condiciones naturales, constituya una manifestaciĂłn propia del ser. Tomamos como prin-cipio las primeras experiencias artĂsticas. Los hombres de la pre-historia que percibieron por primera vez un sonido producido por golpes dados sobre un cuerpo hueco, se sintieron subyugados por sus combinaciones rĂtmicas. Impulsados por la fuerza de suges-tiĂłn del compĂĄs, debieron danzar hasta la embriaguez. Todo fue sensaciĂłn en los hombres primitivos. SensaciĂłn ante la naturaleza desconocida, sensaciones musicales, sensaciĂłn de ritmo. Nuestra intenciĂłn es desarrollar esa condiciĂłn original del hombre.
meccanica, che gli impongono un dinamismo costante. Lâeste-tica del movimento organico rimpiazza lâesaurita estetica delle forme fisse. Invocando questa mutazione operatasi nella na-tura dellâuomo nel rinnovarsi della psiche e della morale, e di tutte le relazioni e attivitĂ umane, abbandoniamo la pratica delle forme dâarte note e affrontiamo lo sviluppo di unâarte basata sullâunitĂ di tempo e spazio. Lâarte nuova prende i suoi elementi dalla natura. Lâesistenza, la natura e la materia co-stituiscono unâunitĂ perfetta. Si sviluppano nel tempo e nello spazio. Il cambiamento Ăš la condizione essenziale dellâesisten-za. Il movimento, la proprietĂ di evolversi e di svilupparsi Ăš la condizione basilare della materia. La quale esiste nel movi-mento e in nessuna altra maniera. Il suo sviluppo Ăš eterno. Il colore e il suono sâincontrano in natura legati alla materia.
-La materia, il colore e il suono in moto sono i fenomeni il cui sviluppo simultaneo connota lâarte nuova. Il colore diventa volume, sviluppandosi nello spazio e adot-tando forme in successione. Il suono viene prodotto da appa-recchi prima sconosciuti. Gli strumenti musicali non rispon-dono al bisogno di grandi sonoritĂ nĂ© producono sensazioni dellâampiezza voluta. La costruzione di forme voluminose in trasformazione mediante una sostanza plastica e mobile. Disposti nello spazio attuano in forma sincronica, integrano immagini dinamiche. Esaltiamo cosĂŹ la natura in tutto il suo significato. La materia in moto manifesta la sua esisten-za totale ed eterna, sviluppandosi nel tempo nello spazio, adottando nel suo mutarsi stati distinti dellâesistenza. Con-cepiamo lâuomo nel suo rincontrarsi con la natura, nel suo bisogno di vincolarsi a essa per riprendere a esercitare i suoi valori originali. Postuliamo una comprensione completa dei valori primari dellâesistenza e perciĂČ instauriamo nellâarte i valori sostanziali della natura. Presentiamo la sostanza, non i fatti accidentali. Non rappresentiamo lâuomo, nĂ© tutti gli animali, nĂ© le altre forme. Sono manifestazioni della natura, mutevoli nel tempo, che cambiano e scompaiono con la suc-cessione dei fenomeni. Le loro condizioni fisiche e psichiche sono soggette alla materia e alla sua evoluzione, fonti gene-ratrici dellâesistenza. Prendiamo lâenergia propria della ma-teria, la sua necessitĂ di essere e di svilupparsi. Postuliamo unâarte libera da ogni artificio estetico. Pratichiamo quanto lâuomo ha di naturale, di vero. Ripudiamo le falsitĂ esteti-che inventate dallâarte speculativa. Ci collochiamo vicini alla natura, come mai lâarte lo Ăš stata nella sua storia. Lâamore per la natura non ci induce a copiarla. Il sentimento della bellezza che ci offre la forma di una pianta o di un passero, o lâimpulso sessuale che ci procura il corpo di una donna, si sviluppano e operano nellâuomo secondo la sua sensi-bilitĂ . Rifiutiamo le emozioni che ci vengono prodotte da forme definite. Intendiamo raggruppare in una sintesi ogni forma di vissuto naturale, che unita alla funzione delle sue condizioni naturali costituisca una manifestazione propria dellâessere. Cominciamo dalle prime esperienze artistiche. Gli uomini della preistoria che si accorsero per la prima volta del suono prodotto dai colpi battuti sopra un corpo cavo, si sentirono soggiogati dalle loro combinazioni ritmiche. Spinti dalla forza della suggestione del canone, dovettero danzare fino allâebbrezza. Negli uomini primitivi tutto fu sensazio-ne. Sensazione di fronte alla natura sconosciuta, sensazioni musicali, sensazioni di ritmo. La nostra intenzione Ăš di svi-luppare questa condizione originaria dallâuomo.
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-El subconsciente, magnĂfico receptĂĄculo donde se alojan todas las imĂĄgenes que percibe el entendimiento, adopta la esencia y las formas de esas imĂĄgenes, aloja las nociones que informan la naturaleza del hombre. AsĂ, al transformarse el mundo objetivo se transforma lo que el subconsciente asimila lo cual produce modificaciones en la for-ma de concebir del hombre. La herencia histĂłrica recibida de los estados anteriores de la civilizaciĂłn y la adaptaciĂłn a las nuevas condiciones de la vida, se opera mediante esa funciĂłn del sub-consciente. El subconsciente moldea al individuo, lo integra, lo transforma. Le da la ordenaciĂłn que recibe del mundo y que el individuo adopta. Todas las concepciones artĂsticas se han debido a la funciĂłn del subconsciente. La plĂĄstica se desarrollĂł en base a las formas de la naturaleza. Las manifestaciones del subcons-ciente se adaptaban plenamente a ellas debido a la concepciĂłn idealista de la existencia. La conciencia materialista, es decir, la necesidad de cosas claramente comprobables, exige que las formas de arte surjan directamente del individuo, suprimida la adaptaciĂłn a las formas naturales. Un arte basado en formas creadas por el subconsciente, equilibradas por la razĂłn, cons-tituye una expresiĂłn verdadera del ser y una sĂntesis del mo-mento histĂłrico. La posiciĂłn de los artistas racionalistas es falsa. En su esfuerzo por sobreponer la razĂłn y negar la funciĂłn del subconsciente, logran Ășnicamente que su presencia sea menos visible. En cada una de sus obras notamos que esta facultad ha funcionado. La razĂłn no crea. En la creaciĂłn de formas, su funciĂłn esta subordinada a la del subconsciente. En todas las ac-tividades el hombre funciona con la totalidad de sus facultades. El libre desarrollo de todas ellas es una condiciĂłn fundamental en la creaciĂłn y la interpretaciĂłn del arte nuevo. El anĂĄlisis y la sĂntesis, la meditaciĂłn y la espontaneidad, la construcciĂłn y la sensaciĂłn son valores que concurren a su integraciĂłn en una unidad funcional. Y su desarrollo en la experiencia es el Ășnico camino que conduce a un a manifestaciĂłn completa del ser. La sociedad suprime la separaciĂłn entre sus fuerzas y las integra en una sola fuerza mayor. La ciencia moderna se basa en la unifica-ciĂłn progresiva entre sus elementos. La humanidad integra sus valores y sus conocimientos. Es un movimiento arraigado en la historia por varios siglos de desarrollo. De este nuevo estado de la conciencia surge un arte integral, en el cual el ser funciona y se manifiesta en su totalidad. Pasados varios milenios de desa-rrollo artĂstico analĂtico, llega el momento de la sĂntesis. Ante la separaciĂłn fue necesaria. Hoy constituye una desintegraciĂłn de la unidad concebida.
-Concebimos la sĂntesis como una suma de elementos fĂsicos: color, sonido, movimiento, tiempo, espacio, integrando una uni-dad fĂsico psĂquica. Color, el elemento del espacio, sonido el elemento del tiempo y del movimiento que se desarrolla en el tiempo y en el espacio, son las formas fundamentales del arte nuevo, que contiene las cuatro dimensiones de la existencia. Tiempo y espacio. El arte nuevo requiere la funciĂłn de todas energĂas del hombre, en la creaciĂłn y en la interpretaciĂłn. El ser se manifiesta integralmen-te, con la plenitud de su vitalidadâ.
-Il subconscio, magnifico ricettacolo dove trovano posto tutte le immagini percepite dallâintelligenza, adotta lâessenza e le forme di tali immagini, ospita le nozioni che informano la na-tura dellâuomo.CosĂŹ, al trasformarsi del mondo oggettivo, si trasforma quanto il subconscio assimila, il che produce modifiche nella forma di pensare dellâuomo. LâereditĂ storica ricevuta dagli stati ante-riori della civiltĂ e lâadattamento alle nuove condizioni della vita, si adeguano a questa funzione del subconscio. Il subcon-scio modella lâindividuo, lo integra, lo trasforma. Gli dĂ lâordi-namento che riceve dal mondo e che lâindividuo adotta. Tutte le concezioni artistiche sono dovute alla funzione del subcon-scio. Lâarte plastica si Ăš sviluppata in base a forme della na-tura. Le manifestazioni del subconscio si sono adattate total-mente a esse, data la concezione idealistica dellâesistenza. La coscienza materialistica, vale a dire la necessitĂ di cose chia-ramente paragonabili, vuole che le forme dâarte sorgano diret-tamente dallâindividuo, eliminando qualsiasi adattamento alle forme naturali. Unâarte basata su forme create dal subconscio, equilibrate dalla ragione, costituisce unâespressione veritiera dellâessere e una sintesi del momento storico. La posizione degli artisti razionalisti Ăš falsa. Nel loro sforzo di anteporre la ragione e negare la funzione del subconscio, ottengono soltan-to che la sua presenza sia meno visibile. In ognuna delle loro opere notiamo che tale processo Ăš reale. La ragione non crea. Nel creare le forme, la sua funzione resta subordinata a quella del subconscio. In tutte le sue attivitĂ lâuomo opera con tutto lâinsieme delle sue facoltĂ . Il loro libero sviluppo Ăš condizione fondamentale nellâatto creativo e nellâinterpretazione dellâarte nuova. Lâanalisi e la sintesi, la meditazione e la spontaneitĂ , la costruzione e la sensazione sono valori che concorrono nel-la sua integrazione in unitĂ funzionale unica. Il suo sviluppo nellâesperienza Ăš lâunica strada che conduce al manifestarsi completo dellâessere. La societĂ abolisce la separazione tra le sue forze e le integra in una sola forza maggiore. La scienza moderna si basa sullâunificazione progressiva dei suoi elemen-ti. LâumanitĂ integra i propri valori e le sue conoscenze. Ă un movimento storicamente affermato da vari secoli di sviluppo. Da tale nuovo stato di coscienza nasce unâarte integrale, nella quale lâessere funziona e si manifesta nella sua totalitĂ . Dopo millenni di sviluppo artistico analitico, arriva il momento della sintesi. Prima la separazione era necessaria. Oggi costituisce una disintegrazione dellâunitĂ concepita.
-Concepiamo la sintesi come una somma di elementi fisici: colo-re, suono, movimento, tempo, spazio, integrati in unâunitĂ psico-fisica. Colore, lâelemento dello spazio, suono, lâelemento del tempo e del moto che si sviluppa nel tempo e nello spazio, sono le forme fondamentali dellâarte nuova, che contiene le quattro dimensione dellâesistenza. Tempo e spazio. Lâarte nuova richiede lâapplica-zione di tutte le energie dellâuomo, nella creazione e nellâinter-pretazione. Lâessere si manifesta integralmente, con la pienezza della sua vitalitĂ â.
2PRIMO MANIFESTO SPAZIALE, Milano, dicembre 1947. I firmatari sono 4: Lucio Fontana, Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Milena Milani. âLâarte Ăš eterna, ma non puĂČ essere immortale. Ă eterna in quanto un suo gesto, come qualunque altro gesto compiuto, non puĂČ non con-tinuare a permanere nello spirito dellâuomo come razza perpetuata CosĂŹ paganesimo, cristianesimo, e tutto quanto Ăš stato dello spirito, sono gesti compiuti ed eterni che permangono e permarranno sempre nello spirito dellâuomo. Ma lâessere eterna non significa per nulla che sia immortale. Anzi essa non Ăš mai immortale. PotrĂ vivere un anno o millenni, ma lâora verrĂ sempre, della sua distruzione mate-riale. RimarrĂ eterna come gesto, ma morrĂ come materia. Ora, noi siamo arrivati alla conclusione che sino ad oggi gli artisti, coscienti o incoscienti, hanno sempre confusi i termini di eternitĂ e di immortalitĂ , cercando di conseguenza per ogni arte la materia piĂč adatta a farla piĂč lungamente perdurare, sono cioĂš rimasti vittime coscienti o incoscienti della materia, hanno fatto decadere il gesto puro eterno in quello duraturo nella speranza impossibile della immortalitĂ . Noi pensiamo di svincolare lâarte dalla materia, di svincolare il senso dellâeterno dalla preoccupazione dellâimmortale. E non ci interessa che un gesto, compiuto, viva un attimo o un millennio, perchĂ© siamo veramente convinti che, compiutolo, esso Ăš eterno. Oggi lo spirito umano tende, in una realtĂ trascendente, a trascendere il particolare per arrivare allâUnito, allâUniversale attraverso un atto dello spirito svincolato da ogni materia. Ci rifiutiamo di pensare che scienza ed arte siano due fatti distinti, che cioĂš i gesti compiuti da una delle due attivitĂ possano non appartenere anche allâaltra. Gli artisti anti-cipano gesti scientifici, i gesti scientifici provocano sempre gesti artistici. NĂ© radio nĂ© televisione possono essere scaturite dallo spirito dellâuomo senza unâurgenza che dalla scienza va allâarte. Ă impossibile che lâuomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa, come fu impossibile che dalla grafite non passasse alla tela, al bronzo, al gesso, alla plastilina, senza per nulla negare la validitĂ eterna delle immagini create attraverso grafite, bronzo, tela, gesso, plastilina. Non sarĂ possibile adattare a queste nuove esigenze immagini giĂ ferme nelle esigenze del passato. Siamo convinti che, dopo questo fatto, nulla verrĂ distrutto del passato, nĂ© mezzi nĂ© fini, siamo convinti che si continuerĂ a dipingere e a scolpire anche attraverso le materie del passato, ma siamo altrettanto convinti che queste materie, dopo questo fatto, saranno affrontate e guardate con altre mani e altri occhi e saranno pervase di sensibilitĂ piĂč affinataâ.
3SECONDO MANIFESTO SPAZIALE, Milano, 18 marzo 1948. I firmatari sono 6: Gianni Dova, Lucio Fontana, Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Milena Milani, Antonino Tullier.(In precedenza, nel mese di febbraio, era stata emanata una Circolare con la quale Renato Birolli, Lucio Fontana, Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Bruno Munari, Mauro Reggiani, Aligi Sassu, Antonino Tullier e Carlo Cardazzo dichiaravano, quali promotori del Mo-vimento Spazialista, che âIl Movimento ha eletto come sede la Galleria del Naviglio, via Manzoni 45â)
âLâopera dâarte Ăš distrutta dal tempo. Quando, poi, nel rogo finale dellâuniverso, anche il tempo e lo spazio non esisteranno piĂč, non resterĂ memoria dei monumenti innalzati dallâuomo, sebbene non un solo capello della sua fronte si sarĂ perduto. Ma non intendiamo abolire lâarte del passato o fermare la vita: vogliamo che il quadro esca dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro. Unâespressione dâarte aerea di un minuto Ăš come se durasse un millennio, nellâeternitĂ . A tal fine, con le risorse della tecnica moderna, faremo apparire nel cielo:forme artificiali,arcobaleni di meraviglia, scritte luminose.Trasmetteremo, per radiotelevisione, espressioni artistiche di nuovo modello. Se, dapprima, chiuso nelle sue torri, lâartista rappresentĂČ se stesso e il suo stupore e il paesaggio lo vide attraverso i vetri, e, poi, disceso dai castelli nelle cittĂ , abbattendo le mura e mescolandosi agli altri uomini vide da vicino gli alberi e gli oggetti, oggi, noi, artisti spaziali, siamo evasi dalle nostre cittĂ , abbiamo spezzato il nostro involucro, la nostra corteccia fisica e ci siamo guardati dallâalto, fotografando la Terra dai razzi in volo. Con ciĂČ non esaltiamo il primato della nostra mente su questo mondo, ma vogliamo ricuperare il nostro vero volto, la nostra vera immagine; un mutamento atteso da tutta la creazione, ansiosamente. Lo spirito diffonde la sua luce, nella libertĂ che ci Ăš stata dataâ.
4PROPOSTA DI UN REGOLAMENTO MOVIMENTO SPAZIALE, Milano, 2 aprile 1950. I firmatari sono 6: Carlo Cardazzo, Roberto Crippa, Lucio Fontana, Giampiero Giani, Beniamino Joppolo, Milena Milani.
âPremessaNel 1946 Lucio Fontana, residente a Buenos Aires, fonda il MOVIMENTO SPAZIALE, firmando con un gruppo di suoi allievi il primo mani-festo detto MANIFIESTO BLANCO, in lingua spagnola. Rientrando in Italia, nellâaprile del 1947 Fontana invita artisti, letterati ed architetti ad iniziare uno scambio di idee, in riunioni tenute a Milano nello studio degli arch. Rogers, Peressuti e Belgiojoso, alla Galleria del Navi-glio e nello studio di Giampiero Giani. Nel maggio di quello stesso anno viene compilato il 1° Manifesto italiano e nel marzo del 1948 il secondo Manifesto italiano. Il 5 febbraio 1949 Lucio Fontana allestisce per la prima volta in Italia e nel mondo un AMBIENTE SPAZIALE CON FORME SPAZIALI ED ILLUMINAZIONE A LUCE NERA, alla Galleria del Naviglio.La seguente proposta di Regolamento precisa quanto segue:1) Si riconosce Lucio Fontana iniziatore e fondatore del Movimento Spaziale nel mondo.
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2) Il Movimento Spaziale si propone di raggiungere una forma dâarte con mezzi nuovi che la tecnica mette a disposizione degli artisti.3) Aderiscono al Movimento Spaziale artisti e letterati che sentono lâevoluzione del mezzo nellâarte, per il bisogno di esprimersi in un modo diverso da quello usato sino ad oggi.4) La grande rivoluzione degli Spaziali sta nellâevoluzione del mezzo nellâarte.5) Pittori, scultori, letterati aderenti al Movimento Spaziale si chiamano âArtisti Spazialiâ.6) Gli Artisti Spaziali hanno a disposizione i mezzi nuovi, come la radio, la televisione, la luce nera, il radar e tutti quei mezzi che lâintel-ligenza umana potrĂ ancora scoprire.7) Lâinvenzione concepita dallâArtista Spaziale viene proiettata nello SPAZIO.8) LâArtista Spaziale non impone piĂč allo spettatore un tema figurativo, ma lo pone nella condizione di crearselo da sĂ©, attraverso la sua fantasia e le emozioni che riceve.9) NellâumanitĂ Ăš in formazione una nuova coscienza, tanto che non occorre piĂč rappresentare un uomo, una casa, o la natura, ma creare con la propria fantasia le sensazioni spazialiâ.
Il documento, dopo le firme, si concludeva con questa nota: âLa presente proposta sarĂ distribuita a tutti gli Artisti Spaziali che attual-mente fanno parte del Movimento.â
5MANIFESTO TECNICO DELLO SPAZIALISMO, Milano, 27-29 settembre 1951.Letto da Lucio Fontana al I Congresso Internazionale sulla Proporzione delle Arti âDe Divina et humana Proportioneâ, IX Triennale di Milano.
âTutte le cose sorgono per necessitĂ e valorizzano le esigenze del proprio tempo. Le trasformazioni dei mezzi materiali della vita determi-nano gli stati dâanimo dellâuomo attraverso la storia. Si trasforma il sistema che dirige le civilizzazioni dalle sue origini. Progressivamente quel sistema che si oppone ad altro sistema giĂ accettato, si sostituisce ad esso nella sua essenza ed in tutte le sue forme. Si trasformano le condizioni della vita e della societĂ e di ogni individuo. In tale progressione lâuomo tende a vivere sulla base di una organizzazione integrale del lavoro. Le scoperte della scienza gravitano su ogni organizzazione della vita. La scoperta di nuove forze fisiche, il dominio della materia e dello spazio impongono gradualmente allâuomo condizioni che non sono mai esistite nella sua precedente storia. Lâap-plicazione di queste scoperte in tutte le forme della vita crea una trasformazione sostanziale del pensiero. Il cartone dipinto, la pietra eretta non hanno piĂč senso; le plastiche consistevano in rappresentazioni ideali di forme conosciute ed immagini alle quali idealmente si attribuivano realtĂ . Il materialismo stabilito in tutte le coscienze esige unâarte lontana dalla rappresentazione che oggi costituirebbe una farsa. Gli uomini di questo secolo, forgiati a questo materialismo, sono rimasti insensibili alla rappresentazione delle forme conosciute ed alle narrazioni di esperienze costantemente ripetute. Si concepĂŹ lâastrazione alla quale siamo arrivati progressivamente attraverso le deformazioni. PerĂČ questo nuovo periodo non risponde alle esigenze dellâuomo attuale. Ă necessario quindi un cambio nellâessenza e nella forma. Ă necessaria la superazione della pittura, della scultura, della poesia. Si esige ora unâarte basata sulla necessitĂ di questa nuova visione. Il barocco ci ha diretti in questo senso, lo rappresenta come grandiositĂ ancora non superata ove si unisce alla plastica la nozione del tempo, le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio i movimenti rappresentati. Questa concezione fu la conseguenza dellâidea dellâesistenza che si formava nellâuomo, la fisica di quellâepoca rivela per la prima volta la natura della dinamica, si determina che il movimento Ăš una condizione immanente alla materia come principio della comprensione dellâuniverso. Arrivati a questo punto dellâevoluzione la necessitĂ del movimento Ăš tanto importante da non essere piĂč raggiungibile dalle arti plastiche ed allora quella evoluzione Ăš continuata dalla musica e le arti entrano nel neo-classicismo, pericoloso pantano della storia dellâarte. Conquistato il tempo, la necessitĂ del movimento si manifesta pienamente. Gli impressionisti sacrificano il disegno della composizione al colore-luce. Nel futuri-smo sono eliminati alcuni elementi, altri perdono la loro importanza restando subordinati alla sensazione. Il futurismo adotta il movimen-to come principio ed unico fine. Lo sviluppo di una bottiglia nello spazio, forme uniche della continuitĂ dello spazio iniziano la sola e vera grande evoluzione dellâarte contemporanea (dinamismo plastico): gli spaziali vanno al di lĂ di questa idea: nĂ© pittura nĂ© scultura âforme, colore, suono attraverso gli spaziâ. Coscienti od incoscienti in questa ricerca, gli artisti non avrebbero potuto raggiungere la finalitĂ senza poter disporre di nuovi mezzi tecnici necessari e di nuove materie. CiĂČ giustifica lâevoluzione del mezzo nellâarte. Il trionfo del fotogram-ma, ad esempio, Ăš una testimonianza definitiva per lâindirizzo preso dallo spirito verso il dinamico. Plaudendo a questa trasformazione nella natura dellâuomo, abbandoniamo la pratica delle forme di arte conosciuta ed affrontiamo lo sviluppo di unâarte basata nellâunitĂ di tempo e dello spazio. Lâesistenza, la natura, la materia sono una perfetta unitĂ e si sviluppano nel tempo e nello spazio. Il movimento, la proprietĂ di evoluzione e di sviluppo, Ăš la condizione base della materia; questa esiste ormai in movimento e non in altra forma, il suo sviluppo Ăš eterno, il colore ed il suono sono i fenomeni attraverso il cui sviluppo simultaneo sâintegra la nuova arte. Il subcosciente, dove si annidano tutte le immagini, che percepisce lâintendimento, adotta lâessenza e le forme di queste immagini, accetta le nozioni che informano la natura dellâuomo. Il subcosciente plasma lâindividuo, lo completa e lo trasforma, gli dĂ lâindirizzo che riceve dal mondo e che lâindividuo di volta in volta adotta. La societĂ tende a sopprimere la separazione fra le due forze per riunirle in una sola forma maggiore, la scienza moderna si base sullâunificazione progressiva fra i suoi elementi. Da questo nuovo stato della coscienza sorge unâarte integrale nella quale lâessere funziona e si manifesta nella sua totalitĂ . Passati vari millenni del suo sviluppo artistico analitico, arriva il momento della sintesi. Prima la separazione fu necessaria, oggi costituisce una disintegrazione dellâunitĂ concepita. Concepiamo la sintesi come una somma di elementi fisici: colore, suono, movimento, spazio, integrati in una unitĂ ideale e materiale. Colore, lâelemento dello spazio, suono, lâelemento del tempo; ed il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio, sono le forme fondamentali dellâarte nuova che contiene le quattro dimensioni dellâesistenza. Questi sarebbero i concetti teorici dellâarte spaziale; brevemente esporrĂČ la parte tecnica e la sua possibilitĂ di sviluppo, che contiene le quattro dimensioni dellâesistenza.
Lâarchitettura Ăš volume, base, altezza, profonditĂ , contenute nello spazio, la 4a dimensione ideale dellâarchitettura Ăš lâarte.La scultura Ăš volume, base, altezza, profonditĂ .La pittura Ăš descrizione.Il cemento armato (il mezzo) rivoluziona gli stili e la statica dellâarchitettura moderna. Allo stile decorativo subentrano ritmi e volumi. Alla statica, la libertĂ di costruire indipendentemente dalle leggi di gravitĂ (ho visto un progetto di casa in forma dâuovo, di unâaltra buttata su un prato infischiandosene della divina proporzione). A questa nuova architettura unâarte basata su tecniche e mezzi nuovi; Arte Spaziale, per ora, neon, luce di Wood, televisione, la 4a dimensione ideale dellâarchitettura. Permettetemi di fare delle fantasie sulle cittĂ del futuro, come sono rimaste fantasie le cittĂ sole, luce: la conquista degli spazi o lâatomica, suggeriscono allâuomo di protegger-si. GiĂ si costruiscono fabbriche sotterranee; nasceranno centri che potrebbero essere un insieme di cellule, lâuomo finalmente finirĂ lâintromissione alle bellezze della natura. Si parla in arte di 4a dimensione, di spazio, di arte spaziale; di tutto questo si hanno concetti vaghi o errati. Un sasso bucato, un elemento verso il cielo, una spirale, sono la conquista illusoria dello spazio, sono forme contenute nello spazio nelle loro dimensioni, meno una. La Torre di Babele Ăš un esempio antichissimo della pretesa dellâuomo per il dominio dello spazio. La vera conquista dello spazio fatta dallâuomo, Ăš il distacco dalla terra, dalla linea dellâorizzonte che per millenni fu la base della sua estetica e proporzione. Nasce cosĂŹ la 4a dimensione, il volume Ăš ora veramente contenuto nello spazio in tutte le sue dimensioni. La prima forma spaziale costruita dallâuomo Ăš lâaerostato. Col dominio dello spazio, lâuomo costruisce la prima architettura dellâEra Spaziale, lâaeroplano. A queste architetture spaziali in movimento trasmetteranno le nuove fantasie dellâarte. Si va formando una nuova estetica, forme luminose attraverso gli spazi. Movimento, colore, tempo e spazio i concetti della nuova arte. Nel subcosciente dellâuomo della strada una nuova concezione della vita; i creatori iniziano lentamente ma inesorabilmente la conquista dellâuomo della strada. Lâopera dâarte non Ăš eterna, nel tempo esiste lâuomo e la sua creazione, finito lâuomo continua lâinfinitoâ.
6MANIFESTO DELLâARTE SPAZIALE (Quarto Manifesto Spaziale), Milano, 26 novembre 1951.I firmatari sono 12: Anton Giulio Ambrosini, Giancarlo Carozzi, Roberto Crippa, Mario Deluigi, Gianni Dova, Lucio Fontana, Virgilio Guidi, Beniamino Joppolo, Milena Milani, Berto Morucchio, Cesare Peverelli, Vinicio Vianello.
âDopo cinque anni da quando Ăš stato steso il primo manifesto sullâarte spaziale molti âfattiâ sono avvenuti nel campo delle arti. Non staremo a esaminarli uno per uno ma un âfattoâ preciso possiamo registrare: il crollo di quelle correnti che volevano continuare o a ri-manere chiuse entro la morsa della ârealtĂ contingente e terrestre in tutti i sensiâ o a rinnegare ogni realtĂ evadendo in un fantasticare astratto ormai divenuto sterile, vuota e disperata astruseria. Questi cinque anni hanno orientato gli artisti esattamente nel nostro senso: considerare realtĂ quegli spazi, quella visione della materia universale, di cui scienza, filosofia, arte in sede di conoscenza e di intuizione hanno nutrito lo spirito dellâuomo. Ed abbiamo assistito a serie di manifestazioni che si sono impegnate ad aggredire la nuova visione del creato nel micros immerso negli spazi, cercando di rappresentare figurativamente quellâenergia, oggi dimostrata âstretta materiaâ e quegli spazi visti come âmateria plasticaâ. Riaffermiamo ora la prioritĂ dellâarte come forza di intuizione del creato e procediamo sulla stessa strada per intuire con le opere i punti dello spirito a cui la conoscenza giungerĂ â.
7MANIFESTO DEL MOVIMENTO SPAZIALE PER LA TELEVISIONE, Milano, 17 maggio 1952 (VI Manifesto spaziale). I firmatari, questa volta, sono 17: Anton Giulio Ambrosini, Alberto Burri, Roberto Crippa, Mario Deluigi, Bruno De Toffoli, E. Donati, Gian-ni Dova, Lucio Fontana, Giancarozzi (Giancarlo Carozzi), Virgilio Guidi, Beniamino Joppolo, G. La Regina, Milena Milani, Berto Morucchio, Cesare Peverelli, Tancredi, Vinicio Vianello.
âNoi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme dâarte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto:il primo, quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica;il secondo, quello degli spazi ancora ignoti nel cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dellâarte come divinazione.La televisione Ăš per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti. Siamo lieti che dallâItalia venga trasmessa que-sta nostra manifestazione spaziale, destinata a rinnovare i campi dellâarte. Ă vero che lâarte Ăš eterna, ma fu sempre legata alla materia, mentre noi vogliamo che essa ne sia svincolata, e che attraverso lo spazio possa durare un millennio, anche nella trasmissione di un minuto.Le nostre espressioni artistiche moltiplicano allâinfinito, in infinite dimensioni, le linee dâorizzonte; esse ricercano una estetica per cui il quadro non Ăš piĂč quadro, la scultura non Ăš piĂč scultura, la pagina scritta esce dalla sua forma tipografica. Noi spaziali ci sentiamo gli artisti di oggi, poichĂ© le conquiste dalla tecnica sono ormai a servizio dellâarte che noi professiamoâ.
8 LO SPAZIALISMO E LA PITTURA ITALIANA NEL XX SECOLO, pubblicato su volantino a Venezia nel settembre 1953 dal critico-filosofo-pittore Anton Giulio Ambrosini, in occasione della Mostra Spaziale al Ridotto di Caâ Giustinian. Le adesioni arrivano dai 15 artisti che partecipano allâesposizione: Edmondo Bacci, Giuseppe Capogrossi, Roberto Crippa, Mario Deluigi, Bruno De Toffoli, Gianni Dova, E. Donati, Lucio Fontana, Virgilio Guidi, Sebastian Matta, Gino Morandis, Cesare Peverelli, Serpan, Tan-credi e Vinicio Vinello (7 sono i veneziani)
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âChi pensi, seppur sommariamente, alla storia della pittura italiana di questa prima metĂ di secolo, non potrĂ non trovare, fin dagli annunci del â900, la duplice istanza: e dâun aggiornamento culturale internazionale, e di ritrovare i âfondamenti espressiviâ dâun discorso figurativo. VedrĂ , cosĂŹ, nel clima acceso dalle riforme francesi, lâiconoclastia futurista, che non dĂ requie a niente e a nessuno, accom-pagnarsi con un linguaggio che, piĂč che unâArte, vuol essere anche e sopratutto (sic) una filosofia ed una totale rivoluzione. Ma nono-stante la forza di Boccioni, il futurismo non produce sufficienti opere quanto provoca un risveglio nei piĂč preparati, gettando un ponte al cubismo francese e quindi alla cultura internazionale. Qui ritorna, con una violenza forse mai nota la funzione sociale di codesta pittura dâavanguardia, per il contrasto vivo châessa stabilisce tra lâArte e il pubblico: il dialogo Ăš litigioso ma benefico.SennonchĂ© la parabola della nazione italiana aveva iniziato un moto equivoco, in molti spiriti una ambizione di falsa storia fermentava, e, tipico moto di restaurazione, al chiudersi della Grande Guerra, ecco il Novecento: restaurator temporis acti. Qui batte la seconda istanza fondamentale predetta, ma negandosi la vitalitĂ dei futuristi, si chiede aiuto al museo e tornano gli archetipi dei prerinascimentali a garantire la nascita dei nuovi capolavori.Il moto, tuttavia, per la serietĂ dei partecipanti, Ăš impegnativo, ed in questa nuova accademia molte possibilitĂ spirituali e tecniche vengono saggiate, finchĂ© avviene lo scioglimento dai vincoli e la ricerca dei migliori di rinverginarsi nellâesperienza.Parigi, perĂČ, âlavoraâ anche lâItalia: non solo gli isolati pellegrini riportano moduli ed insegnamenti, ma i gruppi e le piccole sette tentano con infinite speranze modeste rivoluzioni casalinghe e si ricanta, ahimĂš!, il refrain internazionale âoh, van-Gogh, oh, Picasso!â.âCORRENTEâ si presenta appunto in tal senso, come tentata sutura tra cultura e forma, ma il suo effetto in sostanza Ăš paesano e diviene una strana reliquia della nostra storia, questâaccademia giacobina sorta a rivoluzione finita!PiĂč accorti gli ASTRATTISTI, primo lâindimenticabile Attanasio Soldati, circoscrivendo il campo delle indagini, costringono la fantasia alla disciplina dâuna ritmica elementare ed in ciĂČ forse Ăš il loro pregio maggiore: pregio educativo piĂč che estetico, direi. CosĂŹ passano grigi i giorni dellâanonimo aggiornamento internazionale e sempre qualcuno grida alla scoperta della nuova âpietra filosofaleâ che sanerĂ magicamente lâAre italiana.Gruppi e sottogruppi, programmi e maledizioni fioriscono come funghi. Ma in sostanza il cerchio Ăš chiuso: il quadro rimaneva quadro, lâottocento sotto sotto non era affatto morto. Non era piĂč una questione dâaggiornamento tutti ormai erano aggiornati, nĂ© dâun ripensa-mento degli antichi, perchĂ© tutti piĂč o meno li avevano ripensati, era da rompere una mentalitĂ con le armi che tutti avevano forgiato.In questo senso hanno iniziato a lavorare gli SPAZIALI, dopo e oltre le suggestive parole dei vari Manifesti del Movimento.Occorreva superare lâAstrattismo, per i limiti in esso impliciti di decorativismo ormai inutile e stanco; i vari modi di Naturalismo, eter-namente vincolante allâimitazione ed alla sfiatata passionalitĂ romantica e bisognava ancora vincere le poetiche, le regole come tali, si chiamassero cubismo o futurismo, astrattismo o neoplasticismo: la libera fantasia doveva sposare la contemporaneitĂ , senza mortifica-zioni e pregiudizi.Lo SPAZIALISMO, ciĂČ ha fatto perchĂ© porta nel suo stesso nome unâenorme garanzia di libertĂ , pieno comâĂš di molteplici significati e questi stessi si moltiplico e rinnovano di giorno in giorno nellâopera e nel pensiero dei molti SPAZIALI.Per lo Spazialismo ogni contenuto Ăš possibile, purchĂ© lo si riviva nella lirica consapevolezza del nuovo Pensiero che châĂš la vita nostra contemporanea.In questo pensiero i frutti innumerevoli e variopinti della scienza sono cibo comune, nel poetico ripensamento dello Spaziale che trova la via sentendosi nella veritĂ perchĂ© immerso nel Tempo ed impegnato a dire i nuovi viventi significati dello SPAZIO.Lo SPAZIALISMO pertanto accetta, anzi studia lâuso di nuovi mezzi che piĂč aderiscono alla tecnica contemporanea, e crede nella materia-litĂ del âmezzoâ solo perchĂ© Ăš un modo esplicito a tutti, sicchĂ© in tal maniera lâArte si fa altamente educativa e socialmente progressiva.Il quadro, vinte le ottocentesche mortificanti chiusure, si ricompone per magistero di fantasia, come unâorganica e funzionalissima ar-chitettura ed Ăš infatti o tenta almeno di essere, dopo unâattesa di secoli, pittura che puĂČ dialogare senza equivoco con le architetture che rifanno la nostra cittĂ e la nostra vita. Antonio Giulo Ambrosini
Stampato in occasione della mostra tenuta a Venezia nelle sale del Ridotto, nel Settembre del 1953.Espongono: Bacci, Capograossi, Crippa, Deluigi, De Toffoli, Dova, Donati, Fontana, Guidi, Matta, Morandi, Peverellli, Serpan, Tancredi, Vinicio.
Il âMovimento Spazialeâ ha sede presso la GALLERIA DEL NAVIGLIO di MILANO, via Manzoni, 5â.
9 SPAZIALI alla XXIX BIENNALE di VENEZIA â VIII Manifesto dello SPAZIALISMO, pubblicato in occasione della partecipazione alla Biennale di Venezia del 1958 di Edmondo Bacci, Roberto Crippa, Bruno De Toffoli, Lucio Fontana, Gino Morandi (sic), Emilio Scana-vino e della mostra di Giuseppe Capogrossi alla Galleria del Cavallino di Venezia. Firmatari Giampiero Giani, Beniamino Joppolo, Milena Milani, Toni Toniato, Antonino Tullier.
1. Ă crollato il muro che circondava lâuomo. Prima dipingevano lâinvolucro, i contorni dellâuomo, la via, la cittĂ e il mondo. Per millenni, dallâetĂ della pietra, dipinsero e scolpirono le prossimitĂ dellâuomo, lâuomo come pretesto di esterioritĂ .2. Lâorizzonte si Ăš spostato allâinfinito. La rivoluzione artistica operata dai pittori spaziali, in questi ultimi dieci anni, ha fornito un lascia-passare agli uomini per penetrare dalla settima cittĂ nella prima.3. Sono stati aperti i cancelli sul panorama dellâuniverso, Ăš stato offerto lo splendore della luce iniziale. Prima lâartista si comportava come creatore del colore, mentre ne era posseduto. Il linguaggio degli spaziali ci consegna lâessere trasparente delle cose, in modo diretto, definitivo.
4. Le immagini trovate non sono piĂč immaginazioni e lâartista, per la prima volta, non si delega piĂč in una cosa straniera.5. Una âgenerazione di mezzoâ ha fallito al suo scopo e ha dovuto aggiornarsi sui nostri testi. La critica ha dovuto fare lo stesso.6. I giovani invece guardano allo SPAZIALISMO come allâunico movimento che li confermi nelle loro aspirazioni.7. La seconda metĂ del XX secolo porta lâimpronta dello SPAZIALISMO.
GIAMPIERO GIANI â BENIAMINO JOPPOLO â MILENA MILANITONI TONIATO â ANTONINO TULLIER
(Galleria del Naviglio â Milano, 5 giugno 1958)
Degli âARTISTI SPAZIALI VENEZIANIâ, quindi (e conservo questa dicitura, al posto di quella usata piĂč correntemente, di âArtisti Spazia-listiâ, in quanto espressamente specificata al punto 5 del documento 4, qui sopra trascritto):
Edmondo BACCI (Venezia, 1913-1978)..........................................................aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953) Mario DELUIGI (Treviso 1901-Venezia 1978.........firma i doc. 6 (1951), 7 (1952) e aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953)Bruno De TOFFOLI (Treviso 1913-Venezia 1978)...........firma il doc. 7 (1952) e aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953) Ennio FINZI (Venezia 1931)...........................................frequenta Deluigi, Guidi, Ambrosini, Fontana ma non Ăš firmatarioLuciano GASPARI (Venezia 1913-2007).............................frequenta lâambiente, espone da Spazialista ma non Ăš firmatarioBruna GASPARINI (Mantova 1913-Venezia 1998)........................................................moglie di Gaspari, non Ăš firmatariaVirgilio GUIDI (Roma 1891-Venezia 1984)........firma i doc. 6 (1951), 7 (1952) e aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953)Riccardo LICATA (Torino 1929).........................................presente nellâambiente veneziano dellâepoca ma non Ăš firmatarioGino MORANDIS (Venezia 1915-1994).............espone con gli spazialisti dal â52, aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953) Saverio RAMPIN (Stra 1930-Venezia 1992)......................................attivo nellâambito spaziale veneziano, non Ăš firmatario TANCREDI (Parmeggiani) (Feltre 1927-Roma 1964).........firma i doc. 7 (1952) e aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953)Vinicio VIANELLO (Venezia 1923-1999)...........firma i doc. 6 (1951), 7 (1952) e aderisce allâiniziativa di cui al doc. 8 (1953)
A essi si aggiungono i seguenti critici:Antonio Giulio AMBROSINI................................................................................................................firma i doc. 6 e 7Berto MORUCCHIO..........................................................................................................................firma i doc. 6 e 7Toni TONIATO......................................................................................................................................firma il doc. 9
138 139
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
(Sono indicati i principali cataloghi di mostre e saggi. Non sono segnalati invece, salvo eccezioni, gli articoli di riviste e quotidiani, pur se
costituiscono la documentazione maggiore.)
PARTE COMUNE
1952
-V. Guidi, Artisti spaziali veneziani, catalogo mostra Galleria del Cavallino, Venezia (lĂŹ fa lâunica comparsa nella compagine degli spaziali
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- M. Milani, C. Cardazzo, V. Guidi, B. Joppolo, B. Morucchio, Artisti Spaziali, catalogo mostra â definita âNazionaleâ â Galleria Casanova,
Trieste
- C. Cardazzo, premessa catalogo âPremio Gianniâ, offerto dallâomonima SocietĂ chimica milanese
1953
-C. Cardazzo, Artisti Spaziali, catalogo mostra Galleria del Cavallino, Venezia
-A.G. Ambrosini, ibid.
-C. Cardazzo, Artisti Spaziali, catalogo mostra Galleria Calibano, Vicenza (organizzata dal NaviglioMilano)
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-G. Giani, Spazialismo. Origini e sviluppi di una tendenza artistica. Edizioni della Conchiglia, Milano
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Ferrara Arte
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Editore, Dosson di Casier (TV)
2006
-Enrico Crispolti, Lucio Fontana - Catalogo ragionato di sculture, dipinti, ambientazioni (2 vol.). ed. Skira, Milano
VINICIO VIANELLO
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-I vetri soffiato bianco parlano di Vinicio Vianello, in âLe vie dâItaliaâ, ed. Touring Club Italiano, Milano
1952
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-The atom age even in vases, in âThe Australian Magazineâ n. 19, Sydney
-A.G. Ambrosini, manifesto mostra Artisti Spaziali, Sala degli Specchi, Palazzo Giustinian, Venezia
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1955
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-G. Marchiori,catalogo personale galleria Montenapoleone, Milano
-G. Marchiori, catalogo personale alla Saletta, Galleria del libro, Brescia
-Les firmes des Prix Compasso dâOro, in Catalogue officiel de la section italienne de lâExposition universelle et internationale de Bruxelles,
Bruxelles
1959
-Catalogo personale galleria Stadtisches Museum, Möuchengladbach
-Catalogo personale Ben Gallery, New York
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-S. Messinis, catalogo personale Vinicioâ Collagees, Galerie Wilm Falazik, Bochum
1964
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1982
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-G.C. Argan, Lâidea di vetro, catalogo personale Galleria dâArte Mestre
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-D. Marangon e T. Toniato, catalogo mostra Spazialismo, Civica Galleria dâArte Moderna, Palazzo Todeschini, Desenzano del Garda
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-L. Pagnucco Salvemini, Intervista a Vinicio Vianello, in âArte Inâ n. 24, Milano
1996
-AA.VV., catalogo collettiva Spazialismo. Arte astratta 1950-1960, Basilica palladiana, Vicenza (in copertina, Rocket 1951 di Vianello)
2004
-L.M. Barbero (a cura di âŠ), Vinicio Vianello. Pittura, vetro e design, testi di L.M. Barbero e Alberto Bassi, Manlio Brusatin, Toni Follina,
Sabina Tutone, Skira editore, M ilano
Testi di Vinicio Vianello
1962
-V. Vianello, opuscolo informativo Lâaiuto che puĂČ dare la fotografia al critico nellâindagine del mondo delle forme, per la conferenza
Rapporti tra la Grafica, lâArte e la Fotografia, Congresso Internazionale âIl libro, il settimanale e le fotografieâ, Porto San Giorgio
1977
-V. Vianello, Vinicio Vianello. Creations and exclusive works, Mestre
1978
-V. Vianello, Intervento al Convegno di studi Sep/Pollution â78, Fiere di Padova
-V. Vianello, Presentazione Atti del Convegno Internazionale dei Servizi Pubblici, delle tecnologie urbane e dellâinquinamento, Padova,
Quartiere Fiera
1982
-V. Vianello, Presentazione Atti della conferenza internazionale su energia e biomasse, Fondazione G. Cini, Venezia
1983
-V. Vianello, Presentazione Atti della conferenza Architectural problema connected with installing a solar energy heating in a villa in the
Veneto Region, Venezia
-V. Vianello, Presentazione della pubblicazione Microbiologia delle biomasse, vol. 2, Venezia
-V. Vianello, Presentazione della pubblicazione Fanghi di risulta, vol. 3, Venezia
-V. Vianello, Presentazione della pubblicazione Microbiologia delle biomasse, vol. 2, Venezia
BRUNA GASPARINI
1946
-U. Fasolo, Mostra collettiva di pittrici, catalogo mostra Botteghe dâarte, Venezia, a cura dellâUDI (Unione Donne Italiane)
1947
-Mostra dellâarte femminile, catalogo collettiva Casa della Cultura, Milano
1955
-Pitture e disegni di Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria della Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia
1956
-Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Il Camino, Roma
-G. Giani, Spazialismo, origini e sviluppi di una tendenza artistica, Milano
1958
-V. Guidi, catalogo personale Galleria Montenapoleone, Milano
-Pitture e disegni di Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria della Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia
1958
-V. Guidi, Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Montenapoleone, Milano
1959
-S. Branzi, Adele Piazza e Bruna Gasparini, catalogo mostra Galleria 3950, Venezia
1960
-Ocho pintores venecianos, catalogo mostra Gran Sala Museo del Prado, Madrid
-G. Marchiori, Campesan, Cossovel, Gasparini, Roma, Spiteris, catalogo mostra Galleria Cassiopea, Torino
-T. Spiteris, Gasparini, catalogo personale Galleria Il Canale, Venezia
1961
-T. Toniato, Gasparini, catalogo personale Galleria Il Traghetto, Venezia
-D. Valeri, G. Kaisserlian, G. Longo, B. Morucchio, M. TapiĂ©, catalogo Primo Premio di Pittura âGiorgio-Poussinâ, Villa Revedin Bolasco,
Castelfranco Veneto
1962
-H. Galy-Charles, Gasparini, catalogo personale Galleria Il Cancello, Bologna
-B. Morucchio, Gasparini, catalogo personale Galerie LâEntracte, Losanna
-T. Spiteris, Peinture venitienne dâaujourdâhui, catalogo collettiva Galerie Pierre Domec, Parigi
1963
-S. Branzi, Gasparini, catalogo personale Galleria LâArgentario, Trento
-B. Morucchio, Gasparini, catalogo personale Galleria Il Canale, Venezia
1964
-Catalogo XXXII Biennale Internazionale dâArte, Venezia (sala personale)
1965
-Bruna Gasparini, catalogo personale Galerie Stagehus, Basilea
1966
-S. Branzi, Gasparini, catalogo personale Sala Culturale, Mantova
1968
-P. Fraccalini, Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Puntoquadrato, Bassano del Grappa
1969
-A. Gatto, Lâincantatrice incantata, catalogo personale di Bruna Gasparini, Galleria Il Traghetto 2, Venezia
1971
-E. Crispolti, Lâinformale, Assisi-Roma
1972
-T. Toniato, Le terre di Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Il Traghetto, Venezia
1973
-F. Smeraldi, Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Bon Ă Tirer, Milano
1975
-A. Gatto, Tre inediti - Bruna Gasparini, Frammenti, catalogo personale Galleria Rizzardi, Milano
1980
-Gli artisti per la scuola - Gasparini, catalogo personale Centro Civico, Mestre
1981
-V. Vivian, CreativitĂ femminile nellâarte, oggi, catalogo mostra Villa Contarini dei Leoni, Mira (VE)
1982
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-L. Fraccalini, Bruna Gasparini, catalogo personale Casa del Rigoletto, Mantova
-R. Barilli, F. Solmi, Lâinformale in Italia, catalogo mostra tematica Galleria dâArte Moderna, Bologna
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-G.M. Erbesato, catalogo mostra Disegno mantovano del â900, palazzo TĂš, Mantova
-E. Di Martino, Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria del Naviglio, Milano
1986
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-T. Toniato, Bruna Gasparini, catalogo antologica Galleria Civica dâArte Contemporanea, Suzzara (MN)
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-D. Marangon, Bruna Gasparini, catalogo personale Galleria Cinquetti, Verona
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-D. Marangon, Le Venezie, in Pittura italiana contemporanea, parte 2, ed. Electa, Milano
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-L.M. Barbero, Traccia per una biografia pittorica, catalogo mostra Bruna Gasparini, opere 1955-1995, Casa del Mantegna, Mantova
-S. Carraro, Il percorso poetico di Bruna Gasparini, tesi di laurea, UniversitĂ Caâ Foscari, Venezia - FacoltĂ di Lettere e filosofia, relatore
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-V. Guidi, Saverio Rampin, presentazione mostra Ennio Finzi - Saverio Rampin, Circolo di Cultura, Bologna
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-AA.VV, Artistes VĂ©nitiens Contemporains, MusĂ©e de la Majorie, Sion (pubblicazione lâopera di Rampin Scontro di natura, 1957)
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-V. Guidi, Rampin, catalogo personale Opera Bevilacqua La Masa
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-G. Kaisserlian, 11° Bollettino Galleria Pagani del Grattacielo, Milano
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-V. Guidi e G. Kaisserlian, Saverio Rampin, catalogo personale galleria il Canale, Venezia
-G.F. DasĂŹ (a cura diâŠ), catalogo Biennale Premio Repubblica di San Marino, Palazzo del Turismo, San Marino
-AA.VV, Peintures et sculptures italiennes Contemporaines, Galerie Alecco Saab, Beyrouth
1963
-V. Guidi e G. Kaisserlian, Rampin, presentazione personale SocietĂ di Belle Arti, Genova
-G. Kaisserlian, Rampin, presentazione personale galleria Pagani del Grattacielo, Milano
1964
-V. Guidi e J. Kermoal, catalogo personale galleria Il Canale, Venezia
-L. Budigna (a cura diâŠ), Arte italiana contemporanea, La Ginestra Editrice, Firenze (testi di E. Contini, G. Gigli, L. Vinca Masini, T.
Toniato, VayatalvĂĄrez)
-J. Kermoal, catalogo personale Momenti di natura, galleria Il canale, Venezia
1965
-G. Beringheli, Saverio Rampin, catalogo personale galleria Carlevaro, Genova
1966
-AA.VV., catalogo LIII collettiva Opera Bevilacqua La Masa, Venezia
1967
-AA.VV., catalogo X Premio di Pittura âMestreâ, Mestre
1968
-V. Guidi, Saverio Rampin, catalogo personale galleria Pagani del Grattacielo, Milano
1970
-A. Gatto, Saverio Rampin, catalogo personale galleria Il Traghetto, Venezia
-A. Gatto, Saverio Rampin, catalogo personale galleria Pagani del Grattacielo, Milano
-A. Gatto, Saverio Rampin, catalogo personale galleria Unimedia, Genova
1979
-T. Toniato, Purezza espressiva, catalogo personale galleria Il Traghetto, Venezia
1985
-S. Bagnarol, catalogo personale Circolo Culturale âG. Bozzaâ, Palazzo Cecchini, Cordovado
-T. Trini, Rampin ascolta Gatto, intervista a Saverio Rampin in Storie e studi, catalogo collettiva Nascita di chimera, Venezia
1995
-F. Rossi, Rampin, antologia critica e testo, Centro Ricerche Scienze Umane, Genova
1999
-G. Tomasutti, Saverio Rampin: il pittore della luce, tesi di laurea, UniversitĂ Caâ Foscari, Venezia, FacoltĂ di Lettere e Filosofia, Corso di
laurea in Lettere e Filosofia, relatore Prof.ssa Assunta Cozzo, AA 1999-2000
2006
-L.M. Barbero (a cua diâŠ), Saverio Rampin. Catalogo generale delle opere 1945-1991, edizioni Grafiche Aurora, Verona (con testi di
Clara Strobino Pagani, Sabina Tutone)
finito di stampare nel mese di settembre 2008 presso
Grafiche Marini VillorbaGMV Libri
Via Nobel, 4 - 31050 Villorba (Treviso)tel. 0422 918133 - fax 0422 910854