"Riflessioni quotidiane" libro di Paolo Pagliani
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Paolo Pagliani
Sarà capitato a chiunque di noi di ritagliarsi del tempo per leggere qualcosa, qualsiasi cosa sia, un articolo di giornale, un capitolo di un libro, una ri-vista, una lettera… Da alcuni anni ricevo quotidia-namente delle mail dall’amico Paolo. Ma la mail, travolti come siamo oggi da tutte quelle forme di comunicazione web 2.0, permette di essere ac-cantonata per un momento, ci consente di essere “parcheggiata” lì sul nostro computer per essere letta in un secondo momento. E non si offende, al massimo siamo noi che non leggendola perdiamo un informazione che qualcuno ha voluto trasmet-terci. E così è stato per me all’inizio, quando anco-ra non mi concedevo un momento durante la gior-nata per leggere qualcosa che non fosse legato al “mondo del lavoro” o alla mia sfera personale. Poi mi sono accorto che ogni giorno le mail di Paolo non erano mail scritte a caso, mail per un saluto o per comunicarci qualcosa. Le mail di Paolo sono invece dei pensieri che permettono di staccarsi per un momento dalla realtà quotidiana, e meditare su qualcosa di più grande, a cui ciascuno di noi può dare un interpretazione personale. E da lì aprire orizzonti nuovi, magari anche su argomenti scono-sciuti…aprire argomenti di confronto e di scambio con le persone vicine, con le persone che si in-
-mento quotidiano con le mail di Paolo. In questa raccolta abbiamo voluto condividere con chiunque abbia voglia di dedicarsi del tempo, o semplice-mente incuriosito da pagine che non hanno nes-
su argomenti anche trasversali, alcune di queste
devolvere il ricavato di questo impegno verso le attività di una preziosa realtà sociale come la Ca-ritas di Novellara. Paolo Bigi
Questa edizione è stata possibile anche grazie al pre-zioso contributo e supporto delle seguenti persone ed attività, a cui gli autori porgono un sentito ringraziamen-to.
- Azienda agricola Zarantonello Paolo e Pierluigi- Ortofrutticola di Genovesi e Anversa, Sabbioneta (MN)- Conad Novellara
- Bertozzi geom. Franco e geom. Gabriele- Puglisi Ferruccio- Giorgio Pagliani
- Un caro amico che ci tiene a mantenere l’anonimato
Un ringraziamento speciale al PORTICO di Novellara, vera anima dell’informazione locale, supporter speciale di progetti legati al mondo della solidarietà.
L’intero ricavato di questa iniziativa verrà devoluto presso il centro
CARITAS di Novellara
Nell’era tecnologica, ove impera il fare e il dire, sembra quasi provocatorio proporre
una dieta del parlare. Ho inviato quasi quo-tidianamente a familiari ed amici, attraverso frasi, aforismi, commenti ed articoli spediti a quotidiani specialmente reggiani, un peri-metro mattiniero di meditazione, libero dalle
-ture differenti, a epoche storiche distanti, a religioni diverse o anche a nessuna religione.
che ho tratto specialmente da libri, che inten-dono essere come una specie di guida dove
un pensiero da comunicare, un’intuizione, un messaggio, un fremito della coscienza. Le citazioni e le lettere ai giornali è calei-
“è quello dell’uomo che pensa e che ama e che quindi vive in modo autentico”, un po’ come suggerisce la tradizione indù: “Se hai due pezzi di pane, danne uno ai poveri: vendi l’altro e compera dei giacinti per nutrire con la loro bellezza la tua anima”. Paolo Pagliani
Prefazione
Paolo Pagliani
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E’ da anni che conservo e rileggo volentie-ri un pensiero di Herbert Spencer, che tro-vo sempre più attuale nelle vicende di tutti i giorni che recita: ”C’è una norma che è di ostacolo a qualsiasi conoscenza, che è imper-meabile a qualunque argomentazione e che inevitabilmente mantiene l’uomo in uno stato di eterna ignoranza, tale norma consiste nel disprezzare ancor prima di tentare di com-prendere”.In molti casi oggi si ha una mente chiu-sa, specialmente in campo politico ed etnico, piena di pregiudizi, senza ascoltare chi ti par-la, che ti potrebbe capire, sembra una socie-tà fatta di barriere, i silenzi, di indifferenza. Le menti chiuse provocano danni, come ad esempio da un giudice che ti condanna pri-ma di vederti, da un insegnante che approva solo ciò che corrisponde a quanto pensa lui premiando i conformisti e condannando gli innovatori, agli effetti delle ideologie fanati-che, attentati di kamikaze tra la folla, gulag, lager;; è gente ottusa anche cattiva.Quando riusciamo a liberarci da questa
Teniamo la mente aperta
11 Novembre 2010
Paolo Pagliani
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schiavitù del pregiudizio, per un istante la nostra mente si apre parlando con l’altra per-sona, scopriamo stupiti che è invece bello, divertente, ci si apre davanti una prospettiva a cui non avremmo mai pensato.In ogni essere umano c’è sempre qualcosa che possiamo scoprire e valorizzare, andan-dogli incontro, guardandolo negli occhi sorri-dente, interessato al suo modo di pensare, ai suoi problemi;; in pratica è un arricchimento personale sentendo le sue esperienze. Solo chi ha una mente aperta sa giudicare obiet-tivamente, perchè oltre all’intelligenza, pos-siede nella sua essenza, amicizia e slancio morale.
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Liberi o servi
18 Ottobre 2010
Uno domanda: ”e poi, che cosa accade ?” L’altro, invece, domanda soltato: ”Quello che faccio, è giusto ?” Ecco, si distin gue così il libero da un servo.
Hans Theodor Storm
Egli traccia la linea di demarcazione tra l’uomo autenticamente libero e morale e co-lui che è servo, pur illudendosi di essere fur-bo e previdente. Quest’ultimo infatti, si pre-occupa solo del risultato vantaggioso o meno delle sue azioni. Tutto è computato secondo un criterio egoistico ed esteriore. La persona veramente responsabile e co-sciente si interroga, invece, sulla morali-tà della sua azione, sulla correttezza etica dell’opera che sta per intraprendere, pronto a riunziare anche a un vantaggio derivante, qualora l’atto in sè sia perverso. La vera ricompensa egli la cerca nella pace della sua coscienza, nella dignità della retti-tudine, nella coerenza della sua vita. Que-sto gusto interiore si fa sempre più raro, non
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perchè si vogliano a tutti costi violare l’enor-me ma perchè l’attitudine generale è quel-la dell’amoralità, dell’evitare ogni domanda scomoda, ogni autocritica, ogni capacità di rinuncia. Ci si crea, così, una coscienza essiccata e sterile oppure la si rende talmente elasti-ca da saper coprire tutto, rendendola in tal modo disabilitata a distinguere il bene dal male e ad aver quel rigurgido di vita morale che è il rimorso.
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Soli o isolati
Vivo in quella solitudine che è penosa in gioventù, ma è deliziosa negli anni della ma-turità.
Albert Einstein
Due sono i volti della solitudine: pace e tor-mento, serenità e gelo, dieta dell’ anima ma anche “campo da gioco di Satana” come scri-veva Nabokov (romanziere russo). Già l’ antico Seneca riconosceva che “la so-litudine è per lo spirito quello che è il cibo per il corpo”:eppure non aveva torto neppure Victor Hugo quando affermava che “la soli-tudine crea persone d’ ingegno o idioti o di-sperati”.
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quiete, contemplazione. Ma dobbiamo anche vaccinarci contro l’ isolamento che rinchiude in noi stessi, in un buio interiore desolato. La società in cui viviamo, da un lato, è mas-sa amorfa e fusa insieme;; d’ altro lato, è una folla di solitudini amare. La vera pace è in
14 Ottobre 2010
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equilibrio delicato tra comunione e identità. Quante persone, forse vecchi, malati, ab-bandonati, stranieri, stanno giorni interi da-vanti al telefono, aspettando che suoni e, invece, esso resta inesorabilmente muto per-ché non c’ è più nessuno che pensa a loro.
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Durante la notte
Amore, non temere se un brutto sogno ti fa piangere durante la notte. Anche se nasco-ste, le stelle scintillano sempre di luce duran-te la notte. La gioia rinascerà domattina e la vita tornerà a colmarsi di speranza, anche se tristi sogni ci hanno turbato durante la notte.
Ninnananna scozzese
L’oscurità, come è noto, è una metafora del-le nostre paure, del nulla e del male. Questa sensazione attanaglia spesso la nostra vita e ci fa quasi trattenere il respiro. Il messaggio che questa piccola ballata contiene è eviden-te: anche nel fondo tenebroso della prova, non bisogna mai dimenticare che alla notte subentra l’ alba e che oltre le nubi fosche le stelle continuano a scintillare.
avanzare anche quando il buio ci avvolge e non si intravede la meta. La sua dolce luce ci fa progredire passo dopo passo, con pazienza e costanza. Il poeta francese Charles Péguy giustamen-
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a voce bassa vergognosamente. La cosa fa-cile è disperare ed è la grande tentazione”.
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11 Ottobre 2010
Il vetro infranto
essere spezzati!
Motto tedesco
Quanto è stato detto e scritto sulla feli-cità! Il fatto stesso che in italiano (ma non solo) tale parola abbia tanti sinonimi è già emblematico della sua complessità e fragili-tà: gioia, beatitudine, soddisfazione, piacere, delizia, esultanza, godimento, benessere, tri-pudio, giubilo, allegria e così via. Eppure se analizziamo questi e altri voca-boli, ci accorgiamo che sono sempre in ag-guato sensazioni e sentimenti tra loro contra-ri come infelicità, scontentezza, amarezza, tristezza, insoddisfazione, malinconia, dolo-
Ecco allora la verità del proverbio tedesco,
del vetro: è trasparente, limpido, rispecchia, brilla ma basta una disattenzione o un picco-lo ciottolo per ridurlo in schegge. Bisogna, dunque, custodire la gioia con cau-
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tela e premura. Essa non è genuina quando è eccessiva, pagliaccesca, “caciarona” (come si dice a Roma). Lo scrittore francese Renè de Chateau-briand osservava che “la vera felicità è sem-plice e costa poco, ma è rarissima”. Non la si può acquistare, al massimo si compra il piacere, vivendo con noi stessi, con la nostra dimensione più profonda e spirituale. Proprio per questo è facile perderla, appe-
grossolani, immaginando che essa sia fuori di noi e nelle cose.
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Non di solo pane
8 Ottobre 2010
Il pane conserva quasi una maestà divina. Mangiarlo nell’ ozio è da parassita;; guada-gnarlo laboriosamente sembra un dovere;; ri-
Charles Pierre S.J.
Centrale è certo il tema della fame nel mondo, un argomento spesso declamato con
-ve di un millimetro l’impegno degli stati e le scelte della società. Alla mensa della terra, noi occidentali ci siamo accaparrati i posti migliori e ci siamo
-mensa che è in piedi o sdraiata, pronta solo a catturare le nostre briciole.
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8 Ottobre 2010
Nelle piccole cose
Nelle grandi cose gli uomini si mostrano come conviene a loro mostrarsi. Nelle picco-le, invece, si mostrano come sono.
Nicolas De Chamfort
Le sue parole sono sacrosante. Quando sia-mo in pubblico, cerchiamo di far colpo con tutte le risorse possibili, comprese quelle dell’inganno, del fuoco di paglia, dell’ipocri-sia.Le “grandi cose” sono per buona parte frut-
-ne. Nelle “piccole cose, quando non è neces-sario allargare la ruota del pavone, ciò che conta è la realtà, la fedeltà, la pazienza.Ed è qui che si svela ciò che noi siamo: for-
egoisti, gretti e meschini.
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7 Ottobre 2010
Perdere
Dov’è è la vita che abbiamo perso vivendo? Dov’è è la saggezza che abbiamo persa nel sapere? Dov’è è il sapere che abbiamo perso mettendo insieme nozioni?
Thomas S. Eliot
Il grande poeta Eliot nato nel Missouri nel 1888 e morto a Londra nel 1965, evoca in questi versi un verbo perdere che era tanto caro a Qualcuno, tanto da descrivere un pa-radosso, quello del “perdere per trovare”, del donare per avere. Usando però lo stesso verbo in altra direzio-ne (al contrario), spesso ci si aggrappa alla vita cercando di goderla in ogni suo attimo, stringendola egoisticamente nelle braccia per non sciuparne un brandello, tenendola tutta
sembra vuota, fuggita via come sabbia che scorre da una mano. Similmente si afferra il sapere, convinti di alzarsi sopra gli altri, di scoprire la via del successo, l’abilità nel guadagno e la gloria del
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-scere il senso profondo della propria vita. Come dice l’ultimo verso, abbiamo “messo insieme tante nozioni” ma non abbiamo tro-
esistenza, non abbiamo mai provato il gusto del conoscere, del comprendere, del vivere in pienezza. E’ questo “perdere” il vero dram-ma, e non tanto il “perdere” soldi o fortuna o successo.
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6 Ottobre 2010
Promesse
Promettete, promettete a lungo, perché la speranza è più viva della riconoscenza.
Abbè De La Roche
La battuta è interessante ed è spesso una divisa dei politici che certamente non rispar-miano sulle promesse. La riconoscenza è ben
alla speranza di favori. Questa è una verità sacrosanta: tutti forse hanno scoperto che, se sei ritenuto neces-sario per un favore o per la carriera di un altro, sei sempre da lui blandito o, comunque tenuto in considerazione e rispetto. Una volta raggiunto lo scopo, l’altro ti ringrazia e tutto
pura e sincera. Ma anche evitiamo, se è in nostro potere fare un favore, di giocare con le promesse e di far sperare inutilmente a lungo. Mark Twain notava che “la gratitudine è un debito che di solito si va accumulando, come succede con i ricatti: più paghi, più te ne chiedono!”.
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5 Ottobre 2010
Un idiota ricco
Un idiota povero è un idiota. Un idiota ricco è un ricco.
Se l’imbecille è ricco, ecco che appare su-bito la differenza rispetto al cretino che è po-vero. A lui si riserva sempre un trattamento di favore a causa della forza del suo denaro. E’ questa, una legge a cui tutti ci adattia-mo: quante volte si è pronti ad incensare il ricco o il potente di turno, anche se quelle che emette sono solo idiozie e insulsaggini. Il mitico ragionier Fantozzi che striscia di fronte al padrone anche quando gli prospetta un’as-surdità alberga, seppur in minima parte, un pò in tutti noi.
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5 Ottobre 2010
Demone della perdizione
Talora noi obbediamo allo stesso impul-so che induce l’uomo a tentare il pericolo, a
ringhiera aerea, a saggiare un veleno con la punta della lingua. Il demone della perdizio-ne, cosiddetto, forse. Dino Buzzati
Tutti, almeno una volta in vita, si sono sen-titi in balia di questo “demone della perdizio-ne” che spinge verso il proibito e l’impossibi-le. E’ qualcosa di diverso dal rischio, perchè
-lità positive di riuscita. Qui, invece, è solo il gusto di voler provare l’ebbrezza della distruzione e della follia. Ne sappiamo qualcosa quando si ha notizia di certi giochi assurdi dei giovani che tentando di varcare la soglia tra vita e morte con un balzo, spesso con esiti fatali.E’ il caso delle corse d’auto, con relative scommesse, su strade urbane col risultato non raro di seminare morte e di imboccare la
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via del suicidio. Un gusto quasi masochistico del proibito. L’avvio, dunque, può essere in-
Attenzione quindi, alla sottile presa del “de-mone della perdizione” e ai suoi imprevedibili approdi.
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1 Ottobre 2010
La cornacchia e i pavoni
Una cornacchia presuntuosa si agghindò di penne di pavone e si mescolò a quegli splen-didi uccelli. I pavoni la riconobbero e le piom-barono addosso per strapparle di dosso quel-la maschera ingannevole. “Smettete” gridò la cornacchia, “avete già riavuto il vostro!” Ma i pavoni vedendo le penne migliori della cornacchia, risposero: “Taci, miserabile, che anche queste potrebbero essere non tue!”. E continuarono a beccare.
Gotthold E. Lessing
La vanità è un vizio che si ripercuote ma-lamente su chi lo pratica. Costui, dopo aver provato l’ebbrezza dell’esaltazione, precipi-ta nell’ abisso dell’ umiliazione. Entrambi gli estremi sperimentati sono falsi, sia quello
-giamento che spesso va ben oltre la realtà del vanitoso. Eppure la vanità continua a giocare brutti scherzi a tutti perché, almeno in un angolino dell’anima, distilliamo questo sottile piacere
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tentando prima di esaltarci coi sogni e poi cercando di aureolarci all’esterno. Illusi dal nostro orgoglio, avanziamo pavo-neggiandoci e le nostre orecchie sono turate, così da non udire i sarcasmi degli altri;; alla
lode dall’ironia, il successo dal ridicolo.
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30 Settembre 2010
Antipatici
Non voglio che la gente sia troppo simpati-ca: questo mi risparmia il disturbo di volerle molto bene.
Jane Austen
L’idea è interessante: che la gente sia an-tipatica ci dispensa dal dover intessere rap-porti con essa. E’ una sorta di alibi per igno-rare il prossimo. Bisogna riconoscere che ci sono persone che operano attivamente per rendersi insopportabili e crearsi attorno una cortina di isolamento. Ma c’è un’ altra consi-derazione più umana da fare: la simpatia o l’antipatia sono contagiose. Allora, se voglio mutare il clima avvelenato delle relazioni, devo agire in modo antitetico, non adeguan-domi a quell’atmosfera perversa. Per spiegare questo atteggiamento uno scrittore inglese (W. Thackeray) affermò: “Il mondo è come uno specchio che a ciascuno restituisce la sua immagine: fategli il broncio e vi guarderà male, ridete di lui e con lui, e sarà per voi un gioviale e cortese compagno”.
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25 Settembre 2010
Occhi nuovi
A volte, più che di un mondo nuovo, c’è bi-sogno di occhi nuovi per guardare il mondo.
Claudio Baglioni
Spesso si ricorre all’immagine delle lenti che, se scure, obnubilano l’intero orizzonte. Il mondo talvota ci pare tanto brutto e mal-vagio perchè è il nostro sguardo a non essere più abilitato a cogliere i colori e le diversità.C’è una sorta di daltonismo spirituale che assegna il grigio a tutta la realtà rendendola odiosa e insopportabile. Lo scrittore inglese Chesterton evocava in una sua opera la bat-tuta di una bambina che diceva: “Un ottimi-sta è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi”.
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23 Settembre 2010
I nodi si sciolgono
I nodi più tenaci si sciolgono da soli, poichè la corda si consuma. Tutto se ne va, tutto passa, l’acqua scorre e il cuore dimentitca.
Gustave Flaubert
Così meditava il famoso scrittore Gustave Flaubert. Le immagini sono incisive: l’usura dei nodi con il passare del tempo e col con-
dell’acqua, il dissolversi delle cose, l’oblio dell’anima. Certo, questa regola che segna le vicende
estinzione, concede una tregua alle tensio-ni, genera nuove attese e così via. Proprio per questo non bisogna mai disperare, bensì aspettando con costanza e coraggio il futuro. Ogni giorno porta con sè la sua pena ma è anche vero che ogni alba che sorge, può con-
con realismo sulla fragilità della vita e delle cose.
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-zione è perituro. I nodi fermi si allentano, le stesse passioni sveniscono, i beni si dissipa-no ed è per questo che rimane sempre valido l’appello evangelico a cercare tesori che non siano consumati o rapinati da ladri. Sono quei valori permanenti che si fonda-no sull’amore, sulla giustizia, sulla verità, sul bene: queste sono verità eterne.
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21 Settembre 2010
Il sorpasso
“Preferisco essere superato che inseguito”. Purtroppo sono rari i maestri che accettano di essere superati. Ancor più rari quelli che ti sollecitano al sorpasso e ne sono lieti. La
grosso, pretenderebbero che tutti si accam-passero stabilmente nelle posizioni acquisite e agitassero i ventagli delle ripetizioni.
Alessando Ponzato
L’educatore, come dice la stessa etimologia del termine, dovrebbe essere colui che “con-duce fuori” dall’altro tutta la sua ricchezza,
E invece spesso si vuole prevalere, avere il primato pretendendo che l’allievo lo segua o al massimo stia al suo livello “agitando il ventaglio” dell’adulazione o della ripetizione. E invece dovrebbe avere il coraggio, ma-estro, sacerdote, genitore, guida sociale, di spingere il giovane ad andare oltre nel cam-mino della conoscenza e della vita per svilup-pare quei doni che ognuno ha a suo modo e
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in misura diversa.
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20 Settembre 2010
La nave e la tempesta
Non si deve abbandonare la nave alle tem-peste solo perché non si possono estinguere i venti: si deve operare, invece, nel modo più adatto per cercare di rendere se non altro minore quel male che non si è in grado di volgere al bene. Tommaso Moro
L’immagine della nave sballottata da forze naturali che superano ogni capacità umana ben illustra la scelta da compiere che non è quella della rassegnazione inerte e scorag-
-teica e suicida. Si ha, così, una lezione sulla pazienza ope-rosa, sulla perseveranza nelle piccole cose. Certo, per vincere nella bufera della vita spesso bisogna accettare umiliazioni, tollera-re molte prove, lavorare con costanza attor-no a piccole cose. E questo non dà né medaglie né grandi elo-gi o consolazioni. Eppure è solo così che si riescono a superare ostacoli a prima vista in-
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valicabili. Luigi Pirandello diceva: “E’ molto più facile essere un eroe, che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto;; galantuo-mini, si dev’essere sempre”.
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15 Settembre 2010
Solo o insieme
Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi camminare lontano, cammina insieme. Proverbio del Kenya
Sgomitare, calpestare, prevaricare per cor-rere da soli e così essere primi: è un pro-gramma che ci ha abituato la civiltà contem-poranea, nella convinzione che questa sia la via del successo. Con questa calamita dentro, ci muoviamo con frenesia e raggiungiamo anche mete alte in breve tempo. Raggiunto il successo, ci si accorge subito che è breve e fragile, non ci accontenta ma inquieta, non estingue le aspirazioni ed ecco, allora, la possibilità della crisi, dell’insoddisfazione, dello stress da po-tere o da ricchezza. L’ importante, infatti, per la creatura umana non è primeggiare ma attuarsi in pienezza. Come dice il bellissimo (per me), aforisma keniota, ciò che conta non è arrivare primo
Ed è per questo che è necessario essere in-
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sieme. Nel tempo della caduta, se hai vicino l’altro che ti vuol bene, egli ti solleva e ti so-stiene. Paul Claudel poeta francese diceva: “la chiave di un uomo si trova negli altri: è il contatto con il prossimo che ci illumina su noi stessi, e da questo contatto scaturisce la luce su noi stessi”.
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14 Settembre 2010
Più sforzi per le famiglie in crisi
-ma che merita un’attenzione speciale e che, per la gravità delle conseguenze sul tessu-to sociale, richiede la catalizzazione di tut-te le risorse disponibili. L’estate in corso ci sta riservando un marasma di sciocchezze, d’insulti, di nefandezze che sentire parlare un autorevole economista che “Bisogna tornare
”, dovrebbe risultare per noi un faro stimolante. Purtroppo a proposito del quoziente fami-liare, tranne in campagna elettorale, non si parla di serie iniziative che troppe volte ri-
-tuzioni, a separazioni sempre in aumento;; la
al declino. Leggevo che in Francia il capitale investito per le politiche familiari è circa il 4,4% del
-ria molto grande, che per essere maneggiata richiede processi contabili molto rigorosi. La “ridistribuzione monetaria” è riconducibile a
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servizi per la prima infanzia, famiglie nume-rose, abitazione, aiuto alle famiglie monopa-rentali, strappare le famiglie alla povertà;; la proporzione dei bambini poveri in Oltralpe è passata dal 27,7% al 7,7% (fonte Unicef). L’azione sociale riguarda principalmente i servizi alla prima infanzia (75%) ma vi sono compresi anche abitazione, sostegno alla funzione genitoriale, mediazione familiare, accompagnamento sociale delle famiglie in
-litica, invece di pensare solo ad alleanze e non guardare ai bisogni della gente, al bene comune, ai problemi delle persone, a comin-ciare dagli ultimi della scala sociale;; per so-
istituzioni che hanno a cuore la coesione del-la società. La famiglia è un serio capitale, da non sper-perare a cuor leggero;; essa è e continuerà a essere un soggetto portante e importan-
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singoli in quella solidarietà degli affetti che si traduce in aiuto reciproco quando vi è un anziano in casa quando va in crisi il lavoro quando qualcuno si ammala... Ogni volta che la famiglia diviene più debole, anche la socie-tà lo è un po’ di più.
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1 Settembre 2010
Progetti
Il risultato dei progetti programmati con cura è sempre scambiato per fortuna dagli stupidi.
Dashiell Hammet
I progetti sono promesse che la fantiasia fa
pericolosi.
Jean Louis Vaudoyer
Gli stupidi non sanno che per raggiunge-
paziente lavoro di progettazione e program-mazione. Pensano, invece, che basti solo la fortuna (intendiamoci, anch’essa può avere la sua parte).
-gnano sovrane ed è ad esse che, purtroppo, spesso arride la fortuna.
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26 Luglio 2010
Dopo la violenza, sono tante le cose catti-ve: l’inganno, il mentire, il tradire. Ma una delle peggiori è il corrompere, il far morire
con i giovanissimi, con gli stessi bambini...
giovani non più un’ alba di maggio ma solo le ombre di una sera senza stelle - e mai più il sole - non fa onore agli uomini di quaranta, cinquant’anni.
Anna Maria Ortese
Qual’è mai la testimonianza e l’esempio che noi offriamo alle giovani generazioni?
loro spegnendo ogni loro attesa e mostran-
sul buio, sul non senso, sul vuoto? Certo, è infame corrompere il bambino con gli orro-
sottile devastazione ed è quella di seminare indifferenza morale, scetticismo, volgarità,
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Diceva ancora la Ortese: “Non si può cre--
chiare di colpo”. E’ ciò che spesso vediamo davanti a noi: ragazzi divenuti già vecchi per-ché corrotti, pessimisti, banali, rassegnati e inerti. E’ questo spreco di energie e di qualità che bisogna arrestare, e famiglia, scuola e comu-nità ecclesiale non possono assistere rinun-
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22 Luglio 2010
Il bene comune
Tra le idee che più frequentemente vengo-no espresse in questo periodo, sento parlare di “Bene comune“, (non ultima l’acqua), una verità che sembra andare in eclisse. La teoria del bene comune o della fraternità, dovrebbe esser misurata sulla condivisione o sul “prin-cipio del dono” . Purtroppo oggi ciò che vediamo attorno a noi contraddice spesso il bene comune. Molti neppure se ne rendono conto, vittime forse della logica del cosiddetto libero mercato, oggi sistema dominante, che parte dall’as-sunto che la molla dello sviluppo economico sia la ricerca individuale del proprio benesse-re e vantaggio, nella convinzione che la ric-chezza così accumulata si riversi poi su tutta la società. Ha come metro di valutazione il “PIL”, prodotto interno lordo che si ottiene sommando la ricchezza prodotta in un anno dalle imprese e dai singoli dividendola poi tra tutti i cittadini. Questa è la ricchezza pro ca-pite. Ma lo vede anche un cieco che questo è un calcolo che nega il “bene comune“ im-
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maginando una società dove tutti sarebbero ugualmente ricchi ma solo per le statistiche. La realtà purtroppo è ben diversa ed è la solita storia dei polli: uno ne mangia quattro, un altro tre, un altro uno e uno non vede neppure le piume... Eppure secondo la stati-stica, ciascuno ne ha mangiato due a testa: pro capite appunto.
quanto più ci si adopera per il bene comune“, che si potrebbe chiamare anche impegno po-litico, ossia un impegno per la comunità civile e politica intendendo quest’ultima però polis, che dal greco vuol dire la città;; un valore che fa attenti non solo al benessere di ciascun individuo ma anche alla qualità della vita di “noi tutti“.
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21 Luglio 2010
Distribuzione delle risorse
La popolazione dell’Africa ha superato 1 mi-liardo di persone e stando alle previsioni nel 2050, potrebbe raggiungere i 2 miliardi. La crescita maggiore arriva proprio dai Paesi più poveri del mondo mentre in Europa, al netto
addirittura diminuire.L’aumento vertiginoso del numero di abi-tanti genererà un vero e proprio esodo dalle aree rurali verso le città creando baraccopoli alle porte delle metropoli. Saranno più fre-quenti fenomeni di xenofobia, come quelli re-centi in Sudafrica a scapito dei profughi dello Zimbawe;; neri contro neri, proletariato con-tro sottoproletariato.L’Africa è anche il continente dove vive la popolazione più giovane del pianeta e si sti-ma che nel 2050 il suo numero raggiungerà i 349 milioni pari al 29% dei giovani di tutto il mondo. Dalle statistiche emerge che l’at-tuale popolazione del Canada è quasi uguale a quella dell’Uganda, impossibile comparare il reddito ovviamente e la forchetta si allar-gherà sempre di più perchè sempre nel 2050,
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gli ugandesi si triplicheranno mentre i cana-desi ora 34 milioni arriveranno a 42, al netto dell’immigrazione.Il dato drammatico riguarda la distribu-zione delle risorse economiche;; già oggi la metà del mondo vive in situazione di pover-tà: secondo statistiche americane attendibili, nel 2009 il 48% della popolazione mondiale ha vissuto con un reddito di 2 dollari al gior-no. Non solo, è più che fondata l’ipotesi che centinaia di milioni di persone non godano neppure di questa somma giornaliera, vivono con meno;; di niente.
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14 Luglio 2010
Attenzione o ammirazione
Val molto di più avere la costante attenzio-ne degli uomini che la loro occasionale am-mirazione. Jean Jacques Rousseau
Sui giornali si esaltano attori, scrittori, per-sonaggi pubblici ma di costoro che cosa si dirà l’anno prossimo o fra dieci anni? Saran-no certamente dimenticati perché purtroppo la società in cui viviamo si regge sull’ammi-razione più che sull’attenzione. La stessa comunicazione di massa ha adot-tato la via dell’eccesso per cui fa notizia il gesto più esasperato, la novità più pittoresca
fuoco di paglia, l’esplosione pirotecnica, la spettacolarità, l’enormità meritano sempre la prima pagina o l’apertura di telegiornale. L’attenzione, invece, suppone un pacato argomentare, l’offerta di ragioni, l’approfon-dimento ed esige “tensione”, come dice il ter-mine stesso. E’ solo così che si è veramente maestri:
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non perché si strappa la standing ovation una -
sione.
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12 Luglio 2010
Sulla sabbia o nel cuore?
Ho scritto il tuo nome sulla sabbia, ma l’on-da l’ ha cancellato. Ho inciso il tuo nome su un albero, ma la corteccia è caduta. Ho scol-pito il tuo nome sul marmo, ma la pietra si è rotta. Preso dalla disperazione, ho nascosto il tuo nome nel mio cuore e là il tempo l’ha conservato. Anonimo
Il tema è semplice e può toccare sia l’amo-re di coppia sia ogni genere di relazione in-terpersonale e, in senso più lato, ogni impe-gno di donazione al prossimo. Le professioni
si sa, i bei discorsi lasciano tracce esili, anche quando sono frementi e incisivi. E’ l’ingresso nel santuario della coscienza, nel profondo della volontà, nella serietà del-la vita che rende l’amore solido e costante. Le molte parole, le smancerie, le espressioni retoriche lasciano il tempo che trovano, pur avendo una loro funzione. Ciò che conta e permane è la scelta del
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cuore, ossia dell’interiorità, che si consacra all’altro con verità e intensità. Purtroppo l’educazione a vivere in questo modo l’amore è rara e accade quello che scetticamente osservava nel Gattopardo To-
per un anno e cenere per trenta!”.
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9 Luglio 2010
Il nostro campo visivo
Ognuno di noi confonde i limiti del suo cam-
Arthur Schopenhauer
pessimista, coglie in modo ironico un atteg-giamento a cui tutti siamo tentati di indulge-re, quello di ritenere noi stessi misura di ogni cosa. Spesso, sull’onda di questa attitudine,
-zione cercando di difendere l’indifendibile e di opporsi anche all’evidenza. Alla radice di questo comportamento c’è la smisurata venerazione del proprio io, delle proprie idee e convinzioni. Quando si inco-mincia a praticare questo “massaggio” dolce e appassionato del “super-ego”, come dicono
Anzi, si può persino giungere alla convin-zione di essere vittime di invidia o cattiveria quando altri tentano di mostrarci che il mon-do della verità è ben più ampio del nostro pe-rimetro intellettivo e visivo. E così si diventa
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acrimoniosi, ci si lamenta di essere incom-presi, ci si racchiude in un altezzoso silenzio. Ecco, allora, la necessità dell’autocritica, dell’esame di coscienza e di quella virtù che ai nostri giorni è sbeffeggiata, l’umiltà. Il grande poeta anglo-americano Thomas S.Eliot (1888-1965) ammoniva che questa
niente è più arduo a morire della volontà di pensar bene di se stessi, sempre e comun-que”. Non per nulla, il primo dei vizi capitali è proprio la superbia.
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30 Giugno 2010
Abbattere i muri
Chiudere la porta non garantisce la sicurez-za, e la storia l’ha dimostrato. L’unico modo per accrescere la sicurezza non è alzare altri muri, ma creare spazi aperti nei quali tutti possano dialogare e sentirsi partecipi dello stesso mondo. Zigmunt Bauman
Si dice che l’unica opera umana terrestre visibile dalle grandi altezze stratosferiche sia la Muraglia cinese, un imponente e possente sistema di difesa che però non riuscì a rende-re inviolabile la Cina. L’illusorietà delle odier-ne porte blindate, simbolo del nostro vivere quotidiano, è evidente: noi oggi abbiamo più paura di ieri. Lo spazio aperto del confronto e del dialogo è, certo, rischioso, ma è l’orizzonte più adat-to a essere veramente creature umane e non bestie feroci che hanno bisogno di recinti e serragli. Siamo anche noi diversi rispetto ad altri, siamo pure aggressivi;; abbiamo identità a cui
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non dobbiamo rinunciare, evitando di cade-re in un letargo fatto di indifferenza. Eppure tutti siamo “partecipi dello stesso mondo” e il primo nostro nome - che precede quelli fa-miliari, tribali e nazionali - è Adamo, ossia in ebraico “uomo” ed è a questa riscoperta della identità comune che dobbiamo dedicarci.
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28 Giugno 2010
Il Merito e la qualità
Il mondo ricompensa più spesso le appa-renze del merito che non il merito stesso... Il male che facciamo non ci attira tante perse-cuzioni e tanto odio quanto ce ne procurano le nostre buone qualità. Francois La Rochefoucauld
-troppo, anche molto veritiere. Entrambe toc-cano la perversione dei giudizi che la società pratica assai allegramente. Da un lato, c’è appunto il giudizio sul me-rito delle persone: non bisogna essere par-ticolarmente pessimisti per riconoscere che è l’apparenza a essere premiata e non cer-to il valore genuino. Tutto questo è favorito dal contesto in cui viviamo: mai come oggi è l’apparire a spuntarla sempre, è la capacità di imbonimento e di ornamento ad avere la meglio. D’altro lato spesso si è pronti a a compren-dere e a perdonare i vizi di una persona (essi ci fanno, infatti, sentire superiori) ma non si
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riesce a tollerare la statura morale, il rigore, l’intelligenza di un altro. Siamo inclini a dipingere quell’onestà come ipocrisia, come inganno, come vantaggio per-sonale e forse inzuppiamo il pane nella tazza dell’ironia, della critica, della mormorazione.
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18 Giugno 2010
Corruzzione: da noi reato non grave
Ho il fondato sospetto che l’Italia sia il solo Paese dell’Occidente che considera la corru-zione un reato non grave. Nessuno pare chie-dersi se ce lo possiamo permettere, quali ne saranno i frutti, quali i costi economici e im-materiali;; quale il futuro di una Nazione dove “corrotto” e “corruttore” sono considerati at-
uno “scippatore”, “immigrato clandestino”, automobilista distratto”, e la corruzione così
-nalizzazione o una permanente amnistia. Sono convinto che quel mascalzone di Ma-doff, che ha trafugato 50 miliardi di dollari ai suoi investitori, ne gioirebbe maledicendo di non essere nato italiano. E’ stupefacente questo silenzio, questo occultamento specie televisivo, perché ognuno di noi paga anco-ra oggi e pagherà domani quasi sette punti di prodotto interno lordo ogni anno, 25 mila euro di debito per ciascun cittadino della Re-pubblica, neonati compresi. La corruzione dovrebbe trovare una sua as-soluta priorità nell’ agenda politica e gli ita-
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liani se ne rendono conto, lo sanno, lo sap-piamo che per trovare un lavoro, un appalto, una consulenza, occorre passare dal clan po-litico locale;; non c’ era bisogno degli ultimi arresti per capire che l’ Italia è disseminata di centinaia di Anemone.
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1 Giugno 2010
Il dito e il braccio
Molti, se porgi un dito, ti prendono un brac-cio: sono quelli che, se ti occorre un braccio, non porgeranno un dito.
Guido Mazzoni
Quante volte anche noi ci siamo lamentati di persone che ci hanno chiesto una mano e poi ci hanno preso anche il braccio e spesso non siamo più riusciti a divincolarci dal loro peso ormai avvinghiato a noi. E la gratitudine che ti manifestavano era la muta (o esplicita)
Certe persone sono invece la discrezione incarnata: mai si azzarderebbero a importu-narti anche quando la loro situazione è grave e meriterebbe sostegno. Ma ci sono anche quelli che non hanno ritegno e, con faccia tosta, non esitano a martellarti di richieste,
-recano. Quando tu hai bisogno di questi petulanti che ti hanno preso dito e braccio, puoi star certo che non muoveranno un dito. La ragio-
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ne è chiara: chi è egoista non può che porre se stesso al centro e far ruotare gli altri a co-stellazione attorno a sé;; mai riesce a varcare quel centro egocentrico per indirizzarsi verso l’altro donando qualcosa di sé.
scrittore americano Ambrose Bierce: “Una persona che si interessa più di sé che di me!!”
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24 Maggio 2010
Il razzismo
Il pregiudizio razziale troverà sempre un fertile terreno in quella piccola e debole cosa che è il cervello umano. James Baldwin
Il razzismo pacchiano e isterico del nazi-smo, quello un po’ ridicolo e fanfarone del fa-scismo, la xenofobia che ancor oggi serpeg-gia sotto apparenti forme di autodifesa nasce appunto dalla paura dell’ altro e del diverso. Certo, la coesistenza delle differenze è spesso ardua ed esige un paziente lavoro di dialogo e di rispetto da entrambe le parti. Tuttavia la brutalità del rigetto razzista, oltre a non risolvere i problemi, anzi a renderli più tesi, non libera dai timori e rende la vita pie-
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22 Maggio 2010
I propri errori
Non ho mai conosciuto un uomo che, ve-dendo i propri errori, ne sapesse dar la colpa a se stesso.
Confucio
Quando la vita ci dimostra che abbiamo sbagliato, a tutto siamo pronti, anche a giun-gere all’assurdo e al ridicolo, pur di non rico-noscere che la colpa è nostra. Le scuse in-fantili addotte dal bambino sorpreso con le mani nella marmellata sono le stesse, certo,
riproporre da adulti, pur di non confessare la nostra fragilità e responsabilità.Il coraggio di confessare i propri errori ci fa-rebbe più forti e più apprezzati, diceva Gan-dhi, ma è una strada scarsamente imboccata.
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20 Maggio 2010
Cinismo dilagante
Giorni orsono qualcuno ha ricordato che quando eravamo più poveri sembravamo migliori. Non credo siano bastati “un po’ di soldi a ridurci così”. E’ cambiata la speranza, deformata dal dilagare del cinismo, seminato a piene mani dal potere. Qualcuno dirà che è necessario per sopravvivere in un mondo di lupi;; qualche altro affermerà che deve es-sere l’indispensabile dote di chi comanda o ha responsabilità, altri ancora pensano e mi pare che lo dichiarasse Lenin, che il cinismo è nella realtà stessa delle cose e della storia. Sono nato insieme alla Costituzione, in una casa dove per anni la carta igienica ha avuto la forma rettangolare di fogli di giornali vec-chi ritagliati allo scopo. A partire dalla metà degli anni Cinquanta quella carta poco igie-nica, fu sostituita da un “rotolo“ che da bene di lusso si trasformava in bene popolare. Av-vertii intorno a me, oltre a qualche benesse-
possibile un “mondo migliore”. Oggi imboccare la strada del cinismo è sci-volosa e non si sa a quale approdo conduce,
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certamente alla spregiudicatezza e persino alla crudeltà. Oscar Wilde aveva coniato una
che sa il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna”. Il rischio maggiore è appunto quello di cal-colare freddamente ogni persona ed evento solo per quanto ti possano essere utili ed ho la sensazione che oggi venga diffuso ad arte e serva al potere per regolare i suoi conti.
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19 Maggio 2010
Uomini liberi
Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi. Leo Longanesi
Incisivo e sferzante, Leo Longanesi, noto giornalista, colpiva con questa frase gli italia-ni appena usciti dal regime fascista ma poco inclini a gustare la vera libertà. Essere liberi interiormente è un esercizio severo, suppone
Vuol dire persino di andare controcorrente, forse anche in mezzo al sarcasmo o alle bef-fe. Il grande Goethe faceva notare che “nes-suno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo dentro di sé”. C’è, quindi, con-fusione quando si blatera di libertà e poi si è disonesti, ingiusti con gli altri, egoisti, volgari e prepotenti. La libertà è, infatti, un atteggiamento in-teriore, una scelta di vita con una serie di valori e di contenuti, è cercare un senso per sé e la società e non un frenetico agitarsi. Più
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tà morale che si conquista e perfeziona ogni giorno. I veri uomini liberi non sono i libertini né i libertari parolai. Tagore, poeta indiano, scriveva: ”E’ facile soffocare, in nome della libertà esteriore, la libertà interiore dell’uo-mo”.
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18 Maggio 2010
Un uomo può avere due volte vent’anni, senza averne quaranta.
Vitaliano Brancati
Ci sono, da un lato, persone che hanno una vitalità straordinaria e non mostrano mai la realtà della loro anagrafe riuscendo a soste-nere un impegno che non conosce soste. D’altro lato però, c’è pure la possibilità di scoprire persone che giungono alla maturità cronologica ma che si rivelano ancora puerili,
passata su di loro senza lasciare traccia. Si può, perciò, dire che uno ha quarant’anni ma è come se fossero due volte venti, per l’operosità e la freschezza interiore e si può anche riconoscere che uno è giunto alla ma-turità ma che sembra essere un duplice ven-tenne, sbadato e svagato. Un bilancio è positivo solo se si è capaci di un esame di coscienza serio e il risultato non deve essere né ragione di scoraggiamento né motivo di illusione, ma principio di decisione
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mai di costruire se stessi”.
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17 Maggio 2010
Noi
Noi: è la solitudine che se ne va. Noi: è la tristezza che diventa felicità. Noi: sono le tue mani che cercano le mie. Noi: è essere insie-me anche quando sono solo. Oggi, domani e ancora quando dirò “Noi”, parlerò sempre di te.
Gino Paoli
E’ un pronome importante, usato e abusa-to, “noi”: enfatico, quando è impiegato per darsi un contegno coinvolgendo gli altri con il nostro pensiero, suggestivo quando indica una vera amicizia o un amore che non ti fa più dire “io” perché la tua vita è unita a quel-la dell’ altro, in una comunione e intimità di affetti, di scelte, di ideali. Ha ragione Gino Paoli: se puoi dire con sin-cerità “noi”, avendo accanto un’altra persona a cui vuoi bene, la solitudine se ne va, la tri-stezza svapora, le mani si stringono, l’isola-mento cessa e la vita s’illumina. Qohelet, sapiente biblico, ammoniva: “Guai a chi è solo: se cade, nessuno lo rialzerà;;
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se dorme da solo nessuno lo riscalderà;; se è aggredito, nessuno lo aiuterà a resistere”. E lo scrittore russo Nabokov giustamente dice-va che “la solitudine è il campo da gioco di Satana“.
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14 Maggio 2010
Il volto
Il volto: la parte più indifesa di noi, la più esposta, la più rivelatrice, ma anche la più
guardandolo in faccia. Italo Mancini
L’odio e la paura dell’altro nascono proprio da questa incapacità di guardarci in faccia: scopriremmo di essere del tutto simili, se-gnati dalla stessa impronta umana, fratelli nel dolore e nella gioia. E’ per questo che gli innamorati veri, esaurite le parole, si guarda-no negli occhi. Il viso è la nostra identità svelata ed è per questo che, quando si è in imbarazzo o in tensione, si cerca di evitare lo sguardo. Lo scrittore tedesco settecentesco Georg Lichtenberg notava che “il volto umano è la
E il nostro scrittore Oreste del Buono (1923-2003) ribadiva che “non c’è nulla di più sconosciuto della faccia di una persona che conosci: se la guardi a lungo diventa non
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so cosa, un paesaggio”. Riscopriamo allora, questa particolare capacità silenziosa di dia-logo e di incontro con gli altri, così da far ca-dere prevenzioni e da accendere simpatia e comprensione.
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11 Maggio 2010
Il cavallo dei sioux
Regala un cavallo a chi ti assicura che dirà sempre la verità. Ne avrà bisogno per fuggire quando scoprirai che ha sempre mentito. Proverbio Sioux
L’asprezza della considerazione la rende autentica: la sapienza popolare, infatti, non indulge all’ encomio e al vezzeggiativo, ma spesso punta sui vizi per sbeffeggiarli. E bi-sogna riconoscere che quasi sempre tocca nel segno. Chi non ha sperimentato la delu-sione di essere stato ingannato da un amico che ti aveva promesso fedeltà e verità? Ma al tempo stesso anche noi talvolta abbiamo promesso sincerità e schiettezza e poi ci sia-mo impegolati in doppiezze e falsità. Ostentare lealtà e verità è, purtroppo, un esercizio che deve mettere in sospetto il de-stinatario;; è quella malattia dell’ anima chia-mata ipocrisia. Goldoni nel Il Bugiardo osser-vava giustamente: ”Le bugie sono per natura così feconde, che una ne suole partorire cen-
il cavallo dei Sioux!
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11 Maggio 2010
Sorridere
Dio ti dà il tuo volto. Sorridere tocca a te.
Motto irlandese
Tutti abbiamo una faccia bella o brutta di cui non siamo responsabili;; possiamo però
che riesce a fare un sorriso. E’ stato detto che ridere è un’azione tipicamente umana,
-dens, ha in sè una forza dirompente perchè
Ecco, allora, la necessità di non ridursi a persone come sempre cupe, che sembrano inseguite per le strade da un avvoltoio. E’ possibile ritrovare, anche nell’amarezza, un
sbocciare in un sorriso.
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10 Maggio 2010
Ridere
Chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire.
Giacomo Leopardi
E’ un passo del suo Zibaldone che contie-ne una verità molto delicata, spesso pronta a travalicare in errore, come infrangendosi. Ribadiva “Grande tra gli uomini e di gran ter-rore è la potenza del riso: contro il quale nes-suno si trova difeso da ogni parte. Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo, poco diversamente di chi è preparato a morire”. Infatti, il vero riso non solo vede il lato po-sitivo della realtà e ti aiuta a vivere anche nei contesti più ardui (noto è il detto secondo cui il ridere “fa buon sangue”) ma ti aiuta pure a demolire le ipocrisie, facendo vedere che “il re è nudo”, nonostante la propaganda dica il contrario. E’ per questo che l’ ironia è segno di libertà e di intelligenza ed è ciò che manca ai benpensanti gretti, tra i dittatori, tra i “la-mentosi” sistematici. Bisogna però ricordare che il vero ridere
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-ronia non deve precipitare nello sberleffo, la satira verso l’ offesa cattiva, il linguaggio sar-castico trasformarsi in insulto truce.
il riso eccessivo o l’ ironia esagerata è come “il fegato delle oche di Strasburgo (quello
l’individuo”.
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5 Maggio 2010
I corrieri del re
Venne data la possibilità di scegliere fra di-ventare re o corrieri del re. Come bambini, vollero tutti esser corrieri. Per questo ci sono soltanto corrieri, scorrazzano per il mondo e, poiché di re non ce ne sono, gridano i mes-saggi ormai privi di senso l’uno all’altro. Vo-
vita, ma non osano farlo per via dell’impegno che si sono presi. Franz Kafka
Forse noi ci accontentiamo spesso del meno. Soprattutto ci cattura l’idea più esteriore, più appariscente più dinamica. Vuoi mettere essere libero di correre dove vuoi, vedendo orizzonti sempre nuovi? E’ un’avventura che rende la vita allegra, piena di cose: non im-porta che il messaggio che devi trasmettere sia ormai del tutto svuotato di senso. Ripeti le parole, consumi atti e tempi;; ma
che tutto questo sia senza senso. Non c’è più un re, ossia una sorgente vera di quelle
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parole, un punto di riferimento stabile come un trono. C’è solo una gazzarra di movimen-ti e di voci, come in un formicaio impazzito. E’ necessario fermarsi. Anche se si ha paura a guardare nel fondo dell’anima, è solo per questa via che si può ritornare a una dignità
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29 Aprile 2010
Se io potrò impedire a un cuore di spezzar-si, non avrò vissuto invano. Se allevierò il do-lore di una vita o guarirò una pena o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano. Emily Dickinson
-gio immediato e cristiano. Non si è vissuto invano, non perché non si sono realizzati grandi progetti, non perché folle non ti hanno acclamato e neppure perché hai lasciato libri che s’impolverano nelle biblioteche. Il vero lascito che assicura l’eternità è l’a-more che si è seminato, anche nei piccoli ge-sti com’è quello di sorreggere un pettirosso appena nato o fare una carezza a chi ha una pena e forse non sa esprimerla. “L’impedire un cuore spezzato”, indica che troppo spes-so noi passiamo in mezzo al nostro prossimo con la sicurezza e il distacco di un principe che non si cura della gente. Non ci accorgiamo delle domande mute,
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delle persone deboli che spintoniamo, dei sentimenti delicati che ignoriamo e persino
senza smancerie ma con dolcezza, darà agli altri e a noi la consapevolezza di non essere vissuti invano.
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28 Aprile 2010
A pesca e a caccia
Il Maestro pescava con l’amo mai con la rete. Quando andava a caccia con l’arco, non tirava mai a un uccello sul nido. Confucio
La metafora è chiara: la rete devasta i fon-dali e ammassa ogni genere di pesci, da quel-li appena formati o rari a quelli di specie più
che è sul nido e sta covando, è pura crudel-tà eliminarlo. Nell’immagine di Confucio c’è una virtù che ai nostri giorni è spesso margi-nalizzata, la compassione. In un mondo così sguaiato come il nostro, non si va troppo per il sottile e si spazza via ogni sentimento di
-boli. Quante volte si assiste all’indifferenza di giovani e di adulti di fronte all’ anziano o al disabile che sale su un mezzo pubblico: stravaccati sui sedili, li si ignora e persino li si sbeffeggia. Scriveva Dostoevskij nell’Idiota: “La compassione è la più importante e forse l’unica legge dell’umanità intera”.
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28 Aprile 2010
Le sopracciglia
Furono dati gli occhi a un cieco: subito chie-se di avere anche le sopracciglia.
Aforisma georgiano
L’insoddisfazione non ci permette neppure di godere quello che abbiamo ottenuto per-chè, subito dopo, siamo pronti a protestare perchè desidereremmo qualcos’altro. Voglia-mo, esigiamo, pretendiamo, reclamiamo, ri-chiediamo senza sosta, quasi tutto ciò fosse dovuto. E’, questo, un vizio che riguardo non solo il possesso ma anche l’intelligenza: vor-remmo capire e risolvere tutto.Il poeta russo Sergej Esenin scriveva: “mo-strarsi semplici e sorridenti è l’arte suprema del mondo”. Vivere con semplicità e pensare con grandezza genera la pace interiore, libe-ra da tensioni incessanti, ed è il dono più pre-zioso dell’esistenza.
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27 Aprile 2010
Il grido solitario non ha valore, per quanto grande sia la sua eco.
Josè Carlos Mariategui
L’autore peruviano ci ricorda, sulla base di questa immagine, un principio che vale un po’ per tutti e non solo per i grandi della sto-ria. Se uno tiene per sé il tesoro di intelligen-za e di umanità che ha ricevuto e lo fa brillare soltanto sul picco isolato della sua interiorità
simile a coloro che seppelliscono in luoghi inaccessibili uno scrigno d’oro che invece po-trebbe sfamare molti. L’isolamento altezzoso e sprezzante non è la tentazione solo dell’intellettuale, ma è spesso anche il risultato comune di tanto egoismo o pigrizia e persino di superbia. I grandi artisti, i fondatori, i santi sono sempre scesi dalla vetta della loro creatività, dalla torre d’avorio della loro esperienza, dal-la foresta mistica per offrire le loro opere a chi viveva nel grigiore quotidiano o nella mi-
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l’amore. Anche se piccola è la nostra voce e l’eco, non chiudiamola dentro quattro pareti.
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26 Aprile 2010
Il cattivo esempio
Quando il più anziano agisce male, il più giovane impara a comportarsi male.
Publio Siro
Il cattivo esempio è una piaga morale che -
Ma può essere anche qualcosa di più quo-tidiano e la Bibbia stessa non di rado stig-matizza l’anziano che depone la dignità della sua esperienza e si getta nel vizio, divenendo così un cattivo maestro. Si delinea, dunque, un aspetto spesso di-menticato, quello dell’insegnamento fatto non tanto a parole ma con l’agire. Ci sono
loro, per primi, sono pronti ad essere ingiu-
Seneca sapiente latino scriveva: “Lunga è -
cace quella degli esempi“.
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25 Aprile 2010
Non ho mai pensato di cambiare il mondo. Ho solo cercato di essere una goccia d’ac-qua pulita. Se anche tu diventerai una goc-cia d’acqua pulita, saremo già in due. E se lo sarà anche tua moglie o tuo marito, saremo in tre e poi in quattro, dieci, cento... Madre Teresa di Calcutta
Rispose così madre Teresa di Calcutta, durante la conferenza stampa a Oslo per la consegna del Nobel della pace del 1979, a un giornalista che banalmente le chiedeva se fosse sua intenzione cambiare il mondo.C’è una forza segreta nella goccia che si
limpido e poi in un lago, in attesa di feconda-re anche il Mar Morto. Anche gli antichi latini erano convinti che gutta cavatlapidem, cioè che la goccia riesce a perforare pure la pietra.
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24 Aprile 2010
La mano storpia
Una mano che è sempre aperta o sempre chiusa è una mano storpia. Un uccello che non sa aprire e chiudere le ali non volerà mai. Gialal Al Din Rumi
Nella vita bisogna saperci aprire agli altri come una mano, donando, amando, soste-nendo. Ma ci sono momenti in cui bisogna
-cere, per incontrare la propria coscienza. L’e-sistenza esige questi due ritmi fondamentali della mano aperta all’altro e della mano chiu-sa in preghiera o sul petto. E’ in questa alternanza tipiche anche delle ali (che sono un po’ le mani degli uccelli), che si vive veramente, volando ora raso ter-ra ora verso l’alto dei cieli. Il solo agire con le mani può renderci protesi all’esterno, in
stringere le mani su noi stessi ci rende egoisti e solitari. La mano che non è storpia si apre e si chiude in un ritmo armonico e libero.
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24 Aprile 2010
Tre dita contro di noi
La nostra natura è incline a vedere solo il male dell’avversario, attribuendogli sempre il male, anche quello che non c’è. Il male che vediamo in lui dipende spesso dal nostro modo affrettato e meschino di vedere l’uomo.
Gandhi
Qui si mette a fuoco un vizio comune, quel-lo di giudicare gli altri con ferocia, soprattut-to quando si tratta di persone a noi antipati-che o considerate come avversarie. Prima di puntare l’indice contro qualcuno, proviamo a
-
dito per indicare l’altro, almeno tre dita ri-mangono rivolte verso di noi, in un implicito atto d’accusa quasi mai immotivato.Ci sono talora in noi alcune faziosità nel de-
persino ridicoli, tanto è il furore e l’eccesso con cui liquidiamo chi ci è di ostacolo o sem-plicemente ci risulta odioso.
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23 Aprile 2010
I due tipi di disgrazie
Le calamità sono di due specie: la disgrazia che capita a noi e la fortuna che capita agli altri.
Ambrose Bierce
Quante volte, di fronte al successo di una persona, abbiamo creato una cortina fumo-gena di sarcasmi, di recriminazioni e persi-no di sdegno. Certo, alcuni esiti di carriera possono lasciare sconcertati e far appellare al caso o anche gridare allo scandalo. Ma dobbiamo riconoscere che il tarlo dell’ invidia inesorabilmente attacca il nostro cuo-re davanti al trionfo di un amico, e tutta la retorica delle congratulazioni è striata dal se-greto veleno dell’amarezza e della gelosia. Oscar Wilde diceva che è molto facile ab-bracciare e consolare un amico provato e umiliato, ma che è eroico e quasi impossibi-le stare in platea ad applaudirlo con sincero entusiasmo quando è nel giorno della gloria.
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22 Aprile 2010
Una candelina
E’ molto più importante accendere una pic-cola candela che maledire l’oscurità.
Confucio
Se sei immerso nel buio, vale di più una
contro l’oscurità. La lamentazione sterile è di solito l’alibi dei pigri i quali pretendono di essere liberati dai loro mali ma non muovono un dito per cominciare loro stessi a reagire.
-boso, la lagnanza permanente, nascondo-no un’inerzia e una debolezza di spirito che non sono certo indizio di sdegno nobile ma di concordata acquiescenza. Non fermiamo-ci a disapprovare soltanto, muoviamoci per illuminare e trasformare il mondo;; il mare è fatto di piccole gocce ed è solo così che rivela la sua grandezza.
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21 Aprile 2010
In questo periodo di scontri calcistici de-cisivi, mi sovveniva una citazione di Indro Montanelli che delinea lo stile incisivo da tut-ti riconosciuto e che diceva: ”Oggi manca la capacità di indignazione. Spesso si dice che l’opinione pubblica è indignata. E magari è anche vero: al mattino. Alla sera siamo tutti a guardare la partita”. Bisogna sempre ripetere che, se l’ira rab-biosa è uno dei vizi capitali, lo sdegno etico è una virtù. Ciò, che, invece, si registra di fronte alle palesi ingiustizie della società, alle menzogne pubbliche e alle ipocrisie è, sì, il fuoco di paglia di una protesta solitamente sguaiata. Ma subito dopo si passa o all’ac-quiescenza o persino all’ effettiva conniven-za. Ancor oggi basta che uno prometta un’ elargizione o cancellazione di tasse e riesca a narcotizzare la massa con qualche sport po-polare, che si ha facilmente la caduta di ogni indignazione morale. Il vantaggio personale, a scapito di quello
nei giudizi riescono agevolmente a far dimen-
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ticare il bene comune, il senso dello Stato, gli obblighi civici. E’ per questo che lo sdegno autentico, come fremito della coscienza, ri-tengo possa considerarsi una virtù.
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16 Aprile 2010
La grandezza
La grandezza fugge chi la cerca e segue chi la fugge. Talmud
L’ansia per raggiungere grandezza, impor-tanza, fama è spesso frustrata, anche perché nasce da un’ aspirazione orgogliosa che non da un merito effettivo. Chi, invece, ha den-tro di sé una vera ricchezza conquista quella vetta che, però, non necessariamente è am-mirata da chi sta nella valle della mediocrità.Sì, perché dobbiamo distinguere tra fama e grandezza. Ci sono infatti personaggi famosi che sono meschini, gretti, miseri d’animo;; si può es-ser celebri persino se si è criminali, (la storia insegna). Ma se stiamo alla vera grandezza, possiamo scoprire che grandi sono alcune persone nascoste, che incrociamo nella no-stra vita quotidiana e che sono per noi una lezione vivente di sapienza o di amore. Essi non hanno cercato questo valore come un appannaggio da ostentare, bensì l’hanno
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-re per gli altri. Questa meta è possibile a tutti perchè la grandezza d’animo non si misura sul successo o sull’acclamazione esteriore.
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10 Aprile 2010
Consigli e denaro
Nessuno accetta consigli, ma tutti sono pronti ad accettare denaro. Non c’è dubbio, allora, che il denaro valga più dei consigli. Jonathan Swift
un consigliere sincero e saggio: al massimo
di essere pagato. Non è raro il caso di chi la prende alla larga, chiedendo apparente-mente suggerimenti o informazioni, ma ap-prodando progressivamente verso la ben più rassicurante petizione di denaro. E’ questa una delle umiliazioni a cui va in-contro il rapporto tra le persone, un rappor-
inclini a un’immediatezza piuttosto brutale e a un realismo sfacciato. Certo è che il voler dare consigli in buona fede è una scelta ab-bastanza perdente. La Rochefoucald scrittore e moralista, os-servava sarcasticamente che “i vecchi si compiacciono di dare buoni consigli per con-
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solarsi di non dare cattivi esempi”. Eppure l’assenza di veri sapienti e maestri è grave;; già Isaia diceva “Guardai ma non c’era nes-suno capace di consigliare, nessuno da inter-rogare per avere una risposta”.
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7 Aprile 2010
La nuvola
Quando il cielo è sereno, com’è bella la vita, poi una nuvola di colpo, ripristina che il tra-dimento c’è. Cesare Zavattini
L’idea che questo scrittore e regista ci pro-pone è, in pratica, la sintesi della vita di tutti. Ora siamo immersi nella solarità della felici-tà, il cuore batte impazzito di gioia, le labbra si aprono spontaneamente al canto. E’ la fe-sta della vita, dell’amore del successo. Ma ecco, all’improvviso, una nuvola che oscura il sole. Appaiono subito i fantasmi del dubbio, la voce gioiosa si spegne, lo sguardo si incupisce. Spesso l’infelicità è legata ad un
essere anche la delusione di un ideale infran-to, di un sogno spezzato, di un progetto fal-lito;; la parola “tradimento”, Zavattini la usa per indicare l’oscurità che ora incombe all’o-rizzonte. E’ proprio nel giorno oscuro che si misura il coraggio di vivere e la grandezza della persona.
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D’altronde, per capire la gioia è necessario
la stoffa della gioia è intessuta” (Henri Lu-bac). La vita infatti oscilla come un pendolo tra la gioia e il dolore: bisogna avere occhi capaci di scoprire sempre le sue tonalità sen-za chiuderli mai davanti a ciò che è sgradito.
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6 Aprile 2010
Voglia di ridere
A volte mi chiedo perché i giovani ridano tanto e i vecchi così poco e mi rispondo che l’esperienza della vita toglie ai più la voglia di ridere. Non è vero che “un sorriso costa poco”. E’ infatti il risultato di uno stato di se-renità, cioè di un’ armonia psichica che non sempre accompagna lungo la vita. Giacomo Dacquino
Si dice che un bambino sui cinque anni rida
un adulto lo fa al massimo quindici volte (se è di carattere ottimista). Lo psichiatra Dac-quino coglie nel segno ricordandoci che c’è una bella differenza tra il ridere immediato e
Il primo può essere frutto di banalità, come uno scoppiettare vacuo gorgogliare che non
-lità, (es: spettacoli televisivi con risate del pubblico incluse). Bisogna riconoscere che se si è un po’ attenti alla realtà umana, alla sto-ria e al comportamento delle persone, non
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c’è tanta voglia di ridere. Eppure, sia pure per quindici volte o meno al giorno, bisognerebbe ritrovare il sorriso, perché esistono ragioni vere per esser lieti, pur in mezzo a tanti motivi per imbronciarsi. Guai, allora, a non ridere mai, ma anche a ridere troppo.
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1 Aprile 2010
Problema o esperienza
La vita non è un problema da risolvere ma un’esperienza da vivere.
Buddha
La parola “problema” ai giorni nostri è una delle più usate , forse perché si è sostanzial-mente insicuri e anche quando diciamo la so-lita frase fatta “Non c’è problema”, in realtà ci muoviamo in modo circospetto, oppure sap-piamo già di non farcela. Questo modo di pensare che considera la vita un problema nasce dal nostro essere spesso senza meta, senza attesa, senza un
-mo, quello del leggere la vita come un’ espe-rienza da vivere in pienezza. Ma anche in questo caso le cose non sono semplici. Non basta sperimentare vicende, eventi, incontri: quante persone hanno un’esistenza ricca di esperienze eppure rimangono vane e inconsistenti. E’ necessario elaborare, giudi-care, vagliare in profondità ciò che si vive per coglierne il succo vero e con questa energia
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cercare di individuare un compito, una mis-sione, una vocazione, un senso. Pasternak nel Dottor Zivago scriveva: “Vi-
-so qualcosa di superiore, verso la perfezione, lanciarsi e cercare di arrivarci”.
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27 Marzo 2010
Lodate, lodate...!
Volete nuocere a qualcuno? Non ditene male, ditene troppo bene.
Andrè Siegfried
La strada suggerita da questa battuta è subdola e perversa ma effettivamente ha una
detestazione, invidia o sarcasmo nei confron-ti della persona esaltata e, così, si raggiunge il risultato di nuocerle, pur dimostrandole ap-parentemente stima e ammirazione. E’ questo uno dei meccanismi perversi dell’animo umano quando si pone in relazio-ne con il prossimo. In pratica è tristemente vero sia il volterriano “Calunniate, calunnia-te, qualcosa resterà!” sia l’ antitetico e sar-castico “Lodate, lodate, qualcosa produrrà!”
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22 Marzo 2010
Il denaro
Il denaro può comprare una casa ma non il focolare. Può comprare un letto ma non il sonno. Può comprare un orologio ma non il tempo. Può comprare un libro ma non la co-noscenza o la saggezza. Può comprare una posizione ma non il rispetto. Può pagare il dottore ma non la salute. Può comprare il sesso ma non l’amore.
Detto Cinese
Il rapporto dei beni materiali dell’uomo è un tema universale e costante perchè ap-passiona proprio perchè irrisolto. Infatti tanti appelli contro la follia dell’accumulo, dell’ido-
impediscono che si continui ad ammassare ricchezze, a scannarsi per le cose, a tradire ideali e valori per una manciata di soldi.
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30 Novembre 2009
Quattro Candele
In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamentava: ”Io sono la pace. Ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegne-re”. E così accadde. La seconda disse: ”Io sono la fede: ma gli uomini preferiscono le favole, non mi resta che lasciarmi spegnere”. E così accadde. La terza candela confessò: ”Io sono l’amore. Ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere”. All’improvviso nella stanza com-parve un bambino che, piangendo, disse: ”Ho paura del buio”. Allora la quarta candela disse: ”Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la speranza”. Anonimo
Anche nella quotidianità siamo spesso se-gnati dallo sconforto e dal realismo che ci in-duce giustamente a non ignorare il male del mondo. Ma l’ultima parola dovrebbe sempre essere
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quella della speranza, “il rischio da correre, anzi, il rischio dei rischi” (George Bernanos) che riesce a far sbocciare la luce.
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3 Dicembre 2009
Che cosa è Dio?
“Che cosa è Dio?” domanda il bambino. La madre lo stringe tra le braccia e gli chiede: ”Che cosa provi?” “Ti voglio bene” risponde il bambino. “Ecco Dio è questo”. Krzysztof Kièslowski
Commentare le parole è come sporcarle tanto sono illuminanti e vere.
Foto in copertina tratta da:“ ” di Antonella Rapacchi
Stampato nel mese di dicembre 2010Edizione numero 1
www.ilportico.wordpress.com
Impaginazione a cura di Davide Salsi della ditta CP OFFICE
Novellara (RE) Tel.333.6459529
Servizi per la gestione dei documenti
Paolo Pagliani nasce a Novellara il 26 Agosto 1946. Diploma di perito agrario, si specializza nel settore delle malattie delle piante, dei concimi, dei diserbanti e diven-ta funzionario di una prestigiosa multina-zionale. L’attività lo porta nella sua vita a conoscere e incontrare tantissime persone, dalle quali cerca di cogliere anche le vicende umane, non solo professionali, sviluppando così relazioni profonde con le persone. Attualmente in pensione, dopo avere gestito per alcuni anni insieme ai familiari un super-mercato Conad nel comune di Reggiolo. Da anni scrive per sé e per gli amici, invian-do lettere anche a giornali locali e nazionali. Nei suoi scritti commenti a volte anche duri e severi per evidenziare le anomalie della società di oggi.
Questa è la foto che vinse il premio Pulitzer come
dopo aver ricevuto tale premio si suicidò.Questo è l’incontro con il male puro. La bambina stava cercando di raggiungere il centro Caritas per avere un po’ di cibo e acqua, l’avvoltoio sta aspettando che muoia per potersene cibare.Spero che il mondo oggi vi appaia diverso dopo questa foto.