Pineroloindialogo giugno2015

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1 Indialogo.it , autorizz. N.2 del 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni IN DIALOGO .it Da Glasgow un invito a Pinerolo: imparate a copiare! Filippo Fassio e Luca Consiglio: sulla Bochard prima individuare la sostenibilità economica e poi decidere a livello politico Federico Magri: il mondo della speleologia pinerolese Mario Gasca: nel ricercare lavoro sono apprezzate le esperienze acquisite Anno 6, Giugno 2015 n. 6

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N.6 Magazine d'informazione e di cultura locale per il dialogo tra generazioni

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Indialogo. i t , autor izz. N.2 del 16.6.2010 del Tr ibunale di Pinerolo - d i r.Antonio Denanni

INDIALOGO.it

Da Glasgow

un invito a Pinerolo:imparate

a copiare! Filippo Fassio e Luca Consiglio: sulla Bochard prima individuare la sostenibilità economica e poi decidere a livello politico

Federico Magri: il mondo della speleologia pinerolese

Mario Gasca: nel ricercare lavoro sono apprezzate le esperienze acquisite

Anno 6, Giugno 2015n. 6

22Buone News

A cura di Gabriella Bruzzone

i semi da salvare

Seeds of time,un documentario sui semi Da quando l’uomo si è scoperto agricoltore – circa diecimila anni fa – ha sempre avuto l’istinto alla conservazione e protezione delle sementi: li preservava dagli agenti atmosferici, dagli animali, dalle muffe, e faceva in modo che non si danneggiassero o perdessero tra uno spostamento e l’altro.Nonostante tutte le accortezze però furono numerosi i semi e le specie vegetali che si persero nel corso dei millenni, contribuendo così a una sorta di selezione naturale. Selezione che avvenne anche per esigenze di coltivazione e condizioni climatiche, portando l’uomo a scegliere solamente duecento specie di piante da coltivare. Esiste però un vero e proprio deposito nelle isole Svalbard, nel Mar Glaciale Artico a nord della Norvegia, che custodisce quasi un milione di semi provenienti da ogni parte del mondo. Si chiama Svalbard Global Seed Valut e suo intento principale è proteggere tutte le varietà di sementi da calamità e catastrofi, naturali e non. La riduzione delle tipologie di sementi utilizzate ha infatti messo a rischio la diversità genetica, causando carestie e malnutrizione. Cary Fowler, che fino al 2012 dirigeva il deposito di Svalbard, si occupa attualmente

di informare e formare le persone su tali rischi, la maggior parte dei quali causati dall’uomo stesso. Per meglio delineare la situazione, è stato realizzato un documentario, di cui Fowler è protagonista. “Seeds of Time – I semi del tempo” spiega allo spettatore come il futuro dell’agricoltura sia in pericolo e come questo si ripercuota di riflesso sulle biodiversità agricole, annullate dalle monocolture e dai cambiamenti climatici e ridotte a poche centinaia di specie coltivabili. Tutto ciò che abbiamo sempre dato per scontato – l’agricoltura e i prodotti della terra – è in serio pericolo e il tempo per rimediare si riduce ogni giorno di più. Fowler, insieme alla fondazione Global Crop Diversity Trust, viaggia per il mondo educando i coltivatori sulle conseguenze di azioni inadeguate e proponendo nuovi metodi di coltivazione basati su un sistema di alimentazione globale mirato a durare il più a lungo possibile. E ovviamente tutto ciò passa tramite la conservazione e la giusta valorizzazione dei semi, riscoprendo ad esempio specie dimenticate, mettendo insieme gli sforzi di coltivatori, scienziati, ricercatori e governi.

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Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

S o m m a r i o

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PINEROLO / INDIALOGO.it

DIrETTorE rESPoNSABILEAntonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fu-sillo, Gabriella Bruzzone, Andrea obiso, Stella rivolo, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara No-senzo, Valentina ScaringellaCon la partecipazione di Elvio FassonePhoToGiacomo Denanni, Andrea Costa, Lara FantoneIndialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Associazione Culturale onda d’Urto onlusrEDAzIoNETel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: [email protected]

|Glasgow-Pinerolo e vai L’idea per rinascere a volte non arriva dalle tavole rotonde o da conferenze inconcludenti, ma dall’imitare esempi virtuosi che si vedono in giro per il mondo, come quello di Glasgow. Glasgow è una città scozzese dal passato indu-striale glorioso (cantieri navali, miniere di carbone, acciaierie..), ma che negli anni ottanta era diven-tata sinonimo di povertà, degrado e violenza. oggi è al centro della scena internazionale come la città dell’arte contemporanea più fiorente d’Europa e probabilmente del mondo. Molti artisti migrano verso Glasgow e studenti di tutto il mondo ci vanno per frequentare la Glasgow School of Art. Il tutto è incominciato agli inizi degli anni Novanta quando nella situazione di degrado una generazione un-derground di creativi con la voglia di sfondare ha saputo attrarre intorno all’idea di arte contemporanea altri cre-ativi, fino a diventare un luogo di eccellenza. Qualcuno parla di miracolo, qualcun altro parla più prosaicamente di “luogo che nutre la creatività”. Cioè un luogo che si autoalimenta con i numerosi cer-velli che vi arrivano, attratti dal concentrato creativo di persone che vi abitano, ma anche dalle politiche dell’amministrazione comunale, che finanzia i progetti creativi con borse di studio, e dalle iniziative di fondazio-ni private che offrono spazi di coworking e networking, gestiti da associazioni di artisti che fanno da “trampoli-no di lancio”. È un modello che è stato adottato da altre grandi città europee come Berlino, Londra, Stoccolma. Saprà Pinerolo imitare queste grandi città o è troppo provinciale per farlo? Noi tramite l’ass. onda d’Urto abbiamo provato a proporre un’idea simile (un “con-corso delle idee” da 3 mila euro!) a una grande azien-da della città che si vanta di essere all’avanguardia nell’ambiente, ma la risposta non è stata come a Glasgow, Berlino o Londra. Forse a Pinerolo non siamo capaci di copiare!

Antonio Denanni

2 Buone News undocumentariosuisemi

4 Primo piano federicomagrìelaspeleologia

6 in città dibattitosulpoloculturale/5-tac

8 Politica giovane young intervistaagliarchitettideltac

10 lettere al giornale chissàperchèlapolitica...

11 Giovani & lavoro intervistaamariogascadipinerolopartner

12 il Passalibro unospaventatroceterrore

13 lettera a... quandoilbloccodelloscrittore...

14 serate di laurea federicogennaroealessiagiglio

15 Uomini del Pinerolese intervistaaenricolantelme

16 vita internazionale lorenzoandreazzoliel’australia 17 Teatro ilgiuocodelleparti

18 musica emergente ilarialemmo

19 visibili e invisibili qatar2022:fairplay? giovanietecnologia:samsunggearvr

20 Per mostre e musei gliartistipiemontesiallabiennale

21 andare al cinema youth-lagiovinezza

22 Pinerolo per immagini lefotodilara 23 viaggiare stupefacenteafrica

24 amici di Pinerolo indialogo

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Per me, e per chi come me è nato negli anni ’60 del secolo scorso, la televisione è stata la prima, vera, finestra sul mondo. ricordo ancora i documentari ed i programmi che trattavano di terre lontane, di esplorazioni, di nuove scoperte in tutti i campi. Forse è lì che sono nate la mia curiosità e la mia voglia di scoprire “nuovi mondi”. Il termine “nuovi mondi” non è casuale: per me l’immergermi in realtà diverse da quella che vivo quotidianamente, che si tratti dell’ospedaletto sperduto in una delle zone più remote dell’Angola, dei villaggi sulle montagne del Nepal o delle zone rurali della Turchia, equivale proprio, in termini emozionali, all’esplorazione di un altro mondo. Molti anni fa, quasi per caso, arrivò la mia prima esperienza speleologica: visitai la Grotta di rio Martino, a Crissolo. Fu un’esperienza letteralmente folgorante: avevo scoperto un nuovo mondo. Ci tornai la domenica successiva, e per numerose domeniche successive, avanzando ogni volta di un po’ nell’esplorazione dei rami superiori. Ero completamente all’oscuro delle tecniche di progressione e delle attrezzature che già allora gli speleologi impiegavano, e con gli amici con cui condivisi quelle esperienze, ci ingegnammo a superare le difficoltà, anche se spesso con rischi che avrebbero potuto essere facilmente evitati con un po’ più di competenza. Sono passati più di trent’anni da quell’esperienza, ma la sensazione di entrare in un “altro mondo” ogni volta che varco l’ingresso di una grotta è rimasta

inalterata. Molte volte ho avuto l’occasione di accompagnare alla Grotta di rio Martino gruppi di persone le più varie, così come molte volte ho partecipato alle attività dei corsi di speleologia, e ogni volta ho potuto osservare le reazioni delle persone che non

erano mai state in una grotta. Più o meno tutti manifestano stupore, ma solo qualcuno (che sia una forma di devianza, magari anche un po’ patologica?) ne esce con una particolare luce negli occhi, e poi chiede cosa può fare per ripetere l’esperienza in altre grotte. Per chi è interessato a un’esperienza di questo

tipo il riferimento, a livello locale, è certamente il Gruppo Speleologico Valli Pinerolesi, affiliato alla Sezione di Pinerolo del Club Alpino Italiano. Le riunioni del Gruppo avvengono di norma il giovedì, dalle ore 21, presso la sede del C.A.I., in via Sommeiller n. 26. Annualmente, in primavera, il Gruppo organizza un percorso di avvicinamento alla speleologia, studiato per permettere a chiunque di avere, in tutta sicurezza, un primo contatto con il mondo sotterraneo, una sorta di “menù degustazione” con il quale farsi un’idea del fascino delle grotte, ma anche delle difficoltà ad esse associate. Il programma comprende un’uscita in una grotta prevalentemente orizzontale, affrontabile senza particolari attrezzature, una giornata in una palestra di roccia onde assumere i primi rudimenti relativi alle tecniche di progressione ed all’uso delle attrezzature (che sono specifiche per la speleologia, ben diverse da quelle in uso

FedericoMagrìelasuaesperienzaspeleologica

Alla scoperta del mondo sotterraneoL’attività del Gruppo Speleologico delle Valli Pinerolesi, affiliato al CAI

Città e territorio 4

a cura di Antonio DenanniPrIMo PIANo

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per l’alpinismo e l’arrampicata), ed infine un’uscita in una grotta che richiede l’uso delle attrezzature per la progressione su corda. A conclusione dell’Avvicinamento, chi è interessato a proseguire ed approfondire l’esperienza viene coinvolto nella normale attività del Gruppo. Va qui sottolineato che la speleologia, diversamente da molte altre attività legate alla montagna, è necessariamente un’attività di gruppo, che concede poco spazio agli individualismi ed alla competizione; questa caratteristica la rende un’attività molto socializzante, e quindi coinvolgente. Inoltre non richiede necessariamente doti fisiche al di sopra della normalità, quanto piuttosto una “forma mentis” un po’ particolare e una curiosità un po’ fuori dal comune. Altra caratteristica della speleologia è che va oltre la semplice pratica di un’attività sportiva, cosa ben delineata già dal termine stesso che la indica: speleologia deriva dai termini greci spelaion (grotta, caverna) e logos (discorso). Se l’alpinismo è la disciplina sportiva praticata da chi scala le montagne, e il torrentismo è praticato da chi percorre gole e forre, la speleologia è praticata da chi studia le grotte. Essa comprende la documentazione, anche fotografica, delle grotte, la realizzazione di accurati rilievi spaziali e planimetrici delle stesse, l’osservazione e lo studio di molteplici aspetti del mondo sotterraneo: dallo studio delle particolarissime comunità biologiche che le popolano (caratterizzate da casi spesso estremi di adattamento all’ambiente sotterraneo) allo studio della circolazione delle acque e dell’aria, degli

aspetti morfologici o di tutti i dati relativi al passato (anche di decine o centinaia di migliaia di anni fa) che le grotte, le quali spesso sono una sorta di “archivio” del passato, custodiscono al loro interno. Ma per gli speleologi più importanti di tutto sono gli studi orientati alla ricerca di possibili prosecuzioni di grotte note, o alla scoperta di nuove grotte. L’ambiente sotterraneo è infatti l’unica parte del nostro piccolo pianeta dove si può realmente, ancora oggi, scoprire qualcosa che occhi umani non hanno mai visto, e dove nessuno ha mai messo piede. E l’emozione di esplorare per primi una galleria è certamente tale da ripagare di tutte le fatiche e le tribolazioni di cui è piena la vita di uno speleologo…

Per contatti: Federico Magrì – tel. 320.182.96.82 – e-mail [email protected]

«L’emozione di esplorare per primi una galleria ripaga da tutte le fatiche»

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Nel dibattito che si è sviluppato in città intorno alla valorizzazione della caserma Bochard si è inserito un pool di giovani architetti riuniti sot-to la sigla TAC (www.tac-lab.it), che parte da un’idea originale rispetto al dibattito finora te-nuto e secondo noi di buon senso: prima ragio-niamo su cosa mettere in questa casema che si vuole ristrutturare e sui costi-ricavi e poi par-liamo di realizzazione del progetto. A.D.

Il procedimento di valorizzazione della Caserma Bochard ha come presupposto il trasferimento dal Demanio al patrimonio del Comune di Pinerolo in applicazione del c.d. federalismo demaniale (D. Lgs. 28 maggio 2010 n. 85) ed in tal senso la proposta pro-gettuale che verrà adottata dovrà eviden- ziare le ricadute economiche a vantaggio del territorio (e soprattutto della collet-tività!) e conseguire l’equilibrio finanziario della gestione sul lungo periodo. Nel rispetto della destinazione d’uso generale prevista dal Piano regolatore risulta pertanto essenziale individuare il massimo e miglior utilizzo, attraverso la definizione di attività in grado di generare un flusso economico sufficiente a coprire sia i costi di riqualificazione e di esercizio, sia la quota di profìtto ordinario del soggetto gestore dell’iniziativa. Secondo TAC soltanto attra-verso l’individuazione dei ricavi prospettici potrà essere oggi definito un budget credi-bile e realistico di spesa per la realizzazione di progetto realmente sostenibile. La parola stessa “valorizzazione” sottintende a nos-tro giudizio la “creazione di valore”: questo vuol dire che il primo passo consiste nel ra-gionare sul potenziale utilizzo del bene e sul flusso economico che potrà essere gene-rato dal progetto. Una proposta di progetto che vorremmo venisse valutata, alternativa al tanto discus-so trasferimento della biblioteca prospetta-to negli scorsi mesi dall’Amministrazione,

che prevede l’ipotesi di insediare all’intemo della Caserma laboratori e spazi polifunzio-nali legati alla cultura ed alla sperimentazio-ne in diversi ambiti (artigianale, agricolo, manifatturiero e quant’altro) da concedere a canoni di locazione agevolati rispetto al mercato. Per essere realmente di servizio alla col-lettività e per evitare distorsioni o concor-renza scorretta al libero mercato, la pro-posta prevede che in parallelo alla locazi-one degli spazi a canone convenzionato il conduttore, che dovrà superare un pro-cesso di selezione sulla base di criteri che verranno individuati dall’ente, si impegni a sottoscrivere una convenzione che lo vin-coli a creare cultura diffusa, attraverso l’obbligo di dedicare parte del suo tempo all’erogazione di un servizio pubblico a fa-vore della collettività, quale ad esempio la formazione alle scuole o a tirocinanti. Tale obbligazione potrà essere veicola-ta attraverso una banca del tempo volta all’istruzione ed alla formazione, a compen-sazione dell’agevolazione concessa ai con-duttori in termine di riduzione del canone di locazione. La dotazione di macchinari che consentano anche al singolo cittadino di poter usufruire del servizio per realizzare la sua idea (secondo il modello Fablab), grazie anche al supporto della rete del sapere che deriverà dalla sinergia che si instaurerà tra i differenti utilizzatori dell’immobile, consen-tirà inoltre di connotare il progetto come vera e propria infrastruttura per il Pinero-lese. Per TAC questa proposta rappresenta un’alternativa all’ipotesi di biblioteca o polo culturale in senso stretto, ma ad oggi non è stata valutata nelle opportune sedi.Probabilmente ci troveremo tutti alla Bochard a leggere un bel libro, tuttavia, ci piacerebbe che in questa fase preliminare

Dibattito sul Polo culturale - Bochard /5

La proposta di valorizzazione dei giovani architetti del TAC

Per un Polo culturale di Mestieri & Saperi«Innanzitutto individuare le attività in grado di generare un flusso eco-nomico sufficiente a coprire i costi di riqualificazione e di esercizio»

IN CITTÀ di TAC (Territorio, Architettura, Cultura)

7“Ci piacerebbe che in questa fase preliminare venisse verificata ogni proposta”venisse verificato il reale interesse alle diverse proposte mediante uno studio di fattibilità che preveda indagini preliminari sulla domanda potenziale e conseguenti verifiche circa la disponibilità di privati ad intervenire economicamente.

In tal modo si potrà modellare il progetto sulla base di evidenze concrete e non solo su semplici intuizioni.Il documento completo della proposta TAC su: www.tac-lab.it/wp-content/uploads/2015/04/Documento-completo-proposta-TAC.pdf

I componenti del gruppo TAC

8Politica giovane young

TAC è un gruppo di giovani professionisti pinerolesi che affrontano temi legati al territo-rio. Il nucleo fondatore, formato da tre giovani architetti, Filippo Fassio, Candido Bottin e Fa-bio Vignolo, di recente si è allargato ad altri tre componenti, Luca Consiglio, Marta Carrera e Francesca Costarelli, impegnate nel settore della cultura e degli eventi (cfr. www.tac-lab.it) Incontriamo Filippo Fassio e Luca Consiglio, che ci espongono alcune idee del gruppo.Incominciamo col chiedervi cos’è e che cosa vuol essere TAC. Innanzitutto TAC sta per Territorio Architettura Cultura, ed è un tavolo di lavoro, senza una forma istituzionalizzata. Siamo un gruppo di architetti che, dopo aver avuto esperienze anche all’estero, abbiamo deciso di restare sul nostro territorio e cercare di fare qualcosa di utile. Con il concorso per il Turk ci siamo resi conto che c’è fermento urbanistico e abbiamo capito che bisogna spingere nella direzione di uno sviluppo urbanistico-sociale. È necessario individuare funzioni compatibili con le esigenze sociali prima di investire migliaia di euro in progetti in nome della logica “costruiamo tanto per costruire” che purtroppo ha dominato il passato urbanistico più o meno recente. Allargando il campo di dibattito anche a non architetti, ci proponiamo quindi di incentivare un modo di progettare il territorio

in maniera sostenibile, che rifugga dalla logica del consumo di suolo e sia realmente portatore delle esigenze della società. Parliamo di Caserma Bochard e il progetto di Polo culturale: è un altro sogno utopico come la Cavalleria o qualcosa dalle basi solide? È un sogno utopico finché non viene garantita la copertura economico-finanziaria del progetto. E per fare questo non bastano i fondi UE, ma bisogna guardare alle modalità di gestione. Inoltre bisogna guardare all’edificio in sé, che certamente non ha la struttura per diventare un modello di biblioteca contemporanea sul modello delle città europee più avanzate. I 20 000 m² che andrebbero a ospitare la biblioteca non sono forse esagerati per Pinerolo? E inoltre, è quello l’edificio più adatto per ospitare una biblioteca o ce ne sono altri come l’ex ufficio del registro, l’ex università che potrebbero assolvere la stessa funzione?Non vi sembra che esser partiti subito con l’idea di ospitare la biblioteca abbia falsato e condizionato l’intero progetto? Cosa non vi convince dei progetti presentati finora? Certamente quello che noi critichiamo di più è l’esser partiti dal rivalorizzare l’immobile della ex Caserma. C’è invece bisogno prima di tutto di domandarsi a che cosa serva la valorizzazione per il territorio. C’è la assoluta necessità di

a cura di Emanuele Sacchetto

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IntervistaalgruppoTAC

Progettare il territorio in maniera sostenibile«Individuare funzioni compatibili con le esigenze sociali prima di investire mi-gliaia di euro in progetti in nome della logica “costruiamo tanto per costruire”»

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domandarsi quale sia la domanda della società in quell’ambito. Bisogna interpellare i cittadini e lasciare loro lo spazio per esprimere le proprie esigenze. Prima di chiedersi cosa fare della caserma Bochard, bisognava chiedersi: “c’è bisogno di una nuova biblioteca a Pinerolo?”. È necessario un cambio di prospettiva.Ha senso pensare di finanziare il progetto con la costruzione di garage sotterranei? Pinerolo ha davvero bisogno di parcheggi? Assolutamente no. Bisogna capire se eventualmente ci potrebbe essere un ritorno economico. Sinceramente, vedendo molto spesso la metà a pagamento di Piazza Fontana vuota, ho qualche dubbio sulla disponibilità della cittadinanza a pagare per quel servizio. Ecco allora che torniamo all’esigenza primaria, che è sempre quella di guardare alla domanda pagante prima di effettuare un investimento. Inoltre, pensare, come altri hanno sostenuto, che il progetto sia sostenibile per il solo fatto di ammettere compensazioni di utilizzo di altri immobili pubblici o di parcheggi a pagamento, è pura fantasia. Infatti in questo caso abbiamo un minus se si deve privare dell’introito i parcheggi a pagamento. Noi pensiamo a un diverso modello di sostenibilità, un’attività, infatti, che sia in grado di autofinanziarsi. Voi avete una proposta alternativa per la Caserma Bochard. Ce la riassumete in breve? Il nostro progetto nasce dall’esigenza di incentivare il lavoro, il “saper fare” sul territorio, esigenza centrale riteniamo, specialmente in questo momento di crisi. Dunque la nostra idea è quella di creare degli spazi funzionali in cui professionisti e artigiani possono entrare con un canone a prezzo agevolato e svolgere le proprie attività, forniti già di tutti i macchinari necessari (una sorta di fab-lab insomma). Questo porterebbe alla creazione di una rete professionale capace di attrarre capitali anche da fuori Pinerolo, cosa che ahimè non vediamo molto possibile con una biblioteca di 20.000 m² (tanto più nel mondo di oggi sempre più digitale e meno cartaceo). Certamente siamo consapevoli della natura pubblica dell’immobile e per questa ragione pensiamo sarebbe compito dell’amministrazione selezionare attraverso bandi ad evidenza pubblica a quali personalità lavorative concedere gli spazi, potendo in questo modo puntare alla creazione di un vero e proprio artigianato di qualità, che avrebbe le capacità di diventare una scuola di alto livello capace di attrarre lavoro.

Pinerolo ha appena stanziato 100.000 € per le piste ciclabili: cosa ne pensate? Sicuramente è molto meglio del progetto di nuovi parcheggi. Va infatti nella direzione di valorizzare ciò che più piace di Pinerolo, ossia il “viver bene” della nostra cittadina. Infatti, un progetto ben costruito di piste ciclabili servirebbe prima di tutto per migliorare la mobilità per chi vive a Pinerolo. Ma in second’ordine potrebbe anche diventare una fonte di turismo (pensiamo al collegamento delle Abbazie). Potrebbe addirittura diventare una delle identità di Pinerolo. Certamente questo si inserisce in un progetto più ampio che necessita di un percorso di formazione-informazione per far passare il messaggio che in bici è meglio e fa meglio. L’amministrazione di Pinerolo pensate abbia l’apertura giusta per realizzare tutti questi progetti o è un po’ autoreferenziale? Noi pensiamo che l’Amministrazione sia aperta nelle intenzioni ma che non abbia le capacità per farlo nel modo corretto. Formalmente sono disponibili, ma manca la capacità tecnica di far politica in un modo più giovane e partecipativo. E allora a volte, nell’incapacità dell’amministrazione, è meglio associarsi tra associazioni e realizzare ciò di cui abbiamo bisogno. Ciò che l’Amministrazione dovrebbe riuscire a fare è semplicemente dare spazio ad associazioni e soggetti che abbiano progetti interessanti per la città e poi scegliere cosa realizzare, perché la scelta certamente è e deve restare una scelta politica. Collegamento veloce con Torino e centro storico: due grandi temi di attuale importanza per Pinerolo. Cosa ci dite? Il collegamento diretto in 20 minuti senza fermate intermedie con Torino è semplicemente fondamentale. È la base per poter anche solo pensare a un progetto che veda Pinerolo non come città dormitorio ma come posto ideale per insediarsi. Dunque inserire alcuni treni diretti nelle fasce orarie più importanti della giornata è la priorità e non è nemmeno impossibile dal momento che in passato era già stato sperimentato. Per quanto riguarda il centro storico, l’unico modo per valorizzarlo è portarci delle attività, delle funzioni. E per fare ciò è necessario introdurre alcune deroghe per agevolare l’insediamento di tali attività anche in edifici storici, nel rispetto comunque sempre delle esigenze di tutela del bene storico-artistico.

«Pensiamo che l’Amministrazione sia aperta nelle intenzioni ma che non abbia le capacità per farlo» 9

10Lettere al giornale di Elvio FassonePINEroLo

Chissà perchè la politica «Fatica ad imboccare la strada che si intravede già dopo poche battute» Chissà perché la politica impiega anni ad imboccare la strada che una normale intelligenza intravede dopo poche battute. Prendiamo ad esempio la Grecia. Il senso comune non ci mette molto a ricordare che il principale interessato alla salute del proprio debitore è quello che gli ha prestato i quattrini, perché se il debitore fallisce, il poco che si ricaverà dal fallimento se ne andrà in spese legali e svendite all’asta. Dunque, sarebbe ragionevole puntare su una ristrutturazione del non grande debito greco (cioè scadenzandolo sull’arco di 30 o 50 anni) e su un vigoroso finanziamento dell’Unione rigorosamente destinato alla ricostituzione di un decente apparato produttivo, che permetta ad un’economia gracile di irrobustirsi e di produrre quegli avanzi di bilancio che sono necessari per restituire il debito. Forse si arriverà lì, ma ci si arriverà quando la Grecia sarà ancor più in agonia e l’ossigeno costerà molto di più. oppure prendiamo le coppie omosessuali. Una persona non accecata ideologicamente comprende che quando due persone si amano e decidono di costruire insieme la loro vita, è giusto riconoscere loro almeno una grandissima parte dei diritti che vengono riconosciuti ai coniugi. Lo dice il senso di umanità, lo richiede l’amore, lo hanno affermato le più alte giurisdizioni, lo hanno proclamato quasi tutti gli Stati più maturi. Eppure si continua in una guerra ideologica che da un lato pretende il tutto (l’estensione integrale del nome e del regime del matrimonio), dall’altro non concede nulla, bocciando o insabbiando

ogni disegno di legge al riguardo. Quanto tempo e quante sofferenze saranno ancora richieste prima di approdare ad una ragionevole mediazione? Si potrebbe continuare. Ad esempio parlando del problema dell’occupazione, dove una massa sterminata di lavori aspetta di essere realizzata e una massa altrettanto grande di lavoratori attende di essere impiegata, ma il mercato non fa incontrare

le due grandezze perché quei lavori non hanno mercato; e dunque solo una politica keynesiana di supplenza della mano pubblica può produrre le occasioni di lavoro, distribuendone il costo sulla collettività. Dopo sette anni dall’inizio della crisi l’Unione Europea ha stanziato a questo fine l’irrisoria somma di 21 miliardi di euro! E intanto i movimenti euro-scettici dilagano, e non si può escludere che la costruzione europea salti per aria.

Dice: ma questi sono problemi giganteschi, non alla portata di noi comuni cittadini. D’accordo, ma una certa pressione da parte dell’opinione pubblica può accelerare almeno un po’ l’estenuante dialettica delle cecità politiche. E poi non è vero che tutti i problemi eccedono la nostra portata: a Pinerolo, sempre per fare un esempio, c’è la questione del complesso “Bochard”, e dopo oltre un anno di parole, è stato approvato un documento che impegna l’Amministrazione a chiedere a dei professionisti (ovviamente retribuiti) di indicare che cosa fare dell’immobile e come reperire le ingenti risorse necessarie agli interventi. Qualcuno ricorderà mai che questo è esattamente il compito (da svolgere senza altri compensi) della politica?

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Avere una laurea oggi non basta. Per trovare un’occupazione ed essere vincenti sul mercato del lavoro è indispensabile avere un mix di qual-ità e competenze specifiche, con l’aggiunta di una buona dose di fortuna. Abbiamo intervistato Mario Gasca, titolare di Pinerolo Partner (Gruppo Carriere), con sede a Pinerolo, in Via Saluzzo 55, per capire cosa vogliono oggi le aziende dai giovani e in quali settori è meglio specializzarsi.Cosa deve avere un giovane diplomato/laureato oggi per essere vincente sul mercato del lavoro? Identificherei per le risorse operaistiche, competenze tec-niche di base: comprensione del disegno tecnico, compren-sione di testi tecnici e manu-alistici, ottima manualità, ca-pacità logiche di approccio a problematiche tecniche. Per i laureati fa la differenza un percorso di studi allineato alla professione che si vuole intraprendere, e che questa sia richiesta dal mercato. Sono apprez-zate esperienze, es. stage, in Italia e all’estero, che permettano di acquisire sensibilità aziendali, necessarie per poter dirigere gli interessi propri verso obbiettivi reali. occorre avere poi caratteristiche quali: positivi-tà, perseveranza, capacità di espressione e di relazione, uso evoluto del pc, lingua inglese, empatia, coraggio, umiltà, leadership, capacità di fare squadra, diplomazia, adattabilità. Il territorio pinerolese offre oggi delle prospet-tive di crescita professionale per i giovani? Quali settori aziendali richiedono più personale? Nell’automotive e suo indotto, motori del no-stro territorio, le figure più richieste sono: ad-detti macchina a CNC, manutentori meccanici/di processo (plc), progettisti di prodotto ed attrez-zature, tecnici di testing, addetti qualità, tecnici commerciali, customer service, amministrativi, controller, addetti logistica, buyer ecc. In che cosa si differenzia il Gruppo Carriere da altre agenzie? Abbiamo notato che non siete presenti sui principali social network utilizzati dai giovani: a cosa è dovuta questa scelta? La differenza sta nelle modalità, non stan-

dardizzate, in cui offriamo il nostro servizio (non facciamo ricerche di tipo interinale), le nostre ricerche sono sempre per profili molto specia-lizzati e professionali. Personalizziamo la nos-tra offerta sulla base delle esigenze del cliente, anche in termini di comunicazione esterna, di-stinguendoci per flessibilità e velocità. Abbiamo poi partnership con una trentina di motori di ricerca. Sul nostro profilo di Linkedin

(Pinerolo Partner Gruppo Carriere) pubblichiamo le nostre offerte di lavoro. Questi strumenti sono per noi più che sufficienti. È vero che le aziende preferi-scono assumere persone di sesso maschile? In linea generale è un atteg-giamento in fase di superamento, almeno per le grandi aziende. Esi-stono tuttavia casi marginali di disparità tra uomini e donne per alcune posizioni manageriali.Quale percentuale viene assunta

dopo il periodo di prova previsto solitamente dall’azienda? Per quanto riguarda la ricerca e Selezione da noi svolta su personale qualificato, il 100% dei candidati da noi proposto viene confermato. Qual è la principale difficoltà nel conciliare le esi-genze delle aziende con i profili dei candidati? Le ricerche a noi affidate sono sempre più complesse; le aziende ricercano la risorsa “ideale” che risponda alle caratteristiche ne-cessarie per ricoprire il ruolo aziendale. Il ruolo fondamentale, oltre alle competenze teoriche ed alle esperienze pregresse, lo gioca, in fase di colloquio, l’attitudine del candidato.Quale percentuale rappresentano i giovani lau-reati iscritti alla Vostra agenzia? Quale tipo di occupazione cercano? Noi lavoriamo in tempo reale: arriva una ricer-ca, la diffondiamo e riceviamo i primi CV. Segue un primo screening, i colloqui e in meno di 15 giorni identifichiamo la “persona più adeguata”. I neolaureati rappresentano una percentuale im-portante, dei quali molti hanno percorsi didat-tici poco spendibili nel mondo del lavoro; risulta molto difficile però quantificare essendo questo dato legato alle ricerche in corso.

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Incontro con Mario Gasca, di Pinerolo Partnerper capire che cosa vogliono oggi le aziende dai giovani

Le esperienze per acquisire sensibilità aziendali

Giovani&LavoroSoCIETÀ

di Aurora Fusillo

12SoCIETÀ

Il Passalibro 12 di Valentina Scaringella

A camminar col naso per aria, certo, si può anche inciampare o, alla peggio, finir sotto un tram, contro un palo, dentro una buca, sopra qualche bisognino. A starsene con lo sguardo fisso a terra, però, ci si perde il cielo e quel che dall’alto viene. “Nessuno riuscì a vedere la piuma perché nessuno aveva tempo a sufficienza per alzare gli occhi al cielo e riuscire anche solo a guardarla”, scrive il compianto Giorgio Faletti in quell’eterea favola dalla morale non moralista ch’è La piuma. V’è infatti chi a volare non pensa neppure e v’è chi, tentando il volo, si libra o troppo in basso o troppo in alto, sino alla rovina, come Icaro. Per le sue erronee ambizioni. E, novello prigioniero della caverna platonica, con negli occhi nient’altro che le false immagini che gli stanno dinanzi. A esse incatenato da un’inestinguibile sete di dominio e di denaro, destinata a farlo precipitare nel fondo più fondo del pozzo del suo Io vuotatosi. Pozzo da cui gli unici a risalire sono i suoi mostri. I Cari mostri di Stefano Benni, che, in 25 racconti, provocano nel lettore lo “spaventatroce terrore” di conio autoriale. Perché, più di ogni orrore frutto di fantasia, a far allibire sono certe realtà: il primordiale istinto di sopraffazione ch’è capace di celarsi sotto una presunta normalità; la connettività quale unico fattore di riconoscimento dell’esistenza d’un individuo; l’assenza di qualsivoglia freno nella ricerca della soddisfazione dei propri desideri; l’innocenza che si è disposti a consumare per consumistico

consumo; l’attrattiva esercitata da una cultura e da un sesso depauperati dalla loro digitalizzazione; l’umanità perduta nello svolgimento del proprio ufficio; la spietatezza dell’intolleranza; la rassegnazione dei passi che si susseguono a vuoto verso il vuoto; l’algida capacità di sfruttamento dell’altro e delle apparenze; l’irridente incomprensione del valore della memoria; lo spregio con sfregio dell’ambiente; il sanguigno

profitto dell’uomo che arma l’uomo. Mostri combattuti da un’ironia dalle molteplici sfumature. A tratti davvero esilarante, come nella per così dire esopica caratterizzazione umana del mondo animale. Ironia che molto ha in comune con quella dei noti episodi de I mostri, I nuovi mostri e I mostri oggi. In cui si ritrovano altre, eppur così analoghe, mostruosità. Sicché rimane ancor più impresso quel che si dice degli uomini in uno dei racconti: “Non cambierete,

ma dovrete guardare dentro il vostro cuore spietato”. Nel cambiamento, però, si ha il dovere di credere. Perché credervi è il presupposto per compierlo. “Forse anche voi un giorno lo incontrerete”, si dice d’uno strano essere che, per far ritrovare il cammino a chi l’ha perduto, si mette a brillare, ma nel farlo muore. Beh, l’impegno che dovrebbe scaturire da questa lettura dovrebbe essere quello di far sì che la frase possa trasformarsi in “Ma voi non lo incontrerete mai”. Perché alle storie si può cambiar finale. Se le si scrive con una piuma.

Stefano Benni, Cari mostri

Uno spaventatroce terrore

13Lettera a...di Cristiano roasio

DAL TEMPo

Il blocco dello scrittore è una brutta bestia. Posso definirmi scrittore? Certamente no, quindi non sarebbe stato male analizzare questo paradosso: il blocco del non-scrittore. Poi ho pensato che sarebbe stato troppo ombelicale e di sicuro non avrebbe potuto interessarvi, ci sono ben altri problemi che turbano il mondo, pensioni per esempio, rate da pagare, immigrati. In un secondo momento ho ritenuto utile tenere un distacco emotivo scrivendo del tempo: in fondo, quando scarseggiano gli argomenti partono gli sproloqui inutili su temperatura, pressione atmosferica, piovosità e così via. D’altra parte non era malaccio neanche questo, nella lettera di giugno, dedicarmi al mese dell’estate, della luce, del sole. Ma piove. Poi, mi accorgo i m p r o v v i s a m e n t e che il mio correttore automatico non interviene più sui miei strafalcioni di battitura e di grammatica con righe ondulate rosse e mi sento debole alla vista di tutti quegli sbagli non segnalati e sono pronto a lanciarmi in un’invettiva verso la tecnologia. Già sentito. Abbraccio, o volevo scrivere forse imbraccio, comunque sia ho in mano il volumone dei racconti di Cortazar e mi sento un po’ come i cronopios “questi esseri disordinati e tiepidi, sparpagliano i ricordi per la casa, allegri e contenti, e ci vivono in mezzo e quando un ricordo passa di corsa gli fanno una carezza e gli dicono affettuosi: “Non farti male, sai”, e anche: “Sta attento, c’è uno scalino”. Questa è la ragione per la quale [...] le case dei cronopios sono sempre sottosopra e hanno porte che sbatacchiano. I vicini si

lamentano sempre dei cronopios”, soltanto che io mi rivolgo non ai ricordi ma ai vari argomenti per una potenziale lettera, li schiaffeggio, li strattono per le loro camicie da notte e gli chiedo di essere più chiari, precisi o semplicemente utili, e quelli scappano per tutto il parquet facendomi gesti non riferibili. Interessante è anche la corrispondenza tra la percentuale che la banca (istituto di evidente fondazione occidentale) si divora sulla vostra cifra

investita in un fondo d’investimento e l’imposta, terzo pilastro dell’islam, zakat, elemosina rituale, calcolabile sul reddito che un bravo fedele ha ottenuto nell’anno e cioè: 2,5%, poi di questi tempi l’argomento pulsa di attualità, anche un po’ morbosa, perciò... Ma non ci siamo ancora. Setaccio i giornali: “il tribunale blocca Uber”,

beh era ora che qualcuno (con una discreta voce in capitolo) si accorgesse che buona parte dei servizi online fanno concorrenza sleale, prendete le foto che ormai vedo fare a qualunque cosa, comprese le cose da ricordare, fanno concorrenza sleale alla memoria, anche se una bella memoria espandibile come in Johnny Mnemonic (ma ci pensate 120gb?, una robetta da usb drive altro che Keanu revees)... E poi come per magia ho finito lo spazio a disposizione. Ed eccoci qua ad una conclusione, ma ormai avrete capito che non c’è nessuna conclusione, perchè parafrasando Boniperti (e speriamo che porti bene per un giugno da Campioni) scrivere (e leggere) non è importante, è l’unica cosa che conta.

Lettera a... [giugno]

Quando il blocco dello scrittore...

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ospiti del penultimo appuntamento di que-sta stagione sono stati Alessia Giglio, lau-reata in Economics, e Federico Gennaro, neolaureato in Medicina e Chirurgia.La tesi presentata da Alessia, realizzata e discussa in inglese presso la Scuola di Ma-nagement ed Economia dell’Università di Torino e intitolata Municipal Bonds in Italy: Facts, Fig-ures and Yields Deter-minants, ri-guarda i buo-ni obbligazio-nari emessi dai municipi, definiti BoC (Buoni obbli-gazionari Co-munali). Si è occupata di anal izzarne le caratteristiche, la normativa, verificarne i rendimenti. Emesse solamente dal 1996 al 2011, le obbligazioni avevano tra gli obiet-tivi quello di introdurre un nuovo strumento finanziario, meno costoso rispetto a un mu-tuo, che permettesse al contempo il coin-

volgimento del cittadino nel finanziamento delle opere pubbliche locali.Federico si è invece occupato di verificare quanto l’obesità incida sul peggioramento delle malattie renali croniche. Il termine “re-nire” – coniato appositamente per questa tesi – si riferisce alla protezione dei reni at-traverso il dimagrimento. Durante lo studio

condotto su 91 pazienti (di cui 45 nefropatici, 6 in dialisi e 40 sani) sono state proposte diffe- renti tipolo-gie di diete: una qualita-tiva coach-as-sisted, l’altra quan t i t a t i v a «tradizionale» o «self-made».

Lo studio ha permesso di stabilire come il calo ponderale di peso nei pazienti con malattia renale cronica sia una via possibile e necessaria e porti, qualunque sia il tipo di dieta seguito, a un significativo migliora-mento nella qualità della vita.

Medicina ed Economiacon Federico Gennaro e Alessia Giglio

Renire, per la protezione dei reni attraverso il dimagrimento I buoni obbligazionari emessi dai Comuni (Boc)

Serate di Laurea a cura di Gabriella Bruzzone

SoCIETÀ

15SoCIETÀ

Uomini del Pinerolese a cura di Sara Nosenzo

Ci racconti della sua vita: la sua formazione, il lavoro, gli interessi. Con La professoressa Tajo (medie inferiori) ho un grande debito di riconoscenza: mi ha insegnato ad amare la letteratura, la poesia, il teatro. Gli anni del Liceo e dell’Università mi hanno fornito gli strumenti per intraprendere un percorso culturale tuttora in corso. ringrazio chi mi ha introdotto nel mondo della musica: il M° P. Comorio (chitarra classica), il M° P.G. Bonino (canto corale), il M° D. Castellano (flauto dolce). Per scoprire percorsi creativi e tecniche di regia sono state molto significative le esperienze presso gruppi teatrali locali. Un’altra mia grande passione,fin dai primi anni ’70, è lo studio dell’etnomusicologia e delle culture “non materiali”.Ci interessa la sua esperienza in RAI. Come ha fatto ad entrare, qual è stato il suo percorso formativo, quali gli errori e i successi più clamorosi? Sono entrato in rAI tramite concorso pubblico nazionale nel 1980: mi sono state di grande aiuto le esperienze musicali e teatrali, la passione per la tecnologia e la partecipazione a Master specialistici. 30 anni di rAI sono stati una scuola d’eccezione: approdare al ruolo di regista è stato possibile grazie al quotidiano contatto con grandi attori, registi, intellettuali, musicisti, scienziati, di rilevanza nazionale ed internazionale, che mi hanno trasmesso conoscenze, passioni e segreti del mestiere. Per quanto riguarda successi o insuccessi, lascio al pubblico giudicare: ringrazio la critica che, sui media nazionali, ha valutato positivamente il mio lavoro; posso affermare di aver realizzato con onestà e passione circa 200 programmi trasmessi in rete nazionale. La televisione di oggi come la vede? L’offerta televisiva è enormemente

aumentata con l’avvento delle tecnologie digitali e satellitari: però accade spesso che la fruizione di contenuti di buon livello (a parte quelli trasmessi dalle broadcastings generaliste nazionali) sia riservata agli abbonati delle pay-tv. Persino gli eventi sportivi di massa sono ormai visibili soltanto ad un’élite, il che configura un futuro in cui il pubblico

televisivo sarà suddiviso non in base alle legittime necessità di informazione e arricchimento culturale, ma piuttosto in relazione alle disponibilità economiche di ciascuno.Sappiamo che ora è impegnato all’Unitre nella pubblicazione degli eventi del territorio. Come vive questa nuova avventura? L’Unitre mi ha dato l’opportunità di entrare a far parte del corpo docente (etnomusicologia) e mi

ha affidato la gestione del sito web. Questo lavoro mi permette di entrare in contatto con le realtà culturali del territorio e di fornire un servizio gratuito rivolto a tutti.Da questo osservatorio come vede il territorio pinerolese? È aperto al dialogo o le associazioni sono chiuse nel “proprio cortile”? Non è facile per chi opera nel campo della cultura interagire con le altre realtà cittadine. Inoltre esistono almeno tre diversi aspetti della gestione del patrimonio culturale: quello degli amministratori pubblici, che si devono muovere dentro una gabbia normativa e con stringenti limitazioni di bilancio; quello degli operatori culturali, che devono reperire competenze, fondi e strutture per espletare la loro attività; quello del pubblico, che è latore di legittime richieste e aspettative culturali. Trovare un equilibrio tra queste esigenze, non sempre concordanti, dovrebbe essere il proposito di tutti per una crescita culturale della città e del territorio.

Intervista ad Enrico LantelmeUna vita in Rai e con la musica

16 di Alessia Moroni

16CoSì PEr IL MoNDo Vita internazionale

Settembre 2013, Airasca. Lorenzo Andreazzoli e alcuni amici, dopo mesi di preparativi, partono per una grande meta: l’Australia. Ispirati dal film “Into the Wild”, si dirigono dall’altra parte del mondo in cerca di un lavoro. “Siamo stati spinti dalla noia di non avere un’occupazione. Abbiamo dunque contattato un ragazzo che era già là e ci siamo organizzati con visto e passaporto”. Prima tappa: Sydney. “Siccome non sapevamo bene l’inglese, siamo andati a lavorare in fattoria e così ci siamo divisi: due sono rimasti a Sydney, mentre in fattoria eravamo un po’ distanti dalla grande città. Siamo stati in un vigneto per due mesi”. Lorenzo racconta che l’esperienza in

fattoria è stata la più bella ed è lì che ha iniziato ad imparare l’inglese, parlando con persone provenienti da tutto il mondo. Nel frattempo gli altri due amici si spostano ad Adelaide e Lorenzo decide di raggiungerli. “Lì abbiamo vissuto grazie alla cosiddetta “free accomodation”: avevamo da dormire in cambio di lavori domestici, per esempio io pulivo le camere ed i bagni”. È stato molto formativo per i ragazzi, perché è proprio la lontananza da casa che permette di capire il significato del vivere da soli, guadagnarsi da mangiare ed essere autonomi. “Dopo tre mesi ho deciso di andare in Tasmania: i miei due amici hanno trovato

lavoro in una fattoria, mentre io e la mia ragazza di allora ci siamo spostati ancora. Grazie ad un annuncio ho trovato lavoro in una fattoria di ostriche e dopo qualche mese sono riuscito a diventare aiuto-cuoco”. Lorenzo rimane in Tasmania fino ad Aprile 2014. Poi la svolta: si parte per la Nuova zelanda, direzione Queenstown. “È una città di montagna, come Sestriere. È molto carina e ci sono pochi italiani. Ormai sapevo bene l’inglese e in una settimana ho fatto cinque colloqui di lavoro, trovandolo come aiuto-cuoco”. È proprio questa esperienza che consolida in Lorenzo la voglia di diventare cuoco qui in Italia, passione che

ha da sempre. Dopo quattordici mesi è ora di tornare: l’inglese è ormai più che assimilato, la famiglia aspetta ed anche la neonata nipotina ha voglia di conoscere zio Lorenzo. “Spero di trovare presto un lavoro, intanto comincerò in autunno un corso per diventare cuoco”. oltre alla passione per la cucina, Lorenzo scrive e cura un blog personale nel quale racconta le storie e le emozioni del suo viaggio dall’altra parte del mondo. “È una sorta di diario di viaggio, l’ho fatto per cercare di convincere chi lo legge a provare questa esperienza.

Secondo me dovremmo imparare a viaggiare da soli, nel vero senso della parola”. “Nel mio viaggio ho trovato straordinario camminare nei boschi, dove la natura prevale sulla civiltà, vedere l’armonia degli alberi, tutti uguali all’apparenza ma ognuno differente in qualcosa. Quell’armonia semplice dove nessuno contrasta l’altro, una fratellanza che diventa simbiosi. Questo è quello che dovremmo imparare, essere in simbiosi l’uno con l’altro e con la natura, amare la propria casa ma avere il coraggio di tagliare il cordone ombelicale, vivere una vita all’insegna della scoperta e dell’avventura” (Dal blog di Lorenzo: http://l3rry.tumblr.com/).

Intervista a Lorenzo Andreazzoli

14 mesi in Australia

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17di Sara Nosenzo

TeatroArTE&SPETTACoLo

Al Teatro Carignano di Torino è andato in scena “Il Giuoco delle parti”, opera di Luigi Pirandello diretto da roberto Valerio. La sala pullula di gente e non mancano le telecamere della rai che fanno presagire l’importanza dello spettacolo che sta per iniziare. Leone Gala è un personaggio filosofo, spiega ogni avvenimento con distaccato cinismo; a questi si contrappone la moglie Silia, capricciosa e irrazionale. Il confuso Guido Venanzi, amante di Silia e amico di Leone, rimane al centro delle discussioni dei due coniugi incapace, impacciato come è, di risolvere a suo vantaggio la situazione. Silia è profondamente offesa dal comportamento logico e ragionato del marito che nella vita non ha mai vacillato per colpa dei sentimenti. Lei è tutto l’opposto, è carnale e lunatica, si stanca spesso di quello che ha per ricercare qualcosa di nuovo. Questi sono i primi tre personaggi della commedia in tre atti scritta nel 1918, ma i coniugi ci vengono presentati in una maniera singolare: una voce profonda, fuoricampo, ci descrive la scena in cui vi è solo una donna in abito da sposa e un uomo su una sedia a rotelle nell’angolo a destra del palco, le spalle al pubblico. La donna si lamenta, sbraita passeggiando frenetica nella stanza chiedendo risposte a quel marito che non si può più chiamar tale. Così si ricorda la moglie il signor Leone, in abito da sposa quasi a sottolineare che i momenti felici sono ricordi sbiaditi e indefiniti. La bravissima Alma reale, Silia, è

l’unica donna dell’intera commedia, ma la sua sola presenza basta a tener testa agli uomini della sua vita. Le è stata recata offesa e pretende che il marito, come galateo impone, ne difenda l’onore. Ma le vere intenzioni di Silia, stanca della noiosa testardaggine, secondo il suo punto di vista, del marito, sono ben altre: vuole che Leone venga ucciso così da dedicarsi liberamente e finalmente alla sua nuova vita. Bisogna stare attenti però: lo spettacolo proposto è una narrazione dentro una

narrazione. Tutto ciò che vediamo sono i ricordi di un anziano Leone. Magistrale la scelta di regia di fermare gli interpreti ogni qualvolta il signor Gala intende fermarsi per gustare al meglio una memoria. Gli attori non sono altro che scenografie viventi che si muovono al volere della memoria di Leone per mostrare, per quanto incredibile, l’interezza della vicenda, ogni punto di vista anche quelli che lo stesso protagonista non poteva vedere in prima persona. Una compagnia di così celebri attori dona al pubblico una recitazione

non solo sentita, ma autentica e credibile. I personaggi, anche se presentano i tratti delle caricature, rimangono distinti e dotati di mistero, come Pirandello vorrebbe. Uno spettacolo appassionante, anche se a tratti difficile da comprendere alla prima battuta, che regala ad ogni persona presente una serata da ricordare perché alla fine sono i sentimenti che prevalgono e quella della ragione, sostiene Pirandello, è sempre una vittoria illusoria da cui si esce sconfitti.

CON UMBERTO ORSINI E ALMA REALE

Il giuoco delle parti

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Ilaria Lemmo è una giovane chitarrista che compone colonne sonore per spettacoli teatrali. Il 7 giugno debutterà all’Arca di Torino con “Un nastro intorno alla bomba”, uno spettacolo incentrato sulla figura di Frida Kahlo. Ilaria, qual è il ruolo che pensi abbia la musica all’interno del teatro, a differenza della musica a sé stante? In che modo sviluppi le tue composizioni per la scena? La musica nel teatro può avere più valenze. Può essere un semplice abbellimento, una cornice, o invece può avere un ruolo attivo. La scelta sta al regista, e in ciò che si vuole rappresentare. ovviamente quando una persona scrive una canzone per proprio piacere personale può esprimere qualcosa di suo, strettamente individuale. Nella realtà teatrale (o in generale quando si scrivono delle colonne sonore) non vi è più la tua sola individualità, ma vi è tutto un mondo pieno di segni, di storie, di pensieri che bisogna tenere in considerazione. Si deve fare una musica che sia un tutt’uno con questo mondo, bisogna unire più prospettive. Di solito quando riesco (quando le tempistiche e le situazioni lo permettono) cerco di vivere prima di tutto la scena, di osservarla, di “entrarci dentro”. Poi suono quello che provo, quello che la scena mi ha dato, cercando successivamente di costruire da quello scheletro iniziale qualcosa di più. Come ti è venuta l’idea di cominciare a comporre per il teatro? Non ho iniziato a scrivere musica per teatro di mia spontanea iniziativa. Un giorno due miei amici mi hanno detto “Ila, c’è questo spettacolo fighissimo, ti va di venire a suonare?”. ovviamente il primo impatto, a livello esteriore, è stato negativo. Non me la sentivo, avevo già scritto musica per me, ma non mi ritenevo per niente in grado di scrivere qualcosa di “più importante”, che coinvolgesse più persone. Poi però, entrando nel vivo delle prove, ascoltando

gli attori, giocando con essi e coi registi, mi sono innamorata di questa realtà, e ringrazio questi amici che inizialmente dovettero insistere un po’, perché il teatro mi ha fatto scoprire non solo un mondo impregnato di una cultura vastissima, ma mi ha fatto lavorare anche su di me e sul mondo fuori dal teatro.Per chiudere, puoi darci un paio di anticipazioni riguardo ad “Un nastro intorno alla bomba”? Beh, da dove partire? ho conosciuto

Francesca qualche mese fa perché abbiamo partecipato insieme ad un’audizione teatrale per un bando torinese. Lei stava cercando qualcuno che scrivesse la musica per lo spettacolo che stava mettendo in scena e via, abbiamo iniziato a lavorare insieme. Questo spettacolo parla della vita di Frida Kahlo, mettendo in rilievo i suoi sentimenti, e ponendo un accento particolare su alcuni aspetti del suo pensiero. La musica è presente praticamente per tutta la durata dello spettacolo (poco meno di un’ora) perché io e Francesca

(entrambe in scena) siamo la stessa persona. Lei è propriamente Frida, mentre io rappresento l’immaginazione, l’arte, quella spinta di cui ha sempre avuto bisogno per non cadere nella depressione dopo tutti gli avvenimenti disastrosi della sua vita. E’ stato entusiasmante intrecciare parole e musica, stupendo. La musica dona alle parole una grande pienezza, e quella musica senza parole sarebbe piatta, senza senso. Insomma, abbiamo sempre cercato di unirci e di lavorare insieme. La prossima settimana faremo una piccola anteprima per alcuni amici, e poi da settembre (o forse già da quest’estate) inizieremo a portarlo in giro. Devo assolutamente ringraziare con tutto il cuore Francesca che mi ha dato l’occasione di fare qualcosa di nuovo, di incredibilmente emozionante e forte. Questo spettacolo mi ha insegnato ad urlare “Viva la vida” anche nei momenti più pesanti, e l’obiettivo che io e Francesca speriamo di raggiungere è quello di trasmettere questo messaggio.

mUsica emerGeNTe

Ilaria Lemmo

di Isidoro ConcasMUSICA of f i c i ne de l suono

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I grandi eventi sportivi sono da sempre occasione d’incontro e cooperazione e motivo di orgoglio per i paesi ospitanti, ma purtroppo vengono spesso associati a violazioni dei diritti dei più vulnerabili. Questa situazione sembra destinata a ripetersi ancora una volta in Qatar, dove avrà luogo il campionato mondiale di calcio nel 2022. Nel mese di maggio Amnesty International ha rilasciato un rapporto riguardante le condizioni dei lavoratori migranti nel paese, il quale evidenzia come le già insufficienti promesse del governo non siano state mantenute. Secondo il documento le poche riforme attutate non sarebbero in grado di migliorare lo stato degradante in cui i migranti sono costretti a lavorare e vivere. Provenienti soprattutto dal Nepal, i lavoratori sono spesso soggetti al cosiddetto sistema kafala, da molti definito come una nuova forma di schiavitù: devono rimanere fedeli al loro primo datore di

lavoro, senza possibilità di lasciare il Qatar o trovare un altro impiego qualora non abbiano la sua autorizzazione. Spesso non vengono pagati per mesi, ma non possono denunciare la situazione alle forze dell’ordine perché senza un documento

di residenza rilasciato dalla loro azienda sono ritenuti fuorilegge. I giornalisti e gli attivisti che hanno provato a far luce sulla vicenda hanno subito intimidazioni e arresti. Da parte sua, il rieletto presidente della FIFA Blatter non sembra aver preso in considerazione il problema come dovuto, e si presenta ora il

rischio che lo scandalo sulla corruzione – seppur importante – offuschi la necessità di intervenire sulla questione. E’ quindi necessario che la FIFA agisca e permetta che i mondiali di calcio siano all’altezza dell’immagine di festa che apparirà sui nostri schermi e che l’opinione pubblica non ignori quello che è già presente dietro.

GrUPPo GiovaNi amNesTy iNTerNaTioNal

Qatar 2022: fair play?

Visibili & InvisibiliDIrITTI UMANI

Giovani,Tecnologia@Innovazioni di Greta Gontero

Samsung Gear Vr Eccolo il nuovo gadget tecnologico, prodotto da Gear, che consente di vivere in una realtà virtuale dove l’intrattenimento e il “gioco” la fanno da padroni. Ma in cosa consiste e, soprattutto, come funziona? Samsung Gear Vr è un caschetto che, usufruendo della potenza di calcolo del Samsung Note 4 (al momento il più innovativo), permette una visione a tutto tondo di determinate esperienze virtuali, che sono però ancora in numero relativamente basso. Per entrare in questo mondo virtuale basta indossare il casco e inserire lo smartphone nella parte frontale dei Gear Vr, a questo punto, grazie all’app di oculus, agli occhi del fruitore si mostrerà la magia di un altro mondo, ovvero una completa visione di video o videogiochi. Purtroppo però, mentre il casco ha un costo

moderato (circa 200 euro), l’acquisto del Samsung Note 4, invece, può giungere ad un costo pari a 700 euro… perciò conviene acquistare questo gadget solamente se si è già in possesso dello smartphone, dato che è l’unico compatibile con Gear Vr. L’utilizzo è comunque molto semplice perché

basta indossare il casco per proiettarsi immediatamente dentro il videogioco o il video: l’esperienza di gioco risulta davvero avvincente perché, per esempio, ci si può guardare attorno e sentirsi completamente immersi in esso. Inoltre sono presenti pochi tasti dediti al volume e alla messa a fuoco, in modo tale da non rendere

complicato l’utilizzo dello strumento. L’unica pecca di Samsung Gear Vr è proprio la compatibilità esclusiva con il Note 4 ma si spera che presto anche altri telefoni possano essere resi adatti a questo nuovo gadget tecnologico.

20SoCIETÀ Per Mostre e Musei

di Chiara Gallo

La Biennale di Venezia, in corso fino al 22 novembre 2015, ospita come ogni anno artisti provenienti da tutto il mondo, distribuiti equamente presso i vari padiglioni dell’Arsenale e dei Giardini della Biennale. Il titolo scelto per la 56a edizione dal curatore okwui Enwezor verte sul tema “All the world’s futures” e si pone l’obiettivo di portare in luce artisti socialmente - o politicamente? - coinvolti nell’attuale situazione dei loro corrispettivi Paesi. Un modo per dare spazio e voce a realtà d i f ferent i , cercando di sviluppare, grazie al pensiero e alla cultura, n u o v e possibi l i tà per il futuro. Pochissimi gli italiani chiamati a r a c c o l t a , ma tra loro spicca il nome di un duo che negli ultimi anni ha fatto parlare spesso di sè e che trae le sue origini proprio dal Piemonte. Alis/Filliol, i due artisti in questione, hanno preso parte alla Biennale di Venezia installando due loro importanti lavori all’interno del Padiglione Italia, quest’anno curato da Francesco Trione e denominato Codice Italia. Un passo importante e

significativo che ha condotto questo duo, formato rispettivamente da Andrea respino, originario di Mondovì, e Davide Gennarino, nato a Pinerolo, ad esporre le opere disegnando insieme agli altri artisti un percorso ideale di fucina dell’arte italiana, in una fusione tra ciò che era e ciò che è. In tale contesto Alis/Filliol ha presentato Jir, un’imponente opera ispirata all’arte classica di Medardo rosso e in cui il poliuretano è il vero protagonista, e rapport Berton, lavoro

r e a l i z z a t o nel 2015 in c o l l a bo r a -zione con G i u l i o P i g n a t t a . Insieme a loro hanno e s p o s t o a r t i s t i emergenti o già affermati c o m e V a n e s s a B e e c r o f t , A n t o n i o

Biasucci, Jannis Kounellis, Mimmo Paladino e molti altri ancora. Un insieme che si è districato bene su tre sezioni e che ha potuto rivelare la storia dell’arte italiana tramite diverse chiavi di lettura, sia artistiche sia culturali. Per Allis/Filliol un vero successo che conferma ancora una volta il loro talento e il loro alto livello comunicativo.

“all the world’s futures”

Alla Biennale gli artisti del PiemonteTra essi il duo artistico torinese Alis/Filliol, formato da Davide

Gennarino (Pinerolo 1979) e Andrea Respino (Mondovì, 1976)

21 Anda re a l c i nema

di Andrea obisoSoCIETÀ

In una ridente località turistica delle Alpi svizzere Fred Ballinger, stimato compositore e direttore d’orchestra in pensione, e Mick Boyle, celebre regista che sta lavorando al suo ultimo film, stanno trascorrendo le vacanze estive. Ciò che accomuna i due uomini sono l’età (entrambi stanno vivendo l’ultima fase della loro vita), il successo e i rapporti poco idilliaci con le rispettive famiglie. In ambito professionale però i due amici vivono due situazioni diametralmente opposte dal momento che la voglia di realizzare a tutti i costi l’ultimo film spinge Mick a circondarsi il più possibile di collaboratori, mentre Fred si ostina a rifiutare una prestigiosa richiesta di lavoro da parte della famiglia reale inglese. All’improvviso i loro mondi vengono scossi dall’inevitabile difficoltà di relazionarsi con un mondo che è cambiato velocemente, forse più di quanto loro possano sopportare.Agli occhi di chi scrive Sorrentino ha portato a Cannes 2015 il suo film migliore. La cura per l’immagine fa parte dell’universo del regista campano da sempre, in “Youth – La Giovinezza” è possibile immergersi in un mondo travagliato

e complicato come quello del jet-set hollywoodiano mantenendo la calma, quasi irritante, delle montagne svizzere, dove il pascolo delle mucche sembra essere l’unico evento di una certa rilevanza. Le vicende legate ai personaggi principali risentono ovviamente di questa atmosfera, senza per questo perdere forza o acquisendo drammaticità ingiustificata. Questo è il motivo per cui ritengo “Youth” il miglior film, ad oggi, di Sorrentino. Non il grande cast (per inciso, harvey Keitel una spanna sopra a tutti), le ambientazioni, la regia, la colonna sonora, ma per la complessa e stabile armonia che si viene a creare fra tutti questi elementi e il susseguirsi degli eventi. Credo che in questa pellicola, per la prima volta, Sorrentino riesca effettivamente a legare una componente visiva eccezionale ad un percorso narrativo, e quindi umano, altrettanto forte. Senza per questo lasciare che i due universi entrino in competizione tra loro o necessitino di reciproci riferimenti, ma consentendo ad essi di condividere pacificamente un unico film. In due parole, buon cinema.

Youth / la GiovinezzaRegia: Paolo Sorrentino Attori Principali: Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda

22 P ine ro lo pe r immag in i

di Lara FantoneSoCIETÀ

Eventi fotografici di Giugno

5.6.2015-Grandeaffluenzadipubblicoall’inaugurazionedellamostradifotografiediLaraFantonepressolasededell’AssociazioneCulturaleOndad’Urto

5-7.6.2015-Ormaiconsolidatoèl’appuntamentoconl’AperingiroalNapoliinviaPrincipid’Acaja,nelmesedigiugno.Anchequest’annovihannopartecipatocentinaiadigiovani.

23MoNDo Appunt i d i v i agg io A cura di Angelica Pons

La polvere, la polvere entra dappertutto, nei capelli, tra i denti, nei bagagli, nelle pentole, nelle provviste… Non siamo noi che ne calpestiamo il suolo. È l’Africa che sta entrando nella nostra vacanza. In una nuvola di polvere che si fa rosa si arriva a sera ai bunker-boungalow, come grossi gusci di conchiglia, tombe barocche o residui bellici. L’alba nella foresta di aloe (Namibia - kokerboom forest) appartiene ad un’altra dimensione: le piante millenarie ti sussurrano dei tempi passati, germoglio dopo germoglio, e noi si resta un poco imbambolati ad osservare la palla di fuoco che man mano ne illumina i tronchi dal solido aspetto di vita compressa in un boiler, sormontato da formazioni stellari di piantine grasse da appartamento. Pure i sassi, ciottolo dopo ciottolo, scoglio sopra scoglio, han formato sagome austere ed incredibili. Tra i camelothorn tree, gli alberi delle mezzelune… una coppia di ghepardi in semi-cattività, quasi docili da accarezzare: un incontro che anticipa la forza della natura che sta covando oltre i chilometri che ancora ci aspettano. L’Africa ti mette subito alla prova, i lunghi monotoni altipiani non fanno presagire le gole che nascondono, le sorprese che ti attendono.Cavalli selvatici sonnecchiano nei pressi di una pozza quasi inaridita. L’Africa mette lei tutta la pazienza che a noi manca, ed infine ti accoglie nelle sorgenti calde per un bagno notturno rigenerante (Ai-Ais).Serpeggiano nelle profondità della terra fantasmi di acque impetuose quasi inghiottite, lasciano solchi mozzafiato (Fish Canyon), e poi si ricongiungono all’oceano, la cui massa d’acqua incastonata tra le rocce o distesa sul

fianco ruggisce nel vento (Diaz Point - Luderiz). Solo i gabbiani sorvolano le onde spumeggianti, col loro “tardo e sonnolento volare” (Antonio Machado). Dopo km e km, inatteso, dietro la curva, il deserto. Il Kalahari si mostra in tutta la sua maestà: rocce nere galleggiano sulla sabbia rossa, l’oro cede il passo al sangue. I contorni netti e ruvidi ti abbandonano, si fan strada i miraggi. Le montagne con creste arruffate come copricapo diventano dune sinuose, violacee, arancioni, fragole e lamponi. L’Africa gioca a nascondino, dentro e fuori di te. Sei senza fiato per arrampicarti sul pendio, ma appena sorge il sole ti rinfranchi e corri su e giù per il crinale a piedi nudi nella sabbia morbida e fresca alla ricerca di nuove prospettive. Il deserto vive, con fatica ed in silenzio: tra le canne che sbucano dalle dune, tra le lunghissime radici, si vedono zampette, impronte, lucertoline… quella selvaggina sfuggita al coyote che iersera curiosava al campo. Approdiamo a Sossusvlei dopo la traversata a rischio di insabbiarci. Ed il rimpiattino continua. Cammini e cammini nella sabbia rossa alla ricerca di un’indicazione, un segnale o un presagio. Quando ti sei quasi arreso, ti pare di aver superato tutte le difficoltà inutilmente, ed hai l’aridità dentro allo stomaco ed ai pensieri, l’orizzonte si spalanca nello spiazzo bianco di un lago prosciugato, con alberi fossili, carbonizzati dai fulmini; due aquile come corvi in canottiera gracchiano vicine, le antilopi in lontananza cercano riparo dalla calura tra i cespugli e sorseggiano guardinghe dalla pozza, riarsa, tra le crepe del fondo spaccato dal sole. (Dead Vlei).

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Una poesia della natura da raccontare

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