Nota tecnica schemi_decreti_finale

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE IL TESTO ORGANICO DELLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI E LA REVISIONE DELLA DISCIPLINA DELLE MANSIONI, IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 10 DICEMBRE 2014, N. 183. TITOLO I LAVORO SUBORDINATO CAPO I Art. 1 (Contratto a tempo indeterminato) 1. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro Osservazioni la formulazione è ripresa dal comma 01 del dlgs. 368/2001 in materia di contratti a termine, ora abrogato dal successivo articolo 46, comma1. CAPO II Sezione I LAVORO A TEMPO PARZIALE Art. 2 (Definizioni) 1. Nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l'assunzione può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale. 2. Ai fini della disciplina della presente sezione si intendono per: a) «tempo pieno» l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; b) «tempo parziale» l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a); c) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale» quello in cui la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro; d) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale» quello in relazione al quale risulti previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno; e) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto» quello che si svolge secondo una combinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d); f) «lavoro supplementare» quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario di lavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 3, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno; g) «contratti collettivi» i contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei 1

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE IL TESTO ORGANICO DELLETIPOLOGIE CONTRATTUALI E LA REVISIONE DELLA DISCIPLINA DELLE MANSIONI,IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 10 DICEMBRE 2014, N. 183.

TITOLO I

LAVORO SUBORDINATO

CAPO I

Art. 1 (Contratto a tempo indeterminato)

1. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapportodi lavoro

Osservazionila formulazione è ripresa dal comma 01 del dlgs. 368/2001 in materia di contratti a termine,ora abrogato dal successivo articolo 46, comma1.

CAPO II

Sezione I

LAVORO A TEMPO PARZIALE

Art. 2 (Definizioni)

1. Nel rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, l'assunzione può avvenire atempo pieno o a tempo parziale.

2. Ai fini della disciplina della presente sezione si intendono per: a) «tempo pieno» l'orario normale di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo

8 aprile 2003, n. 66, o l'eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi applicati; b) «tempo parziale» l'orario di lavoro, fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un

lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a); c) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale» quello in cui la riduzione di orario

rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all'orario normale giornaliero di lavoro; d) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale» quello in relazione al quale risulti

previsto che l'attività lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminatinel corso della settimana, del mese o dell'anno;

e) «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto» quello che si svolge secondo unacombinazione delle due modalità indicate nelle lettere c) e d);

f) «lavoro supplementare» quello corrispondente alle prestazioni lavorative svolte oltre l'orario dilavoro concordato fra le parti ai sensi dell'articolo 3, comma 2, ed entro il limite del tempo pieno;

g) «contratti collettivi» i contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei

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datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratticollettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalle rappresentanzesindacali unitarie.

OsservazioniLa norma riproduce pressoché alla lettera il testo dell’articolo 1, commi 1 e 2, lettere a)-e),

del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, articolo che viene contestualmente abrogato dall’art. 46,comma 1, dello schema di decreto.

Le modifiche rispetto al testo dell’art. 1 del d.lgs. n. 61/2000 sono di sostanza. E così:- è stato eliminato il riferimento alla facoltà dei “contratti collettivi nazionali o territoriali”

e dei “contratti aziendali stipulati dalle RSA ovvero dalle RSU” di “determinare condizioni emodalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro” a tempo parziale (così il 1°periodo del comma 3 dell’art. 1 del d.lgs. n. 61/2000).

Di conseguenza è stata aggiunta una lettera g) al comma 2 dell’art. 2 dello schema didecreto recante la definizione di «contratti collettivi»:

“Si intendono per: g) «contratti collettivi» i contratti collettivi nazionali o territorialistipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piùrappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dallerappresentanze sindacali aziendali ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie”.

- è stato altresì eliminato il riferimento alla possibilità per i contratti collettivi di “prevedereper specifiche figure o livelli professionali modalità particolari di attuazione delle disciplinerimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto” (così il 2° periodo delcomma 3 dell’art. 1 del d.lgs. n. 61/2000).

- è stata infine confermata la disposizione secondo la quale l'assunzione può avvenire atempo parziale anche nel rapporto di lavoro a termine (vedi la locuzione ”anche a tempodeterminato” aggiunta al comma 1 dell’art. 2 dello schema di decreto). Conseguentemente èstata eliminata la disposizione del comma 4 dell’art. 1 del d.lgs. n. 61/2000. 4. Le assunzioni a termine, di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2001, 368, e successivemodificazioni, di cui all'articolo 8 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e di cui all'articolo 4 dellalegge 26 marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche con rapporto a tempo parziale, aisensi dei commi 2 e 3.

Art. 3 (Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale)

1. Il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini della prova. 2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della

prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, allasettimana, al mese e all'anno.

OsservazioniLa norma riproduce - con alcune modifiche - il testo dell’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. 25

febbraio 2000, n. 61. L’art. 3, comma 1, dello schema di decreto conferma che la forma scritta del contratto di

lavoro a tempo parziale è richiesta ai fini della prova dell’avvenuta stipulazione di esso. Ilcontratto potrà, dunque, ritenersi valido ed efficace ancorché concluso oralmente.

L’art. 3 comma 2, esige la predeterminazione del tempo di esecuzione della prestazione(part-time orizzontale) e del contratto (part-time verticale o ciclico).

Le modifiche rispetto al testo dell’abrogato art. 2 del d.lgs. n. 61/2000 sono sostanziali:

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- è stata eliminata la disposizione che imponeva al datore di lavoro l’obbligo di “informarele rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, con cadenza annuale, sull'andamento delleassunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il ricorso al lavoro supplementare” (2°periodo del comma 1 dell’art. 2 del d.lgs. n. 61/2000).

- è stato altresì eliminato il richiamo alla disciplina in tema di clausole flessibili e clausoleelastiche (di cui all’art. 3, comma 7 dell’abrogato d.lgs. n. 61/2000).

Art. 4(Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario,clausole flessibili ed elastiche)

1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale il datore di lavoro ha la facoltà dirichiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari nel rispetto di quanto previsto dai commi cheseguono.

2. I contratti collettivi stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementareeffettuabili, nonché le conseguenze del suo superamento.

3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratoreinteressato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo.

4. I contratti collettivi possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo dellaretribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. I contratti collettivipossono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istitutiretributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l'applicazione di unamaggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare.

5. Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non contenga unaspecifica disciplina del lavoro supplementare, nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipoorizzontale il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavorosupplementare in misura non superiore al 15 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. Intale ipotesi il lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione sull'importodella retribuzione oraria globale di fatto pari al 15 per cento, comprensiva dell'incidenza dellaretribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti.

6. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto è consentito lo svolgimento diprestazioni lavorative straordinarie.

7. Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi le parti del contratto di lavoro a tempoparziale possono concordare, per iscritto, clausole flessibili relative alla variazione dellacollocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipoverticale o misto possono essere stabilite, per iscritto, anche clausole elastiche relative allavariazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi stabiliscono:

1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazionetemporale della prestazione lavorativa;

2) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in aumento ladurata della prestazione lavorativa;

3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa; 4) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la

modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma. 8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della

prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa comporta infavore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di due giorni lavorativi,nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti

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collettivi. 9. Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto non contenga una specifica

disciplina delle clausole flessibili ed elastiche, le parti del contratto di lavoro a tempo parzialepossono concordare, avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decretolegislativo 10 settembre 2003, n. 276, clausole flessibili relative alla variazione della collocazionetemporale della prestazione lavorativa e, nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale omisto, clausole elastiche relative alla variazione in aumento della stessa. Le predette clausoleprevedono, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, conpreavviso di due giorni lavorativi, può modificare, la collocazione temporale della prestazione evariare in aumento la durata della stessa, nonché la misura massima dell’aumento, che non puòeccedere il limite del 25 per cento della normale prestazione annua a tempo parziale. Le modifichedell’orario di cui al periodo che precede comportano il diritto del lavoratore ad una maggiorazionedella retribuzione oraria pari al 15 per cento, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugliistituti retributivi indiretti e differiti.

10. Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma7, n. 4, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 6, commi da 3 a 5, della presentedisciplina, ovvero in quelle di cui all'articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300,è riconosciuta la facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola flessibile o elastica.

OsservazioniA) I commi da 1 a 4 dell’art. 4 dello schema di decreto riproducono - con sostanziali

modifiche - il testo dell’art. 3, commi da 1 a 4, del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61.Pertanto nelle ipotesi di part-time di tipo orizzontale, il datore di lavoro è facoltizzato a

richiedere lo svolgimento di lavoro supplementare. E’ stata confermata la volontarietà dellaprestazione eccedente l’orario fissato nel contratto individuale ove l’effettuazione non sia“prevista e regolamentata dal contratto collettivo”.

Una modifica sostanziale rispetto al testo dell’abrogato art. 3 del d.lgs. n. 61/2000 riguardale competenze del contratto collettivo nella disciplina del ricorso al supplementare. Infatti, icontratti collettivi nazionali o territoriali e i contratti aziendali stipulati dalle RSA o dalleRSU stabiliscono, ora, il tetto massimo delle ore di supplementare effettuabili nonché leconseguenze del suo superamento, ma non più le “causali” giustificative.

D’altra parte è stata confermata la disposizione secondo la quale i contratti collettivipossono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione orariaglobale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare.

B) Il comma 5 dell’art. 4 dello schema di decreto disciplina l’ipotesi in cui il contrattocollettivo applicato al rapporto part-time di tipo orizzontale non contenga una specificadisciplina del lavoro supplementare. In tal caso, il datore può richiedere al lavoratore losvolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 15% delle oredi lavoro settimanali concordate. D’altra parte, il lavoro supplementare è retribuito con unapercentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto pari al15%, “comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istitutiretributivi indiretti e differiti”.

Quest’ultima previsione lascia perplessi. Il comma 5 dell’art. 4 va letto assieme alprecedente comma 4, ai sensi del quale i contratti collettivi possono “stabilire che l'incidenzadella retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti siadeterminata convenzionalmente mediante l'applicazione di una maggiorazione forfettariasulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare”. Se ne deduce laprevisione del comma 5 da ultimo citata realizza sostanzialmente una riduzione dell’incidenzadelle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti, in quanto la sommadell’incidenza di questi ultimi è ben più elevata del 15% previsto dalla legge.

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C) I commi da 6 a 8 dell’art. 4 dello schema di decreto riproducono quasi alla lettera iltesto dell’art. 3, commi da 5 a 8, del d.lgs. n. 61/2000.

Pertanto, nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto è consentito losvolgimento di prestazioni di lavoro straordinario. E’ stata eliminata la disposizione secondola quale a tali prestazioni “si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed eventualisuccessive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempopieno” (così il 2° periodo del comma 5 dell’art. 3 del d.lgs. n. 61/2000).

Le parti del contratto individuale a tempo parziale di tipo orizzontale sono facoltizzate aconcordare, per iscritto, clausole flessibili (variazione della collocazione temporale dellaprestazione). Nei rapporti a tempo parziale di tipo verticale o misto le parti individualipossono concordare anche clausole elastiche (variazione in aumento della durata dellaprestazione). Il tutto nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi (che disciplinano lamateria ai sensi dell’art. 4, comma 7, nn. 1-4, schema di decreto).

D) Il comma 9 dell’art. 4 dello schema di decreto contempla l’ipotesi in cui il contrattocollettivo applicato al rapporto non contenga una specifica disciplina delle clausole flessibilied elastiche. In tal caso, le parti del contratto a tempo parziale possono concordare, avanti allecommissioni di certificazione di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 276/2003, clausole flessibili edelastiche. Le predette clausole prevedono, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con lequali il datore di lavoro, con preavviso di due giorni lavorativi, può modificare la collocazionetemporale della prestazione e variare in aumento la durata della stessa, nonché la misuramassima dell’aumento, che non può eccedere il limite del 25% della normale prestazioneannua a tempo parziale. Tutte le modifiche dell’orario a tempo parziale (sia quanto alladistribuzione, sia quanto alla durata) comportano il diritto del lavoratore a unamaggiorazione della retribuzione oraria pari al 15% (comprensiva dell'incidenza dellaretribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti).

E) Infine il comma 10 dell’art. 4 dello schema di decreto attribuisce al lavoratore un dirittodi ripensamento (revoca del consenso alla clausola flessibile o elastica) in alcune situazionispecifiche (lavoratore affetto da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerativeingravescenti, lavoratore con familiare affetto da tali patologie o che deve assistere unapersona convivente con totale inabilità lavorativa, lavoratore con figlio convivente di età nonsuperiore a 13 anni o con figlio convivente portatore di handicap, lavoratore studente ex art.10 dello Statuto dei lavoratori). Restano ferme le ulteriori condizioni individuate dai contratticollettivi ai sensi dell’art. 4, comma 7, n. 4.

Art. 5 (Trattamento del lavoratore a tempo parziale)

1. Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto allavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello inforza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi per il solo fatto di lavorare a tempoparziale.

2. Il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabileed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità dellaprestazione lavorativa. I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di prova e quelladel periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia ed infortunio qualoral'assunzione avvenga con contratto a tempo parziale di tipo verticale.

OsservazioniLa norma riproduce - con alcune modifiche - il testo dell’art. 4 del d.lgs. 25 febbraio 2000,

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n. 61. Si sottolinea come il riproporzionamento del trattamento economico e normativo del

lavoratore a tempo parziale venga applicato sempre e non “ove opportuno”. Si evidenzia, qui,un possibile profilo di incompatibilità con il diritto dell’Unione europea per il mancatorispetto dei principi di non discriminazione (cf. clausola 4.2. dell’accordo quadro sul lavoro atempo parziale allegato alla Direttiva n. 97/81 del 15 dicembre 1997).

Art. 6 (Trasformazione del rapporto)

1. Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto atempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

2. Su accordo delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto dilavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.

3. I lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche nonchéda gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacitàlavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata dauna commissione medica istituita presso l'azienda unità sanitaria locale territorialmente competente,hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parzialeverticale od orizzontale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale ètrasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.

4. In caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti ilconiuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o lalavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assumaconnotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale èstata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua inquanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità nella trasformazionedel contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

5. In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiorea tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104del 1992, è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno atempo parziale.

6. Il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro atempo parziale ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno perl'espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro atempo parziale.

7. Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale spettante ai sensidel Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro atempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente, con unariduzione d’orario non superiore al 50 per cento.

8. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darnetempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unitàproduttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogoaccessibile a tutti nei locali dell'impresa ed a prendere in considerazione le eventuali domande ditrasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivipossono individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.

9. Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituiscegiustificato motivo di licenziamento.

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OsservazioniI commi 1, 2 e 8 dell’art. 6 dello schema di decreto riproducono quasi alla lettera il testo

dell’art. 5, commi 1 e 3, del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61.I commi 3, 4 e 5 dell’art. 6 dello schema di decreto riproducono quasi alla lettera il testo

dell’art. art. 12-bis del d.lgs. n. 61/2000, estendendo il diritto al part-time al lavoratorepubblico e privato affetto da “gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti” e il dirittodi precedenza al lavoratore con familiare affetto da “gravi patologie cronico-degenerativeingravescenti”.

E’ stato eliminato il comma 2 dell’art. 5 del d.lgs. n. 61/2000 che facoltizza il contrattoindividuale a prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto diprecedenza per i part-timer.

“Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno,un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività pressounità produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioniequivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l'assunzione”.

Viene confermata la disposizione – già contenuta nell’art. 12-ter del d.lgs. n. 61/2000 - cheattribuisce al lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno inrapporto a tempo parziale “un diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempopieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto delrapporto di lavoro a tempo parziale” (cf. art. 6, co. 6, dello schema di decreto).

Il comma 7 dell’art. 6 dello schema di decreto facoltizza il lavoratore genitore con figlioconvivente di età non superiore a 13 anni a chiedere (per una sola volta), in luogo del congedoparentale spettante ai sensi del Capo V del d.lgs. n. 151/2001, la trasformazione del rapportodi lavoro in uno a part-time per un periodo corrispondente a quello del congedo, con unariduzione d’orario non superiore al 50%.

Il comma 9 dell’art. 6 dello schema stabilisce in generale che “il rifiuto del lavoratore diconcordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo dilicenziamento”. Si spiega dunque l’eliminazione della disposizione già contenuta nel d.lgs. n.61/2000 (art. 3, co. 3) secondo la quale il rifiuto del lavoratore all’effettuazione di lavorosupplementare non costituisce “giustificato motivo di licenziamento”.

Infine è stato eliminato il comma 4 dell’art. 5 del d.lgs. n. 61/2000. “Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo

determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia diaiuti di Stato, nell'ambito della riforma del sistema degli incentivi all'occupazione”.

Art. 7(Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale)

1. Ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale siarilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempo parziale sonocomputati in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno. Al fine, l'arrotondamentoopera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari a tempo parziale corrispondente aunità intere di orario a tempo pieno.

La norma riproduce quasi alla lettera il testo dell’art. 6 del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61.

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Art. 8 (Sanzioni)

1. In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, sudomanda del lavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempopieno, fermo restando, per il periodo antecedente alla data della pronuncia giudiziale, il diritto alleretribuzioni ed al versamento dei contributi dovuti per le prestazioni effettivamente rese.

2. Qualora nel contratto scritto non sia determinata la durata della prestazione lavorativa, su domanda dellavoratore è dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla datadella sentenza. Qualora l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice determina lemodalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con valutazione equitativa,tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità diintegrazione mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro.Per il periodo antecedente alla data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto,in aggiunta alla retribuzione dovuta per le prestazioni effettivamente rese, alla corresponsione di un ulterioreemolumento a titolo di risarcimento del danno.

3. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili senza il rispetto delle condizioni, delle modalità edei limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi comporta a favore del prestatore di lavoro il diritto, inaggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento deldanno.

OsservazioniI comma da 1 a 3 dell’art. 8 dello schema di decreto riproducono - con alcune modifiche - il

testo dei commi da 1 a 2-bis dell’art. 8 del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61.Rispetto al testo dell’art. 8 del d.lgs. n. 61/2000:- sono stati eliminati i primi due periodi del comma 1:“Nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta a fini di prova.

Qualora la scrittura risulti mancante, è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cuiall'articolo 2725 del codice civile”.

Tale previsione è stata inserita nell’art. 3, comma 1, dello schema di decreto, al cuicommento si rimanda.

- in caso di difetto di prova in ordine alla stipulazione del contratto part-time, il rapporto siconsidera a tempo pieno dalla “data della pronuncia giudiziale” (o dalla “data dellasentenza”) e non più dalla “data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmenteaccertata”.

- è stato eliminato l’ultimo periodo del comma 2:“Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare

per iscritto clausola elastiche o flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del ricorsoall'autorità giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essererisolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste daicontratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3”.

- è stato eliminato il comma 3 (che fa riferimento al diritto di precedenza di cui all’art. 5,comma 2, del d.lgs. n. 61/2000, abrogato dallo schema di decreto):

“In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di cuiall'articolo 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misuracorrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che glisarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a dettopassaggio”.

- è stato ugualmente eliminato il comma 4 (che fa riferimento all’obbligo di informazione incapo al datore di lavoro di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 61/2000, abrogato dallo schema

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di decreto):“La mancata comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, di cui all'articolo 2,

comma 1, secondo periodo, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa di liretrentamila per ciascun lavoratore interessato ed ogni giorno di ritardo. I corrispondentiimporti sono versati a favore della gestione contro la disoccupazione dell'Istituto nazionaledella previdenza sociale (INPS)”.

Art. 9 (Disciplina previdenziale)

1. La retribuzione minima oraria, da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali dovutiper i lavoratori a tempo parziale, si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orarionormale il minimale giornaliero di cui all'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito,con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo l'importo così ottenuto per il numerodelle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria per i lavoratoria tempo pieno.

2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura settimanalein presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. Atal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegnigiornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle orelavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l’attività principale per gli effetti dell'articolo 20 deltesto unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30maggio 1955, n. 797, e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrispostidirettamente dall'INPS.

3. La retribuzione dei lavoratori a tempo parziale a valere ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sullavoro e le malattie professionali è uguale alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettivaper il corrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno. La retribuzione tabellare è determinata su base orariain relazione alla durata normale annua della prestazione di lavoro espressa in ore. La retribuzione minimaoraria da assumere quale base di calcolo dei premi per l'assicurazione di cui al presente comma è stabilitacon le modalità di cui al comma 1.

4. Nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempoparziale e viceversa, ai fini della determinazione dell'ammontare del trattamento di pensione sicomputa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno e proporzionalmenteall'orario effettivamente svolto l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale.

OsservazioniLa norma riproduce quasi alla lettera il testo dell’art. 9 del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61.Sul piano formale, rispetto al testo dell’art. 9 del d.lgs. n. 61 è stata eliminata una frase

(comma 2, ultimo periodo):«“Il comma 2 dell'articolo 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente: "Il contributo

non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell'articolo 2”.», La modifica risponde ad una logica di semplificazione testuale. La norma è, infatti,

richiamata direttamente nel Testo Unico 30 maggio 1955, n. 797.

Art. 10(Lavoro a tempo parziale nelle amministrazioni pubbliche)

1. Ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le

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disposizioni del presente decreto si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti dilavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con esclusione di quelle contenutenell’articolo 8, e, comunque, fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia.

OsservazioniLa norma conserva la stessa struttura dell’art. 10 del d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61. Dopo

aver ribadito che la disciplina del Capo II, Sezione I, in esame si applica anche ai rapporti dilavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la norma prevede come unicaeccezione l’art. 8 sulle sanzioni.

Rispetto al testo dell’art. 10 del d.lgs. n. 61/2000, lo schema di decreto non richiama più, trale norme escluse dall’estensione, quegli articoli del d.lgs. n. 61/2000 ormai radicalmentemodificati [ovvero, il vecchio art. 2, comma 1] o soppressi [vecchio art. 5, comma 2].

Inoltre, nel confermare la validità delle norme speciali, lo schema di decreto si limita aduna previsione generica [“fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali inmateria”], senza più procedere all’indicazione di precise discipline.

Tuttavia, poiché è cambiata la disciplina generale del lavoro a tempo parziale (per alcuniprofili, in maniera significativa), disciplina che l’art. 10 dello schema di decreto - salvo alcuneeccezioni - estende ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, di fatto anche nellavoro pubblico si applicheranno nuove regole.

Sezione IILAVORO INTERMITTENTE

Nota di lettura:

Le parti in neretto costituiscono le novità introdotte, mentre le parti barrate costituiscono le particassate rispetto alla normativa attualmente in vigore (d.lgs. 276/2003).

ART. 11(Definizione e tipologie)

1.Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il qualeun lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazionelavorativa nei limiti di cui all’articolo 12.

2.Le disposizioni della presente sezione non trovano applicazione nei confronti delle pubblicheamministrazioni.

2. Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato.

ART. 12(Casi di ricorso al lavoro intermittente)

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1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni dicarattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulatida associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale,anche con riferimento alla possibilità di stipulare tale contratto in periodi predeterminati nell'arcodella settimana, del mese o dell'anno. In mancanza di contratto collettivo, all’individuazione deicasi di utilizzo del lavoro intermittente si provvede con decreto non regolamentare delMinistro del lavoro e delle politiche sociali.

2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più di 55anni di età e con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattualidevono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.

3. In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, ilcontratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore dilavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoronell'arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto sitrasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

4. È vietato il ricorso al lavoro intermittente:a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali presso unità produttive nelle quali si siaproceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 dellalegge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui siriferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operanteuna sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazionesalariale del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, cheinteressino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;c) da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensidell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni.

ART. 13(Forma e comunicazioni)

1. Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguentielementi:a) indicazione della durata e ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'articolo 12, che consentonola stipulazione del contratto;b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativopreavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativaindennità di disponibilità, ove prevista nei limiti di cui al successivo articolo 36; d) indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiederel'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta incontratto.2. Fatte salve previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è altresì tenuto ainformare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o le rappresentanze sindacaliunitarie, ove esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.

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3. Prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata nonsuperiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalitàsemplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o postaelettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politichesociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possonoessere individuate modalità applicative della disposizione di cui al precedente periodo, nonchéulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso diviolazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non siapplica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

ART. 14(Indennità di disponibilità)

1. Nel contratto di lavoro intermittente è stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità,divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso hagarantito la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura dell’indennità èprevista dai contratti collettivi e, comunque, non è inferiore a quanto previsto ovvero aggiornataperiodicamente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.2. L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contrattocollettivo.3. Sulla indennità di disponibilità di cui al comma 1 i contributi sono versati per il loro effettivoammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.4. In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere allachiamata, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando ladurata dell'impedimento. Nel periodo di temporanea indisponibilità non matura il diritto allaindennità di disponibilità. Ove il lavoratore non provveda all'adempimento di cui al periodoprecedente, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni, salvadiversa previsione del contratto individuale.5. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 si applicano soltanto nei casi in cui il lavoratore siobbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il rifiutoingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire un motivo di licenziamento e comportare larestituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificatorifiuto. nonché un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, inmancanza, dal contratto di lavoro. 6. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministrodell'economia e delle finanze, è stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimentoalla quale il lavoratore intermittente può versare la differenza contributiva per i periodi in cui hapercepito una retribuzione inferiore a quella convenzionale ovvero ha usufruito della indennità didisponibilità fino a concorrenza del medesimo importo.

ART. 15(Principio di non discriminazione)

1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta previsti dalla legislazione vigente Illavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico enormativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di

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mansioni svolte.2. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente èriproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare perquanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonchédelle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità,congedi parentali.3. Per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata deldatore di lavoro non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l'indennità didisponibilità di cui all’articolo 14.

ART. 16(Computo del lavoratore intermittente)

1. Ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale siarilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il lavoratore intermittente è computatonell'organico dell'impresa in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco diciascun semestre.

Art. 40 dlgs 276/2003

(Sostegno e valorizzazione della autonomia collettiva)

1. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, non siaintervenuta, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2, la determinazione daparte del contratto collettivo nazionale dei casi di ricorso al lavoro intermittente, il Ministro dellavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro edei lavoratori e le assiste al fine di promuovere l'accordo. In caso di mancata stipulazionedell'accordo entro i quattro mesi successivi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individuain via provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle indicazioni contenute nell'eventualeaccordo interconfederale di cui all'articolo 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni espresse daciascuna delle due parti interessate, i casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente aisensi della disposizione di cui all'articolo 34, comma 1, e dell'articolo 37, comma 2.

Osservazioni

Il nuovo testo del lavoro intermittente, a prescindere dalle modifiche letterali e sintattiche,non presenta sostanziali modifiche rispetto il testo previsto dalla 276/2003 salvo:a) la specificazione che il lavoro ripartito non si applica alla Pubblica Amministrazione, che,in verità non aveva mai comportato interpretazioni diverse.b) la continua fobia per quel che riguarda il ruolo del sindacato che si evidenzia dallaaffermazione categorica all'articolo 12 che nel caso che la contrattazione collettiva nonpreveda i casi di ricorso al lavoro intermittente, a questo provvederà il Ministero del lavoro

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senza il pudore che nella 276 era contemplato, ovvero che, entro 5 mesi il Ministero avrebbeconvocato le parti sociali per promuovere un accordo. In ragione di ciò si è cassato l'articolo40 della 276 che lo prevedeva.Questa tipologia di impiego rimane nel suo integro connotato di ricattabilità del lavoratoreche “attende” di poter lavorare e non si è tentato di trovare forme alternative a questaulteriore precarietà che la stessa contrattazione collettiva avrebbe potuto normare con formedi part-time verticale con eventuali clausole elastiche qualora l'attività lavorativa loconsigliasse.

CAPO III LAVORO A TEMPO DETERMINATO

Osservazioni generali

Il decreto legislativo n. 368/2001, oggetto di una profonda rivisitazione ad opera del d.l. n. 34/2014(c.d. “Decreto Poletti”), è stato abrogato interamente dall'articolo 46 dello schema di decretolegislativo sul “Testo organico delle tipologie contrattuali” approvato dal Consiglio dei Ministri del20 febbraio 2015. L'unica eccezione è prevista per l'articolo 2 che verrà abrogato solo “a far datadai 18 mesi successivi” all'entrata in vigore del decreto legislativo sul riordino delle tipologiecontrattuali. L'articolo 2 in questione detta le discipline speciali per il trasporto aereo e per i serviziaeroportuali che, quindi, rimarranno operative sino al termine menzionato.Gli articoli da 17 a 27, che di seguito si riportano, saranno quindi, in futuro, l'unica fonte normativaa cui fare riferimento in materia di lavoro a tempo determinato. Dal momento che lo schema di decreto legislativo non apporta – se non in pochi punti - sostanzialimodifiche al “decreto Poletti”, si preferisce non riportare il vecchio testo del d.lgs. 368/2001(totalmente abrogato) evidenziando invece, in neretto, le modifiche intervenute rispetto al d.l.34/2014 e ai più recenti interventi normativi che hanno modificato il d.lgs. originario.

Art. 17

(Apposizione del termine e durata massima)1. È consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato, di durata nonsuperiore a trentasei mesi.2. Fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e con l’eccezione delle attivitàstagionali di cui all’articolo 19, comma 2, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinatointercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione dicontratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni equivalenti ed indipendentemente dai periodi diinterruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i trentasei mesi. Ai fini del computo di taleperiodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svoltitra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Qualora illimite dei trentasei mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione dicontratti, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

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3. Fermo quanto disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessisoggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la Direzioneterritoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descrittaprocedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso siconsidera a tempo indeterminato dalla data della stipula.4. Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione deltermine al contratto è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto,una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giornilavorativi dall'inizio della prestazione. Osservazioni1) Sparisce la formulazione per cui “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminatocostituisce la forma comune di rapporto di lavoro” (art. 1, comma 01, d.lgs. 368/2001), perricomparire nell'articolo 1 del presente schema di dlgs.2) Nel computo dei 36 mesi non vengono più menzionate né le proroghe né i rinnovi.3) Viene messo un “tetto” di 1 anno all'ulteriore contratto a termine che si può stipularepresso la DTL. Viene tuttavia eliminata l'assistenza sindacale e il ruolo della contrattazione inmateria.

Art. 18 (Divieti)1. L'apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;b) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenticollettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che abbiano riguardato lavoratoriadibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che ilcontratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratoriiscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione del lavoro o una riduzionedell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori adibiti alle mansionicui si riferisce il contratto a tempo determinato;d) da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensidell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

Osservazioni1) All'inizio della lettera b) non legge più “salva diversa disposizione degli accordi sindacali”.

Art. 19(Proroghe e rinnovi)

1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore,solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per unmassimo di cinque volte nell'arco di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora ilnumero delle proroghe sia superiore,il contratto si considera a tempo indeterminato dalla data dellasesta proroga.2. Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenzadi un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto didurata superiore a sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Le disposizionidi cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle

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attività stagionali individuate con apposito decreto del Ministero del lavoro e delle politichesociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalleassociazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Fino all’adozionedel decreto di cui al periodo precedente continuano a trovare applicazione le disposizioni deldecreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre1963, n. 1525.3. I limiti previsti dal presente articolo non si applicano alle imprese start-up innovative di cuidi cui all’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge17 dicembre 2012, n. 221, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovveroper il più limitato periodo previsto dal comma 3 dell’articolo 25 per le società già costituite.

Osservazioni1) Al comma 1 non si fa più riferimento alla stipulazione delle proroghe “a condizione che siriferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato” (art. 4 deldlgs 368/2001).2) Al comma 3 si stabilisce che le imprese “start-up innovative” potranno non rispettare ladisciplina delle proroghe e dei rinnovi per il periodo massimo di 4 anni. In precedenza le start-up erano esplicitamente abilitate a superare i limiti “quantitativi”, ossia i cd. tetti percentuali(ex art. 10, c. 7, dlgs 368/2001). Sul punto v. ora art. 21, c. 2, lett.b).

Art. 20(Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine)

1. Fermi i limiti di durata massima di cui all’articolo 17, se il rapporto di lavoro continua dopo lascadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 19,comma 1, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione dellaretribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20 per cento fino al decimo giornosuccessivo ed al 40 per cento per ciascun giorno ulteriore.2. Qualora il rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di duratainferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera atempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

ART. 21 (Numero complessivo di contratti a tempo determinato)1. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, non possono essere assuntilavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 per cento del numero dei lavoratori atempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento deldecimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. In caso di iniziodell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori atempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupanofino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.2. Sono esenti dal limite di cui al comma 1, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste dacontratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:a) nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali dilavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;b) da imprese start-up innovative di cui all’articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 179 del 2012,convertito con legge n. 221 del 2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società,ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società giàcostituite;

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c) nelle attività stagionali di cui all’articolo 19, comma 2;d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;e) per sostituzione di lavoratori assenti;f) con lavoratori di età superiore a 55 anni.3. Il limite percentuale di cui al comma 1 non si applica, inoltre, ai contratti di lavoro a tempodeterminato stipulati tra università pubbliche o private, istituti pubblici di ricerca ovvero entiprivati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica otecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. I contrattidi lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività' diricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.4. In caso di violazione del limite percentuale di cui comma 1, restando esclusa la trasformazionedei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica unasanzione amministrativa di importo pari:a) al 20 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giornidi durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limitepercentuale non è superiore a uno;b) al 50 per cento della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giornidi durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limitepercentuale è superiore a uno.5. I maggiori introiti derivanti dalle sanzioni di cui al comma 4 sono versati ad apposito capitolodell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo sociale per l’occupazione e laformazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.6. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali comparativamentepiù rappresentative sul piano nazionale definiscono modalità e contenuti delle informazioni darendere alle rappresentanze sindacali aziendali o alle rappresentanze sindacali unitarie deilavoratori in merito all’utilizzo del lavoro a tempo determinato.

Osservazioni1) Al comma 3 vengono escluse dai limiti numerici le università, pubbliche e private.2) Al comma 4 viene espressamente esclusa la possibilità di conversione del rapporto di lavoroin caso di violazione dei limiti percentuali. Dopo la riforma Poletti (d.l. n. 34/2014) si eradiscusso se la sanzione amministrativa dovesse considerarsi aggiuntiva rispetto allaconversione. Ora si chiarisce che essa è esclusiva.

ART. 22(Diritti di precedenza)

1. Il lavoratore che nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessaazienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto diprecedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale,territoriale o aziendale con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul pianonazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successividodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Per lelavoratrici il congedo di maternità di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del2001, e successive modificazioni, usufruito nell'esecuzione di un contratto a tempo determinatopresso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile aconseguire il diritto di precedenza di cui al primo periodo. Alle medesime lavoratrici è altresìriconosciuto, con le stesse modalità di cui al presente comma, il diritto di precedenza anche nelleassunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con

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riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.2. Il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto diprecedenza, rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoroper le medesime attività stagionali.3. Il diritto di precedenza di cui ai commi precedenti deve essere espressamente richiamato nell'attoscritto di cui all'articolo 17, comma 4, può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifestiin tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla datadi cessazione del rapporto stesso e si estingue trascorso un anno dalla data di cessazione delrapporto di lavoro.OsservazioniIn tema di diritto di precedenza c'è da segnalare il richiamo a quanto già disposto dalla leggen. 78/2014 (di conversione del dl Poletti) relativamente alle lavoratrici in congedo dimaternità, che possono vedersi computare tale periodo nei sei mesi di lavoro ai fini del dirittoad essere in seguito assunte sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. Per contro vasegnalato, al comma 3, il mantenimento della previsione secondo cui il diritto di precedenza èesercitabile solo se espressamente richiamato nell'atto scritto di assunzione a tempodeterminato. Prima della legge n. 78/2014, infatti, questa condizione non sussisteva.

ART. 23 (Principio di non discriminazione)

1. Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in attonell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per taliquelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dallacontrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non siaobiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.2. Nel caso di inosservanza degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro è punito con lasanzione amministrativa da 25,82 euro a 154,94 euro. Se l’inosservanza si riferisce a più di cinquelavoratori, si applica la sanzione amministrativa da lire 154,94 euro a 1.032,91 euro.

ART. 24 (Formazione)

1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali comparativamente piùrappresentative sul piano nazionale possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolarel'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarnela qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.

OsservazioniViene meno il diritto del lavoratore a tempo determinato a “ricevere una formazionesufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine diprevenire rischi specifici connessi all'esecuzione del lavoro” (ex art. 7, c. 1 dlgs 368/2001)

ART. 25 (Criteri di computo)

1. Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fontelegale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro,

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si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi idirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti dilavoro.

ART. 26(Decadenza e tutele)

1. L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità previste dalprimo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, entro centoventi giorni dallacessazione del singolo contratto. Trova altresì applicazione il secondo comma del predetto articolo6.2. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato ai sensi della presente Sezione, ilgiudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendoun’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dallavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compresotra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice haordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.3. In presenza di contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione,anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito dispecifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 2 è ridotto alla metà. OsservazioniSi conferma il regime di impugnazione del contratto a termine come delineato dall’art. 32della legge n. 183/2010 (il cd. “collegato lavoro”) e si ribadisce e specifica la naturaonnicomprensiva della indennità risarcitoria.

ART. 27 (Esclusioni e discipline specifiche)1. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente Sezione, in quanto già disciplinati daspecifiche normative:a) ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 23 e 25, i rapporti instaurati ai sensi dell’articolo8, comma 2, della legge n. 223 del 1991;b) i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, cosìcome definiti dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375;c) i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.2. Sono, altresì, esclusi dal campo di applicazione della presente Sezione:a) i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una duratasuperiore a cinque anni, salvo il diritto del dirigente di recedere ai sensi dell’articolo 2118 delcodice civile una volta trascorso un triennio;b) i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore delturismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi stipulati dalle associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, fermo l’obbligo di comunicarel’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;c) i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento dellesupplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale.3. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001,n. 165.

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CAPO IVSOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

Art. 28

(Definizione)

1. Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, conil quale un somministratore autorizzato, ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003, mette adisposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata dellamissione, svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllodell'utilizzatore.

Osservazioni: Gli articoli 28-38 del testo in esame esordiscono con una definizione del lavoro in

somministrazione che, almeno in parte, differisce da quella del 2003. Infatti nel D.Lgs. 276 illavoro in somministrazione è definito come “il contratto avente ad oggetto la fornituraprofessionale di lavoro, a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell’articolo 20”. E’ chiaroquindi come si stia parlando qui del contratto di natura commerciale che lega i due soggettieconomici – l’agenzia e l’utilizzatore – e che ha come oggetto la fornitura di lavorotemporaneo.

ART. 29(Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e determinato)

1. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero dei lavoratorisomministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedereil 10 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1°gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto, con un arrotondamento del decimale all’unitàsuperiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno,il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza almomento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.2. La somministrazione di lavoro a tempo determinato è utilizzata nei limiti quantitativi individuatidai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente piùrappresentative sul piano nazionale. E’ in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazionedi lavoro a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge n. 223 del1991, di soggetti disoccupati che godono, da almeno sei mesi, di trattamenti di disoccupazione nonagricola o di ammortizzatori sociali, e di lavoratori «svantaggiati» o «molto svantaggiati» ai sensidei numeri 18) e 19) dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6agosto 2008, come individuati da decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro edelle politiche sociali.

Osservazioni: La facoltà di avere contratti commerciali di durata determinata o indeterminata fu

introdotta nel 2003, e viene confermata, con due rilevanti modifiche riguardanti quello a

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tempo indeterminato: da un lato spariscono le causali (curiosamente sopravvissute al decreto34/14 convertito in legge 78/14, cosiddetto “decreto Poletti”, che aveva soppresso l’obbligo dicausale per le assunzioni a tempo determinato e le missioni a tempo determinato); dall’altro(art. 29) si contingenta, salvo diversa determinazione del CCNL dell’utilizzatore, al 10% dellaforza lavoro dell’utilizzatore la dimensione massima di lavoratori inviati in somministrazione.

Invece per i contratti di durata determinata si fa riferimento ai limiti quantitativi definitinel CCNL, con l’esenzione (già prevista dal d.Lgs.24/12 di recepimento della Direttiva 104/08)dei lavoratori presi dalla lista di mobilità, o percettori di ammortizzatori sociali, osvantaggiati o “molto svantaggiati” secondo la disciplina comunitaria2.

Mentre l’elenco delle causali era da un lato troppo prolisso e dall’altro era facilmenteaggirabile tramite intese da realizzarsi a qualsiasi livello negoziale tra le parti, non sicomprende il senso della limitazione quantitativa per la somministrazione a tempoindeterminato. Giova ricordare che, essendo assunzioni a tempo indeterminato, per questilavoratori è fruibile l’agevolazione contributiva prevista dalla legge di stabilità 2015(n°190/14) nei limiti di €8060 per ciascun lavoratore: la limitazione quantitativa potrebbeinficiare una tendenza positiva che si era andata consolidando nel settore, ossia il passaggiopiuttosto rilevante (attualmente corrispondente a circa 18mila lavoratori) dalla condizione disomministrato a termine a quella di lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia etitolare (vedi infra) dell’indennità di disponibilità per i periodi tra le missioni. Ciò anche infunzione di un progressivo interesse del settore a passare dalla gestione “mordi e fuggi”fattadi missioni brevi e saltuarie ad uno sforzo più continuo verso la qualificazione dei lavoratorida inviare presso gli utilizzatori.

ART. 30 (Divieti)

1. Il contratto di somministrazione di lavoro è vietato:a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenticollettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che abbiano riguardato lavoratoriadibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro, salvo che ilcontratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti ovvero per assumerelavoratori iscritti nelle liste dimobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;c) presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzionedell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti allestesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;d) da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensidell'articolo 28 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

Osservazioni: Si replicano i divieti già previsti (in caso di sciopero, in presenza di licenziamenti collettivi

relativi ai lavoratori con gli stessi profili di quelli somministrati, in presenza di riduzionid’orario e/o di ricorso alla Cig, in assenza di valutazioni di rischio da parte dell’utilizzatore),cancellando però la facoltà, precedentemente ammessa, di accordi sindacali che, soprattutto incaso di ricorso alla Cig, si erano realizzati ed avevano evitato incongruenze come ad es. inpresenza di ricorsi alla Cig saltuari e/o di breve durata.

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ART. 31(Forma del contratto di somministrazione)

1. Il contratto di somministrazione di lavoro è stipulato in forma scritta e contiene i seguentielementi:a) gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;b) il numero dei lavoratori da somministrare;c) la presenza di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misuredi prevenzione adottate;d) la data di inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro;e) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro inquadramento;f) il luogo e l'orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori.2. Con il contratto di somministrazione di lavoro l’utilizzatore assume l’obbligo di rimborsare alsomministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente sostenuti in favore deilavoratori.3. Le informazioni di cui al comma 1, nonché la data di inizio e la durata prevedibile della missione,devono essere comunicate per iscritto al lavoratore da parte del somministratore all'atto dellastipulazione del contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio presso l'utilizzatore.

Osservazioni: Viene soppresso, coerentemente con le cancellazioni della legge 78/14, il riferimento alle

ragioni alla base dell’invio in missione, e si sintetizzano gli obblighi dell’utilizzatore verso ilsomministratore, senza fare cenno all’ipotesi del subentro dell’utilizzatore in caso diinadempienza del somministratore.L’omissione è discutibile, anche se è da considerarsi inclusa dal successivo articolo 33, comma2.

ART. 32(Disciplina dei rapporti di lavoro)

1. In caso di assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratoreè soggetto alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali.Nel contratto è stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie,corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane inattesa di assegnazione. La misura di tale indennità è prevista dal contratto collettivo applicabile alsomministratore e comunque non è inferiore a quanto previsto con decreto del Ministro del lavoro edelle politiche sociali. L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge odi contratto collettivo.3. In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratoree lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al Capo III per quanto compatibile, e in ogni caso conesclusione delle disposizioni di cui agli articoli 17, 19, 20 e 21. Il termine inizialmente posto alcontratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per attoscritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.4. Il lavoratore somministrato non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai fini dellaapplicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative allasalute e alla sicurezza sul lavoro.5. Le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge n. 223 del 1991 non trovano applicazione anchenel caso di fine dei lavori connessi alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, cui siapplica l'articolo 3 della legge n. 604 del 1966.

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Osservazioni: Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato è retto dalla legge e dai contratti collettivi; nei

periodi di assenza di missione è corrisposta un’indennità di disponibilità, pari a €750 mensiliin base al CCNL delle Agenzie di somministrazione del 2014, da erogare anche a quote orarie.Nei periodi di disponibilità per il lavoratore non matura altro istituto e gli eventi di malattia,infortunio, maternità, ecc. verificatisi durante i periodi di disponibilità sono regolati in baseal valore dell’indennità stessa.

Il rapporto a termine è riconducibile, con le avvertenze di cui appresso, alla disciplinagenerale del contratto a termine, con l’esplicita esclusione di quanto previsto in materia didurata, proroghe, limiti quantitativi e prosecuzione del contratto dal testo in esame (cfr.articoli 17,19,20,21). Per tutte queste fattispecie il riferimento è quindi sempre la regolazionecontrattuale, vuoi (limiti quantitativi) reperibile nel CCNL dell’utilizzatore, vuoi (proroghe edurate complessive) nel CCNL delle Agenzie di somministrazione.

Riprendendo le normative precedenti, il lavoratore in somministrazione non è computato aifini del raggiungimento delle soglie numeriche per l’applicazione di particolari istituti, adeccezione delle norme sulla sicurezza.

Per i somministrati a tempo indeterminato non si applica la disciplina per i licenziamenticollettivi (artt. 4 e 24 della legge 223/91), ma è prevista una specifica normativa all’art. 25 delCCNL delle Agenzie di somministrazione, che prevede un’indennità di disponibilitàmaggiorata (€850 mensili per sei/sette mesi a seconda se il lavoratore abbia meno o più di 50anni), e l’intreccio con le politiche attive e di ricollocazione con l’intervento del FondoForma.Temp.

Art. 33(Tutela del lavoratore, esercizio del potere disciplinare e regime della solidarietà)

1. Per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hannodiritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni di base di lavoro e d'occupazione complessivamentenon inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore.2. L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori itrattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso ilsomministratore.3. I contratti collettivi applicati dall'utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per la determinazionee corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione diprogrammi concordati tra le parti o collegati all'andamento economico dell'impresa. I lavoratori delsomministratore hanno altresì diritto a fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono idipendenti dell'utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, esclusi quelli il cui godimento siacondizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di unadeterminata anzianità di servizio.4. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attivitàproduttive in generale e li forma e addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allosvolgimento della attività lavorativa per la quale essi vengono assunti, in conformità alledisposizioni recate dal decreto legislativo n.81 del 2008.5. Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque a mansioni nonequivalenti a quelle dedotte in contratto, l'utilizzatore deve darne immediata comunicazione scrittaal somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo. Ove non abbia adempiutoall'obbligo di informazione, l'utilizzatore risponde in via esclusiva per le differenze retributivespettanti al lavoratore occupato in mansioni superiori e per l'eventuale risarcimento del danno

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derivante dalla assegnazione a mansioni inferiori.6. Ai fini dell'esercizio del potere disciplinare, che è riservato al somministratore, l'utilizzatorecomunica al somministratore gli elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensidell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970.7. L'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal prestatore di lavoronello svolgimento delle sue mansioni.8. E' nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizzatore diassumere il lavoratore al termine della sua missione, fatta salva l’ipotesi in cui al lavoratore siacorrisposta una adeguata indennità, secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile alsomministratore.

Osservazioni: Confermati il principio di parità di trattamento e l'obbligo in solido dell’utilizzatore in caso

di inadempienza del somministratore a corrispondere retribuzione e contribuzione.Applicabilità dei trattamenti economici aziendali, con clausola di salvaguardia prevista dal

CCNL Agenzie (in caso di mancata esplicitazione dell’inclusione dei lavoratori somministrati,diritto alla corresponsione di quanti erogato l’anno precedente, rapportato alla durata dellamissione).

Sul fronte della sicurezza, innovando rispetto alla disposizione precedente, si specifica chel’agenzia “forma e addestra” i lavoratori somministrati all’uso delle attrezzaturedell’utilizzatore, cancellando l’ipotesi precedentemente in vigore secondo cui questa attivitàpoteva essere delegata all’utilizzatore, specificando tale evento nel contratto. Altra ipotesisoppressa è quella dell’obbligo dell’utilizzatore di adottare comunque le stesse misure diprecauzione e di salvaguardia in atto per i propri dipendenti anche nei confronti deilavoratori somministrati. E’ scomparsa dal testo dello schema di decreto l'informazione chel'utilizzatore deve dare al lavoratore rispetto alle mansioni che richiedano sorveglianzamedica speciale o comportino rischi specifici. Tali indicazioni sono peraltro riprese anche dalCCNL delle Agenzie e trasposte nell'allegato 1 modello B che viene consegnato al lavoratoreall'atto della stipula del contratto di lavoro.

Conferma dell’obbligo per l’utilizzatore di informare lavoratore ed agenzia nel caso in cuiil lavoratore venga adibito a mansioni superiori, altrimenti il costo relativo rimane in capoall’utilizzatore stesso.

L’esercizio del potere disciplinare, contrariamente a quello direttivo, rimane in capoall’agenzia, previa comunicazione da parte dell’utilizzatore degli elementi da contestare allavoratore.

Nullità della clausola che impedisca all’utilizzatore di assumere direttamente il lavoratore,mentre non compare più l’obbligo dell’utilizzatore ad informare il lavoratore delleopportunità occupazionali che si venissero a creare.

Le disposizioni sulla sicurezza ingenerano forti preoccupazioni, in quanto è altamenteimprobabile che le agenzie possano essere in grado di esercitare la formazione sulleattrezzature dell’utilizzatore, con conseguente aumento del rischio infortunistico per ilavoratori somministrati. Anche se presente e pertanto azionabile tramite il CCNL, èugualmente preoccupante la cancellazione dell’obbligo, in capo all’utilizzatore, di informare illavoratore riguardo alle mansioni che richiedono sorveglianza medica speciale o checomportino rischi specifici. Sono esempi di come una malintesa voglia di “semplificazionedelle norme” possa arrecare danni sostanziali ai diritti delle persone.

Grave ugualmente, e peraltro obbligata in ossequio alla Direttiva comunitaria, lasoppressione dell’informazione sui posti vacanti presso l’utilizzatore.

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ART. 34(Diritti sindacali e garanzie collettive)

1. Ai lavoratori delle società o imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali previstidalla legge n. 300 del 1970 e successive modificazioni.2. Il prestatore di lavoro ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la durata della missione,i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendentedelle imprese utilizzatrici.3. L'utilizzatore comunica alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanzasindacale unitaria o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacalicomparativamente più rappresentative sul piano nazionale:a) prima della stipula del contratto o, nel caso in cui ricorrano motivate ragioni di urgenza entro icinque giorni successivi, il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro;b) ogni dodici mesi, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce oconferisce mandato, il numero e i motivi dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, ladurata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

Osservazioni: Confermati sia i diritti sindacali ex legge 300/70, che la possibilità di partecipare alle

attività sindacali presso l’utilizzatore. Viene invece soppresso il diritto di costituirerappresentanze nei confronti dell’agenzia di lavoratori dipendenti dall’agenzia stessa, maoperanti presso più utilizzatori (la cosiddetta rappresentanza sindacale di agenzia).

Confermati gli obblighi informativi dell’utilizzatore rispetto al ricorso allasomministrazione, sia puntualmente a fronte di ciascun evento di ricorso allasomministrazione che di riepilogo annuale. La mancata esecuzione di tali obblighi èsanzionata all’art. 38 successivo.

La soppressione del diritto di costituire rappresentanze sindacali di agenzia è grave, anchese è previsto dal CCNL delle Agenzie (esercitabile a livello regionale per ogni singola agenziache superi il numero di 150 lavoratori in somministrazione)

ART. 35(Norme previdenziali)

1. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle vigentidisposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai sensi e per gli effetti di cuiall'articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, è inquadrato nel settore terziario. Sulla indennità didisponibilità di cui all'articolo 32, comma 1, i contributi sono versati per il loro effettivoammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.2. Il somministratore non è tenuto al versamento della aliquota contributiva di cui all'articolo 25,comma 4, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.3. Gli obblighi dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal decretodel Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, sonodeterminati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sonodeterminati in relazione al tasso medio, o medio ponderato, stabilito per la attività svoltadall'impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratorisomministrati, ovvero sono determinati in base al tasso medio, o medio ponderato, della voce di

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tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ovepresso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata.4. Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici trovano applicazione icriteri erogativi, gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori.

Osservazioni: Nessuna novità, le agenzie sono inquadrate ai fini della classificazione Inps (art.49 legge

88/89) come aziende del terziario, salvo che per la somministrazione in agricoltura e in caso disomministrazione di lavoratori domestici, nel qual caso valgono le previsioni relative ai dettisettori.

ART. 36(Somministrazione irregolare)

1. In mancanza di forma scritta il contratto di somministrazione di lavoro è nullo e i lavoratori sonoconsiderati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore.2. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agliarticoli 29, 30, 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), il lavoratore può chiedere, anche soltanto neiconfronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo,con effetto dall'inizio della somministrazione.3. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivoo di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato laprestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tuttigli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o nella gestione del rapporto, per ilperiodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti o ricevutidal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione.4. La presente disposizione non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

Osservazioni: Il contratto è da stipularsi in forma scritta, altrimenti i lavoratori sono da considerarsi

dipendenti dell’utilizzatore fin dal primo giorno.In caso di scostamenti rispetto a quanto stabilito dalle norme riguardanti le modalità di

stipula del contratto o la sua esecuzione (es. superamento del limite del 10% disomministrazione a tempo indeterminato, assenza di indicazione nel contrattodell’autorizzazione ministeriale dell’agenzia, della durata della missione,, dei rischi per lasicurezza, del numero di lavoratori da somministrare), il lavoratore può chiedere lacostituzione del rapporto nei confronti dell’utilizzatore fin dall’inizio della somministrazione.Ciò non può avvenire se l’utilizzatore è una Pubblica Amministrazione.

ART. 37(Decadenza e tutele)

1. Nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, aisensi dell’articolo 36, comma 2, trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 6 della legge n.604 del 1966 e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui illavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore.

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2. Nel caso in cui il giudice accolga la domanda di cui al comma 1, condanna, altresì, il datore dilavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensivanella misura compresa tra un minimo di 2,5 e unmassimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicatinell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudiziosubito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodocompreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatoree la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la costituzione del rapportodi lavoro.

Osservazioni: Vale anche per il lavoratore in somministrazione il vincolo di 60 giorni entro il quale

attivare il contenzioso relativo alla natura del rapporto, così come l’importo onnicomprensivoa copertura del periodo tra la data dell’impugnativa e la pronuncia del giudice (art. 32, legge183/10).

E’ stato soppresso il concetto di somministrazione fraudolenta e la relativa normativa,peraltro mai utilizzato dal 2003.

ART. 38 (Sanzioni)

1. La violazione degli obblighi e dei divieti di cui agli articoli 29, 30, 31, comma 1, nonché, per ilsolo somministratore, la violazione del disposto di cui all’articolo 31, comma 3, sono punite con lasanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250.2. La violazione delle disposizioni di cui all’art. 33, comma 1, e per il solo utilizzatore, di cuiall’articolo 33, comma 3, secondo periodo, e 34, comma 3, sono punite con la sanzioneamministrativa pecuniaria prevista dal comma 1.

CAPO V

APPRENDISTATO

Due sono le ragioni che hanno portato alla decisione del governo della necessità di riordinarel’intera disciplina dell'apprendistato: rendere più “credibili” i percorsi di tali contrattilegandoli più compiutamente agli ordinamenti scolastici; convincere le aziende e le impresedella loro convenienza, visto i soli 3.000 contratti avviati dal 2011, agendo massicciamentesulla riduzione del loro costo del lavoro.Per fare ciò il D.L., al fine di addivenire comunque ad una visione di sistema, riscrive alcunedelle norme vigenti, parti di queste trascritte anche in forma integrale e aggiunge alcunenovità. Questo viene fatto prendendo a riferimento: il Decreto Legislativo 14 settembre 2011 ,n. 167 Testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo della legge 24 dicembre 2007, n.247; i commi dal 16 al 19 della Legge '92/12 (Fornero); la Legge 78 2014 di conversione del

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D.L. 20 marzo. 2014, n. 34 (Decreto Poletti).

Art. 39 (Definizione)

1. L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e allaoccupazione dei giovani.2. Il contratto di apprendistato è definito secondo le seguenti tipologie:a) apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale;b) apprendistato professionalizzante;c) apprendistato di alta formazione e ricerca.3. L’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale e quello di altaformazione e ricerca integrano organicamente, in un sistema duale, formazione e lavoro perl’occupazione dei giovani con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioniprofessionali contenuti nel Repertorio nazionale di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16gennaio 2013, n. 13, nell’ambito del Quadro europeo delle qualificazioni.

OsservazioniRispetto al T.U. 167, art 1, comma 2, alla tipologia a) si sostituiscono le parole "e per ildiploma professionale" con "il diploma e la specializzazione professionale". Per la tipologia b)vengono abrogate le parole "o contratto di mestiere".Viene poi introdotto il comma 3). Ciò rappresenta una sostanziale novità con la quale si vaalla definizione di un nuovo canale di formazione professionale: centrato sull'apprendistatoduale, alternativo agli altri percorsi d'istruzione, più robusto dell'attuale in quanto arriva alquinto anno permettendo l'accesso diretto agli ITS e di lì poi all'Università attraverso ilriconoscimento di un numero di crediti formativi superiori ai limiti introdotti dalla riformaGelmini. Il riferimento poi ai titoli d’istruzione e formazione e alle qualificazioni professionalicontenuti nel Repertorio nazionale rende evidente lo sforzo sostenuto da parte del Ministerodel Lavoro di voler “curvare” l'insieme dell'esperienza di apprendistato più sul fronteformativo che su quello “lavoristico”.

art.40 (disciplina generale)

art.40 (disciplina generale)

1. Il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della prova. Il contratto diapprendistato contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale definito anche sulla base dimoduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali di cui all'articolo 2,comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 276 del 2003. Nell’apprendistato per la qualifica, ildiploma e la specializzazione professionale e nell’apprendistato di alta formazione e ricerca il pianoformativo individuale è predisposto dalla istituzione formativa di provenienza dello studente con ilcoinvolgimento dell’impresa.2. Il contratto di apprendistato ha una durata minima non inferiore a sei mesi, fatto salvo quantoprevisto dall’articolo 42, comma 5.

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3. Durante l’apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per illicenziamento ingiustificato. Nel contratto di apprendistato per la qualifica, il diploma e laspecializzazione professionale costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancatoraggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa di provenienza.4. Al termine dell’apprendistato le parti possono recedere dal contratto con preavviso decorrente daltermine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile.Durante il periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto diapprendistato. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavorosubordinato a tempo indeterminato.5. Salvo quanto disposto dai commi da 1 a 4, la disciplina del contratto di apprendistato è rimessaad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati daassociazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto deiseguenti principi:a) divieto di retribuzione a cottimo;b) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante inapplicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro ai lavoratori addetti a mansioni o funzioniche richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento è finalizzato il contratto,ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale eproporzionata all’anzianità di servizio;c) presenza di un tutore o referente aziendale;d) possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondiparitetici interprofessionali di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e all'articolo12 del decreto legislativo n. 276 del 2003, anche attraverso accordi con le Regioni;e) possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso diformazione, esterna e interna alla impresa, della qualificazione professionale ai fini contrattuali edelle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzionedegli adulti;f) registrazione della formazione effettuata e della qualificazione professionale ai fini contrattualieventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i),del decreto legislativo n. 276 del 2003;g) possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa disospensione involontaria del lavoro, superiore a trenta giorni;h) possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per lafinanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato.2. Per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria siestende alle seguenti forme:a) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;b) assicurazione contro le malattie;c) assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia;d) maternità;e) assegno familiare;f) assicurazione sociale per l’impiego in relazione alla quale, in via aggiuntiva a quanto previsto inrelazione al regime contributivo per le assicurazioni di cui alle precedenti lettere, ai sensi delladisciplina di cui all’articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con effetto suiperiodi contributivi maturati a decorrere dal 1o gennaio 2013 è dovuta dai datori di lavoro per gliapprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31 per cento della retribuzioneimponibile ai fini previdenziali, con riferimento alla quale non operano le disposizioni di cuiall’articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183.3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente oindirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del

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decreto legislativo n. 276 del 2003 non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranzespecializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non puòsuperare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore adieci unità. E’ in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti concontratto di somministrazione a tempo determinato. Il datore di lavoro che non abbia alle propriedipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre,può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente commanon si applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cuiall’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.4. Ferma restando la possibilità per i contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati da associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di individuare limiti diversi daquelli previsti dal presente comma, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almenocinquanta dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistatoprofessionalizzante è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoroal termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almenoil 20 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, restando esclusi dalcomputo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o perlicenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è in ogni casoconsentita l’assunzione di un apprendista con contratto professionalizzante. Gli apprendisti assuntiin violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati ordinari lavoratori subordinati atempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

Osservazionicomma 1). Vengono puntualmente definite le responsabilità per la stesura del piano formativoin quanto in capo all'istituzione formativa di riferimento. Non si parla più di lavoratore mabensì di studente, ciò a riprova del prevalere della curvatura di ordine "formativistico".comma 3). Il riferimento alla normativa vigente introduce la novità data dall’entrata in vigoredel Decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Contratto a tutele crescenti), e delle norme in essopreviste per i contratti a tempo indeterminato.Sempre al comma 3) si dice che ...“Nel contratto di apprendistato per la qualifica, il diploma ela specializzazione professionale costituisce giustificato motivo di licenziamento anche ilmancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall’istituzione formativa diprovenienza”. Sostanzialmente ciò sta a significare che, sotto la responsabilità dell'istituzioneformativa, nel caso al termine dell'anno l'apprendista venga “bocciato”, questo può, ma nonobbligatoriamente, essere licenziato. Trattandosi di un insuccesso di tipo formativo, in quanto parliamo sempre di studenti, parealquanto incompatibile il licenziamento rispetto ai decantati interventi in materia didispersione scolastica e ciò tanto più se il riferimento è al diploma di qualifica.Comma 5). Quando si declinano i principi ai quali gli accordi interconfederali e i contratticollettivi nazionali devono fare riferimento per la definizione dei contratti di apprendistatoviene stranamente omesso omesso il riferimento al tutore scolastico e/o formativo. Ciò è inpalese contraddizione con le nuove responsabilità affidate all'istituzione formativa.A seguire la numerazione dei commi risulta essere errata. Dopo il comma 5) e le suedeclinazioni, anziché proseguire con il comma 6) si riprende invece con il comma 2).Comma 3). Si introduce una limitazione incomprensibile relativamente al fatto che si possonoeventualmente assumere nuovi apprendisti ma solo se del 2° livello, il professionalizzante.Ciò è da annoverare tra le scelte strategiche messe in atto dal Governo in favore delle aziendee delle imprese in considerazione del fatto che tale tipologia di apprendistato è quella che haun percorso di formazione molto più breve. Tale valutazione è ancor più rafforzata dalla

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possibilità di potere assumere comunque un apprendista ma solo se appartenente al 2° profilodell'apprendistato e ciò anche in presenza di una violazione della percentuale distabilizzazione.

Art.41 (Apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale)

1. L’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale è strutturato inmodo da coniugare la formazione sul lavoro effettuata in azienda con l’istruzione e formazioneprofessionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell'ambito dei sistemi regionali diistruzione e formazione sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al decreto legislativo17 ottobre 2005, n. 226, e di quelli di cui all’articolo 6.2. Possono essere assunti con il contratto di cui al comma 1, in tutti i settori di attività, i giovani chehanno compiuto i 15 anni di età e fino al compimento dei 25. La durata del contratto è determinatain considerazione della qualifica o del diploma da conseguire e non può in ogni caso esseresuperiore, per la sua componente formativa, a tre anni ovvero quattro nel caso di diplomaquadriennale professionale.3. La regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato per la qualifica, il diploma e laspecializzazione professionale è rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano.4. In relazione alle qualificazioni contenute nel Repertorio di cui all’articolo 1, comma 3, i datori dilavoro hanno la facoltà di prorogare fino ad un anno il contratto di apprendistato dei giovaniqualificati e diplomati, che hanno concluso positivamente i percorsi di cui al comma 1, per ilconsolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche,spendibili anche ai fini dell’acquisizione di certificati di specializzazione tecnica superiore. Ilcontratto di apprendistato può essere prorogato di un anno anche nel caso in cui, al termine delperiodo di formazione, l’apprendista non abbia conseguito il titolo di qualifica, diploma ospecializzazione professionale.5. Possono essere, altresì, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore a tre anni,rivolti ai giovani iscritti al quarto e quinto anno degli istituti tecnici e professionali, perl’acquisizione di ulteriori competenze tecnico professionali rispetto a quelle previste dai vigentiregolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento di un certificato di specializzazionetecnica superiore.6. Il datore di lavoro che intende stipulare il contratto di apprendistato sottoscrive un protocollo conl’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, secondo uno schema definito con decreto delMinistro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’istruzionedell’università e della ricerca, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regionie le province autonome di Trento e Bolzano, che stabilisce il contenuto e la durata degli obblighiformativi del datore.Con il medesimo decreto sono, altresì, definiti i criteri generali per la realizzazione dei percorsi diapprendistato negli istituti tecnici e professionali, e, in particolare, il monte orario massimo delpercorso scolastico che può essere svolta in apprendistato ed i requisiti delle imprese nelle quali sisvolge, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e delle competenze delle regioni. Laformazione esterna all’azienda si svolge nell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e nonpuò essere superiore al 60 per cento dell’orario ordinamentale per il secondo anno e del 50 percento per il terzo e quarto anno, nonché per l’anno successivo finalizzato al conseguimento del

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certificato di specializzazione tecnica.7. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione svolte nella istituzioneformativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo.Per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzionepari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta.8. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano definito un sistema dialternanza scuola-lavoro, i contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamentepiù rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di utilizzo delcontratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.9. In assenza di regolamentazioni regionali l’attivazione dell’apprendistato per la qualifica, ildiploma e la specializzazione professionale è rimessa al Ministero del Lavoro e delle politichesociali che ne disciplina l’esercizio con propri atti.

OsservazioniComma 1). Il riferimento all'art 6 è errato. L'articolo è il n.44.Comma 4) Il riferimento all'articolo è errato. L'articolo è il n.39.Sempre al comma 4) risulta che il nuovo canale di formazione prevede una durata anchequinquennale in ragione del poter agganciare i percorsi ITS. Come sia possibile accedere adun percorso di alta formazione senza passare da una istituzione scolastica crediamo che meritioltre che una giustificazione normativa, che ad oggi non esiste, anche una valutazione di leggerispetto all'eludere il possesso di un diploma di Stato.Ancora il comma 4) riferisce della possibilità di prorogare di un anno il contratto per poterchiudere il percorso formativo. E' di certo una scelta “funzionale” ma solo se agganciata perdavvero alla possibilità di poter chiudere percorsi che hanno prodotto un insuccesso formativoe non per altro.Comma 6) Si procede, finalmente, col dare uniformità di legge agli accordi e protocolli per lagestione dei contenuti e durata dei percorsi di 1° livello di apprendistato, ovvero, i contrattidovranno essere conformi ad uno schema ministeriale. Appare però del tutto irragionevole ildichiarato “sentire” riferito alla Conferenza. E' necessario definire un’intesa! Trattandosi diuno “schema” standard nazionale e quindi applicabile su tutto il territorio nazionale, occorreche le regioni siano ad esso formalmente impegnate, cosa appunto più certa se sancita daun'intesa.Sempre con il comma 6), anche qui finalmente, il Ministero del Lavoro si impegna ad istituireun modello standard della formazione in particolare con puntuali limiti alla durata delpercorso professionale per il contratto di apprendistato di 1° livello, quali:

Annualità del percorso Formazi. professionalizzante nell’Istit. FormativaII Massimo 60% dell’orario ordinamentaleIII, IV e V Massimo 50% dell’orario ordinamentale

Fatta eccezione per gli studenti del secondo anno per i quali la formazione esterna puòarrivare fino ad un max del 60% per tutti gli altri casi il modello diventa: 500 ore diformazione nell'istituzione formativa, 500 ore di formazione in contesto lavorativo e 760 ore dilavoro;Con il comma 7). Viene abrogata la precedente norma del Decreto Poletti 20 marzo 14 n. 34con il quale al datore di lavoro competeva il riconoscimento retributivo del 35% del monte orecomplessivo di formazione sia interna che esterna. Al datore di lavoro ora compete unaretribuzione degli studenti apprendisti pari a zero per le ore di formazione svoltanell'istituzione formativa e il 10 per cento per le sole ore di formazione in azienda dellaretribuzione prevista per le ore di lavoro.

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Questo è uno dei diversi trattamenti di “favore” riservate alla aziende e alle imprese al fine didotare tale contratto di un minimo di concorrenza di mercato. I datori di lavoro, infatti, dasempre sostengono che il costo per una formazione non svolta in azienda, quindi fuori dai ciclidi lavoro produttivi e quindi dalla partecipazione alla realizzazione di un bene di mercato,non sia di loro competenza, peccato però che ora per metà del tempo della formazione nepotranno giovare pressoché in termini gratuiti.Con il comma 9 il Ministero del Lavoro decide, giustamente, che in caso di ritardi da partedelle regioni in materia di accreditamento degli enti di formazione o per carenza dilegislazione regionale, sarà lo stesso il Ministero a provvedere con specifico decreto alladisciplina degli atti occorrenti, agendo quindi in “supplenza” delle responsabilità regionali.

art.42 (Apprendistato professionalizzante)

1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistatoprofessionalizzante per il conseguimento di una qualificazione professionale ai fini contrattuali isoggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale,conseguita ai sensi del decreto legislativo n. 226 del 2005, il contratto di apprendistatoprofessionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. La qualificazioneprofessionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contrattosulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi diclassificazione e inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione del tipo diqualificazione professionale ai fini contrattuali da conseguire, la durata e le modalità di erogazionedella formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico-professionali e specialistiche,nonché la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può comunque esseresuperiore a tre anni, ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigianoindividuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.3. La formazione di tipo professionalizzante, svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro, èintegrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna oesterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un montecomplessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle regionisentite le parti sociali e tenuto conto del titolo di studio e delle competenze dell'apprendista. Laregione comunica al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazionedell'instaurazione del rapporto, effettuata ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1 ottobre1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successivemodificazioni, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica, anche con riferimentoalle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loroassociazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenzapermanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano indata 20 febbraio 2014.4. Le regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell'ambitodella bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.5. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali i contratti collettivi dilavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavorocomparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità disvolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.

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OsservazioniComma 3). Citare la sola “disponibilità” delle aziende quale unico riferimento di legge èingannevole. La delibera della Conferenza delle Regioni fa, infatti, riferimento in modo piùampio alla condizione che le aziende devono poter disporre di “standard minimi” al fine dipoter esercitare le funzioni di soggetto formativo. Devono possedere ad esempio luoghi idoneialla formazione, distinti da quelli normalmente destinati alla produzione di beni e servizi, dirisorse umane con adeguate capacità e competenze. Manca nel provvedimento un importanteriferimento ad un sistema di accreditamento delle imprese in possesso di tali capacitàformative.

Art.43 (Apprendistato di alta formazione e di ricerca)

1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistatoper attività di ricerca, per il conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione,compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cuiall'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 gennaio 2008, nonché per ilpraticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anniin possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguitonei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di istruzione eformazione Tecnica Superiore.2. Il datore di lavoro che intende stipulare un contratto di cui al comma 1 sottoscrive un protocollocon l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, o con l’ente di ricerca di cui al comma 4,secondo uno schema definito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali diconcerto con il Ministro dell’istruzione dell’Università e della ricerca, sentita la Conferenzapermanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, che stabilisce l’entità e lemodalità, anche temporali, della formazione a carico del datore di lavoro. Il suddetto protocollostabilisce altresì il numero dei crediti formativi riconoscibili a ciascuno studente per la formazione acarico del datore di lavoro entro il massimo di sessanta, anche in deroga al limite di cui all'articolo2, comma 147, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni. La formazione esterna all’azienda è svoltanell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e, di norma, nei percorsi di Istruzione TecnicaSuperiore non può essere superiore al 60 per cento dell’orario ordinamentale.3. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione svolte nella istituzioneformativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo.Per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzionepari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta.4. La regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato per attività di ricerca o per percorsidi alta formazione è rimessa alle regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordocon le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piùrappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioniformative o di ricerca comprese quelle in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanzanazionale o regionale e aventi come oggetto la promozione delle attività imprenditoriali, del lavoro,della formazione, della innovazione e del trasferimento tecnologico.5. In assenza delle regolamentazioni regionali di cui al comma 4, l'attivazione dell'apprendistato dialta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro odalle loro associazioni con le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o

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di ricerca di cui al comma 4, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

OsservazioniAl comma 2) come per l'art. 41 si procede giustamente con il dare uniformità di legge agliaccordi e protocolli per la gestione dei contenuti e durata dei percorsi, ovvero, i contrattidovranno essere conformi ad uno schema ministeriale.Sempre per il comma 2) e come per l'art.41 il solo “sentire” la Conferenza è irragionevole.Occorre che si definisca una puntuale intesa in quanto si tratta di uno “schema” standardnazionale che varrà su tutto il territorio nazionale. L'intesa può far in modo che le Regionisiano alla stessa obbligate.Nella scrittura della penultima parte finale del comma si evidenzia una palese contraddizionedefinendo un limite massimo di sessanta crediti per poi affermare che sia invece possibileandare in deroga al limite della 286 che è ancora di sessanta!Sempre con il comma 2) si provvede con il dare definizione ai tempi della formazioneriferendo che di norma, nei percorsi di Istruzione Tecnica Superiore, non può essere superioreal 60 per cento dell’orario ordinamentale. E' bene ricordare che dal momento che per il 3°livello i percorsi si possono svolgersi presso gli Istituti di ricerca, Università o Alta formazionee I.T.S., così come è possibile con il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche, èassolutamente indispensabile che l'elaborazione dello schema di riferimento per la definizionedei protocolli sia formulato con decreto da parte del Ministro del lavoro e che lo stessopreveda puntuali riferimenti in ragione delle situazioni che si realizzano fuori da contestipropriamente formativi e ciò al fine di evitare abusi.Per il comma 3) registriamo, come per l'art.41, i trattamenti di “favore” riservate alla aziendee alle imprese per i quali abbiamo già osservato.Comma 5). In ragione dei ritardi di non poche regioni in materia di accreditamento degli entio associazioni di formazione di settore così come per carenza di legislazione regionale, lenorme per l'attivazione del contratto sono rimesse alle condizioni fissate dalle diverseconvenzioni. Il rischio evidente è dettato dal fatto che si possono determinare situazionifortemente diversificate tra i diversi contesti territoriali regionali e magari anche all'internodella stessa regione. Sarà quindi opportuno che nel costituire lo schema di riferimento per ladefinizione dei protocolli formativi si determino puntuali richiami.

Art.44(Standard professionali e formativi e certificazione delle competenze)

1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministrodell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell’articolo 3del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti gli standard formativi dell'apprendistatostabilendo, per la tipologia di cui all’articolo 41, il numero di ore da effettuare in azienda. Talistandard costituiscono livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'articolo 16 del decretolegislativo 17 ottobre 2005, n. 226.2. La registrazione nel libretto formativo del cittadino della formazione effettuata ai fini dellaqualifica professionale, del diploma o della specializzazione è di competenza del datore di lavoronel contratto di apprendistato professionalizzante, dell’istituzione formativa di appartenenza dellostudente per l’apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale edell’istituzione formativa di appartenenza o dell’ente di ricerca per l’apprendistato di altaformazionericerca, ai sensi del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13.

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3. Allo scopo di armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali acquisite inapprendistato e consentire una correlazione tra standard formativistandard professionali è istituito,senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, presso il Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali il repertorio delle professioni predisposto sulla base dei sistemi di classificazionedel personale previsti nei contratti collettivi di lavoro e in coerenza con quanto previsto nellepremesse dalla intesa tra Governo, regioni e parti sociali del 17 febbraio 2010, da un appositoorganismo tecnico di cui fanno parte il Ministero dell'istruzione, della università e della ricerca, leassociazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul pianonazionale e i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e leprovince autonome di Trento e Bolzano.4. Le competenze acquisite dall’apprendista sono certificate dalla istituzione formativa diprovenienza dell’allievo secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13e, in particolare, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni ivi disciplinati.

OsservazioniAl comma 2) vengono rii-puntualizzate le responsabilità come per la definizione del pianoformativo di cui all'art.40. Per le certificazioni delle competenze professionali del 2° livellodell'apprendistato compete al datore di lavoro o all'impresa. Per il 1° e 3° livello competonoall'istituzione formativa di riferimento. Per quanto attiene al 3° livello e ai settori delleprofessioni ordinistiche il riferimento è il “professionista”, occorrerebbe che almeno lo stessoavesse una designazione da parte della propria associazione di riferimento .Con il comma 3) positivamente, viene istituito il “repertorio delle professioni” al qualeriferirsi per la definizione dei diversi titoli di qualifica, diploma professionalizzante e diplomiper l'Alta Formazione e si fa nascere un nuovo organismo tecnico con la responsabilità direndere compatibili le diverse esperienze formative maturate in ambito di apprendistato conquanto previsto dalle linee guida dell'intesa Stato regioni del 17 febbraio 2010. Ciò rappresenta una scelta rilevante dal punto di vista strategico sindacale vista la presenzadelle OO. SS. di riferimento e ciò al fine di poter costruire le opportune relazioni con quantoprevisto dai diversi CC.CC.NN. di settore.Con il comma 4), così come per il piano formativo per il 1° e 3° livello la certificazione dellecompetenze acquisite è responsabilità dell'Istituzione formativa di riferimento.

Art.45(Disposizioni finali)

1. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione a carico del datore di lavoro, di cuiegli sia esclusivamente responsabile, e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cuiagli articoli 41, 42 e 43, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzioneversata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore chesarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100per cento, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione. Nel caso in cui rilevi uninadempimento nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, ilpersonale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotta un provvedimento didisposizione, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 124 del 2004, assegnando un congruotermine al datore di lavoro per adempiere.2. Per la violazione della disposizione di cui all’articolo 40, comma 1, nonché per la violazionedelle previsioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all’articolo 40, comma 5, lettere

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a), b) e c), il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro.In caso di recidiva la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata da 300 a 1500 euro. Allacontestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi divigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza nei modi e nelle forme dicui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 124 del 2004. L’autorità competente a ricevere ilrapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689 è la Direzione territoriale dellavoro competente.3. Fatte salve diverse previsioni di legge o di contratto collettivo, i lavoratori assunti con contrattodi apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettiviper l'applicazione di particolari normative e istituti.4. Ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale è possibile assumere inapprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i lavoratori beneficiari di indennità di mobilitào di un trattamento di disoccupazione. Per essi trovano applicazione, in deroga alle previsioni di cuiall'articolo 40, comma 4, le disposizioni in materia di licenziamenti individuali di cui alla legge n.604 del 1966, nonché il regime contributivo agevolato di cui all'articolo 25, comma 9, della legge n.223 del 1991 e l'incentivo di cui all'articolo 8, comma 4, della medesima legge.5. Per le regioni e i settori ove la disciplina di cui al presente Capo non sia immediatamenteoperativa, trovano applicazione le regolazioni vigenti. In assenza della offerta formativa pubblica dicui all'articolo 42, comma 3, trovano immediata applicazione le regolazioni contrattuali vigenti.6. La disciplina del reclutamento e dell'accesso, nonché l'applicazione del contratto di apprendistatoper i settori di attività pubblici, di cui agli articoli 42 e 43, è definita con decreto del Presidente delConsiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblicaamministrazione e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministrodell'economia e delle finanze, sentite le parti sociali e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 deldecreto legislativo n. 281 del 1997.7. I benefici contributivi in materia di previdenza e assistenza sociale sono mantenuti per un annodalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato con esclusione deilavoratori assunti ai sensi del comma 4 del presente articolo.8. I datori di lavoro che hanno sedi in più regioni possono fare riferimento al percorso formativodella regione dove è ubicata la sede legale e possono altresì accentrare le comunicazioni di cuiall'articolo 1, commi 1180 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nel servizio informaticodove è ubicata la sede legale.9. Restano in ogni caso ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle provinceautonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.10. Con successivo decreto, ai sensi dell’art. 1, comma 4, lettera a), della legge 10 dicembre 2014,n. 183, sono definiti gli incentivi per i datori di lavoro che assumono con l’apprendistato per laqualifica, il diploma e la specializzazione professionale e con l’apprendistato di alta formazione ericerca.

OsservazioniDiversamente da quanto previsto dalla legge sul T.U. per l'Apprendistato, con la quale venivafissato entro “quanto” avrebbero dovuto applicarsi anche ai settori pubblici le nuove normesull'apprendistato, nel testo di bozza del D.L. di ciò non viene menzionato nulla. E' del tutto evidente che il futuro decreto potrà essere definito in ragione dell’insieme dellenorme della futura riforma della P.A. e quindi alle date della sua entrata in vigore.Comma 10) Abbiamo già detto all'inizio di come il contratto in apprendistato verràfortemente incentivato al fine di “accattivare” le aziende e le imprese. Tale comma dispiega ,con la sua indeterminazione generale, le possibilità per un ampio spettro.Ci viene facile immaginare tra le norme “a favore” quelle come l'abbattimento delle spese

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dovute per la contribuzione previdenziale, gli aumenti delle agevolazioni fiscali,l'azzeramento sostanziale dei costi formazione a carico delle aziende che abbiamo già visto, larimodulazione al ribasso dell'inquadramento contrattuale di riferimento, ovvero, unariduzione del costo del lavoro magari contrattata singolarmente e al di fuori da quantoprevisto dai CC.CC.NN. e altre ancora magari interne all'azienda come ad esempiol'abbattimento dei costi legati ai tutor aziendali e per l'uso di strutture e materiali ect. Infine osserviamo che le incentivazioni generalizzate, in quanto tali, possono produrre ilrischio di una vera e propria deregolamentazione dell'apprendistato capaci di spingere leaziende a far prevalere più l'interesse ai costi ridotti che l'investimento per qualità del lavoro.

CAPO VI

ABROGAZIONI E DISCIPLINA TRANSITORIA

Art. 46

(Abrogazioni e norme transitorie)

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni di legge:

a) il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61;

b) gli articoli 18, commi 3 e 3-bis, e da 20 a 28 del decreto legislativo n. 276 del 2003;

c) l’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 151 del 2001;

d) il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, salvo quanto previsto al comma 2;

e) l’ articolo 3-bis, del decreto-legge 11 giugno 2002, n. 108, convertito con legge 31 luglio 2002, n.172;

f) l’articolo 32, comma 3, lettera a), della legge 4 novembre 2010, n. 183,relativamente alle parole«ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 deldecreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,e successive modificazioni», di cui al primo e secondoperiodo;

g) l’articolo 32, commi 5 e 6, della legge n. 183 del 2010;

h) l’articolo 1, comma 13, della legge n. 92 del 2012;

i) l’articolo 28, commi da 2 a 6, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con legge n. 121 del2012;

l) il Capo II del Titolo V del decreto legislativo n. 276 del 2003;

m) il decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167;

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n) tutte le disposizioni di legge, non espressamente richiamate dal presente decreto legislativo, chesiano incompatibili con la disciplina da esso introdotta.

2. L’articolo 2 del decreto legislativo n. 368 del 2001 è abrogato a far data dai diciotto mesisuccessivi all’entrata in vigore del presente decreto.

Osservazioni

La progressione delle lettere del comma 1, nel testo originale, è errata.

TITOLO II

RICONDUZIONE AL LAVORO SUBORDINATO

CAPO I

Art. 47

(Applicazione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni organizzate dalcommittente)

1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche airapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dalcommittente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

2. Restano salve da quanto disposto al comma 1:

a) le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacalicomparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specificheriguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive edorganizzative del relativo settore;

b) le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessarial'iscrizione in appositi albi professionali;

c) le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi diamministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportivedilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e aglienti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

3. In attesa del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione,

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quanto disposto dal comma 1 non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazionifino al 1° gennaio 2017.

Osservazioni

Il primo comma dell'articolo 47, che sicuramente sarà fonte di forti dubbi interpretativi,stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, si applicherà la disciplina del rapporto dilavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretino in “prestazioni di lavoroesclusivamente personali, continuative, di contenuto ripetitivo e le cui modalità di esecuzionesiano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Nelfrattempo, come stabilito dal successivo articolo 49, le collaborazioni a progetto disciplinatedalla “legge Biagi” sono destinate a scomparire (anche a seguito del procedimento di“trasformazione” di cui al successivo art. 48). Con riferimento al comma 1, il primo elementoda notare è il termine “si applica”. Non si usano espressioni quali “conversione”,“trasformazione” o concetti analoghi, che potrebbero derivare dalle (abrogate, a regime)disposizioni dell’art. 69 del D.Lgs. 276/03, e che confermerebbero le costanti conclusioni dellagiurisprudenza secondo cui, in presenza di collaborazioni non genuine, opera la riconduzionefin dall’inizio (ex tunc) del rapporto alla “forma comune” del rapporto di lavoro, secondoquanto ribadito anche all’art.1 del testo in esame. Il termine “si applica”, aldilà della possibilesciatteria dell’estensore del testo, sembrerebbe voler collocare queste collaborazioni, le cuicaratteristiche saranno esaminate al punto successivo, comunque nell’ambito del lavorosubordinato, tuttavia con alcune specificità: innanzitutto le “applicazioni della disciplina dellavoro subordinato”, essendo successive all’ingresso nell’ordinamento del contratto di lavoroa tutele crescenti introdotto con il D.Lgs. 23/15, saranno fondate su di esso, e decorrerannodalla data di “applicazione” e non dall’inizio della collaborazione (ex tunc) come per leprecedenti sentenze (su questo si veda anche infra la disciplina dell’art.48).La seconda osservazione riguarda le caratteristiche delle collaborazioni cui si applicheràquesta disciplina: qui sparisce il requisito del coordinamento, mentre restano in piedi le altrecaratteristiche (personalità, continuatività, ripetitività, determinazione da parte delcommittente di tempi e luoghi della prestazione), che di fatto contraddistinguono il lavorosubordinato. La modalità di scrittura del testo implica che le caratteristiche citate debbanoessere tutte compresenti. Sulle collaborazioni escluse dalla normativa appena accennata, oltre alle fattispecie già inprecedenza presenti (in particolare i componenti dei consigli di amministrazione e gli iscrittiagli albi, di cui da ultimo alla legge 92/12) vale la pena di soffermarsi su due:1. Le prestazioni rientranti nell’attività sportiva dilettantistica, dove si sono spesso riscontratinel passato rapporti fortemente elusivi rispetto al lavoro subordinato: basti pensare a taleriguardo che entro un limite di €7500 annui i compensi percepiti da questi “collaboratori” noncostituiscono reddito fiscalmente rilevante, il che è un potente incentivo all’elusione fiscale, ecomunque non produce alcun diritto previdenziale per il lavoratore interessato;2. Le collaborazioni oggetto di accordi sottoscritti dalle confederazioni sindacali (sic!)comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Qui è il caso di segnalare da unlato la conferma implicita di norme precedentemente vigenti (cfr. l’ammissibilità dellecollaborazioni a progetto per la “vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso callcenter 'outbound'” di cui alla legge 92/12 modificata dalla legge 134/12), dall’altro la suaestensione a qualsiasi intesa purché sottoscritta dai soggetti citati nel testo e, stando allalettera del testo, senza limiti di tempo entro cui sottoscrivere l’intesa. Ne deriva un messaggioassai insidioso, secondo il quale la permanenza delle collaborazioni (salvo quanto si diràcommentando il successivo art.49) non è frutto di scelte del legislatore, che anzi vorrebbeandare nel senso della soppressione, ma piuttosto di accordi sottoscritti dalle parti sociali… .La lettera a) del comma 2 stabilisce, quindi, che la contrattazione collettiva “confederale”

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può, in sostanza, erodere l'area della subordinazione stabilita dalla legge “in ragione delleparticolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”. La norma potrebbe porreproblemi di legittimità costituzionale perché, come è noto, la “subordinazione” non può essereoggetto di “disposizione” né da parte della legge né da parte della contrattazione collettiva. E’chiaro come questi elementi, oltre a quanto si dirà commentando l’art. 49, dovranno indurre ilsindacato, a cominciare dalla Cgil e le sue categorie, ad un’attenta gestione degli accordi inessere, e ad un’estrema cautela nella sottoscrizione di intese future. Sul contenuto delle qualisi rinvia a quanto si dirà commentando il successivo art. 49.

ART. 48

(Stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari dipartita IVA)

1. Al fine di promuovere la stabilizzazione dell'occupazione mediante il ricorso a contratti di lavorosubordinato a tempo indeterminato nonché di garantire il corretto utilizzo dei contratti di lavoroautonomo, nel periodo compreso fra l’entrata in vigore del presente decreto e il 31 dicembre 2015, idatori di lavoro privati che procedano alla assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempoindeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche aprogetto e di persone titolari di partita IVA, godono degli effetti di cui al successivo comma 2 acondizione che:

a) i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili preteseriguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedidi cui all’articolo 2113, comma 4, del codice civile, e all’articolo 76 del decreto legislativo n. 276del 2003;

b) nei dodici mesi successivi alle assunzioni di cui al comma 2, i datori di lavoro non recedano dalrapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.

2. L’assunzione a tempo indeterminato alle condizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), comportal'estinzione delle violazioni previste dalle disposizioni in materia di obblighi contributivi,assicurativi e fiscali connessi alla eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso,salve le violazioni già accertate prima dell’assunzione.

Osservazioni

Se i datori di lavoro assumono lavoratori che sono già co.co.co., co.co.pro., oppure titolari dipartita IVA con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, l’assunzione sana leviolazioni in materia di obblighi contributivi, assicurativi e fiscali connessi all’eventualeerronea qualificazione del rapporto pregresso, fatte salve le violazioni già accertate primadell’assunzione. Da notare che tali trasformazioni saranno ricondotte al contratto a tempoindeterminato “a tutele crescenti”, quindi senza la stabilità reale del rapporto (v. art. 1,comma 2, del d.lgs. n. 23/2015). Pertanto appare paradossale il condizionamento ad unadurata di almeno 12 mesi del nuovo rapporto subordinato salva la sua risoluzione per giustacausa o giustificato motivo, che è stata resa assai meno “rischiosa” dalle nuove disposizioni. La transazione, come espressamente definito dal comma 2, ha carattere “tombale” sulpregresso ed è “a costo zero” per il committente: ne conseguono consistenti dubbi di natura

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costituzionale sulla rinunciabilità ai diritti di natura previdenziale da parte del lavoratore esui pesanti effetti riflessi sul bilancio pubblico e sulle gestioni Inps in quanto determinerannominori entrate contributive e fiscali;L’inclusione delle sedi di certificazioni tra quelle deputate alla transazione rende ineludibileun comportamento coerente dell’organizzazione, richiamando quanto definito in propositodal CD Cgil del 18 febbraio 2015.

CAPO II

Art. 49

(Superamento del contratto a progetto)

1. Le disposizioni degli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003, rimangono invigore esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore delpresente decreto.

2. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 409 del codice di procedura civile.

OsservazioniDalla data di entrata in vigore del decreto non potranno più essere stipulate collaborazioni “aprogetto”di cui alle disposizioni della legge Biagi (dlgs 276/2003) che avevano introdotto, insostituzione dei co.co.co., la figura – appunto – delle co.co.pro. A fronte di ciò, tuttavia,vengono “riesumate” le vecchie collaborazioni coordinate e continuative che ritrovano vigoreattraverso il comma 2 dell'articolo 49. L'articolo 409 c.p.c., che “resta salvo”, è infatti propriola base normativa sulla quale in passato hanno proliferato le collaborazioni coordinate econtinuative. Letta in collegamento con le disposizioni dell’art.47, comma 2, lettera a), lanorma prefigura uno scenario molto delicato per la contrattazione: infatti, come abbiamoavuto modo di segnalare commentando l’art.47, dal 2016 non è impedito alla contrattazionecollettiva di disciplinare “il trattamento economico e normativo” delle collaborazioni, soloche…nel frattempo scompaiono i riferimenti “positivi” che si erano sedimentati nel tempo (inumerosi interventi normativi ed amministrativi a partire dagli art. 61-69bis delD.Lgs.276/03). Ciò che resta, l’art. 409 c.p.c., non fornisce alcun criterio orientativo per lacontrattazione, limitandosi semplicemente ad indicare un percorso processuale per icontenziosi che avessero le collaborazioni tra i protagonisti.Certamente resterebbero le tutele di welfare, derivanti dall’iscrizione di questi lavoratori allaGestione separata presso l’Inps e anche la Dis.coll. in caso di perdita di lavoro (d.Lgs.22/15),ma verrebbe meno, paradossalmente, il fondamento per una contrattazione sul “trattamentoeconomico e normativo” (art. 63 del dlgs 276/2003 che prevede che la contrattazione possastabilire il compenso per i collaboratori prendendo a riferimento la retribuzione prevista per ilavoratori subordinati comparabili).

Art. 50

(Superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro)

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1. All’articolo 2549 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «di capitale»; b) i commi secondo e terzo sono abrogati. 2. L’articolo 1, comma 30, della legge n. 92 del 2012 è abrogato. 3. I contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato consiste anche in

una prestazione di lavoro sono fatti salvi fino alla loro cessazione.

OsservazioniLa norma apporta una modifica sostanziale all’art. 2549 cod. civ., che risulta così

riformulato: “Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una

partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di undeterminato apporto di capitale”.

Viene precisato, dunque, che l’apporto dell’associato è “di capitale”. La possibilità chel’apporto dell’associato consista “anche” in un’attività di lavoro - possibilità che era statarecentemente “legificata”, pur entro certi limiti, dalla legge n. 92/2012 (art. 1, comma 28 ss.) edalla legge n. 99/2013 (art. 7, comma 5, lett. a, n. 2-bis) - pare pertanto esclusa (anche se noncompare una norma di divieto).

La previsione è opportuna in quanto riconduce l’istituto dell’associazione in partecipazione(spesso utilizzata in funzione di elusione del diritto del lavoro) nel suo giusto alveo. Invero laprevisione contenuta nell’art. 2553 cod. civ., in base alla quale “le perdite che colpisconol’associato non possono superare il valore del suo apporto”, ci fa capire come si sia fatta unaforzatura considerando l’attività lavorativa come oggetto del conferimento dell’associato.

Vengono di conseguenza abrogati dallo schema di decreto i commi 2 e 3 dell’art. 2549 cod.civ., che disciplinano l’ipotesi in cui l’apporto dell’associato consiste anche in una prestazionedi lavoro:

“2. Qualora l'apporto dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, ilnumero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre,indipendentemente dal numero degli associanti, con l'unica eccezione nel caso in cui gliassociati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o diaffinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapportocon tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si consideradi lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

“3. Le disposizioni di cui al secondo comma non si applicano, limitatamente alle imprese ascopo

mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall’organo assembleare-di cuiall’articolo 2540, il cui contratto-sia certificato dagli organismi di cui all’articolo 76 deI decretolegislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonché in relazione al rapportofra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore,audiovisive o di seguenze di immagini in movimento”.

Viene altresì abrogato l’art. 1, comma 30, della legge n. 92/2012, che introduce una cautelacontro la prassi di usare il tipo contrattuale in discussione per eludere il diritto del lavoro:

30. I rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuatisenza che vi sia stata un'effettiva partecipazione dell'associato agli utili dell'impresa odell'affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall'articolo 2552 del codice civile, sipresumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Lapredetta presunzione si applica, altresì, qualora l'apporto di lavoro non presenti i requisitidi cui all'articolo 69-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.

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276, introdotto dal comma 26 del presente articolo.

Il comma 3 dell’art. 50 dello schema di decreto detta una disciplina transitoria che fa salvi,fino alla loro cessazione, i contratti di associazione in partecipazione in essere nei qualil’apporto dell’associato consiste anche in una prestazione di lavoro.

Peraltro rimane in vigore l’articolo 1, comma 29, della legge n. 92 del 2012, ai sensi delquale:

“29. Sono fatti salvi, fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entratain vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti deldecreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276”.

Si rammenta, infine, che il termine per promuovere le procedure di stabilizzazione in favoredegli associati in partecipazione con apporto di lavoro - mediante specifici contratti collettivistipulati con le associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul pianonazionale -, scaduta la data del 31 marzo 2014, non è stato più prorogato.

TITOLO III

LAVORO ACCESSORIO (voucher)

ART. 51 (Definizione e campo di applicazione)

1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura subordinata oautonoma che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indiceISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limitecomplessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attivitàlavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi nonsuperiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.2. Prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresigli enti locali, fermo restando quanto previsto dal comma 4 e nel limite complessivo di 3.000 eurodi corrispettivo per anno civile, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno alreddito. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioniintegrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni dilavoro accessorio.2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in agricoltura:a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole di caratterestagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmenteiscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmentecon gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclodi studi presso l'università;b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto delPresidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte dasoggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

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3. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nelrispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese dipersonale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.4. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 52 sono computati aifini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso disoggiorno.5. È vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione di appalti fattisalve specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.6. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Osservazioni

1) L'art. 51 dello schema di decreto riscrive l'art. 70 del d.lgs n. 276/2003 riguardante ladefinizione e il campo di applicazione del lavoro accessorio (tramite i cd. voucher). Rispettoalla vigente disciplina, una prima modifica sostanziale riguarda la natura giuridica del lavoroaccessorio (co.1). Qui è opportuno fare alcune precisazioni. Il lavoro accessorio è statointrodotto nel nostro ordinamento con il d.lgs 276/03. La finalità originaria del legislatore del2003 era quella di regolamentare le attività lavorative di natura meramente occasionale acarattere saltuario e di breve durata svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale ocomunque ancora non entrati nel mondo del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, in defenitiambiti di attività: piccoli lavori domestici, insegnamento privato supplementare, giardinaggioecc...Nel corso degli anni la disciplina legale è stata oggetto di numerosi interventi legislativi chehanno notevolmente modificato la natura stessa dell'istituto. In particolare, è stato ampliato ilnovero dei soggetti ammessi a svolgere prestazioni di lavoro accessorio ed è stato sempre piùampliato l'ambito delle attività che potevano essere svolte con questa modalità di lavoro (lalegge n. 92/2012 ne ha ammesso l'utilizzo nella generalità dei settori produttivi). Da ultimo, con il decreto legge n. 76/2013, conv. in legge n. 99/2013, si è giunti a modificare lanatura giuridica del lavoro accessorio. Infatti il legislatore, confermando un'interpretazionegià formulata dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 4 del 2013, ha espunto - dal co. 1dell'art. 70 del D.lgs. 276/2003 - le parole "di natura meramente occasionale". Pertanto, taletipo di rapporto di lavoro è ora definito dai soli limiti economici dei compensi a prescinderedalla tipologia della attività svolta (autonoma o subordinata). Anche a seguito di queste modifiche, nello schema di decreto si definiscono le prestazioni dilavoro accessorio come "attività lavorative di natura subordinata o autonoma che non dannoluogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corsodi un anno civile...". Si evidenzia, tuttavia, la non conformità della definizione contenuta nel primo comma delloschema di decreto con quella dell'art. 1, co. 7, lett.h) della legge n. 183/2014 in merito alprincipio di delega relativo alla possibilità di ampliamento del ricorso al lavoro accessorio"per le attività lavorative discontinue e occasionali...". La caratteristica dell'occasionalità dellavoro accessorio, reintrodotta dal legislatore delegante, si è persa nella formulazione delloschema di decreto. 2) La seconda sostanziale modifica riguarda il limite economico. Si eleva infatti da 5.000 a7.000 euro netti -rivalutati annualmente in base all'indice Istat - il limite massimo di compensipercepibili da ogni singolo lavoratore, con riferimento alla totalità dei committenti, nel corsodi un anno. Inoltre, il rispetto dei limiti economici viene riferito all'anno civile e non piùall'anno solare. Per quanto riguarda i committenti imprenditori commerciali e professionisti,

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viene confermato il limite di 2.000 euro per ciascun singolo committente, fermo restando illimite complessivo dei 7.000 euro.3) al co. 2, viene confermata la possibilità di utilizzo dei voucher, nel limite complessivo di3.000 euro per ogni anno civile, per i percettori di ammortizzatori sociali. 4) Rimane inalterata, rispetto alla vigente disciplina introdotta con la legge 92/2012, la normache consente l'utilizzo delle prestazioni di lavoro accessorio nel settore agricolo. 5) Al co. 3, viene confermata la disposizione che prevede la possibilità del ricorso ai buonilavoro da parte dei committenti pubblici, seppure nel rispetto dei vincoli previsti in materia dicontenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno. 6) Viene altresì confermata, al. co. 4, la disposizione della computabilità di tali compensi per ladeterminazione del reddito necessario ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso disoggiorno dei lavoratori stranieri extracomunitari.7) Al co. 5 si introduce il divieto di poter ricorrere al lavoro accessorio "nell'ambito diesecuzione di appalti". La norma introdotta “legifica” un consolidato orientamentoamministrativo dell'Inps e del Ministero del Lavoro (da ultimo con la circolare n. 4 del 18gennaio 2013) secondo il quale il lavoro retribuito coi voucher sia utilizzabile in relazione aprestazioni rivolte direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione stessa, conl'esclusione della possibilità che "una impresa possa reclutare e retribuire lavoratori persvolgere prestazioni a favore di terzi come nel caso dell'appalto e della somministrazione".Tuttavia, la norma prevede che possano essere previste deroghe a tale divieto nelle ipotesiindividuate da apposito decreto del Ministero del Lavoro da adottarsi, sentite le parti sociali,entro sei mesi l'entrata in vigore del decreto legislativo in esame.8) al co. 6, è aggiunto il rinvio a quanto disposto dall'art. 36 del d.lgs 165/2001 (Testo Unico sulpubblico impiego) che disciplina l'utilizzo di contratti di lavoro flessibile all'interno dellapubbliche amministrazioni.

ART. 52(Disciplina del lavoro accessorio)

1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i committenti imprenditori o professionistiacquistano esclusivamente attraverso modalità telematiche uno o più carnet di buoni orari, numeratiprogressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato condecreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzionirilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le partisociali. I committenti non imprenditori o professionisti possono acquistare i buoni anche presso lerivendite autorizzate.2. In attesa della emanazione del decreto di cui al comma 1, e fatte salve le prestazioni rese nelsettore agricolo, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro e nel settore agricolo è pariall’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contrattocollettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul pianonazionale.3. I committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipoaccessorio sono tenuti, prima dell’inizio della prestazione, a comunicare alla Direzione territorialedel lavoro competente, attraverso modalità telematiche, ivi compresi sms o posta elettronica, i datianagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione conriferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.4. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso dal concessionario di cui alcomma 8, successivamente all’accreditamento dei buoni da parte del beneficiario della prestazionedi lavoro accessorio. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato

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di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.5. Fermo restando quanto disposto dal comma 7, il concessionario provvede al pagamento dellespettanze effettuando altresì il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenzialiall’INPS, alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, inmisura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuniall’INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l’importoautorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. La percentuale relativa alversamento dei contributi previdenziali può essere rideterminata con decreto del Ministro del lavoroe delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in funzione degliincrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS.7. In considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie disoggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione diammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell’ambito diprogetti promossi da amministrazioni pubbliche, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, conproprio decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari.8. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua con proprio decreto il concessionario delservizio e regolamenta i criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 6 edelle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del decreto ministeriale i concessionaridel servizio sono individuati nell’INPS e nelle agenzie per il lavoro di cui agli articoli 4, comma 1,lettere a) e c) e 6, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo n. 276 del 2003.

Osservazioni:L'art. 52 sostituisce interamente l'art. 72 del d.lgs 276/03 riguardante la disciplina del lavoroaccessorio.1) Sono introdotte, al co.1, alcune disposizioni riguardanti le modalità di utilizzo efunzionamento dei buoni lavoro. Viene previsto che i committenti imprenditori e professionistiacquistano i buoni esclusivamente per via telematica gli altri committenti possono acquistare ibuoni anche presso le rivendite autorizzate. 2) Viene ribadito che i buoni debbano essere orari, numerati progressivamente e datati. ilvalore nominale è fissato con decreto del Ministero del Lavoro. In attesa di emanazione deldecreto, il valore nominale è fissato in 10 euro (co. 2), tranne che per il settore agricolo doveviene ragguagliato alla retribuzione dei contratti collettivi. 3) Al co. 3, una novità è rappresentata dall'obbligo di tracciabilità della prestazione di lavoroaccessorio attraverso una comunicazione preventiva, da parte dei committenti imprenditori eprofessionisti, alla Direzione territoriale del Lavoro competente. Nella comunicazione - chedeve avvenire in via telematica (anche con sms o posta elettronica) – sono indicati i datianagrafici e il codice fiscale del lavoratore. Il committente dovrà indicare inoltre, anche illuogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 30 giornisuccessivi.Si segnala che in questo comma si fa riferimento “a prestazioni occasionali di tipo accessorio”.4) sono confermate, al co. 4, le modalità di corresponsione del compenso e che lo stesso èesente da imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato dellavoratore.5) viene ribadito che all’interno del valore lordo del buono è compresa una quota del 13% cheviene destinata alla contribuzione previdenziale Inps (Gestione separata), del 7% da versareall’Inail per l’assicurazione contro gli infortuni, più una quota di servizio (da definirsi condecreto ministeriale) a favore del concessionario che provvede al pagamento. Vieneconfermata anche la disposizione riguardante la possibilità di rideterminare la quotapercentuale della contribuzione previdenziale attraverso decreto interministeriale. Andranno attentamente valutate le conseguenze di un possibile aumento dell'aliquota

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previdenziale sul valore nominale del singolo buono (che dal 2005 non è stato più aggiornato)che potrebbe comportare decurtazioni nel compenso, visto che non è prevista nessunasalvaguardia. 6) al co.7, viene confermata la disposizione in cui si prevede che il Ministero del lavoro conproprio decreto possa stabilire deroghe su condizioni, modalità e importo dei buoni orariutilizzati da particolari categorie di lavoratori svantaggiati (disabili, detenuti,tossicodipendenti, fruitori di ammortizzatori sociali) nell'ambito di progetti promossi daamministrazioni pubbliche.7) al co. 8 viene confermata la disposizione riguardante l'individuazione dei concessionari delservizio.

ART. 53(Coordinamento informativo a fini previdenziali, abrogazioni e regime transitorio)

1. Al fine di verificare, mediante apposita banca dati informativa, l’andamento delle prestazionidi carattere previdenziale e delle relative entrate contributive, conseguenti allo sviluppo delleattività di lavoro accessorio disciplinate dal presente decreto, anche al fine di formulare proposteper adeguamenti normativi delle disposizioni di contenuto economico di cui all’articolo cheprecede, l’INPS e l’INAIL stipulano apposita convenzione con il Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali.

Osservazioni:l'art. 53 sostituisce l'art. 73 del d.lgs 276/03.è abrogato il co.2:“2. Decorsi diciotto mesi dalla entrata in vigore del presente provvedimento il Ministero del

lavoro e delle politiche sociali predispone, d'intesa con INPS e INAIL, una relazionesull'andamento del lavoro occasionale di tipo accessorio e ne riferisce al Parlamento. “

ART. 54(Abrogazioni)

1. A far data dall’entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli da 70 a 73 deldecreto legislativo n. 276 del 2003.

2. Resta fermo l’utilizzo, secondo la previgente disciplina, e fino al 31 dicembre 2015, deibuoni per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore del presentedecreto.

Osservazioni:Sono abrogati gli artt. 70-73 del d.lgs 276/03.Viene prevista la possibilità di utilizzare, sino al 31 dicembre 2015, i buoni richiesti prima

dell'entrata in vigore del decreto legislativo secondo la previgente disciplina.

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TITOLO IV

DISCIPLINA DELLE MANSIONI

Come recita esplicitamente l'articolo 55 dello schema di decreto legislativo, l'articolo 2103 delcodice civile (come modificato dall'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori nel 1970), verrà sostituitointeramente. Pertanto è utile, data la brevità, avere sott'occhio entrambe le formulazioni complete.

Codice civile, art. 2103

Mansioni del lavoratore

Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quellecorrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioniequivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nelcaso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondenteall'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogoper sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodofissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito dauna unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.Ogni patto contrario è nullo .

ART. 55

(Mutamenti delle mansioni)

1. L’articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:«2103. Prestazione del lavoro. - 1.Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondentiall’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibiliallo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.OsservazioniAi fini della tutela della professionalità del lavoratore (equivalenza professionale), ilriferimento è al livello di inquadramento, nel quale convivono diverse mansioni il cuicontenuto professionale viene considerato assimilabile.

2. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione dellavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramentoinferiore.OsservazioniL'espressione iniziale è del tutto generica e potenzialmente onnicomprensiva. In sostanza illavoratore può essere assegnato a mansioni appartenenti ad un livello inferiore pur

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mantenendo formalmente il livello di inquadramento superiore e il relativo trattamentoeconomico (v. successivo comma 5). Non c'è più alcuna tutela della professionalità dellavoratore.

3. Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligoformativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazionedelle nuove mansioni.Osservazioniappare paradossale e forse un po' beffardo prevedere, in caso di adibizione a mansioniinferiori, un obbligo formativo per lo svolgimento di mansioni a contenuto professionale piùbasso.

4. Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiorepossono essere previste da contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacalicomparativamente più rappresentative sul piano nazionale.Osservazioni:Alla contrattazione collettiva, anche aziendale (v. anche l'articolo 8 della l. n. 148/2011), ilcompito di individuare ulteriori ipotesi di sottoinquadramento dei lavoratori (un livello).

5. Nelle ipotesi di cui al secondo e quarto comma, il lavoratore ha diritto alla conservazione dellivello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementiretributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.OsservazioniVedi comma 2

6. Nelle sedi di cui all’articolo 2113, ultimo comma, o avanti alle commissioni di certificazione dicui all’articolo 76 del decreto legislativo n. 10 settembre 2003, n. 276, possono essere stipulatiaccordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativaretribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione diuna diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.OsservazioniAccordi individuali, stipulati presso le sedi conciliative ex art. 2113 e presso le Commissioni dicertificazione, possono stabilire, oltre al sottoinquadramento di più livelli, anche ladecurtazione del trattamento retributivo del lavoratore. Tutto ciò nel caso in cui sia a rischio ilposto di lavoro oppure nel supposto “interesse” del lavoratore all'acquisizione di una“diversa” professionalità (non a caso inferiore) o al “miglioramento” delle condizioni di vitadel lavoratore. Evidentissima la portata regressiva della norma.

7. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamentocorrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione diviene definitiva, salva diversa volontà dellavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore inservizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazionisindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dopo sei mesicontinuativi.OsservazioniAnzitutto si innalza il periodo legale di svolgimento di mansioni superiori da 3 a 6 mesi; insecondo luogo tale limite legale di 6 mesi deve costituire un periodo “continuativo” (facileprevedere gli accorgimenti datoriali per evitare la continuatività dell'adibizione). Il requisitodella continuatività, tuttavia, può ben essere escluso dalla contrattazione collettiva.

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8. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovateragioni tecniche, organizzative e produttive.

9. Salvo che ricorrano le condizioni di cui al secondo e quarto comma e fermo quanto disposto alsesto comma, ogni patto contrario è nullo».OsservazioniE' evidente che viene del tutto depotenziata la norma del vecchio art. 2103 che prevedeva lanullità di ogni patto contrario.

2. L’articolo 6 della legge 13 maggio 1985, n. 190, è abrogato.In deroga a quanto previsto dal primo comma dell'art. 2103 del codice civile, come

modificato dall'art. 13, L. 20 maggio 1970, n. 300, l'assegnazione del lavoratore alle mansionisuperiori di cui all'articolo 2 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non siaavvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, divienedefinitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi o per quello superiore fissato dai contratticollettivi

OsservazioniLa norma abrogata si riferiva ai quadri intermedi.

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SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 1,COMMI 8 E 9 DELLA LEGGE 10 DICEMBRE 2014, N.183, RECANTE “DELEGHE ALGOVERNO IN MATERIA DI RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI, DEI SERVIZIPER IL LAVORO E DELLE POLITICHE ATTIVE, NONCHÉ IN MATERIA DI RIORDINODELLA DISCIPLINA DEI RAPPORTI DI LAVORO E DELL’ATTIVITÀ ISPETTIVA E DITUTELA E CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI CURA, VITA E DI LAVORO.

Le modifiche al testo della normativa in vigore (d.lgs. 151/2001) proposte nella bozza di decretolegislativo sono inserite nel testo delle disposizioni in corsivo.

Art. 1(Oggetto e finalità)

1. Le disposizioni del presente decreto legislativo, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, dellalegge 10 dicembre 2014, n. 183, recano misure sperimentali volte a tutelare la maternità dellelavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalitàdei lavoratori.

L’art. 1 dello schema di decreto qualifica le disposizioni come “misure sperimentali”. Il riferimentoall’uso del termine “sperimentale” non è sostenuto da nessuna disposizione ulteriore. In terminigenerali occorre ammettere che il contenuto della delega inserita nella legge 183/2014 appare moltolontano. La bozza di decreto è incentrato su meri aggiustamenti tecnici del d.lgs. 151/2001 dimatrice prevalentemente giurisprudenziale, anche se costituzionale. Positiva la parificazione tratrattamento delle madri a quello dei padri esclusi dal lavoro autonomo e libero professionale ingenerale.

Modifiche al congedo di maternità

Art. 2(Modifiche all’articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di divieto diadibire al lavoro le donne)

1. Al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modifiche:a) all’articolo 16, comma 1, la lettera d) è sostituita dalla seguente: “d) durante i giorni non godutiprima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni siaggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi dicui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.”.b) dopo l’articolo 16 è inserito il seguente:“Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità).1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiederela sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) ed), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio e subordinato alla

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produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna conla ripresa dell’attività lavorativa.”.

Art. 16 dlgs 151/2001. Divieto di adibire al lavoro le donne (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art.4, comma 1 e 4)1. E' vietato adibire al lavoro le donne:a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la dataeffettiva del parto;c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20;d) durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipatarispetto a quella presunta. Tali giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto,anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di 5 mesi.

1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giornodall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedodi maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa,con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista delServizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini dellaprevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechipregiudizio alla loro salute.“Art. 16-bis (Rinvio e sospensione del congedo di maternità).1. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto dichiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1,lettere c) e d), e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino.2. Il diritto di cui al comma 1 può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinatoalla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute delladonna con la ripresa dell’attività lavorativa.”.

Art. 3(Modifiche all’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia diprolungamento del diritto alla corresponsione del trattamento economico)

1. All’articolo 24 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 1 è sostituito dalseguente: “1. L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto dilavoro previsti dall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi dicongedo di maternità previsti dagli articoli 16 e 17”.

Art. 24 dlgs 151/2001 Prolungamento del diritto alla corresponsione del trattamentoeconomico(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, comma 3)1. L'indennità di maternità è corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previstidall'articolo 54, comma 3, lettere a), b) e c), che si verifichino durante i periodi di congedo dimaternità previsti dagli articoli 16 e 17. 2. Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di congedo di maternità, sospese,assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento

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dell'indennità giornaliera di maternità purché tra l'inizio della sospensione, dell'assenza o delladisoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi più di sessanta giorni.3. Ai fini del computo dei predetti sessanta giorni, non si tiene conto delle assenze dovute amalattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relativeassicurazioni sociali, né del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figliofruito per una precedente maternità, né del periodo di assenza fruito per accudire minori inaffidamento, né del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro atempo parziale di tipo verticale.4. Qualora il congedo di maternità abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione delrapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio del periodo di congedo stesso, disoccupata e ingodimento dell'indennità di disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera di maternità anzichéall'indennità ordinaria di disoccupazione.5. La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel comma 4, ma che non è in godimentodella indennità di disoccupazione perché nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alledipendenze di terzi non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha dirittoall'indennità giornaliera di maternità, purché al momento dell'inizio del congedo di maternità nonsiano trascorsi più di centottanta giorni dalla data di risoluzione del rapporto e, nell'ultimo biennioche precede il suddetto periodo, risultino a suo favore, nell'assicurazione obbligatoria per leindennità di maternità, ventisei contributi settimanali.6. La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data disospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento deltrattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogodi tale trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai casi di fruizione dell'indennità dimobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.

Art. 4(Modifiche all’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo dimaternità nei casi di adozione e affidamento)1. All’articolo 26 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 6 è inserito ilseguente: “6-bis. La disposizione di cui all’articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo dimaternità disciplinato dal presente articolo.”.

Art. 26 dlgs 151/2001 Adozioni e affidamenti(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 1)1. Il congedo di maternità come regolato dal presente Capo spetta, per un periodo massimo dicinque mesi, anche alle lavoratrici che abbiano adottato un minore. 2. In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesisuccessivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della lavoratrice.3. In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell’ingresso del minore inItalia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gliadempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo,questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia. 4. La lavoratrice che, per il periodo di permanenza all’estero di cui al comma 3, non richieda orichieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza dirittoad indennità. 5. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare la procedura di adozione certifica la duratadel periodo di permanenza all’estero della lavoratrice.

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6. Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesidall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi.“6-bis. La disposizione di cui all’articolo 16-bis trova applicazione anche al congedo di maternità disciplinato dal presente articolo.”

Osservazioni

Le modifiche sono meri aggiustamenti tecnici necessitati dalle diverse modifiche cui gliarticoli sono stati oggetto nel 2011 (d.lgs. 119/2011) e derivanti dalla sentenza della CorteCostituzionale, 4 aprile 2011 n. 116 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dellapresente lettera, nella parte in cui non consente, nell'ipotesi di parto prematuro con ricoverodel neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, che la madre lavoratrice possafruire, a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate dadocumentazione medica, del congedo obbligatorio che le spetta, o di parte di esso, a far tempodalla data d'ingresso del bambino nella casa familiare.

Congedo di paternità

Art. 5(Modifiche all’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo dipaternità)1. All’articolo 28 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti: “1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicanoanche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all’indennità di cui all’articolo 66”.1-ter. L’indennità di cui all’articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domandaall’INPS, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata allalavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in casodi affidamento esclusivo del bambino al padre”;b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cuiai commi 1 e 1-bis presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste.In caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decretodel Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’INPS provvede d’ufficio agliaccertamenti amministrativi necessari all’erogazione dell’indennità di cui al comma 1-ter.”.

Art. 28 dlgs 151/2001 Congedo di paternità (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-bis, commi 1 e2)1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità oper la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità dellamadre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, si applicano anche qualora la madre sia lavoratriceautonoma avente diritto all’indennità di cui all’articolo 66”.1-ter. L’indennità di cui all’articolo 66 spetta al padre lavoratore autonomo, previa domandaall’INPS, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettataalla lavoratrice in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in

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caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.2. Il padre lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui ai commi 1 e 1-bis presenta al datore dilavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padrelavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente dellaRepubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L’INPS provvede d’ufficio agli accertamenti amministrativinecessari all’erogazione dell’indennità di cui al comma 1-ter.”.

Art. 6

(Modifiche all’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedo dipaternità nei casi di adozione e affidamento)1. All’articolo 31 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 2 è sostituito dalseguente: “2. Il congedo di cui all’articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, allavoratore anche qualora la madre non sia lavoratrice. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incaricodi curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero dellavoratore.”.

Art. 31 dlgs 151/2001 Adozioni e affidamenti1. Il congedo di cui all’articolo 26, commi 1, 2 e 3, che non sia stato chiesto dalla lavoratrice spetta,alle medesime condizioni, al lavoratore. 2. Il congedo di cui all’articolo 26, comma 4, spetta, alle medesime condizioni, al lavoratore anchequalora la madre non sia lavoratrice. L’ente autorizzato che ha ricevuto l’incarico di curare laprocedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero del lavoratore.”.

Osservazioni

In materia di congedo di paternità, le modifiche sono originate da una serie di pronunce deigiudici che hanno interpretato la disciplina in vigore estendendone l’applicazione anchequando la madre è lavoratrice autonoma. Da segnalare che non vengono riprodotte neldecreto le regole sperimentali introdotte dalla l. 92/12 relative al congedo obbligatorio efacoltativo del padre.

Congedo parentale

Art. 7(Modifiche all’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedoparentale)1. All’articolo 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) al comma 1 le parole “nei primi suoi otto anni di vita” sono sostituite dalle seguenti: “nei primisuoi dodici anni di vita”;b) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente comma: “1-ter. In caso di mancata regolamentazione,da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione delcongedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quellaoraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornalierodel periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del

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quale ha inizio il congedo parentale. È esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedoparentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo.”;c) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, ilgenitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo lemodalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso noninferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso èpari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.”.

Art. 32 dlgs 151/2001 Congedo parentale (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, comma 4, e7, commi 1, 2 e 3)

1. Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dallavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitorinon possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità di cui al Capo III, per unperiodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato nonsuperiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso di cui al comma 2;c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a diecimesi.

1-bis. La contrattazione collettiva di settore stabilisce le modalità di fruizione del congedo di cui alcomma 1 su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di undeterminato monte ore alla singola giornata lavorativa. Per il personale del comparto sicurezza edifesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico, la disciplina collettiva prevede, altresì, alfine di tenere conto delle peculiari esigenze di funzionalità connesse all'espletamento dei relativiservizi istituzionali, specifiche e diverse modalità di fruizione e di differimento del congedo.

1-ter. In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche dilivello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitorepuò scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentitain misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale omensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Èesclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui alpresente decreto legislativo.

2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo ofrazionato non inferiore a tre mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevatoa undici mesi.3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettivaimpossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratticollettivi, e comunque con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni con l'indicazionedell'inizio e della fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel casocongedo parentale su base oraria.

4. Il congedo parentale spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbiadiritto.4-bis. Durante il periodo di congedo, il lavoratore e il datore di lavoro concordano, ove necessario,adeguate misure di ripresa dell'attività lavorativa, tenendo conto di quanto eventualmente previsto

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dalla contrattazione collettiva.

Art. 8(Modifiche all’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia diprolungamento del congedo parentale)1. All’articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, le parole:“entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino” sono sostituite dalleseguenti: “entro ilcompimento del dodicesimo anno di vita del bambino”;

Art. 33 dlgs 151/2001 Prolungamento del congedo (legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, commi 1e 2; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 20)1. Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1,della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hannodiritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento delcongedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo,comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambinonon sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta daisanitari la presenza del genitore.2. In alternativa al prolungamento del congedo possono essere fruiti i riposi di cui all'articolo 42,comma 1.3. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.4. Il prolungamento di cui al comma 1 decorre dal termine del periodo corrispondente alla duratamassima del congedo parentale spettante al richiedente ai sensi dell'articolo 32.

Art. 9

(Modifiche all’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di trattamentoeconomico e normativo)1. All’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) al comma 1, le parole “fino al terzo anno” sono sostituite dalle seguenti: “fino al sesto anno”;b) il comma 3 è abrogato.

Art. 34 dlgs 151/2001 Trattamento economico e normativo(legge 30 dicembre 1971, n. 1204,articoli 15, commi 2 e 4, e 7, comma 5)1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori è dovutafino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per unperiodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L'indennità è calcolata secondo quantoprevisto all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso.2. Si applica il comma 1 per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33.3. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto aicommi 1 e 2 è dovuta un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il redditoindividuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione acarico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti inmateria di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.

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4. L'indennità è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 22, comma 2.5. I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativialle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.6. Si applica quanto previsto all'articolo 22, commi 4, 6 e 7.

Art. 10(Modifiche all’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di congedoparentale nei casi di adozione e affidamento)1. All’articolo 36 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) al comma 2 le parole ”entro otto anni dall’ingresso del minore in famiglia” sono sostituite dalleseguenti: “entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia”b) il comma 3 è sostituito dal seguente: “3. L'indennità di cui all'articolo 34, comma 1, è dovuta, peril periodo massimo complessivo ivi previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.”.

Art. 36 dlgs 151/2001 Adozioni e affidamenti (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6, comma 2;legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 7; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3, comma 5)1. Il congedo parentale di cui al presente Capo spetta anche nel caso di adozione, nazionale einternazionale, e di affidamento. 2. Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età delminore, entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre ilraggiungimento della maggiore età. 3. L’indennità di cui all’ articolo 34, comma 1, è dovuta, per il periodo massimo complessivo iviprevisto, nei primi sei anni dall’ingresso del minore in famiglia.

Osservazioni

Le modifiche al capo dedicato al congedo parentale si limitano ad aggiustamenti minimalirelativi all’allungamento dell’età del minore (da 8 a 12, un innalzamento non collegato alladirettiva e, forse, nemmeno ad evidenze empiriche specifiche) e ad una opportuna riduzionedel termine di preavviso da 15 a 5 giorni. Abrogata la disposizione che prevedeva il limite direddito per l’indennità del 30% per i periodi di congedo ulteriori da quelli regolati dai commi1 e 2 dell’art. 34 (superamento del sesto anno di vita e oltre il periodo del prolungamento).

Lavoro notturno e dimissioni

Art. 11(Modifiche all’articolo 53 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di lavoronotturno)1. All’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo la lettera b), èinserita la seguente: “b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi treanni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in

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alternativa ed alle stesse condizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con lastessa;”.

Art. 53 dlgs 151/2001Lavoro notturno (legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 5, commi 1 e 2, letterea) e b)1. E' vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato digravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padreconvivente con la stessa;b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di etàinferiore a dodici anni.b-bis) la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso delminore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stessecondizioni, il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.

3. Ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresìobbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico unsoggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

Art. 12(Modifiche all’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia dimissioni)

1. All’articolo 55 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante ilperiodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice hadiritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Lalavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso”;b) il comma 5 è abrogato.

Art. 55 dlgs 151/2001 Dimissioni(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 12; legge 8 marzo 2000, n.53, art. 18, comma 2)1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a normadell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste dadisposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che sidimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso.2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo dipaternità.3. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entroun anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice,durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vitadel bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso diadozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all'articolo 54,comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politichesociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia dellarisoluzione del rapporto di lavoro.5. Nel caso di dimissioni di cui al presente articolo, la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al

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preavviso.

Osservazioni

Il lavoro notturno è oggetto di modifica solo per la parte relativa all’aggiunta al non obbligo allavoro notturno per i genitori affidatari (nei termini allineati alle modifiche contenute nellabozza di decreto), mentre le dimissioni dei genitori perdono il preavviso.

Lavoratori iscritti alla gestione separata e lavoratori autonomi

Art. 13

(Modifiche all’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di lavoratriciiscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335)1 Dopo l’articolo 64 sono inseriti i seguenti:“Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, allelavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altreforme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennità per i cinque mesisuccessivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalità di cuiall’apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.Art. 64-ter (Automaticità delle prestazioni) 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritte alla Gestioneseparata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altreforme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamentoalla Gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.”.

Art. 64 dlgs 151/2001 Lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26,della legge 8 agosto 1995, n. 3351. In materia di tutela della maternità, alle lavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26 della legge 8agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, si applicano le disposizioni di cui alcomma 16 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.2. Ai sensi del comma 12 dell'articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la tutela dellamaternità prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto periodo, dell'articolo 59 della legge27 dicembre 1997, n. 449, avviene nelle forme e con le modalità previste per il lavoro dipendente. Atal fine, si applica il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con ilMinistro dell'economia e delle finanze, del 4 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136del 12 giugno 2002. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto conil Ministro dell'economia e delle finanze, è disciplinata l'applicazione delle disposizioni di cui agliarticoli 7, 17 e 22 nei limiti delle risorse rinvenienti dallo specifico gettito contributivo, dadeterminare con il medesimo decreto.

Art. 64-bis (Adozioni e affidamenti). 1. In caso di adozione, nazionale o internazionale, allelavoratrici di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altreforme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennità per i cinque mesisuccessivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalità di cuiall’apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

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Art. 64-ter (Automaticità delle prestazioni) 1. I lavoratori e le lavoratrici iscritte alla Gestioneseparata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altreforme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamentoalla Gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente.

Art. 14 (Modifica del Capo XI del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151)1. La rubrica del Capo XI è sostituita dalla seguente: “Lavoratori autonomi”.

Art. 15(Modifiche all’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità dimaternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole)1. All’articolo 66 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 1, è inserito ilseguente: “1-bis. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodoin cui sarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o digrave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo delbambino al padre.”.

Art. 66 dlgs 151/2001 Indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole(legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 1)1. Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attivitàcommerciali di cui alle leggi 26 ottobre 1957, n. 1047, 4 luglio 1959, n. 463, e 22 luglio 1966, n.613, alle imprenditrici agricole a titolo principale, nonché alle pescatrici autonome della piccolapesca marittima e delle acque interne, di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, e successivemodificazioni, è corrisposta una indennità giornaliera per il periodo di gravidanza e per quellosuccessivo al parto calcolata ai sensi dell'articolo 68.1-bis. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre lavoratore autonomo, per il periodo in cuisarebbe spettata alla madre lavoratrice autonoma o per la parte residua, in caso di morte o digrave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo delbambino al padre.

Art. 16(Modifiche all’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di modalità dierogazione dell’indennità di maternità per le lavoratrici autonome e le imprenditrici agricole)1. All’articolo 67 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1-bis. L’indennità di cui all’articolo 66, comma 1-bis, èerogata previa domanda all’INPS, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste.In caso di abbandono il padre lavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”;b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità dimaternità di cui all’articolo 66 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondoquanto previsto all’articolo 26.”.

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Art. 67 dlgs 151/2001 Modalità di erogazione (legge 29 dicembre 1987, n. 546, art. 2)1. L'indennità di cui all'articolo 66 viene erogata dall'INPS a seguito di apposita domanda in cartalibera, corredata da un certificato medico rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente perterritorio, attestante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto ovverodell'interruzione della gravidanza spontanea o volontaria ai sensi della legge 22 maggio 1978, n.194.1-bis. L’indennità di cui all’articolo 66, comma 1-bis, è erogata previa domanda all’INPS,corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso di abbandono il padrelavoratore autonomo ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidentedella Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.2. In caso di adozione o di affidamento, l'indennità di maternità di cui all 'articolo 66 spetta, sullabase di idonea documentazione, per tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nellafamiglia a condizione che questo non abbia superato i sei anni di età, secondo quanto previstoall'articolo 26, o i 18 anni di età, secondo quanto previsto all'articolo 27. per i periodi e secondoquanto previsto all’articolo 26.3. L'INPS provvede d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.

OsservazioniDifficile comprendere la tecnica estensiva del campo di applicazione dell’art. 64 ter dedicatoall’opportuna regola dell’automaticità delle prestazioni dato che i soggetti ai quali si applica laregola sono sia i lavoratori che le lavoratrici, salvo poi declinare il verbo solo al femminileladdove si ricorda il diritto all’indennità di maternità in caso di mancato versamento deicontributi previdenziali.Anticipata dalla modifica della rubrica del Capo XI da Lavoratrici autonome in Lavoratoriautonomi, il legislatore estende le indennità in esso regolate ai padri lavoratori autonomi.

Liberi professionisti

Art. 17 (Modifica del Capo XII del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151)1. La rubrica del Capo XII è sostituita dalla seguente: “Liberi professionisti”.. Art. 18(Modifiche all’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità dimaternità per le libere professioniste)All’articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3-bis è aggiunto ilseguente: “3-ter. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo incui sarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o digrave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo delbambino al padre.”.

Art. 70 dlgs 151/2001 Indennità di maternità per le libere professioniste(legge 11 dicembre 1990, n.379, art. 1)

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1. Alle libere professioniste, iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza di cuialla tabella D allegata al presente testo unico, è corrisposta un'indennità di maternità per i due mesiantecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa.2. L'indennità di cui al comma 1 viene corrisposta in misura pari all'80 per cento di cinquedodicesimi del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito dalavoro autonomo dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello dell'evento.3. In ogni caso l'indennità di cui al comma 1 non può essere inferiore a cinque mensilità diretribuzione calcolata nella misura pari all'80 per cento del salario minimo giornaliero stabilitodall'articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica diimpiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma delmedesimo articolo.3-bis. L'indennità di cui al comma 1 non può essere superiore a cinque volte l'importo minimoderivante dall'applicazione del comma 3, ferma restando la potestà di ogni singola cassa di stabilire,con delibera del consiglio di amministrazione, soggetta ad approvazione del Ministero del lavoro edelle politiche sociali, un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità reddituali econtributive della categoria professionale e della compatibilità con gli equilibri finanziari dell'ente.3-ter. L’indennità di cui al comma 1 spetta al padre libero professionista per il periodo in cuisarebbe spettata alla madre libera professionista o per la parte residua, in caso di morte o di graveinfermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambinoal padre.

Art. 19(Modifiche all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di termini emodalità della domanda per l’indennità di maternità per le libere professioniste)1. All’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, dopo il comma 3 è inserito ilseguente: “3-bis. L’indennità di cui all’articolo 70, comma 3-ter è erogata previa domanda alcompetente ente previdenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. Incaso di abbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 deldecreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”.

Art. 71 dlgs 151/2001 Termini e modalità della domanda (legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 2)1. L'indennità di cui all'articolo 70 è corrisposta, indipendentemente dall'effettiva astensionedall'attività, dal competente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberiprofessionisti, a seguito di apposita domanda presentata dall'interessata a partire dal compimentodel sesto mese di gravidanza ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dal parto.2. La domanda, in carta libera, deve essere corredata da certificato medico comprovante la data diinizio della gravidanza e quella presunta del parto, nonché dalla dichiarazione redatta ai sensi deldecreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l'inesistenza del dirittoalle indennità di maternità di cui al Capo III, al Capo X e al Capo XI.3. L'indennità di maternità spetta in misura intera anche nel caso in cui, dopo il compimento delsesto mese di gravidanza, questa sia interrotta per motivi spontanei o volontari, nei casi previstidagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194.3-bis. L’indennità di cui all’articolo 70, comma 3-ter è erogata previa domanda al competente enteprevidenziale, corredata dalla certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In caso diabbandono il padre libero professionista ne rende dichiarazione ai sensi dell’articolo 47 deldecreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.4. I competenti enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi

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professionisti provvedono d'ufficio agli accertamenti amministrativi necessari.

Art. 20(Modifiche all’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in materia di indennità dimaternità per le libere professioniste nei casi di adozione e affidamento)1. All’articolo 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:a) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità dimaternità di cui all’articolo 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i periodi e secondoquanto previsto all’articolo 26.”;b) il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. La domanda deve essere presentata dalla madre alcompetente ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionistientro il termine perentorio di centottanta giorni dall'ingresso del minore e deve essere corredata daidonee dichiarazioni, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,attestanti l'inesistenza del diritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data dieffettivo ingressodel minore nella famiglia.”.

Art. 72 dlgs 151/2001 Adozioni e affidamenti (legge 11 dicembre 1990, n. 379, art. 3)1. In caso di adozione o di affidamento, l’indennità di maternità di cui all’art. 70 spetta, sulla basedi idonea documentazione, per i periodi e secondo quanto previsto dall’art. 26. 2. La domanda deve essere presentata dalla madre al competente ente che gestisce formeobbligatorie di previdenza in favore dei liberi professionisti entro il termine perentorio dicentottanta giorni dall'ingresso del minore e deve essere corredata da idonee dichiarazioni, ai sensidel decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestanti l'inesistenza deldiritto a indennità di maternità per qualsiasi altro titolo e la data di effettivo ingresso del minorenella famiglia.3. Alla domanda di cui al comma 2 va allegata copia autentica del provvedimento di adozione o diaffidamento.

Osservazioni

Anticipate dalla modifica della rubrica del Capo XII, Liberi professionisti sostituisce Libereprofessioniste, il legislatore si allinea alla pronunce della Corte costituzionale del 2005 e del2010 nella specifica materia riconoscendo uno specifico diritto del padre libero professionista.In termini di modello regolativo adottato, si segnala la parificazione completa al trattamentodel congedo di paternità del lavoratore subordinato, mentre la Corte costituzionale avevasegnalato l’opportunità di riconoscere la centralità della scelta dei genitori in ordine alla curadel figlio.

Art. 21(Modifiche all’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 recante disposizioni invigore)1.All’articolo 85 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguentimodifiche:

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a) al comma 1 sono abrogate le lettere m) e z).b) al comma 2, la lettera h) è sostituita dalla seguente: “h) il decreto del Ministro della sanità 10settembre 1998”.

Telelavoro e Congedo per le donne vittime di violenza di genere

Art. 22(Disposizioni in materia di telelavoro)

1. I datori di lavoro privati che facciano ricorso all’istituto del telelavoro per motivi legati adesigenze di cure parentali in forza di accordi collettivi, beneficiano dell’esclusione dei lavoratoriammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi perl'applicazione di particolari normative e istituti.

Art. 23(Congedo per le donne vittime di violenza di genere)

La dipendente di datore di lavoro pubblico o privato imprenditore, inserita nei percorsi diprotezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del Comune diresidenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case rifugio di cui all’articolo 5-bis decreto legge 14agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha il diritto diastenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimodi tre mesi.2. Le collaboratrici a progetto, inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere,debitamente certificati dai servizi sociali del Comune di residenza o dai Centri antiviolenza o dalleCase rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, hanno diritto allasospensione del rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento del percorso diprotezione, per il periodo corrispondente all’astensione, la cui durata non può essere superiore a tremesi.3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al presente articolo, la lavoratrice, salvo casi di oggettivaimpossibilità, è tenuta a preavvisare il datore di lavoro con un termine di preavviso non inferiore asette giorni, con l'indicazione dell'inizio e della fine del periodo di congedo e a produrre idoneacertificazione.4. Durante il periodo di congedo di cui al comma 1 è dovuta l’intera retribuzione. Tale periodo ècomputato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonchè ai fini della maturazione delleferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.5. Il congedo di cui al comma 1 può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporaledi tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali. In caso di mancataregolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, delle modalità di fruizione del congedo,la dipendente può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria èconsentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di pagaquadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio ilcongedo.6. La lavoratrice di cui al comma 1 ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempopieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parzialedeve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempopieno.7. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.

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Osservazioni

Due novità del decreto sono rappresentate dall’esclusione del computo dei lavoratori intelelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali e dal congedo per le donne vittime diviolenza di genere.

Articolo 24 (Destinazione di risorse alle misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata)1. In via sperimentale, per il triennio 2016-2018, una quota pari al 10% del Fondo per ilfinanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello”, di cui alcapitolo 4330 dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,missione 25 “Politiche previdenziali”, programma 25.3 “Previdenza obbligatoria e complementare,assicurazioni sociali”, è destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vitaprivata, secondo i criteri indicati al comma 2.2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono definiti criteri e modalità perl’utilizzo delle risorse di cui al comma 1. Il medesimo decreto definisce ulteriori azioni e modalitàdi intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraversol’adozione di linee guida e modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali.3. All’elaborazione delle linee guida ed al coordinamento delle connesse attività di monitoraggiodegli interventi di cui al comma 2 provvede una cabina di regia di cui fanno parte tre rappresentantidesignati dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato per le politiche dellafamiglia, per le pari opportunità, per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da unrappresentante designato dal Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro del lavoro e dellepolitiche sociali che lo presiede.

Articolo 25(Disposizioni finanziare)

1. Le disposizioni del presente decreto, con esclusione dell’articolo 24, si applicano in viasperimentale per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell’anno 2015medesimo. 2. L’eventuale riconoscimento dei benefici ad anni successivi al 2015 è condizionata alla entrata invigore di decreti legislativi attuativi dei criteri di delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183,che individuino adeguata copertura finanziaria. 3. Agli oneri derivanti dagli articoli da 2 a 23 del presente decreto valutati in 222 milioni di euro perl’anno 2015 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma107, della legge 23 dicembre 2014, n.190.

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