Neurofilosofia del soggetto

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PADOVA, 4-6 Maggio 2011 Palazzo del Bo, Aula Nievo NEUROETICA: LE NEUROSCIENZE INCONTRANO LE ALTRE DISCIPLINE Neurofilosofia del soggetto Michele Di Francesco CRESA, Facoltà di Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele

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di Michele Di Francesco CRESA, Facoltà di Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele Convegno "Le neuroscienze incontrano le altre discipline" Padova, Palazzo del Bo 5 maggio 2011 Il convegno è promosso dall’Università di Padova e dal Dipartimento di Psicologia generale della stessa università, con il sostegno della Fondazione Sigma Tau e della Fondazione Giannino Bassetti.

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PADOVA, 4-6 Maggio 2011Palazzo del Bo, Aula Nievo

NEUROETICA: LE NEUROSCIENZE INCONTRANO LE ALTRE DISCIPLINE

Neurofilosofia del soggettoMichele Di Francesco

CRESA, Facoltà di Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele

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Espiazione…

Piegò un dito e tornò a distenderlo. Il mistero era sigillato nell’attimo prima del movimento, l’istante che separava la quiete dal moto, quando l’intenzione raggiungeva il suo effetto. Era come il frangesi di un’onda. Se fosse riuscita a tenersi sulla cresta, pensava, non era escluso che avrebbe scoperto il proprio segreto, quella parte di sé responsabile del fenomeno. Si portò l’indice vicino alla faccia e prese a fissarlo, ordinandogli di muoversi. Il dito restava fermo, perché lei stava solo fingendo, non faceva sul serio, e perché, volerlo muovere o essere sul punto di muoverlo non era la stessa cosa che muoverlo per davvero. E quando alla fine lo piegò, il gesto parve partire dal dito stesso, non da un punto ignoto della sua mente. Quando sapeva di doversi muovere? Quand’era che lei lo muoveva? Era impossibile cogliersi di sorpresa. Esistevano soltanto il prima e il dopo. […]

• (Ian McEwan, Espiazione)

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Premessa: la decostruzione del soggetto e il problema

della libertà umana• Vorrei parlare dell’io. E di quel che ne resta alla

luce delle scienze della mente contemporanee. Dato che siamo nella cornice di un incontro sulla neuroretica vorrei parlarne affrontando la domanda: «Siamo liberi di scegliere?», dal punto di vista delle neuroscienze cognitive o meglio della loro lettura neurofilosofica.

• Non mi occupo del problema metafisico della libertà del volere, che è con noi da quando esiste la filosofia.

• Le critiche all’idea di libertà del volere, di autonomia e di responsabilità umana che sorgono a partire dalle neuroscienze cognitive si collocano nel contesto di un processo di decostruzione dell’io.

• La parte centrale della mia relazione sarà quindi dedicata a descrivere questo processo di decostruzione.

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La neurocultura, l’io e il problema della libertà del

soggetto• In particolare affronterò il problema della libertà del soggetto umano così come esso si presenta (a) nella neuroscienze e (b) nella neurocultura.

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Introduzione: La neurocultura, l’io e il problema della

libertà.• Giovanni Frazzetto and Suzanne Anker, Neuroculture. “Nature Neuroscience”, V. 10, Nov. 2009, pp. 815 -821:

• Le neuroscienze promettono di svelare le fondamenta della nostra individualità, individuando le basi neurali di:– Emozioni– Coscienza– Decisioni– Interazioni socio-psicologiche

• Scoperte citate:• Neuroni specchio• Correlati neurali delle scelte morali• ‘Le molecole’ che consolidano o cancellano i

ricordi.

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Introduzione: La neurocultura, l’io e il problema della

libertà.• Per quanto riguarda il tema di questo incontro la sfida alla nostra visione ordinaria di noi stessi come soggetti di decisione e azione si accompagna a un modello esplicativo secondo cui le neuroscienze ci mostrano in che modo il cervello decide e sceglie, indipendentemente da quanto appaia all’io cosciente.

• L’io è quindi in primo piano.

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Che cosa è l’io? Esiste l’io?

Una soluzione drasticaI doubt seriously that there is any such problem. Not because the self is unproblematic, or because there are unproblematically no such things as selves. My trouble is that a problem has to be about something: even if there are no selves, there must at least be some problematic idea or concept of a self, if there is to be a problem of the self. As far as I can see there is no such idea. What is a self? For every answer to this question, there is another answer not only incompatible with it, but wholly unrelated. […] But no concept could be so problematic that no one could agree about anything to do with it. For lack of a subject matter, there is no problem of the self.

(Eric T. Olson, There is no problem of the self, Journal of Consciousness Studies 5: 645-57, 1998)

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Che cosa è l’io? Esiste l’io?

Una definizione provvisoria (Galen Strawson)I propose that the mental self is ordinarily conceived

or experienced as: (1) a thing, in some robust sense(2) a mental thing, in some sense(3, 4) a single thing that is single both synchronically

considered and diachronically considered (5) ontically distinct from all other things(6) a subject of experience, a conscious feeler and

thinker(7) an agent, (8) a thing that has a certain character or personality.

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Presentazione del problema. La versione classica

[…] io trovo che il pensiero è un attributo che mi appartiene: esso solo non può essere distaccato da me. […] Io non sono, dunque, per parlar con precisione, se non una cosa che pensa, e cioè uno spirito [una mente], un intelletto o una ragione, i quali sono termini che mi erano per lo innanzi ignoti […]. Ma che cosa sono dunque io? Una cosa che pensa. E che cosa è una cosa che pensa? Una cosa che dubita, che concepisce, che afferma e che nega, che vuole, che non vuole, che immagina, anche e che sente. (Cartesio, 1641, pp.80-81)

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Presentazione del problema. La versione classica

Noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità in un continuo flusso e movimento. […] La mente è una specie di teatro, dove le diverse rappresentazioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni. Né c’è, propriamente, in essa nessuna semplicità in un dato tempo, né identità in tempi differenti […]. (Hume, Trattato, I, iv, 6, pp. 264-5)

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Presentazione del problema. La versione classica

Si vede da tutto ciò, che la psicologia razionale deve la sua origine a un semplice equivoco. L’unità della coscienza, che sta alla base delle categorie, viene presa qui per intuizione del soggetto (inteso come oggetto) e a questa unità viene applicata la categoria di sostanza. L’unità della coscienza, peraltro, è soltanto l’unità del pensiero: mediante questa sola non viene dato alcun oggetto […]. (Kant, Critica della ragion pura,1781-87, B 275, pp. 432-433)

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Oggi

Da: abbiamo esperienza introspettiva di un Io?

A: l’Io è compatibile con la scienza della mente?

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Oggi

• Tra i risultati della ricerca che sono interpretati come evidenze in favore delle teorie che decostruiscono la nozione filosoficamente classica di soggetto alcuni sono di carattere generale, come la natura modulare e distribuita del pensiero e la presenza di una molteplicità di meccanismi automatici che governano l’azione senza alcun contributo del pensiero cosciente e lo precedono.

• Altri sono più specifici: le sindromi dissociative dell’identità: le varie sindromi neuropsicologiche che mettono in discussione l’unità della coscienza; fenomeni come il blindsight, il neglect, l’anosognosia; gli “split brains”.

• Altri studi concernono gli stati alterati di coscienza o i rapporti tra tra consapevolezza, sonno, anestesia, coma.

• Questi risultati rappresentano una sfida al senso comune e all’idea ordinaria del soggetto come centro autonomo di decisione.

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Menti senza sé.

La coscienza è ridimensionata

Siamo un’assemblea di zombies?

L’io come centro di gravità narrativo (Dennett)

Chi decide? Io o il mio cervello? (Libet)

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Menti senza sé.

• Nel nostro cervello c’è un’aggregazione un po’ abborracciata di circuiti cerebrali specializzati, che, grazie a svariate abitudini inculcate in parte dalla cultura e in parte dall’auto-esplorazione individuale, cospirano assieme al fine di produrre una macchina virtuale più o meno ordinata, più o meno efficiente, più o meno ben progettata: la macchina joyciana. […] Questa macchina virtuale, questo software del cervello […] crea un comandante virtuale dell’equipaggio. (Dennett, 1991, p. 228).

• In favore di questa idea– Libet e la libertà del volere– Blindsight– Split Brain

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Strani soggetti

• Blindisight - Visione cieca

Ma anche (a vario titolo…):

• Neglect - Eminegligenza spaziale

• Anosognosia

• Automatismi epilettici

• Disturbi dissociativi dell’identità

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Split Brains

Roger Sperry & Michael Gazzaniga• L’interprete, il pollo e la pala…: «la zampa di pollo va con il pollo e c’è bisogno di una pala per pulire il pollaio»

• La mente [l’io] è l’ultima a sapere?

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Confabulazioni e autoinganni

• La forza dell’idea freudiana va cercata nell’ipotesi … che ogni persona abbia un interesse (tacito e taciuto, e anzi negato) a dare di sé, dei prorpi pensieri e delle proprie azioni, descrizioni e spiegazioni di comodo e potenzialmente non veritiere.

• In altre parole il tema più cruciale dell’inconscio freudiano potrebbe riguardare … la presenza di una difensività (auto)apologetica, e, più che chesto, di una sistematica tendenza all’autoinganno all’interno dei processi ordinari di pensiero.

• Giovanni Jervis, Il mito dell’interiorità, p. 12.

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Cosa resta dell’io che decide?

• Ricapitolando:• Lo studio scientifico della coscienza ha contribuito a una conoscenza molto migliore delle basi della nostra soggettività.

• E ha portato soprattutto a ridimensionare il ruolo tradizionale attribuito alla deliberazione cosciente.– Siamo un’assemblea di zombies?– Centri di gravità narrativi (Dennett)– Chi decide? Io o il mio cervello? (Libet)– La mente è l’ultima a sapere (Gazzaniga)– Confabulazioni e autoinganni

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Però …

• Una serie di dubbi scientifici:• Metodo: Le decisioni di laboratorio sono un buon

esempio di Free Will?• Oggetto: La dimensione relazionale della

(auto)coscienza umana può richiedere di andare oltre il dato interno neurobiologico (modelli dinamicisti; cognizione incorporata e situata; modello della mente estesa).

• In generale possiamo chiederci se la descrizione dei fenomeni coscienti da cui l’io emerge potrà essere ottenuta con riferimento ai soli fenomeni neurobiologici o richieda un approccio più ampio, che facia ricorso a concetti ulteriori, atti ad esprimere il rapporto tra la mente/cervello e il mondo fisico e sociale in cui tale mente/cervello è immersa.

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Però …

• Dubbi filosofici:

• L’io può essere visto (in terza persona) come un insieme di processi messi in atto dall’organismo – per una molteplicità di scopi legati alla buona navigazione nel mondo fisico e sociale. [Io ho un IO]

• L’io è anche l’entità che ha accesso fenomenologico a tali processi –  [Io sono un IO]

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Brainhood vs. Personhood?

• A seconda del peso che attribuiamo al secondo senso di io muterà la nostra risposta alla domanda:

• Io ho un cervello o sono un cervello?• (Fernando Vidal (2009): Brainhood. Anthropological figure of modernity, History of the Human Sciences, 22, n. 1, pp. 5-35.)

• Non propongo per motivi di tempo una discussione teoretica. Me la caverò completando la citazione con cui ho iniziato questa presentazione.

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Tornando a Espiazione…• Piegò un dito e tornò a distenderlo. Il mistero era sigillato

nell’attimo prima del movimento, l’istante che separava la quiete dal moto, quando l’intenzione raggiungeva il suo effetto. Era come il frangesi di un’onda. Se fosse riuscita a tenersi sulla cresta, pensava, non era escluso che avrebbe scoperto il proprio segreto, quella parte di sé responsabile del fenomeno. Si portò l’indice vicino alla faccia e prese a fissarlo, ordinandogli di muoversi. Il dito restava fermo, perché lei stava solo fingendo, non faceva sul serio, e perché, volerlo muovere o essere sul punto di muoverlo non era la stessa cosa che muoverlo per davvero. E quando alla fine lo piegò, il gesto parve partire dal dito stesso, non da un punto ignoto della sua mente. Quando sapeva di doversi muovere? Quand’era che lei lo muoveva? Era impossibile cogliersi di sorpresa. Esistevano soltanto il prima e il dopo. Non c’erano segni di cuciture, linee di giunzione, eppure sapeva che al di là del tessuto liscio che la foderava si trovava la vera se stessa – la sua anima forse? – alla quale spettava la decisione di smettere di fingere, per dare l’ordine definitivo.

• (Ian McEwan, Espiazione)

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Il soggetto tenaceQual è la natura, e come trovare “la vera se stessa” – la

nostra anima?Io propongo un modello pluralista:

«Tu sei le tue sinapsi […] Il tuo Sé, l’essenza di quello che sei, rispecchia i pattern di interconnettività tra i neuroni nel tuo cervello.»Josep LeDoux

«L’uomo è, nel senso più letterale … non soltanto un animale sociale, ma un animale che soltanto nella società può isolarsi.»Karl Marx

«Ciascuno è dato a se stesso in un modo particolare e originario nel quale non è dato a nessun altro.»Gottlob Frege

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Il soggetto tenace

Il terzo punto di vista è quello che non si lascia decostruire.

Conciliare lo studio scientifico della mente con il fatto ‘cartesiano’ dell’esistenza di un soggetto autocosciente che ha accesso ai propri stati mentali in modo privilegiato è uno dei temi più complicati a discussi della filosofia della mente e non mi ci soffermerò ora.

Discuterne significa affrontare questioni come le seguenti

la possibilità (o la necessità) di una ontologia soggettiva (Searle)

scontrarsi con la paradossale tesi secondo la quale una descrizione completa del mondo non conterrà il fatto che io sono MDF (T. Nagel)

difendere l’irriducibilità del punto di vista personale – senza cadere in esiti anti-naturalistici e senza de-materializzare il soggetto (G. Evans)

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Con il cerino in mano…La difficoltà di conciliare analisi scientifiche e tenacia

dell’io ci lascia così con il cerino in mano:«A questo punto siamo rimasti con il fiammifero acceso in

mano. Tutto quello di cui siamo in grado di parlare si è esaurito ed è stato fatto ricadere in un modo o nell’altro nel mondo delle cose, delle cose separabili intendo. Resto io con le mie sensazioni e la mia presa diretta con me stesso.»

Quindi?«Quindi? Quindi è inutile invocare l’ineffabilità della mia

sensazione personale e la sua incomunicabilità per giungere a escludere la possibilità di uno studio scientifico della coscienza [e dell’io], se non della mente. Io non centro, Sono un’altra cosa. Concentriamoci sui vari sé, che è già un bel lavoro, e lasciamo in pace l’io.»

(Edoardo Boncinelli, Mi ritorno in mente, Longanesi, 2010, p. 240 e p. 241)

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Con il cerino in mano…

Per un filosofo l’esortazione a lasciare in pace l’io è molto difficile da seguire.

Ma certamente può concordare sul fascino e l’importanza delle scienze della mente nel mettere in luce i nostri molteplici sé.

GRAZIE PER L’ATTENZIONE

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