Le Relazioni Industriali a Livello Territoriale

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Paper sulle relazioni industriali a livello territoriale.

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  • Le Relazioni Industriali a

    livello territoriale

    Sabata Mantuano

    Francesca Morgera

  • INDICE

    Un approccio multilivello alle R.I.

    Il modello multi-livello in Italia

    Il Protocollo del 23 luglio 1993

    Il livello locale/territoriale

    Le R.I. territoriali

    Gli attori, i campi, le forme, le modalit di interazione

    Gli obiettivi

    Alcuni esempi di accordi/patti territoriali

    Risultati

    Conclusioni

    Bibliografia

  • Un approccio multilivello alle RI

    Aumento dellimportanza degli attori operanti a diversi

    livelli esternamente e internamente allo spazio nazionale.

    Allinterno degli spazi nazionali, spesso emerge e si

    diffonde un nuovo livello intermedio di RI in cui cercare di

    affrontare temi e problemi che non si riescono a risolvere

    ai livelli tradizionali, nazionale e aziendale.

    Nuove prassi di interazione e di intervento istituzionale

    nella regolazione delle relazioni di lavoro a livello

    locale/territoriale, che aprono nuove prospettive sulle

    relazioni industriali e sul ruolo delle istituzioni intermedie.

  • Il modello multi-livello in Italia

    Fino agli anni '80 vige un modello di R.I.

    gerarchicamente ordinato tra il livello centrale ed il

    livello aziendale.

    Dagli anni '90 gli ambiti sub-nazionale e sovra-

    nazionale assumono maggiore importanza e si

    sviluppa un modello multi-livello di R.I.

    In Italia si sottoscrive il Protocollo del 23 luglio

    1993, Accordo Tripartito esempio di Patto sociale

    nazionale degli anni 90

  • Il livello locale/territoriale

    Con livello locale qui non si fa riferimento ad un particolare ambito geografico-amministrativo, ma allambito decentrato specifico (da definire di volta in volta) entro cui affrontare un determinato problema, in genere in modo concertato.

    Tale livello locale pu riferirsi ad un ambito regionale, sub-regionale o municipale, a una zona o a un distretto o ad un'azienda nel suo territorio.

    Ci che caratteristico il radicamento in contesti di dimensione socio-territoriale limitata, che facilitano relazioni di prossimit tali da permettere:

    una pi densa interazione diretta tra gli attori,

    una circolazione pi rapida delle informazioni,

  • Il livello locale/territoriale

    una pi facile mobilitazione delle risorse,

    una individuazione pi appropriata delle soluzioni a problemi complessi di quanto non sia possibile dal centro.

    Sono interventi e sperimentazioni dal basso, dinamiche cooperative e azioni concertate tra pi attori a livello locale.

    La variet delle finalit specifiche che vengono perseguite ampia, ma si pu ricondurre a due macro obiettivi fondamentali: sostegno diretto o indiretto alleconomia locale e alloccupazione e promozione della coesione sociale e del consenso.

  • Le R.I. territoriali

    Le R.I. territoriali fanno riferimento allambito intermedio tra il centro (ambito nazionale) e la periferia (ambito regionale, locale o dazienda), soprattutto per ci che concerne la gestione di processi economici e sociali rilevanti.

    Il campo delle R.I. territoriali, proprio perch collocato in posizione intermedia tra i livelli tradizionali, nazionale e periferico, offre spazi utili allo sviluppo di iniziative volte a ridurre le tensioni sociali, a selezionare e aggregare le domande, a predisporre beni collettivi richiesti dalle economie locali.

    Si tratta di unarea dinterazione tra attori economici e istituzioni che generalmente si sviluppata attorno a tematiche diverse dal processo centrale della contrattazione collettiva: quelle riguardanti prezzo del lavoro e sue condizioni di utilizzo.

  • Le R.I. territoriali

    Nelle R.I. territoriali il ruolo che riveste lattore pubblico assume una valenza particolare anche quando linterazione ha luogo principalmente tra le parti sociali.

    Questo indica che le esperienze tenderanno a variare in base alle caratteristiche istituzionali locali, non solo in riferimento alla dotazione delle risorse, ma soprattutto per quanto riguarda il grado di autonomia nelle possibilit dintervento delle istituzioni territoriali, nel proprio stile amministrativo, nella propensione a dar spazio allinterazione con le organizzazioni degli interessi.

    Tradizionalmente i sistemi di contrattazione collettiva si sono strutturati sulla dicotomia nazionale/aziendale che stata quella pi utilizzata per larticolazione degli interventi delle istituzioni pubbliche. A livello territoriale si sono andate delineando interazioni che variano in base agli attori, ai campi di azione ed alle forme di concertazione.

  • Gli attori

    Gli attori possono essere pochi o molti, a seconda della realt locale e possono comprendere diverse categorie di soggetti, individuali o collettivi:

    amministrazioni locali a vari livelli

    agenzie e istituzioni pubbliche (nei campi del collocamento, della formazione e dell'educazione, dello sviluppo locale)

    associazioni degli imprenditori

    coalizioni tra imprese

    camere di commercio

    singoli imprenditori

    agenzie private e del terzo settore

    organizzazioni sindacali tradizionali

    consigli di azienda e altre forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro

    organizzazioni dei lavoratori non-standard

    associazioni religiose

    Le coalizioni ampie di attori locali possono essere partnership sociali multipartite di tipo tradizionale (classiche coalizioni di tipo bi o tripartito tra governi e parti sociali) o di tipo nuovo (che includono anche i nuovi partner quali reti tra singoli imprenditori, agenzie di fornitura di lavoro temporaneo, svariati attori che agiscono sul mercato).

  • Gli attori: il caso della negoziazione

    sociale

    Accordi, per parti coinvolte nella contrattazione sociale

    (V.a. e Percentuale, dati 2011)

    Amministrazioni comunali 647 90,9%

    Firma unitaria Spi-Fnp-Uilp 569 79,9%

    Anche o esclusivamente 3 confederazioni

    nazionali 370 52,0%

    Distretti, consorzi e ambiti sociali e socio

    assistenziali 38 5,3%

    Terzo settore 17 2,4%

    Rappresentanze lavoratori autonomi,

    dell'industria e della cooperazione 16 2,4%

    Fonte: Osservatorio sulla Contrattazione Sociale Cgil Spi (2011)

  • Numerosit degli attori nella

    negoziazione sociale del welfare

    Accordi, Piattaforme e Verbali, per classi di parti coinvolte nella

    contrattazione sociale (Percentuale, dati 2011)

    Accordi Piattaforme Verbali

    1 firmatario 29,2%

    2 firmatari 49,3% 37,5% 30,2%

    3 firmatari 29,5% 8,3% 47,3%

    4 firmatari 18,5% 12,5% 20,7%

    Oltre 4 firmatari 2,7% 12,5% 1,8%

    100,0% 100,0% 100,0%

    Fonte: Osservatorio sulla Contrattazione Sociale Cgil Spi (2011)

  • I campi di interazione possibili

    Svariati sono i campi interessati dallinterazione tra gli attori:

    istruzione

    formazione professionale iniziale e continua

    sviluppo delle risorse umane

    formazione imprenditoriale

    servizi alle imprese (specie di piccola dimensione)

    trasferimento tecnologico

    diffusione di nuove strategie organizzative

    salute e sicurezza sul lavoro

    risanamento ambientale ed ecologico

    sviluppo territoriale e delle infrastrutture

    riconversione industriale

    governo del mercato del lavoro

    programmi per le pari opportunit

    politiche occupazionali per i giovani, per i lavoratori stranieri, per gli svantaggiati

    attivit di mediazione e composizione del conflitto industriale

    Welfare territoriale

  • Le forme di interazione

    Forme di concertazione possono essere di tipo:

    multilaterale (patti regionali/territoriali)

    accordi/contratti bilaterali tra istituzioni locali e agenzie che forniscono servizi (fornitura di

    lavoro temporaneo, servizi per loccupazione, per lo sviluppo, formazione, servizi per le

    imprese)

    accordi bilaterali tra istituzioni pubbliche e imprese, tra aziende o tra imprenditori

    accordi collettivi a livello territoriale, locale

    forme di auto-organizzazione di lavoratori

    accordi collettivi firmati da organizzazioni che rappresentano i lavoratori non-standard

    accordi formali/informali in azienda.

    Forme differenti in base al numero ed alle caratteristiche degli attori, alla loro rappresentativit

    e visibilit, alle logiche pi o meno orientate al mercato, alla tipologia e al numero dei destinatari

    degli accordi, alla diversit dei comportamenti degli attori e dell'interazione tra essi.

    Sono il risultato di uno spazio intermedio nuovo, adatto alla sperimentazione e allo sviluppo

    cooperativo di soluzioni innovative, in cui gli attori, spesso con risorse limitate e difficili da

    utilizzare, si muovono in autonomia rispetto al centro, incentivati dalla ricerca del consenso

    sociale e del sostegno degli interessi organizzati locali.

  • Le forme di interazione

    Tipologia degli accordi

    anno 2009 2010 2011

    n. % n. % n. %

    Accordi, intese,

    protocolli,

    verbali di intesa

    82 67,8% 365 83,1% 735 77,0%

    Piattaforme

    negoziali

    39 32,2% 30 6,8% 37 3,9%

    Resoconti verbali

    incontri

    44 10,1% 183 19,2%

    Totale 121 100% 439 100% 955 100%

    Fonte: Osservatorio sulla Contrattazione Sociale Cgil Spi (2009, 2010, 2011)

  • Le modalit di interazione

    Le modalit che queste iniziative/interazioni possono assumere sono:

    Le pressioni pluralistiche delle parti sociali sui governi e sulle istituzioni locali

    Le coalizioni tra le parti sociali quali intese, patti o spazi stabili in cui armonizzare le posizioni per esercitare pressioni concordate sulle istituzioni regionali

    I contatti e le intese di tipo triangolare entro particolari processi di policy-making

    Incorporazione, pi o meno stabile, di rappresentanti degli interessi allinterno di commissioni miste o comitati tripartiti, costituiti presso lamministrazione per lattuazione di politiche pubbliche a livello regionale con funzioni di proposta o consulenza

    Promozione di iniziative e istituzioni congiunte privato - pubbliche (agenzie e fondazioni) per lo sviluppo di particolari programmi, o di sostegno pubblico a iniziative private

    Iniziativa diretta dellattore pubblico nella sfera delle relazioni di lavoro, mediante la mediazione dei conflitti che non hanno trovato soluzione nellautonomia collettiva, o la regolazione di comportamenti degli attori delle relazioni industriali (es. legislazione regionale in materia economica e sociale)

    Erogazione di risorse (incentivi) da parte dellattore pubblico per indirizzare i comportamenti degli attori delle relazioni industriali (es. Fondi europei)

  • Gli obiettivi perseguiti

    Far fronte ai limiti ed al fallimento delle forme centralizzate di regolamentazione.

    Rispondere a specifiche esigenze territoriali in tempi brevi e con proposte mirate al fine di ottenere vantaggi competitivi e produttivi.

    Poter modulare le soluzioni in base alle caratteristiche dei contesti locali, mobilitando le iniziative dal basso verso l'alto, anche attraverso l'istituzionalizzazione ed il consolidamento delle partnership.

    Poter snellire e velocizzare i processi decisionali attraverso la forma di 'one-spot': i partner affrontano uno o solo alcuni problemi e quando hanno individuato una soluzione interrompono la loro collaborazione per riprenderla quando un'altra questione si pone.

    In generale:

    Fornire un sostegno, diretto o indiretto, a economia locale e occupazione.

    Promuovere coesione sociale e consenso.

  • Alcuni esempi

    L'Associazione Lecco Lavoro (1990)

    Gli attori locali (comuni, sindacati, associazioni datoriali) si uniscono per fondare un'agenzia pubblico-privata, Lecco Lavoro, che svolga politiche attive del lavoro in un'area di antica industrializzazione a rischio di deindustrializzazione e conseguente disoccupazione.

    Nel 1999 di giunge ad un accordo finalizzato a migliorare la cooperazione tra piccole e medie aziende locali e scuole superiori.

    Il Protocollo di intesa a Prato (1997)

    Accordo territoriale fra sindacati e l'associazione industriale per il contenimento degli straordinari nel distretto tessile pratese.

    Le parti si propongono di scambiare lavoro straordinario con flessibilit.

    Attori diretti sono le parti sociali a livello territoriale. L'iniziativa si rivolge alle parti in azienda (management e sindacati) perch raccolgano il modello e ne facciano oggetto di contrattazione aziendale.

  • Alcuni esempi

    Il Patto territoriale del Veneto orientale (1997)

    La Conferenza dei sindaci del Veneto orientale e gli attori locali reagiscono ai rischi di crisi ricercando, attraverso il confronto, un progetto per lo sviluppo locale svincolato dalla principale attivit del turismo balneare.

    Obiettivo: realizzare infrastrutture per promuovere lo sviluppo locale attraverso la piccola e media impresa manifatturiera.

    Per evitare la dispersione territoriale, concentrare i nuovi insediamenti in cinque zone collegate ai principali assi di comunicazione e con adeguati servizi alle imprese.

    Oltre alle infrastrutture per la produzione, si prevedono infrastrutture sociali e regolative, stabilite con il Patto per la solidariet sociale del 2000 e il Patto del lavoro del 1998

    Si favorisce l'accesso delle donne alleviandole nel lavoro di cura (associazioni di volontariato per anziani, costruzioni di asili nido per bambini) e dei lavoratori non comunitari (mutui agevolati ad imprese, che acquistano abitazioni uso foresteria per il personale, e ai lavoratori non comunitari, ricongiungimento familiare per radicamento, controllo degli affitti speculativi che determinano situazioni abitative malsane).

    I Comuni aderenti al patto conferiscono i propri servizi sociali a societ consortili nel 2003 per razionalizzare ed estendere i servizi.

    Il sindacato, nel Patto del lavoro del 1998, accetta lavori a tempo determinato nella prospettiva di stabilizzare le attivit produttive e l'occupazione. Per ogni progetto esame congiunto preventivo tra direzione, associazione datoriale e sindacati con diritto a intervento attivo.

  • Alcuni esempi europei

    Groupement d'employeurs del Sud-Grsivaudan (Francia 2000)

    Associazione di imprenditori dell'area plastica e metalmeccanica costituita per sviluppare programmi di formazione per i suoi membri al fine di promuovere l'industria locale. Obiettivo: condividere competenze professionali individualmente non sostenibili.

    Il Patto per l'occupazione del Valls Occidentale - Il Centro di Giardinaggio L'Heura (Spagna 1997)

    Coniuga due linee di azione previste dal Patto, il Programma contro l'esclusione sociale e l'iniziativa Nio Valls per lo sviluppo di nuove opportunit occupazionali nel settore del tempo libro in zone rurali.

    La prima linea interessa L'Heura, organizzazione non-profit impegnata nell'inserimento nel mondo del lavoro di persone con handicap mentali, la seconda gli imprenditori locali.

  • Alcuni esempi europei

    La Joint Venture Partnership nelle West Midlands (Gran Bretagna 1998)

    Programma per attuare a livello locale politiche attive del lavoro varate dal governo centrale. Combina formazione professionale e inserimento occupazionale attraverso una JVP con partner individuati in base al ruolo svolto nei confronti dei giovani disoccupati dell'area. Formatori, autorit locali, servizi locali per l'impiego, consulenti e addetti all'orientamento professionale e organizzazioni di volontariato.

    Baden-Wrttemberg (Germania)

    Joint venture tra autorit locali e un'agenzia privata per l'impiego per il reinserimento di disoccupati di lungo periodo.

    Rhne-Alpes (Francia)

    Accordi territoriali tra associazioni ed imprenditori per intervenire su realt locali riguardanti lavoratori marginali (a domicilio, stagionali) o il lavoro straordinario.

    Il caso catalano (Spagna)

    Accordi bilaterali tra autorit locali e imprese in cui non esiste ancora una rappresentanza del lavoro.

  • Risultati

    Posizioni contrastanti sul piano della valutazione dei risultati.

    Da una parte, inconcludenza delle esperienze: progetti articolati e complessi, dai risultati esigui e sproporzionati rispetto agli investimenti, a volte contenitori vuoti per poter accedere a risorse messe a disposizione.

    Dall'altra, soddisfazione per il raggiungimento di uno spazio strutturato di interazioni, dotato di risorse estere (finanziarie e di servizi) e interne (disponibilit a cooperare), dalla dimensione ampia ed eterogenea non precisata a priori dove il significato e la valutazione dei risultati sono da ricondurre alla potenzialit che esso apre ed alle iniziative che ne derivano ovvero che non si sarebbero avute o si sarebbero avute con difficolt in sua assenza.

    In entrambi i casi la governance locale non pu sostituire le tradizionali funzioni di governo e la politica, ma affiancarle/integrarle.

  • Conclusioni

    Le R.I. territoriali facilitano relazioni di prossimit che permettono una interazione pi diretta tra gli attori, una circolazione pi rapida delle informazioni, una pi facile mobilitazione delle risorse, un'individuazione pi appropriata delle soluzioni a problemi complessi di quanto non sia possibile dal centro, ci grazie alla specifica conoscenza del territorio.

    Sono uno spazio intermedio nuovo, adatto alla sperimentazione e allo sviluppo cooperativo di soluzioni innovative che sfruttano i collegamenti orizzontali pi che quelli verticali.

    I problemi sono risolti in modo consensuale, con lo scopo, in generale, di ottenere vantaggi competitivi e produttivi, ma anche di mantenere/ottenere il consenso sociale ed il sostegno locale degli interessi organizzati.

    I principali limiti sono la frammentariet, l'episodicit, la limitata istituzionalizzazione degli interventi e lo scarso successo delle misure di tipo regolativo, ossia di quelle volte a incanalare/istituzionalizzare i comportamenti degli attori.

    Attori che, agendo secondo la logica della volontariet, possono considerare di chiamarsi fuori alloccorrenza, soprattutto se pensano di ottenere di pi in altro modo, o di ottenere comunque, anche senza pagare i costi legati alla partecipazione.

  • Conclusioni

    La logica dellazione tende a presentarsi come multiforme, occasionale e reattiva.

    La numerosit di iniziative e di esperimenti a livello territoriale pu talvolta influenzare decisioni e programmi di portata pi generale, quali gli accordi collettivi locali, che possono diventare la base di intese o revisioni delle norme a livello nazionale con risultati visibili nel lungo periodo.

    Le R.I. a livello territoriale rappresentano unarea dinterazione tra attori economici ed istituzioni che, con poche eccezioni, si sviluppa attorno a tematiche diverse da quelle del prezzo del lavoro e delle sue condizioni di utilizzo; ne consegue che in tali relazioni centrale il ruolo dellattore pubblico, chiamato in causa pi o meno apertamente.

    Lattore pubblico di livello intermedio assume un aspetto rilevante principalmente per sostenere leconomia e promuovere lordine e il consenso sociale. I suoi interventi sono soprattutto di tipo distributivo/erogatorio e indiretto, pi che di tipo direttamente regolativo.

  • Conclusioni

    Emerge un vasto insieme di misure e programmi, che per la loro natura, oltre che per il carattere eterogeneo, si rivelano di difficile coordinamento.

    I contesti locali possono essere il luogo di chiusura e di implosione dei rapporti sociali, di resistenza al cambiamento.

    La conseguenza del mancato coordinamento e della eterogeneit di misure e programmi fa pensare che la tendenza sar la segmentazione delle politiche, la suddivisione delle soluzioni in sottoprogrammi relativamente autonomi, la autolimitazione degli obiettivi (accantonando quelli che mettono eccessivamente sotto tensione gli equilibri consolidati tra gli attori, o la distribuzione esistente delle risorse).

    Determinante, oltre alla volontariet ed alla cooperazione, la misura in cui gli attori sono disposti a sostenere i costi che le R.I. a livello territoriale impongono.

    La crisi economica e la diminuzione dei fondi destinati alle politiche sociali rischiano di rappresentare un forte ostacolo al concretizzarsi di nuove iniziative.

  • Bibliografia

    Dipartimento Industria CISL (2012), Le Relazioni Industriali nel tempo della Crisi. I dati OCSEL sulla contrattazione di 2 livello negli anni 2009-2012.

    Regalia I., Prospettive di regolazione delle relazioni di lavoro. I risultati di uno studio in Lombarda, Piemonte e nelle regioni motore d'Europa.

    Regalia I. (2007), Territorial Pacts and Local Level Concertation in Europe. A Multi-Level Governance Perspective.

    Regalia I. (2009), Regolare le nuove forme di impiego. Esperimenti locali di flexicurity in Europa. Franco Angeli Editore

    Osservatorio sulla contrattazione sociale CGIL SPI (2010), Primo Rapporto sulla Contrattazione Sociale Territoriale

    Osservatorio sulla contrattazione sociale CGIL SPI (2011), Secondo Rapporto sulla Contrattazione Sociale Territoriale

    Osservatorio sulla contrattazione sociale CGIL SPI (2012), Terzo Rapporto sulla Contrattazione Sociale Territoriale.

    Unindustria Treviso e Cgil Cisl Uil della provincia di Treviso (2011), Patto per lo sviluppo sostenibile, la qualificazione dell'occupazione, la competitivit del sistema economico locale.