Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
1/12
Cicerone,
Arato
e
il
mito
delle
et?
Luciano
Landolfi
Nee converti
ut
interpres,
sed
ut orator.
Cic. De
opt.
gen.
or
at.
14.
Ciceronem
eloquentia
sua
in
carminibus destituit.
Sen. Contr.
3,
Praef.
8
Della
digressione
sul
catasterismo della
Vergine
presente
negli
Ara
tea
ciceroniani,
la tradizione indiretta
l
ci
ha
restituito
quattro
'frustuli'
per
un
totale di
sette
esametri. Meno di
un
sesto
delTestensione delPana
logo episodio
contenuto
in
Arat.
Phaen.
96-136
2,
ma
tale da
permettere
un
tentativo
di
ricostruzione
delTintero brano
presumibilmente
corne
Pautore
pot?
idearlo.
Ecco
i
frammenti secondo Pedizione del Buescu
3:
XV: Sub
pedibus profertur...4
finita
Booti
Spicum
inlustre
tenens,
splendenti
corpore,
Virgo.
1Ne discutono
ripettivamente
V. Buescu, Cicer?n. Les Aratea, Hildesheim 1966 2,
s. v.
'testimonia'
e
J.
Soubiran,
Cicer?n.
Aratea.
Fragments
po?tiques,
Paris
1972,
in
calce
all'edizione
critica
dei frammenti
stessi.
Per
quanto
io
sappia,
manca
un
saggio
specifico
sulla
questione.
2
La
filologia
di
stampo
positivista
si
?
occupata
a
pi?
riprese
dei
rapporti
ira
Aratea
e
Phaenomena
compilando
un
sistem?tico
regesto
dei loci
similes-,
cfr.
G.
Sieg,
De
Cice
rone
Germ?nico Avieno
Arati
interpretihus,
Diss.
Halle
1866;
J.
Maybaum,
De
Cicerone
et
Germ?nico
Arati
interpretihus,
Diss.
Rostock
1889;
C.
Atzert,
De Cicerone
interprete
Graecorum,
Diss.
G?ttingen
1908. Pi?
di
recente
?
tornato
sul
problema
W.
Leuthold,
Die
Uehersetzung
der Phaenomena
durch
Cicero und
Germanicus,
Z?rich 1942.
3
Ancor
oggi insuperata
per
acribia
filologia
e
dovizia di corredo
dossografico.
4
A.
Traglia,
M.
Tullio
Cicerone.
I
frammenti poetici,
Milano
19713, p.
69
integra
la
lacuna
con
l'awerbio
turn
in
corrispondenza
al ??
del
testo
greco
(Phaen.
96).
Soubiran,
op.
cit.
p.
162
pone
invece il
profertur
fra
due
cruces
riportando
in
nota
(p.
200
n.
6)
la
serie
di
congetture
av?nzate
per
sanare
il
testo
e
completando
le
testimonianze allineate
da
Buescu,
op.
cit.
p.
284.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
2/12
88
L.
Landolfi
XVI:
Malebant
tenui contenti vivere
cultu
XVII:
F?rrea
turn
vero
proles
exorta
repentest,
ausaque
funestum
primast
fabricarier
ensem
et
gustare
manu
iunctum
domitumque
iuvencum.
XVIII:
et
Jovis
in
regno
caelique
in
parte
resedit.
In
rapporto
al
testo
ellenistico
tradotto,
i
due
esametri
facenti
parte
del
fr.
XV
non
sembrerebbero
distinguersi
per
originalit?,
se
conside
riamo
che Tunica
aggiunta
di
qualche
rilievo
?
costituita
dall'immagine
del
fulgore
sid?rale
capace
di
reduplicare
lo
splendore
della
spiga
stretta
dalla
Vergine5.
A
ben
guardare,
per?,
non
pu?
sfuggire
il
silenzio del
l'interprete
latino
circa
l'iconografia
della dea
proposta
dal
modello
{Phaen.
97):
..
.IlaQd?vov,
r\
q'
?v
%?Qoi cp??oi
Hxayyv
aiy'kr\?VTa...
verso
tormentato
gi?
a
par?re
dei
commentatori
antichi,
al
cui
awiso
il
sintagma
?v
%sqo?
dipendeva
da difficolt? di
ordine
m?trico
6,
risolte
5
Si noti
la
disposizione
chiastica del
costrutto,
del
tipo
abba:
spicum
inlustre
...splendenti
corpore
che
potenzia
l'effetto
visivo
del brillio della
Vergine.
Arato
ricor
dava
al lettore che avrebbe
potuto
osservare
(imoox?jrcoi,
a
detta di
E.
Maass,
Aratea,
Berlin
1892,
pp.
75-76,
morfol?gicamente
sarebbe confermato
dal
commento
ipparcheo
al
testo
di Arato
ma,
a
causa
de??usus scrihendi di
quest'ultimo,
lo
studioso
propone
l'e
mendamento
in
imo ox?jtxoio il
che,
peraltro,
sarebbe
in
linea
con
il
formulare
ox?jrxeo
di Phaen. 75, 778, 789, 832, 880, 892, 894 studiato da E. Romano s. v.
'aspice'
per Enci
clopedia Virgiliana
I,
Roma
1984,
p.
372)
la
naod?vo?
sotto
ambo
i
piedi
di
Boote. Cice
rone
vede invece
nei
suddetto
astro
il limite
esplicito
(finita)
della
costellazione
della Ver
gine
(sul
tema
vd. A.
Traglia,
La
lingua
di
Cicerone
poeta,
Bari
1950,
p.
139),
staticamente
presentata
da Arato
quale
oggetto
della
contemplazione
sid?rale.
Inoltre,
ilmotivo dello
splendore
della
Vergine
torna
al
v.
322
degli
Aratea:
...
rutilo... conlucens
corpore
Virgo...
con
id?ntica clausola
m?trica
finale.
6
Cfr.
Schol. ad
Phaen.
97,
p.
357
Maass:
x? ?'?v
x^Qoi (p?gei
x?xuv
aiyMjevxa:
o?>
6i8o?(pr]OE,
Jto?ai
%eiq?,
?aoo?
?i? x?
(??xoov
?ujto?i?ojievo?;.
decooeCxai
??
?v
xrji
aoioxEQOti.
Si
ricordi che
gi?
per
Ipparco
la
spiga
stava
nella
mano
sinistra
della dea
(cfr.
G.
Thiele,
Antike
Himmelshilder,
Berlin
1899,
p.
40
e
W. H.
Roscher,
Ausfuehrliches
Lexicon
der
griechischen
und roemischen
Mythologie
III1,
Hildesheim
1965,
s. v.
'Parthe
nos\
col.
1658),
stesso
vale
per
Eratosth.
Cat.
9,
14
il
quale
sosteneva
ehe la
Stella
trovan
tesi
nella
sinistra
della
vergine
si
chiama
Sxdx'u?
e
per
Ptolem.
Synt.
1,5.
Altra la versione
seguita
da
Hyg.
De
astr.
3,
24:
...Praeterea
hahet
(seil.
Virgo)
in
utrisque
manihus
singulas
Stellas;
quarum
una,
quae
est
in
dextra
manu,
maior
et
clarior,
ea
cum
spicis
esse
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
3/12
Cicerone,
Arato
e
il
mito
delle
et? 89
sostituendo
il
locativo
plurale
al
pi?
owio
singolare.
Apriamo
una
pic
cola
parentesi.
La
spiegazione
del
nesso
arateo
dall'ottica
pros?dica
si
configura
tanto
semplicistica
quanto
err?nea,
poich?
1'alternativo
?v
X?iQi,
attestato
dal codex Marcianus
476,
primario
per
la
trasmissione
dei
Phaenomena
7,
?
is?crono
con
la
formula
predetta
e
quindi
combacia
perfettamente
con
le
esigenze quantitative
del
'tempo
forte' al
terzo
piede
del
v.
97
8.
Se
ritorniamo
all'espressione
prescelta
da
Cicerone
9,
sembra
che
l'atteggiamento da lui esibito sia segno di perplessit? esegetica, scaturita
dalla contraddittoriet? fra la dicitura del modello
e
la
chiosa
degli
scolia
sti.
Dando
per
fermo
che,
nella
propria
versione,
PArpinate
si
awaleva
dell'ausilio
ermeneutico
degli
scoli al
poema
arateo
10,
?
lecito
supporre
che la
prowisoriet?
dei loro risultati
a
proposito
del
contestato
nesso
?v
%eqg?
dovesse indurlo ad
una
sospensione
di
giudizio.
Conseguente
mente,
aggirare
il
terreno
sdrucciolevole delle
congetture
con
il
cenno
sbrigativo
alia simb?lica
presenza
della
spiga,
doveva
apparire
al
giovane
poeta
la
migliore
soluzione
possibile
dell'aporia.
Tra
l'altro,
in
questa
maniera, Cicerone
sgombrava
la strada ai commentatori di Germ?nico, i
quali
avrebbero chiarito l'identit?
Vergine
=
Cerere
n
cos?:
...quod
spi
dicitur...
In
ogni
caso,
la Stella
principale
della costellazione
della
Vergine
era
la
Spica,
a,
vicinissima
all'eclittica,
cfr.
Arat.
Phaen.
97;
Hipp.
3,3,5.
Sulle vicende di
quest'ultima
documentazione
esauriente in
A.
Le
Boeuffle,
Les
noms
latins d'astres
et
de
constella
tions,
Paris
1977,
pp.
165-166.
7
Della tradizione
manoscritta
dei
Phaen.omena,
oltre
al
Maass
si
?
occupato
J.
Mar
tin,
Histoire
du
texte
des
Ph?nom?nes
d'Aratos,
Paris 1956
che
completa
lo
scarno
rendi
conto
codicologico
del
testo
dato nell'edizione
degli
Arati
Phaenomena,
Firenze
1956,
pp.
XII-XX.
8
La
iunctura
?v
XEQ?i
?
inoltre confermata da Maneth. 134 che
per?
parla
di
ox?
Xucx?
come
Hyg.
3,
24. Discussione
delle
concordanze
fra
Manetone
e
Arato,
in
Maass,
op.
cit.
p.
251
n.
3.
9
N? dirime la
questione
il
fatto
che
sia
Germ?nico,
Arati
Phaen.
96-97
(plena
sini
stra/...spica
manu)
sia
Avieno
289
(protentata
manu)
abbiano alluso
ad
una
sola
mano,
la
sinistra
(almeno
nel
primo
dei due
casi):
pertanto
non
si
puo
semplicisticamente
resti
tuir?
come
integra
la
lezione
?v
yeiQ?
che
ora
Martin,
op.
cit.
presenta
al
v.
97 dei
Phaeno
mena.
Soprattutto
Germ?nico
sembra
seguir?
il
filone
Ipparco-Scoli
ad
Arato-Erato
stene,
il
che
mostra
solo
corne
esistesse
anticamente
una
linea
di
studi
catasteristici
volta
a
concepire
la
Spica
quale
sorretta
dalla
sinistra
della
dea,
ma
non
che
il
testo
arateo
vi
si
uniformasse
doverosamente.
10
Vd.
soprattutto
Atzert, op.
cit.
p.
3
ss.;
Leuthold, op.
cit.
p.
12
ss.
11
L'identificazione
Dike
=
Demetra realizzata
in
suolo
greco
da Arato fu studiata
da
G.
Kaibel, 'Aratea',
Hermes
29,
1894, p.
85.
Da
li
diparte
certo
l'assimilazione Ver
gine
=
Cerere
presentata
da Cicerone
negli
Aratea.
Sul
tema
vd.
peraltro
Le
Boeuffle,
op.
cit.
pp.
212-213.
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4/12
90
L.
Landolfi
cas
tenet...
(p.
65,
19
Breysig),
parafrasando
lo
stilema da
lui
stesso
coniato
spicum
u
...tenens.
A
questo punto,
la
prima
slegatura,
dovuta
alla lacunosit?
del
testo
po?tico
latino che lascia
aperte
le
porte
a
qualun
que
genere
di
supposizione.
Restando
aderenti
a
quanto
soprawissuto
al
naufragio
della
parte
iniziale
degli
Aratea,
la
narrazione
riprende
con
il
fr.
XVII,
dove
Cicerone
celebra la
semplicit?
del vitto
nelle
fasi aurorali
della
vita
umana.
A
proposito
dello
stato
autarchico della
razza
?urea,
Arato,
Phaen.
110,
aveva
dichiarato:
auxco?
?'
?^coov,
passando
imme
diatamente al censimento in
negativo
dei mali subentrati nelle ere suc
cessive.
Nella
riscrittura
del brano
ellenistico,
vengono
per
la
seconda
volta
sfruttati
i
supporti
del relativo
patrimonio
scoliastico, per
il
quale
Pawerbio
aux
?
equivale
ad
?jtXcb?
{Schol.
adArat.
10,
p.
358
Maass
=
p.
132
Martin),
dato che
l'agricoltura
avrebbe
procurato
da
sola
il
neces
sario
alia
soprawivenza
della
pi?
antica
stirpe
mortale
13.
Tuttavia Yhe
miepes:
malehant
tenui
{seil,
vivere),
collegato
al termine
cultus
posto
in
ablativo
in
sesta
sede,
segnala
al
lettore la
scollatura dal
prototipo, poi
ch?
la
generazione
?urea
presceglie
un
proprio
sistema di
vita,
non
acquetandosi
alla volont? celeste.
In
piena
coerenza con
la
decantata
coabitazione
di Dike
e
degli
uomini
della
razza
d'oro, Arato,
Phaen.
113,
assegna
alia
dea
il
compito
di
spartire ogni
dono della
terra
H:
la
Vergine
opera
in
uno
spazio
tecnicizzato,
quello agricolo
(afck?
?oec
xai
cxqot
?kx,
v.
112),
dove
il
suolo
nutre
il
consorzio
mortale
(ecpeQ?ev,
v.
114)
15
come
mercede
per
la
fatica
lavorativa,
senza
che
ancora
sia
stata
attuata
un'intenzionale
contrapposizione
fra
frugalit?
e
superfluo
nei
tenore
di
vita.
Ci?
d'altronde
?
impossibile
finch?
la divinit?
resta
datrice di
quei
b?ni (?(i)T?iQa ?ixai v,
v.
113) che divide equanimemente fra gli
uomini.
Nei
momento
in
cui
Cicerone
trama
al
suo
dettato
po?tico
il
verbo
malo,
Pautarchia
su
cui
il
nume
interviene
suddividendo
i
prodotti
12
Per
l'equipollenza spicum
=
spica
vd. Serv. ad
Georg.
I 1.
13
Utili le
puntualizzazioni
di A.
Barchiesi,
'Letture
e
trasformazioni
di
un
mito
ara
teo.
(Cic.
Arat.
XVII
Tr;
Verg.
georg.
2,473
sg.)',
Materialie
discussioni6,1981,
pp.
181
187, p. 186 n. 16.
14
...\xvQ?a
Jt?vxa
Jtagei/e
A?xr],
?
xeioa
?txauov.
Analizzo
il
verso
nelT?mbito
di
una
completa
rilettura
del
passo
arateo
in
un
lavoro
dal
titolo
TI
vol?
di
Dike',
di
pros
sima
pubblicazione.
15
Per
il
significato
del
verbo
(peg??)
vd.
Landolfi,
art.
cit.
n.
39.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
5/12
Cicerone,
Arato
e
il mito
delle
et? 91
dell'automatismo naturale
non
?
pi?
il 'sistema
diet?tico'
predisposto
dall'alto,
bens?
la
scelta deliberata del
nostro
raziocinio.
E
quest'opzione
viene
addirittura abbracciata
con
gioia,
se
l'attributo
peculiare
dell'ori
ginaria
condizione
di
parsimonia
?
contentus,
proprio
quello
che,
in
altro
contesto,
Tibullo
16
riserva
a
se
stesso
formulando
un
augurio
di
serena
esistenza
rurale.
L'assunzione di
un
soggetto
moralistico
quale quello
della sobriet?
del
vitto
denota
come
Cicerone
stia
calando lo
spunto
arateo
dell'et?
del
l'oro nel vivo di un
pi?
vario dibattito filos?fico. In suolo greco, ad esem
pio,
Dicearco,
fr. 49
Wehrli,
aveva sostenuto
che,
nello
scenario
di
una
fruttificazione
spontanea
(49,
11-12)
ignara
dell'agricoltura
{ibid.
12-13)
gli
uomini
ebbero
a
contener?
il
loro
vitto
(
oute
xf|V
JtXe?o
xfj?
jxexQ?ac
?i?
tf)v 8Toi|i?TTiTa,
bXk'
cb?
x?
jtoXA?
xf|v
eX?xxoo
xfj?
ixavf]?
?i?
xfiv
ojt?vtv
[seil.
xf)V
XQO(pf)v JTQOoecp??ovxo]
ibid.
19-20).
La
ojr?vic
dicearchea,
la
pochezza
di
cibo,
?
pero
una
condizione
oggettiva,
sepa
rata
dall'?xoi^oxrj?,
la facile
crescita
dei frutti.
La
notazione
del
filosofo
peripat?tico
?
secca
e
cursoria,
quasi
un
dato
scontato
agli
albori della
storia che non ha nulla a che vedere con il
problema
della scelta esisten
ziale.
Per Cicerone
17
invece,
l'adozione
di
un
sistema
di
vita
parco
ha
un
rilievo del
tutto
particolare,
confermato
dal
verbo
malo, pregno
di
una
programmaticit?
inesistente
nell'inclinazione alia
ojt?vic
dell'aborigeno
dicearcheo.
Approfondendo
il
soleo
tracciato
da
Arato,
l'interpr?te
latino
apriva
la via
alla combinazione
fra
prototipo
letterario del
mito
delle
ere
e
modello filos?fico della
Kulturentstehung inaugurando
un
procedimento
che
avrebbe
goduto
particolare
fortuna
nella
poesia
latina
posteriore,
da
Virgilio
a
Germ?nico.
?
opportuno
dire che Cicerone ha
'approfondito'
il dettato arateo
perch?
se
questo
resta
legato,
pi?
o
meno
sommariamente,
agli
schemi
storici
della
teor?a
delPincivilimento
umano
18,
quello
dell'Arpinate
con
tempera
echi di
varie scuole filosofiche
nel
disegno
di
un
pi?
coerente
16
...lam
modo
iam
possim
contentus
vivereparvo
(I
1
25).
Contentus
?
epiteto
spe
cialistico nelle rubriche
letterarie afferenti
alla
sobriet?:
vd.
gli
esempi
riportati
alia
n.
17
dal
saggio
di
Barchiesi,
cit.
17
L'unico
elemento
di
contatto
fra
lo
schema
dicearcheo
e
quello
ciceroniano
del
Yaurea
aetas
consiste
proprio
nella moderazione
della
?iaixa,
per
il
resto,
?
chiaro che
non
vi
sono
attinenze
fra l'idea che
l'agricoltura
costituisca
lo
stadio conclusivo delTinci
vilimento
umano
propugnata
dall'autore
greco
(fr.
48
Wehrli)
e
il
principio
arateo-cice
roniano
del
%qvoov
y?vo?
tecnicizzato.
18
Me
ne
occupo
nei
gi?
citato
studio,
sottolineando l'infedelt?
di
Arato
a
pi?
di
un
elemento
della
teoria
stoica
della
Kulturentstehung.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
6/12
92
L.
Landolfi
modello
di
vita
originaria. Consegnando
all'uomo
primitivo
la facolt?
deliberativa
del
proprio
regime
esistenziale,
il
poeta
latino ridimensiona
la
presenza
divina
nelTeconomia della
preistoria
e,
nello
stesso
tempo,
tende ad idealizzare
la
remota
condizione della
comunit?
concependola
corne
saggia
e
temperante.
Peraltro
pare
possibile
avanzare
ancora
qual
che
notazione
di
natura
ling??stico-sem?ntica
circa il fr. XVI Buescu
che
meglio
chiarisca la
globalit?
del
messaggio
didascalico del
testo.
Cice
rone
parla
di
tenuis
cultus
e,
nei
mondo
latino,
tale
modulo
sar?
un
Wer
tbegriff
che
proprio
tramite la sua
opera
di
divulgazione
filos?fica
acqui
ster?
consistenza
ideol?gica.
Dibattuta dalle scuole ellenistiche
19,
la
questione
del
cultus,
indissolubilmente
legata
a
quella
del
victus,
viene
mediata
al
pubblico
romano
in
parecchi luoghi
della
silloge
ciceroniana
di
scritti
teorici:
oltre
che
in
Tuse.
V
26
e
89
ed
in
Lael.
86
20,
l'endiadi
ritorna
in
De
off
I
12;
158
e
in
De div.
I
61
e,
in
tutti
i
contesti
in
cui
si
discute
della
semplicit?
del
tenore
di
vita,
id?ntica
?
la
scelta lessicale
compiuta
nei
breve
fr.
XVI
degli
Aratea21
{contentus, cultus,
tenuis).
Ora,
se
per
Cicerone
maturo
l'ideale
stato
di
natura
?
il
vivere
con
poco
(vd.
De
fin.
II91:
quodparvo
esset natura
contenta),
?
ipot?zzabile
che
sin
dai
tempi
della traduzione del
poema
di
Arato
22
cominciasse
a
farsi
strada
in
lui
la convinzione
che la
temperanz,a
nella dieta
potesse
con
trassegnare
Tantichissima beatitudine
umana.
Nei
particolare
assetto
primitivistico
dato alia
narrazione
dell'epoca
?urea,
l'ascetica condi
zione
del
saggio,
verso
cui
convergevano
tanto
gli
epicurei,
quanto
i
cinici
e
gli
stoici23,
viene fatta
aderire
alio
stato
primevo
degli
aggregati
umani,
dando
a
questo
la
matura
e
consapevole
autonom?a
di
pensiero
e
scelta delTaltro.
A
questo punto
un
nuovo
salto tem?tico. La
comparsa
della razza f?rrea
pone
in luce il
repentino
trapasso
dalla
stirpe
prece
19
Vd.
B.
Gatz,
Weltalter,
goldene
Zeit und
sinnverwandte
Vorstellungen,
Hildes
heim
1968, p.
157
ss.;
R.
Vischer,
Das
einfache
Leben,
G?ttingen
1965,
p.
88
ss.
Null'al
tro
che
una
rassegna
di
xojioi
in
W.
Meyer,
Laudes
inopiae,
Gottingae
1915
ehe,
tra
l'al
tro,
non
sembra
oecuparsi
particolarmente
di Cicerone.
20
Citati dal Barchiesi
a
p.
187 del
suo
lavoro.
21
Cfr.
Tuse.
Ill
49
(a
proposito
della moderazione
di
Epicuro),
V 97
(a
riguardo
del
contentarsi
la
natura
di
poco);
De
fin.
11
91;
De
off
1
70.
22
Sulla
cronologia degli
A
ratea
discussione
in
Buescu,
op.
cit.
p.
28
ss.;
Traglia,
op.
cit.
p.
9
ss.;
Soubiran,
op.
cit.
p.
8
ss.
A
parte
sta
E.
Castorina,
'Le
tre
fasi
poetiche
di
Cicerone',
Sic.
Gymn.
6,
1953,
pp.
137-165,
p.
142
n.
3
per
il
quale
Topera
sarebbe
data
bile all'incirca
all'80
a.
C.
contro
Popinione
corrente
che
la
pone
prima
dell'89
a.C.
23
Resta
basilare la
messa
a
punto
di A.
Oltramare,
Les
origines
de
la
diatribe
romaine,
Lausanne
1926,
passim.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
7/12
Cicerone,
Arato
e
il
mito
delle
et?
93
dente,
forse
l'argentea,
all'ultima del
quadro
delle
et?
(fr.
XVII
Buescu).
Distanziatosi
dall'esempio
arateo,
per
cui
a
chiudere
la
rassegna
del
degrado
morale
delle
generazioni
era
la
%OLkm?r\
yevzv] {Phaen. 130),
Cicerone
dischiude
in
?mbito latino
il
filone
che
sostituisce
la
razza
bronzea
con
quella
f?rrea
24
lungo
il
mito
delle
epoche,
e
durante
il
suo
svolgimento
pone
la
fuga
della
Giustizia
verso
il
cielo 25.
Sembra
peraltro
che
il
traduttore
non
osservi
la ciclicit? della
genitura
umana
caratteri
stica
della
descrizione
aratea
(cfr.
Phaen.
123
ss.),
presentando
la
sing?la
generazione
corne scissa dalla
precedente
sul
piano
delle relazioni
paren
tali
forse
per
rafforzare
il
principio
della
corruzione
come
itinerario
a
tappe
disgiunte.
Nel
resoconto
ciceroniano,
il
sintagma
tum...exorta
repentest
lascia intrawedere
un
presumibile
cenno
ad
un
fatto
in
qual
che
misura concomitante
o
contestuale
alla
nascita
della
generazione
del
ferro,
scevro
da
allusioni
al
prima.
?
comunque
il
distico:
...ausaque
funestum
primast
fabricarier
ensem,
et
gustare
manu
iunctum
domitumque
iuvencum
a
rivelare
in
modo
congruo
all'entit?
dell'operazione
la
divergenza
fra
Cicerone
e
la
fonte.
All'interno
di
un comune
abominio
per
l'arma
sacrilega
(xaxoeQ
Y?c...^i?xcaea,
Phaen.
131;
funestus...ensis,
fr.
XVII2),
l'Arpinate
crea
un'immagine
ridondante
dove
l'empiet?
del misfatto
?
riverberata
dagli
estremi
dell'esametro
{ausaque
funestum...ensem)
al
suo
stesso
centro,
rappresentato
dal
Primus-Motiv
dell'euristica
(prima
est
fabricarier).
Non
si
tratta
n?
di
gratuita
variazione
stilistica
del
modello,
dove
?
demarcata la novit? dell'evento a mezzo dell'iniziale o?
JtQCOXOi
{Phaen.
131),
n?
di
gerarchizzazione
di
piani
del
racconto,
per
cui
l'atto
orroroso
m?rita
una
posizione
di
privilegio
rispetto
alla
deprecazione
dell'inven
zione,
la
spada
funesta. Cicerone
d?
piuttosto
risalto
all'immagine
ara
tea,
limitata alla
semplice
denuncia
del
fatto,
dalla visuale
moralistico
religiosa:
dire che
la
stirpe
f?rrea
os?
per
la
prima
volta fabbricare
un'arma
mort?fera
per
abbattere
i
giovenchi
awezzi
al lavoro dei
campi
e
farsene
cibo,
significa
espandere
sem?nticamente l'inauditezza
del
24
Ovid.
Met.
I
125
ss.
distingue
invece la
terza
et?
(quella
del
bronzo)
dalla
quarta
(quella
del
ferro);
Germ.
Arat.
Phaen.
13,
restaura
l'ordine
arateo:
oro-argento-bronzo.
25
Lo
stesso
fa Ovid.
Met.
I
149-150;
non
cos?
Germ.
Arat. Phaen. 137
per
il
quale
ci? awiene Aerea
sed
postquam
proles
terris
data
(v.
13);
n?
in
Juv.
VI
19,
per
il
quale
il
vol? della
Vergine
si
accompagna
al
mutare
lento dei
costumi
degli
uomini.
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94
L.
Landolfi
gesto.
Dali'ethos
al
pathos
26,
il
poeta
latino
iscrive
in
un'ottica
fideistica
la
bouctonia
perpetrata
attraverso
uno
strumento
di
guerra.
NelPorigi
nale,
il
coltello
eivo?io?
(v. 132)27
?
uno
strumento
da
briganti:
una
glossa
al
codex
Marcianus 476
ne
precisa
Pequivalenza
con
Pepiteto
X?]otqix?c,
denotando
un mezzo
di
sopraffazione
privata,
di
violenza
individ?ale.
La
ricca
aggettivazione
aratea
?
semplificata
da
Cicerone
nella
formula
funes
tus...
ensis
in
cui
l'attributo
recupera,
drammatizzan
dole,
le valenze
di
riprova present?
nelTep?teto
greco
xaxoeQyo?,
men
tre il sostantivo
potenzia
l'effetto visivo delTassassinio, sostituendo la
spada
alla
rudimentale
lama
degli
assalitori.
L'attacco
ciceroniano
non
?
dunque
inteso
a
colpire
un
gen?rico prototipo
d'arma,
ma una
specie
ben
distinta,
quella
bellica, che,
per consuetudine,
diverr?
bersaglio
delle
t?rate
dei
poeti seguenti, impegnati
a
cantare
il
mito
delTet?
?urea
2S.
?
inoltre
probabile
che
Cicerone
abbia
voluto
far
tesoro
di
un
suggerimento
degli
scoli
al
corrispettivo
verso
arateo
29,
al cui dire il
tab?
infranto
concerne
solo
i
giovenchi
utilizzati
per
le
opere
agricole
(Schol.
ad Arat.
132,
p.
360
Maass).
Diversamente
non
si
spiegherebbe
Tendiadi
manu iunctum
domitumque
{seil,
iuvencum)
con la
quale
il
poeta
latino ci
informa
della
pratica
arcaica
di
ammansire
ed
aggiogare
i
buoi.
Se il
nostro
discorso
quadra, Tipotesi
di fondo di
una
tragicizzazione
del
passo
ellenistico
in
chiave moralistico-sacrale riceverebbe
un
supporto
consistente.
Al
di l? delle
osservazioni
via
via
sollevate,
occorre
ancora
aggiungere
un
rilievo che
decodifichi
meglio
la
globale
riscrittura
latina
di Arat.
Phaen.
96-136:
nei
testo
greco
leggiamo
che
per
prima30
la
stirpe
di ferro
si
ribo
(ejr?oavxo)
dei buoi da
lavoro
31,
in
quello
cicero
26
Su tale caratteristica del verter? ciceroniano si vedano P. Serra Zanetti, 'Sul crite
rio
e
il
valore
della
traduzione
per
Cicerone
e
S.
Girolamo',
in Atti I
Congr.
St.
Cicer.
II,
Roma
1961,
pp.
355-405,
alle
pp.
363-367
e n.
41;
I.
Trencsenyi-Waldapfel,
'De
Cice
rone
poetarum
graecorum
interprete',
ibid.
pp.
161-174,
a
p.
174;
A.
Traina,
'Commento
alle traduzioni
poetiche
di
Cicerone',
in
Vortit
barbare,
Roma 1974
2,
pp.
55-89,
alla
p.
67
ss.
27
U.
von
Wilamowitz-Moellendorff,
Hellenistische
Dichtung
in
der Zeit
des Calli
machos
II,
Berlin
1924,
p.
270 vide nella
[l?xcmoa
eivo??T]
il
simbolo
dell'uccisione
?v
??a>
che
restava
impunita.
28
Cfr.
Verg. Georg.
II409
(precisato
da
1508);
504;
Tib.
13,
47-48;
10
1
(qui
addi
rittura ?
?etto
ferreus
l'inventore
delle
spade
con
sottile
anfibolog?a);
Ov.
Met.
I
99;
Germ.
Arat.
Phaen.
12.
29
Opinione
di
Barchiesi,
art.
cit.
p.
185,
tuttavia
si
veda
quanto
ora
sostengo
in
TI
vol?
di
Dike',
cit.
passim.
30
Anaf?ricamente Arato
usa
jtqwxoi
al
v.
131
sg.
31
'Aqoxtjq
riferimento
ai
buoi,
pu?
specularmente
avallare
la tesi
di
una
chiosa
ciceroniana
al
passo
arateo
in
direzione scoliastica.
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9/12
Cicerone,
Arato
e
il mito
delle
et?
95
niano Pinfinito
gustare
?
retto,
?jt?
xoivo?,
alausa
est
del
verso
prece
dente.
L'abominio
tecnol?gico
? allora
connesso
alTabominio
gastron?
mico,
purtuttavia
perch?
utilizzare
proprio
il verbo
gustare,
tipico
del
linguaggio
raff?nato
dei commensali
schizzinosi32?
In
forma
antit?tica,
la scelta
espressiva
si
rifrange
si
sul
tenuis...cultus del
fr.
XVII,
la dieta
cerealicola
rimpiazzata
dalla
consumazione
delle
carni,
s?mbolo di lusso
vacuo
33,
ma
potrebbe
anche
poggiare
su
un'allusione
pol?mica
alie
con
suetudini
raffinate delle
mense romane.
Alia
remota
scelta
di
frugalit?,
Teta f?rrea ha opposto lo sperpero
e
gli agi anche
a
costo
del sacrilegio:
questo
sembra dire
Cicerone,
per
il
quale Tempio
assassinio
dei
buoi
awezzi alTaratro
preconizza
Pang?lo-visuale
di
Verg.
Georg.
II537:
...
ante
inpia
quam
caesis
gens
est
epulata
iuvencis...
ediOv.M?>.XV122ss.:
...
inmemor
est
demum
nec
frugum
mu?ere
dignus,
qui
potuit
curvi
dempto
modo
pondere
aratri
ruricolam
mactare
suum,
qui
trita
labore
illa,
quibus
totiens
durum
renovaverat
arvum,
tot
dederat
messes,
percussit
colla
securi.
Nec
satis
est,
quod
tale
nefas
committitur...
L'assaporare
carni
?
frutto
di
un
nefas-,
non
?
un caso
che
il fr.
XVII
Buescu
sia
estrapolato
da
un
noto
passo
del
De
nat.
deor.
(II
63,
159)
dedicato
alia
discussione
delPimpiego
dei
buoi,
la
cui
utilit?
per
la
razza
?urea era tale ut eorum viscerihus vesci scelus haheretur.
Per il
traduttore
di
Arato
la bouctonia
rappresenta
il
v?rtice
della
scelleratezza
sul
piano
religioso,
e
il
segnale
delPawento
del lusso
sul
piano
pragm?tico:
di
contro
al
fisiol?gico
ejr?oavxo,
Pedonistico
gustare
accresce
Porrore
per
Puccisione
dei
giovenchi
in
una
din?mica
32
Secondo
Varr. De
lingua
tat.
6,84:
quod
Graece
yetJexai,
Latine
gustat.
Nell'acce
zione
scelta da
Cicerone,
gustare
vale
come
piacere
f?sico del cibarsi
e
si
ritrova
in
Lucr.
De
rer.
nat.
VI
1219;
Ov. Fast.
VI
169;
Sen.
Nat.
quaest.
Ill
18
3.
Inoltre,
negli
scritti
filosofici,
PArp??ate
lo
adopera
sempre
in
senso
traslato
(cfr.
Merguet,
Lexicon
zu
den
philosophischen Schriften Cicero's II,Hildesheim 19612, s.v.), dunque negli Aratea esso ?
un
hapax
anche
dal
versante
sem?ntico.
33
II
trapasso
dalle
consuetudini
alimentari
cerealicole
a
quelle
carnivore
?
conside
rate
in
antico indizio
di
decadenza
morale: vd.
l'indice
dei
luoghi
specifici
redatto
dal
Gatz,
op.
cit.
s.v.
'abstinentia'.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
10/12
96
L.
Landolfi
narrativa
che
parrebbe polemizzare, t?picamente,
con
gli sprechi
del
vitto
caratteristici
del
I
sec.
a.C.
34.
Ancora
una
lacuna
diegetica.
II
fr. XVIII
presenta
la
Vergine
collo
cata
in
cielo,
nei
regno
di
Giove,
lasciandoci
intuir?
la
descrizione del
suo
volo
sulle
orme
di Arat.
Phaen.
133-136. Perduta la
probabile
men
zione
anulare della
sua
posizione
accanto
a
Boote
come
in
Phaen.
136,
resta
solo
Pampliamento
delPaggettivo
greco
?JtouQavi?]
nei
disegno
del
dominio celeste
35.
La
presenza
di Zeus
nell'economia
del
poema
ara
teo ? costante, dalPattacco 'Ex Ai?? ?Q%(b\ieo$a (v. 1) sino al v. 964
36
nelPottica di
un
pante?smo
noto
ai critici37:
a
Cicerone
non
poteva
sfug
gire
Pimportanza
rivestita
dal
nume
nell'interpretazione
dei
rapporti
fra
astri,
ordine del mondo
e
leggi
siderali,
per
quanto,
nei
testo
latino
per
venutoci
per
intero
(480
esametri),
la
menzione di
Giove sia
considere
volmente ridotta
a
due
casi
(w.
188;
294).
Ciononostante,
proprio
il
v.
188
presenta
una
struttura
simile
a
quella
del fr. XVIII
Buescu:
Juppiter,
huic
parvum
inferiore
in
parte
locavit
et Jovis in regno caelique in parte resedit
appaiando
i
due
catasterismi,
quello
delPAltare
e
quello
della
Vergine.
La
differenza di
fondo
?
data dal
comportamento
dei
rispettivi
protago
nisti
delle
metamorfosi
astrali.
La
costellazione delP
Altare
riceve
da
Giove
Pubicazione
designata,
quella
della
Giustizia
sembra
agire
'indi
pendentemente'
nella
scelta
dello
spazio
celeste
in
cui
fissarsi.
Igno
riamo
se
la
variet?
fra
i
due
paradigmi
fosse
giustificata
da
qualche
cenno
di
Cicerone
alle
mitiche
origini
della
Vergine,
riferite
da
Arat. Phaen.
98
100, o addirittura dalPaccoglimento della leggenda esiodea che voleva
Dike
nata
dal
padre degli
dei38. Fatto
sta
che
il
sintagma
Jovis
in
regno
34
Mi
occupo
di
tale
problema
nel
cap.
III
del
volume
Banchetto
e
societ?
romana
(Dalle
originiall
sec.
a.C),
di
imminente
pubblicazione.
35
Vd.
Landolfi,
art.
cit.
n.
19.
36
Cfr.
w.
1;
2;
4;
31; 163; 164;
181;
224;
253;
259;
265;
275;
293;
426; 523;
743;
756;
769; 771; 886;
899;
936;
964.
37
Basti ricordare
G.
Pasquali,
'Das
Pro?mium des
Arat',
Chantes
f?r
Leo,
Berlin
1911,
pp.
113-122
(?Scritti
filolog?a
1,
Firenze
1986,
pp.
130-138)
e
gi? prima
Kaibel,
art.
cit.
pp.
84-85.
In
tempi
a
noi
pi?
vicini,
F.
Solmsen,
'Aratus
on
the
Maiden
and the
Golden Age', Hermes 94, 1966, pp. 125-128 (= Kleine Schriften I,Hildesheim 1968, pp.
198-202);
M.
Erren,
Die
Phainomena
des
Aratos
von
Soloi.
Untersuchungen
zum
Sach
und
Sinnverstaendnis,
Wiesbaden
1967,
p.
14
sg;
M.
Fantuzzi,
Ex
Ai??
oiQXC?^eafta.
Arat.
Phaen.
1
e
Theocr.
XVII, 1',
Materiali
e
discussioni5, 1980,
pp.
163-172.
38
Op.
256;
Theog.
901,
sui
quali
cfr.
ora
Landolfi,
art.
cit.
n.
4.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
11/12
Cicerone,
Arato
e
il mito
delle
et?
97
suona
sospetto
alla
luce della dibattuta
genealog?a
della
dea medesima.
Potremmo definir? il
nesso
contaminazione
a
distanza
39,
causata
dal
duplice
riferimento
a
Zeus
in
forma locativa
nell'opera
di
Arato
40,
ma
sempre
tenendo
presente
che
l'ampliamento
dell'immagine archetipica
?
basato
su
un
anaf?rico
impiego
del
complemento
di
stato
in
luogo
che
in
endiadi vede
la
Vergine
ferma
nel
regno
di
Giove
e
in
una
parte
del
cielo,
cio?
in
uno
spazio
definito del
reame
del
Cronide.
Per
altro
verso,
essendo
il
modulo
in
parte...caeli
sclerotico nel lessico di Cicerone
poeta41, la sua combinazione con la formula Jovis in regno nel fr. XVTII
mostra
che l'autore doveva far riferimento ad
una
situazione
eccezionale
riguardante
l'astro metamorfizzato. Altrimenti
egli
avrebbe
impiegato
con
ogni
probabilit?
la s?lita
iunctura,
come
si
nota
nel
catasterismo
del
l'Eridano.
Pi?
che
di
una
'traduzione
art?stica',
l'esame
sin
qui
condotto sull'e
pisodio
ciceroniano
delle
et?
del mondo
consente
di
parlare
di
una
'rico
difica' filos?fica di
Arat.
Phaen. 96-136
in
rapporto
ai
dibattiti
culturali
dei primi decenni del I sec. a.C.
La
prima
versione
latina di
questo
brano
ellenistico,
destinato
a
una
continua
rivisitazione
da
parte
della
poesia
augustea
e
post-augustea,
sembra infatti
iscriversi
in
un'opera
di
divulgazione
speculativa
eclettica,
dove
la contaminazione di
spunti poetici
disparati
si
affianca
e
facilita
la
combinazione
di
teorie
etiche
non
f?cilmente identificabili
in
ogni
loro
parte.
II
compito
che
Cicerone
si ?
prefisso
non
consiste
nel
verter?
in
modo
esornativo
il
dotto
catasterismo
di Dike
o,
quanto
meno,
questo
non ? che un procedimento accessorio rispetto al pi? rilevante intento di
rendere
fruibile
ad
un
pubblico
di
lettori
impegnati
culturalmente
un
trapianto
di
Kulturentstehungen
ad
essi
estranee.
Tradurre
?
per
lui
innanzitutto
'ideologizzare'
la lettera
del
modello
perch?
la
propria
riscrittura
non
sia
accademico
gioco
di
eruditi,
disancorato dal fervore
teor?tico
contempor?neo.
Connotando
in
modo
profondamente
diverso
dall'originale
il mito
delle
et?,
Cicerone
prendeva
posizione
all'interno
di
una
nascente
disputa
tra
primitivismo
e
progressismo
che divider?
su
fronti
opposti gli
intellettuali della
Repubblica
ormai
awiata al
tra
39
Sic
Barchiesi,
art.
cit.
p.
185.
40
Phaen.
224;
253.
41
Cfr.
Arat.
145-146,
o
la
variatio
in
Arat. 360:
caeli de
parte.
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8/17/2019 Landolfi-Arato e Il Mito Delle Eta (QUCC 34.1 [1990])
12/12
98 L.
Landolfi
monto.
La
sua
traduzione
della metamorfosi
aratea
della
Vergine
?
una
risposta precisa
alle
dispute
in
questione
che, pur
se
inserita
nei
contesto
di
una
raff?nata
versione
delPintero
poemetto
alessandrino,
trasmette
chiaramente
Palterit?
del
pensiero
ciceroniano
rispetto
alla fonte
al di
l?
degli
abbellimenti
formali
richiesti dalP?tto transfrastico.
Cos?
impl?citamente
si
consacra
nella
poes?a
latina
quel
processo
di
riappropriazione
di
teorie
filosofiche
greche
sulPincivilimento
umano
che diversi anni
dopo
Cicerone introdurr?
in
una
corposa
letteratura
specialistica
in prosa.
In
campo
po?tico
non
poco
gli
dovranno
Virgilio
e
Ovidio, parte
cipi
come son?
alie riletture dei
miti
aratei
e
al
problema
delPincivili
mento
(o decadimento)
delle
stirpi
mortali,
disponendosi,
dietro
il
suo
esempio,
a
meta
strada fra
Dichtung
e
Philosophie.
Universit?
di
Palermo