ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA - Guida Romarché · LA STORIA DI ROMA nei luoghi e nei monumenti...

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    E.S.S.EDITORIAL

    SERVICESYSTEM S.r.l.

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  • “Collana archeologica”

    supplemento di FORMA VRBIS

    Da gennaio 2003 LA STORIA DI ROMAnei luoghi e nei monumenti

    Con il nuovo anno è iniziata una collana ditascabili che intende illustrare i luoghi e imonumenti della città antica, sulle tracce delletradizioni e dei miti delle origini, spesso riva-lutati dagli studi più recenti, e della storia uffi-ciale.

    La serie sarà presentata in modo da accom-pagnare il lettore nei luoghi più significatividella città per poter offr ire i r ifer imentiarcheologici relativi agli avvenimenti descritti.

    Nella serie saranno comprese alcune parti ealcuni numeri riguardanti la vita quotidiana,gli istituti politici e religiosi necessari per ten-tare di comporre un quadro sufficientementeindicativo della storia di Roma antica.

    - Abbonamento ai «tascabili» € 15,50- Abbonamento a FORMA VRBIS € 41,30- Abbonamento a FORMA VRBIS + i «tascabili» € 50,00

    Per informazioni: Tel. 0671056.1 (10 linee r.a.) Fax 0671056230

  • Collana archeologica

    LA STORIA DI ROMA

    nei luoghi e nei monumentidi Franco Astolfi

    PARTE X

    11Roma 2003

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  • DIREZIONE SCIENTIFICAPROF. BERNARD ANDREAEDOTT. CLAUDIO MOCCHEGIANI CARPANO

    DIRETTORE RESPONSABILESILVIA PASQUALI

    COORDINAMENTO REDAZIONALE E SEGRETERIAROBERTO LUCIGNANI, LIDIA LAMBERTUCCI,ERMETE BONARDI

    GRAFICA, DOCUMENTAZIONEFOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

    DISEGNIPIETRO RICCI

    COMITATO SCIENTIFICO:MARIA ANDALORO Universi tà del laTuscia; FRANCO ASTOLF I Soprin tendenzaArcheologica di Roma; GIULIANA CALCANI Università di RomaTre; FILIPPO COARELLI Università di Perugia; PAOLA DI MANZANO SoprintendenzaArcheologica di Roma;DARIO GIORGETTI Università di Bologna; EUGENIO LA ROCCA Sovraintendente aiBeni Culturali del Comune di Roma; FEDERICO MARAZZI Università “Suor Orso-la Benincasa”, Napoli; PAOLO MORENO Università di Roma Tre; LUISA MUSSO Università di Roma; EMILIO RODRIGUEZ ALMEIDA, Ricercatore FormaUrbis marmorea.PATRIZIA SERAFIN PETRILLO II Università diRoma Tor Vergata;

    EDITORE E.S.S. Editorial Service SystemVia di Torre S. Anastasia, 61 - 00134 Romae-mail: [email protected] http//www.editorial.itPubblicazione registrata presso il Tribunaledi Roma n° 548/95 del 13/11/95

    DIREZIONE, REDAZIONE EAMMINISTRAZIONEE.S.S. Editorial Service SystemVia T. S. Anastasia, 61 - 00134 Roma

    PUBBLICITÀ E DIFFUSIONELAURA PASQUALI

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    STAMPA System Graphic Srl Via di Torre Santa Anastasia, 61 -00134 Roma - Telefono 0671056.1

    DISTRIBUTORE ROMACoop. Orsetto 2000 Via Graziano, 18 - 00165 Roma

    Nessuna parte della presente pubblica-zione può essere riprodotta in alcun modosenza il consenso scritto dell’Editore

    Finito di stamparenel mese di novembre 2003© Copyright E.S.S.

    supplemento al n. 11/2003di FORMA VRBIS,

    Itinerari nascosti di Roma antica

  • L’INIZIO DELLE LOTTE SOCIALI E LE GUERRE CONTRO VOLSCI ED EQUI

    Conclusa la pace con i popoli Latini con la sottoscri-zione del Foedus Cassianum nel 493 a.C., la giovanerepubblica si trova ora costretta ad affrontare - oltre aiproblemi interni causati dai contrasti tra i ceti - i nuovipericoli rappresentati dalle invasioni degli Equi e dei Vol-sci. Sospinto dalle tribù dei Marsi e dei Sanniti e appro-fittando della guerra che i Latini stavano combattendocontro Roma, il popolo montanaro dei Volsci era discesoverso le fertili pianure del Lazio, occupando in pocotempo tutta la parte meridionale della regione, da Terra-cina fino a Velletri, che diverrà una delle loro maggioriroccaforti. Mentre i Volsci avanzavano da sud, gli Equiminacciavano l’alta valle del Sacco abitata dagli Ernici iquali, per far fronte a questo nuovo pericolo, aderirannoin seguito all’alleanza stabilita tra i Latini e i Romani. Allenuove minacce rappresentate dai popoli delle montagne,si aggiunge in questo periodo quella costituita dai Sabiniche, fin dalla fondazione di Roma, non avevano mai ces-sato di alimentare una sorta di endemica guerriglia difrontiera. Neanche il clamoroso trasferimento di AttoClauso - il ricco personaggio sabino capostipite dellafamiglia dei Claudi - che nel 504 a.C. era giunto a Romacon centinaia di suoi clienti, era servito a ristabilire ibuoni rapporti tra i due popoli. Ad aggravare infine il giàpesante quadro generale, iniziano in questi anni le durelotte tra i patrizi e i plebei della città che, con fasi alter-ne, si trascineranno per quasi due secoli.

    Quasi a preannunciare le rivendicazioni che la plebe

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    avrebbe di li a poco sollevato per ottenere la parificazio-ne dei diritti, all’inizio del V secolo (i dati offerti dallefonti oscillano tra il 501 e il 493 a.C.) viene costruito alForo Romano il tempio di Saturno, divinità simbolo del-la trasgressione e dello stravolgimento dell’ordine socia-le.

    Il Tempio di Saturno e i SaturnaliCostruito tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C.

    (Livio riporta la data del 497), il tempio di Saturno, situa-to ai piedi del Campidoglio tra il vico Iugario e il clivoCapitolino, è uno dei più antichi della città. Prima dellacostruzione del tempio sul luogo era un altare dedicato aldio stesso, che alcuni studiosi vogliono ora identificarecon il cosiddetto Volcanal (ara di Vulcano) situato dietro iRostra. Nell’ultima ricostruzione, avvenuta probabilmen-te tra il 360 e il 380 d.C., il tempio si presentava come unedificio con alto podio e stretta scala frontale compresatra due avancorpi, esastilo (sei colonne sulla fronte), pro-babilmente prostilo (colonnato solo nella parte anteriore)e con capitelli di tipo ionico. Nella cella era conservata lastatua del dio, che veniva portata in processione nei gior-ni della sua festa e che, secondo una curiosa credenzariportata da Plinio, era ripiena di olio medicamentoso.Nel tempio di Saturno veniva conservato l’erario dellostato (Aerarium Populi Romani); il tesoro pubblico dovevaessere probabilmente depositato in un ambiente situatonell’avancorpo di sinistra al fianco della scala. Sullo stessolato del basamento, preso il vano che conteneva il tesoro,si vede ancora uno spazio rettangolare delimitato da foriper perni, che è stato interpretato come una tabella perl’affissione dei testi di legge che dovevano essere portati aconoscenza dei cittadini.

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  • Antica divinità dalle origini oscure, Saturno era iden-tificato a Roma con il dio Crono, fuggito dalla Greciaquando il figlio Giove lo aveva scalzato dal potere. Giun-to in Italia, il dio si era stabilito sul colle Capitolinoinstaurando il suo dominio sulla regione. Questo miticoperiodo era ricordato nelle leggende come l’età dell’oro,l’epoca felice durante la quale non esistevano nè ricchinè poveri, nè furti nè sopraffazioni, perché era bandita laproprietà privata e tutti vivevano in un clima di semplicee spensierato “comunismo”. Oltre che artefice della feli-ce e perduta età mitica, Saturno era il dio della licenza,dello sconvolgimento delle regole, come invece Giove -massima divinità romana - era il nume che presiedevaall’ordine costituito. Le feste in onore di Saturno (Satur-nalia) duravano sette giorni, dal 17 al 23 dicembre; inquesto periodo, quasi a liberarne lo spirito trasgressivo,

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    Ricostruzione del Tempio di Saturno. Sono indicate la porta del vano che conte-neva l’erario e lo spazio per l’affissione delle leggi (da Lugli)

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    venivano sciolti i lacci (compendes) che avvincevano la sta-tua del dio posta all’interno del tempio, e il popolo si sca-tenava in un interminabile carnevale. Per una settimanatutto era permesso: i cittadini di buona condizione depo-nevano la toga e indossavano abiti modesti; venivanosospesi i giudizi nei tribunali e rimandata la punizione

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    Fronte del Tempio di Saturno secondo la ricostruzione di L. Canina

  • dei colpevoli. Perché fosse ricordata l’antica eguaglianzatra gli uomini, gli schiavi venivano fatti sedere a mensacon i padroni che li servivano ed accettavano i loro com-menti salaci. Persone di ogni ceto percorrevano festosa-mente le strade della città, giocando, banchettando escambiandosi doni.

    Nel 495 giunse a Roma la notizia della morte di Tar-quinio il Superbo, che dopo la rinuncia definitiva al tro-no si era rifugiato presso Aristodemo tiranno di Cuma.Come era prevedibile, mentre all’inizio l’intera cittadi-nanza manifestò la propria gioia, ben presto i patrizi -liberati dal timore del ritorno di un monarca che li ave-va estromessi dalla vita politica - aumentarono i soprusi ele vessazioni nei confronti dei plebei. Particolarmentegrave era la posizione dei molti che in seguito alla crisieconomica avevano contratto debiti e che, se dichiaratiinsolventi, venivano costretti a lavorare per i loro credito-ri in condizione di schiavi.

    In quello stesso anno, essendo sorta tra i consoli unadisputa su chi dei due doveva inaugurare un tempiodedicato a Mercurio, il senato pensò di affidare la diffici-le scelta al giudizio del popolo. L’incauta decisione offrìai plebei l’occasione per manifestare in modo clamorosotutto il malcontento che ormai provavano nei confrontidel governo oligarchico, compiendo un gesto provocato-rio che di fatto segnava l’inizio della lotta di classe. Insegno di disprezzo e di ribellione nei confronti dei con-soli, l’assemblea popolare affidò il compito della consa-crazione del tempio a Marco Letorio, un oscuro centu-rione dell’esercito che, in seguito a questa sua funzione,avrebbe dovuto poi svolgere importanti incarichi nelleoperazioni di distribuzione del grano ai cittadini. Alla

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    grave provocazione i patrizi risposero con nuove anghe-rie, mentre i plebei a loro volta decisero di disertare laleva militare lasciando la città indifesa di fronte all’immi-nente pericolo rappresentato dall’avanzata dei Volsci edall’ennesima scorreria dei Sabini. La crisi fu momenta-neamente superata con la nomina di un dittatore a nomeValerio, il quale, anziché ricorrere drasticamente ai pote-ri assoluti dei quali era investito, preferì convincere i ple-bei a rispondere alla chiamata alle armi, promettendoloro che alla fine della guerra il senato si sarebbe occupa-to del grave problema dei debiti.

    Il tempio di MercurioLa posizione del tempio di Mercurio, del quale non

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    Il Tempio di Saturno in una stampa di G.B. Piranesi (1756)

  • rimane più alcun resto, è indicata dalle fonti letterarieche lo pongono alle pendici dell’Aventino, sul versanteche guarda il Circo Massimo. Una moneta del tempo diMarco Aurelio contenente una rappresentazione deltempio, mostra un edificio eretto su un podio di tre gra-dini con la parte superiore sostenuta da quattro erme uti-lizzate al posto di colonne.

    Divinità che presiedeva ai commerci e collegata conl’approvvigionamento del grano, il Mercurio romano -derivato dall’Hermes greco ed affine al Turms etrusco -era il primo dio straniero accolto in città. Il suo stessonome, derivato da merx (merce), richiamava con imme-diatezza la materia sulla quale esercitava la sua azione pro-tettrice. Nel tempio presso il Circo Massimo si riunivanoannualmente le corporazioni dei mercanti (Mercuriales),che in occasione della festa del dio (15 maggio) si bagna-vano il capo ed aspergevano le loro merci con l’acqua diuna fonte sacra a Mercurio situata presso Porta Capena.La cerimonia (piaculum) aveva lo scopo di cancellare lefrodi commesse durante l’anno e di chiedere al dio, oltreche nuovi guadagni, una sorta di autorizzazione per potercontinuare a gestire in modo disinvolto i loro affari e per-petrare nuovi inganni. Oltre che vigilare sul buon esitodei commerci, in Grecia Mercurio era anche protettoredei ladri, funzione che esercitava fin da quando, ancorafanciullo, era stato capace di rubare ad Apollo un’interamandria di buoi.

    Le vittorie riportate contro Volsci e Sabini non giova-rono comunque ai plebei appena congedati dall’esercito.Passato il pericolo, il senato rifiutò di mantenere le pro-messe fatte, riguardanti principalmente le tristi condizio-ni nelle quali si trovavano i debitori; il dittatore Valerio,

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    che si era fatto garante nei confronti del popolo, rassegnòsdegnato le proprie dimissioni. Questa fu la scintilla chefece divampare di nuovo la rivolta e provocare la “primasecessione” popolare. In segno di protesta gran parte deiplebei lasciò la città per ritirarsi sul monte Sacro o piùprobabilmente sull’Aventino (Livio) - il colle che già datempo era abitato da popolani e mercanti - per porre inatto quello che può essere considerato il primo scioperodella storia. E’ durante questa fase iniziale delle lottesociali che si colloca l’episodio di Menenio Agrippa e delfamoso apologo dello stomaco e delle membra, che glistorici moderni ritengono già diffuso nel mondo greco eintrodotto successivamente nella storia romana. Convin-ti dall’eloquente patrizio, i rivoltosi si decisero a rientra-re in città, non prima però di aver preteso l’istituzione dei“Tribuni della Plebe”, una nuova magistratura che avreb-be avuto il compito di difendere i cittadini contro glieventuali soprusi dei consoli. Poco tempo dopo morivaMenenio Agrippa, l’abile mediatore che aveva contribui-to a risolvere la prima grave crisi sociale favorendo ilmomentaneo riavvicinamento tra le parti in lotta. Adimostrazione della durezza dei tempi e dell’ingratitudi-ne dei governanti, Livio ci informa che Agrippa, “uomoegualmente caro sia ai patrizi che ai plebei”, morì in assolutapovertà e senza aver lasciato neanche il denaro sufficien-te per il suo funerale, tanto che i cittadini dovettero con-tribuire alle spese con un “sestante” a testa. Dionigi diAlicarnasso, che riferisce l’episodio con una maggiorequantità di particolari, narra che alla notizia dell’iniziati-va popolare il senato si rese conto dello smacco subito adopera della plebe, e decise pertanto di accollarsi le spesedel funerale e di destinare la somma raccolta dal popoloai figli di Menenio Agrippa.

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  • Come se non fossero bastati tutti i gravi problemidovuti alle guerre e all’instabilità politica interna, in que-sto periodo Roma fu colpita da una grave carestia, dovu-ta all’abbandono dei campi e dalla secessione della plebe.I cittadini erano alla fame e, come riferisce Livio, la situa-zione “era paragonabile a quella delle città assediate”. Comeavveniva talvolta in situazioni del genere, il console Spu-rio Cassio decise la costruzione di un tempio a Cerere,Libero e Libera, divinità dispensatrici del grano e delvino, per impetrare la fine della carestia ed esaudire altempo stesso un voto fatto alla triade divina già primadella battaglia del lago Regillo.

    Il Tempio di Cerere, Libero e LiberaVotato dal console A. Postumio Albino durante la

    guerra contro i Latini e dedicato da Spurio Cassio nel493 in seguito alla consultazione dei Libri Sibillini, iltempio di Cerere, Libero e Libera sorgeva presso i carceresdel circo Massimo, a poca distanza dalla chiesa di S. Mariain Cosmedin. La forma originaria del tempio non èconosciuta, sappiamo solo che ancora nella seconda metàdel I secolo a.C., come riferisce Vitruvio, l’edificio pre-sentava un aspetto tipicamente arcaico, che avrà certa-mente perduto dopo la ricostruzione seguita all’incendioche lo distrusse nel 31 a.C. Il tempio era destinato a fun-zioni prevalentemente civili, in quanto costituiva il prin-cipale punto di riferimento della plebe di Roma che neaveva fatto la sede degli edili plebei, magistrati prepostialla distribuzione del grano. A tutela degli interessi popo-lari, nell’edificio erano conservate copie delle delibere delsenato (Senatus Consulta), in modo da impedire possibilialterazioni ai testi di legge da parte dei patrizi. Al tempioera collegato il cosiddetto asylum Cereris, un luogo dove

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    veniva distribuito pane alla plebe, e nel quale i plebeipotevano godere del diritto di asilo. Per tale motivo leporte del tempio dovevano rimanere sempre aperte, perconsentire a chiunque e in ogni momento di poterdisporre di un pronto e sicuro rifugio.

    Ma fedeli all’antico detto “aiutati che gli dei ti aiutano”,dopo aver dedicato un tempio alla divinità che avrebbedovuto rendere nuovamente fertili i campi, i Romanipensarono comunque di approvvigionarsi di grano pres-so altri popoli, dando inizio alla pratica delle “frumenta-zioni” che tanta importanza avrà in futuro nello sviluppodei commerci e della navigazione in generale. Una ini-ziale richiesta di grano presso i Volsci non ebbe successoa causa dei cattivi rapporti che intercorrevano ormai tra idue popoli. Gli inviati di Roma furono addirittura accu-sati di spionaggio, minacciati di morte e derubati com-pletamente delle somme che dovevano servire per gliacquisti. Migliori risultati furono ottenuti in Campania ein Sicilia, cioé in regioni lontane e non interessate diret-tamente dalla politica espansionistica praticata da Romadurante il periodo monarchico. Nel corso di un acquistodi frumento a Cuma, città dov’era morto da poco Tar-quinio il Superbo, si verificò un curioso incidente, checontribuì a riportare ancora una volta all’attenzionegenerale il vecchio problema del patrimonio del defuntomonarca. Quando già il grano era stato pagato ed imbar-cato, il tiranno della città Aristodemo fece bloccare le navie sequestrare il carico, pretendendo dai Romani la resti-tuzione dei beni di Tarquinio del quale si consideravalegittimo erede.

    Mentre a Roma il senato cercava di organizzare ladistribuzione del grano per sfamare i cittadini colpiti dal-

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  • la grave carestia, i Volsci ripresero le armi per invadere iterritori della città. Questa volta però le sorti della guer-ra non furono decise dallo scontro degli eserciti sul cam-po di battaglia, ma bensì da una terribile epidemia dipeste che colpì l’esercito nemico e prostrò per diversotempo l’intero popolo volsco. Dopo lo scampato perico-lo, i Romani fondarono nel 491 a.C. una nuova colonia aNorba (attuale Norma) sui monti sovrastanti la pianuraPontina, allo scopo di costituire una roccaforte che fun-gesse da osservatorio nei confronti del sottostante terri-torio nemico.

    Le “frumentazioni” e la navigazione sul TevereCon la prima grave carestia che colpisce Roma nel

    492 a.C., inizia di fatto la pratica delle frumentazioni,cioé delle importazioni di grandi quantità di grano, cheoltre all’importanza economica costituivano un fattore

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    La zona del Tempio della Tellus dove sorgeva la casa di Spurio Cassio (da Coa-relli)

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    determinante per la stabilità politica della città del perio-do repubblicano. Durante il V secolo a.C., periodo per ilquale le fonti riportano almeno cinque ingenti fornituredi grano, i paesi verso i quali si dirigono prevalentemen-

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    Il Foro Boario con l’ubicazione del Tempio di Cerere (da Coarelli)

  • te le commissioni d’acquisto inviate da Roma sono, oltreal Lazio meridionale, l’Etruria, la Campania (Cuma,Miseno, Capua) e la Sicilia. Motivi economici e soprat-tutto di sicurezza, facevano si che i trasporti avvenisseroquasi sempre per mare. Dalla foce del Tevere, dove giun-gevano le navi mercantili (onerarie), i carichi venivanopoi trasferiti su imbarcazioni di media o piccola stazza(caudicariae) che risalivano il fiume con il sistema dell’a-laggio, cioé mediante il traino eseguito da animali o dauomini che avanzavano lungo un sentiero tracciato suuna delle sponde. Esempi di imbarcazioni di questo tiposono rappresentati in pitture, mosaici e bassorilievi, dovevediamo dei barconi generalmente privi di vele e di albe-ratura, muniti soltanto di un pennone al quale venivanofissate le funi per l’alaggio.

    Oltre a quelle da traino, sappiamo che anche le navida guerra potevano agevolmente risalire il fiume vincen-do la corrente in virtù dei numerosi remi delle quali era-no munite. E’ questo il caso, ad esempio, della nave chenel 294 a.C. porterà a Roma il serpente sacro di Escula-pio risalendo il fiume fino all’isola Tiberina; o dellacosiddetta “nave di Enea”, una nave da guerra arcaica diorigine greca (pentecontore) utilizzata anche per i tra-sporti, che nel VI secolo d.C. era ancora conservata in uncantiere sul Tevere.

    Con l’aumento dei traffici fluviali in seguito all’e-spansione dei commerci e alle conquiste di paesi lontani,entreranno in funzione sul Tevere dei speciali corpi dimarinai incaricati di sorvegliare i traffici e di agevolare lanavigazione. Le fonti antiche e le iscrizioni menzionanola corporazione degli urinatores, veri e propri palombariche avevano il compito di recuperare i carichi eventual-mente caduti in acqua e di dragare periodicamente l’al-

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    veo del fiume. Il controllo del traffico in generale erainvece assicurato da un distaccamento di classiari, cioé dimarinai del porto di Ravenna che aveva la propria con-sede nel Trastevere e che svolgeva compiti di polizia flu-viale.

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    Pianta del Lazio al tempo delle guerre contro i Volsci (da Quilici)

  • Le ingenti quantità di grano che erano affluite aRoma in seguito agli acquisti fatti nei vari paesi, anzichérisolvere i gravi problemi dovuti alla carestia, contribui-rono paradossalmente ad acuire la tensione tra i ceti. Unavolta riempiti i magazzini i patrizi si resero conto di ave-re tra le mani un importante elemento di pressione poli-tica, che avrebbe permesso loro di recuperare i diritti chela plebe aveva estorto ricorrendo alle secessioni. Fra i piùaccaniti oppositori della politica che prevedeva la distri-buzione del grano ai plebei ad un prezzo agevolato, era inquesto periodo Cneo Marcio, detto Coriolano per averconquistato la città volsca di Corioli. Nel corso di unamovimentata riunione tenuta dal senato, il fiero patriziopropose senza mezzi termini di approfittare dell’occasio-ne per costringere la plebe ad accettare la soppressionedel tribunato, in cambio della distribuzione di grano adun prezzo contenuto. Chiamato in giudizio dagli stessitribuni della plebe in virtù di una legge che sanciva laloro inviolabilità, Coriolano prese spontaneamente la viadell’esilio rifugiandosi presso i Volsci, prima di esserecondannato in contumacia. Come accade sempre in que-sti casi, gli antichi nemici lo accolsero benevolmente,pensando che la sua sete di vendetta e la grande cono-scenza che aveva della forza militare romana, avrebberocontribuito al successo di una spedizione contro la cittànemica. Con un forte esercito ai suoi ordini, Coriolanoinvase il territorio romano conquistando numerose città- tra cui Corioli, luogo al quale egli stesso doveva la suafama - avendo cura di distruggere le proprietà dei plebeilasciando intatte quelle dei patrizi, allo scopo di incre-mentare a Roma l’odio di classe. Giunto nei pressi diRoma nel 488 a.C. e dopo aver rifiutato le proposte didue ambascerie inviate dal senato, Coriolano ricevette la

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    visita della madre Veturia, che assieme alla moglie Volum-nia e ad altre donne, invocava piangendo la pace rinfac-ciando al figlio degenere il suo amore materno (“Se nonti avessi generato, Roma non sarebbe assediata; se non avessi unfiglio, sarei morta libera nella patria libera!”) (Livio). Vintodalla commozione ed esaurita ormai la carica d’odio chel’aveva sostenuto fino ad allora, Coriolano decise diabbandonare il campo, non prima però di aver ammoni-to a sua volta Veturia con l’altra celebre frase: “Madre, haisalvato la patria, ma hai perso tuo figlio!” (Dionigi), chesegnerà la sua melodrammatica e definitiva uscita di sce-na. A perenne ricordo della spedizione delle donneromane che avevano salvato la città da un così grave peri-colo, nel luogo dov’era avvenuto il celebre incontro traCoriolano e la madre fu eretto un tempio dedicato allaFortuna Muliebre.

    Il tempio della Fortuna MuliebreFondato probabilmente nel 486 a.C., il tempio della

    Fortuna Muliebre sorgeva al quarto miglio della via Lati-na in prossimità della cosiddetta Fossa Cluilia, un canaledi bonifica che prendeva nome dal re albano Cluilio eche segnava il confine sacro dell’antico territorio roma-no (Ager Romanus). Per commemorare lo storico incon-tro che aveva liberato Roma dal pericolo dei Volsci, lematrone della città chiesero al senato il permesso di eri-gere un tempio alla Fortuna, detta Muliebre per ricorda-re l’azione svolta dalle donne romane in quella circostan-za. Il Senato però si oppose a questa insolita richiesta -ritenuta da alcuni come il primo esempio di movimento“femminista” nella storia d’Europa - considerando pocoonorevole che un nuovo culto fosse introdotto in segui-to all’iniziativa delle donne. Il tempio fu così costruito

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  • con denaro pubblico e voluto dallo stato, lasciando allematrone il solo svolgimento dei rituali. Non contente diciò, le donne romane chiesero che fosse almeno conces-so loro di poter offrire la statua della dea. Al nuovo rifiu-to da parte dei senatori, le matrone decisero allora di col-

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    Ascia votiva con iscrizione Volsca rinvenuta a Satrico (da Quilici)

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    Pianta del Tempio della Fortuna Muliebre di L. Canina (da Quilici)

  • locare nella cella del tempio - assieme a quello voluto dalsenato - un altro simulacro di Fortuna, tanto che il san-tuario della via Latina era l’unico che aveva due statue diculto. Si dice che in seguito, a completa soddisfazionedelle donne romane, la statua offerta da loro avesse parla-to più volte, quasi per indicare ai fedeli quale era l’auten-tica immagine da venerare.

    Resti del tempio della Fortuna Muliebre, rimastointatto fino alla tarda età imperiale, furono riconosciutinell’800 in corrispondenza dell’attuale via del Quadraro,in un punto dov’é situato un vecchio casale. Secondo unaricostruzione proposta dagli antiquari dell’epoca, si trat-tava di un edificio a pianta rettangolare, con quattrocolonne sulla fronte e circondato da un’area sacra delimi-tata da un recinto.

    Come per altri episodi riportati dalle fonti, anche perquanto riguarda Coriolano e le sue disavventure, siamocertamente di fronte ad una vicenda leggendaria che ave-va probabilmente lo scopo di mascherare una sconfittadei Romani subita ad opera dei Volsci. Terminata comun-que in qualche modo la guerra con i bellicosi vicini, iRomani e i Latini pensarono bene di allargare la basedella loro alleanza anche al popolo montanaro degliErnici, il cui territorio si estendeva nell’alta valle del Sac-co (Trerus), con le città di Anagni, Ferentino, Alatri eVeroli. L’alleanza venne sancita da Spurio Cassio duranteil suo terzo anno di consolato (486 a.C.), sulla base di unpatto che comportò - secondo la curiosa e poco attendi-bile notizia riferita da Livio - la cessione da parte degliErnici di un terzo del loro territorio. Comunque sianoandate realmente le cose, quelle terre cedute dagli Erniciai loro nuovi alleati, sarebbero state la causa indiretta del-

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    la rovina del console che si era fatto promotore dell’al-leanza. Spurio Cassio, che era da tempo noto per le suesimpatie nei confronti dei ceti più disagiati, pensò diassegnare metà del territorio ceduto ai Latini e l’altrametà alla plebe di Roma; non contento di ciò, propose

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    Fronte del Tempio della Fortuna Muliebre secondo la ricostruzione di L. Cani-na (da Quilici)

  • inoltre di distribuire ai plebei anche parte dei terreni del-l’agro pubblico e di restituire loro le somme sborsate inoccasione delle frumentazioni. Ce n’era più che a suffi-cienza per provocare l’ira dei patrizi, ancora irritati per lerecenti conquiste plebee, e scatenare la tradizionale accu-sa di demagogia nei confronti del console, sospettato divoler ottenere un potere dispotico personale (adfectatioregni).

    Narra Dionigi che quando ancora nessuno era aconoscenza delle intenzioni di Cassio, il padre del conso-le - che aveva personalmente condotto indagini in pro-posito - si presentò in senato per denunciare egli stesso ilfiglio, che nonostante i suoi tre consolati e i due magni-fici trionfi fu giudicato colpevole e condannato a morte.

    La casa di Spurio Cassio Come si usava fare nei confronti dei traditori e dei rei

    di stato, i beni di Spurio Cassio furono confiscati e la suacasa distrutta fino alle fondamenta. Le fonti narrano chel’abitazione del console era sulle Carinae, il quartiere cheoccupava la sella che univa il Palatino con il colle Oppio,tagliata all’inizio del ‘900 in occasione dell’apertura di viadei Fori Imperiali. Era questa una delle più ambite zoneresidenziali della città, nella quale fisseranno la propriadimora numerosi personaggi importanti menzionatidagli autori antichi. In prossimità dell’area sulla qualesorgeva in precedenza la casa di Spurio Cassio - lasciatalibera da ogni altra costruzione perché considerata comeluogo infausto - verrà costruito nel III secolo a.C. il tem-pio della Tellus (la dea Terra), i cui probabili resti (assiemead un’iscrizione con il nome della divinità) sono statirinvenuti una prima volta nel XVI secolo e quindi risca-vati in occasione dell’apertura di via dei Fori Imperiali.

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    Vista del Foro Romano, a sinistra il Tempio di Saturno

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    Nel corso degli stessi lavori fu ritrovato, a sud del tempio,il cosiddetto Compitum Acilii, una delle edicole sacresituate in corrispondenza dei crocicchi stradali, che lefonti antiche ubicavano in questa parte del quartiere. Pli-nio il Vecchio ci informa che davanti alla casa era una sta-tua in bronzo di Spurio Cassio, eretta probabilmente nel496 a.C., anno del suo primo consolato.

    Con la complessa e drammatica vicenda di SpurioCassio, i primi annalisti intendevano evidentementeoffrire un ulteriore esempio di comportamento rigorosoed inflessibile da parte dei Romani del periodo più anti-co, che tanto sarebbe piaciuto ai futuri difensori dell’idearepubblicana. In effetti la fine del console rimane permolti aspetti oscura, sia per quanto riguarda il suo dram-

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    Tavoletta fittile con rappresentazione di un lenunculus, tipo di barca utilizzatanei porti e sul fiume (da Mocchegiani Carpano)

  • matico svolgimento, sia per le stesse cause che la deter-minarono. L’episodio viene riportato in modo diversodalle fonti, che oscillano tra una condanna popolare edun singolare quanto drammatico processo domesticocondotto secondo le regole dell’antico diritto romano, inbase alle quali il padre poteva addirittura giustiziare per-sonalmente il figlio se riconosciuto colpevole. Secondouna delle versioni riferite da Dionigi, la principale colpadi Spurio Cassio sarebbe stata quella di avere agito senzail parere del senato e l’assenso dell’altro console, allo sco-po di attribuirsi tutto il merito dei benefici che avrebbeottenuto il popolo. Secondo gli storici moderni, il dram-matico episodio - che sembra preannunciare il futurodestino dei Gracchi - più che dimostrare la rigida fedeltàdei Romani ai principi della repubblica, sarebbe da inter-

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    Ricostruzione di una nave “caudicaria” (da Neumeinster)

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    pretare come un esempio della durezza con la quale veni-vano combattute le lotte sociali, e dei gravi pericoli chepoteva correre in questo periodo chiunque si fosse impe-gnato a fondo a favore della plebe.

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    Modellini fittili votivi di imbarcazioni fluviali. Musei Capitolini (da Quilici-Gigli)

  • Anno VIII • n. 11 ITINERARI NASCOSTI DI ROMA ANTICA Novembre 2003

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