Interazione uomo-macchina: il ruolo dell’ergonomia fisica e cognitiva
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1. Introduzione• Interazione uomo-macchina;
• La biometria e l'antropometria.
2. Ergonomia ed ergonomia cognitiva• Definizione e scopi dell'ergonomia;
• Definizione e origine dell'ergonomia cognitiva;
• Importanza dell’ergonomia e legislazione di riferimento.
3. L’ergonomia nella vita di tutti i giorni• Ambienti domestici;
• Computer e periferiche informatiche;• Dispositivi mobili;• Mezzi di trasporto;
• Usabilità dei software e dei siti web.
4. Principali patologie legate a una non corretta progettazione ergonomica
• Sindrome del Tunnel carpale;• Ernia del disco;
• Mal di schiena;• Tendinopatie.
BibliografiaSitografia
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1. INTRODUZIONE
1.1.Interazione uomo-macchina
Le interfacce uomo-macchina fanno ormai parte del vissuto quotidiano dell'uomo del
terzo millennio, epoca in cui apparecchi come telefoni cellulari, computer, automobili ed
elettrodomestici sono sempre più diffusi e in cui nuovi stili di vita e di lavoro hanno
ormai preso il sopravvento su abitudini ormai consolidate fin dalla precedente era
industriale.
Il processo di industrializzazione aveva portato infatti a una completa separazione tra il
lavoratore, le macchine e il risultato del lavoro: tutto veniva stabilito da altri fattori,
compresi i tempi e le sequenze delle azioni; il lavoro era fortemente parcellizzato e
scarsamente inquadrabile in un processo complessivo di realizzazione del prodotto e i
ritmi erano imposti, e rispondenti, a criteri estranei alla capacità dei singoli. In definitiva
l’uomo era considerato come una vera e propria appendice della macchina,
completamente asservito a essa, plasmato ai ritmi di quest’ultima e alle sue
caratteristiche. Questo modello del lavoro ha da sempre comportato diverse
problematiche e disfunzioni, da un elevato numero di incidenti e di infortuni, a situazioni
di disadattamento croniche, di alienazione, con effetti negativi sulla salute e sulla
psiche delle persone.
Nonostante il generale disinteresse per le esigenze dell’uomo al lavoro, nei secoli
scorsi vi furono diversi tentativi di migliorare il processo lavorativo. Il più noto di essi è
probabilmente quello operato dall'ingegnere statunitense Frederick Winslow Taylor
all’inizio del Novecento e sfociato nella sua “Teoria dell’organizzazione scientifica
del lavoro”, fondata sull’analisi parcellizzata dei movimenti e il loro cronometraggio,
allo scopo di definire con precisione matematica i tempi del lavoratore ideale.
L’uomo preso in esame da Taylor possedeva solo la forza fisica ed era privo di
motivazioni e di caratteristiche individuali e di percezioni soggettive: più nello specifico,
il concetto si basava sul fatto che, migliorando le caratteristiche degli attrezzi,
adattandoli al lavoro da compiere e istruendo puntualmente le persone sui gesti da
compiere, era possibile calcolare i ritmi e i tempi per svolgere al meglio una certa
attività, riducendo lo sforzo e massimizzando il rendimento.
Solo molti anni dopo le applicazioni delle teorie tayloriane, sul finire degli anni Trenta,
gli studi e gli esperimenti di Elton George Mayo negli stabilimenti della Western Electric
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fecero affiorare l’importanza che aveva lo stabilirsi di una relazione significativa
dell’uomo con le attività da svolgere per il rendimento sul lavoro. Attraverso il suo
lavoro, fattori umani sino ad allora considerati estranei al lavoro e in molti casi
contrastanti, quali la motivazione, la soddisfazione, il coinvolgimento e in senso lato i
sentimenti e le emozioni del lavoratore, riacquistavano un ruolo di primo piano per
l’ottimizzazione del rendimento sul lavoro.
Un significativo cambiamento nella prospettiva del rapporto uomo-lavoro si ebbe con la
seconda guerra mondiale, durante la quale vennero avviati esperimenti e iniziative
varie allo scopo di mettere a punto nuovi metodi di lavoro che potessero ridurre al
minimo gli incidenti, gli infortuni, gli errori e i tempi di addestramento all’uso di
macchine sempre più complesse. In particolare in Inghilterra venne sperimentato un
approccio multidisciplinare alla progettazione di aerei da combattimento. Tale
approccio era condotto da una equipe di esperti di varie discipline, psicologi, medici,
fisiologi e ingegneri, ed era basato sull’idea che l’elemento centrale da cui partire per la
progettazione delle macchine doveva essere necessariamente l’uomo. Nasceva così
l’approccio alla progettazione basato sull’adattamento della macchina all’uomo, un
approccio esattamente opposto a quello all’epoca dominante di adattamento dell’uomo
alla macchina.
Il prodotto considerato dapprima solo come un insieme di attributi tecnici, si arricchisce
così di specificazioni che ne riconoscono la natura articolata e composita di prodotto
informato dal contesto sociale, culturale ed economico.
Il prodotto, dunque, si configura come un'unità multidimensionale. Jonathan Levitt parla
in proposito di prodotto totale: il risultato di un intreccio di aspettative e proposte, di
aspetti tangibili, alla cui realizzazione partecipa anche il soggetto/consumatore. Non si
può considerare il prodotto solo un'unità fisica risultante da un processo industriale, o
almeno non solo quello. Il prodotto risponde quindi a bisogni funzionali, ma anche
psicologici.
I principali elementi psicologici, riscontrabili nell’interazione uomo-macchina, possono
essere di tipo conflittuale e di tipo non conflittuale. Tra le interazioni a possibile
carattere conflittuale, si evidenziano:
- preoccupazione o paura del lavoratore riguardo alla sicurezza del posto di lavoro;
sensazione di inadeguatezza e inutilità del lavoratore che non ha seguito un adeguato
iter informativo;
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- atteggiamento di chiusura e aggressività nei confronti degli altri, con modificazioni
dei rapporti interpersonali sul lavoro e al di fuori di esso;
- carenze nei processi di identificazione: il lavoratore non riconosce il proprio ruolo
nel sistema produttivo;
- demotivazione e insoddisfazione, che può condurre a scarsa produttività, ad errori
di esecuzione e a incidenti, nonché a frustrazione.
Tra le interazioni a carattere non conflittuale, invece, si evidenziano:
- gratitudine: l’operatore valuta positivamente la macchina che snellisce e velocizza il
lavoro;
- divertimento: l’operatore è affascinato dalla novità delle nuove procedure e utilizzare
la macchina rappresenta in parte un gioco;
- gratificazione: è l’elemento psicologico che caratterizza un inserimento positivo
nell’attività lavorativa;
- sensazione di grandi capacità intellettuali: l’operatore vive un senso di superiorità
derivante dalla gestione di macchine e programmi complessi;
- realizzazione della propria creatività: si osserva soprattutto in quegli operatori che
utilizzano le macchine per sviluppare progetti o per attività grafica.
1.2.La Biometria e l'Antropometria
Una corretta programmazione e progettazione ergonomica deve tener
necessariamente conto di alcune variabili umane definite da diverse discipline quali la
Biometria, l'Antropometria, la Prossemica e la Biomeccanica.
L'Antropometria (dal greco: misura dell'uomo) è la disciplina che studia e valuta tutti
gli aspetti quantitativi e misurabili dell'uomo. I risultati che conseguono sono applicabili
ad altre scienze e discipline. Una delle applicazioni pratiche più evidenti avviene nel
campo ergonomico della progettazione di arredi, macchine e ambienti di lavoro. Nel
rispetto della centralità dell’uomo, infatti, la dimensione antropometrica si riferisce
all’adattamento di oggetti e spazi alla misura del corpo umano o di parti di esso.
L’armonia e i canoni delle sue proporzioni hanno fatto sì che nel tempo si avvertisse
sempre più la necessità di stime e dati antropometrici relativi alle misure di uomini e
donne in determinati range di età.
La conoscenza delle misure fisiche dell'uomo sono quindi una premessa fondamentale
per adempiere a uno degli scopi fondamentali della programmazione ergonomica. Se
ad esempio le modalità di lavoro o i processi produttivi non impongono dimensioni
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prestabilite, la disposizione e l'organizzazione delle postazioni di lavoro si ispirano,
infatti, proprio alle leggi dell'antropometria e della fisiologia.
Lo studio delle dimensioni lineari e del peso del corpo costituiscono il campo
dell'Antropometria statica, la biomeccanica umana (ampiezza, velocità dei
movimenti, forza muscolare, resistenza alle sollecitazioni di ordine fisico), costituiscono
il campo di indagine dell'Antropometria dinamica.
I dati riguardano le misure relative ai principali parametri fisici dell’uomo (altezze,
larghezze, circonferenze, distanze di presa e di raggiungibilità, ecc.) rilevate su un
campione di individui selezionato, in modo da rappresentare la variabilità con la quale
tali misure si presentano all’interno di una data popolazione. L’elaborazione statistica
dei dati antropometrici permette di individuare i valori minimi e massimi di tali misure
all’interno della popolazione considerata, il loro valore medio, la frequenza con la quale
si presentano e così via.
Le dimensioni corporee variano in ogni individuo nel corso della vita in funzione
dell’età, dello stato di salute, del tipo di attività svolta, delle condizioni ambientali, del
tipo di alimentazione ecc. In modo altrettanto variabile si presenta la distribuzione
statistica dei dati antropometrici rilevati all’interno di ciascuna popolazione, con
differenze più o meno marcate in base all’età, al sesso, alla provenienza geografica
ecc.
I rilevamenti antropometrici vengono effettuati per mezzo di particolari strumenti quali:
Antropometro per la misura della statura e delle altezze dal suolo; Compasso a
branche ricurve per le misure del cranio; Calibro o Compasso a branche dritte per
piccole distanze; Nastro metrico per perimetri e contorni corporei; Goniometro a
pendolo per misurare le inclinazioni; Bilancia per il peso corporeo (± 0,5 kg);
Plicometro calibro a pressione costante per lo spessore di tessuti molli. I principali
punti di repere si trovano a livello del cranio; a livello del tronco; a livello dell'arto
superiore; a livello dell'arto inferiore. E' possibile anche procedere mediante la
valutazione della composizione corporea, ossia con la misurazione dei diversi
componenti che costituiscono il corpo. La valutazione può essere fatta a diversi livelli; il
livello più studiato e che trova maggiori applicazioni in medicina ed ergonomia è il
livello molecolare o chimico. Ogni livello può essere suddiviso in diversi
compartimenti o componenti. Per esempio il livello molecolare può essere suddiviso in:
tessuto adiposo + acqua + ossa + componente residua (Modello a 4 componenti).
Oppure è possibile misurare lo stesso livello più semplicemente utilizzando un modello
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a due soli compartimenti: massa grassa + massa magra priva di grasso. Le metodiche
attualmente più utilizzate per la valutazione della composizione corporea, sono: la
Plicometria, la Bioimpedenza BIA, la Creatinina come indice di massa molecolare,
la Dexa, la Composizione corporea e attività fisica, le circonferenze corporee, il
BMI, lo Yuhsaz Test e il dosaggio del Potassio 40.
Nella tabella sono riportate, a titolo di esempio, alcune dimensioni rilevate da standard
dimensionali tedeschi.
Nell'ergonomia si tiene generalmente conto, infatti, di una popolazione di circa il 95%. Il
campo scelto viene chiamato intervallo di confidenza e i valori limite sono espressi in
percentile. In linea di massima, dal punto di vista della statura, l'ergonomia considera
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una popolazione che va dal 5° percentile delle donne (solo il 5% delle donne sono più
basse) sino al 95° percentile degli uomini (solo il 5% degli uomini sono più grandi).
Ad esempio, una sedia viene progettata al 95° percentile per consentire al 95% della
popolazione di utilizzarla comodamente: difatti, dove si siede una persona alta e
corpulenta si può sedere anche una persona piccola e minuta ma non il contrario.
Sull’autobus, invece, gli appigli per non cadere sono progettati al 5° percentile affinché
possano essere afferrati anche da persone di bassa statura.
La Prossemica è la disciplina che studia che cosa siano lo spazio personale e sociale
e come l'uomo li percepisce; il termine è stato coniato nel 1963 dall'antropologo
americano Edward T. Hall, per indicare lo studio delle relazioni di vicinanza nella
comunicazione interpersonale. Durante i suoi studi, Hall osservò infatti che Hall ha
osservato che la distanza tra le persone è correlata con la distanza fisica, ha definito e
misurato quindi quattro differenti zone interpersonali:
- la distanza intima (0 - 45 cm);
- la distanza personale (45 - 120 cm) per l'interazione tra amici;
- la distanza sociale (1,2 - 3,5 metri) per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto
insegnante-allievo;
- la distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni.
Per Biomeccanica si intende invece l'applicazione della meccanica classica ai sistemi
fisiologici: la biomeccanica analizza, sulla base delle relazioni matematiche derivanti
dalla meccanica dei sistemi continui, il comportamento delle strutture fisiologiche
sottoposte a sollecitazioni. Più nello specifico, la biomeccanica è una branca delle
scienze umane che studia le conseguenze di un carico o sforzo fisico sul sistema
muscolo-scheletrico. Secondo le norme europee di buona tecnica, il suo contributo
all’ergonomia parte dalla priorità riservata ai seguenti parametri:
- le dimensioni del corpo, trattate sia negli standard dedicati alle misure del corpo
umano sia in quelli sulla valutazione delle posture lavorative;
- le posture e i movimenti che richiamano in causa gli standard sulle misure del corpo
umano, sulla valutazione delle posture lavorative e, in aggiunta, sulla movimentazione
manuale di oggetti o gravi e sui limiti di peso raccomandato;
- gli sforzi richiesti sia agli standard sulla movimentazione manuale di oggetti o gravi
sia a quelli sui limiti di peso raccomandato, con un’attenzione supplementare per gli
operatori che controllano parte di una macchina attraverso dispositivi da azionare
mediante pressione.
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La specificità della biomeccanica va ricercata nella tutela della salute fisica del
lavoratore per la chiara correlazione fra disturbi alla colonna vertebrale e la
movimentazione dei pesi.
La biomeccanica ha il compito di orientare la prevenzione non solo per evitare
sovraccarico e strappi ma anche per fornire indicazioni precise ai lavoratori sul modo
di amministrare la potenza muscolare, finalizzata a una maggior efficienza sul lavoro.
2. ERGONOMIA ED ERGONOMIA COGNITIVA
2.1.Definizione e scopi dell'ergonomia
L'ergonomia – o Scienza del Fattore Umano (Human Factors Engineering) – ha
come oggetto l'attività umana in relazione alle condizioni ambientali, strumentali e
organizzative.
La parola ergonomia deriva infatti dal greco ergo (lavoro) e nomos (legge).
L'ergonomia rappresenta quindi la scienza che studia le performance lavorative e il loro
benessere, in relazione alle finalità della propria attività, alle attrezzature di lavoro e
all'ambiente di lavoro. Questo si traduce in pratica nella progettazione di prodotti e/o
processi che utilizzano le capacità di un individuo, tenendo conto delle sue esigenze
fisiologiche e psicointellettive. L'ergonomia cerca quindi di individuare i parametri più
importanti per il corretto rapporto uomo/lavoro, per eliminare i fattori più importanti per il
corretto rapporto uomo/lavoro, per eliminare i fattori negativi che possono essere
presenti e rendere quindi più facile e naturale l'utilizzo degli oggetti di lavoro. Si tratta
per cui di una scienza interdisciplinare che riguarda l'ingegneria, la fisica, l'anatomia,
l'antropologia, la biologia, la fisiologia, la psicologia, la biomeccanica, la sociologia e la
medicina del lavoro.
Più in particolare, il termine ergonomia fu utilizzato per la prima volta da Wojcieck
Jastrzebowski in un quotidiano polacco del 1857 e fu coniato ufficialmente nel 1949
dallo psicologo britannico K. F. H. Murell che la definì: “adattare il lavoro al lavoratore”
per descrivere una particolare disciplina che persegua la progettazione di prodotti,
ambienti e servizi rispondenti alle necessità dell'utente, migliorando la sicurezza, la
salute, il comfort, il benessere e la prestazione umana. Nello stesso anno vide la luce
la Ergonomics Research Society (fondata proprio da Murrel), in seguito all'intensificarsi
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dell'interesse per i processi percettivi e cognitivi implicati nella relazione uomo-
macchina.
Nel 1961 furono create la IEA – International Ergonomics Association (presente
attualmente in 42 Paesi, con circa 15.000 membri) e la SIE – Società Italiana di
Ergonomia. La IEA ha approvato questa definizione: “L'Ergonomia è la disciplina
scientifica interessata alla comprensione dell'interazione tra gli elementi di un sistema
(umani e d'altro tipo) e la funzione per cui viene progettato (nonché la teoria, i principi, i
dati e i metodi che vengono applicati nella progettazione). Ciò allo scopo di ottimizzare
la soddisfazione dell'utente e l'insieme delle prestazioni del sistema”.
La SIE - Società Italiana di Ergonomia definisce invece l'ergonomia come “Un corpus
di conoscenze interdisciplinari in grado di analizzare, progettare e valutare sistemi
semplici o complessi in cui l'uomo figura come operatore o utente. Persegue coerenza
e compatibilità tra il mondo che ci circonda – oggetti, servizi, ambienti di vita e di lavoro
– ed esigenze di natura psicofisica e sociale, anche con l'obiettivo di migliorare
l'efficienza e l'affidabilità dei sistemi”.
Oltre alla definizione di Murrel e a quella della SIE sono state accettate anche altre
definizioni di ergonomia, come ad esempio quella di E. Grandjean che la definisce
come “lo studio del comportamento dell'uomo durante il lavoro” o come quella di E. Mc
Cormick, che la intende come ”progettare il lavoro, l'abitazione e l'organizzazione in
termini umani”. O, ancora, come quella di G. Cribini che la identifica nelle “relazioni che
i soggetti umani stabiliscono o aggiustano nel corso delle proprie attività attraverso
interrelazioni con l'ambiente, con gli oggetti, con gli strumenti di lavoro e con altri
soggetti”.
Nel 1970 Caio Plinio Odescalchi, uno dei padri fondatori dell'ergonomia italiana, la
definiva invece: “una tecnica di procedure che, avvalendosi di apporti interdisciplinari,
studia i rapporti del sistema uomo/macchina/ambiente, al fine di intercorrelarli in termini
umani, adattando il lavoro alle esigenze psicofisiche del lavoratore”.
Per S. Pheasant l'ergonomia è “la scienza del lavoro, delle persone che lavorano e dei
modi in cui lavorano, degli strumenti e delle attrezzature che utilizzano, dei luoghi nei
quali lavorano, e degli aspetti psicosociali delle situazioni di lavoro”.
Riassumendo, quindi, si può affermare che: "L'ergonomia si propone di tutelare e
perseguire il benessere fisico, psichico e sociale del lavoratore o dell'utilizzatore di un
tal prodotto adattando il lavoro o il prodotto all'uomo e non costringendo l'uomo ad
adattamenti innaturali a quel lavoro o prodotto. La scelta epistemologica di fondo è,
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quindi, di tipo antropocentrico e le teorie sviluppate e i metodi utilizzati in ergonomia
risponderanno sempre al principio secondo il quale il benessere dell'essere umano
deve stare sempre al centro dell’interesse della ricerca e/o della progettazione".
I contenuti e l’evoluzione dell’approccio ergonomico sono quindi bene rappresentati da
tre concetti chiave:
1) interdisciplinarietà, che rappresenta il carattere distintivo dell’ergonomia sin dalla
sua formazione. L’ergonomia non nasce infatti come disciplina, ossia come settore
di ricerca e di insegnamento definito dalla specificità dell’approccio scientifico e
dalla identificabilità dell’oggetto di studio, ma come corpus di conoscenze, ossia
ambito di studio e di intervento nel quale si integrano conoscenze e strumenti
metodologici provenienti da differenti settori disciplinari;
2) lavoro, oggi inteso come insieme delle attività dell’uomo. Dall’originaria visione
dell’ergonomia circoscritta alla valutazione e alla progettazione della postazione e
del microambiente di lavoro, i suoi campi di ricerca e di intervento si estendono
progressivamente allo studio dei sistemi uomo-ambiente-prodotto e a tutti gli ambiti
in cui si svolgono le attività umane;
3) adattamento del lavoro all’uomo, che sottolinea un radicale ribaltamento di
prospettiva nello studio del rapporto uomo-lavoro e che parte dal presupposto di
spostare l’interesse dalle caratteristiche e dalle prestazioni dell’oggetto, all’effetto
sull’uomo che queste provocano.
Gli studi di ergonomia devono tenere conto di numerosi fattori: ad esempio, devono
considerare quali caratteristiche di funzionamento della macchina sono essenziali e
non modificabili, e quali possono essere variate per migliorarne l'utilizzo, senza però
comprometterne la funzionalità; devono, inoltre, valutare numerose caratteristiche del
corpo umano, come i tempi di reazione, la capacità di ripetere una stessa azione in
modo continuativo per lungo tempo, quale posizione viene preferibilmente assunta e
quale sequenza di gesti viene compiuta per eseguire una certa operazione, quali arti
vengono impiegati e così via. L'obiettivo attuale è quindi quello di contribuire alla
progettazione di oggetti, servizi, ambienti di vita e di lavoro, affinché si rispettino i limiti
dell'uomo e se ne potenzino le capacità operative.
Le funzioni dell’ergonomia possono essere rappresentate in modo schematico con una
ruota suddivisa in tre parti: centro, sfera operativa, sfera delle reazioni.
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Al centro si trova l’uomo e la mansione che deve svolgere. Da un lato, il lavoro deve
essere adattato alle capacità e alle caratteristiche del singolo individuo, dall’altro,
anche l’individuo ha la possibilità di adeguarsi alle sue mansioni. Per questo motivo si
ritrova l’uomo anche nella sfera operativa, ossia nel settore riservato all’ergonomia,
accanto ad altri fattori quali il luogo di lavoro, l’organizzazione, l’ambiente e il contenuto
del lavoro. Tutti i fattori che rientrano nella sfera operativa influiscono su quelli della
sfera delle reazioni.
Oggi gli obiettivi dell’ergonomia sono rappresentati per lo più dall’usabilità e dalla
sicurezza dei sistemi dei quali l’uomo si serve, in quanto utente, in qualità di
operatore, fruitore, acquirente o nei quali è parte integrante del sistema stesso.
L’ergonomia si configura quindi come studio e progettazione di sistemi complessi la cui
efficienza è determinata non solo dal funzionamento del sistema in sé ma anche dal
sistema tecnologico e sociale in cui lo stesso è collocato. Si distingue pertanto una
ergonomia dei sistemi di lavoro, rispetto a una ergonomia del prodotto:
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la prima avente come campo di applicazione l’originaria relazione tra l’uomo e il suo
ambito di lavoro, la seconda avente invece come campo di applicazione la relazione
instauratasi tra l’utilizzatore e il prodotto propriamente detto.
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Secondo Hal Hendrik, Presidente dell'International of Ergonomic Association (1980),
l’ergonomia può essere pensata, oggi, come la tecnologia dell’interfaccia uomo-
sistema. Come scienza riguarda lo sviluppo di conoscenze sulle capacità e i limiti
dell’uomo e le altre caratteristiche relative al progetto dell’interfaccia tra l’individuo e gli
altri componenti del sistema. Come pratica professionale, riguarda invece
l’applicazione delle sue conoscenze e dei suoi metodi di intervento all’analisi, alla
progettazione e alla valutazione dei sistemi, con l’obiettivo di aumentare la sicurezza e
il benessere degli utilizzatori e, infine, la qualità della vita. Attualmente si possono
dunque riconoscere quattro componenti principali dell’ergonomia:
1. l’ergonomia dell’hardware (hardware ergonomics): la tecnologia dell’interfaccia
uomo-macchina;
2. l’ergonomia dell’ambiente (environmental ergonomics): la tecnologia
dell’interfaccia uomo-ambiente;
3. l’ergonomia cognitiva (cognitive ergonomics): la tecnologia dell’interfaccia
uomo-software;
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4. la macroergonomia: la tecnologia dell’interfaccia uomo-organizzazione.
L'ergonomia si può distinguere inoltre anche in:
1. Ergonomia di concezione: attuata nella fase di progettazione resta sempre
presente nella fase progettuale e nelle fasi esecutive;
2. Ergonomia di correzione: finalizzata a modificare esistenti condizioni di pericolo o
di disagio;
3. Ergonomia di laboratorio: prevede lo studio delle condizioni di lavoro nella loro
riproduzione in laboratorio;
4. Ergonomia sul campo: verifica sul campo di lavoro di modifiche progettate o di un
nuovo sistema;
5. Ergonomia della produzione: approccio ergonomico alle linee di produzione con
particolare riferimento ai sistemi uomo-macchina, senza considerare il contesto
globale;
6. Ergonomia del prodotto: interventi rivolti a rendere il prodotto industriale più
sicuro e più efficiente per l'acquirente.
2.2.Definizione e origine dell'ergonomia cognitiva
L'ergonomia cognitiva, o psicologica, ha come oggetto di studio l'interazione tra il
sistema cognitivo umano e gli strumenti per l'elaborazione di informazioni. La
conoscenza prodotta da questo studio viene utilizzata per supportare la progettazione
di strumenti appropriati per i più svariati utilizzi, dal lavoro, all'educazione, fino arrivare
al divertimento (dallo Statuto della Società Europea di Ergonomia Cognitiva).
Scopo dell'ergonomia cognitiva è quello di progettare strumenti e applicazioni utili,
integrando nel miglior modo possibile, le capacità e le esigenze dell'uomo con le
caratteristiche della macchina. Essa supporta la realizzazione di modelli e strumenti
per la previsione dell'errore umano, mira a ridurre il carico di lavoro mentale e a fornire
indicazioni per la progettazione di artefatti che tengano conto dei limiti e delle
possibilità del sistema cognitivo umano. Occorre perciò porre la persona come centro
focale del processo, analizzando le attività svolte dal soggetto nel suo ambiente prima
ancora che le funzionalità dello strumento stesso. L'ergonomia cognitiva cerca per cui
di verificare e risolvere i problemi connessi alla flessibilità, mutevolezza ed evoluzione
del comportamento umano nell'interazione uomo-macchina, dal momento che tale
comportamento non può essere rappresentato da una logica formale o essere previsto
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da un qualche software tradizionale, ma occorre analizzare il comportamento umano in
maniera empirica.
Fondamentale dunque, è l'analisi degli obiettivi dei soggetti coinvolti, degli strumenti di
cui dispongono e di come interagiscono con essi. L'ergonomia cognitiva deve per cui
essere sempre applicata alla realizzazione delle attività, da cui far discendere poi la
progettazione dell'interfaccia grafica o design, dell'interazione, e del codice software.
L'ergonomia cognitiva è una disciplina assai recente, che ha conosciuto un rapido
sviluppo in seguito alla creazione di macchine intelligenti e sistemi interattivi, tanto che
la sua branca principale e più estesa è la cosiddetta HCI – Human Computer
Interaction, che studia le dinamiche interattive uomo-computer attraverso l'apporto di
informatica, psicologia e neuroscienze.
L'ergonomia cognitiva, così come l'ergonomia in genere, può fornire il suo contributo
allo sviluppo di artefatti informatici sia nella fase di valutazione di uno strumento già
parzialmente o del tutto sviluppato sia nell'intero ciclo di sviluppo.
Il primo a scorgere nel computer uno strumento fondamentale per trasformare il
pensiero e la creatività umana fu Vannevar Bush nel 1945. Egli propose un sistema
meccanizzato, denominato MEMEX, per mezzo del quale un individuo aveva la
possibilità di immagazzinare tutti i suoi libri, le registrazioni e le comunicazioni, in modo
da poterle consultare in modo veloce e flessibile.
Negli anni Cinquanta altri ripresero e proposero le idee di Bush, fra cui Joseph Carl
Robnett Licklider che nel 1960 concepì una simbiosi uomo-computer, facendosi
promotore dell'idea che nel giro di pochi anni i cervelli umani e le macchine calcolatrici
sarebbero state unite insieme molto strettamente e che la risultante collaborazione
avrebbe prodotto una forma di pensiero che nessun cervello umano avrebbe mai
potuto produrre da solo, e avrebbe elaborato i dati in un modo non possibile per i soli
computer. Negli stessi anni anche Doug Engelbart e Ted Nelson ripresero e
rielaborarono in modo più puntuale e approfondito le idee di Bush. Nelson era più
orientato verso i collegamenti e le interconnessioni fra diversi raggruppamenti di
informazioni: egli vide infatti nelle potenzialità di riconfigurare le informazioni offerte dal
nuovo strumento, un modo diverso e soprattutto non realizzabile con materiale
cartaceo, di presentare e manipolare testo, immagini e suoni, ovvero l'ipertesto. Più in
particolare Nelson sosteneva che nel progettare un sistema bisognava considerare la
sua architettura psichica, ossia i concetti mentali e le strutture spaziali attraverso le
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quali un utente si muove, la loro collocazione e le loro qualità, soprattutto la chiarezza
e l'integrazione. Egli propose anche una regola per valutare l'interfaccia uomo-
computer, la Regola dei 10 minuti: "Qualunque sistema che non possa essere
adeguatamente insegnato da un tutore a un profano in 10 minuti in presenza dello
strumento è troppo complicato".
Engelbart concepiva invece i supporti informatici come un accrescimento dell'intelletto
umano, ossia la possibilità di affrontare problemi complessi e di derivare soluzioni a
questi problemi, soluzioni che sarebbe stato difficile trovare senza un valido strumento
informatico. Ma il suo contributo più importante per l'ergonomia cognitiva risiede
nell'uso della sperimentazione per testare vari approcci e soluzioni nella progettazione
delle interfacce uomo-computer. Infatti, insieme alla visione del computer come
strumento cognitivo, è proprio la sperimentazione l'altro elemento caratterizzante
dell'ergonomia cognitiva.
Alla fine degli anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta si osservò la nascita e la
proliferazione di laboratori per lo studio sperimentale del comportamento umano in
interazione con strumenti informatici. In quegli anni sorsero infatti laboratori che ancora
oggi sono tra i centri più importanti in questo campo di ricerca: l'IBM Research Center
a Yorktown Height (Stati Uniti) guidato da John Gould; l'Applied Information Processing
Psychology Project di Allen Newell, Stuard Card e Tom Moran allo Xerox PARC di Palo
Alto (Stati Uniti); il Research Group on Human Science and Advanced Technology
fondato da Brian Shackel alla University of Loughborough (Gran Bretagna). Tutti centri
di fama internazionale a cui si affiancarono anche le iniziative di altrettanti studiosi che
avviarono importanti centri di ricerca presso le più importanti università del mondo:
Donald Norman dell'University of California (Stati Uniti); James Foley della George
Washington University (Stati Uniti); Ben Shneiderman dell'University of Maryland (Stati
Uniti); Thomas Green e Max Sime del Medical Research Council Social e Applied
Psychology Unit dell'University of Sheffield (Gran Bretagna); Phil Barnard, John Long e
John Morton del Medical Research Council Applied Psychology Unit (Gran Bretagna).
Un anno estremamente importante per lo sviluppo dell'ergonomia cognitiva fu il 1969.
In quell'anno la rivista Ergonomics dedicò infatti un numero speciale ai lavori presentati
all'International Symposium on Man-Machine Systems tenutosi a Cambridge, (Gran
Bretagna), e la rivista IEEE Transaction on Man-Machine System ristampò gli stessi
lavori per favorirne una diffusione più ampia. Nello stesso anno, inoltre, la rivista
International Journal of Man-Machine Studies iniziò le pubblicazioni. Negli anni
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seguenti si assistette alla nascita del Technical Group on Computer System all'interno
della Human Factor Society e della Software Psychology Society, a Washington (Stati
Uniti). Nel 1976 si tenne il primo workshop specializzato, il NATO Advanced Study
Institute on Man-Computer Interaction, mentre nel 1982 la rivista Behaviour and
Information Technology iniziò le sue pubblicazioni e si tenne la prima conferenza
dell'ACM Human Factor in Computer Systems a Gaithersburg (Stati Uniti).
Nel 1985 Don Norman fu uno dei primi studiosi a proporre un modello dell'azione
nell'interazione uomo-computer (meglio noto come Modello di Hutchinson, Norman e
Hollan, derivato dalla Teoria del controllo delle azioni di Norman & Shallice) che
tentò di rendere conto sia delle fasi sia delle possibili difficoltà di passaggio da una fase
all'altra osservate nell'uso di strumenti, allo scopo di definire le potenziali unità di
analisi attraverso le quali è possibile rappresentare il comportamento umano.
Le fasi del modello sono sette, una per gli obiettivi, tre per l'esecuzione e tre per la
valutazione: Formazione dell'obiettivo, Formazione dell'intenzione, Specificazione
dell'intenzione, Esecuzione dell'azione, Percezione dello stato del mondo,
Interpretazione dello stato del mondo, Valutazione del risultato. Le distanze sono 18
invece tre, due delle quali sono presenti sia sul lato dell'esecuzione sia sul lato della
valutazione: la distanza semantica e la distanza referenziale. La terza distanza si
riferisce al passaggio dall'esecuzione alla valutazione dell'azione. Sia le fasi sia le
distanze non devono essere considerate come entità discrete dai contorni ben separati
ma piuttosto come momenti più o meno presenti in tutte le attività.
2.3.Importanza dell'ergonomia e legislazione di riferimento
L’uomo si è occupato di ergonomia fin da quando ha cominciato a costruire utensili e
attrezzi, facendo in modo che gli stessi potessero essere utilizzati comodamente ed
efficacemente per compiere una certa attività. Gli studi di ergonomia si prefiggono di
delineare un equilibrio tra uomo e macchina, in modo da rendere sempre più facile ed
efficiente l'impiego delle apparecchiature. Le ricerche di tipo ergonomico trovano la loro
applicazione nell'ergotecnica, in cui, per opera di progettisti, si realizzano macchine
nuove o si modificano e si migliorano quelle già esistenti. Il lavoro degli ergonomisti
produce, dunque, conoscenze che aiutano altri specialisti, ad esempio progettisti e
costruttori, a migliorare la possibilità di utilizzo dei loro prodotti. La consulenza degli
ergonomisti viene impiegata nei settori più vari: dall'industria dei mezzi di trasporto a
quelle degli elettrodomestici, dei giocattoli, dell'informatica, dei mobili e
dell'abbigliamento.
Un gran numero di problemi sociali legati alla sicurezza, alla salute, al comfort e
all'efficienza possono essere risolti grazie al contributo dell'ergonomia. Infatti,
avvenimenti quotidiani come gli incidenti sul lavoro, sulle strade e negli ambienti
domestici, possono essere attribuiti quasi sempre a errori umani. Dall'analisi di questi
incidenti appare spesso come la causa principale sia imputabile a una scarsa o
inadeguata qualità di relazione tra gli utenti, gli oggetti o i compiti che sono chiamati a
svolgere. La probabilità di incidente può essere ridotta prendendo in considerazione
con maggiore attenzione le capacità e i limiti umani già nella fase di progettazione degli
ambienti. Molte azioni lavorative quotidianamente svolte, infatti, risultano pericolose per
la salute se non addirittura mortali; nei Paesi occidentali, ad esempio, le malattie del
sistema muscolo-scheletrico e i disturbi psicologici costituiscono la causa principale di
assenza per malattia e incapacità lavorativa. Queste condizioni possono essere
parzialmente ricondotte all'inadeguatezza di attrezzature, di sistemi tecnici e
dell'organizzazione del compito, e anche in questo caso, l'ergonomia può aiutare a
ridurre i problemi migliorando le condizioni di lavoro.
19
Un’organizzazione sbagliata della postazione e dell’attività lavorativa può condurre
all’inabilità e all’invalidità. Questo va a scapito non solo della singola impresa, ma
dell’economia dell’intero Paese: il costo economico dovuto agli infortuni e alle patologie
determinate dal posto di lavoro pesa, per l’Italia, circa il 3,2% del Prodotto Interno
Lordo, a fronte dello 0,6% in Francia e dell'1,1% per la Gran Bretagna.
L'esigenza di organizzare il lavoro secondo principi ergonomici nasce quindi dalla
constatazione che in tutto il mondo industrializzato sono in declino le malattie da lavoro
un tempo più frequenti (silicosi e intossicazioni) mentre sono in costante aumento (fino
a rappresentare oltre il 50% del totale) le malattie occupazionali che colpiscono il
sistema neuro-muscolare e scheletrico (Sindrome del Tunnel Carpale, tendiniti,
cervico-brachialgie e mal di schiena) e che sono legate, in genere, alla presenza di
fattori specifici che sono annidati nelle modalità stesse di progettazione e realizzazione
del ciclo lavorativo, e che potrebbero essere ridotte con l'applicazione di precisi principi
ergonomici. Molto schematicamente, i vantaggi apportati dall'ergonomia a livello
aziendale, possono essere così riassunti:
Vantaggi per l'azienda Vantaggi per gli impiegati
• Crescita della motivazione e della soddisfazione sul lavoro
• Aumento dell'efficienza e della produttività
• Diminuzione dell'assenteismo dovuto a malanni
• Aumento della qualità del prodotto e del servizio
• Aumento della comunicazione e della cooperazione interna
• Aumento dell'immagine positiva dell'azienda
• Diminuzione della percentuale degli errori commessi
• Ottimizzazione dei costi con l'adozione di scrivanie condivise
• Lavoro più dinamico ed efficiente
• Diminuzione del peso del lavoro
• Diminuzione dei guai fisici cronici
• Aumento della qualità dell'ambiente di lavoro
• Aumento soddisfazione personale
• Aumento attitudine al movimento
• Riduzione del rimanere a lungo nella stessa posizione
• Miglior lavoro di cuore, sistema circolatorio e gastro-enterico
• Prevenzione dell'inattività muscolare
• Aumento capacità mentali e intellettive
• Minor stressa a carico dei dischi della colonna vertebrale
Si stima che una postazione di lavoro ergonomica costi circa 1.000 euro in più rispetto
a una postazione standard; considerando che il costo giornaliero di un impiegato è
approssimativamente di 154 euro, sono per cui sufficienti sette giorni di assenza per
ammortizzare l'investimento da parte dell'azienda. Inoltre, in caso di mal di schiena 20
cronico, di un handicap o dopo un intervento di ernia al disco, le scrivanie regolabili, in
taluni Paesi come ad esempio la Germania, vengono sovvenzionate dalla pubblica
amministrazione.
Il Decreto Legislativo 626/94 e le sue successive modificazioni hanno reso
l'applicazione della scienza ergonomica obbligatoria negli ambienti di lavoro. L'Articolo
3 “Misure generali di tutela”, comma I, lettera f del Decreto introduce infatti l'obbligo
del “rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta
delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per
attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo”.
Il rispetto dei principi ergonomici è anche richiamato in altri punti: questo riferimento è
infatti presente in quasi tutti gli altri titoli e in particolare nel III (Attrezzature di lavoro),
IV (Dispositivi di protezione individuale), V (Movimentazione manuale dei carichi) e VI
(Videoterminali).
E' quindi evidente il richiamo della Legge a un duplice scopo: da un lato assicurare che
il rispetto dei principi ergonomici conduca alla prevenzione dei disturbi fisici collegati a
un cattivo disegno del sistema organizzato del lavoro, dall'altro che vengano messe in
opera specifiche misure collegate alla attenuazione dei compiti contraddistinti da
maggiore monotonia e ripetitività. In concreto la norma richiama il rispetto generale dei
principi ergonomici e ne definisce specificamente i campi di applicazione a:
− concezione (progettazione) dei posti di lavoro;
− scelta delle attrezzature;
− definizione dei metodi di lavoro e produzione.
Il 9 aprile 2008 è entrato in vigore il nuovo “Testo Unico in materia di sicurezza sul
lavoro”, D.Lgs 81/08 che rappresenta l’attuazione dell’Articolo 1 della Legge 3
agosto 2007 n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute
e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il provvedimento legislativo è costituito da ben 306
Articoli, 13 Titoli e 51 Allegati.
Oltre al D.Lgs 626/94 il richiamo a requisiti ergonomici è contenuto all'interno di altre
norme attualmente vigenti nel nostro Paese, come ad esempio le norme UNI 7368-87;
UNI 7498-87, che riportano le indicazioni utilizzabili in termini di misure, per una
progettazione ergonomica di tavoli e scrivanie, sedie regolabili in altezza e poggiapiedi
per posti di lavoro in uffici e in officine. O ancora, nella norma ISO 9241, che fornisce
delle linee guida agli utenti sui sistemi di elaborazione delle informazioni basati su unità
video, con riferimenti ai compiti d'ufficio.
21
Precisi obblighi sono anche previsti per i diversi soggetti coinvolti dal recepimento della
"Direttiva macchine": D.P.R. 24 luglio 1996 n. 459. In particolare, l'acquirente o
utilizzatore di una macchina, oltre a verificare l'osservanza formale dei requisiti di
Legge e l'eventuale presenza di palesi carenze, deve installare e utilizzare la macchina
secondo le istruzioni del costruttore e valutare i rischi della stessa macchina inserita
nel contesto lavorativo specifico.
Del concetto di progettazione secondo criteri ergonomici si fa chiaro accenno anche
all'interno dell'Articolo 5, Comma 1, Lettera b del D.Lgs. n. 624/96 “Sicurezza e
salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee”, così
come riferimenti impliciti all'intervento ergonomico sono presenti in: D.Lgs. n. 493/96
“Prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di
lavoro”, D.Lgs n. 494/96 “Prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare
nei cantieri temporanei o mobili”, D.Lgs. n. 645/96 “Sicurezza e salute sul lavoro
delle lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento”.
Diventa quindi essenziale, al fine del concreto rispetto degli obblighi previsti in materia
di ergonomia, il riferimento a standard nazionali e internazionali capaci di fungere da
guida applicativa sia per i datori di lavoro sia per i progettisti e i costruttori. Molte
informazioni e suggerimenti a tal riguardo sono contenute nella norma UNI EN 614-1
“Sicurezza del macchinario. Principi ergonomici di progettazione. Terminologia e
principi generali”, in cui è possibile trovare anche una serie di rimandi a ulteriori
norme sull’ergonomia.
Altre norme UNI EN ISO in materia di prevenzione di rischi ergonomici sono: UNI EN
ISO 6385 “Principi ergonomici nella progettazione dei sistemi di lavoro”; UNI EN
ISO 10075-1 “Principi ergonomici legati al carico di lavoro mentale – Termini e
definizioni generali”; UNI EN ISO 10075-2 “Principi ergonomici legati al carico di
lavoro mentale – Principi di progettazione”; UNI EN ISO 10075-3 “Principi
ergonomici legati al carico mentale – Misura e valutazione del carico mentale”;
UNI EN 614-2 “Safety of machinery – Ergonomic design principles – Part 2:
Interaction between the design of machinery and work tasks”; ISO 9241-11
“Requisiti ergonomici per il lavoro d'ufficio al videoterminale. Guida
all'usabilità”. In particolare, la norma ISO 9241 parte II fornisce delle linee guida agli
utenti sui sistemi di elaborazione delle informazioni basati su unità video, con
riferimento ai compiti d'ufficio.
22
Il profilo professionale dell'ergonomo viene introdotto per la prima volta all'interno del
Disegno di Legge n. 1047/2002 che, al Capo III, lo definisce come “persona
competente a progettare e valutare i requisiti ergonomici di ambienti, strumenti,
apparecchiature, posti di lavoro, prodotti, servizi e attività.
Il Decreto Ministeriale del 8 Luglio 2005 “Requisiti tecnici e i diversi livelli per
l'accessibilità agli strumenti informatici” definisce infine per la prima volta in
maniera dettagliata la figura di esperto di fattori umani come “soggetto in possesso di
Diploma di laurea, anche triennale, comprendente un anno di formazione in discipline
ergonomiche, quali ergonomia dell'ambiente, ergonomia dell'hardware, ergonomia
cognitiva, macroergonomia, che abbia svolto un tirocinio documentato di almeno un
anno”.
23
3. L'ERGONOMIA NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI
Molte situazioni lavorative e di vita quotidiana risultano pericolose per la salute. Il
settore che, più di tutti, risente dell'apporto della progettazione ergonomica è però
quello professionale. Il principale è più importante obiettivo dell'ergonomia è infatti
quello di adattare maggiormente il luogo di lavoro alla natura dell'uomo. Questo
fondamentale concetto viene generalmente dimenticato con la conseguenza che sono
le persone a doversi adattare all'ambiente di lavoro e non viceversa. Molti sono i fattori
che influenzano l'ergonomia sul posto di lavoro: la Legge, le condizioni fisiche e sociali,
le nuove tecnologie, ecc.
Per avere un'organizzazione ergonomica del lavoro, una componente di fondamentale
importanza è il giusto arredamento: il posto di lavoro ideale deve essere funzionale,
flessibile, ergonomico, orientato al design ed economico.
Nella progettazione di un posto di lavoro tipo ufficio, ad esempio, l'altezza media del
piano di appoggio dei piedi dal suolo dovrebbe essere inclinato di circa 30° e misurare
dai 70 ai 150 mm. L'altezza del sedile dal suolo dovrebbe essere invece compresa tra i
420 e i 550 mm mentre l'angolo visivo ottimale sui piani verticali e orizzontali dovrebbe
essere rispettivamente di 38° e 60°.
L'altezza del piano di lavoro dal suolo varia naturalmente in base alla tipologia di lavoro
considerato: per lavori grossolani deve essere compresa tra i 670 e i 750 mm; per
lavori scritturali dai 720 agli 840 mm; per lavori di precisione dai 720 ai 960 mm; per
lavori visivi di precisione dai 980 ai 1.060 mm.
In linea generale, i concetti di base per una corretta analisi anatomica sono
essenzialmente:
1. Far compiere i movimenti degli arti superiori in direzione opposte e simmetriche,
con inizio e fine nel medesimo istante;
2. I compiti precisi debbono essere normalmente affidati alla mano destra (o sinistra
se mancini);
3. Le operazioni di lavoro devono interessare il minor numero di gruppi muscolari
possibile;
4. Limitare al massimo i movimenti del tronco;
5. Sfruttare l'energia cinetica degli oggetti e degli utensili per ridurre lo sforzo
muscolare;
6. Evitare posizioni statiche con mantenimento in estensione dei segmenti corporei;
24
7. Movimenti continui e curvilinei sono preferibili a movimenti in linea retta, brevi e con
brusche variazioni di direzione;
8. Sfruttare la forza di gravità per il carico e lo scarico dei pezzi;
9. Disporre i materiali in posizioni dedicate e precise;
10.Prevedere piani di appoggio registrabili per gli arti superiori e inferiori;
11.Far eseguire le operazioni in una zona raccolta di fronte alla persona;
12.Curare l'illuminazione del posto di lavoro;
13.Disporre materiali e utensili in modo da realizzare la maggiore sequenza di
movimenti.
La scrivania deve essere progettata con lo scopo di poter sempre ottenere la postura
più ergonomica possibile. In altri termini, la scrivania deve potersi adattare
perfettamente alla persona che vi lavora. La DIN 26385 (“Principio di ergonomicità
nel design dei sistemi di lavoro”) prescrive che le persone devono essere in grado di
passare in qualsiasi momento da una posizione seduta a una in piedi. L'ideale è quindi
una postazione di lavoro seduto/in piedi che permetta alla persona di scegliere la
postura preferita nell'arco della giornata.
Nel 2001 il forum tedesco per l'arredamento da ufficio, il Büromöbel-Forum, ha
verificato che il 27% delle postazioni aveva dei difetti di progettazione e il 15% era
totalmente mancante di principi di ergonomia.
Durante la propria vita, le persone passano circa 80.000 ore in ufficio e l'85% di questo
tempo è in posizione seduta. Ogni persona rimane seduta fino a 15 ore al giorno: a
tavola, in automobile, guardando la televisione, ecc. Stare continuamente seduti
indebolisce la muscolatura che, di conseguenza, fa diminuire la funzione di supporto e
sostegno al corpo umano. La pressione sulle vertebre aumenta e tutto ciò può arrecare
danni alla spina dorsale con conseguenti mal di schiena. Una postura scorretta mentre
si è seduti è, ad esempio, la seconda causa di ernia al disco, subito dopo il trasporto di
pesi. A tal proposito, gli esperti di ergonomia raccomandano 2/4 cambi di posizione
all'ora, la fase in piedi non dovrebbe durare più di 20 minuti. La posizione seduta e
quella in piedi dovrebbero essere equamente ripartite.
Per quanto è possibile è bene ricorrere ad attrezzature di lavoro regolabili in modo da
poterle adattare alla corporatura e all'attività dei lavoratori. Le possibilità di regolazione,
se esistono, riguardano solitamente l'altezza della superficie di lavoro, delle sedie e
degli impianti di montaggio o la posizione di apparecchi di controllo, di visualizzazione
e di manovra.
25
La postura di lavoro, ossia l'insieme degli atteggiamenti che il corpo assume per
svolgere una serie di mansioni che costituiscono i suoi compiti professionali, è ad
esempio assolutamente determinante per eventuali disturbi alla salute dei lavoratori.
In alcuni lavori la postura si mantiene nel tempo quasi costante (postura fissa) poiché
l'operatività dinamica si riferisce solo a limitati movimenti che coinvolgono solo alcune
parti del corpo, mentre in altre tipologie di lavoro avviene costantemente una sequenza
di movimenti corporei molto variegata e in perenne cambiamento (postura dinamica).
In questo caso è possibile affermare che la postura di lavoro non sia un fattore di
rischio assoluto, ma diventa elemento di rischio quando subentrano dei meccanismi
dannosi dovuti a un eccesso di sforzo per qualche parte del corpo a differenza di altre.
In altri termini, è possibile parlare di sovraccarico meccanico quando si verificano le
seguenti condizioni:
- viene effettuato uno sforzo eccessivo da parte delle strutture articolari, dei tendini o
dei muscoli, come quando vengono sollevati o trasportati oggetti pesanti;
- l'impegno e lo sforzo non sono notevoli, ma sono prolungati per gran parte del tempo
lavorativo e vengono attuati mantenendo delle posture fisse e prolungate, con
l'eventuale movimento ripetitivo o inerente solo a qualche segmento del corpo;
- costanti movimenti ripetitivi che coinvolgono un particolare segmento del corpo che
viene sollecitato in modo eccessivo e secondo un'unica modalità. Questo avviene
soprattutto nel caso di utilizzo di utensili manuali.
Le conseguenze dolorose più probabili del carico statico, legato a certe posture di
lavoro, sono così correlate:
Stare fermo in piedi → Problemi ai piedi e alle gambe (rischio di vene varicose)Stare fermo in piedi → Problemi ai piedi e alle gambe (rischio di vene varicose)
Stare seduti senza supporto posteriore → Problemi ai muscoli estensori della schienaStare seduti senza supporto posteriore → Problemi ai muscoli estensori della schiena
Sedile troppo alto → Problemi a ginocchio, polpaccio della gamba, ecc.Sedile troppo alto → Problemi a ginocchio, polpaccio della gamba, ecc.
Sedile troppo basso → Problemi a spalle e colloSedile troppo basso → Problemi a spalle e collo
Tronco incurvato in avanti → Problemi lombari e ai dischi intervertebraliTronco incurvato in avanti → Problemi lombari e ai dischi intervertebrali
Braccia tese → Problemi a spalle (rischi di periartrite) e alle bracciaBraccia tese → Problemi a spalle (rischi di periartrite) e alle braccia
Capo troppo inclinato in avanti o all’indietro → Problemi al collo Capo troppo inclinato in avanti o all’indietro → Problemi al collo
Innaturale presa di impugnature → Problemi all’avambraccio, tendinitiInnaturale presa di impugnature → Problemi all’avambraccio, tendiniti
Complessivamente è però la colonna vertebrale la parte del corpo che accusa i disturbi
più forti e più dannosi nel caso di posture di lavoro errate, ma sono frequenti anche
26
disturbi a carico degli arti superiori (soprattutto mano e avambraccio). Secondo
Kroemer e Grandjean, ad esempio, il problema principale per la salute è rappresentato,
non tanto dallo stress muscolare, quanto dalla durata dello sforzo e dagli strappi a
livello di schiena, specialmente sui dischi intervertebrali del segmento lombare, con
elevato rischio di lesione.
Anche la tensione muscolare è direttamente correlata al tipo di postura o di movimenti
attuati, oltre naturalmente al peso del carico sollevato. In un movimento di
sollevamento di un carico da terra si produce una tensione muscolare molto elevata
che a sua volta si traduce in una forza che comprime il complesso disco-vertebra.
Anche all’interno del mondo scolastico il tema dell’ergonomia è di grandissima attualità.
Si stima infatti che più della metà dei bambini moderni soffra occasionalmente di mal di
schiena. Le cause sono da ricercarsi in diversi fattori, anche se lo zainetto, il libro, il
computer e, soprattutto, la mancanza di attività fisica sono i principali accusati.
Nel 2007 l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro, organo
scientifico del Ministero della Salute ha pubblicato un apposito opuscolo intitolato
“Ergonomia a scuola” che spiega alcune semplici regole per preservare la vista e la
crescita armoniosa della colonna vertebrale. Il programma ha l’obiettivo di
sensibilizzare gli alunni, attraverso lo studio delle proprie esperienze e di alcuni
semplici concetti di ergonomia, ai problemi derivati da un'inadeguata ergonomia
scolastica. In particolare viene fornita una formazione all’uso dello zainetto scolastico e
alla postura corretta al banco di scuola e davanti al videoterminale.
Nel settembre dello scorso anno, inoltre, è partita
un’importante campagna di prevenzione nelle scuole
italiane (rivolta sia agli alunni sia ai dirigenti scolastici),
chiamata “Campagna Postura Corretta”, che ha come
obiettivo finale quello di favorire l’uso del leggio (porta-
book) come dispositivo di prevenzione.
Una preoccupazione comune nei genitori degli alunni è il
peso dello zainetto scolastico che può comportare lo sviluppo di danni permanenti
alla colonna e mal di schiena, specialmente nei ragazzi che già risentono di una
malattia della colonna vertebrale.
Da uno studio effettuato nel 1997 dal Gruppo di Studio della Scoliosi e delle Patologie
vertebrali su 680 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 13 anni, è emerso che il 34,8%
degli studenti è sottoposto a un carico maggiore al 30% del proprio peso corporeo per
27
almeno un giorno alla settimana, mentre il peso medio e massimo rapportati al peso
corporeo sono in media rispettivamente 22% e 27,5%. Rapportando questi risultati a
un uomo di 80 kg o a una donna di 60 kg si ha un peso equivalente medio di 17,6 o
13,2 kg e massimo di 22 o 16,5 kg rispettivamente.
A tal proposito, di particolare ingegnosità è la sacca
ergonomica messa a punto da Lawrence Rome della
University of Pennsylvania, che per la sua
costruzione si è ispirato alle corde normalmente
utilizzate per il bungee jumping. Si tratta di uno
speciale zainetto, dotato di un sistema di corde
elastiche, carrucole e ammortizzatori in grado di
diminuire il peso del carico portato sulla schiena, che
permette di sostenere almeno 6 kg in più del normale,
senza avvertirne lo sforzo.
Mentre negli zaini tradizionali, il peso si scarica direttamente sull'imbragatura, a sua
volta fissata al corpo: in questo modo tutto il carico si muove insieme alla persona
quando cammina. Secondo il calcolo dei ricercatori, con la nuova sacca elastica un
peso di 27 kg potrebbe essere trasportato usando la stessa energia richiesta per il
trasporto di uno zaino tradizionale da 21,7 kg.
3.1.Ambiente domestico
La casa è senz’altro il più importante ambiente di vita dove andrebbe applicata una
corretta progettazione ergonomica e una collocazione più ragionata e salutare degli
elettrodomestici, dell’arredamento, dei suppellettili e dei complementi d’arredo. Proprio
un utilizzo scorretto di tutti questi accessori, è infatti una delle prime cause di future
patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.
Ad esempio, per un suo corretto utilizzo, la lavatrice con caricamento frontale andrebbe
sollevata a circa 50 centimetri dal pavimento per evitare ripetute flessioni del tronco. O,
ancora, i piani cottura, collocati generalmente a 86 centimetri di altezza, dovrebbero
essere adeguati alle varie esigenze dell’utente, in modo da favorire il mantenimento
corretto della postura eretta. Il forno dovrebbe essere invece sempre staccato dal bloc-
co dei fornelli e posizionato a circa 1,20 metri di altezza.
28
I lavelli del bagno sono di regola posizionati a 84 centimetri di altezza; posizione che
favorisce, l’insorgenza del cosiddetto colpo della strega. Occorrerebbero, invece, al-
meno 94 centimetri, mentre per i bambini è più consigliato l’utilizzo di un’apposita pe-
dana. La parte inferiore dei mobili dovrebbe avere sempre a disposizione uno spazio
sufficiente per permettere alla parte anteriore del piede di avanzare, evitando posizioni
erette inclinate in avanti. Meglio sarebbe anche alzare il letto sino a circa 80 centimetri
di altezza in modo da favorire i movimenti. Sono inoltre da evitare i letti troppo morbidi
e le assi di truciolato poiché poco elastiche e poco favorenti la traspirazione dell’aria.
Sono consigliati anche i materassi in lattice e le reti a doghe di legno possibilmente va-
riabili sotto il profilo della resistenza. Il cuscino non dovrebbe presentare uno spessore
eccessivo, in modo da poter mantenere la colonna cervicale allineata con le porzioni
dorsale e lombare.
Onde evitare strappi muscolari o traumi alla colonna vertebrale durante le operazioni di
pulizia, è anche consigliabile allungare a 1,80 metri circa il manico della scopa e dello
spazzolone per pavimenti.
Ad esempio l’altezza ideale di un lavello può essere espressa dalla seguente tabella:
Statura (m) Altezza lavello (cm)1,65 – 1,70 971,70 – 1,75 991,75 – 1,80 1011,80 - 1,85 103
3.2.Computer e periferiche informatiche
In seguito all'avvento e alla diffusione del computer nelle abitazioni e negli ambienti di
lavoro, una larga parte dell'ergonomia è dedicata ai contesti in cui il computer
rappresenta l'elemento preponderante.
La ricerca Ergonomic Survey condotta nel 2004 dal produttore di monitor per computer
CTX, ha rivelato che tre lavoratori europei su quattro soffrono di problemi di salute
legati all'uso del PC: il 44% degli intervistati aveva inoltre dichiarato di trascorrere più di
40 ore alla settimana davanti a un monitor.
Studi recenti hanno messo in luce un prolungato e continuativo utilizzo del PC o del
videoterminale, soprattutto se per operazioni ripetitive, può causare disturbi fisici detti
genericamente RSI (Repetitive Strain Injuries) o CTD (Cumulative Trauma
Disorders). Tali disturbi sono soprattutto muscolo scheletrici e visivi.29
Le affezioni muscolo-scheletriche sono causate dalle tensioni prodotte dall'irrigidimento
dello scheletro e della muscolatura e dal contemporaneo lavorio incessante di braccia
e mani. Questa situazione compromette il normale afflusso di sangue e la normale
ossigenazione dei tessuti e può portare alla loro infiammazione, causando così
tendiniti, tenosinoviti e Sindrome del Tunnel Carpale.
I disturbi principali sono però quelli visivi, che provocano uno stato di affaticamento
generale e risultano essere la causa principale di errori sul lavoro. Infatti la visione
occupazionale ravvicinata, protratta e statica rappresenta, in una elevata percentuale
di soggetti, una delle principali condizioni di disagio a breve termine.
É nozione confermata che i lavoratori addetti all'uso di attrezzature informatizzate
munite di schermi video possono andare incontro a fenomeni di emicrania e fatica
visiva, o astenopia, ossia una sindrome causata da noxae occupazionali in grado di
concorrere a determinare, anche in rapporto alle caratteristiche oftalmologiche del
lavoratore, un disagio della visione, che si manifesta con un insieme di sintomi e segni
in prevalenza oculari e visivi, ma anche generali.
Tali disturbi hanno come cause principali le cattive condizioni di illuminazione, lo sforzo
ottico prolungato ed eventuali difetti della vista già preesistenti. Il surmenage mentale
può causare inoltre: mal di testa, irritabilità, insonnia, ansia e depressione.
Gli addetti ai videoterminali lamentano spesso lombalgie di tipo muscolotensivo; la
causa deve essere ricercata nell'impegno cui è sottoposta la muscolatura del rachide
sia nelle sue attività dinamiche per i movimenti delle mani, delle braccia e della colonna
vertebrale, e sia per le attività statiche per le contrazioni muscolari prevalentemente
isometriche. Si tratta, specie per queste ultime, di un'attività non appariscente perché i
movimenti in realtà sono molto ridotti. Tuttavia lo sforzo è da ritenersi consistente,
specie per la contrattura muscolare finalizzata ai continui tentativi di mantenere la
colonna vertebrale nella verticalità e nella stabilità di entrambe, indispensabili alla
contemporanea lettura dei testi e alla sorveglianza della digitazione. I disturbi
scheletrici della colonna vertebrale compaiono soprattutto perché nella posizione
eretta, prolungata e fissa il disco intervertebrale resta compresso e mal nutrito. I
disturbi muscolari, specie quelli delle contrazioni isometriche, sono causati dalla
mancata normale irrorazione sanguigna e dal conseguente ristagno delle tossine
dovute alla fatica. I disturbi articolari sono dovuti invece essenzialmente alla velocità
della digitazione e alla staticità della postura del rachide, specie se accompagnata da
braccia addotte e flesse. Si tratta di alterazioni articolari di tipo infiammatorio acuto e
30
cronico interessanti tutto il substrato anatomo-funzionale dell'attrito, a seguito del
prolungato svolgimento di mansioni che richiedono particolari movimenti veloci e
ripetitivi.
I disturbi periarticolari degli addetti ai videoterminali sono piuttosto rari. Riguardano
essenzialmente i nervi, i tendini e le loro guaine del polso e della mano. Un lavoro
prolungato nella stessa posizione, sia seduti sia in piedi, può causare disagio.
I disagi accusati riguardano le seguenti parti del corpo:
- Dolori al collo e alle spalle, che possono essere causati da posizioni scomode ed
eccessivi stiramenti;
- Dolori alla schiena, causati da posizione fisse o costrette dove il disco intervertebrale
è mal nutrito e invecchia precocemente;
- Dolori alle braccia e alle mani, che possono essere generati da movimenti ripetitivi,
pressione, problemi derivanti dalla zona cervicale o spalle, stress emotivo.
È stato rilevato che la maggior parte degli operatori al videoterminale assume
spontaneamente una posizione più o meno inclinata all'indietro, contribuendo ad
alleviare il carico sulla schiena. Per evitare le posture forzate e i malesseri fisici che ne
derivano, occorre prestare molta attenzione alla posizione del capo, delle braccia, dei
polsi e delle gambe. Questo è possibile regolando sia le diverse componenti della
postazione di lavoro, sia conoscendo e applicando semplici misure di prevenzione
ergonomiche, sia semplici indicazioni di tipo posturale.
L'assetto ergonomico del lavoratore addetto al videoterminale deve tener conto dei
seguenti aspetti fondamentali:
- la funzione visiva è supportata da una posizione della colonna che assicuri una
relativa rigidità e una contemporanea possibilità di aggiustamenti per favorire i piccoli
movimenti del capo e delle mani;
- la digitazione sulla tastiera viene effettuata essenzialmente articolando le dita sui
metacarpi e questi sul polso;
- la stabilità della colonna vertebrale e la sua verticalità sono componenti essenziali per
consentire al capo un meccanismo sinergico con la funzione visiva;
- la naturale adduzione delle braccia sul tronco non implica fatica ma concorre alla
stabilità della postura;
- l'avambraccio flesso sul braccio è una posizione critica perché è sollecitato
distalmente dai movimenti della mano.
31
In linea generale, per un corretto e più salutare lavoro al computer è sempre bene
tenere sotto controllo i comportamenti e le condizioni che possono causare problemi,
come ad esempio: ripetitività, postura errata, postura statica, stress dovuto a situazioni
di contatto prolungato o di forze subite e temperature estreme. Più in particolare,
occorre prestare costante attenzione a:
1. Occhi:
- sedere approssimativamente a una distanza di circa 60 centimetri dal monitor;
- posizionare la parte superiore del monitor a livello degli occhi o leggermente più in
basso;
- utilizzare un leggio per posizionare correttamente il documento a cui si sta lavorando;
- utilizzare un filtro antiriflesso per ridurre i riflessi e l'eccessiva brillantezza del monitor;
- utilizzare una lampada per illuminare i documenti ed evitare eventuali zone d'ombra.
2. Polsi:
- mantenere i polsi diritti, in una posizione naturale;
- mantenere la parte bassa del gomito allineata alla stessa altezza della tastiera, non
più in basso;
- tenere gli avambracci paralleli al pavimento;
- utilizzare il minimo di forza mentre si digita sulla tastiera;
- utilizzare i braccioli della poltrona come supporto.
3. Spalle:
- mantenere le spalle rilassate e in posizione neutra mentre si digita;
- evitare di incastrare la cornetta del telefono tra spalla e orecchio;
- tenere i gomiti vicini ai fianchi quando si utilizza la tastiera e il mouse;
- non estendere il braccio per raggiungere il mouse. Tenere il mouse il più vicino
possibile alla tastiera;
- fare delle pause ricorrenti per alleviare la tensione dei muscoli delle spalle, facendo
qualche piccolo esercizio riabilitativo.
4. Schiena e Gambe:
- regolare l'altezza della sedia in modo che le cosce siano parallele al pavimento;
- sedere con la schiena appoggiata allo schienale in modo che la zona lombare sia
saldamente sostenuta dallo schienale o da un cuscino apposito;
- utilizzare un cuscino anatomico, per una migliore distribuzione del peso e un supporto
più saldo.
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Per una migliore predisposizione della postazione di lavoro il margine superiore del
monitor dovrebbe essere all'altezza degli occhi o immediatamente al di sotto in modo
che l'operatore guardi leggermente verso il basso; l'operatore non dovrebbe aver
bisogno di inclinare il capo all'indietro per guardare una qualsiasi parte dello schermo;
posizionare il monitor direttamente davanti all'operatore, non al lato. La profondità
dell'area di lavoro deve essere abbastanza ampia (minimo 900 mm a seconda delle
dimensioni del monitor) da poter permettere questa sistemazione, il monitor di lato può
sottoporre a stress il collo; tenere sempre una distanza di almeno un braccio dallo
schermo; i supporti per i documenti cartacei devono essere posti frontalmente
all'operatore.
A) Posizione schermo
B) Posizione polsi
C) Posizione busto
D) Supporto lombare
E) Spazio ginocchia
F) Sostegno cosce
G) Altezza sedile
H) Tipo sedile
I) Supporto piedi
J) Posizione supporto cartaceo
Più in particolare, le video display unit dovrebbero possedere le seguenti possibilità di
regolazione: altezza della tastiera (dal pavimento all'alloggiamento) 700 - 850 mm;
centro dello schermo dal pavimento 900 - 1.150 mm; inclinazione dello schermo 88° -
105° sull'asse orizzontale; tastiera (alloggiamento) dall'estremità del tavolo 100 - 260
mm; distanza dello schermo dall'estremità del tavolo 500 - 750 mm.
Il supporto porta-tastiera deve essere abbastanza ampio da poter ospitare sia la
tastiera sia il mouse e garantire a quest'ultimo una buona superficie di utilizzo.
La tastiera deve essere autonoma, mobile, inclinabile e di basso spessore. La sua
superficie deve essere opaca con caratteri e simboli leggibili. Inoltre, lo spazio sul
tavolo davanti ad essa deve consentire un comodo appoggio per le mani e gli
avambracci.
33
L'altezza della tastiera dovrebbe essere tale da permettere
ai gomiti di poter rimanere ad angolo retto rispetto alla
perpendicolare del corpo. Il tavolo del computer deve
essere il più sottile possibile per permettere alle gambe di
avere spazio sufficiente. Le spalle devono essere rilassate.
La tastiera dovrebbe essere tirata vicino al corpo. I polsi
dovrebbero essere in linea con la tastiera. Supporti per i
polsi, della stessa altezza della barra spaziatrice, possono aiutare a tenere i polsi nella
loro posizione neutra. É consigliabile spostare la mano piuttosto che allungare le dita
per raggiungere più agevolmente i tasti più periferici della tastiera.
Il monitor deve essere posto a una distanza di 50-70
centimetri dal capo dell'utente, va posto di fronte al
sedile, parallelo al tronco dell'utente per evitare torsioni
del collo o della schiena. Il bordo superiore del monitor
deve essere all'altezza degli occhi, per chi usa lenti
bifocali tenere il monitor più in basso per evitare tensioni
al collo.
Per essere adeguato lo schermo deve possedere le seguenti caratteristiche:
- caratteri definiti e leggibili;
- immagini stabili;
- regolabilità del contrasto e della luminosità;
- orientabilità nello spazio;
- preferibilmente posto su un supporto autonomo regolabile purché solido e stabile.
Lo schermo deve essere anti-riflesso. Fra i vari tipi di filtri anti-riflesso per
videoterminali presenti sul mercato, si ritiene che quelli in vetro ottico abbiano le
migliori caratteristiche: oltre a presentare un elevato potere anti-riflesso, aumentano
allo stesso tempo il contrasto e la risoluzione delle immagini, riducendo anche le
oscillazioni luminose dei caratteri. Inoltre tali filtri, se collegati a terra, limitano o
annullano l’accumulo di cariche elettrostatiche.
Il supporto del monitor, se presente, deve essere solido e facilmente regolabile.
Il mouse va utilizzato tenendolo il più possibile vicino alla tastiera e allo stesso livello, in
modo da non doversi allungare per usarlo; va inoltre avvicinato al corpo mantenendo
l'avambraccio appoggiato al piano del tavolo.
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Il leggio portadocumenti deve essere orientabile, stabile e regolabile; deve essere
collocato in modo tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e del
collo, quindi circa alla stessa distanza e angolazione del monitor. I documenti devono
essere naturalmente ben leggibili e scritti possibilmente su carta opaca.
La lampada da tavolo deve essere schermata e orientabile, da utilizzare se è
necessario integrare l'illuminazione naturale o artificiale.
La sedia dovrebbe fornire un buon supporto per la
zona lombare. Il busto deve poter rimanere
perpendicolare al pavimento. Se presenti, i
braccioli dovrebbero essere imbottiti a una altezza
che permetta al gomito di poter essere adiacente
al corpo. I braccioli, inoltre, dovrebbero essere
retrocessi per poter permettere di raggiungere il
piano di lavoro mantenendo i gomiti a un angolo tra i 90° e i 100°. Il bordo della sedia
deve essere lontano dalla zona di flessione del ginocchio per evitare di esercitare
pressione sui tendini. Le gambe devono disporre di spazio a sufficienza. Le ginocchia
non devono toccare contro il piano porta-tastiera. I piedi devono poter essere
appoggiati comodamente a terra.
Più in particolare, la distanza tra la superficie del sedile e il piano del tavolo deve
essere compresa tra 270 e 300 mm; la sedia deve essere adattata sia ai tradizionali
compiti d'ufficio sia alla moderna strumentazione informatica; la sedia deve essere
ideata per starvi seduti sia in una posizione eretta sia leggermente reclinata; lo
schienale dovrebbe avere un'inclinazione regolabile; è necessario uno schienale con
un'altezza fra 480 e 500 mm in verticale a partire dalla superficie del sedile; lo
schienale deve avere un supporto lombare dalla forma corretta, che dovrebbe offrire un
buon sostegno alla colonna vertebrale tra la terza vertebra e l'osso sacro; la superficie
del sedile dovrebbe misurare in senso trasversale 400 - 450 mm e in senso
longitudinale 380 - 420 mm; la sedia deve soddisfare tutti i requisiti di modernità: deve
avere altezza regolabile (380 - 540 mm), con lo spigolo anteriore del sedile
arrotondato. Deve essere girevole, con la base a cinque raggi con rotelle, mentre i
meccanismi di regolazione devono essere di facile utilizzo.
Il piano di lavoro deve essere stabile e non vibrare all'uso e deve possedere una
superficie chiara e non riflettente e dimensione idonea a una sistemazione corretta e
flessibile di monitor, tastiera e documenti di lavoro. L'altezza del tavolo deve essere
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regolabile o, se fissa, di circa 720 mm; la profondità sotto il piano deve permettere di
semidistendere le gambe. Il poggiapiedi deve essere stabile e largo a sufficienza da
permettere alle gambe differenti posizioni e deve essere assolutamente necessaria per
il mantenimento di una postura seduta fisiologica, la quale è caratterizzata da una
distribuzione del peso corporeo per il 16% delle superfici plantari. A tal fine, la pedana
poggiapiedi dovrebbe essere adattabile all’altezza dell’operatore.
Qui di seguito, si riportano a titolo esemplificativo due tipi di tastiere per computer di
ultima generazione, concepite secondo criteri ergonomici:
Sulla destra è raffigurata una tastiera ergonomica prodotta da Kraun, particolarmente
adatta per l'utilizzo delle applicazioni multimediali e della rete Internet. In particolare, la
tastiera è caratterizzata da un design tridimensionale ed è dotata di poggia palmi per il
comfort dei polsi e degli avambracci durante la digitazione.
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Sulla sinistra è invece raffigurata una tastiera ergonomica tridimensionale, realizzata
da Maltron, in grado di adattarsi perfettamente alla forma delle mani e alla lunghezza
delle dita, in modo da ridurre al minimo i movimenti bruschi e le tensioni durante la
sessione di lavoro.
In commercio esistono anche tastiere organizzate in due o tre pezzi distinti tra loro che
possono essere posizionati a piacere o, addirittura, tastiere speciali il cui
funzionamento è basato su due piccole cupole su cui è possibile appoggiare
comodamente le mani in posizione di riposo: muovendo ciascuna cupola in una delle
differenti direzioni gestite dal sistema è possibile formare singole lettere e comporre
intere parole.
Dall’aspetto ancora più singolare e insolito è la tastiera verticale
messa a punto dal laboratorio Human Factors and Ergonomics
dell’università americana Cornell. Si tratta di una tastiera
composta da due pad divaricati con metà tasti da una parte e
dall'altra, disposti appunto in verticale.
Recentemente anche i mouse sono stati oggetto di ricerca e
sperimentazione in materia di ergonomia, essendo tra i prodotti più imputati di essere
causa di patologie a carico dell'apparato muscolo-scheletrico, come ad esempio la
Sindrome del Tunnel Carpale. L'utilizzo dei mouse tradizionali, difatti, costringono
l'utente a torcere l'avambraccio per posizionare il palmo della mano orizzontalmente
sopra il mouse stesso, andando così ad assumere una posizione assolutamente non
distesa e non anatomica. In più, per poter effettuare un click, i mouse tradizionali
costringono la mano dell'utente a un movimento verso l'alto mantenendo il polso
esteso; movimenti di estensione e pronazione dell'avambraccio che provocano un
carico pesante alla muscolatura. In più, come vi sono in natura mani di qualsiasi
dimensione, così esistono in commercio mouse di più grande e più piccole dimensioni.
É preferibile quindi scegliere quello giusto, che possa essere tenuto comodamente
sotto la mano in posizione rilassata. La parte finale della mano deve appena toccare il
mouse, mentre il punto d’incontro tra mano e polso deve poggiare comodamente sul
piano di lavoro.
Spesso, un mouse dotato di trackball è più efficace per coloro che lamentano dolori
alle spalle dal momento che il suo utilizzo richiede meno movimenti. Coloro che
soffrono di dolori alle mani o ai polsi potrebbero trarre giovamento ad esempio da un
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mouse con controllo a pedale (come riportato nella figura sottostante), così da
eliminare le sollecitazioni della mano.
Nel caso di mouse o trackball, una delle caratteristiche indispensabili è rappresentata
dalla facilità di impugnatura. A questo tipo di necessità si fa fronte, solitamente, con un
design quasi ovoidale che permette l'appoggio completo del palmo della mano sul
dispositivo. Ma esistono anche altri tipi di soluzione quali, per esempio, delle forme
asimmetriche, vagamente simili a un'arachide o a un fagiolo, che permettono, invece,
una migliore presa da parte del pollice. Esempi più radicali sono rappresentati da
mouse che arrivano ad assomigliare, nella forma e nelle dimensioni, a veri e propri
joystick e che quindi non necessitano di essere appoggiati su una superficie piana ma
vengono, al contrario, tenuti in mano dall'utilizzatore. Nelle due figure sottostanti è
riportato un modello di mouse ergonomico, prodotto da Anir, di forma assai simile alla
cloche di un aereo in modo da incoraggiare una posizione verticale naturale della
mano con il pollice che indica verso l'alto. Gli utenti appoggiano la parte posteriore
della mano alla base del mouse e il pollice sul tasto nella parte superiore per poter
azionare il click.
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Un aspetto fondamentale dei dispositivi ergonomici è rappresentato dall'impugnatura
che deve essere sicura e stabile. Questa necessità si traduce, per esempio, in
soluzioni che presentano delle superfici in gomma antiscivolo, piuttosto che taglie
diverse a seconda della dimensione della mano dell'utilizzatore. Per chi è abituato a
utilizzare il mouse con la mano sinistra, invece, alcuni modelli di forma asimmetrica
sono disponibili anche nella versione per mancini.
Immessi solo di recente sul mercato, esistono, inoltre, anche dei mouse che
sostituiscono la tradizionale pallina per la rilevazione del movimento con un sensore
ottico. Esistono, infine, anche particolari dispositivi come, per esempio, dei veri e propri
telecomandi per computer che consentono di gestire le principali funzioni a distanza o,
addirittura, dei particolari mouse che si infilano sul dito indice e che vengono comandati
unicamente dagli impulsi nervosi dell'utilizzatore.
In conclusione, un esempio di postazione di lavoro ottimale, pensata inizialmente solo
per scopi ludici, potrebbe essere rappresentata da quella realizzata da ErgoMotions. Si
tratta di una postazione costituita da un piano industriale montato su un rack che
sospende due monitor da 19 pollici di diagonale. La postazione è poi completata da
una tastiera e un mouse ergonomico, un sistema audio surround 7.1, capacità di rete
wireless e una telecamera integrata.
O, ancora, la postazione Neber studiata appositamente per consentire una postura
corretta della schiena, realizzata dall’azienda coreana G-Tech, che si presenta con un
poggia tastiera e un porta schermo a cristalli liquidi.
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3.3.Dispositivi mobili
Per quanto riguarda l'ergonomia mobile, che comprende i telefoni cellulari, i notebook
e i palmari, è bene ricordare che i laptop sono causa delle preoccupazioni maggiori in
termini di ergonomia, dal momento che non consentono un'agevole regolazione della
tastiera e schermo, dato che questi due elementi sono inseparabili. Inoltre, molti utenti
adoperano i notebook tenendoli in grembo o adottando altre posizioni del tutto
innaturali. Se lo schermo è a livello degli occhi, significa che i polsi sono rivolti verso
l'alto. Se i polsi sono paralleli al piano, significa che lo sguardo è rivolto verso il basso,
a spese del collo. É comunque consigliabile utilizzare sempre un mouse e cambiare
spesso posizione e concedersi frequenti pause. Se necessario, è anche possibile 40
utilizzare un apposito supporto per notebook scegliendolo tra i numerosi modelli
presenti attualmente sul mercato (come ad esempio quello in figura).
Il marchio TCO 01 fissa i criteri a cui devono rispondere i
prodotti elettronici mobili in materia di emissioni, ergonomia ed
ecologia. I requisiti TCO 01 per i telefoni cellulari riguardano
ad esempio il design dei tasti, la loro disposizione e la
leggibilità: i tasti devono essere in rilievo; deve essere
possibile bloccare le funzioni della tastiera; i tasti devono
opporre resistenza al tocco ed emettere un suono quando vengono toccati; l'insieme
numerico dei tasti deve seguire il campione internazionale per le funzioni; il tasto deve
essere illuminato.
La struttura, i tasti e le batterie non devono contenere materiali che possono provocare
allergie, come il nichel o il bicromato di potassio. L'altezza dei caratteri per le lettere
maiuscole sul monitor del telefono deve essere di almeno 3 millimetri. Gli accessori
disponibili devono includere il carica batteria, il kit e la funzione vibrante. Deve essere
possibile utilizzare il manuale di istruzione per individuare eventuali guasti. Deve
essere indicato un indirizzo web per poter consultare un manuale base.
Considerata in passato come un optional, la cuffia auricolare è ormai una vera e
propria necessità per chi utilizza il telefono frequentemente, soprattutto se alla guida di
un veicolo. Qui sotto vengono riportati a titolo esemplificativo due modelli di auricolari
di ultima generazione concepiti secondo moderni criteri ergonomici.
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3.4.Mezzi di trasporto
Professioni particolarmente esposte al rischio ergonomico, sono quelle degli addetti
alla guida di veicoli, come autisti, autotrasportatori e personale addetto alla guida di
treni, aerei e imbarcazioni, sia di uso civile sia militare.
Un autotrasportatore svolge ad esempio la quasi totalità delle ore lavorative seduto alla
sua postazione nella cabina di guida del mezzo: a questa posizione piuttosto statica a
cui il suo corpo è costretto, spesso sono dovuti dei fastidiosi effetti collaterali come
disturbi alla schiena e agli arti.
Gli autotrasportatori sono soggetti costantemente a una postura fissa prolungata che
può portare col tempo a importanti conseguenze a livello fisico: i dischi intervertebrali
che separano le vertebre della colonna vertebrale scambiano le sostanze nutritive e di
rifiuto per diffusione e ciò ha diretta relazione con i carichi di pressione che vengono
applicati ai dischi stessi. In un susseguirsi di carico e scarico, quindi di movimenti
alternati dell'individuo, esiste un equilibrio tale per cui i fluidi passano attraverso i dischi
in maniera del tutto normale. Se invece, il corpo rimane per troppo tempo in una
posizione statica, avviene una sofferenza a carico dei dischi intervertebrali che alla
lunga può portare alla degenerazione di tutta la colonna vertebrale.
Se a ciò si aggiungono anche le vibrazioni - tipiche dello svolgimento del lavoro
dell'autotrasportatore – il rischio è addirittura moltiplicato e quindi esistono molte più
probabilità di verificarsi microtraumatismi ripetuti.
Grande cura e attenzione vengono dedicate al raggiungimento di un comfort
pienamente ergonomico, facendo in modo che il posto di guida possa rispondere a
funzioni fondamentali come avere sempre a disposizione tutte le informazioni
necessarie per una guida sicura e avere tutti i comandi utili a una guida ottimale di un
veicolo, sempre a portata di mano. Il posto di guida deve essere quindi sempre più un
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quadro di controllo di comandi e spie che possano essere veramente capaci di
permettere una visione chiara della situazione di guida a qualsiasi utente.
La gestione degli spazi deve rispondere comunque a esigenze di comfort al massimo
livello, con condizioni precise e accoglienti dal punto di vista della temperatura
ambientale, di acustica e di disposizione degli oggetti. La volontà di assecondare il
conducente è dimostrata anche dalla presenza di braccioli ergonomici che possano
essere adatti alle persone di qualsiasi statura e corporatura, dai comandi dei vetri
elettrici o delle tendine parasole, oltre alla presenza di eventuali tavolinetti girevoli o a
scomparsa. Dal punto di vista della struttura interna di una cabina di guida è importante
anche la presenza di un dispositivo che regoli il volante in altezza e inclinazione,
sempre per adattarsi a pieno alle caratteristiche del conducente o quella di un
regolatore di velocità per mantenere una velocità media costante, anche non
accelerando. Fondamentale viene considerato lo spazio visivo che deve essere reso
ottimale e deve offrire una visibilità eccellente: i mezzi più nuovi hanno pertanto un
posto di guida elevato, con dimensioni del parabrezza ampie al massimo, con vetri
laterali per ampliare l'orizzonte e avere una visuale veramente allargata.
Dopo anni di indagini sul campo, Trenitalia ha definito per esempio le specifiche
tecniche per i sedili idonei alle attività in cabina di condotta. Le linee guida
fondamentali sono: la prevenzione dell'insorgenza di patologie e il comfort dell'utente,
che sono garantite dal raggiungimento agevolato dei comandi e dalla possibilità di
regolazione dei sedili stessi con minime interferenze ambientali. Due sono state le
tipologie di sedili individuate per rispondere alle esigenze del vasto parco macchine di
Trenitalia: una di tipo fisso, per le cabine di nuova concezione, e una di tipo amovibile
per tutte le altre.
Naturalmente è evidente che la definizione delle caratteristiche ergonomiche dei sedili
non è avulsa dal contesto, ma anzi è pienamente integrata con le attuali e future
postazioni di lavoro nelle quali essa si interfaccia con la visibilità dei segnali esterni, la
pedana, la conformazione del banco e la dislocazione dei comandi principali.
Nelle tipologie di sedili è stata data particolare attenzione alla posizione e alla
dimensione dei braccioli regolabili per garantire sempre un valido appoggio alle braccia
in modo da alleggerire il carico della spalla, sia nell'attivazione dei comandi sia in fase
di riposo. I contenimenti laterali risultano particolarmente importanti: devono consentire
massima libertà nei movimenti contenendo, allo stesso tempo, il macchinista. L'altezza,
lo spessore e la rigidezza delle imbottiture sono calibrate rispondendo alle reali
43
esigenze degli operatori. Un corretto appoggio delle cosce e del tronco è favorito dalla
perfetta aderenza delle curve naturali della colonna vertebrale con quelle dello
schienale e dei glutei alla seduta. Nelle tipologie di sedili individuati, uno studio
antropometrico ha permesso di studiare le esatte pendenze e curvature affinché i
lavoratori di entrambi i sessi trovino il giusto comfort nella massima aderenza possibile
al supporto rappresentato dai sedili.
Nella progettazione ergonomica del sedile si è tenuto anche conto della presenza della
eventuale pedana poggia piedi, studiando un'opportuna pendenza contenitiva senza
che i cavi poplitei soffrano schiacciamenti inopportuni.
Il sedile confortevole è quello che soddisfa la sensazione di comfort della persona che
lo usa. Nel significato comune del termine si intende per comfort l'insieme di
sensazioni piacevoli derivanti da stimoli esterni o interni al corpo umano che fanno
sentire a proprio agio l'individuo in una determinata situazione: in questo caso, quando
si è seduti.
Il sedile dell'automobile è un sedile convenzionale collocato in uno spazio limitato che,
durante la marcia, è sottoposto a forze dinamiche tra le quali la forza centrifuga, che
riveste grande importanza ai fini della creazione del disagio. La soluzione dei problemi
legati a un cattivo posizionamento della postazione di guida e quindi all'insorgere di
eventuali patologie infiammatorie a carico della colonna vertebrale, consiste
nell'avanzare lo schienale opportunamente sagomato in posizione verticale all'interno
del piano del sedile, facendo in modo che il supporto lombo-dorsale vada a contatto
della schiena. I vantaggi arrecati all'automobilista da un sedile con schienale
posizionato correttamente sono infatti: miglioramento della visibilità, aumento della
vigilanza, ritardo della comparsa di sonnolenza, possibilità di azionare meglio il volante
e i comandi in generale, aumento dello spazio all'interno della cabina.
Negli aerei, invece, è opportuno ridisegnare lo schienale curvo e reclinato all'indietro di
10° - 12°, corredandolo però di supporto lombare e poggiatesta in modo da non
affaticare i muscoli e i legamenti della colonna vertebrale.
In questo caso i vantaggi per i piloti di aereo derivanti da un sedile corretto diventano
evidenti, soprattutto quando il volo dura ore e/o si svolge in condizioni di cattiva
visibilità e di turbolenza. Specialmente in questa ultima condizione il pilota è portato
infatti a sporgersi in avanti per vedere meglio, perdendo il contatto con lo schienale:
questo atteggiamento favorisce non solo la tensione dei muscoli del tronco ma anche
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quella degli arti con conseguenze che potrebbero essere negative sul controllo
dell'apparecchio.
Riassumendo, il posizionamento corretto dello schienale produce i seguenti vantaggi:
comfort durante il volo, favorire l'azione di sedersi e alzarsi dal sedile, migliorare la
visibilità esterna, migliorare la leggibilità degli strumenti poiché il pilota si avvicina al
cruscotto, aumentare la vigilanza, ritardare la sonnolenza, rendere più agevole il
controllo dei comandi, ridurre l'ingombro del sedile nella cabina e ridurre la possibilità
di lesioni della colonna vertebrale in caso di elezione del pilota dell'aereo.
3.5.Usabilità dei software e dei siti web
Per Usabilità di un artefatto si intende fondamentalmente la facilità con cui una
persona svolge un compito coerente con le funzioni dello stesso e, nel caso della rete
informatica, quella proprietà di un sito web che lo rende facile da navigare e utilizzare.
Secondo la definizione data dalla parte 11 della norma ISO 9241, l'usabilità è il “grado
in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere degli obiettivi
con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d'uso”.
Le ragioni della cresciuta attenzione al tema dell’accessibilità sembra essere dovuta a
ragioni:
- Etiche: garantire a tutti l’accesso alle informazioni telematiche, soprattutto a quelle
legate ai servizi pubblici essenziali, in linea con l’ispirazione democratica e universale
del web;
- Economiche: ampliare la popolazione di utenti che può interagire efficientemente
con un sito, sia per la vendita di prodotti sia per servizi di assistenza al cliente;
- Tecnologiche: consentire la consultazione delle informazioni anche a possessori di
strumenti di navigazione non aggiornati o di frontiera, come palmari e telefoni cellulari;
- Legislative: obbligare i siti della pubblica amministrazione ad adottare un livello
minimo di accessibilità delle pagine;
- Demografiche e sociologiche: ad esempio, per via della diffusione del web tra gli
anziani o tra categorie di utenti con scarsa dimestichezza con l’uso del computer.
Assai importante è distinguere usabilità da utilità, che mira invece alla soddisfazione
di bisogni immediati e concreti, e da artefatti e oggetti culturali, per i quali lo scopo
primario è dare piacere, soddisfazione, emozione, e non certo risolvere un compito.
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Passati i tempi in cui il progettista/sviluppatore di software era anche l'utente finale, e
ormai consolidata la separazione, tra chi progetta il software e chi lo usa, si pongono
concretamente tutti i problemi legati all'usabilità del prodotto.
Secondo R. Norman l'usabilità di un prodotto software misura la distanza cognitiva tra il
modello del progettista, cioè il modello del prodotto e delle sua modalità d'uso che il
progettista possiede e che incorpora nel prodotto, e il modello dell'utente, cioè il
modello di funzionamento del prodotto che l'utente si costruisce e che regola
l'interazione con il prodotto stesso.
Sulla base di queste premesse, è importante quindi che il design di un oggetto assicuri
al tempo stesso:
- Visibilità: guardando l’oggetto è facile capire lo stato dell’apparecchio e le alternative
d’azione;
- Un buon modello concettuale: l’utilizzatore riesce a formarsi una rappresentazione
coerente, completa e comprensibile dell’oggetto e del suo funzionamento;
- Un buon “mapping”: è semplice capire i rapporti tra azioni e risultati, tra comandi ed
effetti;
- Feedback: alle azioni corrispondono informazioni che rendono conto dello stato del
sistema e delle modificazioni intervenute.
Per quanto riguarda i sistemi, invece, dovrebbero parlare il linguaggio dell’utente, con
parole, espressioni e concetti familiari all’utente. Non dovrebbe infatti essere utilizzato
un linguaggio che si discosti da quello utilizzato dall’utente per descrivere un’azione o
un’informazione; Occorrerebbe osservare le convenzioni del mondo reale, facendo in
modo che le informazioni appaiano in un ordine logico e naturale; i raggruppamenti
dell’informazione dovrebbero avvenire in modo logico e omogeneo; i sistemi di labeling
dovrebbero utilizzare una terminologia adeguata al modello mentale o al linguaggio
adottato dall’utente; è importante che i feedback forniti agli utenti siano semplici, diretti
e comprensibili.
L'usabilità dell'interfaccia non dipende, quindi, dal computer ma dalla compatibilità che
si costruisce tra l'uomo e il calcolatore. Infatti la compatibilità cognitiva uomo-computer
(e quindi uomo-interfaccia) deve rispettare tre importanti regole:
- un'interfaccia deve essere fisicamente compatibile con la morfologia e le
caratteristiche della percezione e dell'azione umana; tutto ciò che passa attraverso i
sensi più coinvolti (vista, tatto e udito), cioè dalla dimensione dei caratteri, dal colore,
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dallo scorrimento del testo, dai tempi di risposta a un comando, oltre alla collocazione
spaziale della stazione di lavoro;
- un'interfaccia deve anche essere compatibile con le caratteristiche della
comunicazione, della memoria e del modo umano di risolvere i problemi; con
l'interfaccia si ha spesso una specie di comunicazione interpersonale, umanizzata, che
necessita di interazione e ridondanza, la memoria interessa sia la modalità a breve e a
lungo termine, e infine, gli esseri umani risolvono i problemi attraverso tante strategie e
quella di prova ed errore è, in questo caso, molto usata;
- un'interfaccia deve agire in un preciso contesto; questa puntualizzazione consente di
restringere e delimitare l'area di applicazione dell'usabilità.
In sintesi, per essere usabile, un prodotto deve:
- essere adeguato ai bisogni e alle aspettative degli specifici utenti finali che lo usano in
determinate condizioni;
- risultare facile da capire, da imparare, da usare, ed essere gradevole;
- consentire di eseguire le specifiche attività lavorative in modo corretto, veloce e con
soddisfazione.
Compito degli studi di usabilità è quindi fare in modo che il modello mentale di chi ha
progettato il software, da cui deriva il suo reale funzionamento, corrisponda il più
possibile al modello mentale del funzionamento del software così come se lo
costruisce l'utente. L'usabilità nasce quindi soprattutto come ausilio alla progettazione,
e si applica in particolare alle interfacce; è con l'interfaccia di un software, infatti, che
l'utente si relaziona. A ogni sua azione l'interfaccia proporrà un risultato, un
cambiamento di stato. Le tecniche di usabilità tentano dunque di porre al centro
dell'attenzione progettuale proprio l'utente.
Gli esperti di usabilità interagiscono quindi con la progettazione di un sito in ogni fase
della timeline di realizzazione: dalla definizione degli obiettivi alla costruzione dei
contenuti, per andare in definitiva a incidere sull'interfaccia finale.
Il concetto di usabilità in informatica è molto recente, basti pensare che l'americana
Microsoft ha iniziato a occuparsene solamente nel 1992. In particolare l’usabilità dei siti
web per l'infanzia è un filone di ricerca ancora inesplorato e, per certi versi, ancora non
ben definito.
Secondo Visciola “un sito web è usabile quando soddisfa i bisogni informativi
dell'utente finale che lo sta visitando e interrogando, fornendogli facilità di accesso e di
navigabilità e consentendo un adeguato livello di comprensione dei contenuti. Nel caso
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non sia disponibile tutta l'informazione, un buon sito demanda ad altre fonti
informative”.
I requisiti più importanti per l'usabilità del web sono per cui:
1. Navigabilità: esistenza di un sistema di navigazione e di orientamento nel sito.
Essendo un ipertesto, deve evitare il senso di smarrimento che spesso provoca, e
quindi l'utente deve sapere dove si trova e come si può ritornare facilmente a un
punto precedente. Anche i link devono dare anticipazioni corrette su dove
porteranno;
2. Utilità attesa: disponibilità di informazioni e/o servizi che corrispondono alle
aspettative degli utenti. L'utente web ha delle aspettative di ritorno per il tempo che
dedica alla visita del sito. Bisogna evitare che le promesse del sito siano disattese o
addirittura false;
3. Completezza dei contenuti: presenza di contenuti informativi a livello di dettaglio
desiderabile per gli utenti. É molto difficile che un sito soddisfi il bisogno informativo
di ogni tipologia di utenti; per un portale è importante che l'ampiezza di contenuti e il
loro livello di dettaglio si adattino a ogni tipologia. Per un sito specialistico è
importante che sia subito definita l'audience a cui si rivolge;
4. Comprensibilità delle informazioni: la forma e la qualità con cui l'informazione e i
contenuti vengono presentati nel sito. Molto importante è il linguaggio usato,
soprattutto per operazioni interattive. Deve esistere un sistema di classificazione
delle informazioni comprensibile da tutti, anche se il contenuto finale può essere
specialistico;
5. Efficacia comunicativa: la strategia comunicativa del sito. L'efficacia comunicativa
è una misura della credibilità del sito e si basa sia sul marchio
dell'istituzione/struttura che rappresenta sia sulla capacità di essere persuasivi e
seducenti per portare a una relazione di fiducia con gli utenti;
6. Attrattività grafica: la qualità della grafica e la piacevolezza visiva del sito. La
grafica deve portare a un giusto equilibrio tra emozioni e comfort che induce
sull'utente e utilizzo consapevole dei contenuti. Non deve nascondere il vero scopo
del sito.
Occorre inoltre ricordare che la percezione visiva delle immagini sullo schermo,
indipendentemente dalla struttura e dalle finalità di un sito web influisce direttamente
sulla sua usabilità. Ogni visitatore, infatti, di fronte a un’immagine sullo schermo, ha
una reazione elementare ben precisa: il suo occhio segue quasi automaticamente un
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processo di scansione della nuova figura che fa capo ad alcune regole.
Questa attività non riflessa è stata descritta da uno studio effettuato da User Interface
Engineering che mostra quale percorso effettua la pupilla sullo schermo.
I risultati hanno portato all’individuazione di sei aree ben definite sullo schermo del
computer utilizzate allo stesso modo sia da utenti esperti sia da utenti novizi:
1) Area centrale
2) Intestazione centrale
3) Colonna di destra
4) Barra dei pulsanti del browser
5) Colonna di sinistra
6) Parte bassa dell’immagine (footer)
I novizi applicano una lettura classica sinistra-destra, alto-basso e dopo 3 - 4 pagine
passano a un tipo di lettura da esperti: una scansione della pagina con sequenza
centro – sinistra - destra. Il centro rimane, dunque, la parte più importante della pagina,
quella in cui occorre concentrare le informazioni più rilevanti dal punto di vista della
comunicazione. Il secondo dato riguarda l’osservazione specifica, che comincia a circa
2/3 dal margine superiore dello schermo.
Quando il lettore trova stimoli e informazioni di interesse, agisce solitamente con uno
scrolling della pagina e comincia a leggere. È dunque sconsigliabile porre materiale
cruciale nella parte bassa o nella parte sinistra della pagina. Inoltre, si deve sempre
ricordare che il visitatore abituale tende all’assuefazione e potrebbe non notare i
contenuti nuovi. Per contrastare questo fenomeno basta associare immagini nuove o
spostare nel tempo i contenuti in differenti aree del sito. In generale, il movimento
cattura l’occhio, così come la vivacità del colore attira l’attenzione. Ancora di più attrae
la forte variazione cromatica. Si può dire, comunque, che la sequenza di scansione
dell’immagine dall’alto a sinistra verso la parte bassa a destra è una regola generale.
In particolare, per quanto riguarda i siti web per l'infanzia, le pagine dovrebbero essere
dedicate all’informazione che interessa l’utente e non alla pubblicità o alla navigazione
stessa. Numerosi siti riducono la parte informativa della pagina a un terzo dello spazio
e forse meno, decrementando lo spazio utile. Molto spazio viene sostituito da incorrette
impostazioni grafiche, o da messaggi pubblicitari troppo pressanti. Difatti, quando si
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progetta la pagina, le dimensioni di larghezza e di altezza dovrebbero essere espresse
in percentuale e non in valore assoluto o in pixel. Questo essenzialmente perché gli
strumenti da cui gli utenti accedono alla pagina potrebbero essere profondamente
diversi: browser, palmari, Web TV, ecc. In particolare questo effetto contrasta con la
spazialità dei bambini che vengono disturbati nella navigazione da una sovra-
informazione. Il principio dal quale si dovrebbe partire è che quello che per gli adulti
risulta di immediata comprensione, potrebbe non esserlo per i bambini. Inoltre i
bambini sono molto attirati dalla grafica colorata e dalle animazioni, quindi i banner o
gli annunci pubblicitari, spesso distraggono dalla fruizione del sito.
Spesso ci si trova anche di fronte a problemi di visualizzazione quando si passa da un
tipo di browser a un altro. In effetti spesso, navigando, si registrano dei problemi di
visualizzazione di contenuti. I bambini arrivano alle pagina con competenze
informatiche molto differenti da quelle degli adulti, spesso utilizzano lo strumento
Internet prima che abbiano capito bene l’idea delle reti di computer e delle tecnologie
che le governano. In generale, i giovani navigatori non riescono a comprendere che un
particolare problema di visualizzazione possa dipendere da una battaglia di marketing,
pertanto in queste circostanze il problema va totalmente a loro svantaggio, e
sicuramente a svantaggio di chi ha progettato il sito perché vedrà andare via potenziali
utilizzatori. Spesso le progettazioni non sono quindi indipendenti dallo schermo
utilizzato e possono creare problemi di visualizzazione portando parti informative
significative fuori dell’area visibile. Spesso è molto scomodo centrare le informazioni
utilizzando le barre di scorrimento e in particolare per i bambini che non hanno voglia o
non sanno come procedere. Questo problema può essere evitato utilizzando particolari
tecniche di progettazione che sono per lo più indipendenti dalle dimensioni dello
schermo. Un particolare riguardo va posto nelle pagine particolarmente ricche di
grafica che possono essere più difficilmente ridimensionabili.
Navigando nei siti internet per l'infanzia, ci si rende subito conto di dover, molto
spesso, scaricare particolari software o particolari ausili per la navigazione. In questo
modo si rallentano notevolmente le prestazioni della navigazione, costringendo l’utente
ad attendere il download del software.
Spesso inoltre il software scaricato manda in crash il sistema causando danni e perdite
di dati. Inoltre, tenendo presente, che gli utenti arrivano alla pagina utilizzando i
software e i supporti più differenti, la progettazione di questi contenuti “non-standard”, è
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particolarmente difficile. Particolarmente per i bambini, risulta difficile e ostico l’utilizzo
di questi software, di cui spesso non comprendono bene il significato e la necessità.
Tra le differenti case produttrici c’è da sempre la rincorsa alla produzione di nuove
tecnologie che tentino di imporsi come standard. In genere non è consigliabile
utilizzare nuovi standard prima di un anno dall’uscita perché potrebbero causare
problemi di visualizzazione dei contenuti. Se per gli utenti adulti è difficile comprendere
che il proprio browser non è compatibile con un nuovo standard, a maggior ragione
sarà difficile per un bambino accorgersi di queste differenze e, soprattutto, capire come
poterle risolvere.
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4. PRINCIPALI PATOLOGIE LEGATE A UNA NON CORRETTA PROGETTAZIONE ERGONOMICA
Studi epidemiologici hanno concluso che esiste una soddisfacente evidenza di
un'associazione fra lavoro svolto e insorgenza di tendiniti della spalla, del polso e
della mano, del tunnel carpale e di alcune sintomatologie specifiche caratterizzate da
dolore muscolo scheletrico localizzato; per altri disturbi e patologie degli arti superiori
gli studi riportano risultati contraddittori.
I principali “fattori di rischio ergonomico” sono:
1. la ripetitività e la frequenza di esecuzione del lavoro;
2. la forza muscolare esercitata;
3. la correttezza posturale;
4. la possibilità di fruire di pause di riposo.
Altri sono definiti come fattori di rischio aggiuntivi, tra i quali:
1. fattori meccanici legati alla presenza di vibrazioni, esecuzione di compiti di
precisione, uso di guanti, rapidi e improvvisi movimenti di torsione degli arti
superiori, colpi e traumi;
2. fattori ambientali, come l'esposizione al caldo e al freddo;
3. fattori organizzativi collegati alla esecuzione di compiti completamente dipendenti
dalla macchina, al pagamento di incentivi, alla presenza costante di lavoro
straordinario, alle improvvise richieste di elevati carichi produttivi, alla mancanza di
addestramento/allenamento, ecc.
In linea generale, le malattie debilitanti che causano con maggior frequenza assenza
dal lavoro, sono:
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Muscoli e ossa 27%Circolazione 6%
Infortuni 17%
Colpi d'aria 16%
Digestione 7% Problemi neurologici 5%
Altro 22%
Dalla quarta indagine sulle condizioni lavorative nell'Unione Europea condotta nel 2005
emerge che:
- quasi il 24% dei lavoratori soffre di mal di schiena;
- il 22% lamenta dolori muscolari;
- il 62% dei lavoratori svolge azioni ripetitive con le mani o con le braccia per almeno
un quarto dell'orario di lavoro;
- il 46% lavora in posizioni dolorose o stancanti;
- il 35% trasporta o movimenta carichi pesanti.
Le principali malattie professionali riconosciute nell'Unione Europea nell'anno 2004 su
11 Stati membri (fonte Eurostat), sono state:
Tipo di malattia Numero %
Tendinopatie della mano e del polso 10.935 20
Ipoacusia 10.751 19,7
Epicondiliti 10.243 18,8
Dermatiti 5.885 10,8
Sindrome del tunnel carpale 5.835 10,7
Mesotelioma 2.031 3,7
Pneumoconiosi da carbone 1.707 3,1
Asbestosi 1.550 2,8
Placche pleuriche 1.350 2,5
Asma 1.349 2,5
Altre 2.931 5,4
Totale 54.567 100
Di queste ben il 49,5%, 27.013 casi, sono a carico dell'apparato osteo-articolare.
L'80% della popolazione europea soffre ad esempio di mal di schiena (Istituto
Frauenhofer), motivo più comune di consulto dal medico di base e causa principale di
pensione anticipata. Quasi un terzo delle assenze dal posto di lavoro sono dovute a
problemi alla muscolatura e alle articolazioni (Aktion Gesunder Rücken). Questo
genere di patologie, unitamente a strappi muscolari, ernie e lombalgie, hanno una
durata assai protratta nel tempo e causano lunghe assenze dal lavoro: secondo il
forum tedesco per l'arredamento da ufficio, il Büromöbel-Forum, il mal di schiena è la
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causa di 86 milioni di giornate di lavoro perse all'anno, pari a un ammontare dei
compensi pagati in malattia dalle assicurazioni compreso tra i 14 e i 23 milioni di euro
(Deutusches Büromöbel-Forum).
Il Bureau of Labor Statistics afferma che le malattie muscolo-scheletriche
contribuiscono per il 34% delle giornate lavorative per infortuni e malattie professionali
con un valore assoluto di 620.000 giornate perse mediamente per anno.
Una delle prime cause di assenza lavorativa per malattia è rappresentata dalla
patologia della colonna vertebrale, anche se negli ultimi anni si è assistito a un
significativo incremento dei disturbi muscolo scheletrici a carico di altri distretti corporei.
Ad esempio, i casi di malattie professionali da movimenti ripetitivi e sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori accolti dall'Istituto Nazionale Assistenza Infortuni sul
Lavoro nel periodo 1996 - 2000 sono state pari a:
Se si analizza l'impatto della Sindrome del Tunnel Carpale in termini di giornate
lavorative perse si constata una media più alta rispetto ai restanti infortuni e malattie
professionali, cioè 25 giorni contro ad esempio i 17 giorni per infortuni risoltisi con
frattura e contro i 20 giorni per infortuni risolti con amputazioni (10 giorni).
4.1.Sindrome del Tunnel Carpale
Tra le patologie di origine professionale più frequenti, dovute a una cattiva ergonomia
degli strumenti di lavoro o a un cattivo approccio alle normali operazioni di lavoro, vi è
senz'altro la Sindrome del Tunnel Carpale.
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Si tratta di un disturbo, più frequente nel sesso femminile con un rapporto di 3:1
rispetto agli uomini, che presenta una frequenza media annua di circa 300 casi su 100
mila persone.
Più nello specifico, si tratta di una neuropatia dovuta all'irritazione o alla compressione
del nervo mediano nel suo passaggio attraverso il canale carpale, una cavità
anatomica localizzata a livello del polso.
La sindrome è dovuta più frequentemente all'infiammazione cronica della borsa
tendinea dei muscoli flessori della mano (tenosinovite), che comprime il nervo
mediano. Può manifestarsi maggiormente in corso di gravidanza, nei soggetti affetti da
ipertiroidismo e nei soggetti affetti da connettiviti (es. artrite reumatoide).
La patogenesi occupazionale sembra essere la causa più frequente per lo sviluppo
della Sindrome del Tunnel Carpale. É stata dimostrata un'associazione con i lavori
ripetitivi, sia in presenza sia in assenza di applicazione di forza elevata. É stato
dimostrato che prolungati e/o ripetitivi movimenti di flesso-estensione del polso (in
minor misura anche la flessione delle dita), provocano un aumento della pressione
all'interno del tunnel carpale e che il ripetuto allungamento dei nervi e dei tendini che
scorrono dentro il tunnel possono dar luogo a una infiammazione che riduce le
dimensioni del tunnel, determinando la compressione del nervo mediano. Le attività
lavorative che presentano una significativa associazione con la Sindrome del Tunnel
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Carpale sono gli addetti ai settori manifatturiero, elettronico, tessile, alimentare,
calzaturiero, conciario, come pure gli addetti al confezionamento pacchi, cuochi di
albergo e gli addetti ai pubblici esercizi.
La sindrome si manifesta con disturbi della sensibilità che colpiscono le prime tre dita
(pollice, indice e medio) della mano. Tali disturbi, che si presentano prevalentemente
durante la notte, possono evolvere nei casi più gravi in una progressiva e irreversibile
perdita della sensibilità alle prime tre dita e alla mano dal lato volare. seguita da
ipoatrofia dei muscoli tenari della mano: il paziente ha quindi difficoltà a eseguire lavori
con le dita come, ad esempio, svitare una bottiglia o lavorare a maglia. Nelle fasi iniziali
il paziente lamenta parestesie a scossa. Clinicamente il dolore e le parestesie
possono essere evocati attraverso la percussione fasica a livello del tunnel carpale
(segno di Tinel). Se il paziente lamenta la comparsa di scosse, il segno è da
considerarsi positivo. Altro segno caratteristico è la manovra di Phalen che consiste
nel tenere iperflessi i polsi l'uno contro l'altro per circa un minuto: la comparsa di
parestesie è da considerarsi un segno positivo per la sindrome.
La diagnosi è sempre confermata dall'esame elettromiografico, che misura il grado di
sofferenza del nervo mediano nel tunnel carpale. Radicolopatie cervicali,
plessopatie brachiali e polineuropatie in genere, possono simulare i sintomi tipici
della sindrome e devono pertanto essere escluse dalla diagnosi finale.
4.2.Ernia del disco
L'ernia del disco intervertebrale rappresenta la più frequente patologia degenerativa
della colonna vertebrale e può colpire il segmento cervicale, dorsale e lombosacrale.
Da ciò i termini cervicobrachialgia (dolore che dal collo si irradia all'arto superiore),
lombalgia (dolore alla schiena), cruralgia (dolore che interessa la parte anteriore della
coscia) e sciatalgia (dolore irradiato all'arto inferiore).
Più in particolare, si tratta di una affezione della colonna vertebrale consistente in una
rottura o uno sfiancamento dell'anello fibroso del disco interarticolare e conseguente
dislocazione del nucleo polposo. La rottura o e lo sfiancamento del disco sono
abitualmente secondari a una degenerazione o invecchiamento del disco, fenomeno
che parte dalle cartilagini discali. Le ernie più frequenti sono quelle lombari (circa il
90% dei casi), seguite da quelle cervicali (circa il 10% dei casi) e da quelle dorsali
(meno dell'1% dei casi). Frequentissimi i casi di ernie multiple e di ernie familiari. Tutte
le età possono essere affette da ernia del disco. La protrusione consiste invece nello
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schiacciamento da parte del nucleo, delle fibre dell'anulus. Tuttavia ciò non comporta
una rottura delle fibre dello stesso anello, come nell'ernia, ma il loro schiacciamento,
soprattutto a livello del legamento longitudinale posteriore.
La lesione dell’anulus di norma avviene o per microtraumi ripetuti (lavori fisicamente
impegnativi mal compiuti, ma anche posizioni sbagliate in un fisico predisposto) o per
un trauma importante che interviene a volte qualche giorno prima dell’erniazione, altre
volte contemporaneamente. L’ernia vera e propria, quasi sempre compare poi nel
momento in cui ci si rialza da una posizione in flessione anteriore, magari combinata
con una rotazione. In questo modo infatti si spinge posteriormente il nucleo del disco
intervertebrale che letteralmente si infila nella lesione precedente dell’anulus, e
fuoriesce.
L’ernia vera, quella che è a rischio di intervento chirurgico, provoca una lesione delle
radici nervose che fuoriescono dal canale vertebrale dietro al disco. Si riconosce
perché è presente la cruralgia o la sciatica. La degenerazione è spesso legata a
fattori congeniti genetico-familiari, attivati o rivelati poi da varie cause come stress e
traumi vertebrali, protratte posture viziate o l'errata distribuzione dei carichi sulla
colonna. Il fumo, l'uso eccessivo dell'automobile e il sovrappeso sono noti fattori
favorenti l'usura del disco e quindi la formazione di un'ernia.
Nel caso di ernia discale la clinica è costituita da una serie di sintomi e segni
neurologici che variano a seconda della sede, del tipo e del grado dell'ernia. I sintomi 57
sono generalmente di tipo radicolare (che conseguono alla compressione e/o
all'irritazione di una radice nervosa), anche se, in alcuni particolari casi di voluminose
ernie mediane, è possibile l'associazione di una compromissione midollare, nei casi di
interessamento dei metameri cervicali e dorsali.
I disturbi di cui più frequentemente si lamentano i pazienti affetti da ernia discale sono:
dolore, per lo più irradiato lungo il territorio di distribuzione del nervo interessato;
parestesie, ossia sensazioni di formicolio o di arto addormentato; ipo-anestesie, ossia
diminuzione o perdita della sensibilità nel dermatomero corrispondente alla radice
interessata; disturbi vegetativi con distribuzione metamerica. I segni obiettivi rilevabili
alla visita neurologica sono di tipo sia sensitivo sia motorio, e sono rappresentati da:
ipo-anestesia metamerica, ossia tutti i tipi di sensibilità senza alcun segno di
dissociazione; ipostenia, più o meno grave, limitata a singoli muscoli o segmenti di un
arto; riduzione o scomparsa dei riflessi muscolo-tendinei.
4.3.Mal di schiena
Circa 15 milioni di italiani soffrono di mal di schiena in modo più o meno grave e,
statisticamente, questa è la prima causa di assenteismo dal lavoro e la seconda di
invalidità permanente.
Più precisamente, per mal di schiena si intende generalmente una situazione
infiammatoria, denominata lombalgia, che il più delle volte causa dolore nella parte
bassa della colonna vertebrale subito sopra le natiche, principalmente lungo i fasci
muscolari ancorati sulla colonna vertebrale. Spesso si manifesta al risveglio, con i primi
movimenti della colonna, o la sera alla fine della giornata lavorativa. Per chi svolge un
lavoro prevalentemente sedentario il dolore si manifesta dopo essere stati seduti a
lungo o nel momento in cui si alza dalla sedia. Al contrario per alcuni il dolore si
manifesta acutamente dopo uno sforzo o un movimento incongruo, con un irrigidimento
muscolare che blocca i movimenti della schiena.
Le cause più frequenti sono individuabili nella spondilodiscoartrosi, un processo
degenerativo che riguarda le varie parti della colonna vertebrale particolarmente
frequente nelle donne dopo la menopausa e, in generale, negli anziani.
Per mal di schiena acuto si intende un disturbo che dura al massimo 4 - 6 settimane.
Il 70% dei pazienti entro due settimane supera infatti la fase dolorosa. Un attacco acuto
di mal di schiena non necessita di particolari indagini da parte del medico, a meno che
il medico propenda per la richiesta di ulteriori accertamenti.
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Per mal di schiena cronico si intende invece un disturbo che può protrarsi oltre le sei
settimane e che in genere non si irradia agli arti (sciatalgia). Il medico, in questo caso,
può ricorrere a indagini più sofisticate.
É raro che il dolore alla schiena sia dovuto a lesioni o malattie gravi delle ossa, anche
se occorre ricordare che numerose situazioni patologiche a carico dell'apparato osseo
possono causare dolore intenso alla colonna vertebrale. Tra queste vi sono: l'artrosi,
la scoliosi, la spondilite anchilosante, fratture osteoporotiche, stenosi spinale,
dismetrie degli arti inferiori e tumori ossei.
Anche altri disturbi, come la calcolosi e il reflusso gastro-esofageo, partendo dagli
organi coinvolti e irradiandosi alla schiena, possono dare l'illusione che si abbia a che
fare con un problema alla colonna vertebrale. Da non sottovalutare, inoltre, le
malocclusioni dentali e i cosiddetti “colpi di frusta” a seguito di incidenti
automobilistici. Il mal di schiena per il quale il medico non riesce a riscontrare altre
cause, può essere invece ricondotto a problematiche di tipo meccanico/funzionale,
posturale o di ordine psicologico.
Il dolore può interessare in modo selettivo tutti i vari
distretti della colonna vertebrale.
La cervicalgia può essere improvvisa e violenta in
una ristretta zona della nuca (torcicollo) tale da
impedire la rotazione del capo verso destra e verso
sinistra. Il malessere è accompagnato talora da
nausea, vertigini, ronzii alle orecchie, agitazione o
confusione mentale. La cervicalgia cronica, se non
adeguatamente curata, può portare a forti mal di testa
invalidanti. La cervicobrachialgia (o nevralgia
cervico-brachiale) riguarda un dolore all'arto
superiore che può arrivare fino alla mano e può essere
localizzata a sinistra, a destra o avere valenza
bilaterale. Uno dei sintomi dell'artrosi cervicale è quello di avvertire – muovendo la
testa – rumori cervicali, come se all'interno vi fosse della sabbia che fa attrito.
Il dolore dorsale riguarda una percentuale molto ridotta di mal di schiena. In genere è
in forma acuta e si irradia lungo le arcate costali, talora arrivando anche allo sterno. In
questi casi può creare problemi alla respirazione.
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La lombalgia è il mal di schiena più diffuso (quasi il 90% dei casi). Nella forma acuta si
avverte quando si solleva un peso da terra. É il classico colpo della strega, che
provoca la sensazione di strappo o bruciore tanto violento da impedire al soggetto di
rimettersi diritto. In inglese, il dolore è definito in modo più appropriato low back pain. Il
dolore è “a sbarra”, cioè trasversale nella parte lombare con possibile irradiazione al
nervo sciatico (lombosciataglia). Nei casi cronici, la causa principale può essere la
postura.
4.4. Tendinopatie
Il termine tendinopatia raggruppa un insieme di malattie che interessano i tendini
(tendiniti e tendinosi), la guaina sinoviale che li protegge (tenosinovite e
paratenonite) o le strutture anatomiche adiacenti come le borse (borsiti).
La tendinite è un processo infiammatorio che coinvolge uno o più tendini del corpo
umano ed è comunemente causata dalla ripetizione cronica di microsollecitazioni che,
a lungo andare, alterano la normale struttura delle fibrille. Se a tale degenerazione è
associata una risposta infiammatoria si parla di tendinite, in caso contrario di
tendinosi. I tendini che si logorano più frequentemente sono quelli delle ginocchia, dei
gomiti, della spalla e il tendine di Achille.
Le lesioni solitamente si verificano generalmente nel punto di collegamento tra il
tendine con il tessuto osseo. Nella maggioranza dei casi le degenerazioni tendinee
sono causate dalla ripetizione continua di microtraumi. Solo raramente un tendine sano
può subire una rottura acuta da sovraccarico. I tendini sani, se sottoposti a tensioni
eccessive, sono infatti talmente resistenti da lacerare il muscolo o il segmento osseo a
cui sono attaccati. Se invece il tendine è indebolito da continui microtraumi la sua
resistenza diminuisce poco a poco rendendolo più suscettibile alle lesioni.
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La tendinopatia insorge solitamente in seguito a: sovraccarico funzionale;
abbigliamento e calzature non adeguate; corsa su terreni sconnessi o particolarmente
duri, scivolosi o soffici; squilibrio tra forza muscolare e resistenza tendinea; iniezioni
locali di corticosteroidi; mancanza di riscaldamento globale e specifico; vizi posturali.
Più raramente può essere causata da infezioni o malattie autoimmuni, come per
esempio l’artrite reumatoide.
Il sintomo principale della tendinopatia è il dolore localizzato nella sede anatomica in
cui si trova il tendine coinvolto dalla lesione. Tale dolore si accentua o compare
esclusivamente durante la palpazione dell'area interessata o durante movimenti attivi e
passivi che coinvolgono in maniera importante il tendine lesionato. Spesso si registra
anche un deficit nella forza dei muscoli collegati ai tendini lesionati.
Una rottura completa o parziale del tendine causa un dolore acuto e improvviso che
insorge solitamente durante un movimento impegnativo. Gonfiore, ecchimosi e
palpabilità della lesione sono proporzionali al numero delle fibre lesionate.
Spesso le tendiniti necessitano soltanto di un adeguato periodo di riposo per guarire.
Tuttavia, se il dolore impedisce le normali attività, perdura più di due settimane
nonostante il riposo o si accompagna a gonfiore, arrossamento o febbre, è opportuno
ricorrere per una diagnosi e una terapia adeguata.
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BIBLIOGRAFIA
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• L. Cattaneo, “Compendio di Anatomia Umana”, Monduzzi Editore.
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