Il Sicomoro di Novembre 2011
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ASSIEME PER TESTIMONIARE CHE E’ POSSIBILE
“Dio fa abitare in una casa coloro che hanno un unico intento”
Sì, testimoniare che è possibi-
le. Cosa? Che, come dice il
Salmo 68 (vers. dei LXX al
versetto 7) “Dio fa abitare in una ca-
sa coloro che hanno un unico inten-
to” … Una casa …
Il Monastero è una casa, non dei
monaci ma di Dio; una casa per rac-
contare quella casa e scuola di co-
munione di cui parla Giovanni Paolo
II nella sua Tertio millennio ineunte
(n° 43 ),… per raccontare questa
possibilità al mondo ed alla Chiesa
stessa di cui vogliamo essere sem-
pre figli innamorati.
Il primo ottobre di questo 2011
(incredibilmente quest’anno è il IX
centenario della morte di San Rober-
to di Molesme, morto il 17 aprile
1111) l’inaugurazione del Monastero
di Ruviano ha chiuso un’attesa ma
ne ha aperto una ulteriore. Ogni
compimento non è mai definitivo nel-
la storia, ogni compimento chiama
un compimento, un ulteriore.
Tutti noi, la sera del 1 ottobre abbia-
mo visto un “sogno” che diventava
realtà; certamente noi due monaci
ma anche tutti i nostri fratelli che
questo sogno
hanno custodito
nel cuore e per
esso hanno lotta-
to; noi due abbiamo visto la fedeltà
di Dio alle sue promesse, una fedeltà
che ha avuto in questi anni il sapore
inconfondibile della Provvidenza;
una fedeltà che ha cercato vie stori-
che incarnandosi nella fedeltà di tanti
ad una storia di comunione che ci
appartiene.
La fedeltà del nostro Dio ci chiede
fedeltà, e ad essa solo con la fedeltà
si risponde! La fedeltà del nostro Dio
nella vicenda della nascita del Mona-
stero di Ruviano, infatti, ha voluto
aver bisogno del coraggio delle Suo-
re di Gesù Redentore che si sono
compromesse credendo al progetto
di due preti con un “sogno strano”; la
fedeltà di Dio ha voluto aver bisogno
della costanza di tanti fratelli del
Gruppo Esperienza e dell’Associa-
zione “L’Esperienza” per concretarsi
attraverso sacrifici di tempo, di dena-
ro, di lacrime, di distacchi, di incom-
prensioni e lacerazioni …
La fedeltà di Dio ha avuto bisogno
dei nostri piccoli sì ad una voce che
ci chiamava fuori dalle nostre pur
sante sicurezze … e quanto è libe-
rante questa grazia …
Oggi vogliamo che la fedeltà di Dio si
respiri tra queste mura che abbiamo
edificato, tra queste dolcissime colli-
ne, nel silenzio della Cappella mona-
stica, nella solidità del tufo scolpito e
dipinto da Attilio, nei tratti dell’edificio
disegnati e pensati prima da Mimmo
e poi da Santo, nel suono delle cam-
pane che ci hanno consegnato Gigi-
no e la Diocesi di Napoli; la fedeltà di
Dio vogliamo che si respiri contem-
plando il Crocifisso che il nostro fra-
tello Emidio ha dipinto su legno di
quercia, un Crocifisso che per sem-
pre ci porrà una domanda evangeli-
ca che Emidio ha voluto scrivere sul
titulus crucis: “E voi chi dite che io
sia?”
CONTINUA A PAG. 2
di P. Fabrizio Cristarella Orestano
priore del Monastero di Ruviano
Periodico del Gruppo Esperienza
Anno 15 - Novembre 2011
Parrocchia S. Teresa di Gesù Bambino
Via Eduardo Nicolardi - Napoli
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 2
CONTINUA DA PAG. 1
La fedeltà di Dio vogliamo che si av-
verta nel canto delle foglie della gran-
de quercia che ci accoglie all’ingres-
so del Monastero. La fedeltà di Dio
vogliamo che sia annunziata dal no-
stro canto ora per ora a scandire il
tempo come luogo di salvezza, la
fedeltà di Dio vogliamo che sia an-
nunziata e celebrata nelle nostre litur-
gie e dal nostro silenzio; la fedeltà di
Dio vogliamo che sia annunziata dal-
la nostra fraternità e da quella che
vivremo con i fratelli che Dio vorrà
donarci come monaci con noi in que-
sta storia; vogliamo che questa fedel-
tà sia annunziata dalla fraternità di
tutti quelli che qui riconosceranno la
“casa” di Dio e la “casa” del “sogno”
di Luca in Atti 2,42-48. Vogliamo che
la fedeltà di Dio sia cantata dalla pa-
ce che vogliamo offrire a chiunque
venga qui a “cercare Dio”.
Vogliamo con tutte le nostre forze
rispondere alla sua fedeltà con la
nostra povera fedeltà, sentendoci
sempre, come scrive Benedetto nella
Regola “publicanus ille” (cfr RB
VII,65), quel pubblicano che, con tutti
coloro che in Cristo hanno trovato il
vero volto di Dio, imparano a ripetere
“abbi pietà di me che sono il peccato-
re”. Per Benedetto il monaco è solo
questo, ed essendo questo può di-
ventare l’uomo sulla breccia di cui
San Roberto di Molesme è ormai per
noi il cantore!
Preghino per noi i santi monaci che ci
hanno preceduto su questa via e che
ci confortano con la loro testimonian-
za, dicendoci: E’ possibile! Dice la
Regola di Bose: “Sulla stessa strada
e vocazione, realizzata nel modo
conveniente al loro tempo, hanno
camminato Elia e Giovanni il Precur-
sore, Basilio e Macrina, Benedetto e
Scolastica, Francesco e Chiara, e
tanti altri” (cfr R di Bose n°8) … e noi
non possiamo non aggiungere per lo
meno Roberto di Molesme e Teresa
di Gesù Bambino: Roberto è stato
voce delle ali da mettere, Teresa è
stata ed è la testimone della nostra
radice! Per questo nel giorno della
sua festa liturgica abbiamo avuto la
grazia di
inaugurare il
nostro Mo-
nastero …
una scelta
ed una gra-
zia! Dicevo
all’inizio che
questo com-
pimento del 1 ottobre chiama ancora
compimenti. Quali? Se lo sapessimo
fino in fondo la nostra vita monastica
e fraterna diverrebbe ideologia, “letto
di Procuste” in cui costringere la sto-
ria; se lo sapessimo sarebbe una
strada non conforme allo stile del
nostro Dio che chiama Abramo ad
andare in “una terra che lui gli indi-
cherà”, che chiama gli Apostoli con
parole chiaramente evocative ma
enigmatiche, “vi farò pescatori di uo-
mini”, che chiama Paolo e lo affida
solo ad Anania senza dirgli null’altro
…
Il nostro Dio è così, ed è meraviglioso
che sia così … a me pare stupendo
che tutto sia così aperto al “novum” di
Dio, che sia tutto così aperto a sco-
perte di vie ulteriori che Dio vorrà e
saprà aprirci!
Mi fa piacere concludere con una
frase di una donna di Dio, Paola Ma-
jocchi, iniziatrice anche lei di un
“sogno” di Evangelo, il Gruppo Segui-
mi: “La fede non è programma di
viaggio, ma avventura. Non è calcolo
prudente. È follia. Non è logica uma-
na, piuttosto fantasia di Dio. Non è
assicurazione. È rischio.”
Sono sicuro che quanto ho scritto
non è poesia … e se lo è, lo è perché
la poesia è la sola cosa che sappia
cantare il reale!
Assieme per testimoniare che è pos-
sibile!
Uniti sempre!
Lettera di Enzo Bianchi,
Priore della Comunità
Monastica di Bose, in
occasione della
inaugurazione
del Monastero di Ruviano
CONTINUA A PAG. 3
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 3
...il cuore dell’esperienza è questo ver-
setto! In quei 3 giorni questo è l’annuncio
risuona per tutti: l’annuncio della Croce
che porta alla Resurrezione!
Cari Fabrizio e Gianpiero,
oggi ci sembra proprio di essere nel cuo-
re del Sabato Santo, nel giorno dell’atte-
sa, che in realtà è già Vita nuova e Re-
surrezione.
La gioia della festa che oggi 1 ottobre
2011 celebriamo è davvero grande: que-
sto luogo rappresenta proprio un frutto
stupendo! Il seme è dovuto cadere in
terra e morire per potersi trasformare e
germogliare. Tutte le sofferenze, le diffi-
coltà, le mortificazioni di questi anni, tutte
le incomprensioni, tutte le opposizioni
vissute per Cristo dalle nostre Comunità,
e vissute anche nell’intimo dei cuori di
tutti coloro che hanno sposato questo
“sogno”, hanno rappresentato la fredda
terra che riceve un dono, un piccolo se-
me. Questo seme ha accettato umilmen-
te di morire, trasformandosi nel vero do-
no per quella fredda terra. E oggi si ve-
dono chiaramente, vivide e brillanti, le
primizie di un raccolto che sarà sempre
più abbondante.
Da domani, noi e voi vivremo nel tempo
di Pasqua: dalla Resurrezione tutto co-
mincia, l’apostolato, la Chiesa. E per tutti
noi sarà un po’ così, chiamati in maniera
ormai decisiva ad essere testimoni del
Risorto. Cosa può cambiare per noi laici
un edificio come questo di Ruvia-
no...potrebbe chiedersi qualcuno… Cam-
bia tanto, cambia molto!
Questo luogo infatti è chiamato a diveni-
re custode di un carisma, di un dono
fatto dal Cielo a te, Fabrizio e a te Gian-
piero. Un dono che oggi attraversa e
invade le vite di tutti noi, ma che dovrà
superarci e invadere le vite di tanti altri.
Quest’edificio rappresenta un cambia-
mento, perché è segno e testimonianza
di una scelta per Dio ancora più forte e
radicale, ancora più compromettente,
scelta che conserverà e proteggerà l'E-
sperienza nella sua essenza, e che sarà
guida e garanzia per la santità delle vo-
stre vite. L’edificazione di questo Mona-
stero è un segno di Resurrezione, ap-
punto! È una manifestazione della ulte-
riore benevolenza di Dio per questo stru-
mento (L’Esperienza), e segno che tutto
ciò che sta avvenendo è volontà sua.
Il cristianesimo non è la religione del
successo, lo sappiamo. E sappiamo pure
che quanto più sarà vero, buono, giusto
e santo ciò che la Grazia ci spingerà a
fare, più ci si troverà ai piedi della Croce,
e più quel seme dovrà morire ancora e
ancora...Sappiamo tuttavia che “la stella
della sera diventa splendente dopo che è
calato il buio”!
Così, con l’aiuto di Dio, accetteremo e
affronteremo la Croce per vivere ancora
la Resurrezione. Dio spesso sceglie degli
uomini e dentro di loro mette un sogno
che anticipa e rinnova i tempi; a molti
quegli uomini potranno sembrare rivolu-
zionari, e il sogno perciò farà fatica a
realizzarsi. Prima che questo sogno pos-
sa diventare concreto, potranno imper-
versare difficoltà, potranno forse
passare anni e ci saranno anche
delle sofferenze; tuttavia quel
sogno non svanirà, anzi...quegli
uomini lo sentiranno crescere dentro di
loro al punto che il sogno diventerà tutto.
Allora sarà certo che esso è volontà e
frutto e segno di Dio!
Noi abbiamo avuto la fortuna e la re-
sponsabilità di aver conosciuto questi
uomini; anzi, di essere stati chiamati da
Dio a collaborare al loro sogno. Perciò
oggi siamo qui...e ci siamo con questa
consapevolezza. Il piccolo contributo
economico che vi doniamo è solo l’inizio,
ed è segno di una compromissione con-
creta che vogliamo dimostrarvi della no-
stra vita per questa storia.
L’augurio oggi per voi è che possiate
essere sempre più innamorati di Dio,
sempre più “orientati a Lui”, in una vita
che sia lode a Dio! Egli diventi TUTTO in
voi: la luce che sempre più emanerete
sarà fonte di Santità per tutti noi.
E un augurio lo rivolgiamo anche a tutte
le comunità dell’Esperienza (Napoli, Teg-
giano-Policastro, Roma) perché la Gra-
zia di Dio ci aiuti a comprometterci sem-
pre più profondamente per fare la Sua
Volontà in questa storia.
Auguri fratelli...festeggiamo questa nuo-
va vita che inizia con la pace e la gioia
del Risorto nel cuore.
Uniti sempre
Sabato, 1 ottobre 2011
I fratelli della Comunità di
Teggiano-Policastro.
Lettera di Enzo Bianchi
CONTINUA DA PAG. 2
CARI FABRIZIO E GIANPIERO...
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane
solo; se muore, produce molto frutto” (Gv 12,24)
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 4
L’inaugurazione del Monastero è stata
bellissima, con centinaia di persone ra-
dunate per ore a seguire questo evento
memorabile. Quando la sera tutti se ne
sono andati, ero lì fuori, al buio, a riflette-
re su un aspetto: la variegata assemblea
che aveva popolato l’ombra della quercia
era formata da persone che avevano
vissuto le mie stesse emozioni? Allora,
scavando nella memoria del pomeriggio,
ho ripercorso persone, sguardi, visi noti,
facce nuove, storie condivise e vite igno-
te, ed è emersa nella mia mente una
domanda: «Perché? Perché ciascuno di
loro era lì? Qual è stato il principale moti-
vo che lo aveva spinti ad esserci?» Ne è
uscito un caleidoscopio di situazioni di-
verse e di risposte possibili, territorio
ideale per cominciare a fantasticare,
attraverso un viaggio immaginario, su
come ciascuno avesse preparato il gior-
no dell’inaugurazione, con il suo coinvol-
gimento nella Storia che ha portato un
sogno ad incarnarsi in quelle mura, sulle
sue aspettative e sulle sue speranze per
il futuro del Monastero.
Tra la folla sapevo di alcuni operai impe-
gnati nella costruzione del Monastero: ho
immaginato il loro orgoglio nell’essere lì,
lontani dalla polvere compagna indelebi-
le del loro lavoro quotidiano. Quando
torneranno per completare l’opera non
saranno più soli, ci saranno le campane
a scandire le loro giornate di lavoro e a
ricordare che la frase “quando ci capiterà
più di costruire un Monastero” per un bel
periodo si potrà trasformare in “quando
ci capiterà più di avere un posto di lavoro
in cui c’è la Messa nella pausa pranzo?”
E poi gli abitanti della zona. La maggior
parte di loro non conosceva la preceden-
te ubicazione della fraternità monastica,
mimetizzata nella periferia di Caiazzo fra
i volantini con le offerte dei supermercati
e lo stenditoio della vicina di casa. Tanti
di loro erano consapevoli della portata
dell’avvenimento; altri erano lì solo per
un dovere o per semplice curiosità, inter-
rompendo malvolentieri un sonnacchioso
sabato pomeriggio; altri ancora con fac-
ce ancora non pienamente consce del
dono ricevuto ma che hanno condiviso
con noi la sola solennità dell’inaugurazio-
ne. La mente mi ha poi portato ai tanti
arrivati fino ai margini del Monastero e
che poi hanno fatto retromarcia: magari,
col tempo, torneranno con minore timi-
dezza o diffidenza.
E poi le facce dei fratelli di Roma e di
Teggiano-Policastro, dei loro abbracci,
del loro sorrisi entusiasti. Nell’arco di
sette giorni ci eravamo visti in due posti
diversi, Paestum e Ruviano, lontani dalle
nostre case. Questa, riflettevo, è la testi-
monianza tangibile di quanto tutti voles-
sero condividere i sogni: esserci e rima-
nere. Uniti. E ho immaginato le loro fac-
ce stravolte quando, a notte inoltrata, le
hanno posate sui cuscini, e nel dialogo
con il Maestro interiore pregavano il
prossimo sogno da incarnare …
Poi ho cominciato a pensare al clero, ai
consacrati e ai monaci….ai loro pensieri
dei giorni precedenti, al momento in cui
si sono segnati sull’agenda il nome Ru-
viano: da chi, come l’Abate Luc del Mo-
nastero di Sainte-Marie de La Pierre qui
Vire aveva programmato una lunga e
discreta permanenza, a chi è arrivato il
sabato pomeriggio. Ho immaginato i loro
pensieri nel vedere le persone che c’era-
no, l’incendio dell’auto, ma soprattutto
nel vedere la cappella per primi. Ho pen-
sato che, forse, alcuni non conoscevano
fino in fondo questa storia, che aveva
solo sfiorato le loro vite ma che comun-
que erano lì, presenti e testimoni di que-
sta Benedizione divina.
Ho pensato poi ai meno giovani, che
hanno accompagnato i Monaci dal princi-
pio, e che erano lì, presenti, con volti
emozionati per una storia segnata dalla
speranza e che oggi si concretizzava, fra
le rughe dei loro volti ed il tufo dell’altare;
una storia passata attraverso la predica
di un ritiro, una giornata di spiritualità, e
la beneficenza fra le note dell’opera liri-
ca. E loro sempre lì, tenaci e fedeli, al
fianco dei genitori dei monaci e spesso,
ahiloro, dei nostri figli piccoli.
E poi i nostri volti, quelli dell’
“Esperienza”, misti fra quelli della prima
ora fino alle Esperienze della trentina,
traguardo non immaginato nel lontano
1987. Quelli della prima ora avevano tutti
il viso felice: c’erano quelli che in seguito
hanno scelto altre vie per seguire il Si-
gnore. Ebbene, questi erano felici, e a
me hanno trasmesso quell’atmosfera
speciale e gioiosa, anche nei saluti
scambiati con i monaci, simile a quando,
dopo tanti anni, rivedi i vecchi compagni
di liceo. Poi c’erano i fratelli delle Espe-
rienze più recenti, insomma c’erano
quelli come me. Gioia enorme, senza
dubbio, tanta speranza per il futuro, e la
determinazione di rimanere saldi e anco-
rati a questa storia. Ma i fratelli vecchi
che erano rimasti, quelli che hanno co-
minciato poco più che adolescenti e oggi
sono genitori di ragazzi a loro volta ado-
lescenti. Riflettevo che questi hanno
veramente dato la loro vita, con i loro voli
e le loro cadute, ma sono sempre rimasti
lì: hanno concepito e svezzato i propri
figli, in un percorso apparentemente im-
possibile. E di questi ho visto le lacrime
di gioia di chi ha donato amore e talvolta
anche sostanze, di chi ha condiviso con
l’altro, di chi ha fatto e fa interrogare sul-
la vita e sul mondo, proponendo la via
della verità per la propria vita. Chissà se
qualche volta hanno dubitato sulla realiz-
zazione. Umanamente credo di sì e for-
se, come me, nei momenti di incertezza
si saranno interrogati. Personalmente,
per rafforzare la mia fede, mi sono porta-
to dentro un passo degli Atti degli Apo-
stoli (At 5, 17-42). E sotto quella quercia
sembrava di avere al mio fianco Gama-
liele che mi diceva “se questo disegno o
quest'opera è dagli uomini, sarà distrut-
ta; ma se è da Dio, voi non potrete di-
struggerla, se non volete trovarvi a com-
battere anche contro Dio”. E mentre gli
occhi scrutavano le campane, pensavo
che veramente questa è un’opera di Dio,
e mi passavano nella mente tutte le diffi-
coltà incontrate e tutte le montagne di-
ventate, per Grazia divina, colline e pia-
nure.
E poi il silenzio della notte del sabato, lo
stesso silenzio della notte del venerdì
della vigilia, vissuta insieme a pochissimi
fratelli in atmosfera di gioiosa ma compo-
sta attesa. Lo stesso silenzio ascoltato la
domenica mattina prima della Messa,
quasi che l’inaugurazione abbia violente-
mente interrotto lo stato naturale delle
cose, il clima che farà di questo Mona-
stero non un’altra struttura ma una strut-
tura altra. Questo soave silenzio della
domenica, che solo le campane di mez-
zogiorno hanno interrotto per avvisarci
che stava per cominciare la prima cele-
brazione nella cappella.
CONTINUA A PAG. 5
di Luigi Pagliara
AI PIEDI DELLA QUERCIA DI RUVIANO
“Voi chi dite che io sia?”
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 5
Chi sono, cosa pensano e cosa fanno quelli
(pochi!) del Sicomoro. ...quest’anno con una
REDATTRICE in più!!! Il Sicomoro si racconta...
Una redattrice “tuttofare”!
Mi presento. Sono Stefania, ho 23 anni e ho partecipato alla
36ª Esperienza.
Sono la new-entry del giornale!
Come neo-redattrice, ci tengo a farmi conoscere almeno un
po’. Studio Psicologia e lavoro come baby-sitter. I miei interes-
si sono tanti e svariati. Amo gli sport, il cinema, la radio e i
lavoretti fatti in casa...proponetemi qualsiasi tipo di hobby e io
accetterò!
L’idea di scrivere su un giornale mi ha attirata da sempre, ma
presa da altre mille
cose, la mia passione
per la scrittura è stata
messa da parte.
Quest’anno è stato
particolarmente pieno
di impegni ed emozio-
ni. Sicuramente un
anno di Grazia.
Innanzitutto mi sono laureata. Poi il cammino dell’Equipe della
38° Esperienza, che mi ha fatto sia come donna che come
cristiana: gli incontri settimanali sono formativi ma non solo.
Sono un’occasione per vivere una fraternità radicata nella fe-
de. Un momento in cui essere se stessi non è un optional...è
un dovere! Perché solo in questa condizione si può essere
strumento di Dio.
Questa è un’Equipe “del cambiamento”, vive cioè un passag-
gio, un vero punto di svolta.
Di cosa? Della nostra storia. Del nostro Sogno. Noi tutti infatti
siamo testimoni della nascita di un’oasi di silenzio e di preghie-
ra: il Monastero di Ruviano.
Durante un incontro fatto proprio lì, assieme ai Monaci Gian-
piero e Fabrizio, è uscita fuori una grande verità: per i fratelli
cui porteremo l’Annuncio che salva, il Monastero sarà un dato
di fatto! Non l’hanno visto, come me, vestito solo di pilastri e
mattoncini. Non l’hanno visto, come tanti, tra un rudere abban-
donato. Per loro non sarà un sogno che si avvera. Sarà una
realtà.
di Stefania Pacca
“Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8)
Sono le poche righe di un passo dell’Evangelo di Gio-vanni che ho utilizzato come prologo per la mia prima catechesi della vita, che trattava dell’intervento dello Spi-rito nelle nostre azioni .
Ed ancora: “Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato” (Gv 6,44).
In poche parole, la chiamata del Signore non dipende da noi, non siamo noi a volere la nostra conversione, ma è lo Spirito Santo che si manifesta secondo i piani di Dio. Ed i piani del Signore sono sconosciuti ad ognuno di noi. Ce li svela a poco a poco portandoci su strade impossi-bili da immaginare. Questo ci dice l’Evangelo ma questo è stato evidente e tangibile anche nella mia esperienza personale. Solo oggi, alla luce del mio cammino spiritua-le, riesco a scorgere, facendo memoria, i segni e le op-portunità a portata di mano, puntualmente trascurati a
favore di una vita lonta-no da Cristo.
Dalla 34° Esperienza non è trascorso molto tempo, ma è il tempo giusto per vedere le nebbie di un disordine inte-riore diradarsi tra le braccia del Signore, attraverso una comunità accogliente, permalosa, distratta, superficiale, problematica, a volte ostile ma grondante d’amore, che si modifica con il passare degli anni, che cresce forte e sana, che si ammala ma subito guarisce, che perde pez-zi ma ogni tanto li ritrova.
Ed in questa ri-nascita che il Signore ha voluto per me scorgo spesso segni appena percettibili della Sua Pre-senza, da cogliere: a volte pare non parlarti più, poi d’un tratto ti urla in maniera fragorosa. Sta a noi farci trovare pronti, ad accogliere il Suo grido d’amore per noi, per ognuno di noi, e pronunciare un sì, che è un sì assolutamente perso-nale, carico di paure e senso di inadeguatezza che ti spinge a pre-garLo incessantemente per render-ti capace, ma che si inserisce nel percorso di una comunità intera che continua il suo cammino di fede innestato nella storia della Salvezza.
di Peppe Dragotti
CONTINUA DA PAG. 4
“Voi chi dite che io sia?” di L. Pagliara
Nell’intimità di quelle poche persone ab-
biamo vissuto sensazioni speciali, abbia-
mo assaporato una primizia assoluta,
con quella luce calda, con quei canti tan-
to familiari ma che quelle mura hanno
riverberato solo allora.
E poi siamo tornati a casa, a conclusione
di questo sorta di triduo monasteriale,
con il cuore colmo di gioia e speranza,
ma con quella domanda incessante che
tutto il popolo del sabato pomeriggio,
quando tornerà alla cappella, dovrà porsi
ancora una volta. E’ quella domanda che
con ispirata intuizione è stata posta sul
crocifisso della cappella, che non ci infor-
ma di chi è stato Gesù nella Storia degli
uomini di quel tempo (Mt 27,37), ma che,
piuttosto, ci interpella nella nostre vite
quotidiane: “Voi, chi dite che io sia?” (Mt
16,15).
L’EMOZIONE DI UNA CHIAMATA
Segno della Sua presenza...
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 6
Sabato 1 ottobre, giorno in cui la Chiesa celebra la nostra titolare S. Teresa di Gesù Bambino (e non a caso!) dopo anni di sogni, attese, false partenze, sacrifici e preghiere abbiamo potuto inaugurare “insieme” il Monastero di Ruviano! Anche se la storia che ha portato molti di noi a desiderare la realizza-zione di questo sogno (e gliel’ho vi-sto negli occhi quel desiderio...) fon-da le radici in anni precedenti il mio cammino, vederne anche solo una parte, peraltro quella più bella, mi ha insegnato una cosa: se crediamo che solo “Lui ha parole di vita eter-na”, nelle Sue cose dobbiamo esse-re lungimiranti, dobbiamo affidarci a Lui perché se i sogni sono alla giusta altezza si realizzeranno. E Fabrizio e Gianpiero certamente hanno fatto tutto questo. Mi sento molto fortunato come cri-stiano ad essere stato accolto in questa Storia, non solo perché è bel-lo vedere realizzati i sogni di qualcu-no, ma anche perché che c’è un luo-go non troppo lontano da casa mia dove so di poter imparare molte cose
su Dio e “scoprire” sempre più la mia fede in Lui. Per tutte queste ragioni, a soli tre giorni prima di quella data, quando Simona Incoronato mi ha chiesto se mi andava di contribuire al servizio d’ordine, ho subito detto di sì ... Partenza ore 8:00 - Come mio soli-to avevo elemosinato un passaggio la sera prima alla riunione degli edu-catori, dove i sempre disponibili Sara e Andrea mi avevano assicurato un posto in macchina. Ho capito quale grazia sarebbe stata il vivere quella giornata, quando già lungo il tragitto insieme ci siamo scambiati riflessio-ni, ansie e gioie, scoprendo di prova-re, talvolta, le stesse identiche emo-zioni. Arrivati al Monastero, che vedevo per la prima volta terminato, ne ho subito ammirato la bellezza architet-tonica, il tutto immerso in una natura che regala la giusta atmosfera di armonia e serenità...Di cose da fare ce n’erano tante, perciò subito mi sono unito ai fratelli che già erano al lavoro: chi in cucina, chi ad allestire il palco o a sistemare sedie, chi a si-
stemare fiori, chi a occuparsi dell’im-pianto acustico. La mattinata è pas-sata in fretta, e dopo il pranzo tra-scorso insieme, via via arrivavano tutti: dalla nostra Comunità, a quelle di Roma e Teggiano, e poi amici e genitori dei Monaci; il Sindaco di Ru-viano, i Vescovi e tanti altri. Durante la celebrazione, preso dall’impegno del servizio, ho comunque percepito la svolta che costituiva quell’evento, e cioè che tutti insieme (e c’era dav-vero tanta gente come solo il Signo-re sa riunire in queste occasioni) sta-vamo chiudendo un capitolo per aprirne uno nuovo, che chissà quanti e quali frutti ci porterà. Unica nota stonata della giornata è stata l’inci-dente dell’auto che ha preso fuoco nel parcheggio: la folla era tanta, e lì ho temuto il panico generale, ma alcuni di noi (che dopo ho visto tre-mare per quello che avevano affron-tato) con tempestività e bravura han-no saputo mantenere l’ordine e la sicurezza per tutti. Auguro a tutti voi, che facciate parte di questa storia da vent’anni o da venti giorni, di riuscire a trarne il meglio, per la vostra fede e per la vostra felicità.
di Marco Ironico L’INAUGURAZIONE DEL MONASTERO
Un sogno divenuto realtà!
Il 1° Ottobre - lo confesso - ero scetti-co! Sono stato al Ritiro su Giobbe a fine luglio e, al termine, Fabrizio e Gianpiero ci hanno portato a Ruviano per vedere come procedevano i lavo-ri del Monastero. Tra me e me ho pensato: "E’ impossibile che ce la si possa fare a terminare quest’opera per il 1° Ottobre!". E invece... ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio! Il Giovedì prima dell'inaugurazione andai a Ruviano per dare una piccola mano e mi trovai di fronte il Monaste-ro praticamente completo!...Una di quelle visioni che lasciano con la bocca aperta, e che mi ha fatto senti-re un po' un fesso per non averci "creduto"! Sono tornato a casa con un senso di gioia incredibile. Ho avu-
to la certezza, in un momento per-sonale un po' complicato, che c'era una nuova casa dove poter andare a cercare un rifugio, dove
potersi abbandonare a quei silenzi della mente e del cuore che tanto spesso cerco, e che possono essere riempiti solo da Lui. Più che il sabato della inaugurazione, ho vissuto pa-recchie emozioni forti durante quel giovedì di servizio, nonostante il trambusto, le mille cose da fare, i mobili da montare, le lavatrici da av-viare, i computer da installare. Poi il Sabato…Premetto che sono restio a vivere luoghi e situazioni “affollate", tanto più se la gente mi è sconosciu-ta: in tali circostanze, c'è qualcosa che mi allontana dal cuore di quello che si sta vivendo in quel momento: un telefono che squilla, una persona che si muove, il vociare della gente mi distraggono molto, ed è come se non fossi realmente presente. Se a tutto questo ci si aggiunge le auto-mobili che si incendiano, direi che la frittata si possa anche considerare fatta! Eppure, durante la Celebrazione del 1° Ottobre ho vissuto tanti momenti in cui il silenzio è stato surreale, qua-si incompatibile con la quantità di
fratelli e persone presenti. Silenzi rotti solo dal soffio dal vento...soffio che in qualche momento mi è sem-brato il soffio di Dio, lì con noi: vento passato durante la Consacrazione, vento che soffiava su tanti volti emo-zionati lì sul "palco-altare" e tra la gente...Un sogno finalmente realtà; e di fronte a questo sogno, ora concre-to, tangibile, passa in secondo piano la fatica, il doversi "distrarre" durante la Celebrazione per garantire l'ordine
ed il servizio; di fronte ad un sogno
ora concreto davvero ne è valsa la
pena... A fine serata mi sono ritrova-to nella cappellina finalmente vuota,
nel silenzio, inginocchiato di fronte a quel tabernacolo ed un enorme sen-
so di pace mi ha pervaso, e insieme il desiderio di poter vivere quanto pri-
ma un ritiro, una giornata, anche una
semplice visita ai nostri Monaci per poter finalmente
vivere questa real-tà. Grazie Signore
ancora una volta
per questo meravi-glioso dono.
di Pierpaolo Carbone “CIÒ CHE È IMPOSSIBILE ALL’UOMO…”
Dalla incredulità alla realtà di un vento che soffia
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 7
Mi piacerebbe sintetizzare tutto con una frase che ho sentito in
questi giorni, e che ho appuntato dato il fascino che mi ha susci-
tato… “Beata pazzia, quella vissuta con Lui e in Lui”
Grazie mio Signore per ciò che mi hai donato al mio cuore….lo
attendevo da tempo! Valeria Cristiano
Ho deciso di venire qui sotto suggerimento di Padre Angelo. Non
poteva accadermi cosa più bella...trovare persone disposte a donar-
si per la condivisione dell’amore di Dio. Questi 3 giorni hanno ab-
battuto il mio scetticismo e mi hanno fatto conoscere un mondo a
me sconosciuto. Non riesco a credere che esiste un mondo co-
sì...perché solo ora? Non potevo farlo prima?!?! L’importante è aver
cominciato, recepito una infarinatura di tutto il mondo che mi aspet-
ta. Spero di ritrovare ancora miei fratelli e le mie sorelle di questo percorso e spero fortemente di riuscire ad
abbattere dentro di me la paura di amare. Mi mostrerò per quello che sono, senza dipingermi o farmi dipinge-
re falsi contorni per paura dei pregiudizio….caio, paura! Io sono Carlo Ferrara
Vado via, con una sacca piena di “doni”, piccoli pezzi che insieme rappresentano un
libro dai fogli bianchi sui quali continuare a scrivere e a rileggere la mia vita, parten-
do da questo momento.
Porto via con me un forziere pieno di emozioni e di un “Dono” dato da Colui che mi
ha voluto qui in questo momento e da questo momento….parto. Susy Capriello
Sono arrivato qui con molto scetticismo, concedendo però a tale esperienza la possibilità di un’ultima spiaggia per la mia salvezza, per la
mia anima, per la sua cura. Le mie impressioni sull’esperienza sono semplici e lineari: devastazione e destrutturazione sono parole fon-
damentali del percorso vissuto. La devastazione ti avvolge e ti coinvolge da dentro, ti mette in crisi perché ti fa fare domande che non ti
eri mai posto e a cui senti di dover dare necessariamente delle risposte. La destrutturazione è comprendere che sei altro da te, che hai
costruito ruoli e personaggi. Hai separato la scena dal retroscena. Quando lo capisci, non puoi far altro che metterti in discussione. Siete
riusciti nell’impresa di sconvolgere il mio cuore e non è una cosa semplice. Eppure il messaggio è così chiaro, trasparente, semplice...il
Signore è risorto per me e per i miei fratelli. Vi ringrazio perché sento che avete piantato un seme, un
seme fecondo che solo io posso far diventare frutto. Il vostro annuncio esemplare non resterà una delle
tante cose dette senza senso: ho visto Gesù attraverso voi...non c’è
altro da dire. Andrea Di Fiore
Sono giunto qui con dubbi e incer-
tezze ma soprattutto con un grande
peso sulla coscienza, un dolore che
mi lacerava l’anima, una guerra
interna….alla fine di questo bellissi-
mo percorso fatto insieme ho sco-
perto cosa vuol dire avere fede,
amare Dio, cosa rappresenta la vita
di Gesù per un cristiano...ma princi-
palmente mi sono liberato di quel
fardello che mi trascinavo dietro.
Ora mi sento anche io degno dell’A-
more di Dio, con il cuore aperto,
pronto ad affrontare la mia vita in
comunione con Lui e con tutte le
persone che vorranno entrare a
farne parte. Michele Fortelli
Sperare e desiderare che
tanti altri provino le emozio-
ni, la gioia e il desiderio di
donarsi così come è succes-
so a me in questi 3 giorni.
Mi sono lasciata “rapire” dal
Suo Amore, totale e immen-
so. So che una parte impor-
tante di me ora appartiene a
Lui, so che nei momenti
difficili come in quelli belli, ci
sarà una comunità, una
chiesa pronta ad accogliermi
perché ne faccio parte. Che
questi 3 giorni possano
essere l’inizio di un nuovo
viaggio con Lui. Sempre al
mio fianco, e con Lui al
centro della mia e nostra
vita matrimoniale appena
nata. La borsa, che il primo
giorno era vuota, è stata
colmata, ed è diventata
pesante… pesantissima,
ricca di esperienze, dolori,
gioie, domande, dubbi, ri-
sposte...ricca di una nuova
me.
Laura Famiglietti Del
Prete
Il Sicomoro - Novembre 2011 Pag. 8
Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse
Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse in avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro,
poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo. Gesù alzò lo sguardo e gli disse: <<Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi
a casa tua>>. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. (Lc 19, 1-6)
Il sicomoro è l’albero su cui sale Zaccheo; è ciò che gli permette di vedere oltre il proprio punto di vista e i propri limiti,
e di lasciarsi “guardare” e scegliere da Gesù.
Sali con me... ...è il percorso di preghiera del sabato sera (subito dopo i Gruppi),
per tutti coloro i quali desiderano
“trattenersi, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo di essere amati”
Quando prego cerco di lasciare tutte le mie paure e preoccupazioni alle spalle, perché quel tempo sia tempo di
Grazia. È tempo dove niente e nessuno mi deve far paura. Quando sto davanti a Gesù Eucaristia mi sento figlia, mi
lascio andare come una bimba tra le braccia del suo papà, senza aver paura. Il tempo della preghiera è ascolto:
Dio ci parla, è questo lo straordinario della nostra fede. Ma la preghiera può essere anche il silenzio; penso che
tante parole spesso possano portarci fuori pista! Il tempo della preghiera è tempo di Grazia dove Dio si manifesta
facendomi dimenticare tutto quello che vivo nel quotidiano; ma il tempo della preghiera è anche tempo di ringrazia-
mento per tutto ciò che di bello e vero mi capita durante la giornata. Bisogna ogni tanto fermarsi, tornare indietro e
ringraziare Dio proprio come fece il lebbroso guarito “tornò indietro e lo ringraziò”. Questo dunque il mio tempo di
preghiera: un tempo di ascolto, di silenzio e ringraziamento, dove la richiesta a Dio è quella di un “cuore che ascol-
ta”, capace cioè di ascolto per fare sempre la Sua Volontà. (di Raffaela Cava)
Vi amo tutti, con amore felice,
nel vostro cuore. (di Teresa Polito)
La Preghiera è una continua ricerca del volto di Dio incarnato e della Sua Volontà nella mia vita. (di Vittoria Scarda)
L'uomo che prega ha le mani sul timone della
storia. (S. Giovanni Crisostomo)
La porta per cui mi vennero tante grazie fu
soltanto la preghiera. Se Dio vuole entrare
in un'anima per prendervi le sue delizie e
ricolmarla di beni, non ha altra via che que-
sta, perché Egli la vuole sola, pura e desi-
derosa di riceverlo. (S. Teresa d'Avila) ...nel cominciare il cammino dell'orazione si deve prendere
una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi mai, né mai
abbandonarla. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda
quel che vuole succede-re, mormori chi vuole mormorare,
si fatichi quanto bisogna faticare, ma piuttosto di morire a
mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presen-
tano, si tenda sempre alla méta, ne vada il mondo intero.
(S. Teresa d'Avila)
Cercate di comprendere quali siano le rispo-
ste di Dio alle vostre domande. Credete forse
che Egli non parli perché non ne udiamo la
voce? Quando è il cuore che prega, Egli ri-
sponde. (S. Teresa d'Avila)
Il Signore ci conceda di non perdere mai di vista la sua divi-
na presenza! (S. Teresa d'Avila)