IL Nazionalismo Italiano 1300032659
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Franco Gaeta
IL NAZIONALISMO
ITALIANO
Editori Laterza 1981
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Finito di stampare nell'aprile 1981
nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza " Figli, Bari
CL 20-1861-6
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Avvertenza
La prima edizione di questo libro usc a Napoli nel 1965
e incontr un benevolo favore sia presso il pubblico dei lettori
comuni, sia presso il pubblico costituito dagli amici contem-
poraneisti . Favore davvero non previsto, che giunto fino
alla benevola sollecitazione di una ristampa. Dopo qualche per-plessit,mi sono deciso ad accettare un cortese e concreto
invito laterziano: non tanto perch io creda che queste pagine
abbiano particolare rilievo nel panorama italiano degli studi
di storia contemporanea, quanto perch il volume, gi da tempo
esaurito, continuava a raccogliere consenso e quindi pareva
conservare, a quindici anni di distanza, una qualche validit.
E invero, rimettendoci le mani dopo tanto tempo, mi sono
accorto che il quadro d'insieme del nazionalismo in esso deli-neato,
non ha subito sostanziali ritocchi dagli studi che sono
seguiti, e che a questo quadro molti si sono esplicitamente
o implicitamente riferiti.
Lo ristampo dunque, arricchendolo di un breve capitolo ',
e di qualche precisazione e di qualche nota che mi sono parsenecessarie, ed aggiornandolo l dove pi evidente era il bisogno
d'aggiornamento. Sono lontano dal pensare che le pagine che
seguono siano, come usa dire, esaustive: il loro andamento
saggistico non ne fa certo un bell'esempio di completezza; ma
(qui scatta la velleit da parte di un non addetto ai lavori)
restano
credo una specie di punto di partenza e quindi
un invito per chi voglia esaurire l'argomento : spero non
moltiplicandone il numero inutilmente e spropositatamente.
F. G.
Roma, dicembre 1980
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IL NAZIONALISMO
ITALIANO
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Capitolo primo
DALLA NAZIONALIT AL NAZIONALISMO
1.
Premessa
Non si va molto lontano dal vero quando si afferma che il
retaggio pii diffuso e pi duraturo della grande rivoluzione
del 1789 fu quello dell'idea e del sentimento politico di nazio-nalit.
Libert, eguaglianza, fraternit ebbero certo una grande
storia; ma questi tre princpi agirono nell'Europa dell'800 e
del '900, insieme o separatamente, entro un quadro di riferi-menti
nazionali. Gli stessi movimenti e le stesse dottrine che
permolto tempo contestarono i valori consegnati alla conce-zione
nazionalitaria, da un certo momento in poi li accettarono
parzialmente e poi sono andati e vanno auspicando e disegnando
vie nazionali per il superamento e la trasformazione di quelle
strutture che sono appunto state edificate nell'et in cui ovun-que
si affermarono gli Stati nazionali. Mentre gli ideali di li-bert,
eguaglianza e fraternit hanno potuto essere, in blocco
o singolarmente, contestati o respinti durante il secolo scorso,la nazionalit
e la nazione hanno egualmente fornito supportosia alla causa e alle forze del progresso che alla causa e alle
forze della conservazione. Lo stesso internazionalismo operaio
non fu a ben vedere la negazione della nazionalit, ma
il corrispettivo di una internazionale del capitale , alla cui
pretesa compattezza era opportuno e necessario contrapporre
una pari unit dei lavoratori di tutto il mondo.
Sin dall'inizio i termini di nazione e di nazionalit non eb-
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bero un'interpretazioneunivoca, e in questa ambiguitdi fondo sostanzialmente rintracciabile la ragione fondamentale degliesiti diversi che il principiodi nazionalit e l'idea di nazione
ebbero nell'Ottocento. Il nazionalismo fu uno di questi esiti:
non fu n una esagerazionen un travisamento della naziona-lit,
ma un suo particolaresviluppoin un periodonel quale idati reali dai qualiilprincipiodi nazionalit aveva tratto il suo
vigore erano mutati. Dati reali vuol dire strutture politiche,
rapportidi produzione,relazioni interstatuali: se vero che
una storia dell'idea di nazione non tanto la storia del sorgere
e dell'afiEermarsidello Stato nazionale,ma piuttostola storia
del sorgere e dell'affermarsidel pensiero,del desiderio e della
volont che determinarono l'essere dello Stato nazionale, peraltrettanto vero che pensiero,desiderio e volont non nascononel vuoto. Concepimento e realizzazione dello Stato nazionale
nascono come critica di una realt data. Cos avviene nella
storia moderna e contemporanea dell'Europa:il 1789 unadata spartiacque.Le nazioni antiche si erano formate, per cos
dire, inconsciamente; nella loro realt politicaesse erano unrisultato;le nazioni che si unificarono nel XIX secolo giunseroalla loro affermazione politicanel fervore di un grandedibat-tito
di princpinel quale la nazione non si poneva pi comerisultato,ma come presupposto. Come ha notato uno storico
inglese,le antiche nazioni erano come il molieriano monsieur
Jourdan che parlavain prosa senza saperlo;ad un dato mo-mento,il problema di definire esattamente quellaprosa di-venne
preminente perch tutti vollero parlarecome monsieur
Jourdan. Il fatto che esistessero realmente delle nazioni nonfu del tutto pacifico.L'americano Thomas Cooper, presidentedel Columbia College,era del parere che la nazione fosse
un'invenzione grammaticale fatta solo per evitare la peri-frasi,una cosa inesistente che esiste solo nella testa degliuo-mini
politici. Ma, senza arrivare a questi eccessi,nel 1940Huxley e Haddon hanno espresso la garbataopinione che,dopo tutto, una nazione nient'altro che una societ unitada un comune errore quanto alle sue originie da una comuneavversione per i propri vicini \
In posizionidi questo tipo non assente una parte di ve-rit;ma il problema storico cos viene eluso,giacchnon si
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tratta di definire cosa siano nazione, nazionalit,nazionalismo,
e di scegliereuna definizione piuttostoche un'altra,ma di
mettere in chiaro la funzione che queste idee e queste conce-zioni
hanno avuto nello svolgimentodella storia durante il
secolo scorso e durante il nostro. Le invenzioni grammaticali
e gli errori comuni hanno purtroppo sempre contato: ha
un qualcheinteresse rendersi conto di come nascano le inven-zioni
e di come si producano glierrori. Da questo punto di
vista, indispensabile1. tener conto della doppia concezione della nazione e
della nazionalit che si deline tra la fine del 700 e primi 40
anni dell'800;2. aver presente un'osservazione a suo tempo formulata da
Vossler, e cio che lo sviluppodell'ideale nazionalitario e la
sua affermazione non ebbero effettilimitati alle rivoluzioni
esterne (spostamenti di confini,distruzione e creazione di
Stati),ma anche importantieffetti all'interno degliStati e, inultima analisi,anche per quanto riguardala concezione stessadell'uomo nel mondo politicoed economico.
Subito dopo bene rendersi conto che il nazionalismo post-Rivoluzione francese fu in buona parte diverso da quellopreesi-stente
e che la sua pievidente particolaritfu quelladi essereun movimento creato da intellettuali,ma con prospettivedi
massa. Un'altra particolaritdi notevole interesse fu che ilmoderno nazionalismo,proprio per il suo carattere e per la suafunzione di presupposto, dovette elaborare una metodologiadella nazione in modo da fornire una qualchebase ai costituendiStati nazionali. In questa opera di fondazione intellettuale delle
nazioni,presuppostidegliStati nazionali,furono costruiti miti
fisici,metafisici e culturali. nel complesso di questimiti che dato ritrovare la base dell'evoluzione dell'idea nazionale in
nazionalismo. Le nuove nazionalit che vollero farsi Stato fu-rono
in un certo senso obbligatea coniare una metafisica dellanazione, non avendo appunto una storia nazionale,una storiache le facesse essere nazioni; ma se, in un primo momento,
questa metafisica pot essere in qualchemisura temperata daglielementi volontaristici della Grande Rivoluzione, man manoche l'affermazione del principiodi nazionalit ebbe successo, lefondazioni metafisiche si imposero fino al punto di coinci-
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dere con i miti fisicie di dar luogo a quellache, nelle sueestreme manifestazioni,potrebbe definirsi una metafisica della
fisica,cio alla concezione del razzismo biologico.In presenza della realt costituita dai grandiStati occiden-talinei qualila nazione politicae la nazione culturale avevano
finitoper coincidere al termine di un processo secolare,i gruppiche intendevano affermarsi come nazioni destinate a dar vita
a breve scadenza a nuovi Stati nazionali dovettero procurarsiuna legittimazioneche per forza doveva essere, in buona mi-sura,
esterna (se non estranea)alla loro storia politica,e dovet-tero
quindiricorrere alla lingua alla stirpe,alla religione(aseconda dei casi) e arrivare anche a scomodare Iddio e la sua
eterna e misteriosa provvidenza. chiaro che lingua,stirpe,religioneavevano ed hanno una loro storicit,ma, in quantopresuppostidella nazione, esse finivano per perderlae porsicome entit dotate di particolarissimecaratteristiche.Questo
processo di mitizzazione di elementi storici non avvenne, co-munque,
con la medesima intensit,ma, nel complesso,possiamodire che esso fu particolarmenteincisivo nell'Europaorientale
e centro-orientale. Nell'Europaoccidentale fu pii rilevanteun'altra linea di sviluppo,piiintimamente collegatacon leidealitrivoluzionarie deU'89; ma, anche qui,metafisica e prov-videnzialismo
non furono afiEattoassenti.
2. Le originidell'idea di Nazione
Nazione aveva assunto rilievo politicoed ideale come ter-mineche designavauna contrapposizioneal vecchio Stato patri-moniale
dei monarchi assoluti.A volte questo Stato si definiva
anche come nazione, ma si trattava di una nazione dei privile-giatie comunque degli ordini . Secondo un vecchio princi-pio,il popolo aveva i suoi naturali rappresentantinei signori:
le Adelsnationen trovavano in questo principiola loro legitti-mit.La concezione patrimonialedello Stato trovava il suo
sbocco naturale nella identificazionedello Stato col sovrano e
questa comportava tutta una concezione non solo dei rapportitra gliuomini all'interno dello Stato,ma anche delle relazionitra Stati. Se lo Stato si identificavaantropomorficamentecol
sovrano, le relazioni interstatuali erano relazioni tra prncipi,
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le guerre erano guerre tra prncipi,le alleanze si stipulavanotra prncipi.Le conseguenze pratichenon erano irrilevanti:nonsolo la politicaestera si conduceva a colpidi combinazioni
matrimoniali,ma i conflitti armati avevano un ambito limi-tato,
non coinvolgevanotutti i sudditi se non per le ripercus-sioniche avevano sulla loro vita le azioni deglieserciti pro-fessionali
guerreggianti.La stessa economia delle monarchie
assolute non mirava afiatto,con la scelta mercantilistica,a pro-curareilbenessere dei sudditi,ma a rinvigorirela potenza dello
Stato, cio della corona. Naturalmente anche nel mondo del-
Vancien regime esistevano alcuni elementi che superavano il
dato statal-patrimoniale,come, per esempio, la coscienza pio meno marcata di unit linguisticao di unit di stirpe;ma
questielementi erano sempre riferitiagliordini privilegiatie
comunque non assumevano rilevanza politica.Quando, peresempio, Enrico IV affermava Io sono completamente d'ac-cordo
che la linguaspagnolaappartieneaglispagnolie che la
linguatedesca appartieneai tedeschi,ma tutte le regioninelle
qualisi parlafrancese devono essere mie , questo non signi-ficavaaffatto che francesi,spagnolie tedeschi fossero delle
nazioni in senso moderno, ma, pi semplicemente,che l'uso di
una data linguadoveva essere valutato come un marchio di
proprietdel monarca. Per lunghisecoli,la Francia fu non laFrancia di Giovanna d'Arco,ma la Francia dei re cristianissimi
consacrati a Saint Denis o a Reims, unti col crisma.
Cos la Germania quattro-cinquecentescaconobbe la risco-pertadi Tacito e l'esaltazione delle prischevirt germaniche
impersonate da Arminio, ma tutto ci non concernette e noncoinvolse certo i contadini tedeschi: e Lutero,infatti,prospet-tando
la riforma e l'emendazione dello Stato,si rivolse agliArmin del suo tempo, alla nobilt cristiana di nazione tede-sca,
e non prospettmai un'unit politicadella Germania rifor-mata.Altrettanto vale per l'Italia,dove alla fine del '400 co-minciarono
a brillare barlumi di una nazione culturale,chetuttavia non ebbero alcuna conseguenza politica,nonostante ilsuccessivo grande sforzo di razionalizzazione e unificazione lin-guistica
compiuto da Bembo.Tutti ormai sono d'accordo nell'individuare in Rousseau
il creatore del moderno concetto di nazione. infatti Rous-seau
che ha distrutto il vecchio concetto di Stato patrimoniale,
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che ha rifondato la sovranit,che ha attivizzato radicalmente
il corpo civile,attaccando a fondo i modelli statuali contem-poranei
e ponendo il problema della convivenza politicaintermini completamentediversi da quellinei qualiesso era stato
posto e risolto sia dalla dottrina giusnaturalistico-contrattuali-stica afiermatasi in Inghilterra,sia dalla concezione patrimo-niale-assolutisticacontinentale. Il salto qualitativodi Rousseauconsistette nella negazionedel razionalismo dei suoi predeces-sori;
in concreto, ci volle dire negazionedello Stato comeistituzione e macchina utilitariae come mezzo per garantire,attraverso un potere esercitato razionalmente,la pace, l'ordine
e la propriet.Tutto ci era terribilmente arido,ma aveva il
vantaggiodi porre anche nello Stato cosiddetto assoluto dei limiti,pi o meno chiaramente e ampliamentefissati,al
potere. Che la ragioneilluministicafosse astratta era pacifico,che il dirittodi natura fosse un'astrazione poteva essere vero;
ma questistrumenti concettuali avevano ilpregiodi mantenereuna bipolaritche salvaguardavauna sfera di autonomia peri singoli.Lo Stato-custode era uno Stato di privilegiati,maera appunto un custode,non risolveva e non annullava i sin-goli
nella sua realt proprioperch era una macchina senzaanima. In Rousseau, in virt del patto o contratto sociale,la
acquist: ciascuno di noi mette in comune la sua personae tutto il suo potere sotto la direzione suprema della volont
generalee noi riceviamo in corpo ogni membro come parteindivisibiledel tutto. Subito al posto della persona privatad'ognisingolocontraente, questo atto di associazione produceun corpo morale e collettivocomposto di tanti membri, quantivoti ha l'assemblea,ilqualecorpo riceve da questo stesso attola sua unit,il suo io comune, la sua vita e la sua volont.
Questa persona pubblicache cos si forma per l'unione di tutti,prendevaun tempo il nome di citt e ora prendeil nome direpubblicao corpo politicoed chiamato dai suoi membriStato quando passivo,sovrano quando attivo,potenza nel
rapporto con istitutisimili.Quanto agliassociati essi prendonocollettivamente il nome di popoloe in particolaresi chiamanocittadini in quanto partecipidella sovrana autorit e sudditiin quanto soggettialle leggidello Stato '. In questa paginaRousseau scrisse l'attodi nascita della nazione moderna, carat-terizzata
da due elementi: la storicite la forte carica di volon-
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tarismo che ne stavano alla base. Ci che poneva in essere il
corpo politicoera un atto di libera alienazione totale di cia-scuno...
con tutti i suoi dirittia vantaggio di tutta la comu-nit
"*
e la libert si configuravacome obbedienza alla leggeche ci si impone ^ Era poi importanteil concetto che questoatto di libera associazione non si esauriva all'origine,cio al
momento della fondazione per contratto del corpo sociale,ma si
moltiplicavae continuava nelle successive manifestazioni dellavolont generale.E importanza non minore aveva l'insistenza
con la qualeRousseau sottolineava la individualit dei popoli: ogni popolo racchiude in s delle cause per cui deve ordi-narsi
in una particolaremaniera e per cui la sua legislazione adatta solamente ad esso ^. In sostanza, era tutto il corposociale che si costituiva in corpo politicosovrano, dando luogoa un'associazione la quale aveva la finalitdi difendere e pro-teggere,
con tutta la forza comune, la persona e i beni di ogniassociato e per via della qualeciascuno,nell'unirsi a tutti,nonobbediva pertanto che a se stesso e restava libero come prima.Nazionalit e democraticit erano dunque saldati,e, nello stesso
tempo, nazionalit e Stato nazionale erano un tutt'uno. La
nazione culturale non significavanulla se non si trasformavanella nazionalit politica;questa sola aveva valore. Rousseau
non definiva la nazione, ma aveva un punto di riferimento
nell'esempioginevrino:egliera perfettamenteconsapevoledella
problematicache nasceva nei grandicorpi sociali proprio per-ch,al di l del contratto originario,la volont che aveva
costituito il corpo sociale doveva continuare a manifestarsi nella
vita concreta e storica del corpo stesso: non bastava cio che
il popolo avesse fissato una volta tanto la costituzione delloStato, ma occorreva che esso si radunasse in assemblee perio-diche.
Queste assemblee non potevano essere formate da rap-presentantidel popolo perch la sovranit,consistendo nella
volont generale,non pativarappresentanza: non appena unpopolo eleggedei rappresentantiquesto popolo non pilibero,anzi non esiste pi '. Tuttavia,nonostante la sua am-mirazione
per i contadini svizzeri che regolavanogliaffari diStato all'ombra di una quercia,Rousseau sapeva benissimo chei corpi socialipi complessidelle piccolecitt esigevanoaltremodalit di governo e di legiferazione,e risolveva il problemaprecisandoche chi sedeva nelle assemblee non era rappreseti-
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tante ma commesso del popolo;ed era altresesplicitonel rile-vareche solo il patto sociale esigeval'unanimit e che, al di
fuori di questo contratto primitivo,il voto della maggioranzaobbligavatutti glialtri.
Nel sistema del contratto sociale c'erano molti punti che
si prestavano ad un'interpretazioneautoritaria,esistevano alcuni
concetti che potevano condurre persinoad un esito di carat-tere totalitario; ma il significatostorico che ebbe il Con-trattosociale fu quellodi legarenazione (popolo)e democrazia,
nazione e sovranit popolare.Almeno questa bisognacon-venire
fu la recezione del pensierodi Rousseau durante
gran parte dell'800 ed oltre:tanto vero che eglirest l'incubo
e ilbersagliodi tutti i pensatorie di tutti i movimenti auto-ritari.C' per da osservare che Rousseau aveva davanti agli
occhi delle nazioni costituite: eglinon si poneva il problemastorico della nazione,per il semplicefatto che le nazioni sto-riche
dell'Europaoccidentale erano la risultantedi un pro-cessoche aveva fatto sostanzialmente coincidere nazione cul-turale
e nazione territoriale.Storicamente la nascita di questenazioni era stata il frutto della lungaopera delle forme stataliassolutisticheo aristocratico-parlamentari:la forza dirompentedi Rousseau consistette nel negare la necessit di questa lenta
opera fecondatricedella storia e della tradizione.La concezionedella nazione come volont di essere nazione, della nazione
come corpo politicodi cittadini,della nazione come individua-litpoliticafu una granderivoluzione culturale.
Neglistessianni in cui Rousseau elabor queste idee (1762)Herder pubblic(1771) il suo saggiosull'On'gzwedel linguag-gio
e ilfamoso Ancora una filosofiadella storia per V educazionedell'umanit. In queste due opere vennero teorizzate una conce-zione
del popolo come unit organicae una concezione del
linguaggiocome espressionedell'anima del popolo.Da un
punto di vista etico e politico,Herder respinsel'individua-lismoilluministico e la concezione dello Stato come associa-zione
costituita per procurare il bene (felicit)degliindividui.I singolivivevano in quanto partecipidella vita del popolo equesto popolo-unitorganicaviveva e si sviluppavasecondoleggia lui proprie;ogni popolo aveva un suo compito nelgrandepiano della provvidenzache reggeva la storia e la pilo-tava
verso la realizzazionedi una integraleUmanit che aveva
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una sua prima realizzazione nella civilt europea, la qualescaturiva dall'operosit,dalle scienze e dalle arti e si collocava
come modello da perfezionare.Ne usciva una filosofianatura-listica,secondo la qualela individualitdei popoliera fissata
una volta per sempre e si sviluppavacon una leggecostante:si trattava, se mai, di recuperare e restaurare questa individua-lit;
ma essa non poteva essere mutata, e, come non muta-vano
l'individualite il compito dei popoli,altrettanto avve-niva
per gliindividui: Come l'aiuto e la sicurezza reciprocasono lo scopo supremo di ogni societ umana, cos anche perlo Stato non vi pu essere altro ordine miglioredi quellonatu-rale,
cio che anche nello Stato ciascuno sia ci a cui la natura
lo ha destinato ad essere . A questo punto le cose comincia-vano
a complicarsi,perchquesto essere e questo posto noncoincidevano,per Herder, con gliordinamenti della tradizione,sicch non risultavachiaro,o, per essere piiprecisi,era asso-lutamente
generico,l'appelloallaragionnaturale. L'importanzadi Herder per stava proprioqui: nel negare il valore dellatradizione statalevecchia di secoli,per richiamarsi allafunzionedei popolie allaloro individualite nel separare Stato e Uma-nit,
anzi nel farne due entit molto diverse,che potevanoidentificarsirispettivamentenell'esseree nel dover essere degliuomini, nella costrizione e nella libert. Il meccanismo che
per Herder aveva messo in moto non era destinato a fermarsi
qui, perchl'idea di una missione dei popoliera foriera disviluppiassai ampi e l'idea del linguaggiocome espressionedell'anima del popolo era in grado di essere mutata in qual-cosa
di molto diverso una volta che la individualitdei popolifosse stata fondata su basi materialistiche.
La possibiledegenerazioneimplicitain Herder si ebbe neiDiscorsi alla nazione tedesca di Fichte,un vero e proprio per chiamare le cose col loro nome libelloprivodi fon-damento
storico,di dignitscientificae coscientemente falsario,nel qualeci che in Herder conservava un equivoco caratteredi naturalit spiritualizzatasi trasform in un elemento asso-lutamente
materiale. Se per Herder il linguaggioera espres-sionedell'anima del popolo,per Fichte l'anima pi pura del
popolo pi puro era espressa nella linguatedesca. Il puropopolotedesco,proprioper questa purezza, era il popolode-stinato
a guidarel'umanit sostituendo la Francia che, nella
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sua pretesa egemonica,conculcava i dirittidelle nazioni e ces-savacon ci di essere la forza traente verso l'umanit supe-riore.La Germania sarebbe stata guidatain questo suo com-pito
da uno Stato che l'avrebbe energicamenteeducata alla
ragionee alla libert.
3. Missione ed economia
All'iniziodell'Ottocento esistevano dunque due concezionidella nazione,entrambe potevano definirsisovversive e rivolu-zionarie
rispettoall'ordinemorale e politicodoVancien regime,ma ciascuna di esse era profondamentediversa dall'altra,diversa
non solo per le sue basi,ma anche perchrappresentava unapossibilitdiversa di sviluppoquando avesse informato di sle nazioni non piicostituende ma costituite.
Neglianni tra il Congressodi Vienna e il 1870, l'ordine
europeo fissato nel 1815 venne sconvolto dalla vittoria del
principiodi nazionalit,che si impose alquantolargamentediventando la nuova base di legittimitdegliStati.Si dovettenaturalmente cercare di chiarire in che cosa consistesse la
nazionalit,cio l'elemento o l'assieme deglielementi che da-vanovita ad una nazione. La rispostache si diede a questo
interrogativofu generalmentebasata sull'elemento linguistico:alla linguacorrispondevail popolo-nazioneperchsi dava perscontato che la linguafosse costruzione ed espressionedel po-polo,
ne individuasse la personalite, in sostanza, ne facesseun individuo nella comunit che ormai si definiva,sintomati-camente,
internazionale . La lingua,pividi ogni altro reale oimmaginario elemento, era un dato caratterizzante di tuttaevidenza,di percezioneimmediata;ma esistevano,per cos dire,grandilinguee linguedi minore prestigio,ed allora si proce-dette
ad un complessolavoro di restauro e di recupero che fu
opera di filologi,di linguisti,di poetie di narratori. Per tuttala prima met dell'800 si pu dire che questa sia stata la base
principaledelle nazionalit e si pu anche dire che ilprincipiodi nazionalit (in entrambe le accezioni che si sono indicate)trovasse il suo complemento nell'aspirazionead una armoniatra le nazioni,in nome dell'elevazionemateriale e morale degliuomini. Le nazioni dovevano esistere nella loro libert e nella
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come intermedio tra l'individuo e l'umanit. Libert,naziona-lit
e umanit erano un indissolubiletrinomio che non pativafratture: come nella nazione non si annullava,ma si consa-crava
la libert,cos nell'umanit non si annullavano le nazioni.Mazzini per,proprio per dare maggior vigore a questa suavasta concezione etica e politica,volle ancorarla a una speciedi filosofiadella storia: questa fu la parte pi discutibiledel
suo pensiero,anche se occorre precisareche certo non fu la
parte pi originalee pi significativadel suo insegnamento.L'idea metafisico-religiosadelle missioni dei popoli,la con-nessa
concezione della iniziativa e del suo passaggioda
mano francese a mano italiana,il conseguente mito della TerzaRoma erano, in sostanza, miti politici,e bisognariconoscereche, per un certo tempo, ebbero efficaciapiuttostolimitata,anche se espressiin una prosa fervida e in immagini lirichedi un certo rilievo.In tutta questa costruzione non vi era nulla
n di reale e nemmeno di probabile:l'unico pensierograndee veramente originaledi Mazzini fu quellodi indicare ai popolieuropeila necessit di una loro iniziativa autonoma per l'acqui-sizione
della libert e dell'indipendenzache superasse i terminie i metodi della diplomaziae degliaccordi interstatuali.Come noto, questo metodo rivoluzionario non ebbe successo e la
carta politicad'Europa fu cambiata seguendo in gran partestrade diverse: ma l'insegnamentomazziniano sulla nazioneebbe il potere di mobilitare l'opinionepubblica,di inculcareideali di attivit e di sacrificio,di diffondere l'idea che peressere nazione non bastavano una lingua,una tradizione,un'area
geograficacomune, ma occorreva una volont comune, che nonera la rousseauiana convenzione iniziale n un portato della
natura, ma un'operositcontinua e incessante per corrispondereai destini che Dio aveva assegnato ai popoli.
Nella prima met dell'BOO,in qualunqueforma si manife-stasse,il principiodi nazionalit era correlato,fosse pure in
guisefallaci,a un ideale complessivodi armonia umana. Alfondo della concezione nazionalitaria c'era questa esigenza;costituite le nazioni,qualealtro motivo di lotta avrebbe potutoesserci tra loro,dal momento che ciascuna di esse avrebbe ope-rato
per adempiereal suo compito?La base di questa illusione stava in un doppio ordine di
idee profondamenteradicate.La prima di queste idee era una
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diretta conseguenza del peso acquisitodai ceti borghesiporta-toridegliideali nazionali: esisteva in Europa una coin bor-ghese
costituita da alcuni dati fondamentali: rispettoper ildiritto di propriet,rappresentanza della nazione basata sul
possesso di questo requisito,fiducia nel sistema del liberoscambio che veniva considerato come il regime naturale del-l'economia.
Noi oggisappiamo bene che la visione e l'ideologialibero-scambistafurono un prodottobritannico,perfettamente(o quasi)funzionale agliinteressi e allo sviluppodella bor-ghesia
inglese,ma questa non era la convinzione diffusa nel
primo Ottocento o, per megliodire,nei primi decenni del-l'Ottocento,
quando i paesieuropei non avevano ancora ini-ziatoil loro processo di industrializzazionee non si ponevano
grossiproblemidi concorrenza. La marginalitnella qualelo
stesso umanitario Mazzini confinava Asia e Africa rispondevanon tanto a uno spiritogrettamente europeocentricoe proto-imperialistico,
quanto alla convinzione che il sistema di rap-portieconomici vigentefosse opera della natura e della prov-videnza
che in essa operava e si manifestava. La borghesia
europea, perci,poteva essere, in questo senso, nazionalitaria
e umanitaria e, al limite,l'idealedi una federazione degliStatiuniti d'Europa,poteva anche esercitare un certo fascino neisuoi confronti.Il commercio internazionale,secondo Cobden,era una garanziadi pace: ma ci poteva essere vero soltantofinch il reale protagonistadi questo commercio fosse statouno solo,e unico ne fosse stato il centro di direzione effettivo:l'iniziativae l'intraprendenzaindividuale,la libera circolazionedelle merci e degliuomini erano l'obbiettivofondamentale dellafiducia in un progressivoespandersidella cooperazionetra gliuomini una volta che si fossero soddisfatte le esigenzepoli-tiche
dei gruppinazionali. facileoggi rilevare che il sistemalibero-scambista non era affattoun sistema naturale , ma un
prodottodella supremazia economica britannica,che avevacreato nel proprio interesse un mercato aperto: era molto
meno facilerendersene conto nel primo quarantenniodel XIXsecolo. In pii,era ben radicata la convinzione che le guerre ei conflittifossero stati il prodottodell'egoismodei prncipiedei tiranni;non si pensava generalmente che anchel'individualismo delle nazioni avrebbe potuto avere i mede-simi
effetti.L'idea (o l'ideologia)di una borghesialaboriosa,
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dedita allaproduzionee al commercio, desiderosa di una pacepronubadellaprosperitdegliaffari,si andava progressivamenteaffermando: e questa borghesia,bene o male, era, o imperso-nava,
la nazione, perch la granderivoluzione aveva avuto
appunto questo esito generale:di identificarecapacitpolitica(cioattivit nazionale)e propriet.
Le cose cominciarono a cambiare quando le nazioni occi-dentali
raggiunserola meta dello Stato nazionale e l'assetto
mitteleuropeofabbricato nel 1815 fu definitivamente mutato,e quando lo sviluppodelle nazioni-Stato,assieme ai grandipro-gressi
della tecnica,fece nascere quellache fu chiamata la Welt-
politik.Se vero che questa svolta pu datarsi simbolicamenteal 1870, per altrettantovero che gi pi di un trentennio
prima essa era stata preconizzatae auspicatada un economista,e precisamenteda Federico List che aveva pubblicatonel 1841Il sistema nazionale di economia politica.Questo libro,tra il1843 e il1891, fu tradotto in ungherese,in francese,in inglese,in giapponese,in svedese e in russo, ed esercit un influssonontrascurabile.La sua importanzafu quelladi porre il problemadello sviluppoo, per essere piiprecisi,deglistadi di sviluppo;problemache si impose alla considerazione di List in seguitoall'osservazionedella realt economico-sociale degliStati Unitiche neglianni '20 dell'Ottocento si trovavano nella condizionedi paese emergente. Non interessa qui l'attivitdi List comefautore dello Zollverein e dello sviluppodella rete ferroviarianella Confederazione germanica;piuttosto interessante rile-vare
che egli,sul terreno economico, fin per assumere unaposizionenon molto diversa da quelladi Mazzini sul terrenoetico-politico.La critica che List rivolgevaalla scuola , cioalla dottrina cosmopoliticadi Smith e di Say, era quelladiaver considerato gliindividui e l'umanit,ignorandoil terminemedio che era la nazione. Per non essere fraintesiconverr
subito dire che per List le nazioni erano una realt ben piiicorposa di quelladelineata dagliideologispecialistiaddettispecificamenteai lavori.La scuola , cio il sistema dell'eco-nomia
classica,aveva come primo difettoquellodi un assurdocosmopolitismoche non accetta la natura della nazionalit ein fondo non descriveva altro che l'industriaprivatacome si
svilupperebbein regime di libero scambio con la societ,valea dire con tutta l'umanit,se non fossedivisa in diverse societ
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nazionali. Fra l'individuo e l'umanit si collocava per la na-zione, con la sua linguae con la sua letteratura,con un'origine
e una storia propria,con i suoi particolariusi e costumi,leggied
istituzioni,con il diritto di esistenza,di indipendenza,di per-fezionamento,di continuit e con il suo particolareterritorio;
una associazione che, formatasi attraverso migliaiadi collega-mentiintellettuali,economici e materiali,costitui[va]un'unit
esistente per se stessa, che nel suo ambito ammett[eva] l'auto-rit
della legge,ma che si contrappon[eva]come unit naturale
e libera ad altre similisociet e che quindi,nelle attualicondi-zioni
mondiali,[poteva]conservare la propriaindipendenzasoloconfidando sulle proprieforze e sulle propriecapacit.Cos
come l'individuoacquista[va] cultura,forza produttiva,sicurez-zae prosperitgraziesoprattutto alla nazione e nell'ambito di
questa, cos anche la civiltdel genere umano [era] raggiungi-bilesolo con la progressivacivilizzazionee lo sviluppodelle
singolenazioni ^ List,in sostanza, scopriva,per cos dire,ladimensione economica della nazione e con ci poneva in ter-mini
nuovi ilproblemadel rapporto tra le nazioni e l'umanit.In lui non c'era niente dell'autarchismo autoritario dello Stato
commerciale chiuso di Fichte n del sistema mercantile...
esclusivamente politicoe nazionalistico ';c'era invece la per-cezionedi quelche avrebbe comportato la politicadelle nazio-nalit.La svolta del 1870 non fu importantesoltanto per le
grandie giustamentememorabili polemichesull'ideae la con-cezionedella nazione che furono provocate dall'esito della
guerra franco-prussiana,ma perchH compimento dell'unittedesca e il coronamento dell'unit italianaaprironoa tutti ilivelliun nuovo corso della storia europea. Ora, abbastanza
comune interpretarela storia d'Europae di riflesso delmondo, a partireda questo momento, come la storia dellalotta
contro la ragionee dello scatenamento prima lento,poi apartiredall'ultimo decennio del secolo enormemente acce-lerato,
d'un irrazionalismo che celebr i suoi saturnali alla
vigiliadella prima guerra mondiale. Questa interpretazione morale della crisi europea ha per presupposto un dispie-gamento
della ragionenell'etprecedente.In realt una impo-stazionedi questo genere ha le sue radici in un atteggiamento
profondamenteconservatore e in uno scarso approfondimentodella realt delle strutture nazionali e internazionali della vita
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europea. Non il caso di negare che dopo il 1870, e special-mentedopo il 1890, glieuropei(e non solo loro)abbiano
assunto abiti mentali e praticiche esasperarono ilprincipiodi
nazionalit;ma invece il caso di rendersi conto che il nazio-nalitarismo si trov allora ad operare in un contesto profonda-mente
mutato e che questo mutamento fu dovuto al fattodel-l'emergenza
economica delle nazioni continentali. Fu questo
processo economico-sociale a mettere in moto un processo spi-ritualee politicomolto complessoche modific profondamente
la concezione della nazione ed a generare ilfenomeno del nazio-nalismo,
che, come si visto,non pu assolutamente essereguardatosoltanto come una nuova concezione teorica e praticadei rapportiinternazionali,ma deve essere considerato comeun'organicavisione di tutta la vita politica.
Nel 1870 le aspirazionidelle nazioni a definirsiin Statinazionali si erano realizzate per l'Italiae per la Germania.
Con ci,naturalmente,il problemadelle nazionalit era tut-t'altroche chiuso,ma bisognariconoscere che un avvenimentodel genere, che aveva in gran parte disfattol'ordine di Vienna,
aveva un peso notevolissimo perchl'interessepreminentedeidue nuovi Stati nazionali era quellodi avere un periododi
respiro,il che voleva dire mettere un freno,almeno momen-taneo,al movimento delle nazionalit,il quale,ridimensionata
la potenza francese che nel periodoprecedentegliaveva for-nito
un supporto, si trov a dover agiresolamente con le pro-prieforze. Nell'Europacentro-occidentale,l'unit italiana e
tedesca pose il problemadel che fare per gliStati nazio-nalivecchi e nuovi, e, nel contesto di questo problema,nac-quero
nuovi orientamenti ed emersero elementi che, pur pre-sentinel periodoprecedente,assunsero ora un pieno rilievo.
La base concreta di questa problematicafu data da un fattoche,in termini semplificati,si pu enunciare in questitermini:avendo ormai preso corpo le nazioni in Stati nazionali,qualicompiti si ponevano a questiStati? Come avrebbero assolto
gliStati nazionali questicompiti?Poich tutte le costruzioniprofetico-metafisicheerano assolutamente astratte, esse pote-vano
servire come elementi mitici di mobilitazione,ma nonavevano in realt consistenza: la loro funzione di promozionepoliticaera servita certamente per la costruzione dell'unitnazionale;risolto questo problema,esse furono impiegateper
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aiutare la soluzione del nuovo problemache si presentava alle
nazioni;che era precisamentequellodi potenziaregliStatinazionali ai qualiesse avevano dato vita. Ora, era chiaro che
questo potenziamentosignificavasviluppoeconomico, raggiun-gimentodi una sicurezza militare,conseguimentodi una certa
autonomia e sufficienzaeconomica, dopo aver conseguitounit
e indipendenzapolitica.Le nazioni si erano fatte Stati e gliStati avevano come sempre il compito, o per megliodire la necessit intrinseca,di durare . Le borghesiecheavevano realizzato gliStati nazionali avevano dunque l'inte-resse
a mantenere la guidadi taliStati e la direzione del pro-cessodel loro consolidamento. In questa loro azione esse ave-vano
una comune base di solidarietinternazionale in quanto
tutte indistintamente dovevano fronteggiarela nuova classe
proletaria,che nasceva dallo sviluppoindustriale,nel qualesiidentificavail processo di consolidamento e di crescita,e che,
tuttavia,era esclusa dalla direzione dello Stato;ma nello stesso
tempo avevano, ciascuna per s, l'interessead avviare e aconcretare lo svilupponel piibreve tempo possibile.
L'emergeredella problematicadello sviluppoebbe molte
conseguenze: qui baster ricordare le due che pi direttamente
hanno attinenza col problema nazionalit-nazionalismo. Laconnessione tra potere politicoe potere economico (sempreesistita)divenne palesee l'intervento del potere politiconella
vita economica degliStati nazionali divenne pi accentuato.
Questa trasformazione della problematicadella societ europeacomport, a livelloreale e a livelloideologico,quellache si
pu definireuna socializzazionedella nazione. Il problemaemi-nentemente
politicodel passaggiodelle nazioni a Stati nazio-nalicedette ilposto al problemadi un confronto tra le nazioni
e di un confronto tra le classiall'internodi ogni nazione.Furono la necessit e la logicadello sviluppoindustriale
che distrussero non solo le illusionidel libero-scambismo, ma
anche le idealitdi armonica convivenza tra le nazioni: prote-zionismoed equilibriodi potenze mediante pi o meno inge-gnosi
sistemi di alleanze furono i primi risultatidel nuovo
quadroche dava luogoa nuovi rapportitra le classie gliStati. Terminate le grandilotte politiche,le nuove generazionieglistessi vecchi patriotie combattenti,si davano agliaffari;e la concorrenza e la lotta dei mercati,dal canto loro,confe-
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rivano a suggerireil primato dell'energia,della forza,della
capacitpraticasui motivi etici e razionali *".Energia,forza,
capacitpraticache non erano pi quelledei popolie degliindividuiuniti in un comune sentire e in una volont di armo-nia,
ma erano l'energia,la forza,la capacitdegliStati e delleclassidi esistere,di resistere e di accrescere la propriapotenzae di ampliareil propriodominio. E, in verit, difficilepen-sare
che cos potesse non accadere dal momento che glistessitermini concreti nei qualiil processo di formazione dei nuoviStati nazionali si era attuato apparivanoquale smentita adalcune alte e generose illusioni.Il popolo non aveva affatto
giocatoilruolo di protagonista:certo non in Germania, moltolimitatamente in Italia;l dove esso aveva voluto assumereun'iniziativa spontanea ed autonoma era stato battuto e schiac-ciato:
non pareva davvero che Dio si fosse messo alla sua
testa dandoglila sua folgore.Le folgoritedesche erano statefolgoriprussiane,maneggiateda Bismarck e da Moltke; quelleitaliane erano state sapientementelimate da Cavour; l'appellodi Gambetta nella Francia invasa non aveva certo prodottounanuova Valmy. Dopo le rivoluzioni di intellettualidel 1848,altrie ben diversi erano stati i protagonistidell'ultimo turbi-noso
lustro di storia europea ed altri ancora si apprestavanoad essere quellidella storia successiva. I popolidiventavanol'astrattodavanti alla concretezza degliStati e delle classi;classidominanti rese sempre piiforti dal successo conseguitoche sembrava legittimarela loro direzione. La nazione, davolont di esistenza,si trasformava in volont di potenza;tutto quanto sembrava opporsia questa volont,o insidiarlanella sua efficaciaideale e pratica,era destinato ad essere clas-sificato
antinazionale .
Fu in questo quadro che il nazionalitarismosi trasformin nazionalismo e ilprincipiodi nazionalit in aspirazioneege-monica;
e si ruppe il nesso originariotra nazione e democrazia.La nazione,da unit spirituale,si incammin a trasformarsi inunit organica,fondata sulla storia mitizzata,e finalizzataal
successo economico-politicomediante il conseguimentodi unaforza adeguata.
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http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf
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con i letteratie i professori,con VUrsprache,il Volksgeist:l'annessione dell'Alsazia non era stata giustificatacon argo-mentazioni
di questo tipo,ma richiamando il ruolo che essaaveva svolto nella storia tedesca. Ma quando,dopo la Real-politik,
venne all'ordinedel giornola Weltpolitik,cio la pro-spettivadel plurimperialismodelle maggioripotenze, allora la
mitologiadella superioritX'Uhrvolk si dispiegin tuttala sua efficacia.
Si spesso insistitoe si continua ad insistere sulla funzione
che il concetto di missione ebbe nella formazione e nello svi-luppo
del nazionalismo europeo, ma pu darsi che esso abbiaavuto un'efficaciamolto minore di quanto comunemente si
pensi.Non si vuol negare che questa efficaciasi sia verificatain particolarimomenti e in particolariambienti,ma si devericonoscere che si tratt di un fenomeno piuttostolimitato,il
qualenon va confuso con quelloche si pu chiamare ilmito del
passato remoto delle nazioni,che fu creato ed alimentato,in
gran parte, dalla cultura accademica,ma ebbe vasta risonanzaanche a livellopopolare.Accanto a questo mito si deve porreun pi concreto elemento,che fu l'idea secondo la qualelenazioni,in quanto individui collettivi,avessero diritto ad otte-nere
ricchezza e potenza in ragionedella propriacapacit,ciodella loro forza non solo presente, ma anche prevedibilmentefutura.
Ora bisognarendersi conto che non occorreva arrivare ainostri tempi per riscontrare la esistenza di una volont di du-rare
e di ampliaredegliStati;classificareTheodor Roosevelt
e Barrs come nazionalistiin base alla sempliceconsiderazione
che, per entrambi,ogni problemaandava esaminato e risoltoin funzione dell'interessenazionale ridicolo;ma soprattuttofuorviante. Se il nazionalismo dovesse ridursi alla dottrina e
alla praticadella potenza nazionalstatuale chiaro che essodiventerebbe una categoriadello spirito;per megliodire,un'ap-prossimazione.
La Realpolitiknon fu un'invenzione e una pra-ticadi Bismarck e di Cavour: che politicamai condussero
Napoleone III, JulesFerry,Palmerston,Disraeli e TheodorRoosevelt? dunque evidente che l'individuazione del nazio-nalismo
va condotta avendo riguardoanche (direi:soprattutto)ad altrielementi. Finch lo Stato era stato concepitocome unamacchina senza anima, esso non aveva potuto esigereun'ade-
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sione totale: in assenza di un'anima statale,le anime degliuomini che facevano parte dello Stato,in fin dei conti,con-servavano
una largaautonomia: la connessione e la successivaidentificazionedi Stato e nazione,da questo punto di vista,ebbe la conseguenza di ampliarel'areadi potere e di interventodello Stato in misura notevolissima. Proprioperch esisteva
una sovranit popolare,proprioperchla nazione stava ora abase dello Stato e gliconferiva un'anima, c'era la possibilitche questa anima dello Stato finisse per inglobarele animedei cittadini,specialmentedal momento in cui lo Stato fuindotto ad assumersi una sempre pi premurosa cura dei corpi.Se lo Stato non era pi una semplicemacchina amministrativa,se la nazione era una personalitcollettivae quindicapace di
volere,cio di esercitare il potere, se il potere della nazionesi realizzava come volont,la via al misticismo della nazione
era aperta.
Il pericoloche le nazioni imboccassero questa strada si pudire che fosse inversamente proporzionaleair et degliStati-nazione. I grandiStati nazionali di antica data erano meno
espostiad assolutizzarela nazione nel senso che si detto: la
tradizione,anzi le tradizioni nazionalstatualiagivano general-menteda freno,salvo circostanze particolarilegatea qualche
specialecontingenzapolitica.La realt delle nazioni europee era per,nonostante tutto,
prepotentemente calata in Stati nazionali che,come si detto,
avevano una direzione borghese:paradossalmente,il popolopoliticamenteattivo non era affatto il popoloindistinto delle
mitologienazionali.Le classiinferioriper ricchezza e per red-dito
erano nello stesso tempo nazione e fuori della nazione.
Erano nazione quando erano chiamate a contribuire alla vita
e alla grandezzadello Stato nazionale sulla base dell'imposi-zionefiscalee della prestazionedel servizio militare,non erano
nazione quando si trattava di determinare l'entite la distri-buzione
dell'imposizione,la direzione generaledella politicadello Stato,la formazione della rappresentanza nazionale. Esi-steva,
obiettivamente,uno iato tra classe e nazione. Questa
spaccatura poteva essere saldata accettando una prospettivademocratica: e prospettivademocratica significavaampliamentodella capacitpoliticadi quelleche ormai si chiamavano lemasse ed acquistavanoprogressivamentecoscienza della pro-
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pria forza man mano che le economie nazionali decollavano.Il problema,per le classidirigenti,era quellodi non perdereilcontrollo dello Stato. Per questo, si poteva seguireuna dop-pia
strada o, per essere piiesatti,formulare una doppiaipo-tesi:provvederein qualchemodo al soddisfacimento delle esi-genzeelementari delle classiinferiori,spegnendopi o meno
completamenteil fuoco che poteva spingerlealla contestazionedelle istituzioni,senza per altro cedere il potere politico;ov-vero
negare le basi obiettive della dialetticadi classe e proporrela nazione come sintesi di interessi che,contrastanti all'internodello Stato nazionale di classe,potevano comporsi in vistadella lotta tra le nazioni-individui.
Entrambe le ipotesiconducevano all'integrazionenazionaledelle masse: la prima non rifiutavalo scontro sociale,ma inten-deva
controllarne lo svolgimentonella prospettivache il pro-letariatosi facesse esso stesso borghesia;la seconda intendeva
soffocare lo scontro sociale nell'ambito nazionale e trasferirlo
forzatamente nell'ambito internazionale mediante l'agitazionedel mito della nazione proletaria:in questitermini,lo Statonazionale poteva anche diventare nazional-popolare,ma la na-zione,
comunque, diventava il solo valido criterio di giudizioe il valore prioritarioche subordinava a s tutti glialtri.Leattivit degliuomini perdevanoi loro valori specificied assu-mevano
significatoin uno stretto riferimento all'utilitprestataallanazione,cio su un pianodi stretto esclusivismo. Che tuttoci comportasse una nuova mitologiaera scontato: questa mi-tologia
doveva,naturalmente,essere tanto piienergicaquantopivinumerosi e pi stretti erano i legamiche collegavanogliindividui e i gruppi allo Stato nazionale. Il problemaprinci-pale
non era pi quellodell'unit della nazione, ma quellodell'unit e della potenza delle nazioni che si confrontavano:
ilproblemadella coesione della nazione per affrontare la lottatra le nazioni. Poich le nazioni erano individui,allalogicadeiloro rapportisi poteva dunque applicare mediante una mi-stificante
analogia quanto si andava pensandoin materia dilotta per la vita,di selezione naturale,di sopravvivenzadeipi forti che acquisivanoenergiaproprionella praticadellalotta. Le nazioni-individui erano tanto pi forti,quanto pipure, quanto meno fossero state spiritualmentecontaminatedalla volont e dalla volutt del benessere egoisticamenteindi-
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viduale,quanto pifossero numerose e feconde,perchpropriol'incremento demograficostava a comprovare una non-corrut-tela.
La guerra diventava la suprema manifestazione dello spi-ritoe della potenza della nazione;scuola di disciplina,di abne-gazione,
di virilit;momento nel qualela nazione celebravala sua unit ideale,politicaed economica. L'immagine pialtadella nazione non era perciilparlamento,ma l'esercito,per-ch
ilparlamentoera i partiti, cio la divisionedella nazione.La coesione nazionale finalizzataalla potenza e all'espan-sioneimplicavain primo luogola soppressionedella lotta di
classe. Il movimento operaiosi andava, in verit,nazionaliz-zando,
ma questo non bastava;anzi,si pu dire che proprio
questo suo nazionalizzarsie riformistizzarsilo rendeva piipe-ricoloso,perchlo faceva pi attento ai problemidello Stato,
man mano che lo allontanava dalla tematica della rivoluzione-
miracolo. Il socialismo riformista diventava il nemico numero
uno; doppiamenteavversario di classe: per la sua natura pro-letariae per il suo pacifismo;per l'azione quotidianae tenace
che obbiettivamente riduceva i marginidel profittocapitali-sticoe per la sua penetrazionesistematica a livellodei poteri
locali;per la sua opposizionealle spese militari e per la suaedonistica preoccupazionedi elevare il livellodella condizione
operaia.La nazione diventava cos la nuova formula politicadel potere borghese.Diventava o lo era stata da sempre? La
rispostaa questa domanda molto complessae va articolatacon discrezione dei tempi e dei luoghi.
Qui non si pu far altro che suggerirequalcheelemento diriflessioneper quanto riguardail nazionalismo italiano. undato di fatto che facendo astrazione dalla ingannevoletema-tica
dei precorrimentie dei precursori il movimento nazio-nalistaitalianonacque nei primi anni del '900, che si rafforz
a partiredal 1908, che contrariamente alle previsionidiGiolitti si gonfidopo la guerra di Libia,che esploseintutta la sua virulenza al momento del primo conflittomondiale.Esso certamente agitdei miti e si approprideglieroi: furonoi miti di Roma imperialee dell'espansionedelle repubblichemarinare,ma anche i miti moderni dell'energiae della vitalit,dello Stato come potenza e moralit nella sua compattezza subase autoritaria in cui tutto doveva risolversie trovare disci-
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plinae direzione da parte delle classiche lo avevano edificato
e ne detenevano,tra mille insidieda eliminare,il governo.Nel nazionalismo era certo presente una nevrosi delle
parole, ma bisognacontrollare se essa fu della stessa naturadi quelladecadentistica,al di l di momentanee coincidenzed'indole sostanzialmente biografica.Per il decadentismo,ladecadenza era un ideale,non uno stadio da superare; la societ
contemporanea era soprattutto antiestetica perchera essenzial-mente
antindividualistica,ed era la controparte dell'individuoeccezionale che,per affermarsi,doveva soggiogarla.Il naziona-lismo
non rifiutavaquesta societ di massa; intendeva perpe-tuarein essa l'ordineborgheseprospettandouna societ indu-strialesenza la dialetticadelle classi.Il decadente,per reaUz-
zare il suo sogno estetico,poteva perfinovagheggiarese stessoa capo deglioppressie, comunque, prospettare uno sconvolgi-mento
dell'ordine esistente a cominciare dall'ordine della sin-tassi.
Il nazionalista era ben fermo nella sua idea di restaura-zione
borghesee di ripristinod'un ordine classico: se illiberalismo era stato lo strumento con il qualela borghesiaaveva affermato il suo potere, esso diventava arma di suicidio
quando la borghesiastessa ne faceva la base del propriopro-grammadi governo. Scriveva Corradini nel 1904: se in luogo
dell'astratto,utopisticoe nefasto concetto della libert se nevolesse ora acquistaree mettere in praticauno realisticoebenefico,per restaurare tutto bisognerebbesentire il bisognodi un rigidissimoregime di repressionee di soppressione.
Nel 1903 cominci a pubblicarsi Il Regno . Nella pre-sentazione,Corradini guardpanoramicamentel'Italia:la gran
maggioranza del vero popolo si andava facendo ogni giornopi industre,questo popoloprolificoe pazienteaveva gi get-tato
le basi della prosperitsulle qualisarebbero stati edifi-catii monumenti della grandezzae iltrionfo nazionale. Eppure
l'ora presente era un'ora di vilt,di una vilt caratterizzatadall'ascesadell'ignobilesocialismo,portatore (controogniordinedi idee generose)dei piibassi istinti della cupidigiae delladistruzione: la mercede dei braccianti divent principioetermine dell'umana societ , le furie del numero si erano sca-tenate,
un pugno di omiciattolistava ingannandole moltitudini,instaurando la tirannide della strada contro gliordinamenti
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civili( dalla reggiaalla religione,dalla milizia al tribunale ),
provocandouno spettacolodisgustosoa tutte le partipolitiche,in esse compreso ilsocialismo non ignobile(cioilsindacalismo
rivoluzionario).Ma uno spettacoloaltrettanto miserevole pre-sentavala borghesiaitaliana che reggeva e governava: La
lotta di classeha bisognodi avere le mani libere dentro e rom-perfuori quellegrandiarmonie etniche e storiche che si chia-mano
nazioni? E la borghesiaitalianasi ostina ogni giornodi
pi per le dottrine della libert e dell'internazionalismo.Essa
diventata la sentina del socialismo sentimentale con il suo
rispettoper la vita caduca,con la smodata pietdell'umileedel debole,con ildileggiodell'eroico.I nazionalistierano con-tro
il socialismo riformista e contro l'ala democratica della
borghesia:contro Turati e contro Giolitti.Non era solo let-teratura:baster ricordare le corrispondenzetra le immagini
di Corradini e i fattirealidell'Italia1903: l'iniziodella ripresaeconomica dopo Adua, il decollo industriale,gliscioperi(spe-cialmente
contadini)esplosidopo la svolta Zanardelli-Giolitti,l'azioneper una legislazionesul lavoro,l'avanzata democratico-
operaianelle amministrazioni locali e nel parlamento.Corra-dini
era un letterato,ma aveva anche la chiarezza mentale del
reazionario conseguente: qualcheanno dopo,accanto a lui c'era
gi un gruppo di uomini dalle idee non meno chiare,con in
piliuna preparazionetecnica in vari campi tutt'altroche
spregevole.Tutto ci scoppiall'improvviso?Certamente alla svolta
politicagiolittianafece riscontro una reazione di nuovo tiporispettoal radicalismo conservatore-riformistadi Sonnino; ma
bisognerricostruire seriamente nel dettagliola storia dellacultura e delle istituzioniculturaliitalianetra il 1880 e il 1914
per avere una rispostaadeguata,vedere in concreto qualefuilbagaglioculturale della classe dirigente,in gran parte costi-tuita
di avvocati e di professori,che erano anche,per lo pi,proprietariagricoli.Dico il bagagliotecnico,in materia didiritto costituzionale,di diritto penale,di diritto amministra-tivo,
di economia politica,di disciplinepi o meno sociolo-giche", Non si pu continuare a ricostruire il quadro della
cultura italianapost-unitariain termini soltanto di storia let-teraria
e di storia della filosofia, anche se bisognaconve-
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nire cheun
simile quadro tutt'altro che privo di validit.
Ma pur vero
che bisogner poi anche spiegare come que-sta
cultura uscisse dall'accademia, scendesse dalle cattedre delle
universit, passasse dalle penne dei dotti alle pennedei pub-blicisti,
diventasse anch'essa cultura dimassa,
cultura reazio-naria
dimassa, e
fossecapace
di mettere in moto la contro-rivoluzione
preventiva, agitando il mito della nazione. E la
risposta non potr essere trovata che sul terreno della storia
politica e sociale dell'Italia post-unitaria, quasi certamente nella
congiuntura della prima primavera calda del movimento ope-raio
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http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf
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damente tarate da dover lasciare scorgere i segnidell'immi-nente
esplosioned'un male di lungaincubazione.Le obbiezioni che furono mosse allainterpretazioneche del
fascismo diede Croce restano in tutta la loro importanza;mala situazione politicae le necessit stesse della lotta politicadopo il 1943 condussero ad una inversione di prospettivache non meno di quellaavanzata da Croce aveva il difettod'una estrema e semplicisticaschematizzazione. Vero che il fa-scismo
non fu malattia improvvisamentemanifestatasi in un
corpo sano, ma altrettanto vero che, come esistono organismistrutturalmente tarati,cos esistono organismisolo predispostial contagio,i qualituttavia non si ammalano '.Il fascismo,senon fu lo sbocco obbligatodel sistema e del processo risorgi-mentale,
realizzatoin regime di monopoliopolitico-economico-ideologicodallaborghesiaitaliana,certo nelle strutture politico-economico-culturali della societ italiana trov le condizioni
propizieper nascere; e indubbiamente ebbe il terreno prepa-ratoe dissodato dal diffondersi dell'ideologianazionalista.
Detto questo, per, occorre rendersi conto della natura estre-mamente
composita del fascismo e non liquidarloin bloccocon la sbrigativaformula della reazione borghesedi classe.Sein effettitale fu il fascismo dopo il 1926, andrebbe irrimedia-bilmente
perdutaognipossibilitdi scriverne una storia obiet-tivae concreta qualora,dall'esitocui esso pervenne, si proiet-tasse
su tutto il suo sviluppoun giudizioche, trascurandol'esame dei fattie degliuomini, vedesse il fascismo solo comeindiscriminato blocco reazionario sin dalle origini,al serviziodel grandecapitaleagrarioe industriale.Per quanto concernespecificamenteil movimento nazionalista,per tanti versi con-nesso
al fascismo,occorre risolversiad elaborarne una storia
autonoma, la qualerenda conto del suo processo di sviluppoe, pur non perdendodi vista il fatto essenziale della fusioneorganicanazionalfascistadel 1923, non per questo si concretiin una ricerca delle coincidenze fascio-nazionalistiche,n siriduca ad una delucidazionedella funzione prefascista delmovimento. Per oppostim.otivi,la pubblicisticae la storio-grafia
democratica e la pubblicisticae la storiografianazional-fascistahanno appunto operato in questa prospettiva.Il pro-blema
era, per la prima,quellodi porre a nudo le profondeinsufficienzee squilibricon i qualis'era attuato il processo
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d'unificazionenazionale e di mostrare che da tali insufficienze
e squilibriera stata generata dapprimal'usura,poi la deca-denza
e infinela liquidazionedegliistitutirappresentatividella
pseudodemocraziaborghese;per la seconda,quellodi presen-tarenazionalismo e fascismo (e pi il secondo che il primo,
in verit)come glieredi della tradizione risorgimentale,dopoilgrigioree la prosaicitpostunitariae specialmentegiolittiana.In tal modo, con segno di valore invertito,dall'una parte edall'altrail nazionalismo venne presentato come l'erede del
Risorgimento.Restarono accampate su diversa posizionela
pubblicisticae la storiografialiberalid'ognigradazione,per le
qualiil nazionalismo era stato un'apertarottura con tuttala tradizione risorgimentale,anzi ne era stato la avventurosae irresponsabilenegazione.
Tesi, come si vede, che tutte prestano il fianco a qualcherilievo;e delle quali,almeno le prime due rientrano in unavisione politico-ideologicascopertamente polemica,mentre la
terza, dislocandosisul piano pi propriamentemorale,mostrada un lato la propriainsufficienzae dall'altrola propriaderi-vazione
da un intento di apologiadella classe dirigentepost-unitaria,che parzialmentegiustificato ha tuttavia il di-fetto
d'una determinazione cronologicasospetta, qual quellache sostanzialmente si arresta alle sogliedel primo conflittomondiale.
Sul piano d'una ricostruzione critica del nazionalismo ita-liano,
occorre pertanto compiere due operazionipreliminari:sganciarnela visione dal concetto di nazionalfascismo e nel
contempo approfondirel'indaginesul nesso che indubbiamenteintercorre tra nazionalismo e atteggiamentiteorico-politicidelladestra nazional-liberalenegliultimi decenni dell'800. In tal
modo, sar possibiledeterminarne e la variet non trascura-biledelle manifestazioni e le tappe di una evoluzione che,par-tendo
da premesse estremamente generichee da atteggiamentirealmente letterari, condusse il nazionalismo ad elaborare
una dottrina dello Stato e una teorica politicache finirono peressere la dottrina del fascismo,in funzione riempitivadi una
pressochassoluta carenza ideologicadi Mussolini e dei suoiamici. In altreparole,non bisognaridurre il nazionalismo alla
pura rappresentanza politico-ideologicadei gruppicapitalisticipi retrivi o della piccolaborghesiaumanistica,ma tenendo
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specialmenteconto di molte significativepresenze determi-narnela filiazione(non necessaria , se pur tuttavia reale)
da quell'aladella classedirigenteitalianache non seppe e nonvolle affrontareadeguatamenteilproblemanuovo che si ponevanei primianni del secolo allasociet italiana:ilproblemadella
democrazia,
Qual sino ad oggi il bilancio della storiografiaitaliana
attorno al nazionalismo?
Una prima fase storiografica rappresentata dal periodoche va sino al primo conflittomondiale.
Da parte nazionalista si tent allora di redigereun certo
bilancio,mentre la voce pi autorevole che tentasse di carat-terizzarecriticamente il movimento fu quelladi Croce.
Gi nel 1907 Croce, scrivendo su Di un carattere della pirecente letteratura italiana parlava,prima ancora che di fatti
letterari,di una condizione di spirito mutata. La vita spi-ritualeitalianagliapparivaspartitain due periodi1865-1885
(o 1870-1890) e dal 1885-90 in poi; e del secondo periododenunciava il vento d'insincerit. A parte la precisapit-tura
del mondo letterario,interessa qui notare alcuni dei giu-dizipoliticiche Croce espresse in questo saggio,perchessi
sarebbero rimasti ben saldi anche nella successiva opera sto-riografica
di Croce, e avrebbero alimentato,pi o meno chia-ramente,
parecchicriticidel nazionalismo,contribuendo,d'altra
parte, a vulgarnela interpretazionein chiave prevalentementeestetico-letteraria.
...
il paganesimo eroico del Carducci,il
verismo,il positivismo,l'eruditismo,erano le forme principalidella vita spiritualeitalianadi quel tempo [cio del periodo1865-1890]: forme ormai invecchiate,di cui non ritroviamoai nostri giornise non stanchi rappresentanti scrivevaCroce Ora... appaiononell'arte,nella filosofia,neglistudistorici tipipsicologiciaffatto diversi.Abbiamo non pi il pa-triota,
il verista,il positivista,ma l'imperialista,il mistico,l'esteta,o com'altro si chiamino... Tutti costoro sotto varinomi e maschere varie,lasciano tralucere una comune fisio-nomia,
Sono tutti operaidella medesima industria: la grandeindustria del vuoto... Che cosa vogliono?Chi lo sa?... L'impe-rialista
vuol trarre l'Italiaa grandidestini;vuole schiacciarela bestia democratica;vuole conquistare,guerreggiare,canno-neggiare,
spargere fiumi di sangue: ma se glisi domanda con-
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tro chi e perche con qualimezzi e a qualifinivuol muoveretanto fracasso,eccolo sulle furie,eccolo che rivolgecontrol'importunodomandatore i suoi cannoni di parole;eglisenteche i suoi programmi di dominazione e devastazione perde-rebbero
la loro grandiosite presto si dissiperebbero,se sivolesse determinarli storicamente . L'insincerit radicale era
per Croce tutta nella poca chiarezza interiore , cio nello
stato psicologicoin cui l'uomo non mente pi aglialtri,per-chha gimentito a se stesso... pervenuto a una sorta d'in-colpevolezza
e d'ingenuitche ha per fondamento una grandecolpae un grandeartificio. La colpafondamentale di tuttoci non era affatto da attribuirsi secondo Croce alla
grandefilosofiaidealistica,ma propriamenteai negatorie con-traffattoridel principioidealistico( Chi d dirittoagliaffina-
tori della sensualit,agH esaltatoridella forza per la forza...di reputarsiaristocraticie idealisti,e collocarsiaccanto a coloroche per la concretezza hegeliananon dimenticano la rigidezzakantiana,n per la dottrina di Kant quelladi Cristo? ), aldilagaredella cultura positivisticae al corrispettivogenerarsidel nuovo misticismo. Vana pretesa era quelladi distruggereil movimento operaionato dal seno stesso della borghesia;edessa equivalevaalla negazionestessa della civilt: Negazioneimpossibile;negazioneche la parolarifiutadi pronunciare,eche perciha dato origineagH ineffabiliideali della forza perla forza,dell'imperialismo,dell'aristocraticismo:tanto bruttiche ai loro medesimi assertori non regge l'animo di proporliin tutta la loro rigidezza,e ora li temperano col mescolarvielementi eterogenei,ora li presentano con cert'aria di bizzarriafantasticae di paradossoletterarioche dovrebbe servire a ren-derli
accettabili.Ovvero ha fatto sorgere, per contraccolpo,gliideali,peggioche brutti,melensi,della pace, del quietismoedella non resistenza al male. Dal doppio peccato, intellettualee morale,si genera quell'Io,quellaEgoarchia,quell'Egocentri-cit,
quellaMegalomania,che tanta parte della vita contem-poranea.
Nella sua analisidel 1907 che sarebbe rimasta immutata
nelle sue linee fondamentali sino allepaginedella Storia d'Ita-lia^
e fin nella Storia del Regno di Napoli^ Croce centravadue puntifondamentali che devono essere tenuti ben fermi: ilfondamento irrazionalee la derivazione positivisticadel naziona-
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lismo all'iniziodel secolo.Non da trascurare quelloche aveval'ariadi essere un implicitosuggerimentoa una direzione di
ricerca: l'accenno all'Egoarchia,come dire a Mario Morasso,che, appunto nel 1898, aveva pubblicatoa Torino Uomini eidee del domani. L'Egoarchiae che nel 1903 aveva dato alle
stampe L'Imperialismoartistico: un libro che preziosoperintendere la portata e la genesidi parecchieposizionied ideedei nazionalisti,Corradini in testa ^
Ma quelladi Croce restava un'analisi,pur nella sua acutezza,limitata al piano della cultura e della vita spiritualein genere;anche se, a rileggerlaattentamente e ad integrarlaspecialmentecon le paginedella Storia d'Italia,si pu scorgerne l'agganciopolitico,appunto negliaccenni al socialismo,che fu il nemicoprincipalee perpetuo del nazionalismo. N vale,a questo pro-posito,
obiettare che il socialismo difeso e positivamentevalu-tatoda Croce fosse il socialismo revisionista e riformistizzato:
appunto questo socialismo costituiva il bersaglionazionalista;mentre uomini di provenienzasindacalistae social-rivoluzionaria
erano destinatiad entrare a vele spiegatenelle filenazionaliste,ad occuparvipostidi rilievo,a dirigernele evoluzioni politicheed ideologiche,a costituirne l'aspettopiscopertamente sov-versivo
e sovvertitore. Croce, d'altra parte, avvertiva che ladistinzione tra i due periodidella vita spiritualedell'Italia
postunitariada lui delineati,non poteva indicare una contrap-posizionerigida,significareuna rottura precisa:appunto per
questo egliinvitava a indagarele colpedelle generazionicheci hanno prossimamentepreceduti e con ci stesso fornivauna suggestionepreziosaproprio per la distinzione ch'egliponeva tra la retorica e l'enfasipatriottica,politica,filosofica,sentimentale pre-1870 che sorgevano sopra un fondo reale e quelledi fine '800 - primi del '900 anche formalmente con-trastanti
con le forme verbali della rettorica,p. es. quaran-tottesca.
Sul piano di un primo bilancio dello sviluppodel movi-mentonazionalista si pose, alla vigiliadella guerra mondiale,
Gualtiero Castellini.L'interesse del suo volumetto su Fasi edottrine del nazionalismo italiano^ era dato dal fatto che esso,scritto dopo i primi tre congressinazionalisti(1910, 1912 e1914), cercava di delineare la linea di evoluzione politicadelmovimento, senza perdersia indagarnele originiculturali e
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ideologiche,e consentiva di coglierel'incertezzaallora ancoraperdurantein alcuni degliuomini di punta del nazionalismo,i quali,legatisentimentalmente a una particolarevisione (reto-rica)
dell'esperienzapoliticarisorgimentale,cercavano di porrein rilievo una (presunta)filiazionenazionalista dall'irredenti-smo.
Per Castelliniil nazionalismo italiano era nato nel 1908
come reazione all'annessionedellaBosnia-Erzegovinaall'Austria,
dopo che, nell'ultimo decennio dell'Ottocento,alcuni clamo-rosi
episodi(scandalibancari,statid'assedio,sconfitteafricane,
regicidio)avevano denunciato le incrinature interne e le abdi-cazioniesterne d'una politicadi meschinit e di rinuncia. I
primi anni del secolo,speciedopo il 1904, erano stati anni sucui dare un giudiziocomplessivamentefavorevole e la reazionenazionalistache si era concretata nel Regno era stata quasiunicamente intellettuale, limitata all'ambito toscano. Per Ca-stellini,
l'azione del Regno era stata solo,o quasisolo,teorica ed aveva avuto bisognodi incontrarsi con un fattoreche potesse trasformare la teoria in azione politica:cio conl'irredentismo di ScipioSighele.Una ricostruzione del genere si
spiegavaagevolmentenon solo con la biografiadi Castellini,col suo esser nipote d'un garibaldinoche aveva combattuto
per la libertpolaccaed era morto nella guerra del 1866, ma
soprattutto col particolaremomento in cui egliscriveva. Uscitonel gennaio 1915, quando dalle inizialiposizionifilotriplicisteil nazionalismo italiano era passato a sostenere la guerra al-l'Austria,
il libretto risentiva chiaramente delle necessit poli-tichedel momento, anche se propriamentela propagandana-zionalista
per la guerra mai aveva avuto carattere irredentistico,sibbene dichiaratamente imperialista.Cos Castellininon esitavaa scrivere che al Congressofiorentinodel 1910 la politicaesteranazionalista era risultatairredentista:ma la realt dei fattilo
obbligavaad ammettere che si era trattato di un irredentismo
a lungascadenza piuttostoche di un irredentismo imme-diato e a riconoscere che,nella visione generaledei problemi,
a Firenze era stata prospettata la possibilitdi concedere altriplicismouna tregua nell'opposizionenazionale finch la tre-gua
avesse giovatoallasoluzione di problemimediterranei^.Egli,con onesto equilibrio contrastante con quanto solitamentei pi esagitatisuoi amici andavano scrivendo e gridandoriconosceva l'indipendenzadell'azionegiolittianain Libia dalla
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pressionenazionalista:i nazionalistiavevano compiuto la pre-parazionespiritualee V informazione tecnica dell'opinionepub-blica
; naturalmente sul secondo punto Castellininon era molto
precisoe i motivi del suo riserbo non erano certo misteriosi achi avesse avuto sia pur vagamente idea della polemicadi Sal-vemini
e degli unitari attorno all'impresalibica.La integrazionedella patria con la guerra all'Austria
e il richiamo alla splendidatradizione irredentista del na-zionalismononch ai nomi di Piero Foscari e di Domenico Oliva
si accompagnavano, naturalmente,in Castellini alla presa di
posizionecontro ilsocialismo pacifista,malthusiano,distruttoredel capitale,egoista,utopisticosul pianopoliticoed economico,e all'esaltazionedella guerra come sacrificiomassimo e gene-ratore
dell'avvenire: cio a tutto ilbagagliocorradiniano. Iltono generaledelle sue pagineera per,in sostanza, rivelatoredi una non completapresa di coscienza della evoluzione verifi-catasi
nelle filenazionaliste tra il 1910 e il 1914: cio del si-gnificato
della scissione dell'ala democratica di ScipioSi-ghele,di Paolo Arcari,di Picardi ecc.; della massiccia campagnaantimassonica;del prevalereormai deciso dell'alacorradiniana;della portata dell'influenzadi tutto un gruppo che,dal comunemaestro e patriarcaCorradini,andava a LuigiFederzoni,aMaurizio Maraviglia,a Francesco Coppola e ad Alfredo Rocco,che, entrato nella direzione dell'AssociazioneNazionalista nel
1914, dopo ilCongressodi Milano,era stato da allora indub-biamenteil cervello pi lucido e consequenziariodi tutto il
movimento. In complesso,Castellini apparivacome un ritar-datariocui la passioneirredentisticafinivaper fare da schermo
alla comprensione della effettivarealt e delle implicazionilo-gichedel movimento di cui eglistesso faceva parte.
Del resto, questa incomprensionenei primi anni del secolo
pare elemento comune a una largaparte degliosservatori poli-tici:ma occorre tener presente, a questo proposito,che molti
di essi scrissero prima del 1910-14 e che in queglianni le cosein seno al nazionalismo italiano non erano punto chiare. Il
Muret, nel 1904 ^ poteva ancora pensare che col tempo moltiardori si sarebbero smorzati e che gliuomini del Regno com-prenant qu'on ne remont pas un flotpareli celui qui entraineaujourd'huil'humanit vers la democratie,
...se borneront
seconder les effortsdes philosopheset des politiquesqui cher-
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http://www.forgottenbooks.com/in.php?btn=6&pibn=1300032659&from=pdf
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ricordo fragorosodi Roma imperiale,fracasso e rullio di frasi
sull'Italia;concezioni vaghe di forza della"
stirpe", di" de-stino
" di " latinit", di" barbari da respingere", di
" leggidi vita nazione "; imprecisionedi cognizionisui finie sui frutti
della vita spiritualee materiale italiana;estetismo di periodoe di gesto e immaginazionefrondosa;era proprio,spontaneo,naturale prodottodel gruppo che faceva capo ad Enrico Cor-radini e ne aveva le abitudini e l'educazione tutta letteraria.
La Voce , nata dopo il distacco di Papini e Prezzolini dal
Regno , aveva costretto i nazionalistia definirsi,a precisarsie a cercare di non dire sciocchezze: nonostante ilprofondodis-sidio
ormai apertosi,la Voce e il Regno , per Prezzolini,restavano a rappresentare i due aspettidel nazionalismo,o,com'eglisi esprimeva,i due nazionalismi: un nazionalismo chedava importanzaallequestioniesterne senza pensare al rinno-vamento
interiore italiano e un altro nazionalismo ( se cos
si vuol chiamare ) che chiedeva,prima di pensare all'esterno,che l'Italiasi rinnovasse chiaramente all'interno.Una posizione,
questa di Prezzolini,che pot conseguireuna convergenza sotto
l'ampiocomune denominatore antigiolittianoanche con gruppischiettamente democratici come quellifacenti capo a Salvemini
e pot a volte generare degliequivoci chiaritidel resto pron-tamente come, per esempio,quelloche diede luogo,nel
1913, a una serie di precisazionisalveminiane,in amichevole
polemicacon Rodolfo Savelli,ilquale,proponendodi definireil gruppo deir Unit , aveva copiatola formula di nostronazionalismo . Salvemini,nonch differenziarsiradicalmente come era ovvio dai nazionalistiper cos dire ufficiali,non ammetteva neppure lontanamente di aver qualcosada spar-tire
con i nazionalistidissidenti:la polemicasull'impresalibicaaveva chiarito molte cose e Salvemini dava del nazionalismo
un'analisiassai concreta: ne notava il carattere profondamenteantidemocratico,conservatore, antiproletario,e anche nei dis-sidenti
vedeva una visione megalomane delle capacitat-tualidell'Italia,un eretismo sciovinista che li aveva spinti...
ad aderire senza controllo all'infatuazionetripolina *^,e nonsi perdevacerto in circonlocuzioninel denunciare l'ingannochesi annidava nella contrapposizionearbitrariadi interessi na-zionali
e interessi di classe '^
Ma vai la pena di rilevare(tanto per spiegaresintomatica-
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mente la brevit dell'idillio La Voce - Salvemini)che perPrezzolini l'apportopositivoe sempre valido del gruppo leo-nardiano al nazionalismo era stato ilriconoscimento del valore
morale della guerra, l'eccitamento all'energiae alla difesa diclasse ^'^,in ci,evidentemente,stava per Prezzolini ilsignifi-cato
del nazionalismo e la sua originalit.In parte Prezzolini
aveva ragione;ma forse glisfuggivala portata e l'efficaciapoli-ticadi quellaretorica evocante fantasmi classici,latinit,bar-barieda arginaree finanche crociate contro la mezzaluna otto-manain che s'era tentato di paludarela guerra libica,e sban-dierante
il deteriore positivismodelle leggiche regolavanolavita delle nazioni. Erano proprioquestiglielementi di mag-gior
penetrazionedel nazionalismo: quellache Salvemini cata-logava,giustamente,come incoltura,era in realt la cultura
della piccolae media borghesiaumanistica e non umanisticaitalianae a ben vedere non erano propriamenteritrovati
e invenzioni al tutto nuove, perchl'involontarioprogenitoredell'oratoriaimmaginificae alessandrina delle dannunziane Can-zoni
della gesta d'oltremare poteva in fin dei conti rintracciarsi
nel pi popolare elmo di Scipio del qualel'Italiaera parsacingersila testa nel 1847.
Come dire,che col nazionalismo veniva impetuosamente a
gallae prendevainusitato vigoretutto un filone della culturanazionale dell'Ottocento,classicheggiantee accademica,per il
qualeilpatriottismopi che un dato di fatto era una specia-litoratoria...una qualificaprofessionale,per cos dire '^:ed
era propriamentequesta la caratteristica d'un Federzoni e in
largaparte (pidi quanto Gramsci non credesse)dello stessoCorradini. Se il nazionalismo aveva celebrato il suo primo sa-turnale
al tempo dell'impresalibica,era stato in buona parteproprioper questo, e la sua presa su pi o meno larghistratid'opinionenon poteva essere dissociata da questo elemento
retorico,che poi,nel ventennio fascista(ma i segnisi rilevanoanche prima),si sarebbe dilatato a dismisura penetrandoneUascuola,nelle arti figurative,nello stesso gergo paramilitare.
Un legamedunque con una certa tradizione letterariasussisteva,e sussisteva altresquache collegamentocon un fi-lone
politico-culturale,che possiamo sommariamente definiredella destra liberale,che s'era venuto precisandonell'ultimoventennio dell'Ottocentoe al qualeespressamente i nazionalisti
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amavano richiamarsi quando mettevano avanti il nome di Gae-tanoMosca ^^
Di questa opinionenon era De Ruggiero nel 1916: Il
nazionalismo egliscriveva " ultimo venuto nella lizzadei
partiti,si improvvisatouna tradizione che non aveva, e che
sola poteva dare un po' di prestigioalla sua azione,carpendo
qua e l al suo confratellod'oltralpeglielementi sparsidel suo
pensieropolitico.Al nazionalismo francese ha improntatoalcuneidee antidemocratiche e un po' di simpatieclericali;al nazio-nalismo
tedesco,e di seconda mano, la tendenza all'imperia-lismoe al realismo politicoche ne costituisce il mezzo neces-sario.Ma, come aveva trapiantatonella vita storica italiana
questielementi discordanti tra loro senza alcun lavoro preli-minared'adattamento,ne sono risultatideglistrani miscugli
e delle sovrapposizionidi idee e di atteggiamentiancora pistrane ; e finiva per affermare: Quello che il nazionalismo
non ha saputo n voluto fare sin dal principio,quando puregliera stato proposto, era di innestare la propriavita nel vec-chio
tronco della destra italiana,ilsolo partitoche potesse van-tareuna tradizione schiettamente nazionale,ringiovanendola
con una coscienza pi nuova e vivace e correggendoneil dot-trinarismoastratto con moderate esigenzerealistiche. Senon-
ch questo precisamentestava facendo e intendeva fare il na-zionalismo,dal momento che De Ruggierostesso riassumeva i
grandiprincpidirettividella destra nel mantenimento gelosodelle prerogativedello Stato,in una sintesi della costituzionee delle istituzioni,della liberte dell'ordine,in una legislazioneecclesiasticamolto rigida,in una costante preoccupazioneperuna politicainterna energicaqualeconviene a uno Stato in viadi formazione in mezzo a pericolie a diiScoltinnumerevoli .Di pi:De Ruggierostesso, quando passava ad indicare i limitie le insufficienzedella politicaeconomico-sociale del partitoliberale,che,a suo dire,traeva appunto la sua forza dai prin-cpi
della vecchia destra , caratterizzava tale politicacome abbandonata,con concessioni sempre tardive,alla pericolosainiziativa delle masse popolariche se ne sono fatte un mono-polio
; e, quanto alla politicaestera, non trovava di meglioche classificarla debole e frammentaria come era fatale peruno Stato senza frontiere e costretto in pi a dibattersi tradifficoltinterne in un'epocain cui glialtriStati,che gi ave-
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vano realizzatoil loro equilibriointerno,iniziavano una vigo-rosapoliticamondiale . Era pur vero che la libert e l'ordine
nei nazionalistierano venuti progressivamenteassumendo unafisionomia diversa da quellache avevano avuta un quarto disecolo prima, ma pareva altrettanto vero che sempre perseguirei pensieridi De Ruggiero il liberalismo non avesse
piliormai alcuna efficaciaformativa,ricoprissesia il sano che
ilmarcio,mentre la disciplina(chedoveva rinsaldare le fibre
rammollite da un flaccidoliberalismo e democraticismo )^^
era
eminentemente selettiva.Dunque, l'idea di selezione che biso-gnava
ad ognicosto riacquistare;e i nazionalistiquesto appunto,a lor modo, stavano facendo: selezione nella nazione e selezione
tra le nazioni;i precedentinon mancavano, e accanto a Mosca
e Pareto c'erano pure Rocco De' Zerbi e PasqualeTuriello,e
poile piaggiornateleve dei Salandra,dei Sonnino, dei Pagano
e le piligiovanie spregiudicatamenterigoroseforze dei Rocco.La nuova mentalit reazionaria aveva appunto come spie-gava
sempre De Ruggiero al massimo gradola virtidel-l'iniziativa...donde quel suo atteggiamentocombattivo e pro-vocatore,
che alla gente pigrasembrava eccessivo e alla genteingenua sembrava addirittura un capovolgimentodell'ordinedelle cose e che, assorbito in s il liberalismo,conosciutine
limitie valori,lo dominava e lo giudicava.La posizionecriticadi De Ruggiero verso il nazionalismo,nel 1916, veniva dopoun breve accostamento al gruppo deir Idea Nazionale e non
impedla successiva collaborazione a Politica: troncata an-ch'essadopo breve volgerdi tempo, ma non giustificatada
possibilitd'illusioni,dato il chiaro suono del manifesto pro-grammaticodella rivista.In realt,la posizionedi De Ruggiero
mostra, forse pi chiaramente di tante altre,la radicaleinsuffi-cienzadi un'analisi puramente formale del nazionalismo e la
necessit di collegarlostrettamente agliinteressi praticie allatradizione ideologicadella destra conservatrice liberale,rinsan-guata
recentemente dall'apportodei gruppi pi dinamici del-l'industrialismo
lombardo-piemonteseo ad esso variamente col-legati.
Pi acutamente di De Ruggiero,Gentile,nel 1917-18, ana-lizzava
l'ideologianazionalista. Tutti i nazionalisti egliscri-veva hanno della nazione quellaconcezione grettamente na-turalistica
che al dire d'un arguto e brillantescrittore,fa del-
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l'uomo una bestia bizzarra legataa una catena, una speciedicanis nationalis: ilqualese esistesse veramente, significherebbe(come stato ben detto)la fined'ognicultura e d'ognivita del
pensiero:che non pu avere valore spirituale,se non univer-sale.Canis nationalis,asinus univer salisi. Gentile respingeva
la nazione dei nazionalisti un fatto naturale,antropolo-gicoe etnografico, formazione storica,ma formazione gi
esistente in virt d'un processo che venga egualmentepresup-posto e notava: Orbene una nazione determinata da certi
caratteri della struttura cranica,o dalla linguao dalla religioneo dal complessodella tradizione storica propriad'un popoloqualchecosa... priva affatto d'ognivalore...la storia non si
presuppone; e non si pu presupporre, come qualcosadi belloe fatto,quasipatrimonioereditato dai padrie da noi ricevutocome sostanza della nostra nazione. La nazione non c',se nonin quanto si fa;ed quellache la facciamo noi col nostro seriolavoro,coi nostri sforzie non credendo mai che essa ci sia gi,anzi pensandoche essa non c' mai, ed sempre da creare ^^.Cos sul pianoideologico.Ma sul piano pi propriamentepoli-tico?
La posizionedi Gentile era chiara: ilnazionalismo potevaessere n pi n meno che un moderno e ritonificatoliberali-smo.
Recensendo^ nel 1918 II regime della borghesiaprodut-tivadi Corradini,Gentile non vedeva perchmai l'autore do-vesse
esser tanto avverso al liberalismo che,sebbene alleoriginifosse stato individualistico,tale non era rimasto con la rivolu-zione
francese,con la filosofiaclassicatedesca post-kantianae,in Italiaparticolarmente,con lo Spaventa,con la politicadelladestra,con Crispi.Cos'era mai la borghesiaproduttiva? Eraforse la borghesiaindustriale? Si identificavacoi gruppidi pro-duttori
pi cospicui?Corradini pareva non escludere da questoconcetto le classilavoratrici;allora questa era propriola con-clusione
dei liberali:che borghesiae proletariatoerano tutt'uno.Ancora: Corradini assegnava all'intelligenzail grado pi altodella produzioneeconomica; dunque, regime dell'intelligenzapi che dellaborghesiaproduttiva,a meno di non comprenderein questo concetto tutte le forze socialmente attive e produttive,in quanto illuminate dalla coscienza della perenne e organicacollettivitche l'inteUigenza,lo spiritonazionale,reale sog-getto
dello Stato: anche in tal caso nessuna diversitsostanziale
dalla comune concezione liberale,ma solo una critica contro
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glierrori di uomini e di sistemi. Su questo collegamentoconla destra storica Gentile sarebbe ritornato anni dopo nel suoOrginie dottrina del Fascismo,dove, segnalatele ascendenzefrancesi del nazionalismo italiano,ne spiegavale caratteristiche
pilimarcatamente politiche che letterarie (rispettoaquelledel maggior fratello)con la vicinanza a una correntepoliticache in Italia aveva avuto una importanzagrandissima,e la tradizionenon era spenta: al partitoappunto della vecchiadestra. Al quale.,,si ricollegava,accentuando bens l'idea diNazione e di Patria in forma... nuova e non in tutto accettabile
dal punto di vista di quelvecchio partito,ma per questa nuovavia tornante anch'esso al concetto che la Destra aveva tenuto
fermo: dello Stato presupposto del valore e del diritto dei
cittadini ^\ Gentile era stato l'inventore della linea Machia-velli-Vico-Cuoco-Mazzini-Gioberti
e l'interprete machiavellico di Cavour: ora eglipoteva anche parlaredel fascismo comedeUa pi perfettaforma del liberalismo e della democr