iCordai Anno 4 Numero 1 gennaio 2009

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I mmaginate un uomo, un padre, uno scrittore, un giornalista, uno che gli piace girare per le strade di Catania fin dagli anni sessanta, per i suoi quar- tieri, perché è curioso di conoscere le storie per poi raccontarle a tutti. Storie belle, storie tristi, storie di gente semplice che subisce le prepotenze della gente importante. Immaginate adesso che per il solo fatto di raccontare queste storie vere e scomode ad alcuni, qualche potente arrogante gli dice di starsi zitto. Potenti imprenditori e potenti politici. Immaginate però che a lui hanno insegnato che davanti alle cose sbaglia- te e le cose che fanno soffrire la povera gente non si può stare zitti. Anzi lui questo lo insegna ai figli e a tanti ragazzi e ragazze che con lui decidono di fare un giornale dove scrivono queste storie, "I Siciliani". Immaginate che questa gente importante, potente e ricca gli offra soldi per starsi zitto e lui li manda a "quel paese". Immaginate che questa gente importante, potente e ricca decide che lui deve stare zitto o con le buone o con le cattive. Immaginate che il 5 gennaio del 1984 davanti al Teatro Stabile di Catania questa gente importante, potente e ricca paga qualcuno per sparargli come vigliacchi alle spalle per farlo stare zitto per sempre, e questa stessa gente per confondere le indagini mette in giro voci che è solo un omicidio per que- stioni di fimmini. Immaginate che molti che lavoravano con il giornalista ammazzato deci- dono di non stare zitti ma di continuare a raccontare una città ferita, dove la gente dei quartieri deve arrangiarsi per campare, dove le scuole funzionano poco, dove i ragazzi non trovano lavoro, dove molti politici rubano e lascia- no solo le briciole, dove alcuni magistrati vanno a cena con gli imputati, dove il giornale più importante di Catania "La Sicilia" nasconde le verità scomode. Immaginate che lo stesso giornale "La Sicilia" durante le ricorrenze del- l'omicidio il 5 gennaio fa scomparire dai suoi articoli e dalle sue foto il figlio del giornalista assassinato perché è uno dei pochi che denuncia la cattiva informazione a Catania e gli interessi economici su Catania del proprietario de La Sicilia. Immaginate che insieme a quelli che scrivevano con il giornalista assassi- nato ci sono adesso anche tanti giovani che hanno la stessa voglia di rac- contare storie di prepotenti e di gente che si ribella, storie di quartiere, sto- rie di mamme che non si rassegnano alla chiusura di una scuola, storie di chi si ruba i nostri soldi per costruire cose inutili, storie di chi ancora si vuole arricchire devastando un quartiere come Librino o vendere ai privati una bella scuola vicino la Stazione. Immaginate che il giornalista si chiami Pippo Fava, il figlio Claudio Fava, i più vecchi che lavoravano con lui si chiamino Riccardo, Giovanni, Graziella, Giovanna, Antonio, Miki, e poi dopo Gianfranco, Fabio, Sebastiano e poi dopo ancora Leandro, Giuseppe, Paolo, Marcella, Carmelo, Loredana, Sonia, Massimiliano, Luca, Luciano, Marco, Mirko, Massimo, Claudia, Carmen, Federica, Roberta, …. e tanti altri e tante altre. Immaginate adesso che tutto questo non è frutto dell'immaginazione, ma è storia vera di questa città, come le storie vere che abbiamo ancora voglia e passione di raccontarvi, anche e per conto di Pippo Fava. Toti Domina mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Quarto n• uno Gennaio 2009 A che serve vivere, se non c'è il coraggio di lottare? Giuseppe Fava UNA STORIA CATANESE Info GAPA 4 A chi ubbidisce chi comanda? 2 La sofferenza di una madre 3 Scriveva Pippo Fava... 2

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iCordai Anno 4 Numero 1 gennaio 2009

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Immaginate un uomo, un padre, uno scrittore, un giornalista, uno che glipiace girare per le strade di Catania fin dagli anni sessanta, per i suoi quar-

tieri, perché è curioso di conoscere le storie per poi raccontarle a tutti. Storiebelle, storie tristi, storie di gente semplice che subisce le prepotenze dellagente importante.

Immaginate adesso che per il solo fatto di raccontare queste storie vere escomode ad alcuni, qualche potente arrogante gli dice di starsi zitto. Potentiimprenditori e potenti politici.

Immaginate però che a lui hanno insegnato che davanti alle cose sbaglia-te e le cose che fanno soffrire la povera gente non si può stare zitti. Anzi luiquesto lo insegna ai figli e a tanti ragazzi e ragazze che con lui decidono difare un giornale dove scrivono queste storie, "I Siciliani".

Immaginate che questa gente importante, potente e ricca gli offra soldi perstarsi zitto e lui li manda a "quel paese".

Immaginate che questa gente importante, potente e ricca decide che luideve stare zitto o con le buone o con le cattive.

Immaginate che il 5 gennaio del 1984 davanti al Teatro Stabile di Cataniaquesta gente importante, potente e ricca paga qualcuno per sparargli comevigliacchi alle spalle per farlo stare zitto per sempre, e questa stessa genteper confondere le indagini mette in giro voci che è solo un omicidio per que-stioni di fimmini.

Immaginate che molti che lavoravano con il giornalista ammazzato deci-dono di non stare zitti ma di continuare a raccontare una città ferita, dove lagente dei quartieri deve arrangiarsi per campare, dove le scuole funzionanopoco, dove i ragazzi non trovano lavoro, dove molti politici rubano e lascia-no solo le briciole, dove alcuni magistrati vanno a cena con gli imputati,dove il giornale più importante di Catania "La Sicilia" nasconde le veritàscomode.

Immaginate che lo stesso giornale "La Sicilia" durante le ricorrenze del-l'omicidio il 5 gennaio fa scomparire dai suoi articoli e dalle sue foto il figliodel giornalista assassinato perché è uno dei pochi che denuncia la cattivainformazione a Catania e gli interessi economici su Catania del proprietariode La Sicilia.

Immaginate che insieme a quelli che scrivevano con il giornalista assassi-nato ci sono adesso anche tanti giovani che hanno la stessa voglia di rac-contare storie di prepotenti e di gente che si ribella, storie di quartiere, sto-rie di mamme che non si rassegnano alla chiusura di una scuola, storie di chisi ruba i nostri soldi per costruire cose inutili, storie di chi ancora si vuolearricchire devastando un quartiere come Librino o vendere ai privati unabella scuola vicino la Stazione.

Immaginate che il giornalista si chiami Pippo Fava, il figlio Claudio Fava,i più vecchi che lavoravano con lui si chiamino Riccardo, Giovanni,Graziella, Giovanna, Antonio, Miki, e poi dopo Gianfranco, Fabio,

Sebastiano e poi dopo ancora Leandro, Giuseppe, Paolo, Marcella, Carmelo,Loredana, Sonia, Massimiliano, Luca, Luciano, Marco, Mirko, Massimo,Claudia, Carmen, Federica, Roberta, …. e tanti altri e tante altre.

Immaginate adesso che tutto questo non è frutto dell'immaginazione, ma èstoria vera di questa città, come le storie vere che abbiamo ancora voglia epassione di raccontarvi, anche e per conto di Pippo Fava.

Toti Domina

mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolareDirettore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Quarto n• uno Gennaio 2009

A che servevivere, se nonc'è il coraggiodi lottare?

Giuseppe Fava

UNA STORIA CATANESE

Info GAPA 4A chi ubbidisce chi comanda? 2 La sofferenza di una madre 3Scriveva Pippo Fava... 2

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Faccia da fesso

2 iCordai / Numero Uno

CATANIA: A CHI UBBIDISCE CHI COMANDA?

Da venticinque anni, il cinque gen-naio è la data-simbolo degli anti-

mafiosi catanesi. Per gli altri, è il gior-no in cui lanciare messaggi. Una voltai mafiosi dissero: "Claudio Fava?Uccideremo anche lui". AdessoCiancio dice: "Claudio Fava? Non esi-ste, lo taglio via".

Ciancio non è uno sciocco, hahobby intelligenti (ad esempio numi-smatica antica) ed è molto meno grez-zo del personale che usa. D'altrondeessere diventato il primo imprenditorein Sicilia, aver comprato l'intera classedirigente catanese, aver preso senzascossoni il posto che a suo tempo fudei famosi Quattro Cavalieri non èimpresa da poco.

Perciò sorprendono a volte la pueri-lità, l'autolesionismo e il sicuro effettoboomerang di alcune delle sue uscite.L'altra volta era stato l'editoriale affi-dato, sotto forma di lettera, a un espo-nente del clan Santapaola. Adesso unastoria ancor più grottesca, e cioè lamaldestra censura della figura diClaudio Fava, tagliata via da una fotoin modo aperto e plateale.

Catania, come Ciancio sa, non èl'Italia intera e queste cose, ogni volta,lo rendono ridicolo e odioso. Persinola prudentissima Federazione dellaStampa, che per venticinque anni - inSicilia - è rimasta neutrale di fronte atutto, ha dato segni di vita. Un autogoldopo l'altro. Eppure l'uomo è un poli-

tico, sa fare diplomazia quando occor-re. Ma di fronte a Claudio Fava, e aClaudio Fava il 5 gennaio, perde sem-plicemente le staffe. Almeno, questa èla prima impressione.

Il cinque gennaio, che è una scaden-za popolare e non dipendente da nes-suno (furono gli studenti di Catania, enon un'autorità qualunque, a istituirla),negli ambienti mafiosi - nel Sistema -fa ancora paura. È il simbolo di unalotta che non s'è mai fermata. Di que-sta giornata Claudio Fava fa parte nonsolo come figlio di Giuseppe Fava ecome militante storico dei Siciliani,ma anche come vittima designata. È il5 gennaio di vent'anni fa che il clanSantapaola voleva ucciderlo, e propriodavanti alla lapide, come un esempio.L'assassinio fallì per caso. Ma il mes-saggio era chiaro.

È chiaro il messaggio anche oggi, esempre il 5 gennaio: "Io, Claudio Favalo cancello. Il tempo passa, tante cosesono cambiate. Ma di questo poteteessere sicuri, che per me ClaudioFava, i Siciliani, il movimento antima-fioso, sono e resteranno dei nemici".

Questo è il messaggio che ha man-dato Mario Ciancio, e che manda ognicinque gennaio: con queste censureesplicite, questi tagli di foto. Ma a chilo manda? E perché lo manda? Lomanda spontaneamente, o perchécostretto? Dopo quelli - visibili - deglianni '80 e '90, quali sono ora i rappor-

ti fra Mario Ciancio primo imprendi-tore catanese e gli eredi dei gruppi chehanno dominato questa città?

Questa curiosità per ora è nostra e lafirmiamo - assumendocene la respon-sabilità - soltanto noi. Ma, storicamen-te, molte nostre curiosità e interrogati-vi hanno finito per diventare interroga-tivi di molti, e infine delle istituzionipreposte. Vedremo quanto tempo civorrà stavolta.

Quanto al resto, del cinque gennaiocatanese c'è ben poco da dire. E' nataun'altra leva di giovani, che noi abbia-mo visto crescere da due anni in qua ealtri riescono a vedere solo ora.Tranquillamente e con forza, senza

cerimonie inutili e senza grandi paro-le, essi attendono adesso all'obbiettivofondamentale di Giuseppe Fava, di cuisono i continuatori e gli eredi: costrui-re l'informazione indipendente aCatania e con questo strumento libera-re la città. Non sarà un lavoro facile, elo sanno, ma è un lavoro possibile. Acondizione di essere uniti, di nonnutrire povere ambizioni individualima solo una altissima e collettiva, e dinon mollare mai.

Li aspettavamo, eravamo certi chesarebbero arrivati e non abbiamoalcun dubbio su di loro. Non c'è altroda dire.

Riccardo Orioles

Ho fretta, ma davanti alla mia mac-china ce n'è un'altra che procede len-tamente di sghimbescio, sembra che ilconducente si diverta continuamentea cambiare idea, oppure a guardareda vicino le persone che passano sulmarciapiede, o la merce esposta nellevetrine. La prima parola rabbiosa chemi viene alla mente è "Disgraziato",poi una serie di lerci insulti.

Cerco di vedere chi è che guida intal modo, due o tre volte rischio iltamponamento nel tentativo vano disorpassare quell'auto, riesco solo a

vedere la testa del conducente, unanuca quadrata, tozza. Tutta la miarabbia si concentra sul desiderio didare un cazzotto su quella nuca.Infine lo sorpasso e in quell'attimoriesco a vederlo da un metro didistanza: un uomo sulla cinquantina,insignificante, aggrappato al volante,una faccia stanca che si volge un po'impaurita a guardare l'ombra dellamia auto che sfiora la sua.

"Disonesto, cretino, imbecille!"protendendomi verso il finestrino didestra riesco a insultarlo, e poiché mi

guarda con quella faccia ebete e unpo' rassegnata, sento nuovi scoppi dicollera dentro:

"Parola d'onore ti darei quattrocazzotti… !"

Tiro via subito e mi sovviene unpensiero maligno: e se al volante diquell'auto, invece di quell'ometto conla faccia spaurita, ci fosse stato unceffo, una di quelle autentiche cana-glie che si divertono a guidare constrafottenza, insomma una inequova-cabile faccia di delinquente? Cioè miaccorgo che, per insultarlo, ho prima

atteso di vederlo bene in faccia edessere sicuro di poterlo insultare edeventualmente anche picchiare. Nonci sono dubbi: quando da un'auto chevi supera vedete sporgere una facciacongestionata di collera che vi gridacontro, anche se non capite esatta-mente le parole e gli insulti, poteteessere certi che in quel momento vigiudicano una vile faccia da fesso.

Giuseppe Fava(I Siciliani, febbraio 1983)

http://www.fondazionefava.it

5/1/2009 - Ecco di chi era quella gamba!

6/1/2009 - La foto apparsa su “La Sicilia”

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3iCordai / Numero Uno

Èuna bella donna di 47 anni, gioio-sa, solare che porta con sé un

grande dolore: suo figlio ventenne sitrova in carcere. Questa signora èseparata e porta da sola sulle sue spal-le il carico di una famiglia con piùfigli. Non è l'unica madre che vivequesta tragedia e, come spesso accade,queste donne nei momenti di sofferen-za tirano fuori la loro forza dimostran-do tutta la loro energia e dignità. Perriservatezza userò dei nomi presi acaso.

Non è la prima volta che Luigi,figlio di Giovanna, vive l'esperienzadel carcere.

Giovanna dice: "Luigi è un ragazzotaciturno, a casa non parla della suavita con nessuno di noi, io cerco diavere un dialogo con lui ma non ci rie-sco, gli faccio tante prediche anche semi rendo conto che i miei discorsi nonsono efficaci. Quando Luigi resta acasa, io sono felice perché in questomodo ho la certezza che non combinaguai. Invece quando è fuori iniziano lemie preoccupazioni, gli telefono spes-so per sapere dove si trova e lui pernon farsi rintracciare stacca il telefono.La sera quando esce rientra moltotardi, tanto che io l'ho minacciatodicendo che l'avrei lasciato fuori dicasa, lui ha continuato nella sua con-dotta finche una sera l'ho lasciato vera-mente fuori ed ha dormito nelle scale.Dopo qualche giorno è tornato tuttocome prima". E aggiunge: "Purtroppoil quartiere è completamente abbando-nato a se stesso, non c'è lavoro e non sivedono mai le forze dell'ordine e que-ste situazioni rendono più facile per-correre strade non perfettamente lega-li. A mio parere c'è un accordo benpreciso fra i politici e i potenti delquartiere in modo da lasciare gli abi-tanti di S. Cristoforo in uno stato dibisogno; così in periodo elettorale sidirottano i voti per favorire i politici equesti ricambiano tenendo lontane leforze dell'ordine".

Poi Giovanna racconta un episodio:"Una volta Luigi è scomparso per 36ore, cioè è uscito la mattina per andarea lavorare e non ha dato più notizie. Ilcellulare era staccato, non sapevo cosafare, io e altri componenti della miafamiglia abbiamo girato tutti i luoghifrequentati da Luigi, poi tutti gli ospe-dali della città, ma di mio figlio nonavevamo nessuna traccia. Stavoimpazzendo, camminavo come unamorta! Finalmente il giorno dopo èrientrato a casa, sembrava un bambinoquando commette una monelleria,però io ero felice, non mi importavacosa fosse successo, l'importante cheera a casa con me, perché ciò che hoprovato è stato terrificante. Così hopreso la decisione di fargli cambiarearia portandolo a mare per un periododi tempo, sperando che cambiandoambiente mio figlio ritrovasse se stes-so."

Interviene Giuseppe, fratello diLuigi: "Se lui volesse potrebbe uscireda questo tunnel, però lo deve volerelui! Finchè mio fratello non farà que-sto passo, non servirà a niente cambia-re quartiere o città." Poi aggiunge:"Certe volte Luigi ha portato a casacose non sue, io chiedevo spiegazionie lui mi dava risposte evasive. Cosìnon ritenendo valide le sue giustifica-zioni, io e mia madre buttavamo tuttonei cassonetti della spazzatura."

Giovanna riprende a raccontare:"Una volta mio figlio ha commesso unreato, io sono andata a trovare la per-sona che l'aveva subito, immagina inche stato d'animo, chiedendogli di per-donare mio figlio e restituendo ciò chegli era stato tolto." Giovanna continuaa raccontare: "Adesso Luigi è in car-cere e quando ricevo la sua posta, leg-gendola provo una enorme tristezza esoffro nell'apprendere il suo stato d'a-nimo. Così piango, non solo quandoricevo le lettere, ma anche durante lagiornata, però non mi faccio vederedagli altri miei figli. Il suo disagio in

carcere è notevole, nonostante facciarichieste per essere impegnato (lavora-re o essere occupato) dentro l'istitutodi pena queste gli vengono semprerespinte. In questo modo il tempo lìdentro non passa mai. Spesso mi chie-de di portargli delle cose da mangiareperché mio figlio dice che dentro ilcarcere i pasti non sono buoni. Così hoscoperto che quasi tutti i carceraticucinano dentro le loro celle facendola spesa all'interno del carcere.

Quindi lì dentro c'è un vero mercatoe naturalmente, per favorire ciò, i pastisono scadenti non facendo funzionarela mensa come si deve". Poi la

mamma di Luigi continua: "Più voltemi sono rivolta agli assistenti socialiper sapere cosa si può fare per miofiglio quando uscirà dal carcere dopoavere scontato la pena, se è possibilefare dei percorsi per il recupero delragazzo, ma loro non mi danno rispo-ste".

"Credi che questa esperienza possaservire a fare cambiare strada a tuofiglio?"

Giovanna risponde: "Io ci sperosempre….".

Auguri Giovanna speriamo che latua speranza diventi realtà.

Paolo Parisi

LA SOFFERENZA DI UNA MADRE

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"Io ci spero sempre…"

L'associazione Penelope è un'associazione di volontariato che opera nei territori diTaormina e Catania dal 1997, ha costruito e continua a costruire nel tempo una reteper le emergenze sociali caratterizzata dalla gratuità degli interventi e l'integrazionecon gli enti e le associazioni che promuovono anch'essi miglioramenti dei contestisociali. Ogni attività promossa dall'Associazione mira all'autonomia e la libertà degliindividui. Dal 2000 l'Associazione Penelope ha scelto di operare nella provincia diCatania con progetti di aiuto concreto alle donne italiane e immigrate, che voglionoliberarsi da condizioni di violenza e intraprendere una strada di autonomia. L'aiutoche viene richiesto e al quale l'associazione risponde tutti i giorni dell'anno, 24 ore su24, riguarda la possibilità di poter essere tutelate legalmente, poter trovare accoglien-za (spesso in maniera urgente) per se e per i propri figli, poter rientrare nel mondo dellavoro e avere un sostegno nell'accudimento dei figli, poter rendersi autonome rispet-to alla propria situazione economica e abitativa. Bisogni concreti che spesso stannoalla base dell'impossibilità da parte delle donne di allontanarsi e separarsi dai propri

maltrattanti. Per questo l'associazione ha creato una vera e propria rete di supportoche garantisce unità di strada e di contatto per le donne immigrate e italiane vittimedi violenza, uno sportello di consulenza e assistenza legale gratuita, una rete di rifugidi pronta accoglienza per le donne e i minori, percorsi individualizzati di inserimen-to sociale e lavorativo, servizio di mediazione all'affitto sociale per l'accesso al mer-cato delle abitazioni.

Nella città di Catania sono attivi i progetti "Le acrobate" e "Nuvole". Entrambiimpegnati nell'attivazione di programmi di protezione sociale in favore di donne vitti-me di tratta a scopo di sfruttamento sessuale e grave sfruttamento lavorativo. In un'ot-tica di integrazione dei servizi presenti nel territorio e a fronte della considerevolerichiesta d'intervento che questo presenta, nondimeno a conferma di una logica chemuove l'Associazione Penelope verso un costante lavoro di rete si è ritenuto essenzia-le avviare una collaborazione con il centro di aggregazione popolare GAPA presenza,ormai storica, del quartiere San Cristoforo di Catania. La collaborazione ha visto l'a-pertura di uno sportello sociale di sostegno ed informazione, a favore della popola-zione del quartiere.

Scheda associazioni: Penelope

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4 iCordai / Numero Uno

Redazione “i Cordai”Direttore Responsabile: Riccardo OriolesReg. Trib. Catania 6/10/2006 nº26Via Cordai 47, [email protected] - www.associazionegapa.orgtel: 348 1223253

Stampato dalla Tipografia Paolo Millauro,Via Montenero 30, CataniaGrafica: Massimo GuglielminoFoto: FotoArchivio Giovanni Caruso, SoniaGiardina, Paolo Parisi,Foto Archivio I Siciliani e Fondazione Fava

Hanno collaborato a questo numero:Giovanni Caruso, Toti Domina, Paolo Parisi,Marcella Giammusso, Sonia Giardina, RiccardoOrioles, Associazione Penelope, Giuseppe Scatà

TUTTO A 1 €… ALLORA VESTIAMOCI!

Con grande successo si è conclusa la fiera natalizia delrisparmio solidale. Migliaia di persone, nei turbinosi

giorni di dicembre, hanno invaso il nostro mercatino a cac-cia di vestiti nuovi di fabbrica, capi di ogni fattura perdonna, uomo e bambino. Infatti il Gapannone si è animatodi visitatori che, a frotte, si sono incrociati per curiosare efrugare negli stand colorati e sui banchi stracolmi.

Una novità assoluta in un momento in cui arrivare a finemese è per troppe famiglie una lotta per la sopravvivenza.È stata una novità assoluta sì, ma al tempo stesso l'ennesi-ma iniziativa sociale promossa dal basso che esprime lavoglia del nostro quartiere di combattere il degrado e l'ab-bandono a cui ci affida l'incuria di chi governa.

Il mercatino si è rivelato anche un modo originale divivere momenti di aggregazione sociale che consentono dipensare la città nella sua dimensione unitaria di crescita col-lettiva e di scambio culturale.

Non abbiamo venduto tutto, così abbiamo deciso diriproporre la fiera nei mesi primaverili in un capannone chesperiamo possa essere ancora più ospitale grazie ai lavori dipavimentazione che partiranno anche col ricavato dellevendite.

Sonia Giardina

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