Fattori e Tendenze di Modificazione Dell'ittiofauna Italiana D'acqua Dolce

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Fattori e Tendenze diModificazione Dell'ittiofaunaItaliana D'acqua DolceIvan Borroni a & Ettore Grimaldi aa Istituto Italiano di Idrobiologia , Pallanza, Novara,ItalyPublished online: 14 Sep 2009.

To cite this article: Ivan Borroni & Ettore Grimaldi (1978) Fattori e Tendenze diModificazione Dell'ittiofauna Italiana D'acqua Dolce, Bolletino di zoologia, 45:S2,63-73, DOI: 10.1080/11250007809440267

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Boll. ZOO^., 45 (SUPPI. 11): 63-73 (1978)

Fattori e tendenze di modi- ficazione dell’ittiof auna italiana d’acqua dolce

IVAN BORRONI e ETTORE GRIhlALDI

Istituto Italian0 di Idrobiologia, Pallanza - No- vara (Italy)

ABSTRACT Freshwater fish fauna of Italy: fac-

tors and tendencies in changing. Since the last century remarkable changes

have been observed in the fish fauna of the Italian inland waters, mainly as a consequence of artificial propagation as well as of environments1 degradation caused by pollution.

Introductions of exotic fish species into the Italian lakes and rivers are critically examined beginning from 1859, when the first acclimation of coregonines was attempted on the Lago di Avigliana (Piedmont, northwest Italy). hlost surprisingly a progressive decay in the scientific management of fresh water fish populations has occurred in the country during the last sixty years; reasons for this negative trend are pointed out and discussed.

B indiscutibile che le pratiche ittioge- niche abbiano rappresentato e rappresen- tino tuttora il principale fattore di modifi- cazione che possa agire a carico dei popo- lamenti ittici d’acqua dolce. Nate verso la meth del secolo scorso con la messa a punto della fecondazione artificiale delle uova, esse hanno consentito tra I’altro I’introdu- zione d i nurnerosissime specie di pesci in ambienti situati a1 di fuori del loro origi- nario areale, a distanze e con una faciliti che trovano riscontro forse soltanto in campo vegetale (si pensi ad esempio all’in- troduzione in Nuova Zelanda della trota iridea, S n h o gairdneri, realizzata gig nel 1883 con il trasporto su velieri di uova fecondate d i provenienza californiana). Anche il nostro Paese venne investito, nel- la seconda met5 del secolo scorso, da quella che qualcuno ha poi definito <( feb- bre ittiogenica D, dalla quale il popola- mento ittico di quasi tutti i corpi d’acqua italiani usc id profondamente e definitiva- mente trasformato. Delineare rapidamente i pih incisivi interventi ittiogenici operati dutante tale period0 non significa pertanto cedere alle lusinghe di un cronachisrno di maniera, bensi offrire la base per la com- prensione delle modificazioni successiva- mente indotte a carico della nostra ittio- fauna dulcicola da altre forme di inter- vento urnano. Un’ulteriore ragione per of- frire con un certo dettaglio tali informa- zioni - quella che personalmente avver- tiamo con maggiore intensit; - sta nel- I’opportunith d i porre in risalto, attra- verso la specificazione di date, localita e quantitativi, che le pratiche ittiogeniche effettuate nel secolo scorso e agli inizi del nostro secolo si presentano nel lor0 com- plesso come un’operazione solidamente im- postata da un punto d i vista scientific0 e quindi verificabile tanto nei suoi successi quanto nei suoi insuccessi, a differenza del- la grande rnaggioranza delle pratiche ittio- geniche realizzate in tempi a noi pih vicini. Questo grazie alla funzione, dapprima di stimolo e poi di guida, esercitata da per- sonaliti d i rilievo del mondo della ricer-

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ca, tra le quali emergono quelle di DE FILIPPI, VINCIGUERRA, PAVESI. Funzione che per altro difficilmente avrebbe condot- to a risultati concreti se non avesse tro- vato adeguato sostegno a livello delle com- petenti autorit3 governative, che nell’af- frontare i problemi della gestione del pa- trimonio ittico nazionale dimostrarono un impegno e un’efficienza in seguito non pih riscontrabili e davvero poco corrispondenti a1 troppo abusato stereotipo di un’Italia da citarsi a1 diminutivo, e non certo per motivi di affetto.

Ragioni di natura economica fecero si che gli esperimenti di introduzione di spe- cie ittiche alloctone si concentrassero pre- valentemente sui Salmonidi, cosicchC le informazioni disponibili riguardano soprat- tutto questo gruppo sistematico e in modo particolare i coregoni (genere Coregotius). NE ci si deve dispiacere eccessivamente di una tale dissimmetria, dal momento che nessuna delle pur numerose acclimatazioni di specie ittiche esotiche in acque italiane ebbe maggior rilevanza economica e bio- logics di quella, appunto, dei coregoni.

Quale data di inizio per questa succin- ta cronistoria si puh assumere il 1859, an- no in cui De Filippi realizza sul lago di Avigliana, in Piemonte, il primo impianto ittiogenico italiano (inconsueto, appassio- nato collaboratore, l’ambasciatore inglese presso la corte dei Savoia, sir Hudson). Effettuato nel 1860 un primo esperimento di incubazione di un modesto quantitativo di uova di coregone provenienti dai laghi di Bourget e di Ginevra, nel 1861 egli si reca personalmente sul lago di Costanza, ove procede alla fecondazione di un gros- so quantitativo di uova di Blaiilelchen (Co- regoriris iuartrizartiti coeruleiis). Di queste, 600000 vengono introdotte nel lago di Como e 1000000 nel lago Maggiore; sol- tanto una minima parte di esse viene in- vece incubata sul lago di Avigliana, a Ba- veno (lago Maggiore) e a Como (lago di Como) e gli avannotti cosl ottenuti intro- dotti in questi due ultimi laghi. Di li a poco il DE FILIPPI trova prematura morte

in tutt’altra parte del mondo, durante una spedizione scientifica ad Hong-Kong. In quanto ai risultati delle sue introduzioni, essi sono del tutto negativi per il lago di Como e sembrano esserlo per un Iungo period0 di tempo - ben vent’anni - anche per il lago Maggiore. & soltanto 1’11 aprile 1881 che a Locarno viene cat- turato per la prima volta un coregone di 23 cm di lunghezza, a testimoniare che almeno alcuni degli individui introdotti dal DE FILIPPI erano sopravvissuti e si erano poi riprodotti nel nuovo ambiente.

I1 SUCC~SSO pieno e definitivo arride co- munque ad una seconda, nutritissima serie di immissioni effettuate a partire dal 1880, anno che, con la grande Mostra Interna- zionale della Pesca tenutasi a Berlin0 dal- 1’Aprile a1 Luglio, segna l’acme dell’inte- r a se per le pratiche ittiogeniche. Pietro PAVESI, infatti, che aveva curato l’allesti- mento del padiglione italiano presso la Mostra, prende quest’ultima come l’occa- sione opportuna per elaborare un vasto programma di introduzioni di specie itti- che alloctone nelle acque interne italiane. In tale programma egli attribuisce il ruolo principale alla acclimatazione dei coregoni, basandosi sulk ricerche limnologiche da lui stesso condotte sui grandi laghi del- 1’Italia settentrionale, in modo particolare su quelle (1877, 1879) che vi avevano accertato la presenza di quei crostacei planctonici (Daphnia, Bgthotrephes, Lep- todora, Cyclops, Bosmina) che Leydig ave- va da poco accertato costituire l’alimento dei coregoni. La lettura degli Atti della Commissione Consultiva della Pesca del Minister0 di Agricoltura, Industria e Com- mercio di quegli anni ci offre un partico- lareggiato resoconto delle introduzioni di coregoni effettuate da PAVESI.

All’inizio del 1885 circa 500000 uova fecondate di Coregottiis wartmaritti coerii- leris vengono inviate dalla Imperiale Pesci- coltura di Iliiningen, sul lago di Costan- za, a1 piccolo incubatorio di Fiume Latte, sul lago di Como. Gli avannotti che se ne ottengono sono introdotti nel Lario da-

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vanti a1 paese di Bellano il 15 Febbraio e il 5 Marzo. I n quello stesso specchio d i lago g i i il 19 Ottobre viene catturato il primo coregone, lungo 11 cm, altri sette incappano nelle reti da tale data a1 20 Novembre; infine, ben trentacinque indi- vidui sono catturati da un’unica rete ai primi d i Dicembre. Di fronte ad un suc- cesso cosi rapido appare giustificata I’en- tusiasta affermazione del PAVESI (1885): 4( Con altre immissioni, faremo del lago di Como un altro lago d i Costanza! D E an- Cora la Pescicoltura d i Huningen, unita- mente a quella di Rudolfszell, anch’essa situata sul lago di Costanza, a fornire uova fecondate d i Bloiifekherr per ulterio- ri immissioni nel lago di Como e preci- samente 700000 nel 1886, 500000 nel 1887,820000 nel 1890. Soltanto nel 1891 (3-5 Marzo), invece, viene effettuato il primo tentativo di acclimatamento d i tale specie nel lago Maggiore, con l’introduzio- ne di 850000 avannotti - provenienti da uova fornite da Rudolfszell - in prossi- rnit; delle isole Borromee (VINCICUERRA, 1895). Successo immediato anche in que- s to caso, con la cattura di alcuni coregoni gih nel corso dell’anno, cosicche negli anni 1892, 1893, 1894 si effettuano ulteriori immissioni, rispettivamente di 500000, 700000, 475000 avannotti. L’ultima in- troduzione di coregoni provenienti diretta- rnente dall’estero si ha nel 1895, allor- quando vengono introdotti nel lago di Como e nel lago Maggiore rispettivamente 600000 e 300000 avannotti.

Contemporaneamente, la constatazione della presenza, nel Lario, di due forme d i coregone diverse tra loro da un punto d i vista morfologico, fisiologico ed etologico rivela che dal lago di Costanza, unitamente a quelle di Bhifekheri, erano state impor- tate anche uova di un altro coregone, localmente denominato Weissfelcherr (CO- regoriris schirizii helveticrrs). Negli anni successivi, per altro, i due coregoni si ibri- deranno dando origine, alla fine, ad un’uni- ca forma chiamata a lavarello D (dal fran- cese luvuret). Negli ultimi anni del secolo

il lago di Como fornisce a sua volta no- vellame di coregone da introdurre in altri corpi d’acqua e precisamente nel lago d i Lugano (prima introduzione nel 1897, 50000 avannotti), nel lago d’Iseo (prima introduzione nel 1897, 120000) e nel lago di Bolsena, ove per altro, a partire dal 1891, era g i i stato immesso del novella- me proveniente dal lago di Costanza. Da rilevare, a questo riguardo, che tutti gli avannotti del lago di Como derivavano esclusivamente da riproduttori appartenen- ti alla forma \Veissfelchen. La grande ope- razione d i acclimatazione del genere Co- regoriris nel nostro Paese, dalla quale la struttura del popolamento ittico pelagic0 dei maggiori laghi subalpini e di alcuni laghi dell’Italia Centrale esce profonda- rnente rnodificata, si concludcri nel 1918, con I’immissione di 1050000 avannotti neI lago di Garda, nel quale la prima cattura di un coregone si ha il 20 febbraio 1921 (MALFER, 1927).

Nel caso d i un altro salmonide, il sal- merino (Sulvelirim ulpiriirs), non i: formal- rnente del tutto corretto parlare di intro- duzione nel nostro Paese, dal momento che la specie era g i i presente (ma davvero originariamente?) in alcuni piccoli laghi del Trentino (Tovel, Molveno, S. Giulia- no, Nambino, di Bocche, delle Stellune ed altri ancora). I1 suo areale risulta comun- que enormemente dilatato da un’intensa campagna ittiogenica protrattasi per alcuni decenni ed iniziatasi gih nel 1862, allor- quando il DE FILIPPI acquista 70000 uova fecondate di salmerino a Monaco d i Ba- viera e le ripartisce tra i laghi di Avigliana, d i Mergozzo (Novara) e di Montorfano (Como). I risultati di questo primo espe- rimento non constano con chiarezza. Sicu- ramente negativi invece quelli di due im- missioni effettuate nel 1885 e nel 1888 nel lago d’ldro, consistenti rispettivamente in 50000 uova fecondate provenienti dalla Germania meridionale e in altre 150000 fornite invece dal lago d i Tovel. Per tcn- tare l’acclimatazionc del salmerino nel lago di Lugano vi si effettua, nel 1895, la semi-

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na di avannotti (e non pih di uova fecon- date) ptovenienti dal lago di Zug (Sviz- zera), con un success0 tanto pieno che ne- gli anni immediatamente successivi tale pesce vi sari cattutato a tonnellate. Dal Lugano il salmerino viene inttodotto, a partite dal 1910, nel lago Maggiote, nel mentre la siia ptesenza nel lago di Como non appate sicuta sino a1 1930 (HAEhlPEL, 1930).

Patecchie altte inttoduzioni di salmonidi alloctoni nelle acque italiane, effettuate du- tante tale petiodo, non sono invece coto- nate da un successo tanto pieno bensi sol- tanto patziale (quale i: il caso, 3 nostto giu- dizio, della trota itidea, SaIuto gairdrteri, per la quale, in considerazione della sua limitata capaciti di riptodutsi nei nostti ambienti acquatici, non si pub apptoptia- tamente patlate di veta acclimatazione) o pih spesso ancota nullo, come avvenne pet Salvelimrs namajchrrsh, la lake trorrt nord- americana, pet il salmone atlantico (Salruo salar) e pet un salmone del Pacifico, Oft- corhyiichrrs tschawitscha ( = Salmo quiti- tiat). Sebbene non tiuscito, il tentativo di inttodurre il salmone nelle nostte acque costituisce un esempio eloquente dell’en- tusiasmo e del concteto intetesse che ac- compagnarono in quel petiodo le ptatiche ittiogeniche: non soltanto, infatti, la scel- ta della specie di salmone di cui tentare l’inttoduzione costitui I’oggetto di un viva- ce scambio di opinioni scientifiche ma addirittura, nel 1889, il nostto vice-con- sole a San Francisco si prese la btiga di inviare in patria una nutrita telazione sulla << possibilitd di trapiantare nei fiumi d’Ita- lia il salmone californiano D, cotredandola di informazioni sulla biologia della specie e sulle catattetistiche degli ambienti di cui k otiginatia. Un us0 della valigia diplo- matica, questo, del tutto inedito e - almeno dal punto di vista di un ittiologo - decisamente pi& simpatico di tanti altri.

L’acquisizione di nuove specie da patte dell’ittiofauna delle nostte acque dolci a cavallo dei due secoli non fu limitata ai soli Salmonidi ma si estese ni warm water

fishes (ci scusiamo per I’anglicismo, sat3 fotse questione di abitudine ma il cotri- spettivo italiano di questa esptessione non tiusciamo ptoptio a digetitlo). Futono cod inttodotti dal Notd America, rispettiva- niente nel 1898 e nel 1900, il petsico tro- ta (Alicroplerris salrnoides) e ii petsico sole (Lepomis gibbosns), appattenenti alla fa- miglia dei Centtatchidi. A ptoposito della seconda specie vale la pena di ticotdare che nel 1903 la Commissione Consultiva della Pesca ne vietb I’ultetiote diffusione nelle nostte acque, pet motivi di cautela biologica. I1 ptovvedimento, seppute ti- velatosi ormai tatdivo, ben testimonia del- lo sctupolo scientifico con cui in tali anni veniva condotta la gestione del nostro pa- trimonio ittico. L’inttoduzione del lucio- petca (Stizostediou lricioperca, di otigine centtoeuropea), tentata a partite dal 1902 in alcuni ambienti lacustri lombardi dalle catattetistiche e dalle dimensioni assai di- vetsificate, ebbe pieno esito soltanto nel lago di Comabbio ove si costitui una ricca popolazione di questo petcide tuttora esi- stente. Pet quanto tiguarda infine il pesce gatto (genete Ictalrrrris, famiglia degli Icta- luridi), la prima infotmazione sicuta che ci consta riguatda la sua inttoduzione nel- le ncque del Ttevigiano, avvenuta nel 1906.

All’incitca con il ptimo conflitto mon- diale si chiudeva la prima, e di Stan lunga pih impottante, serie di inttoduzioni di specie ittiche esotiche nelle nostre acque interne, in coincidenza con la scomparsa delle petsonaliti scientifiche che I’avevano ispirata e realizzata. Bisogna attendete sino agli anni immediatamente successivi all’ul- timo conflitto pet imbattetci in una nuova inttoduzione che sia tafftontabile come successo e come tilevanza biologica ed eco- nomica, nonchi pet la documentazione ad essa telativa, a quelle del passato. Si ttatta dell’acclimatazione nel lago Maggiore, ac- canto a1 pteesistente lavatello, di una se- conda fotma di cotegone (Coregonus uia- crophthalrrrrrrs) proveniente dal lago di Neuchitel. Alla sua otigine una richiesta tivolta nel 1919 a& competenti autotitd

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cantonali dai pescatori professionisti ope- ranti sulla porzione svizzera del lago di Lugano, desiderosi di disporre di un core- gone piii facilmente commerciabile del la- varello per via delle sue dimensioni piii ridotte. L’anno successivo I’introduzione venne autorizzata di concerto con le com- petenti autoriti italiane e quindi realiz- zata. Nei primi giorni dell’Aprile 1950, infatti, avannotti di tale coregone, per un totale di 200000, furono immessi non sol- tanto nel lago di Lugano (Ponte Tresa) ma anche nel lago Maggiore (Magadino). Ve- rosimilmente a causa della situazione am- bientale gib allora gravemente deteriorata, l’introduzione nel lago di Lugano non ebbe alcun seguito. Nel lago hiaggiore, a1 con- trario, a partire dal 1957 i pescatori inco- mincinrono a rinvenire nelle reti coregoni non identificabili come lavarelli, poi deno- minati bondelle (dal francese (bondelk), e questo in misura sempre crescente, tanto che, a partire dall’inverno 1961-1962, il catturato assume dimensioni propriamente commerciali. Analog0 success0 arrise alla successiva introduzione del coregone bon- della nel lago di Como, effettuata nel 1970 con l’immissione di 500000 avannotti pro- venienti da uova fecondate acquistate a Neuchitel, alla quale seguirono, nel 1971 e nel 1973, due immissioni di due rnilioni di avannotti I’una, nnch’essi della s t e w provenienza.

A partire dagli anni ’60, tuttavia, le connotazioni anarcoidi che gii dalla fine del conflitto caratterizzavano nel nostro Paese la gestione del patrimonio ittico si vengono accentuando in rnisura intollera- bile sotto la concomitante influenza di due fattori negativi: la quasi assoluta man- canza di una seria e sistematica ricerca scientifica finalizzata in tal senso e il pro- gressivo disarm0 delle strutture tecnico- burocratiche attraverso le quali lo Stato provvede a1 controllo e allo sviluppo della pesca. In questo vuoto di conoscenze, com- petenze e iniziative le associazioni che rag- gruppano una massa ormai imponente di pescatori sportivi si vengono a trovare con

una cambiale in bianco nelle mani, che viene spesa troppo spesso all’insegna di quella pessima combinazione che nasce dal- l’insipienza e dalla supponenza. La man- canza di una programmazione poggiante su solide basi scientifiche sistematicamente aggiornate d i luogo ad una pioggia fittis- sima di interventi ittiogenici, tra loro del tutto incordinati, che interessano gran par- te delle acque interne del Paese ma che appniono docurnentati, nel rnigliore dei casi, in maniera assolutamente inadeguata. Ci si trova pertanto nella curiosa situazio- ne di poter dare un resoconto particola- reggiatissimo di introduzioni di specie 31- loctone che risalgono a quasi un secolo e di doversi invece lirnitare, a proposito di altre effettuate in un passato prossi- missimo, a riferire vere e proprie voci di corridoio alle quali sarebbe davvero fuori luogo attribuire il significato di informa- zione scientifica. Cib vale, ad esempio, per l’immissione di un ciprinide del genere Abramis, proveniente dall’hropa centra- Ie, che sarebbe stata effettuata in alcuni ambienti lentici della Lombardia e del Piemonte occidentale, nonchC per quella di Siltirrrs glanis, la cui ingornbrante pre- senza nel Po, risultata per la prima volta dalla foto apparsa alcuni anni or sono su un quotidiano, attende ancora di essere definita nelle sue proporzioni e nelle sue implicazioni. Pub anche verificarsi che del- la specie introdotta non consti con esat- tezza nemmeno l’identith, con conseguente incertezza circa la collocazione trofica che essa potri venire ad assumere nel nuovo ambiente. Cosi il popolamento pelagic0 del lago di Garda ha visto in questi ulti- missimi anni - I’indeterminatezza crono- logica non va messa a nostro debito - affiancarsi alle quattro specie preesistenti (agone, Alosa fallax lacrrstris; trota, Salriro trtiita; carpione, Saltlro trrrtta carpio; core- gone, Coregotrris sp.) una quinta, rappre- sentata da un salmone del genere Otrcor- hytrchtrs, la cui identificazione come 0. ki- stitch non pub venire legittimamente ac- colta in assenza di un’accurata verifica. In

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caso dovesse effettivamente trattarsi del coho salvzon, che negli ambienti di origine ha come base alimentare preferenziale gli stadi giovanili di altri salmonidi, si pro- porrebbe un ulteriore motivo di preoccu- pazione circa il futuro del carpione, che come i noto costituisce un interessantis- simo endemismo del Garda (GRIMALDI e OPPI, 1978). Di fronte ad interventi caratterizzati da siffatta superficialith ed imprevidenza appare incredibilmente fre- sco e attuale un passo, assumente quasi la cadenza dell’invettiva, che si legge nella relazione dal titolo <( La razionalith dei ripopolamenti ittiogenici )> scritta dal BET- TONI nel 1897: <( ... Riguardo poi ad accli- matazioni di nuove specie di Salmonidi, io non ho altro a fare che mettere gli ama- tori in guardia, onde prima di eseguirle vogliano ventilar bene la loro utiliti, che date certe condizioni di acque e certi pesci da impiegarsi possono riuscire utilissime: ma in altre circostanze possono were un effetto precisamente contrario a quello che si desidera. E cosi che collo specioso pre- testo di fare un esperimento si vuole in- trodurre in acque pubbliche estremamente impoverite di ogni sorta di pesci, un gros- so salmonide voracissimo. A che condurri questo esperimento, dato che le acque di quella localith riescano a farvelo prospe- rare? La voraciti del nuovo inquilino, che 2 in ragione delle dimensioni cui esso pub arrivare, farh man bassa sulla popolazione ittica indigena colla quale si verrh ad in- contrare, e quando l’alimento naturale sarh scemato, si avrh per effetto di aver fatto scomparire man mano gli spregiabili man- giati, per sostituirvi poi un nobile mangia- tore, che dovrh poi alla sua volta scompa- rire. in causa della fame. Chi vuol fare simili prove le faccia pure, ma le faccia in casa sua: e non consideri le acque pub- bliche quale un laboratorio sperimenta- le ... ! Tntanto mi si permetta di far voto che il Govern0 nostro non si lasci sfuggire di mano la direzione delle operazioni di ripopolamento alle quali attese pure con tanto successo. Passo che pub essere

completato dalla seguente frase, che si legge in una a Conferenza di Pescicoltu- ra )> tenuta dallo stesso BETTONI nel 1901: Q ... Si tratterh perb di introdurre delle specie le quali non cambino il preteso beneficio in un danno palese; e siccome un lago che colle sue risorse porge ali- mento di vita al pescatore, non i un campo esperimentale da sfruttare alla leggera con esperimenti che non siano di sicura riusci- ta, cosi ne viene che bisogna andare ben cnuti nel proporre cose delle quali se non la riuscita, sia almeno sicuramente evi- tam che ne risultano danni D.

Le pratiche ittiogeniche non hanno perb avuto come sola conseguenza di portare alla acclimatazione di specie ittiche origi- nariamente non rappresentate nella nostra ittiofauna d’acqua d o h , bensi anche di espandere in misura pih o meno notevole I’areale di altre specie che di essa gii facevano parte. Questo fenomeno prende gih le mosse piuttosto addietro nel tem- po, come 2 ben illustrato dal caso della bottatrice (Lola lota), che nell’anno 1800 venne introdotta dal lago di Como nel lago d’Iseo, dal quale poi, nel 1875, ven- ne introdotta nel lago di Ledro, donde infine, attraverso la connessione idrografica del Ponale, pervenne nel lago di Garda. Talvolta l’introduzione di una specie itti- ca in un nuovo ambiente non i stata la conseguenza di un intervento volontario. Ad esempio, la presenza dello spinarello (Gasterosterrs aculeatrrs) recentemen te ac- certata nel bacino del F. Toce (BORRONI, 1975) i da porre verosimilmente in rappor- to con l’abitudine dei pescatori di traspor- tare da un corpo d’acqua all’altro piccoli pesci vivi da utilizzare come esca. I1 pic- colo gobide eurialino Knipowitschia pa- riizzai i stato invece di recente introdotto casualmente nel lago Trasimeno frammisto a cefaletti da ripopolamento provenienti dal litorale grossetano (BORRONI, 1976). Volontarie e involontarie, qucste introdu- zioni restituiscono piena attualith all’am- monimento che il PAVESI formulava nel 1881, 18 dove affermava che a ... se non

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teniamo conto di tutti questi fatti cre- scono le g i i grandi difficolti di spiegazio- ne di molti fenomeni di distribuzione geo- grafica e si pub cadere in gravissimi er- rori ... n.

Ancora pih diffuse sono state e sono le immissioni di individui appartenenti ad una determinata specie ittica in un am- biente in cui questa 2: per altro gih pre- sente, a110 scopo di sopperire ad una sup- posta inadeguatezza della riproduzione na- turale. Con riferimento a questa pratica, che negli ultimi decenni ha assunto dimen- sioni enormi per pesci quali la trota, il luccio (Esox luciiis) il persico (Perca f l r r - viatilis), la tinca (Tirrca tirzca), la carpa (Cyprirrra carpio) ci associamo ad un altro lucido rilievo di PAVESI (1. c.) il quale fa notare come << ... col progress0 della pisci- coltura certe differenze di fauna tendono a scomparire, queste divengono artificiali, complicano, intralciano non poche questio- ni zoologiche ... D.

Come possono essere valutate comples- sivamente le conseguenze dell’acclimata- z ime di nuove specie e, pib in generale, della massiccia effettuazione di interventi ittiogenici, a livello dei preesistenti popo- lamenti ittici delle nostre acque interne? Per quanto riguarda le specie alloctone, si pub affermare che, in generale, esse si so- no aggiunte e non sostituite ad altre autoc- tone, in virtb - verosimilmente - di effi- caci meccanismi di segregazione che hanno impedito l’insorgenza di fenomeni acuti di competizione interspecifica. A questa ra- gionevole motivazione ci i: tuttavia impos- sibile, nella stragrande maggioranza dei casi, far seguire una pib puntuale indica- zione della natura di tali meccanismi, per la ormai ripetutamente lamentata mancan- za di una seria documentazione concernen- te la biologia delle nostre popolazioni itti- che naturali. Nei pochissimi casi in cui invece 6 stat0 affrontato con adeguate me- todologie, lo studio dei rapporti tra specie alloctone ed autoctone si 6 rivelato ampia- mente rimunerativo, legittimando e so- stanziando precedenti valutazioni di carat-

tere meramente constatativo e come tali del tutto insoddisfacenti da un punto di vista conoscitivo. Cosi la constatazione del- la quasi secolare coesistenza, nelle acque dei grandi laghi subalpini, di due specie pelagiche planctofaghe di cui una - ago- ne - autoctona e l’altra - coregone - introdotta, ha trovato giustificazione da una ricerca pluriennale che ha preso in considerazione tutti i principali aspetti del- la biologia dei due pesci (BERG e G R I h i A L - DI, 1965, 1966). Da essa i: risultato infatti che la competizione tra le due specie, che pure predano entrambe sul popolamento zooplanctonico eupelagico, viene ad essere limitata da diversi meccanismi, i principali dei quali possono essere cosi identificati (BERG e G R I h l A L D I , 1966): 1) difererr- ziaziorre dello spettro aliiiientare durante la primavera e l’autunno, allorquando la produzione dei cladoceri si rivelerebbe in- sufficiente a sostenere il comune sfrutta- mento dei due pesci; 2) segregaziorre spa- ziale, per la quale durante il periodo della stratificazione termica I’agone si situa nelle acque dell’epilimnio, mentre il coregone si porta a livello del metalimnio e degli strati ipolimnici pih superficiali; 3 ) d i fe - rerrziaziorze fisiologica: alle temperature di 10-14 “C che si riscontrano generalmente in maggio nei primi dieci metri d’acqua, il tasso metabolic0 dei coregoni - che sono spiccatamente oligostenotermi - e quindi le lor0 richieste alimentari hanno gii raggiunto livelli assai elevati, mentre l’agone, in tale periodo, assume alimento in quantiti ancora assai limitata; 4 ) sfasa- rizerrto dei periodi riprodriltivi (invernale per il coregone, tardo primaverile-estivo per l’agone), che impedisce l’insorgenza di fenomeni di competizione alimentare tra gli stadi giovanili delle due specie.

I n almeno un caso, perb, quello del pesce gatto, l’introduzione ha comportato invece, in molti nostri ambienti acquatici, un profondo dissesto del preesistente po- polamento ittico, che talvolta 6 addirittura scomparso in conseguenza dell’attiviti pre- datoria della specie introdotta. Tuttavia,

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alrneno per quanto riguarda le acque in- terne italiane, mancano ricerche che pre- cisino e documentino opportunamente le relazioni trofiche istituite da tale pesce negli ambienti in cui si 6 acclimatato. Ri- cerche di tale natura risultano non pih opportune, bensi indispensabili, allorquan- do si tratti di verificare un asserito ma non evidente ruolo negativo svolto da una specie alloctona: ad esempio, I’unani- memente denunciata attiviti di predazione del persico sole sulle uova e sugli stadi giovanili di altre specie attende tuttora d i essere sottoposta all’unica verifica che con- ti, quella cioe che pub venire soltanto da uno studio dei contenuti gastrici del pesce adeguatamente esteso nel tempo e nello spazio.

Per quanto riguarda invece gli inter- venti ittiogenici che riguardano specie gih presenti nella nostra ittiofauna, di uno alrneno constano con chiarezza le conse- guenze negative ed P quello rappresentato dalle immissioni d i trota comune (Salmo trrrtta) effettuate sistematicamente da de- cenni in arnbienti originariamente popo- lati dalla trota marmorata (Salnro trrrttu marmorattrs), Tali immissioni, infatti, han- no esitato nella diffusa ibridazione delle due trote, talchf oggi 6 estremamente dif- ficile, se non impossibile, indicare ambien- ti nei quali si rinvengano tuttora popola- zioni veramente pure d i questo splendid0 salmonide, il cui arcale, nel nostro Paese, 2 Iimitato a1 Po e ai suoi afluenti di origine alpina, nonchd ad altri fiumi, sempre di origine alpina, che fluiscono direttamente nell’Adriatico.

Sul popolarnento ittico delle nostre ac- que interne - modificatosi nelle direzio- ni che abbiamo indicato in conseguenza degli interventi ittiogenici - 2 venuto esercitando la sua influenza, con un’inten- s i t i rapidamente accresciutasi negli ultimi decenni, I’inquinamento idrico. Si tratta di un termine che, usato qui per motivi di immediata comprensibilitl, sta in effetti ad indimre una vastissima gamma di <( di- sturbi n di origine umana tra loro estre-

rnarnente diversificati. Second0 una valuta- zione che riconosciamo essere soggettiva, non riteniamo che, delle varie forme di inquinamento, quelle che possono essere definite di tip0 tossico )> risultino perti- nentemente trattabili nell’ambito del tema prescelto per questa relazione: esse infat- ti, per la lor0 azione per lo pih rapida- mente traumatizzante che si esplica soli- tamente con brutale imparzialiti a carico d i tutte le specie ittiche presenti i n un ambiente acquatico, non ci sembrano ap- propriatamente trattabili alla stregua di fattori d i rnodificazione di un popolamento ittico, ma piuttosto come agenti della sua distruzione, ancorchd pih o meno completa ed irreversibile. Identit l d i fattore d i mo- dificazione che, a1 contrario, si individua compiutamente in quella particolare for- ma d i inquinamento conosciuta come errtrofiztazione, sui cui meccanismi e sulle m i manifestazioni non riteniamo d i dover spendere delle parole, in quanto noti a tutti. L’eutrofizzazione, infatti, per le gra- duali rnodificazioni che induce a carico dei parametri biotici ed abiotici di un qo- sistema acquatico, d i luogo ad una succes- sione di situazioni ambientali privilegian- ti di volta in volta in maggior misura (0 sfavorenti in minor misura) determinati organismi - nel caso specific0 determi- nati pesci - rispetto ad altri, con il risul- tato di modificare i preesistenti rapporti d i abbondanza tra specie. B questo un feno- meno che si pub osservare con particolare chiarezza negli ambienti lentici, nei quali l’eutrofizzazione sviluppa in tutta la sua completezza la propria multiforme feno- rnenologia. Nei laghi, per I’appunto, il de- cline e successivamente la scornpnrsa di determinate specie ittiche, cosi come I’in- crernento di aItre, vanno annoverati tra le indicazioni meno equivocabili di una signi- ficativa modificazione di livcllo trofico. CO- si il process0 di rapida eutrofizzazione che da decenni va interessando, ancorchd con diversa intensith, i grandi laghi dell’Italia settentrionale, ha determinato un declino delle popolazioni di salmonidi, quale con-

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seguenza, soprattutto, dello scadimento delle condizioni di ossigenazione nelle ac- que lacustri profonde. I1 fenomeno, alme- n o in parte compensabile per mezzo di pra- tiche ittiogeniche nel caso della trota, ha interessato in maniera particolarmente evi- dente le popolazioni d i salmerino e di co- regone. Nel caso di queste ultime, origi- nariamente imponenti da un punto di vi- sta numerico, il declino ha assunto dimen- sioni plateali, anche per il grave danno economico che ne ii derivato alla categoria dei pescatori di mestiere. Da circa quindi- ci anni il coregone risulta totalmente scom- parso dal lago di Lugano, fortemente eu- trofizzato, cosicchi si pub valutare che la presenza di questa specie alloctona in det- to ambiente si sia estesa nel tempo per una sessantina d’anni soltanto. Non sem- pre I’eutrofizzazione sembrerebbe influire negativamente su una specie ittica per il tramite prevalente di un peggioramento delle condizioni di ossigenazione: nel caso d i specie lacustri moderatamente ossifile come l’agone, ma anche in quello di specie che invece lo sono (trota) ma che vivono in acque correnti ad elevata turbolenza, si 6 indotti piuttosto a pensare ad altri mec- canismi, tra i quali si pub indicare la scom- parsa di idonee aree di frega in conseguen- za di un abnorme sviluppo della microflora di fondo. Inoltre. nel caso delle acque cor- renti, durante gli ultimi anni i: apparsa sempre pih evidente un’influenza negativa dell’eutrofizzazione esplicantesi in maniera selettiva sui salmonidi per il tramite d i infezioni batteriche e fungine favorite, nel loro insorgere, da una situazione di sfress ambientale (GRlhIALDI, 1976). 11 fenome- no, in particolare, minaccia d i vibrare il classic0 colpo d i grazia alle ultime super- stiti popolazioni di temolo (Thyntulltrs /by- iizulltrs) dei corsi d’acqua dell’Italia set- tentrionale.

Anche nelle nostre acque interne - second0 un trend ormai ben conosciuto che tende a ripetersi con sensibile uni- formiti in ambienti pur tra loro notevol- mente diversificati (LARKIN e NORTHCOTE,

1969) - l’eutrofizzazione va comportan- do, parallelamente a1 declino delle specie maggiormente ossifile (salmonidi), un in- cremento d i altre specie che presentano esigenze ambientali pih modeste. Quest’ul- timo fenomeno - che almeno in una pri- ma fase si accompagna generalmente ad un aumento della produzione ittica globale - interessa un insieme di pesci (course fish degli autori anglosassoni) notevolemente composito, in sen0 a1 quale i: possibile isti- tuire, tra le diverse specie, una gerarchia basata sulla diversa resistenza a situazioni di vita sfavorevoli, nonchC su un pih o meno spiccato (( opportunismo )> che con- sente loro di avvantaggiarsi in misura pih o meno notevole delle mutate condizioni ambientali e, in particolare, delle maggiori disponibilith alimentari derivanti dall’in- nalzamento del livello trofico e dalla dimi- nuita competizione alimentare da parte delle declinanti popolazioni di specie ste- noecie. Nella fattispecie delle nostre acque interne si pub affermare che pesci quali il persico, il luccio e il persico-trota si situi- no, nella predetta u gerarchia D, in posi- zione pih arretrata rispetto ai ciprinidi. A sua volta anche tra questi i: possibile rico- noscere specie che mostrano di saper trar- re profitto in misura maggiore dal pro- cesso di eutrofizzazione. B questo il caso in particolare della scardola (Scurdirtbs cr~~~broph~1~cl))tris) , il cui vistoso incremen- to, in termini sia assoluti che relativi, verificatosi durante gli ultimi anni in nu- merosi ambienti lentici dell’Italia setten- trionale deve essere posto prevalentemen- te in rapport0 con il crescente rigoglio del- le comunith macrofitiche litorali indotto dal process0 d i eutrofizzazione, dal quale essa trae vantaggio da un punto di vista trofico e riproduttivo. I fenomcni ora de- lineati sono appnrsi riconoscibili con no- tevole evidenza ed univocith nel corso di una recente indagine orientativa effettuata su ventuno laghi minori della Lombardia (GRIMALDI , 1974). Particolarmente inte- ressante 6 stata la constatazione che effet- tivamente percidi, esocidi e centrarchidi,

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inizialmente favoriti dall’eutrofizzazione, sono andati poi ovunque declinando in favore dei ciprinidi (in particolare l’albo- rella, Albrrrrrrrs alborella e ancor di pih la scardola) con I’ulteriore procedere di tale processo.

Sarebbe perb del tutto scorretto il vo- lere interpretare I’aumento dei ciprinidi nei piccoli - ma anche nei grandi - laghi dell’Italia settentrionale esclusiva- mente come una conseguenza dell’eutro- fiztazione. Esso infatti deriva anche in misura assai notevole - seppure variabile da ambiente ad ambiente - da un’altra forma di intervento umano che pub fun- gere da fattore di modificazione in sen0 ad un popolamento ittico: le attiviti di pesca. Queste infatti, sia che vengano con- dotte in forma professionale sia che rive- stano carattere sportivo, esercitano la loro pressione in misura assolutamente disu- guale sulle varie specie ittiche, mostrando la tendenza a trascurare i ciprinidi, gii particolarmente avvantaggiati dal processo di eutrofiuazione, per concentrarsi sui pe- sci (salmonidi ove ancora presenti, Iuccio, persico, persico-trota) pregevoli da un pun- to di vista commerciale nonchC - nel caso della pesca sportiva - da quello del- la combattiviti a1 momento della cattura. La rarefazione delle specie predatrici che ne deriva accentua ulteriormente iI succes- so dei ciprinidi, gii caratterizzati da una elevata feconditi, consentendo un loro pih massiccio reclutamento giovanile; da pnrte loro i ciprinidi, scarsamente controllati dalla pesca, vengono a cornpetere intensa- mente per I’alirnento con gli stadi giovanili delle specie pih pregiate, sui quali eserci- tan0 anche un’intensa predazione (GRI-

Emerge chiaramente dall’esempio ora addotto quanto illusoria risulti, nella mag- gior parte dei casi, la pretesa di voler por- re le modificazioni che compaiono in un popolamento ittico in rapport0 con un uni- co fattore di disturbo. Per portare un al- tro caso concreto, nell’interpretare I’im- ponente e costante increment0 presentato

hlALDI, 1974).

dall’alborella nei grandi laghi dell’I talia settentrionale, si deve prendere in consi- derazione - accanto al processo di eutro- fizzazione e all0 sforzo di pesca non bilan- ciato - un terzo fattore, rappresentato dalla regolazione artificiale del livello di tali corpi d’acqua. Infatti, quando tale regolazione obbediva a rneccanismi natu- rali, in concomitanza con la riproduzione dell’alborella - che ha luogo in primavera a modestissima profondith, lungo litorali sassosi e ghiaiosi - si verificavano fre- quentemente abbassamenti di livello che ponevano in secco enormi quantiti di uova fecondate. Attualmente, invece, vi 2 la tendenza a favorire a1 massimo, durante il periodo primaverile, I’accumulo d’acqua, onde disporre di un’adeguata << scorta B idrica per i mesi estivi. Ne derivano livelli stabilmente elevati che possono aumentare in notevole misura il success0 riproduttivo dell’al borella.

Un’ulteriore, importantissima causa di modificazioni in sen0 a! popolamento itti- co delle nostre acque interne va identifi- cata nella progressiva alterazione dell’ori- ginaria zona costiera dei corpi d’acqua, at- traverso la costruzione di manufatti (ca- nalizzazioni, strade litoranee, porti, darse- ne, ecc.) nonchC I’effettuazione di opere di dragaggio e di << balnearizzazione >>. Es- sa colpisce selettivamente le specie che fanno riferimento, come area di riprodu- zione, a1 particolare arnbiente del fragrni- teto, quasi ovunque estremamente com- promesso dalle predette manipolazioni. Tra tali specie, per i grandi laghi dell’Ita- lia settentrionale, dobbiamo citare soprat- tu t to il luccio, la tinca e la carpa, quest’ul- tirna apparentemente gih in sensibile de- cline in epoca orrnai lontana (PAVESI, 1872).

Concludiamo questa nostra relazione nella piena consapevolezza della sua sinte- ticiti e, in molti casi, lacunosith. Nello stenderla, infatti, abbiamo avuto ancora una volta la riprova di quanto inconsi- stente sia oggi il patrimonio di informa- zioni valide sul quale poter contare allor-

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quando ci si impegni in alcunchi che abbia per oggetto quell’imponente realtb natu- rale che 6 tuttora - nonostante tutto e tutti - l’ittiofauna delle nostre acque. Un panorama davvero sconfortante, nel quale lbpera imponente di TORTONESE (1956, 1970, 1975) spicca con la prezio- sith del fiore nel deserto, come un dono immeritato.

RI ASSUNTO

A partire dal secolo scorso I’ittiofauna dellr acque dolci italiane k andata incontro ad una serie di modificazioni che ne hanno notevolmente modificato la struttura. Le pratiche ittiogeniche vengono individuate come uno dei principali fat- tori di tali modificazioni, unitamente a h degra- dazione qualitativa degli ecosistemi acquatici pro- vocata dal multiforme fenomeno definito generi- camente inquinamento idrico.

Le introduzioni di nuove specie in sen0 all’it- tiofauna dulcicola italiana vengono y n j n a t e cri- ticamente 3 partire dal 1859, anno in CUI si tenta la prima immissione di coregoni nel Lago di Avigliana. Si analizzano i motivi pcr cui, a partire dal primo conflitto mondiale fino ai nostri gior- ni, sorprendentemente s’6 assistito ad un pro- gressivo deterioramento culturale e scientifico nel- la gestione del nostro patrimonio ittico.

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