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Il santo vegetariano San Francesco da Paola e gli animali Daniele De Rosa

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Il santo vegetarianoSan Francesco da Paola e gli animali

Daniele De Rosa

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ISBN 978-88-250-5053-0ISBN 978-88-250-5054-7 (PDF)ISBN 978-88-250-5055-4 (EPUB)

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Indice

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

La figura e l’opera di san Francesco da Paola . . . . . . . . . . . . . . 17

L’alimentazione di san Francesco da Paola . . . . . . . . . . . . . . 31I cibi utilizzati dall’eremita calabrese. . . . . . . . . 32Il cibo che san Francesco distribuiva ai poveri 40Come san Francesco prescrive il regime alimentare nelle sue Regole . . . . . . . . 44

San Francesco da Paola e la natura . . . . . 59Il rapporto con la creazione . . . . . . . . . . . . . . . 67Alcuni episodi emblematici del rapporto con la natura . . . . . . . . . . . . . . . . . 77Il legame tra l’alimentazione quaresimale e la compassione verso le creature: l’antropologia dei Padri del deserto . . . . . . . . . . 101

Solo in Cristo si realizza la pace escatologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113Per san Francesco da Paola Cristo continua a soffrire nella creazione violentata? . . . . . . . . . 126

Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

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Figlio di Dio, Gesù, da te sono state create tutte le cose.

Hai preso forma nel seno materno di Maria, ti sei fatto parte di questa terra,

e hai guardato questo mondo con occhi umani. Oggi sei vivo in ogni creatura

con la tua gloria di risorto. Laudato si’!

Con queste parole della Preghiera cri-stiana con il creato si conclude Laudato si’, l’enciclica sulla cura della casa comune con cui papa Francesco ha aperto la coscienza cristiana ai problemi dell’ambiente e dell’e-cologia.

L’enciclica del papa argentino non è l’u-nico segno di questa nuova sensibilità eco-logica accolta dalla Chiesa cattolica, ma lo sono anche la nascita di associazioni e mo-vimenti ecclesiali, sensibili a questa temati-ca. Ad esempio, sia l’Associazione Cattolici

Introduzione

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Vegetariani, fondata nel 2009, sia il Centro Studi Cristiani Vegetariani, creato nel 2016, hanno come obiettivo stimolare una rifles-sione cristiana intorno ai problemi relativi alla natura1.

Due mi sembrano essere i segnali che stanno facendo maturare in seno alla Chie-sa cattolica la presa di coscienza di un pro-blema ambientale ed ecologico mondiale. Il primo, evidente agli occhi di tutti, e analiz-zato anche all’interno dell’enciclica Laudato si’, è quello del surriscaldamento climatico. Le conseguenze sono macroscopiche: quel-lo dell’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacci polari, l’aumento di eventi meteorologici estremi, fenomeni tut-ti causati da un riscaldamento globale. Que-sto aumento della temperatura è dovuto, nota anche papa Francesco, alla grande con-centrazione di gas serra, emessi soprattutto a causa dell’attività umana. La loro concen-trazione nell’atmosfera impedisce che il ca-lore dei raggi solari si disperda nello spazio. «L’umanità», afferma il papa, «è chiamata a

1 G. Bormolini - l. lorenzetti - P. trianni (a cura), Il grido della creazione. Spunti biblici e teologici per un’etica cristia-na vegetariana, Edizioni Lindau, Torino 2015, pp. 167-182.

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prendere coscienza della necessità di cam-biamenti di stili di vita, di produzione di consumo, per combattere questo riscalda-mento»2.

Il secondo segnale, collegato a quello ap-pena evidenziato, non analizzato dall’enci-clica, ma che comunque interroga la Chie-sa, sia nella sua dimensione teologica che nella proposta di una conseguente etica di vita, è la progressiva presa di coscienza della sofferenza e del rispetto degli animali nella cosiddetta fabbrica degli animali. In-fatti, nel passaggio da una società prevalen-temente contadina a una società altamente industrializzata, sono stati inseriti metodi di produzione di massa all’interno degli alleva-menti. Sono anche i gas di origine animale che fuoriescono dagli allevamenti intensivi a produrre il gas serra, che causa l’effetto globale di riscaldamento3.

Ma non è questo l’unico inconveniente

2 PaPa Francesco, Laudato si’. Enciclica sulla cura della casa comune, n. 23, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2015, pp. 44-45.

3 E. moriconi, Le fabbriche degli animali, in G. Bormolini - L. lorenzetti (a cura), Collaboratori del creato. La scelta ve-getariana nella vita del cristiano, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2013, p. 113.

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degli allevamenti intensivi. Ogni anno nel mondo circa 56 miliardi di animali vengono allevati e uccisi per fornire carne all’uomo; l’elevatissima quantità di alimenti necessa-ri per allevarli è una delle principali cause di diffusione di un’agricoltura sempre più intensiva, responsabile di deforestazione, erosione dei suoli, desertificazione e dimi-nuzione della biodiversità. Questo sistema di allevamento produce disequazione nella distribuzione alimentare: circa il 40% del raccolto mondiale di grano è infatti sommi-nistrato agli animali; la metà di questo grano sarebbe più che sufficiente per saziare tutte le persone affamate del nostro mondo. Alla luce delle evidenze scientifiche sarebbe pos-sibile ridurre questi effetti ambientali, ri-ducendo l’assunzione di prodotti di origine animale, soprattutto la carne4.

Oltre a questi effetti ambientali, c’è la questione della sofferenza degli animali in questi allevamenti intensivi, che interroga da un punto di vista etico anche un cristiano. Un esempio eclatante è quello delle mucche

4 E. ceccaroni, Consumo di prodotti di origine animale nella società contemporanea, in Bormolini - lorenzetti, Col-laboratori del creato, pp. 100-101.

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che vengono sottoposte a una alimentazio-ne molto spinta per la superproduzione di latte che conduce a patologie come ruminiti, acidosi, ascessi al fegato, patologie che indu-cono l’allevatore a macellare i capi, anziché curarli. Un altro dilemma è quello relativo agli animali che vengono costretti a vive-re in contesti ambientali che causano loro uno stato di sofferenza: mucche da latte che vengono separate, appena dopo il parto, dai loro vitelli, i quali vengono allevati, per cin-que-sei mesi, con latte artificiale in piccole gabbie dove le condizioni igieniche sono al-tamente deficitarie, per essere poi macellati; scrofe obbligate a partorire in gabbie di fer-ro talmente piccole da impedire loro anche i movimenti più elementari; migliaia di gal-line accumulate in capannoni di cemento, il cui ritmo biologico è falsato da luci artificiali che riducono le ore di riposo per instaurare un ciclo vitale che induca a una alimenta-zione frequente; numerosi conigli ammas-sati in piccole gabbie che non permettono a questo animale, naturalmente timido, di vi-vere appartato secondo la sua indole5. Sono

5 Ivi, pp. 102-104.

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queste solo alcune delle situazioni in cui gli animali sono trattati non come esseri viven-ti ma come oggetti.

La questione del rispetto e della sofferen-za degli animali non è nuova nel Cristiane-simo, poiché la consapevolezza della soffe-renza degli animali è nata proprio in ambi-to teologico. È noto come anche Giovanni Paolo II, nel 1990, abbia parlato dell’anima degli animali, spiegando che per la Bibbia il soffio vitale non appartiene solo all’uomo, ma anche alle altre creature, ed è sempre, in qualche modo, una partecipazione dello spirito di Dio. C’è, però, ancora molto lavoro da compiere, poiché nella cultura occiden-tale è tuttora forte il pregiudizio cartesiano della visione meccanicistica degli animali6.

All’interno di questo contesto culturale, la Chiesa sta facendo un lavoro di perlustra-zione della sua ricca Tradizione spirituale e mistica, per rispondere in modo “antico e sempre nuovo” a questa nuova problema-tica umana e ambientale, proponendo una “conversione ecologica” e una “spirituali-

6 P. trianni, Per un vegetarianesimo cristiano, EMP, Pa-dova 2017, pp. 94-95.

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tà ecologica”. Come afferma sempre papa Francesco, in modo programmatico, nella Laudato si’: «La grande ricchezza della spi-ritualità cristiana, generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, co-stituisce un magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità. Desidero proporre ai cristiani alcune linee di spiritua-lità ecologica che nascono dalle convinzioni della nostra fede [...]. Dobbiamo riconoscere che non sempre noi cristiani abbiamo rac-colto e fatto fruttificare le ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda»7. Non è estraneo a nessuno, infatti, che anche la spiritualità cri-stiana conosce sia la tradizione dell’alimen-tazione che oggi chiamiamo vegetariana o vegana – nel linguaggio dell’ascetica cristia-na, invece, alimentazione di strettissimo ma-gro – come mezzo ascetico e penitenziale di unione con Dio; sia la presenza di una lunga

7 PaPa Francesco, Ludato si’, n. 216, pp. 188-189.

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serie di santi che hanno avuto un rapporto armonioso con la natura e con gli animali.

Tra i molti santi che hanno avuto un rap-porto vicino agli animali prenderemo qui in esame san Francesco da Paola, eremita ca-labrese, vissuto a cavallo tra la fine del Me-dioevo e l’inizio dell’Epoca Moderna, e fon-datore di un ordine religioso: l’Ordine dei Minimi. Giuseppe Fiorini Morosini, uno tra i maggiori studiosi del Santo paolano, nota come l’amore per la natura sia un aspetto della personalità di san Francesco da Paola «che attende ancora di essere valorizzato pienamente, anche se è così fondamentale nella sua esperienza di eremita. Egli, da uo-mo che vive a contatto diretto con la natura, ha con essa un rapporto riconciliato»8.

Perché esaminare proprio questo santo? Perché questo eremita al suo evidente amo-re per la creazione univa un’alimentazione, durata tutta la sua esistenza, che non preve-deva la carne e i suoi derivati; dieta ascetica e alimentare che il Santo trasformerà in un quarto voto che caratterizza il suo Ordine

8 G. Fiorini morosini, Il carisma penitenziale di san Fran-cesco di Paola e dell’Ordine dei Minimi. Storia e spiritualità, Curia Generalizia dell’Ordine dei Minimi, Roma 2000, p. 131.

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dei Minimi, il voto di vita quaresimale per-petua: per tutta la vita non ci si nutre della carne e dei suoi derivati, tranne in caso di grave malattia, come segno di continua con-versione.

Nell’ottica di dare un contributo a quella che papa Francesco chiama “spiritualità eco-logica”, guarderemo alla figura dell’eremita calabrese attraverso l’intuizione del teo-logo H.U. von Balthasar, il quale parla della «fenomenologia dei Santi» e di «Teologia dei Santi», ossia la proposta di utilizzare le forme di santità come luogo di approfondi-mento teologico9. Nello specifico cerchere-mo di comprendere, facendo parlare il San-to sia attraverso i suoi scritti sia attraverso i suoi comportamenti, se in san Francesco da Paola la sua alimentazione quaresimale non sia solo un mezzo ascetico e penitenziale, come comunque già affermato dalla lunga Tradizione mistica cristiana, ma anche una scelta consapevole di compassione verso gli animali.

9 H.U. von Balthasar, Sorelle nello spirito. Teresa di Li-sieux e Elisabetta di Digione, Jaca Book, Milano 1991, pp. 23-38.

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San Francesco da Paola salva un cerbiatto inseguito dai cac-ciatori. Stampa a bulino di Alessandro Baratta, Scigliano Calabro (1583-1656?), in c. Bevilacqua, La Vita e i Miracoli di san Francesco di Paola, con le rime don Orazio Nardino Co-sentino e 64 incisioni di Alessandro Baratta, CittàCalabria Edizioni, Gruppo Rubbettino, p. 79.

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La figura e l’opera di san Francesco da Paola

Prima di iniziare questo saggio sulla re-lazione tra l’alimentazione quaresimale del Santo calabrese e il suo rapporto armonioso con la natura, è importante conoscere la fi-gura dell’eremita paolano, per comprendere sia le sue scelte spirituali, dettate da motiva-zioni storiche ben precise, sia i frutti sociali che la sua scelta di vita quaresimale ha ge-nerato nel contesto ecclesiale e culturale del suo tempo.

Francesco Martolilla venne alla luce a Paola, una cittadina calabrese in riva al mar Tirreno, il 27 marzo 1416 da Giacomo e Vienna, una coppia di contadini proprietari di alcuni appezzamenti di terreno che colti-vavano direttamente. La sua nascita fu attri-buita a una grazia particolare di Dio, chiesta per intercessione di san Francesco d’Assisi,

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verso il quale i genitori erano molto devoti10. La gioia della nascita subito fu segnata dal dolore, perché il piccolo si ammalò grave-mente a un occhio, tanto che rischiò addi-rittura la vita. I genitori si rivolsero di nuovo al santo di Assisi, chiedendo un altro inter-vento miracoloso e promettendo di inviare il piccolo come oblato in un convento fran-cescano, una volta raggiunta l’età richiesta. Anche in questa occasione la loro preghiera fu esaudita.

Il bambino guarì. A quattordici anni, Francesco, per adempiere la promessa dei genitori, fece un anno di famulato presso il convento francescano di San Marco Ar-gentano, sempre in provincia di Cosenza. Forse perché educato così dai genitori, a differenza dei frati, egli pratica già l’astinen-za quaresimale, non mangiando la carne e i suoi derivati. Questa scelta ascetica è im-portante per il futuro sviluppo della sua vita.

10 Per questa breve biografia su san Francesco da Paola seguo lo scritto di G. Fiorini morosini, Cenni sulla vita di San Francesco di Paola, sulle origini e la spiritualità dell’Ordine dei Minimi, in G. Fiorini morosini e altri, San Francesco di Pao-la. La vita, l’attività, la spiritualità, il culto. Sandro Benedetti e il progetto architettonico della nuova Basilica, Itaca, Castel Bolognese 2002, pp. 12-19.

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Terminato l’anno votivo, nonostante i frati gli chiedessero di rimanere con loro come religioso, egli, che pur desiderava ardente-mente dedicarsi al servizio del Signore, non accettò la proposta, indotto dal desiderio di una penitenza radicale.

Chiamati il padre e la madre, chiese che lo accompagnassero in un pellegrinaggio ad Assisi. Fu un’esperienza religiosa decisiva per la sua vita. Oltre a soddisfare la devo-zione al santo patrono del quale portava il nome, il viaggio fu una vera ricerca voca-zionale e fu determinante, ai fini della futu-ra scelta di vita, la visita ad alcuni romitori, incontrati lungo la strada percorsa, e i col-loqui avuti con gli eremiti che lì vivevano. Quando ritornò a Paola, Francesco scelse di ritirarsi a vita eremitica in un podere messo a disposizione dai genitori e da alcuni pa-renti. La sua vita eremitica si modellò da una parte sull’esempio di radicalità evangelica di san Francesco d’Assisi e dall’altra sull’espe-rienza di vita anacoretica dei molti mona-ci orientali che da diversi secoli vivevano in Calabria. Tutto questo avveniva quando Francesco aveva sedici anni.

Nonostante avesse scelto la solitudine

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dell’eremo per pregare e vivere dell’essen-ziale, la fama della sua virtù si diffuse ve-locemente e numerosi giovani accorsero a lui per imitarlo. Con loro diede origine alla congregazione degli «Eremiti di san France-sco». I suoi seguaci vennero da lui educati alla classica vita eremitica: lavoro e preghie-ra, ma con una caratteristica particolare: quella della continua Quaresima.

Perché il giovane eremita scelse la vi-ta quaresimale, con i suoi digiuni e la sua astinenza dalla carne e i suoi derivati? Per comprendere questa scelta, occorre tratteg-giare l’ambiente ecclesiale del XV secolo, ca-ratterizzato da una forte mondanizzazione della Chiesa. Dal punto di vista religioso il Quattrocento presenta luci e ombre, forme mondane di vita e correnti devote. È segna-to soprattutto da un’ansia di riforma; se da una parte questo desiderio attaccò la Chie-sa sul fronte della povertà e della semplicità evangelica, in modo particolare attraverso alcuni movimenti ereticali, come i Fraticel-li, dall’altra questo monito di rinnovamen-to evangelico si tradusse, nel contesto della vita religiosa, nei movimenti di Osservan-za, in modo particolare tra i francescani e

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i domenicani. Questi tentativi riformistici dovevano arginare la grave crisi, popolare e istituzionale, attraversata dalla Chiesa, che aveva ceduto alla tentazione della mondani-tà e della secolarizzazione, portate in grem-bo dalla cultura rinascimentale.

L’esperienza religiosa di san Francesco da Paola rappresenta una reazione a tale pro-cesso di mondanizzazione. Uno dei precetti previsti dalla Chiesa, a cui erano tenuti sia i religiosi di rito latino che quelli di rito orien-tale, era quello dell’osservanza della peniten-za durante la Quaresima e negli altri giorni indicati nel calendario delle festività cristia-ne. Questi tempi penitenziali prevedevano l’astinenza dalla carne e dai suoi derivati, co-me ascesi di conversione. Poiché si trattava di un regime molto austero da mantenere, numerosi ordini religiosi chiesero alla Santa Sede dispense per essere sottratti dal rigore penitenziale, la quale fu subito pronta a ri-lasciarle.

In questo disimpegno nel vivere la vita quaresimale Francesco vide un segno della mondanizzazione della Chiesa: anche in chi – come i religiosi – doveva rappresentare in modo particolare il Vangelo agli occhi della

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gente si era perso lo spirito di sacrificio e di dedizione. Francesco, in questo contesto di lassismo spirituale, decise di assumere pro-prio la vita quaresimale come segno pubbli-co e personale di conversione e di riforma interiore, e come stimolo a un Cristianesi-mo vissuto con maggiore impegno e serietà.

I frutti del radicalismo evangelico non tardarono ad arrivare. L’aumento del nume-ro degli eremiti crebbe sempre più attorno a Francesco, attirando l’attenzione della Chie-sa. Il movimento non poté essere ignorato. Nel 1452 il nuovo arcivescovo di Cosenza, monsignor Pirro Caracciolo, diede avvio al riconoscimento giuridico della nascente congregazione eremitica.

All’eremo furono ferventi i lavori guida-ti dallo stesso Francesco, che ne fu l’anima, mescolandosi tra gli operai e lavorando sodo come uno di loro: spaccò pietre nel fiume, raccolse la legna nei boschi, trasportò ma-teriale da costruzione, coltivò l’orto, senza tuttavia trascurare l’apostolato di accoglien-za di quanti accorrevano a lui mossi da mille bisogni. Allo stesso modo non mancò mai di predicare il Vangelo, sottolineando la neces-sità della conversione del cuore, del ritorno a

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Dio e di una vita vissuta all’insegna del timor di Dio e dell’osservanza dei comandamenti.

Lo stile della sua vita povera e peniten-te richiamava molto da vicino quello vis-suto dai Fraticelli, movimento eterodosso originato dall’Osservanza francescana. Ciò bastò a destare la preoccupazione della San-ta Sede, la quale inviò nel 1467 un visitato-re apostolico nella persona di Baldassarre de Gutrossis, esperto di diritto canonico e personaggio molto influente nella Curia ro-mana. Costui si recò a Paola e, incontrando Francesco, lo rimproverò per il suo stile di vita; a suo giudizio, era impossibile che fosse osservato da tutte le persone che volevano seguirlo. Francesco, per dimostrare la pos-sibilità di quanto proponeva, prese del fuo-co tra le mani e disse: «A chi ama Dio, tutto è possibile». Il monsignore si inginocchiò nell’atto di baciargli la mano, ma Francesco lo alzò rivelandogli il numero di anni del suo sacerdozio. Il nunzio rimase affascina-to dall’eremita e, ritornando a Roma, chiese la dispensa al papa per aggregarsi al nuovo movimento paolano.

L’arcivescovo Pirro Caracciolo, nel 1470, con il diploma Decet nos concesse l’appro-

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vazione alla congregazione eremitica che il Paolano dedicò a san Francesco d’Assisi, po-nendola alle dirette dipendenze della Santa Sede. Sisto IV nel 1474 l’approvò definitiva-mente con la costituzione Sedes apostolica.

L’approvazione del movimento eremitico di Paola diede un nuovo impulso e creò una svolta nella vita di Francesco. La fama del-la sua santità si diffuse in tutto il Regno di Napoli. La gente non si limitava ad andare a Paola, ma invitava Francesco a recarsi nei paesi per fondare nuovi romitori.

Cominciarono così i viaggi dell’eremita per la Calabria: a Paterno Calabro, a Spez-zano della Sila, a Corigliano Calabro, dove fondò altri romitori abitati dai suoi seguaci. Ovunque andasse si ripetevano l’entusia-smo e la collaborazione della gente, i mira-coli a beneficio di malati e di bisognosi in ge-nere, l’opera sociale e religiosa, l’apostolato di conversione. Dopo i conventi di Calabria, san Francesco, per rispondere alla richiesta della gente di Milazzo, si recò in Sicilia. An-che in questo caso non mancarono i prodigi, come il passaggio dello Stretto sul suo man-tello, dalla sponda di Catona, vicino a Villa San Giovanni, fino a Messina.

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Nel 1482, mentre il Paolano si trovava in Sicilia, accadde un fatto nuovo, che ri-voluzionò la sua vita. Venne chiamato alla corte di Luigi XI, re di Francia, per guarire il sovrano dalla grave malattia che lo stava conducendo alla morte. Dopo un primo pe-riodo di esitazione, il 2 febbraio 1483, Fran-cesco partì alla volta della Francia.

Luigi XI desiderava ardentemente il mira-colo della guarigione, e ogni giorno si recava nella cella del santo per chiedere la grazia di non morire. Francesco però sapeva che nel progetto di Dio non era la sua guarigione fisi-ca bensì quella interiore. Il re, non vedendosi guarito, dapprima fu diffidente ma, osser-vando la santità di vita di Francesco, divenne sostenitore entusiasta dell’eremita. Scrisse in suo favore al papa, che con un breve ponti-ficio, datato 5 agosto 1483, confermò l’opera che il frate calabrese aveva iniziato. Luigi XI, accompagnato spiritualmente da Francesco, accettò cristianamente la morte, che arrivò il 30 agosto 1483, chiudendo un felice periodo di intense relazioni intercorse fra il sovrano e il pontefice Sisto IV.

Francesco promise a Luigi XI morente di rimanere al fianco del delfino Carlo fino al

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raggiungimento dell’età prevista per salire al trono, e così fece. Divenuto re, anche Carlo VIII protesse e fu pieno di ammirazione nei confronti dell’eremita. Ricevette da lui inco-raggiamenti per lavorare alla riforma della Chiesa e lo sostenne col consiglio nella sua azione politica. A sua volta, dal re France-sco ricevette in dono un terreno a Plessis-lez-Tours, per costruire un nuovo eremo. Grazie all’interessamento del sovrano verso la nuova congregazione per l’approvazione di una nuova Regola, il 23 marzo 1486, In-nocenzo VIII, con la bolla Pastor officium, confermava la congregazione eremitica.

Durante la permanenza di Francesco in Francia nacque l’Ordine dei Minimi. All’ini-zio era composto di soli frati, il Primo Or-dine, poi a essi si aggiunse il Terzo Ordine (1501), il movimento laicale, che si collocò nella scia dei movimenti penitenziali laicali del Medioevo e come questi propose il rin-novamento di vita. Nel 1506 si aggiunse uf-ficialmente il Secondo Ordine, le claustrali, che professano la stessa Regola dei frati con l’aggiunta della clausura perpetua. Istituen-do l’Ordine dei Minimi, san Francesco diede un contributo importante alla riforma della

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Chiesa, ponendosi nel contesto di riforma dal basso.

L’Ordine dei Minimi si caratterizzò co-me movimento penitenziale, riproponendo l’austerità classica dell’astinenza quaresima-le dalla carne e dai derivati per tutta la vita, dentro e fuori il convento. Di questa asti-nenza praticata fece un voto, pari agli altri dello stato religioso, e lo prescrisse ai frati e alle monache, mentre ai terziari la propo-se come scelta libera. Abbracciando la vita quaresimale, san Francesco non propose solo l’astinenza, ma tutto il patrimonio spi-rituale che la Chiesa vive in questo tempo liturgico, quindi anche la dimensione con-templativa (preghiera e ascolto della Parola di Dio) e quella caritativa (la pratica delle opere di misericordia corporale).

La morte arrivò, certamente attesa da tempo. Fu un’eccezione per quell’epoca una vita così lunga: novantuno anni. Quan-do giunse, egli era nel pieno delle sue forze mentali e fisiche, anche se, queste ultime, erano quelle di un vecchio.

Egli era più che mai impegnato nella gui-da dell’Ordine. La malattia lo colse la Dome-nica delle Palme, il 28 marzo 1507, con una

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febbre insistente, che si andò aggravando durante la Settimana Santa, ma che non gli impedì di recarsi da solo in chiesa il giovedì per ascoltare la Messa in Coena Domini e ri-cevere la comunione tra le lacrime. Si ritirò in camera, dove il venerdì mattina convocò tutti i religiosi del convento, come era solito fare alla vigilia dei giorni di festa. Li esortò a osservare la Regola, alla carità scambievole e soprattutto all’osservanza del voto di vita quaresimale.

Mentre parlava, il supporto ove poggia-va un braciere arroventato prese fuoco. In-tanto che si correva di qua e di là per evi-tare l’incendio e trovare un altro supporto, Francesco prese il braciere tra le mani e dis-se: «Come io posso tenere in mano questo braciere senza bruciarmi, così voi potrete osservare quello che vi propongo nella Re-gola, se amate veramente Dio». Poi, dopo aver designato il suo successore nel governo dell’Ordine, si fece leggere la Passione del Signore secondo san Giovanni, si asperse più volte con l’acqua benedetta, guardando ripetutamente verso il crocifisso. Poco pri-ma di spirare pronunciò l’ultima preghiera: «O Signore Gesù Cristo, buon pastore del-

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le anime nostre, conserva i giusti, converti i peccatori, porta in cielo le anime dei defunti e sii propizio a me miserabilissimo peccato-re». E così spirò; erano le dieci del mattino del 2 aprile 1507, Venerdì Santo.

La fama di santo che circondava san Francesco trovò subito sbocco nel culto po-polare che si diffuse dopo la sua morte. La canonizzazione, che avvenne nella basilica di San Pietro il 1o maggio 1519, diede grande impulso alla devozione verso il santo; molte città, come Napoli e Torino, ne chiesero il patronato. Una di queste forme di devozio-ne è quella che da sempre gli ha tributato la gente di mare. Per i tanti prodigi operati sul mare a beneficio di quanti lavorano su di es-so, ma soprattutto per il prodigioso passag-gio dello Stretto di Messina sul suo mantel-lo, san Francesco da Paola è stato dichiarato da Pio XII, il 27 marzo 1943, patrono della gente di mare italiana. Dal 1736 una grande scultura marmorea di san Francesco da Pa-ola, opera di Giovanbattista Maini, campeg-gia nella navata centrale della basilica di San Pietro in Vaticano. San Francesco da Paola è stato scelto – assieme ad altri santi come san Filippo Neri, sant’Ignazio di Loyola, san

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Giovanni di Dio, santa Teresa d’Avila  – in quanto fondatore di un ordine religioso ri-formato subito prima il Concilio di Trento. È il riconoscimento che l’asceta calabrese è tra quei santi che hanno contribuito, con la loro spiritualità, al rinnovamento della Chiesa.

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