Crisi degli alloggi in Affrica?

4
Crisi degli alloggi in Affrica? Author(s): MARIO COLOMBO Source: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Anno 5, No. 10 (Ottobre 1950), pp. 232-233 Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40761584 . Accessed: 14/06/2014 18:09 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.118 on Sat, 14 Jun 2014 18:09:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

Transcript of Crisi degli alloggi in Affrica?

Page 1: Crisi degli alloggi in Affrica?

Crisi degli alloggi in Affrica?Author(s): MARIO COLOMBOSource: Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africae l’Oriente, Anno 5, No. 10 (Ottobre 1950), pp. 232-233Published by: Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO)Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40761584 .

Accessed: 14/06/2014 18:09

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extendaccess to Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.118 on Sat, 14 Jun 2014 18:09:08 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Crisi degli alloggi in Affrica?

232 AFFRICA

H li alloggi in iita? Potrà sembrare, quella della crisi degli alloggi in Affrica, una questione di dettaglio: eppure essa è il termometro sensibilissimo di una situazione po-

litica, sociale ed economica.

di MARIO COLOMBO

Ma possibile, con la crisi degli alloggi perdurante in

Italia, che si pensi e si parli della crisi degli alloggi in Affrica?

Possibile, poi, che esista in Affrica una « crisi degli al-

loggi »? Ebbene, non solo la « crisi degli alloggi » affligge pa-

recchi territori affricani, ma, là dove essa esiste, è grave ed urgente, e costituisce uno dei primi sintomi di una più vasta crisi della vita civile.

Che poi il problema possa avere un effettivo interesse anche per noi italiani apparirà dal fatto che - da un lato - più di un costruttore italiano è impegnato in programmi edilizi affricani e - dall'altro - che la crisi tocca, anche se in forma meno urgente che altrove, la nostra stessa amministrazione fiduciaria in Somalia.

Lungi da noi l'idea di approfondire il problema! Vor- remmo soltanto esaminarne qualche aspetto particolare. Ed è naturale che, per far questo, ci rifacciamo a quel territorio affricano dove i vari aspetti della «crisi degli alloggi» sono più esasperati, e quindi più evidenti: il Sud Africa.

Come in tutti gli altri territori affricani che soffrono di crisi degli alloggi, anche nel Sud Africa la crisi è de- terminata dall'inurbamento dei nativi, cioè da un fattore economico e politico ad un tempo. Ma, nel Sud Africa, essa è aggravata da altri fattori: un fattore politico, rap- presentato dal programma governativo di segregazione raz- ziale o Apartheid; un fattore sociale, rappresentato dall'au- mento delle nascite fra i nativi inurbati; un fattore ammi- nistrativo, rappresentato dalle divergenze programmatiche fra le autorità governative e le autorità comunali; e infine un fattore economico, che esamineremo meglio in seguito.

Ne è da pensarsi che la crisi investa soltanto la popo- lazione nativa o non europea, perche, stando a quanto ri- leva Alexander Campbell in un articolo sulla rivista « Afri' can World », nella sola Johannesburg ben 8.000 famiglie bianche non riescono a trovare una sistemazione decente.

Johannesburg, il maggior centro minerario ed industriale del Sud Africa, ne è anche, con i suoi 600.000 abitanti, la città più popolosa e il più grosso agglomerato nativo, poi- ché ospita la massa operaia indigena dei cantieri minerari ed industriali della zona.

Il problema dell'alloggiamento di questa massa operaia nativa aveva allarmato le autorità locali già nel 1939: nei popolarissimi e popolosissimi quartieri di Newclare e So- phiatown i nativi, i meticci e gli asiatici vivevano affollati in luride catapecchie, in condizioni di indicibile promi- scuità e miseria.

Ovvie considerazioni igieniche, sociali ed umane impo- nevano una rapida soluzione del problema, e le autorità comunali se ne preoccuparono; ma commisero un primo errore, un errore di valutazione: scartarono le soluzioni provvisorie o semplicemente graduali e mirarono dritto alla costruzione di alloggi « tipo », che, per condizione di ca- pitolato, dovevano comprendere due camere da letto, una camera di soggiorno, una cucina adeguatamente attrezzata e acqua corrente. « Dagli slums alle reggie », come ebbe a dire un funzionario dell'Unione.

E poiché il concorso governativo alla costruzione di tali « alloggi tipo » era previso in sole 15 sterline, e quello comunale in 9 sterline, e tutta la rimanente parte avrebbe dovuto gravare - magari in forma rateizzata - sui magri stipendi dei lavoratori nativi, le casette tipo non sorsero.

Venne la guerra, e con la guerra lo sbalzo dell'industria- lizzazione, e con questo lo sbalzo dell'inurbamento dei na- tivi. La già satura popolazione di Johannesburg aumentò, fra il 1939 ed il 1945, di ben 18.000 famiglie. E' istruttivo, a questo proposito, un raffronto fra Faumento della popola- zione - a seconda della provenienza - verificatosi in questi sei anni in tutto il territorio dell'Unione, e quello verificatosi nella sola Johannesburg:

Nell'intero terri- Nella sola torio delVUnione Johannesburg

Europei . 16 % 30 % Nativi negri . 15% 72% Nativi meticci . 15 % 32 % Asiatici . . 22% 73%

II problema degli alloggi divenne quindi, in Johannes- burg, impressionante. Nel 1948 l'amministrazione comunale calcolava che ben 60.000 famiglie avessero bisogno urgente di sistemazione: da allora gli alloggi costruiti sono stati 5.356, meno di un decimo del fabbisogno.

E si pensi che fin dal 1944 l'amministrazione comunale s'era trovata di fronte alla catastrofe della occupazione abu- siva di terreni fabbricabili da parte dei senza tetto. Sui terreni già lottizzati e delimitati erano sorte, senza che le autorità potessero mettervi riparo, tendopoli provvisorie. L'unico provvedimento che le autorità avevano potuto pren- dere era stato quello di provvedere quei caotici agglome- rati umani del servizio idrico e dei servizi igienici più indispensabili. E' facile immaginare come questi agglome- rati divenissero in breve ricettacoli della malavita: uno di essi, il cosidetto « Campo Tobruk », fu tristemente famoso per episodi di delinquenza e di disordina, che richiesero, nel 1947, l'impiego di ben 1200 agenti di polizia.

Appunto in conseguenza di tali fatti il Comune predi- spose in gran fretta un « campo di emergenza » nel sob- borgo di Moroka: le aree fabbricabili vennero divise in piccoli lotti ed assegnate a famiglie di senza tetto, con l'ob-

bligo per ciascuna di costruirvisi la propria baracca di fango, con copertura di lamiera fornita dal Comune stesso, il quale provvide altresì alla costruzione delle fontane e dei lavatoi pubblici, di scuole e di un asilo per i bimbi delle operaie.

Il campo di emergenza di Moroka era destinato, come s'è detto, allo sgombero delle tendopoli provvisorie, ma subito esso fu preso d'assalto anche dagli abitanti degli slums di Newclare e di Sophiatown, i cui inquilini pagavano spesso affìtti o subaffìtti esosi ai proprietari o agli affìttuari (i quali, occorre dirlo, erano in rarissimi casi europei), per occupare un breve spazio di pavimento mal protetto da coperture e infìssi sconquassati, sul quale dovevano man- giare e dormire. E non parliamo dei servizi igienici, che, quando esistevano, erano assolutamente primitivi.

Sic stantibus rebus, che cosa hanno fatto le autorità go- vernative e comunali per risolvere il problema?

Il problema incontra tre gravi difficoltà, di tre ordini diversi: politico, finanziario e tecnico.

Politico: la costruzione degli alloggi deve essere in- quadrata nella politica dell'Apartheid. Finanziario: i con- tributi che Comune e Governo possono dare sono necessa- riamente limitati, e limitate sono le paghe operaie, sulle quali dovrebbe ricadere la maggior parte dell'onere. Tecni- co: le costruzioni non possono essere abbandonate alla direzione dei nativi; occorrono la direzione e l'assistenza tecnica europee.

La necessità dell'intervento direttivo e tecnico europeo è ovvia, anche se il nativo la pensa diversamente. Infatti,

This content downloaded from 188.72.126.118 on Sat, 14 Jun 2014 18:09:08 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Crisi degli alloggi in Affrica?

Opera di italiani è il più grande fabbricato del- l'Africa Orientale Britannica, il « Kingsway Sto- res » di Lagos, nella Nigeria (vedasi a pag. 238).

Casette d'alloggio per minatori indigeni nel re- cinto della miniera d'oro del Witwatersrand, nel

Sud- Africa (vedasi a pag. 232).

Non è una città del Nord America. E' Johannesburg, la città aff ricana che attraversa la più grave crisi d'alloggi. Ecco il centro affari della città, incuneatosi fra i detriti delle miniere aurifere.

This content downloaded from 188.72.126.118 on Sat, 14 Jun 2014 18:09:08 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Crisi degli alloggi in Affrica?

AFFRICA 233

da un'inchiesta sommaria condotta a Johannesburg, par- rebbe che la maggior parte dei nativi siano nettamente propensi per l'assegnazione di lotti di terreno, sui quali gli interessati stessi possano, nelle ore libere dal lavoro, costruirsi a loro piacimento, con materiali anticipati dal Comune, il loro abituro. Un tale sistema imporrebbe un meccanismo di controllo assai gravoso e metterebbe il € costruttore » di fronte a problemi tecnici e artistici - connessi con un indispensabile piano regolatore - che diffìcilmente egli potrebbe risolvere da solo.

L'aspetto politico contiene le note difficoltà intrinse- che: la segregazione delle razze è incompatibile con la necessità economica della loro collaborazione, lo sfolla- mento delle città è incompatibile con le esigenze dello sviluppo industriale del paese: sviluppo industriale, si noti bene, che il dopoguerra non ha rallentato.

A queste difficoltà si aggiunga l'urgenza di risolvere il problema.

Cosa hanno fatto, dunque, le autorità governative e co- munali per risolverlo? Hanno ingrandito e migliorato via via il campo di emergenza di Moroka, sostituendo gradual- mente le baracche di fango con costruzioni economiche in muratura; hanno fatto l'esperimento delle case prefabbri- cate; hanno steso un progetto finanziario di costruzioni.

Le case prefabbricate furono commissionate nel 1948: 1700 palazzine di tre appartamenti ciascuna, ad elementi di cemento ed acciaio. Il blocco sta per essere ultimato nel quartiere di Klipspruit e permetterà la sistemazione di altre 5000 famiglie. Ne rimangono più di 50.000 da siste- mare.

Non par possibile di continuare col sistema delle casette prefabbricate, che, se ha risposto ad una delle esigenze fondamentali - l'urgenza - contrasta però con le esi- genze economiche, in quanto ogni casetta è venuta a co- stare 1020 sterline, cioè 340 sterline per appartamento, delle quali soltanto 24 a carico dell'amministrazione cen- trale e comunale.

Necessità quindi di abbandonare il programma di co- struzioni di tipo medio, per ripiegare sulle costruzioni economiche.

L'attuale programma finanziario del Governo dell'Unio- ne, orientato sui principi politici dell'Apartheid, prevede- rebbe d'altra parte lo stanziamento di 18 milioni di ster- line per permettere lo sfollamento di 25-30.000 famiglie dai quartieri di Newclare e di Sophiatown.

Un simile stanziamento parrebbe largamente sufficiente. Richiamiamoci, infatti, alla spesa incontrata per sistemare 5000 famiglie nelle case prefabbricate del quartiere di Klips- pruit: 1700 casette, al costo unitario di 1020 sterline, fanno una spesa globale di 1.734.000 sterline. Su tale base, 18 milioni di sterline dovrebbero bastare a dare alloggio a 51.500 famiglie in case prefabbricate dello stesso tipo.

Bisogna tuttavia tener conto che, oggi, con 1020 ster- line non si costruisce più la casa che, con la stessa somma, si poteva costruire nel 1948.

Ma questo è un semplice progetto finanziario; e intanto la crisi perdura.

Certo chi esamini lo sviluppo del problema sudafricano degli alloggi dal 1939 ad oggi non può non pensare come, anche in aspetti affatto particolari, quale è quello dell'al- loggiamento dei nativi nelle città, incidano in senso ne- gativo le « considerazioni politiche » o, più genericamente, i € moventi ideologici ».

Moventi ideologici e considerazioni politiche appaiono come gli ostacoli primi alla soluzione non solo della... crisi degli alloggi, ma altresì della più vasta crisi sociale che agita l'Affrica.

E la mente non può non riandare all'opera lenta, gra- duale, positiva che taluni popoli europei andavano via via svolgendo in taluni territori affricani, ad implicito beneficio anche dei nativi. Era un passaggio graduale dalla sporcizia alla pulizia, dall'inciviltà alla civiltà, che pur rispettava la tradizione dei nativi, cioè l'elemento che da stabilità e coesione alla vita degli individui e delle collettività.

La amia notte li Uebl l'ippolai

Nella notte carica di stelle e di sentóri la rete del destino si chiude su Uebi, il cucciolo d'ippopotamo. Nessuno zoo del mondo ignora il valore della fauna somala, che nulla ha da invidiare a quella del Kenya

e del Nyassaland.

di GUIDO LVSINI

Per tutta una settimana Uebi è stato bizzoso, irascibile. Evidentemente il brusco passaggio da una vita condotta

in completa libertà, fra l'intrico della boscaglia ed il vo- luttuoso diguazzare nel fiume, all'esistenza obbligata fra un gabbione ed una vasca poco più grande d'una tinozza, ha inciso sul suo umore; la sua aggressività, i mugolìi aspri, le sbuffate rabbiose non appena una mano si tenda per la carezza, sanno chiaramente di protesta e di rancore verso chi. pur circuendolo di attenzioni, lo ha prima reso orfano e poi catturato per consentire allo Zoo di Rio de Janeiro di arric- chirsi di un esemplare della fauna somala, che è una delle più ricche e varie dell'Africa.

Ma dopo una diecina di giorni Uebi - battezzato così dal nome del fiume, sua culla e suo paradiso - ha finito per adattarsi alla nuova situazione, facendosi arrendevole, conci- liante, placido. Interrotto lo sciopero della fame, ha comin- ciato a gustare qualche litro di latte, passando poi ai pastoni di semola e di mais triturato, che in seguito ha ripudiati per far festa alle montagnole d'erba fresca, a loro volta disprez- zate al cospetto degli spinaci, della zucca cotta e delle patate bollite, il tutto digrumato in ragione di venti chili sulle ven- tiquattr'ore.

Vi piace conoscere i dati principali di Uebi? Eccoli: età anni due, peso circa quattro quintali, altezza alla spalla no- vanta centimetri, lunghezza circa un metro e mezzo. Si tratta, come si vede, di un ippopotamo adolescente.

Ma catturarlo è stato un affare serio. Astuzia, pazienza, tenacia, sangue freddo sono stati posti in gioco senza risparmio, e, prima di poter gridare alla vittoria, si è passati attraverso una serie di sensazioni e di ansie che non sarà facile raccon- tare.

Si ponga mente che il periodo più favorevole per la cattura dell'ippopotamo è quello che intercorre tra la metà di marzo e la metà di maggio, epoca questa in cui l'Uebi Scebèli è in secca e non offre che scarse pozze, più o meno vaste, più o meno profonde, là dove le ripe del fiume sono alte ed il fondo del letto impermeabile e dove i pachidermi convergono per godere l'acqua, loro elemento preferito. Quan- do la corrente del fiume rotola giù lungo tutto il corso la cattura è impossibile, perché raramente l'ippopotamo abban- dona l'acqua dove vagola instancabilmente per ore ed ore, ed anche vi dorme appoggiandosi sui bassifondi. Se dall'acqua esce, è solo per portarsi sulle sponde e nei pressi a cercare cibo fra la vegetazione, subito ritornando nella ospitale cor- rente.

In periodo di secca, invece, l'ippopotamo conduce una vita del tutto diversa: di giorno s'annida nel fitto della bo- scaglia, abbandonandosi a lunghe dormite; di notte cerca il pascolo e le pozze d'acqua: qui l'uomo può stringerlo e, traendo vantaggio dalla situazione favorevole, tentarne la cat- tura.

Voglio dire a questo punto che la fauna somala ha preso ad interessare i mercati mondiali, sì da far convergere sulla So- malia molte richieste. Ciò è dovuto a due fattori fondamentali: il prezzo modesto e l'esistenza di esemplari facilmente acclima- tabili e con caratteristiche particolarmente nobili. Ne ha par- lato con grande competenza Ferdinando Ziccardi nel numero 8 di « Affrica » , rilevando la ricca varietà delle specie animali selvatiche e l'abbondante numero degli individui d'ogni sin- gola specie. Il che è sopratutto vero per le antilopl.

Luigi Errico, cacciatore di eccellente nome, con il quale ho partecipato alla cattura di Uebi, me ne ha fornite le prove sulla base delle richieste che lo assillano e che con grande fatica può assolvere. Se l'amministrazione italiana asseconderà

This content downloaded from 188.72.126.118 on Sat, 14 Jun 2014 18:09:08 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions