CESE E BERISSO, STORIA DI UNA FRATELLANZA · rafforzato con il gemellaggio formale tra il nostro...

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Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi Anno VIII – 2 a Edizione speciale - 29 Dicembre 2013 Roberto Cipollone CESE E BERISSO, STORIA DI UNA FRATELLANZA «Non so come si possano spiegare certe cose. È stato come se la Madonna di Cese mi avesse ispirato questo desiderio, e io l’ho sentito crescere in me. È stata una gioia grande poter portare l’immagine della Madonna ai nostri compaesani emigrati in Argentina. Un’emozione immensa». “Nunziatina” Guidoni racconta così l’inizio di quel percorso di fratellanza tra Cese e Berisso che oggi compie vent’anni. Il 19 dicembre 1993, la replica della Madonna di Cese realizzata da Mario Petracca partiva per l’Argentina, per portare ai nostri conterranei il messaggio di vicinanza dell’intera popolazione di Cese. E quale icona, se non la “nostra” Madonna, poteva caricarsi sulle spalle tutte le emozioni, il comune sentire, il desiderio di fratellanza che fa da ponte tra queste due anime della stessa comunità? Il simbolo della storia cesense, l’effige di un’unione reale, autentica, profonda; le fondamenta di una casa che non può avere confini di spazio né di tempo. Sotto la materna protezione della Madonna di Cese, venti anni fa iniziava un percorso comune che si sarebbe rafforzato con il gemellaggio formale tra il nostro paese e la città di Berisso. Una comunione che oggi si rinnova riscoprendosi salda, radicata, scavata nel solco di un viaggio che la memoria ha ceduto al cuore, perché non si dimentichi chi siamo stati, e con quanta forza siamo passati sui nostri anni. Quelli che riportiamo di seguito sono alcuni dei documenti più importanti di questa bella storia. LETTERA DEL PARROCO ARGENTINO A DON ANGELO LEONETTI, PARROCO DI CESE Parrocchia Santa Maria Ausiliatrice - 19 dicembre 1993 Al Signor Parroco di Cese Mi rivolgo a Lei per dimostrarle quanto mia è gradita la bellissima Immagine della Vostra Madre che è venuta a rallegrare, per suo consenso, questa nostra parrocchia che ha molti vostri parrocchiani venuti qui negli anni lontani e che con tanto amore è stata accolta da me e dai parrocchiani argentini e cesaroli. Desidero che la Santissima Vergine di Cese aiuti e protegga sempre i vostri compaesani ma anche tutta la nostra parrocchia, per sua intercessione e possa ricevere e dare tante benedizioni a noi tutti. Dall’Argentina, riceva lei e la sua comunità un caro saluto ed un fraterno abbraccio da me e da tutta la mia comunità parrocchiale. Grazie, grazie, grazie. Dal Parroco Julio Santurio APPUNTI DI “NUNZIATINA” GUIDONI SUL GEMELLAGGIO CESE/BERISSO In seguito all’arrivo della Madonna di Cese, il 19/12/1993 in Argentina, i nostri compaesani lì residenti decisero di fare un gemellaggio con la loro Madonna di Lujan, patrona dell’America Latina. Il 24 giugno del 1996, alcuni nostri compaesani argentini: Loreta, Evaristo, Carminella, Angela e il marito Giuseppe, con il loro sindaco Nestor Kuzwa, portarono a Cese la Madonna di Lujan, una piccola statua di 55 cm che è stata accolta dal nostro paese con gran festa, alla presenza del Parroco Don Angelo Leonetti, il sindaco Spallone, la Comunità montana di Avezzano, altre personalità e molti del paese di Cese. Sono stati fatti i patti del gemellaggio con scambi di doni e festeggiamenti, con la banda di Cese e con battiti di mani. La piccola statua è venerata nella chiesa di Cese, posta su una colonna di marmo e chiusa in una campana di vetro.

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Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi

Anno VIII – 2a Edizione speciale - 29 Dicembre 2013

Roberto Cipollone

CESE E BERISSO, STORIA DI UNA FRATELLANZA

«Non so come si possano spiegare certe cose. È stato come se la Madonna di Cese mi avesse ispirato questo desiderio, e io l’ho sentito crescere in me. È stata una gioia grande poter portare l’immagine della Madonna ai nostri compaesani emigrati in Argentina. Un’emozione immensa». “Nunziatina” Guidoni racconta così l’inizio di quel percorso di fratellanza tra Cese e Berisso che oggi compie vent’anni. Il 19 dicembre 1993, la replica della Madonna di Cese realizzata da Mario Petracca partiva per l’Argentina, per portare ai nostri conterranei il messaggio di vicinanza dell’intera popolazione di Cese. E quale icona, se non la “nostra” Madonna, poteva caricarsi sulle spalle tutte le emozioni, il comune sentire, il desiderio di fratellanza che fa da ponte tra queste due anime della stessa comunità? Il simbolo della storia cesense, l’effige di un’unione reale, autentica, profonda; le fondamenta di una casa che non può avere confini di spazio né di tempo. Sotto la materna protezione della Madonna di Cese, venti anni fa iniziava un percorso comune che si sarebbe rafforzato con il gemellaggio formale tra il nostro paese e la città di Berisso. Una comunione che oggi si rinnova riscoprendosi salda, radicata, scavata nel solco di un viaggio che la memoria ha ceduto al cuore, perché non si dimentichi chi siamo stati, e con quanta forza siamo passati sui nostri anni.

Quelli che riportiamo di seguito sono alcuni dei documenti più importanti di questa bella storia.

LETTERA DEL PARROCO ARGENTINO A DON ANGELO LEONETTI, PARROCO DI CESE

Parrocchia Santa Maria Ausiliatrice - 19 dicembre 1993 Al Signor Parroco di Cese

Mi rivolgo a Lei per dimostrarle quanto mia è gradita la bellissima Immagine della Vostra Madre che è venuta a rallegrare, per suo consenso, questa nostra parrocchia che ha molti vostri parrocchiani venuti qui negli anni lontani e che con tanto amore è stata accolta da me e dai parrocchiani argentini e cesaroli. Desidero che la Santissima Vergine di Cese aiuti e protegga sempre i vostri compaesani ma anche tutta la nostra parrocchia, per sua intercessione e possa ricevere e dare tante benedizioni a noi tutti. Dall’Argentina, riceva lei e la sua comunità un caro saluto ed un fraterno abbraccio da me e da tutta la mia comunità parrocchiale.

Grazie, grazie, grazie. Dal Parroco Julio Santurio

APPUNTI DI “NUNZIATINA” GUIDONI SUL GEMELLAGGIO CESE/BERISSO

In seguito all’arrivo della Madonna di Cese, il 19/12/1993 in Argentina, i nostri compaesani lì residenti decisero di fare un gemellaggio con la loro Madonna di Lujan, patrona dell’America Latina. Il 24 giugno del 1996, alcuni nostri compaesani argentini: Loreta, Evaristo, Carminella, Angela e il marito Giuseppe, con il loro sindaco Nestor Kuzwa, portarono a Cese la Madonna di Lujan, una piccola statua di 55 cm che è stata accolta dal nostro paese con gran festa, alla presenza del Parroco Don Angelo Leonetti, il sindaco Spallone, la Comunità montana di Avezzano, altre personalità e molti del paese di Cese. Sono stati fatti i patti del gemellaggio con scambi di doni e festeggiamenti, con la banda di Cese e con battiti di mani. La piccola statua è venerata nella chiesa di Cese, posta su una colonna di marmo e chiusa in una campana di vetro.

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DISCORSO TENUTO IN ARGENTINA DA “NUNZIATINA” GUIDONI IN MARCHIONNI

Miei cari, la Madonna è venuta a trovarvi in Argentina, ma forse finora non è stata con voi ?! No, lei è stata sempre con voi, con noi tutti. Ora però è presente qui con la sua bellezza, e quanto più la cercheremo, tanto più ci farà sentire la sua presenza e la sua protezione. Può sembrare un’esaltazione l’aver pensato di portare l’immagine della Madonna delle Cese qui in Argentina, invece ha una grandissima importanza. Lei è venuta a trovarvi per abbracciarvi, sostenervi in questi tempi così duri, è venuta a portarvi i saluti dei vostri cari lontani, dei vostri amici, di tutto il paese che oggi qui Ella stessa rappresenta. È venuta per fare un vero gemellaggio fra Cese e l’Argentina. Ora non sarete più soli, potrete trovare in Lei gioie grandi. Venite spesso a trovarla, per avere compagnia, per avere conforto e speranza nei momenti di gioia o di dolore. Lei non vi ha mai dimenticati da quando siete partiti, eravate nel profondo del suo cuore di mamma, anche quando sembravate smarriti e soli come emigranti in terre straniere, sconosciute per voi, cresciuti in un paesino solitario. Ma ora è qui e vi porge le mani per esservi di aiuto. È qui per rafforzare la fede a chi ne ha poca, per ridarla a chi ce l’ha spenta ed aumentarla a chi ne ha già tanta. È venuta a portarvi l’affetto dei parenti che lasciaste da tanto; rappresenta i vostri genitori, i nonni, i fratelli, gli amici e i paesani che lasciaste, magari piangendo a malincuore. È qui per fasciare le vostre piaghe. Ora in lei li avete tutti qui vicino nel suo cuore di mamma. Non siate però voi ad abbandonarla, promettetele oggi stesso che verrete spesso a trovarla e che almeno un giorno all’anno farete una festa in suo onore, dedicata tutta a lei, magari che sia lo stesso giorno in cui si festeggia a Cese, ma a questo non devo pensarci io, perché penso che voi, nella grande gioia che avete oggi, farete molto di più. Allora la Madonna sarà ben felice di essere venuta qui fra voi. Se l’amerete molto, vedrete grandi meraviglie nelle vostre famiglie e nei vostri cuori.

Lei è la nostra madre che vuole venirci incontro, vuole aiutarci, vuole essere la nostra compagna di vita in questi tempi di confusione e di scoraggiamento in cui è la sola che può risollevarci. Di che cosa non è capace Lei! Lei sa raddrizzare le nostre sorti disperate, se noi ci affidiamo al suo cuore, sa compiere miracoli quando siamo nell’impotenza. Noi però ricorriamo spesso al suo aiuto con fiducia. E lei che tutto può e tutto dà a chi gli si abbandona, ci aiuterà volentieri e senza riserve. Lei che con Gesù condivide la regalità sulla Chiesa e sul mondo intero. Quante risorse ha il suo seno materno, per il potere che Dio le ha concesso da sempre, ma soprattutto in questi tempi chiamati i tempi di Maria! Lei, l’intermediaria tra Dio e gli uomini, è una mamma che nulla nega ai suoi figli. Perciò affidiamoci al suo aiuto per essere protetti, illuminati e guidati in questi tempi di confusione, in modo che Ella possa agire in noi e darci il suo aiuto. L’arrivo della Madonna in Argentina è capitato nei giorni di Natale, questo ci fa pensare al viaggio di Maria da Nazareth a Betlemme, dove nacque Gesù, quindi è venuta a portarvi Gesù. Questo Natale 1993 resterà sempre nel vostro e nostro ricordo come un anno di grande grazia e misericordia, da ricordare per sempre. La Madonna ci ricolmi tutti di ogni grazia e benedizione, a maggior gloria di Dio. Intanto nel mio grande desiderio, rimane solo la speranza che l’immagine della Madonna delle Cese, qui fra voi, venga molto venerata. Per tutta questa grande gioia mia e vostra ringrazio il Vescovo di Avezzano, Don Angelo e tutta la parrocchia di Cese, Il Vescovo ed il Parroco di questa parrocchia, e voi tutti che accogliete Maria in questa chiesa e nei vostri cuori.

Il Signore ci benedica oggi e sempre. Amen.

ARTICOLO PUBBLICATO SUL GIORNALE DI BERISSO

La comunità cattolica del paese di Cese, Avezzano, provincia dell’Aquila, Italia, residente a Berisso, si è riunita la scorsa domenica per accogliere un quadro dell’immagine della Vergine Maria Stella, Madonna “delle Cese”, patrona del detto paese. Per iniziativa della signora Nunziatina Guidoni, che iniziò la pratica presso l’Arcivescovato (sic) di quel paese, si ottenne che il Santo Padre concedesse il trasporto presso questa città di un quadro, replica della reliquia del 1300 conservata nel Museo del Vaticano (sic), affinché fosse venerato nella chiesa di Maria Ausiliatrice. Si è tenuta una cerimonia religiosa seguita da un gran numero di credenti. Terminata la cerimonia, i presenti (in numero superiore al centinaio) si sono portati presso la Società Italiana di Berisso, dove è stata organizzata un’iniziativa sociale di stampo familiare nella quale non sono mancati i canti, la musica ed i balli tipici, e all’interno della quale è intervenuto il rappresentante di quel paese, dottor Vincenzo Patrizi, con un discorso indirizzato a tutta la comunità di Cese residente a Berisso. Prima di concludere la bella iniziativa, si è realizzato un atto emozionante, con l’accensione di tutte le candele disposte sulle composizioni floreali di tutti i tavoli, con un canto alla Vergine ed un successivo brindisi alla pace ed alla felicità di tutti. Come detto, il quadro è stato accolto dal Parroco della chiesa di Maria Ausiliatrice ed è esposto per la venerazione presso detto tempio.

(Grazie a Mirko Cipollone per la consulenza nella traduzione dallo spagnolo) 2

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DOCUMENTI UFFICIALI DEL GEMELLAGGIO TRA LA COMUNITÀ MONTANA “Marsica 1” E LA CITTÀ DI BERISSO

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA ESECUTIVA COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1 16/5/95 – Oggetto: gemellaggio con Berisso, Capitale provinciale dell’immigrante provincia di Buenos Aires. Presenti Giovanni Venditti, Mario Antonini, Vincenzo Patrizi, Aurelio Maurizi, Giovanni Flamini, Nevio Frezzini, Abramo Frigioni, Luciano De Amicis, Luigi Ciccarelli, Giorgio Blasetti, presidente Pietro Mercuri, segretario Orazio Colangelo.

Premesso

Che la Comunità è interessata a stringere rapporti di gemellaggio con la città di Berisso, provincia di Buenos Aires, Capitale Provinciale dell’immigrante.

Che la città di Berisso ha decretato il 7/7/94 di proporre alla COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1 un gemellaggio per interscambi culturali, religiosi, storici, turistici, economici e sociali

Che nella città di Berisso vivono immigrati e discendenti provenienti dal territorio marsicano

Che il gemellaggio con la città di Berisso, oltre ad avere riflessi positivi sul piano regionale, rappresenta sicuramente un’opportunità di sviluppo socio-economico del territorio della COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1 - In particolare il gemellaggio con la città di Berisso è finalizzato a a) Consolidare l’amicizia e la solidarietà tra le due amministrazioni locali: COMUNITÀ MONTANA

MARSICA 1 e città di Berisso b) Favorire interscambi culturali, sociali, di rispettivo interesse della COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1

e della città di Berisso al fine di mantenere vivo tra le popolazioni discendenti della Marsica il ricordo delle loro origini

c) Facilitare accordi commerciali tra gli operatori economici operanti nella Marsica con quelli operanti nella provincia di Berisso, promuovendo fiere, associazioni commerciali per l’import-export anche al fine di ridare slancio alla piccola-media impresa

d) Realizzare interscambi tra i funzionari della COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1 e della città di Berisso per confrontarsi su modelli di gestione delle amministrazioni locali

e) Favorire l’interscambio tra le popolazioni per far conoscere le ricchezze turistiche del territorio montano della Marsica al fine di ridare vitalità al turismo

Con votazione unanime, viene deliberato di proporre al Consiglio nella sua prossima adunanza il gemellaggio con la città di Berisso (provincia di Buenos Aires) Capitale Provinciale dell’immigrante.

VERBALE DI CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ MONTANA MARSICA 1 Adunanza straordinaria del 4/8/1995 (seconda convocazione) - Oggetto: Gemellaggio con la città di Berisso – Capitale provinciale dell’immigrante – Provincia di Buenos Aires. Presenti: Vincenzo Patrizi, Lino Cipolloni, Modesto Di Stefano, Armando Serafini, Piero Federici, Tangredi Palma, Aurelio Maurizi, Luciano De Amicis, Luigi Ciccarelli, Abramo Frigioni, Nicola Orlando Pisegna, Giovanni Venditti, Ezio Venditti, M. Angela Amiconi (Del.), Filippo Santoponte, Giorgio Blasetti, Felic. Di Giovambattista, Andrea Iadeluca, Massimo Laurenti, Mario Marini, Giovanni Meuti (Del.), Enrico Pendenza (Del.), Mario Antonini, Vincenzo Casale, Giovanni Iacomini, Pietro Mercuri, Luigi Taricone (Del.), Carlo Di Cola, Ilio Leonio, Martorano Di Cesare (Del.), Naldina Di Ponzio. Il Presidente Dr. Pietro Mercuri espone l’argomento, ricordando che esiste agli atti la richiesta della Comunità argentina del Berisso di gemellaggio con la Comunità Montana Marsica 1. In quella comunitò vivono migliaia di emigrati marsicani. Ad alcune richieste dei Consiglieri, precisa che trattasi di un atto di massima, per avviare le autorizzazioni superiori necessarie. Seguirà il programma dettagliato dell’organizzazione e della relativa spesa. Propone che gli aderenti all’iniziativa abbiano a proprio carico le spese di viaggio.

Il Consiglio Vista la proposta di Giunta esecutiva n.155 del 16/5/95 Vista l’importanza dell’iniziativa ed i positivi riflessi a livello economico, sociale e culturale per la Marsica Ritenuto opportuno aderire al gemellaggio promosso dalla città di Berisso

A maggioranza statutaria con voti favorevoli n.29 su 31 presenti e n.30 votanti – Astenuto Ilio Leonio – Contrario Tancredi Palma

Delibera o Il gemellaggio con la città di Berisso (Provincia di Buenos Aires) Capitale Provinciale dell’immigrante,

per le motivazioni riportate in proposta o Di dare atto che il presente provvedimento una volta divenuto esecutivo potrà essere inviato alla

Prefettura di L’Aquila per gli adempimenti di propria competenza per la successiva trasmissione ai Ministri dell’Interno e degli Affari Esteri al fine di assicurare che l’iniziativa intrapresa sia perseguita nell’ambito di un effettivo coordinamento con le competenti autorità statali

o Di imputare la somma complessiva di lire 10.000.000 al Cap. 1179 alla voce “Spese per gemellaggi e scambi culturali nel Mondo”.

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LA MADONNA DELLE CESE E NUESTRA SEÑORA DE LUJÁN CULTO E VENERAZIONE

di Mario Petracca

Le tradizioni popolari mariane nel mondo sono innumerevoli e vivissime. Non c’è giorno che, con l’invocazione a Maria, non si aprano milioni di finestre nel cielo. In Italia, come nell’Argentina di Papa Francesco, la devozione più sentita è indubbiamente quella verso la Madonna. Moltissime sono le basiliche, i santuari e i luoghi di culto a lei dedicati o intitolati. Di certo, nel nostro Paese, se ne possono contare a centinaia, che, nelle diverse peculiarità stilistiche e culturali, arricchiscono e caratterizzano ogni angolo della nostra nazione. Parallelamente, dall’altra parte del mondo, nel tipico stile della cultura sud-americana, le immagini della Vergine segnano gli itinerari di fede dello sconfinato territorio argentino, dove per enorme importanza storica e devozionale, tra le 26 grandi basiliche consacrate alla Madonna, spicca il maestoso Santuario dedicato a “Nuestra Señora de Luján”, patrona dell’Argentina del nostro – possiamo ben dirlo, viste le sue origini - Papa Bergoglio.

La devozione del popolo argentino verso la Madonna di Luján risale al XVII secolo, quando tradizione vuole che intorno al 1630 un’immagine di terracotta della Vergine Maria, proveniente da São Paulo in Brasile, abbia “deciso” (così narra la credenza popolare) di fermarsi a Luján, sulla rive dell’omonimo fiume da cui prese il nome la città, in quel territorio isolato e pianeggiante della sterminata Pampa. È qui che, viste le innumerevoli e sempre più crescenti manifestazioni di devozione e di fede, nel 1890 si diede inizio alla costruzione dell’attuale imponente Santuario dedicato alla Madonna di Luján in stile neo-gotico, consacrato nel 1910, autentico centro mariano del grande Paese sudamericano, sulla cui facciata spiccano le altissime torri campanarie che con i loro 106 metri di altezza svettano su tutta la pianura circostante, quasi come ad indicare simbolicamente che è facile smarrirsi nella dimensione pianeggiante della vita se non si hanno chiari riferimenti che ci mostrano la via che conduce a Dio.

Una particolare menzione merita la cripta, grande come tutta la basilica, dove sono raccolte oltre 60 immagini della Madonna provenienti da tutte le parti del mondo, tra le quali c’è anche la Vergine Consolata di Torino. Una sorta di rappresentazione in chiave mistica del grande paese latino-americano, terra coinvolgente e passionale, ricca di diversità che la caratterizzano nell’equilibrio di razze, culture, tradizioni e sentimenti di cui è impastata.

(continua a pag.5)

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Contrariamente all’imponenza della Basilica, l’immagine della Madonna di Luján è una piccola statuetta in terracotta di 38 centimetri di altezza, che, per la delicatezza della materia di cui è fatta, già da due secoli è stata ricoperta da una lamina d’argento per proteggerla dal deterioramento. La Vergine, in posizione rigidamente eretta sopra una base di nuvole tra le quali spuntano la luna e quattro testoline di angeli, appare avvolta in un mantello azzurro disseminato di stelle, da cui sbucano le mani congiunte in preghiera sul petto. Una “madonnina” di tipico artigianato locale sud-americano, certamente lontana dalla tradizione dell’arte europea, che ogni anno, nel giorno della sua festività principale, l’8 maggio, e nella festa dell’Immacolata Concezione, dell’8 dicembre, accoglie milioni di pellegrini, che si riconoscono nella semplicità della sua preghiera e nella specificità di essere riconosciuta e venerata quale Santa Vergine che privilegia sempre gli umili e i poveri della storia. Recita l’invocazione: “Ti chiediamo, o madre, di porre fine all'odio, di soffocare le ambizioni eccessive all'origine delle ansie febbrili per i beni materiali e di spargere sulla nostra terra il seme dell'umiltà e della comprensione. Sradica l'erba cattiva della superbia, che nessun Caino possa piantare la sua tenda sulla nostra terra, e che nessun Abele innocente bagni con il suo sangue le nostre strade”.

Semplicità che non ha bisogno di traduzioni, di interpretazioni, e che stupisce, che spiazza complessi pensieri aulici per amore dell’innocente, del puro. Un culto in cui il popolo argentino, si riconosce nella secolare e crescente venerazione che coinvolge annualmente milioni di giovani e di pellegrini di tutte le età, disposti a qualsiasi sacrificio per raggiungere il Santuario di Nostra Signora di Luján e rivolgere a Lei la preghiera e la speranza che portano dentro. Una Madre, quella di Luján, che accoglie, che incontra, come lo stesso popolo argentino, che in lei si riconosce, si fonde, si rappresenta nello stesso spirito dell’accoglienza che, per antonomasia, fa della città di Berisso la “Capitale Provinciale dell’Emigrante”.

Se volessimo dare un senso al destino, potremmo dire che, come le altre Madonne provenienti da tutte le parti del mondo si sono “incontrate” nel Santuario di Luján, segno esemplare che testimonia la molteplicità di culture e di popoli uniti dalla medesima devozione mariana, anche la Madonna di Cese, in un intreccio di suggestive combinazioni, ha finito per incontrarsi con la Vergine di Luján, patrona dell’Argentina. Non lontano dal suo Santuario, infatti, nella città di Berisso, dal 1993 la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice accoglie tra le premurose manifestazioni d’affetto dei nostri emigranti l’immagine della Madonna di Cese. O meglio, per precisazione storica, la copia di essa, in quanto l’originale dell’opera, di chiaro stile gotico, attribuita dal critico Ferdinando Bologna all’artista marsicano Andrea De Litio, è conservata presso il Museo d’Arte Sacra del Castello di Celano.

Se i primi riferimenti alla Madonna di Luján si vuole risalgano circa al 1630, della Madonna di Cese, in tutt’altro contesto storico-artistico, si ha notizia a partire approssimativamente da due secoli prima,volendosi far risalire la datazione della sua esecuzione intorno al 1440. Anche qui, tradizione popolare vorrebbe poi che, in qualche modo, sia stata la Madonna stessa ad indicare in Cese il luogo presso il quale “volersi” fermare. Il seme del culto ben presto si sviluppa, e dalla Marsica, per tutto il territorio d’Abruzzo, molti sono i fedeli che nel corso dei decenni e dei secoli a venire, lungo aspri itinerari di fede, si sono recati in pellegrinaggio nella chiesa di Santa Maria di Cese per venerare la Vergine e invocare la sua intercessione ritenuta miracolosa. A tale proposito, il Febonio nel 1678 testimonia: “collocata sull’altare maggiore della Chiesa di Santa Maria di Cese, in evidente posizione privilegiata, per accogliere fedeli e devoti che, per tre volte nel corso dell’anno, qui si recavano in pellegrinaggio”. Quindi un pellegrinaggio continuo, programmato e scandito nel tempo, che sta ad indicare quale fosse lo stato del radicamento di culto e di venerazione nei confronti della Madonna di Cese che si era consolidato nell’arco di due secoli.

(continua a pag.6)

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Le ulteriori attenzioni nei confronti dell’opera, di cui si ha notizia prima del tragico terremoto del 1915, come l’esistenza di una teca in vetro e argento che la racchiudeva e la proteggeva nell’altare maggiore, rivelano ancora una volta la cura e la devozione che doveva perdurare nei confronti dell’immagine Sacra della Madonna. Immagine che, è concorde opinione di critica, nella sua versione primaria doveva essere rappresentata in trono con il bambino in braccio, prima che il disastroso sisma la riducesse alla sola porzione superiore del capo aureolato e delle spalle..

Oggi, come è noto, per ragioni di conservazione e di sicurezza, la preziosa tavola della Madonna di Cese, relegata a una fruizione più artistica che spirituale, come è nella peculiarità del luogo che la custodisce presso il Museo d’arte Sacra di Celano (e non senza lacerata e sofferta separazione da parte del popolo cesense), appartiene solo idealmente al luogo di culto nativo, dove possiamo affermare essere rimasta per diversi secoli. Nell’abside dietro al coro, infatti, è esposta solo una affettuosa riproduzione attribuita a don Vittorio Braccioni, abate di Cese dal 1921 al 1946. Ma è ancora lì che, nelle espressioni di culto e di venerazione, i fedeli, locali e non, amano e vogliono continuare a collocarla e a invocarla nel rimando alla sua versione originale: verso l’altare della chiesa di Cese a lei dedicata sono indirizzate le loro preghiere più devote, confidati i pensieri più intimi, ricercate le sue preziose carezze per il cuore.

Ed è sempre qui che l’aspettano in tanti nel giorno riservato alla sua festa, che tradizionalmente era l’8 settembre - natività della Vergine - ma che poi, da diversi anni, è stata opportunamente spostata alla domenica della terza decade di agosto. Per concessione dei Beni Culturali, in quella ricorrenza la tavola originale dell’opera, con le dovute precauzioni, esce dal museo d’Arte Sacra di Celano e, per la durata di tutto il rito liturgico, viene restituita all’altare della chiesa Madre di Cese e da qui, dopo la tradizionale “asta”, portata in processione lungo lo storico percorso che si snoda per la via principale del paese (a volte, ahimè - si perdoni per estremo affetto l’appunto - sotto i raggi del sole da cui dovrebbe essere protetta con un apposito baldacchino).

La lunga coda di persone che da sempre si distende dietro l’immagine della Madonna, per quel giorno riconsegnata alla sua antica sacralità, testimonia quanto sia ancora vivo l’affetto e la devozione dei fedeli che, pur lontani, sparsi in varie città d’Italia o di altre nazioni, o diversamente impegnati, cercano di non mancare mai l’appuntamento.

Come per la argentina Madonna di Luján, con i già espressi distinguo artistici e culturali, mi sento in conclusione di poter affermare anche qui che la devozione popolare per la Madre celeste trascende il valore artistico dell’immagine stessa, lo supera nella sua proiezione spirituale per farsi pura rappresentazione del Divino. Così, la pala quattrocentesca della “Madonna delle Cese”, ridotta rovinosamente, ma anche miracolosamente, a frammento, rinasce dalle macerie del terremoto del 1915 nel solo volto, straordinariamente intatto, a restituire forza e speranza ai nostri disperati sopravvissuti. L’amputazione, dunque, non fa venir meno la devozione, anzi la rafforza. Oggi lo sguardo che corre lungo la navata centrale della nostra chiesa di Cese non incontra che la copia del buon Don Vittorio Braccioni, ma, volendo concludere con la bella considerazione di Antonella Saragosa: “Immutata nei secoli, l’espressione dolce e altera, riflessiva e quasi distaccata di questa Vergine “sofisticata”, che per secoli ha ascoltato e forse esaudito le preghiere dei fedeli, continua ad emozionarci ispirando sentimenti che vanno oltre la devozione”.

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I BUOI DI LUJÁN E L’ASINELLO DI CESE: LA SINGOLARE COINCIDENZA

di Mario Petracca

Nella tradizione culturale dei paesi cattolici, spesso la nascita di un culto o di una particolare devozione è legato a racconti e suggestioni popolari che parlano di accadimenti miracolosi o straordinari, che si possono spiegare solo attraverso l’intervento diretto del Divino.

Il luogo del Sacro è più sottratto alle contese terrene se “scelto” per volere sovrumano. Ed è così che il racconto va a radicarsi fortemente in un territorio fino a trasformarsi in credenza - popolare - sul solco del desiderio di tenere vivo il ricordo e con esso il fondamento del culto. Può sembrare banale, ma la favola, nel suo significato non solo di leggenda, è uno strumento potentissimo con cui, spesso, il passato o un insegnamento ci è stato recapitato attraverso i secoli. Quasi una funzione terapeutica del racconto, della fiaba, della tradizione orale, contro il buio dell’oblio e della dimenticanza.

Come spesso capita nello sviluppo del culto mariano, è proprio il racconto che lo introduce, che lo tramanda e lo radica nel profondo, specialmente quando dati reali e fantasia si fondono e si con-fondono. L’edificazione dell’immagine così stratificata, a sua volta, diventa essa stessa narrazione.

Nella nascita del culto della Madonna di Luján, o meglio Nostra Signora di Luján, i dati storici si mischiano con la leggenda. Il racconto parte dal Brasile per percorrere il territorio della Pampa argentina lungo le rive dell’omonimo fiume che diede il nome alla città di Luján. Non è però la narrazione in sé che vogliamo ripercorrere, ma piuttosto l’idea di abbandonarci per un momento nella scia della narrazione. Nel proseguimento del racconto favolistico-popolare, lasciarci suggestionare dalla e dalle coincidenze.

Si diceva della Madonna di Luján. Intorno al 1630 un ricco proprietario terriero portoghese residente in Argentina, ordina dal Brasile due piccole statuette della Vergine. Durante il trasporto per le località argentine di Viejo e Cordoba la carovana tirata da due buoi fa tappa notturna presso il rio Luján. Al mattino, nel ricaricare le merci e riprendere la marcia, leggenda vuole che i buoi non volevano saperne di muoversi. Dopo diversi tentativi di alleggerimento del peso, venne notato che solo allo scaricare di una delle casse che conteneva la Madonna dell’Immacolata Concezione, i buoi riuscivano a riprendere liberamente la marcia. Il fatto fu così interpretato quale segno della “volontà” della Vergine di rimanere in quella terra. Ben presto da lì, sulla traccia dell’evento ritenuto miracoloso, si diffuse ben presto il culto della Madonna di Luján, divenuta poi patrona dell’Argentina e venerata da milioni di Pellegrini che annualmente si recano al suo Santuario.

Al di là dei dati storici, che il susseguirsi dei diversi eventi sismici ha reso alquanto rari e frammentari, tradizione popolare vuole che anche la “Madonna delle Cese” abbia avuto un umile mezzo di trasporto: la groppa di un asino che, arrivato a Cese, vuoi per il peso della tavola o vuoi per chissà quale altra ragione, si arrestò senza che vi fosse alcun modo per fargli proseguire il cammino. Anche in questo caso, gli abitanti del paese vollero leggere nel fatto la volontà divina che la Madonna dovesse fermarsi in quel luogo che divenne poi meta di venerazione di tanti fedeli.

Due racconti di diverse epoche e di diverse latitudini che finiscono per somigliarsi: “i buoi inamovibili” e l’asinello che si “impunta” senza volerne sapere di proseguire. Tutti e due umili animali silenziosi e sottomessi al servizio dell’uomo; tutti e due col carico della Madonna che attraverso loro manifesta la propria “volontà” di rimanere in quei luoghi. I buoi e l’asinello, umili testimoni che ci accompagnano dalla Notte Santa della nascita di Gesù Bambino.

Se anche fosse solo abbandono della ragione alla narrazione modellata intorno alle comunità delle due distinte località, lasciateci credere alla singolare coincidenza di eventi e di incastri che, nella storia della nascita e del ventennale di questo gemellaggio, scaturito dall’arrivo della Madonna delle Cese a Berisso, nell’Argentina di papa Bergoglio, continuano a meravigliarci con disegni a noi sconosciuti.

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L’Argentina: sogno e speranza degli emigranti Fin dalla sua nascita come nazione indipendente, l'Argentina ha attuato una politica di reale incentivo all'immigrazione. La prima legge organica sulla materia è del 1876, sotto il governo di Nicolás Avellaneda. Quel testo, che raccoglieva una serie di disposizioni sull'immigrazione e la colonizzazione, ha avuto una vita estremamente lunga, addirittura fino al 1981 (quando fu abolita dal governo militare del generale Videla), segno che il Paese ha mantenuto nel tempo la propria vocazione all’apertura e all’accoglienza.

Il grande flusso degli italiani ebbe inizio intorno agli anni '30 dell'800 e fu caratterizzato dall'arrivo di emigranti provenienti soprattutto dalle regioni del nord Italia. I primi a giungere sul Rio della Plata furono i liguri che approfittarono delle lunghe tradizioni marinare della loro regione e delle consolidate relazioni commerciali degli armatori genovesi, per formare popolose e fiorenti colonie d’immigrazione. Seguirono, a distanza di pochi anni, piemontesi e lombardi richiamati, anch'essi, dalla favorevole congiuntura economica e dalle ampie possibilità di sviluppo offerte dal paese sudamericano.

Nel 1857 la Società Filantropica d'Immigrazione cominciò a gestire il primo “hotel de inmigrantes”, offrendo alloggio e vitto gratuiti per quattro giorni (diventati otto dal 1864), a coloro che all’arrivo si dichiaravano immigranti (ossia «ogni straniero, lavoratore a giornata, artigiano, industriale, agricoltore o professore, che avendo meno di 60 anni di età e dando prova di buona condotta e di capacità, arrivi in Argentina per stabilirvisi, in nave a vapore o a vela, pagando il biglietto di seconda o di terza classe, o con il biglietto pagato dallo Stato o dalle province o da imprese private di immigrazione e di colonizzazione»).

Secondo le fonti argentine, tra il 1882 ed il 1887 il 70% degli immigranti d'oltremare era rappresentato da italiani. Il primo immigrante registrato è Battista Trovasci, agricoltore, di 49 anni di età, arrivato il 2 gennaio 1882 con il vapore Correbo III proveniente da Genova. Dal 1900, dopo un periodo di calo legato alla crisi sudamericana, i flussi migratori italiani verso l'Argentina ripresero consistenza, raggiungendo proprio nel 1906 il picco massimo (127.348 unità). Il periodo tra il 1901 ed il 1915 è uno dei più discussi per il problema della presenza dell'emigrazione stagionale, costituita da lavoratori che arrivavano verso novembre per partecipare alla raccolta del grano e degli altri cereali nella pampa, e tornare poi in Italia a marzo (erano chiamati per questo “golondrinas”).

Tra le due guerre il flusso migratorio italiano diminuì vistosamente soprattutto perché il regime fascista, da poco al potere, assunse nei confronti dell’emigrazione “incontrollata” un atteggiamento negativo. Nello stesso periodo, in Argentina nacquero grandi istituzioni sportive che divennero importanti fattori di integrazione. Creati da italiani, i due maggiori club di calcio (il Boca Juniors e il River Plate) trovarono un pubblico di tutte le nazionalità, non solo italiana. Nello stesso periodo, le due vie di ascesa sociale per i figli degli immigranti furono l’esercito e la chiesa. Durante la seconda guerra mondiale, la “lobby italiana”, insieme ovviamente ai militari filo-tedeschi, risultò decisiva nella scelta di neutralità dell’Argentina.

Nel secondo dopoguerra il flusso migratorio dall’Italia riprese una certa consistenza. Dal punto di vista dell’integrazione sociale, l’esperienza degli immigrati nel secondo dopoguerra non fu differente da quella che avevano vissuto i loro predecessori nei decenni precedenti. Gli immigranti italiani, anche se in modo diseguale, si integrarono in forma stabile nel sistema occupazionale argentino. Molti facevano parte della classe media locale e ne assunsero gli stili di vita: diventarono proprietari delle loro case; avevano accesso abbastanza semplice alla scuola media e anche all’università, con successo nel commercio, nelle libere professioni e nelle arti. Nel 1958 un italo-argentino, Arturo Frondizi, venne per la prima volta eletto democraticamente alla presidenza del paese. Dopo gli Anni ’50 il processo di integrazione sociale fu più veloce che nei periodi precedenti, grazie al clima democratico nella cultura e nel mondo sociale, caratteristico della società argentina degli anni sessanta. Negli anni Settanta la presenza di italo-argentini ai vertici dello stato non fece più notizia: tra i cinque dittatori militari che occuparono la presidenza, quattro avevano origini italiane: Lanusse, Viola, Galtieri, Bignone. “Gli italiani”, scrive F. Devoto, “erano troppo numerosi per non essere presenti in tutti gli spazi e in tutti i ceti sociali… Quasi tutto in Argentina può essere collegato agli italiani”.

Dai censimenti argentini, si evince che nel 1869 gli italiani erano il 4% del totale della popolazione residente; nel 1895 il 12,5%; nel 1914 il 12%; ancora nel 1960 erano il 4,5%. In altri grandi paesi di emigrazione italiana, la stessa quota non ha superato l’1% del totale della popolazione (in Francia ha superato di poco il 2,5%, come negli Stati Uniti). Dal punto di vista statistico, gli italiani nati in Italia che oggi vivono in Argentina sono circa 1.198.000; calcolando anche i discendenti fino alla terza generazione, cioè quelli che hanno diritto alla cittadinanza italiana (ius sanguinis), si raggiungono i 5-6 milioni, per lo più concentrati a Buenos Aires. Un legame, quello tra Italia e Argentina, forte e radicato, impreziosito di recente dall’ascesa al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, argentino di origine italiana, quale esempio di profonda positività di questo storico connubio.

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I “CESAROLI” IN ARGENTINA, UNA RICOSTRUZIONE COMPLESSA

Ricostruire le vicende ed i numeri dell’emigrazione “cesaròla” in Argentina non è impresa semplice né circoscritta. Dagli elenchi ufficiali dell’immigrazione argentina non è ad oggi possibile estrapolare un’origine dettagliata a livello di Comune o città. La fonte più rilevante, in questa ricostruzione, rimangono però le liste di sbarco ufficiali, che registravano il movimento migratorio in entrata in Argentina attraverso il mare. Già dal 1869, i capitani delle navi che trasportavano passeggeri verso porti argentini erano obbligati a presentare all'arrivo una lista, in doppia copia, in cui per ogni viaggiatore dovevano essere indicati il nome, l'età, il sesso, la nazionalità, la professione e la religione. Solo dagli inizi del ‘900 si cominciò a riportare sui fogli di sbarco anche la città di provenienza; per questo motivo, non è ad oggi possibile effettuare ricerche complete sull’intera popolazione di emigranti provenienti da Cese (o Avezzano).

Mario e “Nunziatina” Marchionni, con l’aiuto di alcuni compaesani, stanno tentando di ricostruire un elenco di “cesaróji” argentini sulla base delle proprie reminiscenze. Il lavoro è ancora in itinere e sarà probabilmente completato nel prossimo futuro. Gli elenchi ed i nominativi che riportiamo in queste pagine sono invece ricavati da fonti anagrafiche, bibliografiche e documentali, fisiologicamente carenti di dati. Non sono dunque complete né rappresentative, ma forniscono un punto di partenza all’interno di una ricostruzione complessa e quanto mai accidentale.

Italo Cipollone, nella sua “Genealogia di Cese”, enumera 65 cesensi emigrati in Argentina, soprattutto nel secondo dopoguerra. Scrive: “Differenti per cultura e capacità da quelli diretti in America del Nord nel primo ‘900, si sono saldamente inseriti nella realtà economico-sociale di quel Paese, avviando numerose attività autonome, soprattutto nel commercio. Si sono talmente ben insertiti da formare, in loco, famiglie stabili nel tempo, per lo più tra persone entrambe originarie di Cese, a volte tra cesensi ed altri italiani, spesso marsicani, raramente con donne del posto. Solo 9 dei 65 emigrati sono nel tempo rimpatriati”. Secondo quanto riportato nella pubblicazione di Italo, i “cesaròli” emigrati in Argentina sono i seguenti (abbiamo inclusi anche i coniugi per facilitare l’identificazione). Carlo Bianchi (1923) e Maria Di Fabio, Felice Bianchi (1935), Vincenzo Bruno (1933), Evaristo Bruno (1930-1996) e Loreta Guidoni (1931), Ruggero Bruno (1889-1929) e Alfonsina Cipollone (1896), Vincenzo Bruno (1923)e Giovanna Chiostri (1925), Maria Augusta Bruno (1928) e Giuseppe Cipollone (1921), Berenice Bruno (1874) e Ignazio Di Matteo (1874), Sestina Chiostri (1926), Giuseppe Chiostri e Angela Galdi (1932), Isaia Ciciarelli (1927), Amedeo Cipollone (1931), Giovanna Cipollone (1936) e Giuseppe Di Pietro (1930), Eliseo Cipollone (1901), Mario Cipollone (1914-1990) e Giovanna Rantucci (1920), Emilio Cipollone, e Maria Cipollone, Isaia Cipollone (1907-1978), Ida Cipollone (1921), Emilio Valeriano Cipollone, Antonino Cipollone (1931), Alessandro Cipollone (1926), Anna Cipollone (1931) e Simone Di Matteo, Gregorio Cipollone (1903) e Maria Maddalena Cipollone (1908), Nazareno Cipollone (1904), Domenica Cipollone (1908), Mario Cipollone (1912), Velia Cipollone (1926) e Michele Torge (1922), Giovanni Cipollone (1931), Vincenzo Cosimati (1906), Angelo Cosimati (1905), Enrico Cosimati (1915), Guido Filippo Degni (1907), Fernando Gabriele Degni (1911), Teresa Di Matteo e Antonino Micocci (1920), Maria Carine Di Matteo (1922) e Francesco Patrizi, Pierino Di Matteo (1922) e Lucia Micocci (1923), Francesco Virgilio Di Matteo, Gianvincenzo Marchionni (1906), Clementino Marchionni (1922), Benito Marchionni (1928), Tranquillo Micocci (1884) e Maria Grazia Cipollone (1887), Adele Micocci (1929) e Alfonso Valente, Raimondo Patrizi, Lucia Rantuccii (1935) e Amelio Petracca (1928), Fernanda Torge (1934) e Enrico Cipollone (1926), Paolina Valente (1888), Antonio Valente (1879), Vincenzo Valente (1891) e Anna Tucceri (1905), Giovanni Valente (1894) e Maria Cipollone (1892), Pietro Valente (1886) e Giuseppa Ruscio (1889-1915), Emma Bianchi (1920) e Loreto Cipollone (Argentina e Francia?).

I nativi di Cese che risultano morti in Argentina, invece, secondo il database degli “antenati delle Cese” di Ercole Di Matteo, sono i seguenti: Evaristo Bruno (1930-1996), Domenico Antonio Chiostri (1885-1965), Elisabetta Cipollone (1889-1960), Isaia Cipollone (1907-1979), Rosa Maria Cipollone (1898), Mario Di Pietro, Antonio Nuccetelli (morto nel 2007), Giovanni Valente (1894), Giustino Valente (1884), Maria Valente (1915-1975), Yolanda Valente (morta nel 2010).

Come già scritto, gli elenchi reali sono plausibilmente più ampi, ma spesso la registrazione dei nomi nelle liste ufficiali non ha seguito criteri univoci.

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ISAIA CICIARELLI, LA VOCE DI UN EMIGRANTE INTERVISTA DI OSVALDO CIPOLLONE – “La Voce delle Cese” n° 66 (27/11/2011)

Ho incontrato Isaia Ciciarelli e consorte, tornati a Cese per una breve vacanza, a casa di Pinèlla, e dalla chiacchierata che ne è sorta, piacevole quanto fruttuosa, sono emersi con forza l’interesse e l'affetto verso questo paese che, come un cordone ombelicale, tiene legati pensieri e ricordi ai tempi andati. Durante questi lunghi anni, Isaia ha curato vivamente i contatti e si è sempre interessato a tutto ciò che riguardava questo suo paese natio, anche attraverso tutte le pubblicazioni relative al luogo ed al territorio.

- Sono partito per l’Argentina senza sapere cosa avrei fatto lì. Mi sono adattato a fare tanti mestieri, fino a rivestire incarichi di responsabilità. A costo di innumerevoli sacrifici ho fatto valere l’impegno e la dedizione al lavoro e, con soddisfazione, ho dato una strada alla mia famiglia. Sono riuscito a far studiare i figli per garantire loro un soddisfacente livello culturale. Anche io mi sono laureato in ingegneria, studiando di notte. Dopo un’intera giornata di lavoro, era normale che la sera mi appisolassi sui libri, per cui evitavo l’inconveniente con un singolare sistema: mentre leggevo, ponevo una forchetta da cucina sotto il mento, e ovviamente mi scuotevo quando venivo punto dai denti. Solo così riuscivo a mantenere gli occhi aperti e la mente sveglia.

«Tu sei del 1927… Cosa ricordi della giovinezza trascorsa a Cese?»

- Ricordo la forzata, ma convinta frequenza alle liturgie religiose. Fra l’altro, mio padre Pietro Paolo a quel tempo faceva il sacrestano e si arrangiava a suonare l’organo. Io ho imparato a muovere le mani sui tasti proprio grazie a questa opportunità. Inoltre ricordo il coro messo su da don Vittorio, le innumerevoli prove, le esibizioni che lui stesso dirigeva durante le feste importanti, a costo di far venire i frati della Pietraquaria a celebrare la messa. Ricordo le tante uscite nei paesi vicini in occasione delle feste patronali; i giochi all’aperto e le innumerevoli comitive. Non posso non ricordare i vecchi e cari amici, la cerchia dei parenti e i tanti compaesani… Tanta di questa gente, purtroppo se ne è andata e non c’è più…

La presenza delle persone anziane è da ritenersi una risorsa rara, una ricchezza profonda per la società intera e per il nostro piccolo paese. Non fosse altro perché, anche inconsapevolmente, tutte continuano a “scrivere” ancora interessanti pagine di storia, trasmettendole a tutti noi. Per questo, ma non solo, vogliamo augurare lunga vita ai nostri connazionali all’estero e ai compaesani, anche perché il loro esempio passi consapevolmente a giovani e ragazzi.

IL CONTRIBUTO DEGLI EMIGRATI ALLA RICOSTRUZIONE DELLE CHIESE DI CESE

Com’è noto, la costruzione della chiesa dedicata a San Vincenzo Ferreri e la riedificazione della chiesa madre di Cese dopo il terremoto del 1915 si sono rese possibili soprattutto grazie al contributo dei compaesani. In questo ambito, hanno detenuto particolare rilevanza le offerte giunte dai “cesaroli” allora emigrati negli Stai Uniti ed in Argentina. Una delle prime testimonianze, relativa alla chiesa di San Vincenzo, è quella riportata da Don Vittorio Braccioni nel “Bollettino parrocchiale dell’Abbazia di Santa Maria - Cese dei Marsi “, nel settembre del 1925. Ne riportiamo i passi principali.

Albo d’onore. Micocci Tranquillo ha mandato per la chiesa lire 100, accompagnando l'offerta con le seguenti parole che dovrebbero essere di stimolo per molti.

Berisso, 24/7/25. Per mezzo dei nostri paesani ho saputo che avete fatto una bella chiesa ed io, sentendo questa bella notizia, vi offro questa poca elemosina di lire 100.

Bravo Tranquillo! Per voi è stata una bella notizia il conoscere che in patria si è costruita una chiesa la quale, se non bella, tuttavia è come si è potuta fare fino a oggi con tutti i nostri sforzi di qui. […] Tutto questo è apparso bello a voi perché si vede che limpido è il vostro sentimento cristiano. […] E un'altra cosa bella io vedo nella vostra bellezza, o Tranquillo. Mi accorgo che se voi provate un dispiacere, questo è di trovarvi a la Plata invece che altrove. Addio, caro Tranquillo, e siate certo che la Vergine delle Grazie ha benedetta la vostra offerta. So che tra voi si sta raccogliendo un po’ di denaro per la chiesa. Ebbene sappiate che il paese ci tiene alle offerte che vengono da parte vostra. Saluti a tutti, aff.mo Don Vittorio.

In un altro bollettino parrocchiale, datato 1926, lo stesso sacerdote, oltre a ringraziare i compaesani per le generose donazioni giunte da Tyrone (USA), tributa una menzione speciale “ai fratelli Sabatino e Vincenzo Cosimati, di Luciano, che recentemente hanno inviato da La Plata lire 200”.

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IMMAGINI DEL GEMELLAGGIO - BERISSO

19 Dicembre 2003 - La Comunità cesense di Berisso celebra il decennale dell’arrivo della “Madonna delle Cese”

19 Dicembre 2003 - Alcuni compaesani argentini con il Parroco ed il

quadro della Madonna, nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice

Messa celebrativa in onore della Madonna di Cese.

La comunità di Berisso la officia ogni anno. 11

Il quadro realizzato da Mario Petracca e conservato a Santa Maria Ausiliatrice

Annunziata e Loreta Guidoni nella foto dell’articolo “Un’italiana amica di Berisso”

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IMMAGINI DEL GEMELLAGGIO – CESE La processione del Giugno 1996, quando la Madonna delle Cese e la Madonna di Lujan percorsero insieme le vie del paese.

La piccola statua giunta dall’Argentina appare qui nelle mani di Carlos Sabatini (2a foto, in abiti da gaucho), del sindaco di Berisso Nestor Kuzwa (3a e 4 a foto), di Nunziatina Guidoni (5a foto) e del dottor Mario Patrizi (6 a foto)

2° NUMERO SPECIALE DE “LA VOCE DELLE CESE” A CURA DI ROBERTO CIPOLLONE Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”,

Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67051 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected] .

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