CA3 - Agenzia · 2019-06-19 · CA3 2019 1248 contro AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO (già...
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ORDINANZA
sul ricorso 13016-2014 proposto da:
ACCOMANDO VINCENZO, elettivamente
domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLE NAVI
20, presso lo studio dell'avvocato VERONICA
PETRELLA, rappresentato e difeso
dall'avvocato DANIELE ZUMMO;
- ricorrente -
CA3
2019
1248
contro
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO
(già AZIENDA USL n. 6 DI PALERMO), in persona
del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
Civile Ord. Sez. L Num. 14507 Anno 2019
Presidente: TORRICE AMELIA
Relatore: MAROTTA CATERINA
Data pubblicazione: 28/05/2019
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LIVORNO 6, presso lo studio dell'avvocato
GUIDO DE SANTIS, rappresentata e difesa
dagli avvocati GIORGIO LI VIGNI, FRANCESCA
LUBRANO;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1360/2013 della CORTE
D'APPELLO di PALERMO depositata il
31/05/2013 R.G.N. 1407/2010.
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Rilevato che:
1. con sentenza n. 1360/2013 del 31 maggio 2013, la Corte di
appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale della stessa
città che, revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da Vincenzo
Accomando nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo,
aveva parzialmente accolto la domanda proposta dal primo, intesa
ad ottenere il riconoscimento dell'importo di euro 10.899,15 a titolo
di indennità di coordinamento ex art. 10 del c.c.n.l. 20/9/2001 (di cui
euro 8.908,59 quale parte fissa per il periodo dall'1/9/2001 al
31/12/2006 ed euro 1.990,56 quale parte variabile per il periodo
dall'1/1/2003 al 31/12/2006) e ritenuto spettante allo stesso solo
l'indennità di coordinamento parte fissa e limitatamente al periodo
18/9/2002-31/12/2001;
la Corte territoriale riteneva che: - la proposta di attribuzione
dell'indennità di coordinamento di cui alla nota n. 23 del 18/10/2005
costituiva mero atto interno, inidoneo ex art. 633 cod. proc. civ.;- dal
prospetto del Responsabile UOS di Patologia Clinica risultava che alla
data del 31/8/2001 l'Accomando coordinasse 5 dipendenti ma che il
numero si era ridotto dal 4/11/2003 a 4 dipendenti coordinati; - sino
al 31/12/2002 sussisteva il requisito numerico di cui al Regolamento
n. 3163 del 8/9/2004; - tra le persone coordinate non poteva farsi
rientrare lo stesso l'Accomando; - per effetto della prescrizione
quinquennale il diritto alla parte fissa dell'indennità di
accompagnamento andava però limitato al periodo dal 18/9/2002 al
31/12/2002 mentre andava escluso per il periodo successivo per
mancanza del requisito numerico; - non era stato prodotto alcun atto
formale di costituzione in mora proveniente dall'Accomando;
3. avverso tale sentenza Vincenzo Accomando ha proposto ricorso
affidato a quattro motivi;
4. l'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo ha resistito con
controricorso;
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5. non sono state depositate memorie.
Considerato che:
1. con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazion 633 e 634 cod. proc. civ. e dell'art. 1988 cod. civ., in
relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.;
sostiene che la documentazione allegata alla richiesta di decreto
ingiuntivo costituisse prova idonea del credito azionato in sede
monitoria exr6t3 e 634 cod. proc. civ. trattandosi non di atti interni
ma di atti di riconoscimento del debito e così del riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti dell'indennità di coordinamento;
2. il motivo è inammissibile;
nonostante la formale denuncia di un vizio di violazione di legge si
mette in discussione la valutazione di atti compiuta dalla Corte
territoriale senza neppure riprodurre il contenuto di tali atti, solo
genericamente indicati come 'documenti prodotti dal ricorrente', e
senza specificare il luogo ove gli stessi siano in concreto rinvenibili;
peraltro il motivo confonde la sussistenza dei requisiti per il
giudizio monitorio con quelli relativi alla fondatezza della pretesa
laddove, come è noto, l'opposizione a decreto ingiuntivo, anche
quando è proposta allo scopo di sostenere la illegittimità del ricorso
alla procedura sommaria, instaura comunque un giudizio di merito sul
credito vantato e fatto valere dal ricorrente con la richiesta - che
assume veste di domanda - del decreto di ingiunzione, ed il relativo
giudizio, anche quando il decreto sia revocato sul presupposto che
non poteva essere concesso, si conclude con una pronuncia di merito
sulla dedotta pretesa;
3. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità biennio economico
2000-2001, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.;
sostiene che la Corte territoriale non avrebbe considerato che,
come attestato dal Responsabile dott. Testasecca l'Accomando aveva
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coordinato presso UOS patologia clinica 6 unità dal 31/8/2001 al
31/12/2002 e 5 unità nel periodo successivo e che nel numero delle
unità da considerare ai fini del computo andava incluso anche
l'Accomando in quanto dipendente appartenente alla medesima unità;
rileva che ai sensi dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità biennio
economico 2000/2001 l'indennità di coordinamento spetta ai
collaboratori professionali già inquadrati in categoria D che al
31/8/2001 espletavano l'incarico di coordinamento e che ai sensi del
Regolamento adottato con deliberazione n. 3136 dell'8/9/2004
l'indennità spettava a coloro che avessero coordinato 5 operatori, a
nulla rilevando che il numero si fosse poi ridotto perché la sussistenza
dei presupposti andava riferita al 31/8/2001;
assume che il presupposto relativo al numero dei dipendenti
coordinati secondo quanto previsto dal Regolamento valeva solo per
parte fissa e non poteva incidere sugrte variabile atteso che "per
quanto attiene alla parte variabile si fa riferimento al 4° comma art.
10 c.c.n.l. biennio economico 2000/2001 e art. 2 c.c.n.l. integrativo
aziendale sottoscritto il 17/9/2002" pertanto l'indennità parte
variabile doveva, comunque, essere riconosciuta dall'1/1/2003 al
31/12/2006 in quanto non condizionata dai presupposti relativi alla
parte fissa;
sottolinea che con delibera n. 450 del 18/6/2010 era stato
approvato il Regolamento per l'attribuzione funzioni di coordinamento
di cui all'art. 10 del c.c.n.l. biennio 2000/2001, con il quale erano
state superate le disposizioni contenute in quello precedentemente
adottato con delibera n. 3136 dell'8/9/2004;
richiama sia la disposizione transitoria di cui all'art. 9 del
Regolamento del 2004 secondo cui "con separato accordo verranno
verificate tutte quelle situazioni nelle quali pur essendosi svolte
funzioni di coordinamento tuttavia non risultavano ricorrere tutti i
presupposti di cui al Regolamento di cui alla delibera del 2004" sia
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l'accordo attuativo di tale disposizione, intervenuto in data 30/6/2010
e formalizzato con delibera dell'ASP n. 498 del 21/7/2010;
sostiene che con tali ultimi provvedimenti era stata prevista e
stabilita la retribuibilità delle funzioni di coordinamento realmente
svoltesi in passato per le quali non risultavano ricorrere i presupposti
previsti da previgente Regolamento di cui alla delibera n. 3136;
deduce che ex post ad un dipendente era stata attribuita
l'indennità di coordinamento negata al ricorrente;
4. il motivo, pur presentando taluni profili di inammissibilità, è
fondato nei termini di seguito illustrati;
4.1. non superano il preliminare vaglio di ammissibilità le censure
incentrate sui Regolamenti approvati rispettivamente con
deliberazioni n. 3136 dell'8/9/2004 e n. 450 del 18/6/2010 oltre che
sull'accordo di cui alla delibera n. 498 del 21/7/2010;
gli indicati atti, infatti, non sono stati riprodotti nel
essendosi il ricorrente limitato a riportare del Regolamento
di cui alla delibera n. 3136 del 2004 (non allegato al ricorso per
cassazione) il solo puntoi riportato a pag. 8 del ricorso per cassazione,
del Regolamento di cui alla delibera n. 450 del 2010 (allegata al
ricorso per cassazione) la sola disposizione transitoria di cui all'art. 9,
trascritta a pag. 9 del ricorso per cassazione, dell'accordo di cui alla
delibera n. 498 del 2010 (allegata al ricorso per cassazione) una
mera sintesi personale del contenuto asseritamente deponente per la
retribuibilità delle funzioni di coordinamento realmente svoltesi in
passato per le quali non risultavano ricorrere i presupposti previsti da
previgente Regolamento di cui alla delibera n. 3136 del 2004 (come
detto neppure allegata al ricorso per cassazione);
inoltre, con riferimento al Regolamento di cui alla delibera n. 3136
del 2004, il ricorrente si limita a contrapporre una propria soggettiva
lettura all'interpretazione dello stesso offerta dalla Corte territoriale,
senza denunciare l'avvenuta violazione dei canoni interpretativi;
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si aggiunga che gli indicati atti del 2010 non hanno formato
oggetto di esame da parte della Corte territoriale ed il ricorrente non
ha spiegato quando ed in che termini la relativa questione sia stata
sottoposta ai giudici di appello;
secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 28
luglio 2018, n. 20518; Cass. 12 luglio 2005, Cass. 16 agosto 2004, n.
15950), qualora una determinata questione giuridica - che implichi un
accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella
sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione
in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di
inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di
allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di
merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per
Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia
fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di
tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò
che, nel caso di specie, non è accaduto;
4.2. per quanto attiene, invece, alle censure incentrate su una
pretesa erronea interpretazione dell'art. 10 c.c.n.l. Comparto sanità
del 21/9/2001 appare preliminarmente opportuna una ricostruzione
del quadro convenzionale e giurisprudenziale di riferimento;
4.3. il contratto collettivo nazionale di lavoro, Comparto sanità, II
biennio economico 2000-2001, per favorire il processo di riordino e
riorganizzazione delle professioni sanitarie ha previsto - ravvisando
che l'insieme dei requisiti richiesti al personale appartenente alla
categoria C del ruolo sanitario nonché al profilo di operatore
professionale assistente sociale del ruolo tecnico, per contenuti di
competenze, conoscenze e capacità necessarie per l'espletamento
delle relative attività lavorative, corrisponde a quello della categoria D
dei rispettivi profili - la ricollocazione del personale della categoria C
nella categoria D;
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l'art. 9, comma 2, del c.c.n.l. ha, in particolare, stabilito che, con
decorrenza dal 10 settembre 2001, tutti gli operatori professionali del
ruolo sanitario e l'operatore professionale - assistente sociale - del
ruolo tecnico assumono la denominazione della categoria D,
rispettivamente, di 'collaboratore professionale sanitario' nei profili e
discipline già corrispondenti a quella della categoria di provenienza,
nonché di 'collaboratore professionale - assistente sociale';
4.4. la realizzata unificazione dei dipendenti delle categorie C e D,
ha posto il problema sia di distinguere e valorizzare, all'interno del
nuovo profilo accorpato, la reale funzione di coordinamento delle
attività dei servizi affidati sia di differenziare coloro che, al momento
dell'accorpamento, avessero già effettuato determinate funzioni
di coordinamento;
4.5. si è pervenuti così a prevedere l'indennità di
l'indennità di coordinamento di cui all'art. 10, del c.c.n.l. la cui ratio,
come si evince dallo stesso testo della disposizione, è appunto quella
di "favorire le modifiche dell'organizzazione del lavoro nonché
valorizzare l'autonomia e responsabilità delle professioni", in seguito
al passaggio nella categoria D anche del personale già appartenente
alla categoria C;
4.6. la disposizione prevede innanzitutto un sistema 'a regime'
(una volta superata la fase transitoria) disponendo, al comma 1, che
l'indennità in questione è attribuita a "coloro cui sia affidata la
funzione di coordinamento delle attività dei servizi di assegnazione
nonché del personale appartenente allo stesso o ad altro profilo anche
di pari categoria ed - ove articolata al suo interno - di pari livello
economico, con assunzione di responsabilità del proprio operato" e
specificando che essa "si compone di una parte fissa ed una
variabile";
dunque, 'a regime', l'incarico, che richiede sempre un atto formale
di conferimento, può essere attribuito dalle aziende ai soggetti in
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possesso del requisito minimo di anzianità solo previa definizione di
criteri generali ai quali le aziende medesime devono attenersi nella
scelta del dipendente cui affidare il coordinamento (v. di recente
Cass. 18 maggio 2018, n. 12339);
4.7. il secondo e il terzo comma disciplinano la situazione relativa
alla 'prima applicazione' della norma contrattuale, chiarendo quali
sono i presupposti per il riconoscimento dell'indennità nei confronti di
coloro che alla data del 1° settembre 2001 svolgessero attività
di coordinamento e prevedendo che "l'indennità di funzione
di coordinamento - parte fissa - con decorrenza 1 settembre 2001, è
corrisposta in via permanente ai collaboratori professionali sanitari
caposala - già appartenenti alla categoria D e con reali funzioni
di coordinamento al 31 agosto 2001, nella misura annua lorda di L.
3.000.000 cui si aggiunge la tredicesima mensilità" e che
"l'indennità di cui al comma 2 - sempre in prima applicazione -
compete in via permanente - nella stessa misura e con la medesima
decorrenza anche ai collaboratori professionali sanitari degli altri
profili e discipline nonché ai collaboratori professionali - assistenti
sociali - già appartenenti alla categoria D, ai quali a tale data le
aziende abbiano conferito analogo incarico di coordinamento o, previa
verifica, ne riconoscano con atto formale lo svolgimento al 31
agosto 2001";
4.8. sempre in sede di 'prima applicazione' del c.c.n.I., ai sensi del
comma 7 del medesimo art. 10, al fine di evitare duplicazione di
benefici, è stato previsto che l'incarico di coordinamento sia affidato
di norma al personale già appartenente alla categoria D alla data del
contratto stesso, e sia rimessa alla valutazione aziendale, in base alla
propria situazione organizzativa, la possibilità di attribuire l'indennità
di coordinamento di cui al comma l'art. 10, comma 1, anche al
personale proveniente dalla categoria C cui sia stato riconosciuto
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l'espletamento di funzioni di effettivo coordinamento ai sensi dell'art.
8, commi 4 e 5;
4.9. nell'ipotesi di 'prima applicazione' di cui al comma 2,
l'indennità compete a tutti i collaboratori professionali sanitari-
caposala con reali funzioni di coordinamento alla data del 31
agosto 2001, riconoscendosi, in tal caso, che la funzione
di coordinamento è intrinseca al ruolo del capo-sala, non essendo
necessario un accertamento formale;
nel caso di cui al comma 3, invece, l'indennità è riconosciuta
anche ai collaboratori professionali sanitari degli altri profili e
discipline nonché ai collaboratori professionali - assistenti sociali - già
appartenenti alla categoria D (omissis), ai quali l'azienda avesse
conferito analogo incarico di coordinamento alla medesima data o ne
avesse riconosciuto con atto formale lo svolgimento al 31
agosto 2001, affermandosi, in tal caso, che la funzione
di coordinamento non è intrinseca al ruolo dei profili e quindi ha
bisogno di essere dimostrata o accertata con atto formale;
eguale necessità di un riconoscimento formale è prevista dal
comma 7;
4.10. la norma ha disciplinato anche la possibilità di una revoca
dell'indennità in questione distinguendo le ipotesi di riconoscimento
'in sede di prima applicazione' e 'a regime';
ed infatti al comma 5 dell'art. 10 ha stabilito che l'indennità di
coordinamento attribuita al personale di cui ai sopra indicati secondo
e terzo comma è revocabile 'limitatamente alla parte variabile' con il
venir meno della funzione o, in caso, di valutazione negativa;
diversamente, al comma 6 ha previsto che l'indennità di
coordinamento attribuita al personale dei profili interessati
successivamente alla prima applicazione è revocabile 'in entrambe le
componenti' con il venir meno della funzione o anche a seguito di
valutazione negativa;
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4.11. sul punto della 'prima applicazione', questa Corte di
legittimità ha precisato (v. Cass. 4 luglio 2012, n. 11162) che
l'attività di coordinamento di cui all'ad 10 del c.c.n.l. è funzione ben
diversa rispetto alle "capacità organizzative, di coordinamento e
gestionali" previste dalla declaratoria contrattuale del livello D in
quanto la prima "integra una autonoma e distinta funzione che, in
una logica premiale conferisce il diritto alla relativa indennità" e che
'non è rinvenibile in nessuna delle disposizioni contenute negli artt. 8
e 10 del c.c.n.l. del 20/9/2001 alcun elemento che consenta di
affermare che l'intenzione delle parti contrattuali fu quella di volere
attribuire l'indennità di coordinamento al personale già inquadrato
nella categoria D a prescindere dall'effettivo svolgimento delle
mansioni correlate a detto emolumento' (v. Cass. 28 agosto 2018, n.
21258);
oè stato altresì s ttolineato che "in tema di indennità per incarico
di coordinamento prevista dall'art. 10, comma 3, del c.c.n.l. sanità
biennio economico 2000-2001, stipulato il 20 settembre 2001, la
disposizione contrattuale collettiva si interpreta nel senso che, ai fini
del menzionato trattamento economico, il conferimento dell'incarico
di coordinamento o la sua verifica con atto formale richiedono che di
tale incarico vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato
da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione
lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei
servizi di assegnazione nonché del personale, restando esclusa la
possibilità per l'Amministrazione di subordinare il suddetto diritto a
proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale" (v. Cass. 27
aprile 2010, n. 10009; Cass. 8 novembre 2013, n. 25198; Cass. 22
settembre 2015, n. 18679);
è stato altresì precisato che, ai fini del riconoscimento
dell'indennità di cui all'art. 10, comma 7 (attribuzione al personale
proveniente dalla categoria C), che presuppone il conferimento
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'formale' dell'incarico di coordinamento, si richiede che: a) vi sia
traccia documentale di tale incarico; b) l'incarico sia stato assegnato
da coloro che hanno il potere di conformare la prestazione lavorativa
del dipendente; c) lo stesso abbia ad oggetto le attività dei servizi di
assegnazione e gestione del personale (Cass. 21 luglio 2014, n.
16589);
così, il conferimento delle funzioni di coordinamento, cui si fa
espresso riferimento nell'art. 10, comma 3 del c.c.n.l. sanità del 20
settembre 2001, o la sua verifica con atto formale vanno intesi,
conformemente al significato complessivo della regolamentazione
dell'indennità, come indicatori della necessità che di tali mansioni vi
sia traccia documentale e che essi siano stati assegnati da coloro che,
secondo le linee organizzative dell'ente avevano il potere di
conformare la prestazione lavorativa del dipendente (cfr. Cass. n.
1009/2010 cit.) e non necessariamente dagli organi di vertice (Cass.
21 maggio 2014, n. 11199);
sempre la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 26 luglio 2016,
n. 15444; Cass. 2 agosto 2016, n. 16088; Cass. 24 novembre 2017,
n. 28087) ha affermato che l'attribuzione al personale proveniente
dalla categoria C dell'indennità di coordinamento, ai sensi dell'art. 7,
comma 10, del c.c.n.l. di settore, richiede una valutazione aziendale
in ragione della propria situazione organizzativa, non sussistendo, in
fase di prima applicazione del contratto collettivo, per il personale
proveniente dalla categoria C, un automatismo tra indennità di
coordinamento e svolgimento della funzione di coordinamento;
si è inoltre affermato, con la citata sentenza n. 18679/2015 (che
richiama, tra l'altro, Cass. n. 25198/2013 e n. 10009/2010) che
l'attività di coordinamento deve avere ad oggetto le attività dei servizi
di assegnazione nonché del personale, e che requisito imprescindibile
per il diritto a detta indennità è, dunque, il coordinamento anche del
personale;
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4.12. questa Corte ha anche esaminato il rapporto tra indennità di
coordinamento e posizione organizzativa rilevando (Cass. 27 aprile
2010, n. 10008) che nella declaratoria della categoria D [...] si fa
riferimento a 'posizioni di lavoro ... che richiedono ... capacità
organizzative, di coordinamento e gestionali' e nel livello economico D
super della stessa categoria si fa riferimento a posizioni di lavoro che
'richiedono ... funzioni di direzione e coordinamento';
l'art. 10, comma 1 del c.c.n.l. 20 settembre 2001 istituisce
tuttavia un'indennità identificandone il presupposto specifico nella
funzione di coordinamento delle attività dei servizi di assegnazione
nonché del personale etc. e non contiene alcun riferimento né ai
criteri stabiliti dall'art. 20 del c.c.n.l. aprile 1999 in materia di
posizioni organizzative né in realtà ad alcun criterio specifico,
limitandosi a identificare i destinatari dell'indennità in coloro ai quali
tale funzione sia 'affidata';
quindi, né la clausola in materia di classificazione, contenuta nel
c.c.n.l. 7 aprile 1999 nè quella dell'art. 10 del c.c.n.l. 20 settembre
2001 contengono elementi che valgano a distinguere con chiarezza
l'attività di coordinamento dalla funzione di coordinamento;
inoltre, il cit. art. 10 non autorizza in alcun modo, mancando ogni
elemento normativo in proposito, a configurare la funzione di
coordinamento alla stregua di una posizione organizzativa a norma
dell'art. 20 del c.c.n.l. 7 aprile 1999";
4.13. applicando gli indicati principi al caso in esame non può non
rilevarsi come non abbia formato oggetto di ricorso incidentale il
decisum della Corte palermitana nella parte in cui è stato ritenuto che
l'Accomando, collaboratore professionale sanitario già appartenente
alla categoria D (come tale rientrante nell'ambito della previsione di
cui al comma 3 dell'art. 10 del c.c.n.I.), fosse stato destinatario di un
formale atto di riconoscimento delle funzioni di coordinamento alla
data del 31/8/2001 (v. pag. 3 della sentenza impugnata: "dal
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Testasecca risulta che, alla data del 31/8/2001 l'Accomando
coordinava 5 dipendenti") e come tale lo stesso avesse avuto diritto
all'indennità di coordinamento da tale data (al netto degli importi
ritenuti prescritti e fino alla data del 31/12/2002, a far tempo dalla
quale era stata ritenuta preclusa l'indennità in questione, in entrambe
le componenti, per il sopravvenuto venir meno del requisito numerico
introdotto in sede di regolamentazione aziendale);
ed allora, per quanto sopra evidenziato anche con riguardo alla
possibilità di revoca dell'indennità di coordinamento, l'intervenuto
riconoscimento di tale indennità, in sede di prima applicazione,
doveva considerarsi permanente con riguardo alla 'parte fissa' e
revocabile 'limitatamente alla parte variabile' con il venir meno della
funzione o, in caso, di valutazione negativa;
qualunque determinazione aziendale (regolativa della funzione),
avrebbe potuto incidere, con riferimento al personale di cui secondo e
terzo comma dell'art. 10 al quale, in sede di prima applicazione, era
stata riconosciuta l'indennità di coordinamento, solo limitatamente
alla parte variabile e non anche con riferimento alla parte fissa che,
per effetto dell'intervenuto riconoscimento, continuava a competere
in via permanente;
5. con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione falsa
applicazione dell'art. 2948 cod. civ. ex 360, comma 1, n. 3 cod. proc.
civ.;
sostiene che la prescrizione applicabile è quella decennale e non
quella quinquennale e che la nota n. 23 del 18.10.2005 e altri
documenti comproverebbero le intervenute richieste di pagamento;
6. il motivo è infondato;
come da questa Corte più volte affermato (v. Cass. 10 novembre
2004, n. 21377; Cass. 2 aprile 2009, n. 8065; Cass. 26 gennaio
2010, n. 1574) in riferimento al rapporto di lavoro subordinato, la
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• R. Gen. N. 13016/2014
prescrizione breve quinquennale, prevista per i crediti periodici,
dall'art. 2948, n. 4, cod. civ., riguarda non solo il credito per la
retribuzione ordinaria, ma ogni altro credito di lavoro, cioè avente
origine e titolo nel rapporto di lavoro, restando escluse dalla sua
applicazione soltanto le erogazioni originate da cause autonome,
rispetto a detto rapporto, ovvero dalla responsabilità del datore di
lavoro;
per il resto il motivo oppone inammissibilmente a quella della
Corte territoriale una propria lettura degli atti di causa;
7. con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 115 cod. proc. civ. ex 360, comma 1, n. 3 cod.
proc. civ.;
lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle
prove fornite nel giudizio ed in particolare delle prove documentali;
8. il motivo è inammissibile per genericità;
peraltro la dedotta violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. non è
ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia
valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di
convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso
in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte
dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia
riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio
(v. ex aliis Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno
2016, n. 11892);
9. conclusivamente va accolto il secondo motivo nei sensi di cui
in motivazione e va, per il resto, rigettato il ricorso;
la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto
rinviandosi alla Corte d'appello di Palermo che, in diversa
composizione riesaminerà la causa facendo applicazione dei principi
sopra evidenziati e provvederà anche in ordine alle spese del
presente giudizio di legittimità.
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mio Giudbo Giovanni R
CAA li/Se
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P.Q.M.
La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il secondo
motivo e rigetta, per il resto, il ricorso; cassa la sentenza impugnata
in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d'appello di Palermo in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 28 marzo 2019.
Il President
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