Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino....

24
27 1. Ante acta: il giovane Corradino di Svevia Premessa storica 29 Ottobre 1268: sul patibolo eretto in Campo Miricino a Napoli, Corradino di Svevia, sedicenne rampollo della casata sveva degli Hohen- staufen, viene decapitato. Con la vittoria di Carlo D’Angiò nella batta- glia di Tagliacozzo e i successivi eventi della cattura da parte del nobile Giovanni Frangipani, del processo-farsa e dell’esecuzione del giova- ne pretendente svevo – eventi che facevano seguito alla sconfitta e alla morte in battaglia, sul campo di Benevento, del principe Manfredi, figlio naturale di Federico II, di due anni precedente – finiva il sogno di ripri- stinare il dominio svevo nell’Italia meridionale e subiva un duro colpo tutto il movimento del ghibellinismo italiano. 2. Il giovane Falqui di Riu Murtas. Premessa etnografica L’episodio, che la storiografia degli ultimi anni ricorda in modo marginale, e solo in quanto clausola – in sé minore, seppure non inessenziale – della compli- cata vicenda storica del dominio svevo e imperiale in Italia, sembra riscuotere un certo favore nell’ambito dei temi storici trattati dai poeti estemporanei campida- nesi nel corso delle gare poetiche. Nella gara poetica che si è svolta a Sarroch il 30 settembre 2005 (non lontano dal capoluogo Cagliari), il giovane (venticinquen- ne) Pier Paolo Falqui di Riu Murtas, poeta quasi esordiente, ma più che promet- tente, dedica la prima parte di un mutetu 1 al personaggio e alla vicenda storica: 1 La sezione più importante della gara poetica (cantada) campidanese, si svolge sulla base della forma metrica del mutetu costruito secondo la cosiddetta regula poetica. Questa struttura prevede la bipartizione del componimento in due sezioni (dette sterrina e cobertantza o rima) legate fra loro da relazioni di rima ma in genere contenutisticamente indipendenti. Per un quadro generale sul genere poetico e un’analisi delle forme metriche si rimanda a Mossa 1999, Bravi 2005, Zedda / Pani 2005. La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese Il caso Corradino Paolo Bravi

description

Essay on improvised oral poetry.

Transcript of Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino....

Page 1: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

27

1. Ante acta: il giovane Corradino di SveviaPremessa storica29 Ottobre 1268: sul patibolo eretto in Campo Miricino a Napoli,

Corradino di Svevia, sedicenne rampollo della casata sveva degli Hohen-staufen, viene decapitato. Con la vittoria di Carlo D’Angiò nella batta-glia di Tagliacozzo e i successivi eventi della cattura da parte del nobile Giovanni Frangipani, del processo-farsa e dell’esecuzione del giova-ne pretendente svevo – eventi che facevano seguito alla sconfitta e alla morte in battaglia, sul campo di Benevento, del principe Manfredi, figlio naturale di Federico II, di due anni precedente – finiva il sogno di ripri-stinare il dominio svevo nell’Italia meridionale e subiva un duro colpo tutto il movimento del ghibellinismo italiano.

2. Il giovane Falqui di Riu Murtas. Premessa etnograficaL’episodio, che la storiografia degli ultimi anni ricorda in modo marginale, e

solo in quanto clausola – in sé minore, seppure non inessenziale – della compli-cata vicenda storica del dominio svevo e imperiale in Italia, sembra riscuotere un certo favore nell’ambito dei temi storici trattati dai poeti estemporanei campida-nesi nel corso delle gare poetiche. Nella gara poetica che si è svolta a Sarroch il 30 settembre 2005 (non lontano dal capoluogo Cagliari), il giovane (venticinquen-ne) Pier Paolo Falqui di Riu Murtas, poeta quasi esordiente, ma più che promet-tente, dedica la prima parte di un mutetu1 al personaggio e alla vicenda storica:

1 La sezione più importante della gara poetica (cantada) campidanese, si svolge sulla base della forma metrica del mutetu costruito secondo la cosiddetta regula poetica. Questa struttura prevede la bipartizione del componimento in due sezioni (dette sterrina e cobertantza o rima) legate fra loro da relazioni di rima ma in genere contenutisticamente indipendenti. Per un quadro generale sul genere poetico e un’analisi delle forme metriche si rimanda a Mossa 1999, Bravi 2005, Zedda / Pani 2005.

La storia (fra oralità e scrittura)nella poesia campidanese

Il caso Corradino

Paolo Bravi

Page 2: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

28 29

3. Una presenza costante

La citazione storica, inquadrata nel contesto della poesia estempora-nea del Campidano, è indubbiamente significativa, ma non sorprendente. [A] In primo luogo, infatti, le tematiche storiche sono un ingrediente ben presente in questo genere poetico, almeno a partire dall’impronta determi-nante data, sul fiorire del Novecento, dai poeti cosiddetti ‘dotus’ e, in parti-colare, dal gruppo Loddo-Loni-Farci, la ‘trinità’ ancora oggi ricordata e ve-nerata dai poeti per il contributo decisivo verso l’innalzamento qualitativo (di forma e contenuto poetici e di status sociale degli improvvisatori) della poesia estemporanea e dei suoi più autorevoli rappresentanti. La forma bi-partita del tipico componimento campidanese, infatti, giustifica e prevede lo iato contenutistico fra la prima sezione (la sterrina) e la seconda (cober-tantza o rima)2. La conseguenza di questo principio formale metrico e con-tenutistico è la possibilità di articolare il discorso poetico su due piani di-stinti e indipendenti. La circostanza è determinante ai fini dell’assunzione di tematiche parallele e distinte rispetto al piano centrale del discorso (su fi-ni) che caratterizza la cantata campidanese: nelle sterrine, infatti, i poeti so-no liberi (almeno relativamente) di scegliere l’argomento che loro aggrada o che si confà maggiormente alle esigenze metriche contingenti, e la storia è assorbita come soggetto poetico prevalentemente per questa via. Tra l’al-tro, si tratta di un soggetto elegante e prestigioso – in quanto emblema della cultura ‘alta’ delle istituzioni scolastiche e della scrittura – e dunque quali-

2 Sotto questo profilo, i mutetus campidanesi e i mutos dell’area centro-setten-trionale della Sardegna hanno una conformazione analoga. Sull’argomento, cfr. Cirese 1988, Deplano 1997, Sole 1977.

CobertantzaCandu figurat beni un’allievuQuando un allievo fa bella figura

Pretzit s’onori cun chini ddu insegnatDivide l’onore con chi gli insegna

SterrinaPo lompi in Italia s’impegnatSu famosu Corradinu svevuMa de Taliacotzu in su confiniGloria no nd’iat potziu ottenniCa D’Angiò ndi essit bincidoriE sa sconfita ddi procuratE a Napoli in artu no setzitCa mortu dd’iat intzandu

TraduzionePer arrivare in Italia s’impegnaIl famoso Corradino svevoMa sul confine di TagliacozzoNon poté ottenere gloriaPerché D’Angiò uscì vincitoreE gli provoca la sconfittaE non siede in alto a NapoliPerché allora lo ha ammazzato

Page 3: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

28 29

ficante per il poeta che se ne dimostra conoscitore non dozzinale. [B] In secondo luogo, la citazione dell’episodio minore di Corradi-

no di Svevia da parte di un poeta alle primissime armi colpisce sì, ma sen-za sbalordire, per il fatto che il richiamo alla sciagurata vicenda non è af-fatto inusuale nella produzione poetica estemporanea del Campidano. Ce ne sono tracce nella memoria orale dei poeti e degli esperti, e ci sono an-che attestazioni documentarie più che episodiche. Il personaggio e/o la vi-cenda storica si ritrovano infatti in alcune gare poetiche che si sono svolte nella seconda metà del Novecento, di cui disponiamo di trascrizioni verba-li scritte e pubblicate a stampa nei caratteristici libriccini dedicati al mer-cato locale. In particolare, ne parlarono Raffaele Urru di Burcei a Sin-nai, durante la gara poetica svoltasi in occasione della festa di S. Elena nel 1962, Carlino Pillitu di Villasor a Quartu S. Elena, nella cantada per S. Maria (la data è imprecisata, ma è comunque collocabile orientativa-mente negli anni immediatamente successivi alla II guerra mondiale).

3 Raffaele Urru, cantada Sinnai, S. Elena, 1962.

CobertantzaAtentu o Fideli chi a s’ora ’e pagaiIn prima sala no fatzas a depidu3

Attento o Fideli che quando sarà ora di pagareNella prima sala non debba fare debito

Sterrina Corradinu giovanu rei intrepiduSu conti Manfredi po rivendicaiA Taliacotzu mali ti piatzasE de Napoli in sa dimoraMortu t’iat Carlo D’AngiòChe unu Cainu contras a AbeliAici at fatu una fini malaCa po unu grandu tradimentuIs Angioinus nant ti sopprima

TraduzioneCorradino giovane re intrepidoPer rivendicare il conte ManfrediA Tagliacozzo ti piazzi maleE nella dimora di NapoliTi ha ammazzato Carlo D’AngiòCome un Caino contro AbeleCosì ha fatto una brutta fineChe per un grande tradimentoGli Angioini dicono “ti sopprima [sopprimiamo]”

Sterrina De vitimas fait ammassuCarlo I D’Angiò scieusA Corradinu po debellaiUsendi astutzias e intrecciusIn sa batalla de TaliacotzuE poi chi si funt misurausCorradinu morit infeliciE sa francesa parti est cuntenta

TraduzioneDi vittime fa ammassoCarlo D’Angiò sappiamoPer debellare CorradinoUsando astuzie e intrecciNella battaglia di TagliacozzoE dopo che si sono scontratiCorradino muore infeliceE la parte francese è contenta

Page 4: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

30 31

In tempi più vicini le attestazioni di questo motivo storico nelle re-gistrazioni audio delle cantate dimostrano che si tratta di una presenza costante. Ne hanno parlato, ad. es., Fideli Lai di Capoterra nella can-tata svoltasi a Santadi per S. Nicola e S. Isidoro il 31/08/1992 e Anto-nio Pani di Quartu S.E. nella cantata per S. Biagio a Dolianova del 26/08/2000 e in quella recente per la Madonna delle Grazie a Decimopu-tzu il 30/06/2006.

SterrinaCorradinu principinu graciliA Taliacotzu narat abasciA poi chi sa sconfita pesantiA Manfredi in Benevento collocatE issu tentau iat atestiDe salvai su svevu imperuMa de fronti a Carlo D’AngiòIssu puru fiat fini tristaFrangipani chi at depiu spirai

TraduzioneCorradino principino gracileA Tagliacozzo dice abbassi (io)Dopo che la pesante sconfittaA Manfredi colloca a BeneventoE lui tentòDi salvare l’impero svevoMa di fronte a Carlo D’AngiòLui pure fece una brutta fineFrangipani che ha dovuto spirare

CobertantzaArtista veru toccat a nci nasciCa a diventai no est tanti facili5

Artista vero si deve nascerePerché non è tanto facile diventarlo

4 Carlo Pillittu, cantada Quartu S.E., S. Maria (data imprecisata).5 Fideli Lai, cantata Santadi, S. Nicolau e S. Isidoro, 31/08/1992.6 Antonio Pani, Cantata Dolianova, festa di S. Biagio 26/08/2000.

Sterrina Cun pagu fortza chi t’assistitCorradinu as depiu cummitiUn’errori a affrontai a D’AngiòE in sa batalla de TaliacotzuPo ndi podi bogai sa parti

Fiat tropu in edadi novellaE tenendi pagu istrutzioniDe sa sconfita no t’arreparas

TraduzioneCon la poca forza che ti assisteCorradino hai dovuto commettereUn errore a affrontare D’AngiòE nella battaglia di TagliacozzuPer poterci ricavare qualcosa [lett. Per

poter toglierne la parte]Era troppo giovane [lett. in età novella]E avendo poca istruzioneDalla sconfitta non ti ripari

CobertantzaSi dda naras bella ti ddu potzu ammitiMa sa perfetzioni in s’arti no esistit6

Se la chiami bella te lo posso concedereMa la perfezione nell’arte non esiste

CobertantzaPresenta is trataus beccius chi teneusAici ti potzu torrai a passu4

Presenta i trattati vecchi che abbiamoCosì ti posso riportare al (giusto) passo

Page 5: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

30 31

4. Corradino e gli altri

Ciò che sorprende nella vicenda ‘poetica’ Corradino, è il fatto che ricorra con (relativa) frequenza un soggetto storico minore, che la sto-riografia non specialistica generalmente liquida con pochi cenni8. Para-dossalmente, gli illustri predecessori dello sventurato principe (Federi-co I, Enrico VI, Federico II, Manfredi), il cui peso storico non è neppure confrontabile con quello – sostanzialmente irrilevante – del giovane Cor-radino, nel corpus di cantate da noi analizzato (diverse decine) hanno una presenza minima. Anche Federico I, il Barbarossa, cui pure il nome e l’immagine vigorosa è consegnata dalla storia all’immaginario comu-ne, è praticamente quasi assente nelle citazioni storiche della maggioran-za dei poeti. Lo ricorda con una certa frequenza, caso forse isolato fra i cantadoris di oggi, solo Piero Lussu di Monserrato, di cui riportiamo un mutetu eseguito nella già citata – vd. supra -– cantata che si è svolta a Dolianova, in occasione della festa di S. Biagio, il 26/08/2000, e in un altro, recente, cantato a Cagliari per la festa di S. Efisio il 1/05/2006:

7 Antonio Pani, Cantata Decimoputzu, festa della Madonna delle Grazie 30/06/2006.8 Abbiamo ‘testato’ la cosa misurando – con un rozzo ma sostanzialmente attendi-

bile parametro quantitativo – lo spazio dedicato rispettivamente a Federico II e a Cor-radino in alcune opere di consultazione generale di carattere storico. Gli esiti sono i se-guenti: in AA. VV. 1993(: 492 e 352), Federico II ‘supera’ Corradino 54 righe a 9; in AA. VV. 2000 (: 87-588 e 384) due pagine contro venti righe; in Mourre 2003 (: 388 e 273) mezza pagina rispetto a quindici righe.

Sterrina Corradinu iat fattu s’arriscuCa s’intendiat forti e furbuCun d-unu coragiu che fiat ispantuPrima ‘e s’ora si fut depiu attriviMancu crescia portat sa brabaDe onori po si podi preniE a Taliacotzu creu che si preparitSa vida sua dda cunceditCumbatendi contras a D’Angiò

TraduzioneCorradino aveva fatto un azzardoPerché si sentiva forte e furboCon un coraggio che faceva meravigliaPrima del tempo dovette rischiareNeanche aveva la barbaPer potersi “riempire” di onoreE a Tagliacozzo credo si prepariLa sua vita concedeCombattendo contro D’Angiò

CobertantzaPo cedi su beni e bivi spossediu

No mi parit Saba che a Santu Franciscu7

In quanto a cedere i beni e vivere “sen-za possedimenti”

Saba non mi sembra uguale a San Francesco

Page 6: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

32 33

9 Piero Lussu, Cantata Dolianova, festa di S. Biagio, 26/08/2000.

SterrinaRe Federico in sa dura lottaSi mostrat abili gherrendiE de s’esercitu a capuMa Papa Alessandro ndi cuncepisE dd’aturat de sentinellaCumprendendiddi donnia fuedduNo nc’est dubiu alcunu creuIn battaglia po ddu fai arrui

TraduzioneRe Federico nella dura lottaSi dimostra abile nel guerreggiareE a capo dell’esercitoMa Papa Alessandro ne concepisciE gli rimane di sentinellaCapendo (di lui) ogni parolaPer farlo cadere in battagliaNon c’è alcun dubbio

CobertantzaTui giovoneddu dda depis difendiCa deu bella ge dd’apu connota9

Tu giovanetto la devi difenderePerché io bella l’ho già conosciuta

SterrinaRe Federico in su gherraiCun is sordaus suus riuniusAtentus a donnia movimentu istaintControllendi totu is vialisMa papa Alessandro peròIat nau no mi tratenguE cun s’esercitu fuedda fueddaNon si fiat depiu cunfundiE custu guerrieri dd’iat debellau

TraduzioneRe Federico nel combattereCon i suoi soldati riunitiStanno attenti a ogni movimentoControllando tutti i vialiMa papa Alessandro peròAveva detto non mi trattengoE parlando (continuamente) con l’esercitoNon si confuseE questo guerriero lo aveva debellato

CobertantzaAundi tengu is capitalis miusNau ca a Zedda no ddu faint brintai

Dove tengo i miei capitaliDico che a Zedda non lo fanno entrare

L’omissione finora osservata nei riguardi di questi grandi nomi della storia della casata sveva ci sembra comunque fortuita. È probabile, per contro, che un allargamento dell’indagine possa condurre a trovare rife-rimenti anche in queste direzioni. Ciò che invece non appare casuale, né trascurabile, è il focus, l’intensità di attenzione che i poeti campidanesi sembrano aver dato alla vicenda tragica di Corradino di Svevia.

5. La storia nella poesia

Per cercare di spiegare il fenomeno, dobbiamo domandarci innan-zi tutto da dove provenga il sapere storico che i poeti (alcuni più di al-

Page 7: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

32 33

tri) esibiscono e sfruttano come ‘materiale’ per le proprie composizioni estemporanee. In linea generale, per i poeti del Novecento la ‘prepara-zione’ storica avviene attraverso ‘fonti’ in cui la dimensioni della scrit-tura e dell’oralità coesistono e interagiscono. In genere, si acquisicono nozioni storiche, in modo più o meno approfondito, attraverso quattro canali d’informazione principali: 1) leggendo i libriccini con le trascri-zioni verbali delle gare poetiche: gli spunti storici trattati dagli altri poeti informano su fatti e persone e concentrano l’attenzione su vicende parti-colari; 2) leggendo testi che trattano di storia (libri scolastici, enciclope-die e dizionari enciclopedici, magari anche monografie, come pure ar-ticoli di giornale, ecc.10) o ascoltando servizi televisivi o radiofonici che ne trattano, o comunque attraverso fonti esterne al mondo della poesia; 3) ascoltando gare poetiche: in ‘presa diretta’, perché si è sul palco o fra il pubblico e si ascoltano gli altri, o ‘in differita’, attraverso le registra-zioni che molti appassionati fanno, a partire dagli anni ’60; 4) ascoltan-do le composizioni poetiche improvvisate (specialmente le sterrine) che vengono ricordate e attraverso la dimensione critica che si attiva in rela-zione a (veri o presunti) errori storici, o metrici o stilistici, o a fenome-ni di plagio, di monotonia tematica ecc.11

Se, da un lato, è impossibile generalizzare rispetto alle priorità di queste fonti12, in quanto ciascun poeta ha, oltre al proprio stile, i propri

10 In questi ultimi anni i cambiamenti avvenuti nel campo della registrazione e cir-colazione dell’informazione e dell’editoria hanno condizionato anche l’acquisizione di conoscenze da parte di alcuni fra i cantadoris, i quali, se c’è necessità di ricordarlo, vi-vono la ‘tradizione’ integrati nella modernità. Pierpaolo Falqui, ad es. sentito sull’argo-mento, ha affermato di aver ricercato le informazioni sul personaggio Corradino di Sve-via in un’enciclopedia multimediale.

11 In effetti, ciò che rimane maggiormente nella memoria orale sono gli aspetti connessi alla dimensione agonistica della poesia, e cioè alla controversia che si crea fra i poeti nel corso della gara, e che si sviluppa soprattutto nelle cobertanze. Anche del-le sterrine particolarmente elaborate e efficaci possono però circolare nella discussione ed entrare nella memoria collettiva. In questo settore, peraltro, sembrano figurare abba-stanza raramente sterrine di argomento storico.

12 Le fonti indicate non sono, d’altra parte, neppure esaustive. L’informazione sto-rica può arrivare anche attraverso fonti diverse, ad es. attraverso la conversazione infor-male – anche a me è capitato di discutere di un tema storico con un poeta – o attraverso fonti, meno prevedibili, di altro genere, come ad es. la toponomastica viaria, che spes-so raggruppa nella stessa area soggetti omogenei (ad es., gli uomini del Risorgimento, gli scrittori del mondo latino, i pittori rinascimentali ecc.).

Page 8: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

34 35

interessi e un proprio modo di vivere la poesia e di formare e perfezio-nare il proprio background, da un altro lato è invece abbastanza eviden-te la centralità ‘strutturale’ e anche cronologica che la gara poetica ri-veste rispetto alle altre ‘fonti’. Il grafico in fig. 1 rappresenta e precisa alcuni aspetti e relazioni relativi al fenomeno. Innanzitutto, nonostan-te la poesia estemporanea viva essenzialmente nel fuoco della perfor-mance, ha anche una vita successiva, che si articola in diverse dimen-sioni. Questa esistenza nel ‘dopo gara’ riguarda la critica e la memoria collettiva, la presenza delle trascrizioni e delle audio- (in qualche caso anche video-) registrazioni. Le interazioni più evidenti fra i tre modi di (ri-)esistenza della poesia estemporanea, una volta che la cantata ha ter-mine, sono rappresentati dalle frecce: [a] le trascrizioni provengono dal-le gare poetiche, o direttamente (fino a qualche decennio fa esistevano le figure, specializzate, degli scrivani13) o indirettamente, tramite le re-gistrazioni14, oppure, soprattutto nel caso della produzione dei poeti del-l’Ottocento, attraverso ciò che si è conservato nella memoria orale; [b] la memoria orale e la critica nascono in modo diretto attraverso l’ascol-to delle cantate – e si irrobustiscono attraverso la comunicazione fac-cia a faccia – ma nascono anche (o sono comunque fortemente rinfor-zate) dalla lettura di trascrizioni o dall’ascolto di cassette registrate; [c] le registrazioni sono un veicolo essenziale ai fini della memoria e della critica, e sono uno strumento di cui non si prescinde oggi per qualsia-si opera di trascrizione. Ma il rapporto fra ciò che si canta in gara e ciò

13 Cfr. Pillai 1985: 9.14 Si deve segnalare il fatto che con la scomparsa di Antonio Cuccu di S. Vito, l’ul-

timo degli editori di questo genere di ‘letteratura’ (usiamo le virgolette memori delle cautele espresse da Ong, contrario all’uso di questo termine così compromesso con la scrittura per indicare le forme orali – cfr. Ong 1986: 29 sgg), la pubblicazione di que-sto tipo di libretti è praticamente cessata. Ciò è avvenuto in concomitanza con la diffu-sione, a livello di massa, di duplicatori di cassette, che hanno permesso di moltiplicare, almeno fino a un certo livello, le registrazioni private delle gare realizzate dagli appas-sionati. Ma ovviamente la fine dell’epoca dei libretti non si associa solo alla novità de-terminate dalla diffusione di massa degli strumenti dell’oralità mediata, In una prospetti-va temporale e culturale più ampia, l’esaurirsi del fenomeno editoriale si associa al calo dell’interesse generalizzato verso la poesia improvvisata della seconda metà del Nove-cento, ai processi di emigrazione e di inurbamento, alla crisi della lingua sarda, all’ir-rompere del media televisivo, e più in generale ai mutamenti socio-culturali dirompen-ti degli ultimi decenni e ai fenomeni connessi alla globalizzazione.

Page 9: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

34 35

che rimane, nelle tre forme di permanenza che abbiamo indicato, è un rapporto biunivoco. L’aspetto che stiamo mettendo a fuoco ora è quello dei contenuti storici, ma è evidente che più in generale ogni gara poetica non sorge ex novo e a partire da un background vuoto, da un patrimonio poetico di livello ‘zero’, ma riceve l’influsso di ciò che è avvenuto nel-le gare poetiche precedenti, vicine e lontane, e di cui, nei modi delinea-ti, è rimasta una traccia consapevole. Dunque, rispetto ai contenuti sto-rici, i riferimenti che passano una volta nella poesia in quanto derivati da fonti di acquisizione esterna possono ritransitarci successivamente in quanto suggeriti e fruiti e assimilati da altri cantadoris per il veicolo (sempre primario, per i poeti e gli appassionati) della poesia stessa (vd. infra, par. 8). La biunivocità di questo rapporto fra gara poetica / forme della permanenza della poesia post-gara è indicata, nel grafico in fig. 1, dalla bidirezionalità delle frecce.

È dunque la gara poetica, con le sue forme e le sue modalità di arti-colazione del discorso, che orienta – in questo caso, preventivamente – anche lo studio che i poeti fanno della storia (e di vari altri aspetti della cosiddetta ‘cultura ufficiale’). In altri termini: il poeta che legge testi in cui sono trattati temi e personaggi storici di solito ‘filtra’ le informazioni (o almeno tende a farlo) in relazione a ciò che gli interessa, cioè la poe-sia, e in modo funzionale all’uso specifico che può farne in questo am-bito. In pratica, ricerca e memorizza soprattutto quello che gli può ser-vire o essere d’aiuto in occasione delle gare, e trascura ciò che invece è a questo fine inutilizzabile. Per questa ragione, la storia che interessa i poeti e che si legge nelle sterrine è spesso una storia fatta di ‘personag-gi’, ciascuno associato a una corona di circostanze essenziali utili a ca-ratterizzarli e/o ad indicarne in modo sintetico l’importanza e magari la notorietà. I poeti, in genere, nel corso della loro carriera si formano un

TRASCRIZIONI

MEMORIACRITICA

REGISTRAZIONI

TESTI E FONTISTORIOGRAFICHE

`ESTERNE’ GARE

POETICHE

figura 1

Page 10: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

36 37

‘repertorio’ di soggetti – tra i quali soggetti tratti dalla storia, i quali so-no per lo più associati a personaggi – di cui sanno di potersi servire con l’agio e l’immediatezza che la gara poetica improvvisata richiede. Quan-do il repertorio del poeta è limitato e stantìo, il pubblico più competente riconosce e spesso stigmatizza la monotonia nei temi. Ma un giudizio del pari negativo è dato, in genere, quando l’inserimento di nuovi sog-getti avviene in modo artificioso, e la costruzione della sterrina avvie-ne con il ricorso insistito a rime di comodo e ad espressioni ‘tuttofare’ del gergo poetico. Nei casi migliori, invece, l’inserimento dei temi sto-rici nelle sterrine avviene senza traumi, non manifesta forzature né sul piano linguistico e metrico né sul piano della scelta e dell’organizzazio-ne dei contenuti. Il fenomeno della ‘repertorizzazione’ è in primo luogo un fatto individuale: ciascun poeta ha un suo repertorio di soggetti cui è più legato e che utilizza con maggiore frequenza. Ma i soggetti, spe-cie se dotati di motivi di interesse particolare per la pratica della poesia, possono passare dal repertorio di un poeta a quello di un altro e, al limi-te, diventare patrimonio universale di tutti i poeti.

In molti casi, dunque, lo stimolo per l’approfondimento storico na-sce proprio dall’ascolto delle cantate, e in particolare dall’emulazione dei ‘maestri’ e dal desiderio di essere preparati ed eventualmente pron-ti ad intervenire o a rispondere rispetto alle argomentazioni o ai riferi-menti che possono comparire nel corso di una cantata. Per lo stesso Fal-qui, l’input primitivo non è stata un’astratta ricerca storica, ma l’ascolto delle registrazioni delle cantate. “L’ho sentito in altre sterrine. Allora ho fatto una ricerca”15: la poesia, in sostanza, in linea generale e come cri-terio ideale, precede e orienta, in ragione delle sue esigenze specifiche – che non coincidono evidentemente con quelle della ricerca storiografica – e del peso della sua tradizione, le pratiche di documentazione storica che i poeti mettono in campo. In questo senso vanno intese le frecce bi-direzionali che nel grafico in fig. 1 stabiliscono una relazione biunivo-ca e integrata fra le gare poetiche e le fonti di documentazione storica esterna: se la poesia si alimenta e si arricchisce attraverso la ricerca do-cumentaria, quest’ultima si ispira e si qualifica in relazione al fine del-l’uso poetico delle informazioni acquisite.

15 Intervista 15.03.2006.

Page 11: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

36 37

6. La storia come allegoria

Accanto all’uso della storia che i poeti fanno come argomento per le sterrine, i cui argomenti sono svincolati rispetto alla tematica genera-le (su fini) della gara poetica, si ha a volte il richiamo di personaggi o di temi storici anche nelle cobertanze. Qui il discorso di ciascun poeta si lega con quello degli altri, e assume una veste e un tono diverso rispet-to a quello delle sterrine. L’esiguità dello spazio metrico a disposizio-ne (un distico) impone che l’idea sia formulata in modo sintetico e mi-ri al massimo dell’efficacia. Quando la storia entra nella cobertanza, i personaggi o le vicende diventano allegorie, assumono valore in quan-to emblemi o rappresentazione di qualcos’altro, che è funzionale al te-ma e al clima della gara. Nella cantata che si è svolta a Decimoputzu il 01/07/1994, ad es., Salvatore Marras di Quartu S.E., apostrofa un colle-ga dicendo: “Bolit fai Cincinnati innoi / candu a istentu salvas sa ped-di” [“Vuole fare il Cincinnato / quando a stento salvi la pelle – alcu-ni adattamenti fonetici sono dovuti a esigenze di rima, ndr]. Per capire il senso di questa citazione, che avviene nel distico della cobertanza, è necessario un minimo di spiegazione sull’argomento generale della ga-ra. Questa si sviluppa attorno al tema della “difesa di un regno storico” [dietro l’immagine del “regno storico”, il Campidano, ndr], affidata al poeta fundadori16 (che è lo stesso Marras). Gli altri tre poeti sono Pao-lo Mura di Teulada, Salvatore Melis di S.Anna Arresi e Paola Dentoni di Selargius. Dunque, in gara ci sono due rappresentanti del Campida-no e due rappresentanti del Sulcis, e l’ordine dei poeti prevede proprio che la controversia fra i poeti (intrecciu) si svolga fra Marras e Mura e fra Dentoni e Melis, cioè fra un cantadori del Campidano e uno del Sul-cis. In pratica, a ciascuno dei poeti spetta il compito di difendere la pro-pria bandiera dagli attacchi dei rappresentanti della parte contrapposta. Il senso della citazione che Marras usa per attaccare il collega sulcita-no è dunque all’incirca il seguente: “tu credi di essere in grado di pro-teggere la tua patria – come Cincinnato che salvò Roma dalla minac-cia degli Equi – mentre a malapena sei capace di proteggere te stesso”.

16 Il fundadori è il poeta che inizia la cantata, stabilendo il tema della discussione e orientandone lo sviluppo (cfr. Bravi 2005: 57-58).

Page 12: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

38 39

Cincinnato è un’immagine, quella del forte “difensore della patria”, che è funzionale al discorso in atto, il quale nulla ha a che fare con la storia romana in cui si colloca la vicenda del grande console.

In questa ri-funzionalizzazione di cui sono oggetto i grandi nomi della storia, non c’è nulla di singolare: la cobertanza è il regno dell’al-legoria, e ciò che vi è presentato ha un significato che trascende il piano letterale, secondo l’estetica della poesia del Campidano. E dunque an-che la storia, in questi casi, diventa strumento per la costruzione di un discorso in cui il linguaggio è quello delle immagini e in cui il vero si-gnificato va decifrato andando al di là della lettera.

7. Le ragioni della metrica

Alla luce delle considerazioni esposte neil paragrafio precedentie, cercheremo ora di offrire qualche spunto per offrire una spiegazione del-la presenza, che sembra (relativamente) massiccia, della vicenda storica di Corradino di Svevia nella poesia campidanese.

Una prima ragione che favorisce e facilita l’adozione della vicenda nelle trame dei poeti è la presenza di alcuni nomi propri che possono es-sere utili nella costruzione della poesia. Nella composizione di un mu-tetu l’elaborazione del distico di cobertanza precede la creazione della sterrina. Poiché l’argomentazione trattata nella sterrina è sostanzialmen-te libera, i poeti in genere – peraltro non tutti, e comunque non sempre – cominciano a costruire la sterrina partendo dalle rime della cobertanza che si presentano più ostiche, e che nel complesso lasciano intravedere – nel breve lasso di tempo concesso dai ritmi della gara – la possibili-tà di un’articolazione concettuale e di uno sviluppo linguistico efficace. Nel caso specifico, si hanno almeno due nomi, il toponimo Taliacozzu e il riferimento alla casata degli Angiò che si presentano molto funziona-li a questo scopo: il primo rima con la voce verbale potzu (posso), che ricorre con frequenza nel lessico poetico campidanese; il secondo rima con l’avverbio di negazione no (non). In entrambi i casi, non vi sono molte possibilità di risolvere elegantemente l’obbligo di rima. Nel caso dell’avverbio di negazione, che evidentemente compare con grande fre-quenza, la soluzione più comune è quella di rimare con però (spesso in-serito in modo piuttosto goffo nel discorso della sterrina), o con la voce

Page 13: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

38 39

verbale importata so (per sciu o seu; e anche in questo caso, con esiti a volte zoppicanti), se non con termini meno comuni come comò, prò, gi-rò (il vino), Doberdò, ecc. E anche potzu non è molto generoso in fatto di corrispondenti di rima: accotzu, assotzu, motzu, magari l’italianismo strotzu. Comunque, non è un termine la cui rima può essere coperta in molti modi. I poeti stessi mettono in luce questo aspetto. Per Antonello Orrù di Sinnai, ad es., “a volte è comodità di rime anche: a volte tu usi la battaglia che ha fatto con Carlo D’Angiò … Carlo D’Angiò torna con no, quindi facciamo il collegamento fra Corradino e Carlo D’Angiò”17. In questo senso, lo stesso Falqui, che ha impiantato la cantata stabilen-do l’argomento di discussione, dice: “ho cercato anche Corradino Sve-vo, perché poteva servire come rima: Svevo-allievo”18. In questo caso, la rima trainante è quella che ha permesso di imbastire una sterrina ‘ro-busta’ di storia: la parola (svevu), infatti, onora validamente un termine (allievu) di cui Falqui aveva evidentemente già immaginato il possibi-le utilizzo nel contesto di una cantata in cui la fondazione della cantata fosse stata a lui affidata e che prevedeva di incentrare sul proprio ruolo di poeta nuovo nella ‘scuola’ dei poeti grandi.

8. Le ragioni dell’esperienza umana

La vicenda umana di Corradino, nonostante l’esilità del rilievo sto-rico, ha comunque sempre colpito e colpisce ancora, anche a prescin-dere dalle ragioni e dall’interesse della storia. È una pagina che tocca corde cui tutti – e non solo gli storici – sono sensibili. Tutti sono nella propria vita partecipi, in modo più o meno diretto e con un coinvolgi-mento più o meno personale, di avvenimenti tristi di questa natura. La morte di un giovane è sempre un evento che turba e commuove, e che colpisce e dà motivo di riflessione e di discussione. Sotto questo profilo, la poesia cosiddetta popolare è infarcita di storie in cui le note dominan-ti sono l’efferatezza dei delitti, il tradimento, l’abominio dei responsa-bili, la vendetta, la gioventù troncata dalla morte. L’attenzione specia-le verso nobiltà e regalità – felice o sventurata – è poi un altro topos in

17 Intervista 03.05.2006.18 Intervista 15.03.2006.

Page 14: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

40 41

questa letteratura. Insomma: nella vicenda di Corradino, politicamente secondaria, ci sono però molti ‘ingredienti’ che ritroviamo in larga par-te della letturatura popolare e che risultano più aderenti ai drammi del-la vita reale di tutti.

Anche nelle canzoni tipiche dell’area campidanese, accanto a temi sati-rici o morali a narrazione di altro genere, si trova spesso il racconto di eventi luttuosi e di episodi di cronaca ‘nera’. In tempi oramai storici, ad es., alcuni autori campidanesi immortalarono nelle loro canzoni il regicidio di Umberto I di Savoia, nell’anno 190019. In tempi relativamente recenti, ad es., Fla-vio Melis ha dedicato una cantzoni a torrada alla tragica vicenda di Al-fredino Rampi, che, trasmessa in diretta dalla televisione, turbò e com-mosse l’Italia negli anni Ottanta20.

Inoltre, nelle scuole di base, soprattutto fino a qualche decennio fa, l’insegnamento della storia aveva un taglio prevalentemente ‘narrativo’, con enfasi su fatti e personaggi memorabili, in grado di suscitare emo-zioni, di colpire la fantasia e di esercitare una efficace azione in quali-tà di exempla. I libri di storia dedicati a queste classi rappresentavano i personaggi in base a questa chiave di lettura e le loro illustrazioni sol-lecitavano l’immaginazione dei giovanissimi studenti e giovavano al-la memorizzazione. Il ricordo di Carlo Pillai, storico e studioso di poe-sia campidanese, trascritto di seguito, potrebbe probabilmente essere condiviso da poeti formatisi nelle scuole di base fino a qualche decen-

19 Cfr. Carmelo Barroi, “Canzoni sarda po s’assassiniu de su Rei nostru Umbertu I, committiu po sa manu vili de Bressi Gaetanu in Monza, sa notti de su 29 de Lugliu, a is 10,30 de s’annu 1900”. Cagliari, 30 luglio 1900, Tip. Dell’Unione Sarda, Cagliari (dello stesso autore, anche un “Seguito a sa Canzoni sarda po s’assassiniu de s’amau e caru So-vranu nostru Umbertu I Rei de Italia, e sa cundenna de su vili scellerau Gaetanu Bresci”. Cagliari, 30 Agosto 1900, Tip.-Lit. O. Reale, Cagliari.); Efisio Usai, “Canzoni po sa morti de Umberto Rei de Italia, assassinau in Monza, sa notti de su 29 de lugliu 1900, de Gaietanu Bresci, nasciu su dexi de novembri de su 1869, in Prato (Toscana)”. Cagliari, 6 Agosto 1900, Tip.-Lit. O. Reale, Cagliari. Lo stesso sovrano aveva fatto parlare di sé in una precedente canzone che ricordava la sua venuta in Sardegna nell’anno precedente l’omicidio. Anche questa canzone, peraltro, accompagnava il racconto degli eventi connessi alla visita reale con il racconto di alcune sventure accadute nei medesimi giorni: Francesco Cossu, “Canzoni sarda intitulada po sa bennida chi ha fattu su Rei e sa reina in sardigna, e s’adornamentu che a preperau Casteddu su 12 de Arbili su 1899. – E po su dannu suzediu su 18 in sa Ferrovia Reali, 19 ferius e unu mortu de su terrazzu chi dde arrutu”. 1899, Cagliari, Tip. G. Serrel.

20 Flavio Melis, “Sa morti agonizzada di Alfredino Rampi”. In “Canti Campidane-si. Vol 2”, AEDO, Cagliri, s.d.

Page 15: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

40 41

nio fa21: “Questa figura di Corradino ce l’ho impressa anch’io, fin da-gli anni delle scuole elementari, perché c’era nel nostro libro. C’era an-che l’immagine, questo ragazzino che aveva colpito tutta la classe […] l’insegnante batteva il tasto su questi argomenti qui, chiamoli romanti-ci… quindi presumo che fosse una figura nota per questo motivo, […] per quel fenomeno di semplificazione della storia, ovviamente si batte-va più sui sentimenti che sugli eventi politico-sociali”22.

Sulla presenza di Corradino nella poesia campidanese, l’opinione di Paolo Zedda, poeta e studioso, è che “una delle chiavi è che comunque è un avvenimento colorito, […] un po’, come si dice, un po’ da gossip, uno di quelli dove ci puoi costruire una storia […] Per dire … il proces-so di Cogne non è che sia più importante di un altro omicidio, però ne abbiamo parlato per due anni [il riferimento è alla vicenda dell’omici-dio del piccolo Samuele Lorenzi, di tre anni, avvenuta nel paese della Val d’Aosta il 30 Gennaio 2002, un delitto per il quale è stata incrimi-nata la madre in un processo che è da tempo sotto i riflettori dei media – ndr]. Entri in un giro per cui ne parla uno, poi ne parla un altro, poi lo usi in un altro senso, poi è un immagine che comunque ti rimane in testa”23. La vicenda di Corradino e la vicenda di Cogne, dunque, sotto questo profilo rifletterebbero meccanismi di tipo sostanzialmente ana-logo. Se la presenza dei media, nel caso della tragedia recente, rappre-senta un volano e un formidabile amplificatore del discorso, tuttavia al-cune spinte dell’interesse collettivo sono fondamentalemente comuni. Le ragioni di base del ‘successo’ di un informazione particolare, in en-trambi i casi, sono le stesse.

21 La figura di Corradino, in questo senso, ha sempre goduto di un’eco notevole, probabilmente sproporzionata rispetto all’effettivo peso storico della vicenda. La vicen-da, inoltre, è transitata nell’ambito letterario, in particolare attraverso Aleardo Aleardi, che ne trattò in una delle sue composizioni più note, “Il Monte Circello”, del 1856. Qui Corradino è ritratto secondo lo stereotipo dell’eroe romantico – un giovane “Pallido, e bello, con la chioma d’oro / Con la pupilla del color del mare / Con un viso gentil da sventurato”, vittima del tradimento – ed è inoltre ricordato l’episodio, forse leggenda-rio, secondo cui il giovane, prima di porre il capo sul ceppo, lanciò sulla folla un guanto di sfida, che venne raccolto da Giovanni da Procida, come segno d’invito a vendicarlo. La poesia comparve spesso nelle antologie poetiche delle generazioni che si formarono prima della seconda guerra mondiale.

22 Intervista 30.03.2007.23 Intervista 31.03.2006.

Page 16: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

42 43

9. Le ragioni della tradizione

Un elemento che è entrato nei contenuti della poesia estemporanea e vi si manifesta con una certa stabilità e continuità ha, in linea di massi-ma, una possibilità maggiore di ricomparire, nelle gare poetiche del pre-sente, rispetto ad elementi innovativi non acquisiti dalla tradizione. Non si tratta, beninteso, di un discorso assoluto: nella poesia improvvisata del Campidano i poeti sono sempre invitati a crearsi uno stile persona-le, a dare un’impronta propria alla propria presenza poetica, a ricercare (almeno dopo la fase degli esordi, in cui l’imitazione è ammessa e anzi, sotto vari aspetti, incoraggiata) un posto e un ruolo che non sia quello di ‘repliche’ dei poeti che li hanno preceduti. La personalità e il valore di un poeta stanno anche in questa capacità di esprimere un modo di far poe-sia che, sebbene coerente con il contesto della tradizione, non sia com-pletamente succube nei confronti delle autorità e riverente nei riguardi delle ‘regole’ implicite o esplicite che il far poesia si porta dietro. Insom-ma, almeno per quanto riguarda il Campidano, il principio del cosiddetto predominio della langue sulla parole che storicamente è stato associato all’idea della creazione popolare24, e che potremmo più o meno tradur-re o declinare come il prevalere della tradizione sull’innovazione, o del collettivo sull’individuale, deve essere misurato in relazione a elementi specifici e non è un principio sempre ed immediatamente generalizzabile.

Tuttavia, anche in questo caso, ovviamente, il passato ‘pesa’25. Que-sto peso si manifesta, nel caso in esame, non solo per le ragioni illustra-te in precedenza, cioè per il fatto che spesso i contenuti delle gare poe-tiche trasmigrano da una cantata all’altra, ma anche per il fatto che la citazione precedente offre ‘garanzie’ circa la correttezza, l’utilità, l’effi-cacia, la legittimità dell’uso di un determinato elemento. Tale garanzia

24 Cfr. Bogatyrëv / Jacobson, “Die Folklore als eine besondere Form des Schaf-fens”, 1929, in Bogatyrëv 1982: 66-78.

25 D’altra parte, è quello che accade in ogni attività umana, e perciò coinvolge an-che le pratiche che riguardano la creatività. In questi campi, anche le forme più radica-li di arte rivoluzionaria, tesa verso l’innovazione o la personalizzazione esasperata, in effetti non dimenticano o trascurano affatto il passato e la ‘tradizione’, ma al contrario definiscono la propria natura proprio in relazione ad essi, solo che li assumono come elementi antagonisti anziché come alleati, come tela da stracciare anziché come tessu-to da completare.

Page 17: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

42 43

vale specialmente se il riferimento è ‘d’autore’. Nel caso della poesia campidanese, ciò equivale a dire se il poeta che ha utilizzato l’elemen-to in esame è un poeta di valore universalmente riconosciuto e compro-vato dalla fama. E questo aspetto ‘autoriale’, per cui non tutto ciò che giunge dal passato (remoto o recente, non cambia) fa testo, ossia ga-rantisce legittimità e valore al nuovo, ma solo ciò che proviene da fon-ti selezionate, cioè is mannus, i grandi poeti del passato e del presente, rende ancora più complesso il discorso relativo al rapporto fra ‘tradi-zione’ e ‘individualità’ nella poesia campidanese26.

È forse superfluo sottolineare il fatto che se l’efficacia di questo mo-vente, che possiamo etichettare come principio della ‘tradizione autore-vole’, è particolarmente presente e cogente per il neofita, mantiene pe-raltro la sua validità per ogni poeta e in ogni circostanza. L’ancoraggio alla tradizione autorevole giova soprattutto al giovane esordiente, che necessita di appoggi esterni, di chiodi di sicurezza, di punti di orienta-mento per navigare in tranquillità, ma può servire anche all’esperto, se non altro inteso come scudo, come elemento di confutazione e difesa ir-refutabile in caso di controversie e attacchi. Il giovane Falqui, dunque, quando cita Corradino va sul sicuro. Perché ‘pesca’ nella tradizione, cer-to, ma anche, e più in particolare, perché recupera un soggetto già trat-tato, insieme con altri grandi del passato, da colui che indica come suo maestro, Emanuele Saba di Terraseo (“[…] s’intentu mi seu propostu / de sighiri su de Terreseu” – trad.: mi sono proposto l’intento di seguire [il poeta] di Terraseo [cioè Saba, ndr] – dice Falqui nella stessa cantata) – vedi paragrafo seguente – e da poeti del presente verso cui dimostra ammirazione, come ad es. Antonio Pani di Quartu S. Elena.

10. Le ragioni della battaglia

Consideriamo, isolatamente, tre aspetti. [1] La storia di Corradino di Svevia è fondamentalmente la storia di uno scontro perso ma affron-tato con coraggio – forse fin troppo – e orgoglio da un ragazzo inesperto

26 D’altra parte, in termini più generali la tradizione va comunque sempre conside-rata una “retroproiezione” (Pouillon 1975), che “non trasmetterebbe il passato nella sua integralità, ma attraverso di essa si determinerebbe una sorta di azione filtrante, il cui pro-dotto verrebbe a costituire così la tradizione” (Lenclud 2001 ed. or. 1987: 124).

Page 18: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

44 45

e certo immaturo per il compito che si era assunto. [2] Lo scontro è uno dei motori principali della poesia improvvisata del Campidano27. Nella poesia improvvisata campidanese tale scontro si realizza non solo, anzi non tanto su posizioni o su argomenti su cui dibattere, quanto piuttosto sulla personalità in quanto cantadori, sul livello che si è raggiunto fra i poeti, sul grado che si è maturato con la carriera, sulle gerarchie che in ciascuna cantata sono da stabilire, confermando o tentando di sovver-tire lo stato dei fatti fino ad allora accertato e accettato. Lo scontro fra i poeti implica sempre, in modo anche palese e dichiarato, un tentativo di emergere e, poiché non si può essere todos caballeros, di affossare, più o meno scientemente, qualcun altro. Un caso tipico, in questo senso, è quello che interessa il rapporto fra poeti di generazioni diverse. La car-riera di un poeta segue, come la vita, una parabola, e il rapporto interge-nerazionale – che pure è fatto in molti casi di stima, ammirazione e aiu-to vicendevole, e che talvolta fa vivere rapporti maestro-allievo di reale amicizia e profondità umana oltre che poetica – spesso determina invece frizioni anche pesanti fra le parti in causa. [3] La poesia campidanese vi-ve di metafore, un concetto richiede un’immagine che lo ‘vesta’ (ripren-diamo un’espressione usata da Paolo Zedda) e lo renda ‘percepibile’ e poeticamente appetibile. Un contenuto espresso in modo diretto è sem-pre meno apprezzato di un contenuto espresso in modo indiretto. Nel-la poesia campidanese il messaggio si muove generalmente attraverso un itinerario obliquo e filtrato, talvolta come connotazione strisciante. È per questo che la poesia campidanese è difficile da capire – o almeno da capire fino in fondo – e richiede conoscenza profonda sia delle strutture della poesia sia dell’ambiente, della storia e delle persone che la poesia l’hanno fatta e la fanno. In questo senso, è una poesia del tutto ‘riservata’.

Dopo aver delineato separatamente i tre aspetti, combiniamoli: in sintesi, la vicenda di Corradino può funzionare egregiamente come em-blema di vicende e di personaggi che nell’ambito delle cantate campida-nesi costituiscono un motivo ricorrente. La ‘scalata’ delle nuove gene-razioni nei confronti di coloro che occupano le posizioni di vertice può essere fatta in modi diversi, ma è comunque nell’ordine delle cose nel-l’ambito della poesia improvvisata ed è un filo che attraversa quasi sem-

27 Cfr. Bravi 2005b: 16-19.

Page 19: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

44 45

pre le cantate in cui la combinazione del team di poeti crea situazioni di questo tipo. Il nuovo cerca di conquistare una posizione, mentre chi la posizione la detiene già, cerca di difenderla. Entrambe le categorie san-no che i poeti affermati possono condizionare, anche pesantemente, le sorti della carriera poetica di un giovane, ma sanno anche che un atteg-giamento eccessivamente ‘arrogante’ da parte dei grandi può ritorcer-si loro contro ed essere controproducente, così come un atteggiamento sfrontato o supponente da parte dei giovani può anch’esso risultare fa-stidioso all’uditorio ed essere, al limite, fatale in vista della carriera poe-tica. Tutti, comunque, sanno che alla fine è il pubblico che ha l’ultima voce in capitolo. Nel quadro che abbiamo delineato, la figura storica di Corradino è utile e pertinente: Corradino è infatti anche l’immagine – accreditata anche grazie al prestigio che la storia dona alla poesia – del coraggio disinibito e sfrenato, della temerarietà che si risolve in disgra-zia, dell’immatura sicumera preambolo di catastrofe. È, evidentemente, un’immagine funzionale soprattutto alla ‘difesa’ della posizione da parte dei poeti grandi che devono contrastare poeti giovani ai loro occhi trop-po intraprendenti, sicuri di sé, disinibiti o pungenti28. Un arma retorica di cui si servono spesso: “Tui dda finis che a Corradinu”, o espressioni simili, ricorrono sovente nelle gare poetiche. In particolare, si trovano nella sezione del mutetu chiamata cobertantza, nella quale ha luogo lo sviluppo dell’argomentazione e dove, principalmente, si svolge la con-troversia fra i poeti. Un esempio ne è il seguente mutetu di Emanuele Sa-ba di Terraseo cantato a Sarroch per la festa di S. Vittoria il 14/09/1990.

Sterrina Vargiu at initziau su tratenniE pensu chi siat de sollievuCosa in segretu ritengu chi nci siatMa custu dd’eus a biri andendi in caminuO mellus narri duranti su viaggiuChi impari a issu mi accorduCa po mei est unicu scopuA iscoberri su chi componit Eliseu

TraduzioneVargiu ha iniziato il trattenimentoE penso che sia di sollievoPenso che ci sia qualcosa di nascostoMa questo lo vedremo andando in camminoO per meglio dire durante il viaggioChe insieme a lui mi accordoChe per me è unico scopoScoprire ciò che compone Eliseo

28 Sotto questo profilo, l’efficacia del richiamo alla vicenda di Corradino è messa in evidenza da Antonio Pani, secondo il quale il personaggio serviva “per mettere in risalto l’inesperienza, […] magari un anziano che va a discutere con un giovane gli dice “guar-da che Corradino ha fatto questa fine”. Quindi sono passaggi che sono poi utilizzati per cercare di riportare un po’ indietro colui che cerca di avanzare” (intervista 02.03.2007).

Page 20: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

46 47

11. L’oralità poetica in filigrana

Dietro le singole motivazioni che ci è sembrato di intravedere nel tentativo di spiegare il ‘successo’ di Corradino svevo nella poesia Cam-pidanese, c’è forse anche qualcos’altro. O meglio, c’è un secondo li-vello di spiegazione che riunifica i vari fattori elecati in precedenza all’interno di una struttura di riferimento (e di un parametro di analisi e di interpretazione) più vasta. La poesia di cui trattiamo è una poesia orale, sebbene, soprattutto nei nostri giorni, di quell’oralità che Paul Zumthor ha definito ‘oralità secondaria’, ovvero inserita in “un am-biente in cui quest’ultima [la scrittura] predomina sui valori della vo-ce nell’uso e nell’immaginario”30. L’oralità in genere, e l’oralità poe-tica in particolare – per come è emersa attraverso gli studi etnografici e per come è stata identificata nei suoi caratteri specifici e nei suoi fat-tori qualificanti in una riflessione che è frutto di una convergenza di interesse multilaterale31 – sembra una categoria in grado di riunire i diversi fattori implicati sotto un’unica ‘etichetta’.

[A] Per quanto riguarda il legame fra metrica e oralità, a parte la con-siderazione generale che “non tutta la oralità e metrica, ma tutta la metri-ca è oralità, in quanto modella sempre materia fonico-uditiva”32, è stata ampiamente illustrata la funzione mnemotecnica del verso – inteso come discorso strutturato secondo particolari procedure metriche e retoriche

29 Emanuele Saba, Cantata Sarroch, S. Vittoria 14/09/1990.30 Zumthor 1984: 36.31 I contributi sul tema dell’oralità provengono da studiosi di formazione diversa.

Non è questa la sede per un catalogo – neppure sbrigativo – degli autori che hanno fatto la storia di questa tematica, che dagli anni ’60 ad oggi ha raccolto una miriade di contri-buti. Ci limitiamo invece a ricordare che la loro formazione è stata decisamente varia. Quella dell’oralità è infatti una tematica di tale ampiezza e portata che taglia trasversal-mente gli ambiti disciplinari e incide in settori di studio che abitualmente non prevedo-no una frequentazione reciproca. Tra gli autori di riferimento, dunque, troviamo, oltre a studiosi della comunicazione e dei media (McLuhan), grecisti (Havelock) e filologi clas-sici in particolare (Parry, Lord), antropologi e studiosi di folklore (Goody, Finnegan, Te-dlock), studiosi di letteratura (Ong) e di medioevo in particolare (Zumthor), ecc.

32 Cirese 1988: 19.

CobertantzaDeu regordu a Corradinu svevuIoPo tropu coraggiu moriat minorenni29

Ricordo Corradino svevoPer il troppo coraggio moriva minorenne

Page 21: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

46 47

– nell’ambito di culture illetterate o in cui la scrittura ha una diffusione e un peso ridotti33. Le forme metriche si inscrivono e sono pienamente funzionali in un contesto in cui domina l’oralità, e non è casuale il fat-to che una parte consistente della poetica del Novecento, in cui più che in ogni altra epoca è valsa l’equivalenza poesia = scrittura, ha espresso un’opzione preferenziale per l’adozione del verso libero, respingendo le strutture della metrica in quanto forme artificiose, superficiali e inu-tilmente vincolanti.

[B] “Senza le elaborate categorie analitiche che la scrittura ha re-so possibili per organizzare la conoscenza distaccandola dall’esperien-za vissuta, le culture orali la devono concettualizzare ed esprimere in riferimento più o meno stretto alla vita dell’uomo”34. L’osservazione di Ong si inserisce nel contesto di un discorso in cui sono messe in lu-ce alcune delle specificità del ‘pensiero orale’. Se tentiamo di tradurre i concetti generali proposti da Ong e di trasportarli o adattarli sul terre-no che stiamo esaminando, ci sembra di poter dire che la predilezione per la vicenda di Corradino si può inquadrare in una struttura generale del pensiero in cui ciò che è vicino all’esperienza umana fa breccia con più facilità che non ciò che è – o è percepito come – ‘astratto’, lontano dal vissuto, distaccato e non assimilabile rispetto alla vita concreta e ai suoi significati. La scienza storica ufficiale propone nozioni e concetti che, in un contesto con forti segni di oralità, sono ‘estranei’, mentre la vicenda del giovane svevo richiama immagini vivide, aderenti al vissu-to e immediatamente accessibili.

[C] Il terzo fattore (la ‘tradizionalità’ del tema in questione) si lega al tema dell’oralità, ma richiede un distinguo. L’idea romantica di poe-sia popolare come forma integralmente ‘tradizionale’ (non solo anoni-ma, ma frutto di una misteriosa creazione comunitaria, espressione di un sentimento collettivo, sopravvivenza di un passato immobile nel tempo,

33 Cfr. Havelock 1973, Ong 1986, Canettieri 2005.34 Ong 1986: 72. Più in generale, se la questione – oramai secolare - della variabi-

lità o della universalità dei meccanismi cognitivi (e, più in generale, il pensiero) all’in-terno del genere umano è controversa, anche l’angolatura che gli oralisti hanno dato al problema ha avuto risposte discordanti, sebbene la maggioranza degli studiosi sono in-clini a ritenere che la scrittura, in quanto “tecnologia dell’intelletto” – l’espressione è di Jack Goody – ha una incidenza nei processi mentali.

Page 22: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

48 49

ecc.), pur da tempo superata in ambito scientifico, contiene infatti se-duzioni che sembrano ancora efficaci in settori non specialistici. Nella poesia campidanese il valore dell’individuo, la personalizzazione del-lo stile poetico, e anche l’innovazione (seppure calibrata e compatibile con i canoni piuttosto rigidi di una poetica dotata di regole condivise e ben delineate) sono elementi presenti e qualificanti. Tuttavia, una volta sgombrato il campo da questi possibili equivoci, si può ancora condivi-dere, nelle sue linee generali, la posizione espressa da Bogatyrev e Ja-cobson, secondo i quali “una delle differenze fondamentali fra folclore [n.d.c. orale] e letteratura scritta consiste nel fatto che tipico del folclore è il suo orientamento verso la langue [n.d.c. “l’insieme di convenzioni ac-cettate da una comunità”] mentre tipico della letteratura scritta è l’orien-tamento verso la parole [n.d.c. “l’atto individuale del discorso”]”35. Se oralità non significa dunque, automaticamente e sbrigativamente, ‘tra-dizionalità’, tuttavia un legame di fondo tra i due concetti sussiste. Le motivazioni di fondo di questo nesso sono identificabili, seguendo Ong, in una mentalità di tipo tradizionalista che deriva tale caratteristica dalla necessità di svalutare la sperimentazione a vantaggio della riconferma di un sapere che deve poter sussistere senza godere di supporti esterni: “poiché in una cultura ad oralità primaria una conoscenza concettualiz-zata che non venga ripetuta ad alta voce svanisce presto, le società che su di essa si basano devono investire molta energia nel ripetere più vol-te ciò che è stato faticosamente imparato nel corso di secoli. Questa esi-genza crea una mentalità altamente tradizionalista e conservatrice che, a ragion veduta, inibisce la sperimentazione intellettuale”36.

[D] L’ultimo fattore delle ‘fortune’ poetiche di Corradino di Svevia nella poesia estemporanea del Campidano rimanda alla fertilità di con-cetti e immagini che la vicenda storica mette a disposizione ai fini della ‘battaglia’ poetica. Gli studi sull’oralità hanno messo ampiamente in luce il carattere ‘agonistico’ che è tipico di queste culture. “Molte, se non pro-prio tutte le culture orali o con residui di oralità presentano una caratteri-stica che colpisce gli individui letterati: sono straordinariamente agonisti-

35 Bogatyrev / Jacobson 1982 ed. or 1929: 71 (le citazioni riportate come n.d.c. so-no tratte dallo stesso saggio: 66).

36 Ong 1986: 70.

Page 23: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

48 49

che nella loro verbalizzazione, e anche nel loro stile di vita”37. L’agonismo proprio delle culture orali trova riscontro – molto ampio e forse universa-le – nelle tradizioni di poesia improvvisata di cui si è oggi a conoscenza. Al di sotto della variabilità delle forme – metriche, di canto e accompa-gnamento sonoro, di impostazione tematica ecc. – la poesia estempora-nea assume sempre i caratteri della gara, della controversia dialettica in versi. L’agonismo, per riprendere un’espressione di Corti, è un “invarian-te dell’oralità”38, uno dei suoi marchi universali e caratterizzanti, un trat-to che rimanda all’ontologia di questo tipo di espressività.

L’oralità, dunque, sembra una categoria capace di sintetizzare e riu-nire sotto un unico denominatore comune gli elementi che, secondo la nostra analisi, rendono conto di una ‘anomalia’, i fattori che spiegano come accade che l’inerme Corradino, ultimo fragile anello della catena dei regnanti svevi, assurge nella poesia ad una posizione che secondo l’ottica della storia non dovrebbe competergli. In sintesi, dunque, Cor-radino obnubila i suoi più illustri e importanti predecessori – “è il più votato”, come ci ha detto il giovane poeta Falqui che abbiamo citato in partenza39 – perché la poesia che lo celebra e lo innalza è una poesia di tipo orale, e per questo dotata di certe caratteristiche40. Le caratteristiche dell’oralità poetica fanno sì che l’esperienza della storia venga rivissuta nella poesia secondo ‘regole’ – o per lo meno secondo prassi – che han-no poco o nulla a che fare con i paradigmi della storiografia.

Con questo tentativo di rilettura, la figura dello sventurato Corradi-no si è rivestita di una nuova funzione. L’ultimo degli svevi, per la sto-riografia povero emblema della catastrofe di una dinastia, è diventato in queste pagine qualcosa d’altro: l’emblema della condizione della storia nella poesia orale campidanese.

37 Ong 1986: 73. 38 Corti 1982: 8.39 Intervista 15.03.2006.40 È senz’altro indispensabile che questa sua fisionomia – ‘orale’ è un etichetta trop-

po generica e pericolosamente abbordabile – venga specificata in relazione ai caratteri costitutivi, alla storia e al contesto di riferimento della tradizione poetica in esame, ma è un compito che non è possibile svolgere in questa sede.

Page 24: Bravi, P. (2007). La storia (fra oralità e scrittura) nella poesia campidanese. Il caso Corradino. In AA. VV., Su cantu de sei in Sardìnnia (p. 27-50). Quartu S. E. (CA): Alfa.

50 51

Bibliografia

-AA.VV, Dizionario di Storia. Diretto da Alberto De Bernardi e Scipione Guarracino, Il Saggiatore, Milano 1993.-AA.VV. Enciclopedia Storia. A cura di Massimo L. Salvatori. Zanichelli, Bologna 2000.-Bogatyrëv, Pëtr, ed. it., Semiotica della cultura popolare. A cura di Maria Solimini. Bertani editore, Verona 1982. -Bravi Paolo, Cantadas in Campidanu. La poesia estemporanea nella Sardegna meridionale. In Bravi Paolo/Lutzu Marco, “Cantus e nodas. La musica di tradizione orale della Sardegna meridionale”, Regione Autonoma della Sardegna. Comune di Sestu, pp. 36-71. (riel. di Cantadas in Campidanu, in “Dispense per l’esame di etnomusicologia”, ed. Live studio, a cura di Ignazio Macchiarella, 2005).-La poesia improvvisata nella Sardegna meridionale. Poetica e stile nella cantata campidanese. In Bravi Paolo/Lutzu Marco, Sonus e versus. “Gli strumenti e le voci nella musica tradizionale della Sardegna meridionale”. Regione Autonoma della Sardegna. Comune di Siurgus Donigala 2005 pp. 6-27.-Cirese Alberto Maria, Ragioni metriche. Versificazione e tradizioni orali. Sellerio, Palermo 1988.-Corti Maria, Nozione e funzioni dell’oralità nel sistema letterario. In Cerina Giovanna /Lavinio Cristina/Mulas Luisa, “Oralità e scrittura nel sistema letterario”. Atti del Convegno Cagliari, 14-16 aprile 1980. Bulzoni, Roma 1982: 7-21.-Deplano Andrea, Rimas. Suoni versi strutture della poesia tradizionale sarda. Artigianarte, Cagliari 1997.-Havelock, Eric A., Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone. Laterza, Roma-Bari (ed. or. Preface to Plato, Harward University Press, Cambridge Massachusetts, 1963)-Lenclud, Gérard 2001 (ed. or. 1987), La tradizione non è più quella di un tempo. In Clemente Pietro/Mugnaini Fabio (a cura di), “Oltre il folklore. Tradizioni popolari e antropologia nella società contemporanea”. Carocci, Roma:123-133 (ed. or. «La tradition n’est plus ce qu’elle était», Terrain, 9:110-123).-Mossa, Michele, 1999 L’improvvisazione poetica nel Campidano. Rilievi etnomusicologici. In “Quaderni Oristanesi”, n. 43/44: 57-79.-Mourre, Michel (et al.), Dizionario mondiale di storia. Rizzoli-Larousse, Milano 2003.-Ong, Walter J. Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola. Il Mulino, Bologna (ed. or. Orality and Literacy. The technologizing of the word, Mathuen, London and New York) 1986 (ed. it.).-Pillai, Carlo, Simone Nieddu. Biografia di un improvvisatore campidanese. STEF, Cagliari 1985.-Pouillon Jean 1975. Tradition: transmission ou reconstruction, in Pouillon Jean, Fétiches sans fétichisme. Maspéro, Paris: 155-173.-Leonardo Sole, Il “pindarismo” sardo. In “La Grotta della Vipera”, n. 8: 34-46, 1977.-Paolo Zedda/Antonio Pani, Sa cantada. I poeti improvvisatori. Alfa Editrice, Quartu S. Elena 2005.Zumthor, Paul, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale. Il Mulino, Bologna 1984