Bit-à-brac. Informazione e biblioteche nell'era digitale

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Bit-à-brac Informazione e biblioteche nell’era digitale Alberto Salarelli DIABASIS DIABASIS Alberto Salarelli Bit-à-brac Milioni di persone vivono oggi un’esistenza in cui l’informazione acquista una rilevanza vitale ed esercitano professioni legate al tra- sferimento dell’informazione. Il “fenomeno Internet” non è solo una rivoluzione tecnologica: la dimensione di rete investe il modo di produrre e diffondere la conoscenza, il modo di aggregare interessi e formare comunità, il modo stesso di lavorare e di vivere. Rispetto a questo scenario le biblioteche, in quanto strumenti di mediazione tra utenti e documenti, sono chiamate a svolgere un ruolo di particolare rilevanza nei processi di sviluppo sociale e di democratizzazione nell’accesso alle fonti del sapere. Alberto Salarelli (Parma, 1967) insegna Sistemi di elaborazione del- l'informazione all’Università di Parma. Si occupa in particolare del rap- porto tra biblioteconomia, società e nuove tecnologie. Tra le sue pubblica- zioni: World Wide Web (Roma, 1997) e, con Anna Maria Tammaro, La biblio- teca digitale (Milano, 2000). E 12,50 I RICERCARI

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Si tratta del rapporto fra informazione e biblioteche nell'era digitale, cioè della rivoluzione dei sistemi informativi (e dunque di comunicazione e di documentazione) a fronte dell'introduzione sempre più massiccia e articolata delle tecnologie digitali. Oggi ci troviamo di fronte a nuove modalità di pensiero e di espressione che, se possono favorire una maggiore diffusione dell'informazione, rischiano di creare fratture tra coloro che sanno utilizzare consapevolmente le nuove tecnologie e coloro che ne sono soltanto utenti passivi. In questo contesto il ruolo delle biblioteche, come istituzioni mediatrici del sapere, diviene oggi quanto mai importante.

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Bit-à-bracInformazione e biblioteche nell’era digitale

Alberto Salarelli

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acMilioni di persone vivono oggi un’esistenza in cui l’informazioneacquista una rilevanza vitale ed esercitano professioni legate al tra-sferimento dell’informazione. Il “fenomeno Internet” non è solo una rivoluzione tecnologica:la dimensione di rete investe il modo di produrre e diffondere laconoscenza, il modo di aggregare interessi e formare comunità, ilmodo stesso di lavorare e di vivere. Rispetto a questo scenario le biblioteche, in quanto strumenti dimediazione tra utenti e documenti, sono chiamate a svolgere unruolo di particolare rilevanza nei processi di sviluppo sociale e didemocratizzazione nell’accesso alle fonti del sapere.

Alberto Salarelli (Parma, 1967) insegna Sistemi di elaborazione del-l'informazione all’Università di Parma. Si occupa in particolare del rap-porto tra biblioteconomia, società e nuove tecnologie. Tra le sue pubblica-zioni: World Wide Web (Roma, 1997) e, con Anna Maria Tammaro, La biblio-teca digitale (Milano, 2000).

E 12,50

I RICERCARI

I r i c e r c a r iC o l l a n a d i r e t t a d a G i u s e p p e P a p a g n o

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Il mondo sta cambiando, anzi, è già cambiato questo è certo. Oforse, e meglio, per la prima volta sta veramente diventando “mondo”.L’intreccio di cose, uomini e modi di vedere tra loro diversi che entra-no progressivamente, ma senz’ordine, in un unico grande sistema, ilmondo, di cui – proprio per la sua elevata dinamica – né si conosce laconfigurazione né, tantomeno, l’esito sembra richiamare l’antica escla-mazione di Eraclito: παντα ρει!, “Tutto scorre!”, tutto si muove, tuttosi agita. Tutto, infine, si combina o cerca di combinarsi in manierenuove e inaspettate. Anche i saperi entrano in questo vortice evoluti-vo e mutano collocazione, dinamica e proiezione, se non il loro senso.

La collana non vuole anticipare il mondo che verrà, ma proporsidi seguire con vista strabica (un occhio attento a non disperdere i pas-sati, e l’altro invece a seguire le onde dei presenti) le spire della suaevoluzione sui diversi terreni: da quelli della storia e dell’identità sto-rica o del rapporto fra la scienza e il tempo storico, o della storia egeografia del territorio a quelli… della genetica. Non aggiornamen-to, quindi, e neppure l’avvenirismo di moda che sconfina con la fan-tasia: piuttosto il più modesto tentativo di stare “dentro” il movi-mento dei tempi e degli spazi.

Titoli pubblicati

Giuseppe Papagno, Un modello per la storia. Materiale, attività, funzioni

Piergiovanni Genovesi, Utilità della storia. I tempi, gli spazi, gli uomini

Giuseppe Papagno, Altrove. Viaggi nel diverso, viaggi nella storia

Alberto Salarelli, Bit-à-brac. Informazione e biblioteche nell’era digitale

Titoli di prossima pubblicazione

Irene Campari, Stultus loci: il non sense dell’esperienza geografica oggi

Renato Betti, La simmetria tra naturale e artificiale

Bernardo Cinquetti, Il senso poetico delle scienze

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In copertinaHieronymus Bosch, L’estrazione della pietra della follia

(particolare)

Progetto grafico e copertinaStudio Bosio, Savigliano (CN)

ISBN 88 8103 284 8

© 2004 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia

telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047e-mail [email protected]

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Alberto Salarelli

Bit-à-bracInformazione e biblioteche nell’era digitale

D I A B A S I S

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Presentazione, Giovanni Solimine

Premessa

Bibliografia e caos

Con quali documenti si scriverà la storia del XXsecolo? I sedimenti del “secolo breve”

Le patologie da eccesso di informazione: l’information overload

Quando l’utente non è indipendente: il digital divide

Bibliografia

Indice dei nomi

Alberto SalarelliBit-à-bracInformazione e biblioteche nell’era digitale

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Capitolo secondoCon quali documenti si scriverà la storia del XX secolo?I sedimenti del “secolo breve”

Se volessimo divertirci a giocare con il paratesto, il titolodi questo saggio potrebbe essere visto non come una dichia-razione d’intenti, cioè la tesi di un successivo svolgimentoverbale, ma semplicemente come la didascalia di un’imma-gine fotografica. Per esempio una fotografia di Jacques-Henri Lartigue, di quelle dove sono rappresentati i primitentativi riusciti, anche se barcollanti e inevitabilmente unpo’ comici, di volo umano. L’aviazione, fenomeno tutto no-vecentesco che in soli sessant’anni ha portato l’uomo dal bi-plano alla luna, dal Barone Rosso a Gagarin, ad Armstrong,e la fotografia come strumento inusitato per documentarequesta nuova storia 1. Non possiamo sapere, né immaginarese non con difficoltà, come si scriverà la storia del XX seco-lo nel XXI o nel XXII secolo, ammesso e non concesso chetra cento o duecento anni vi saranno ancora storici, ma cipare molto probabile che, girandoci indietro da lontano, diquesto secolo passato apparirà caratteristico il cambiamentodi ritmo rispetto ai precedenti, la sua impressionante velo-cità di mutazione tecnologica, e che di tutto ciò difficilmen-te si potrà o si vorrà discorrere e raccontare senza l’ausiliodocumentario di una fotografia o di un film 2.

Camminavo, in una bella giornata di fine estate dell’ulti-mo anno del secolo scorso, sul pratino che ricopre il cortiledella Cavallerizza all’interno del Palazzo Ducale di Manto-va; lo scorrere del tempo fra le generazioni delle societàumane lascia segni talora profondi e duraturi talora superfi-ciali ed effimeri. Certamente vi sono materiali, come le cin-quecentesche colonne disegnate da Giovanni Battista Ber-tani en pendant con la facciata giuliesca della Rustica, cheparlano chiaro, non tanto nei significati, quanto nella vo-

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lontà di significare, di voler essere «powerful resource forconstructing and negotiating social space» 3. Materiali chenelle stesse mani degli uomini del tempo passato venivanoa rappresentare una memoria di loro stessi per il futuro:documento come monumento, «prodotto della società chelo ha fabbricato secondo i rapporti delle forze che in essadetenevano il potere» 4. Ma quanti segni inconsapevolmenteincisi nelle pietre, tratteggiati sulle carte, cuciti sui vestiti,sedimentati nella lingua parlata o nella pietanza di popolo,oggi contribuiscono a formare le tessere di un mosaico chel’occhio dello storico intuisce nel suo disegno complessivosempre più precisamente definito mano a mano che ognielemento trova la sua collocazione nel letto di stucco al-l’uopo approntato?

Una prima risposta alla domanda che intitola queste pa-gine potrebbe dunque essere questa: la storia del XX seco-lo si scriverà con quei documenti che gli storici futuri riter-ranno maggiormente significativi, cioè portatori di segni.Questa che sembra una banale tautologia è invece una del-le grandi svolte nella storiografia del Novecento. Documen-ti e avvenimenti sono termini fra loro fortemente correlati:in entrambi i casi ci troviamo di fronte non a elementi og-gettivi ma a “prodotti” del mestiere di storico: è lo storicoche dalla congerie indefinita dei materiali legge ed elegge(nel senso etimologico del termine, cioè e-lige, estrae, sce-glie) quelli che sanno dare testimonianza di quegli avveni-menti che, dalla congerie indefinita dei fatti, vanno a com-porre il racconto. Vale la pena, al proposito, rileggere unacelebre pagina, davvero mirabile per acume metodologico,di Marc Bloch:

Ma dacché non siamo più rassegnati a registrare puramente e sempli-cemente le parole dei nostri testimoni, dacché intendiamo costringer-li a parlare, forse anche contro voglia, si impone più che mai un que-stionario. Questa è difatti la prima necessità di ogni ricerca storicaben condotta.Parecchie persone, e anche – a quanto pare – alcuni autori di manua-li, si fanno un’idea sorprendentemente ingenua del modo di procede-re del nostro lavoro. «In principio – essi direbbero volentieri – ci so-no i documenti. Lo storico li raccoglie, li legge, si sforza di valutarnel’autenticità e la veracità. Dopo di che, e soltanto allora, li utilizza.»

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C’è un solo guaio: nessuno storico procede così. Persino quando, percaso, si immagina di farlo.Infatti i testi, o i documenti archeologici, sia pure quelli in apparen-za più chiari e compiacenti, parlano soltanto quando li si sappia in-terrogare 5.

Mentre Bloch componeva la sua opera (1941), pubblica-ta postuma otto anni dopo a cura di Lucien Febvre, venivadata alle stampe in Italia la quarta edizione della Teoria estoria della storiografia di Benedetto Croce. Se lo storicotransalpino propone di sviluppare le proprie capacità di in-terrogazione nei confronti dei materiali (il che impone lostudio di molteplici linguaggi segnici), nondimeno Crocesuggerisce che per distinguere tra documenti significativi enon significativi

il criterio è la scelta stessa, condizionata, come ogni atto economico,dalla conoscenza della situazione in cui ci si trova, e in questo casodai bisogni pratici e scientifici di un determinato momento o epoca:la scelta, che è perciò condotta bensì con intelligenza, ma non già conl’applicazione di un filosofico criterio, e si giustifica solo in sé e da sémedesima 6.

Libertà e responsabilità dello storico sono il trait d’uniontra i due brani. Diversi furono però gli sviluppi della prassistoriografica nei due Paesi: se in Francia la scuola delle An-nales portò a una vera e propria rivoluzione interpretativaaprendo la strada a nuovi ambiti documentari, cioè alla let-tura di nuovi materiali assurti al rango di documenti, inItalia prevalse la parte più speculativa dell’originaria matri-ce idealistica. Tuttavia porre il problema della conoscenzastorica come riduzione del passato a problema mentale ri-solvendolo «in una prospettiva di verità» se ci porta, da unlato, a formulare un «giudizio storico circostanziato, realis-simo; dall’altro, in quanto verità, esso ritiene il caratteredell’assoluto» 7. In questo senso, seppur tutto è storia, ilpiano di sviluppo più elevato è quello nel quale la storiacome pensiero e come azione ha modo di dispiegarsi nellasua più completa espressione, quello sul quale si va a ope-rare concretamente quando si vogliano impartire sterzatesignificative al corso dei tempi, cioè quello etico-politico.

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Come scrive Chabod:

La storia etico-politica è come un microcosmo, vivo per le forze mo-rali che lo tengono in altezza, ma in cui devono riflettersi, sotto formadi sprone o di remora a quelle forze morali, tutte le varie forme del-l’umana attività, dalla cultura alla politica, dall’economia stricto sensualla diplomazia e alla milizia 8.

Nella storiografia italiana il binomio pensiero/azione,presto tradotto in ideologia/impegno civile, spiega il grannumero di storici che fino a qualche anno fa occupava iseggi delle nostre istituzioni pubbliche di ogni ordine egrado: il che non sarebbe affatto grave se lo storico fosserealmente in grado di mantenere distinte le due figure dipolitico e di ricercatore, impresa che si è rivelata – a lungoandare – pressoché proibitiva. Per questo motivo la scom-parsa di Croce e dei suoi allievi più prossimi, unitamentealle necessità imposte dalla maggiore circolazione del-l’informazione scientifica veicolata dai nuovi media, non èstata senza conseguenze nel panorama storiografico italia-no. Conseguenze non sempre negative:

In una società come la nostra, complessa e attraversata da tensioni cul-turali diverse o variegate, la mancanza di centri di riferimento identifi-cabili in una persona o in poche persone può costituire un terreno as-sai fertile per la ricerca, per l’elaborazione di ipotesi di lavoro, per ladifferenziazione delle posizioni proprio in virtù del minor numero divincoli “fisici” che vengono posti a coloro che si dedicano a questa di-sciplina chiamata “storia”. Origini culturali, problemi, immaginazionie aspettative diverse o varie dovrebbero insomma portare a una mag-giore ricchezza complessiva nell’ambito della ricerca storica 9.

Pluralità di possibilità e di intenzioni significa, per la sto-riografia contemporanea, pluralità di funzioni. Quando sipensa che la storia più che un labaro è un cacciavite, cioèpiù che guidare le coscienze verso una meta è uno strumen-to per agire su un dispositivo complesso, allora è evidenteche l’aspetto sperimentale, laboratoriale, acquisisce un ruolodel tutto nuovo. Ogni società ha una propria necessità stori-ca: la società odierna ne ha tante, diversificate, complesse econtraddittorie in numero proporzionale agli attori che laanimano. Forse un solo scopo per la storiografia contempo-

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Capitolo terzoLe patologie da eccesso di informazione: l’information overload

Tra le vetrine virtuali delle librerie che offrono i loroprodotti su Internet, apparve qualche tempo fa un’indica-zione bibliografica che riportava erroneamente il titolo delpiù celebre volume di Jeremy Rifkin: «l’era dell’accesso»,verosimilmente per un errore di battitura, era divenuta«l’era dell’eccesso. Lapsus freudiano verrebbe davvero dadire in questo caso: chissà cosa rimarrà di noi nelle memo-rie che lasceremo alla posterità, chissà se coloro che ci se-guiranno su questo pianeta guarderanno ai nostri anni co-me a una grande rivoluzione democratica nei confronti del-l’accesso a uno smisurato patrimonio informativo, oppurese verremo ricordati come coloro che vissero la rivoluzionetelematica senza riuscire a venire a capo del problema rap-presentato dalla sovrabbondanza di offerta di informazionirispetto alla capacità di digestione della fisiologia umana,pur supportata dagli strumenti tecnologici disponibili insuo ausilio.

Sia detto subito senza circonlocuzioni di sorta: il proble-ma dell’eccesso di informazione non è tipico unicamente dicoloro che per mestiere producono, mediano e utilizzanol’informazione stessa. È un problema molto più generaleche affligge in misura più o meno accentuata tutti coloroche vivono in paesi ad alto tasso di tecnologia informativa,in situazioni ove l’accesso ai mezzi di comunicazione dimassa non è più una questione di potere d’acquisto quantopiuttosto di capacità di utilizzo, di know-how. Per questomotivo non si vuole in questa occasione prestare attenzionealle situazioni patologiche estreme, quanto piuttosto rivol-gere lo sguardo all’aspetto cronico, alle malattie cosiddette“sociali”. Insomma: se volessimo appoggiarci al paragone

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già visto tra fabbisogno calorico e fabbisogno di bit, vor-remmo preoccuparci, più che degli stati di obesità acuta,delle “malattie del benessere”: sovrappeso, diabete, distur-bi cardiovascolari, gotta.

Si parla frequentemente di “impatto” della rivoluzioneinformativa nei confronti della società. L’uso del termine èfuorviante, non perché manchi una reazione del corpo socia-le ai mutamenti delle tecnologie e dei flussi informativi,quanto piuttosto perché questi fenomeni non si manifestanoattraverso uno scontro frontale, esplosivo, spettacolare, so-noro. Si tratta piuttosto di una forma di pervasione sottile,impalpabile quanto lo sono i bit che attraversano il nostrospazio, il nostro corpo, la nostra umana materialità. Non perquesto però è meno azzardata l’affermazione che «nel mon-do digitale il mezzo non è più messaggio»1: liberati dalla lo-ro apparenza materiale i dati sono pur sempre composti,trasmessi e registrati tramite strumenti analogici dai quali di-pendono tutte le nostre reti informatiche. Senza un’interfac-cia non sapremmo che farcene della “pura” rappresentazio-ne numerica delle informazioni: con le tecnologie digitalisiamo di fronte a un nuovo tipo di “mezzo” che, proprioper le sue rivoluzionarie possibilità, è l’ennesima ulteriore ri-prova di come non si possano sganciare – a livello interpre-tativo – i due termini del problema, contenitore e contenu-to. Quando stramalediciamo il bancomat che si rifiuta didialogare con noi, quando il pannello della biglietteria elet-tronica in stazione è fuori uso, quando il laptop esaurisce lapropria carica ci rendiamo conto che l’interfaccia – per po-ter accedere al dato in formato digitale – è necessaria, a di-spetto di quello che pensa Charles Hildreth: «the age ofworks imprisoned in physical bondage – that is, half-way,nearby technologies – may be nearing an end»2.

La flessibilità dell’informazione digitale, il suo essere“soft”, non prescinde da tecnologie e materiali fisici, atomici,concreti: anzi ne dipende strettamente. È la natura di questadipendenza, cioè del legame tra il messaggio e il mezzo, adessere del tutto inusitata e, per questo, rivoluzionaria.

Paul Virilio ne La bomba informatica accenna alla trasfor-

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mazione dei sistemi di comunicazione pubblicitaria verifi-catasi nel corso del secolo appena terminato:

La pubblicità, semplice réclame di un prodotto nel XIX secolo, pub-blicità industriale che suscita dei desideri nel XX, si accinge a diven-tare nel XXI secolo pura comunicazione, esigendo con ciò lo spiega-mento di uno spazio pubblicitario fino alle dimensioni dell’orizzontedi visibilità del globo 3.

Potremmo fare nostre queste considerazioni aggiungendoche la pubblicità – in fondo – non fa altro che cavalcare i si-stemi di comunicazione informativa più adeguati per rag-giungere un determinato target di potenziale clientela. Sedunque ammettiamo come vera la proposizione che la pub-blicità è oggi una questione “ambientale”, non di meno pos-siamo considerare “ambientale” la nostra permanenza più omeno voluta o percepita all’interno di un sistema informati-vo del quale fanno parte elementi di spicco, come gli appa-recchi di ricezione e trasmissione, altri più sommessi come imanifesti pubblicitari o le insegne luminose, via via versouna congerie sempre più minuta e innumerevole di materia-li talora all’apparenza insignificanti ma che invece “significa-no” e che dunque agiscono in continuazione sui nostri re-cettori sensoriali e da lì verso la nostra Central ProcessingUnit, la mente. Il problema nasce dal fatto che, se per uncomputer è relativamente semplice procedere all’occorrenzaverso un upgrade della memoria e della potenza di calcolo,per la mente umana il sovraccarico di informazione oltreuna determinata soglia è ineludibile 4: varcare il limite dellasopportazione fisiologica non può che causare spiacevoli in-terferenze nella condotta della persona stessa. Georg Sim-mel già nei primi anni del XX secolo aveva avvertito l’acuir-si del disagio provocato dall’eccesso di informazione per chisi trova a vivere in una grande città:

Perciò colui che vede senza udire è molto più confuso, perplesso, in-quieto di colui che ode senza vedere. In questo fatto deve risiedereun elemento significativo per la sociologia della grande città. Il traffi-co che vi si svolge, confrontato con quello della piccola città, mostrauna preponderanza smisurata del vedere sull’udire gli altri (…). Lamaggiore enigmaticità testé accennata dell’uomo che viene soltanto

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Capitolo quartoQuando l’utente non è indipendente: il digital divide

Sulla via della disintermediazioneIn anni recenti, in frequenti occasioni, le riflessioni sugli

aspetti deontologici della professione bibliotecaria si sonoconcentrate sulle aspettative informazionali dell’utente,identificando in esse l’elemento cardine verso il quale deb-bano concentrarsi tutti gli sforzi di una corretta prassi bi-blioteconomica. Si è spesso sostenuto – in modo talorasfrontatamente ottimistico – che la creazione delle bibliote-che digitali andasse progressivamente a colmare quel diva-rio che da sempre separa il bisogno di sapere dalla fonte diinformazione 1, quel divario che è la ragion stessa d’esseredi ogni biblioteconomia. Le biblioteche digitali sono usercentered non perché tutto viene organizzato in funzione deibisogni dell’utente (qualsiasi biblioteca degna di questo no-me deve fondarsi su questo principio basilare) ma perchétutto viene organizzato in funzione del-l’“autosoddisfacimento” dell’utente. Detto così può suona-re tristemente onanistico: ma questa lieve nota di disagiosappiamo bene non essere affatto aliena dal nostro rappor-to con la realtà biblioteconomica, per non dire dalla realtàtout-court. L’utente, che diventa vero nodo del sistemainformativo, è investito della cruciale e ultima responsabi-lità: quella di arrangiarsi. Il che non è poi detto sia del tut-to un male: l’assistenzialismo, in genere, sviluppa genera-zioni di piagnoni, mentre il bisogno – recita il proverbio –aguzza l’ingegno. Del resto, come scrivono Crawford eGorman:

There is little that is new about people obtaining information directly– it can be argued that the history of progress in librarianship is one

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of decreasing the need for mediation. What else are public cata-logues, open shelves, accessible reference collections, etc., all about?[…] The question therefore is not the presence or absence of media-tion but the degree of mediation that is desiderable and affordable 2.

Non vi è dubbio che la figura dell’utente subisca tutti glieffetti di quest’era di transito trovandosi nel bel mezzo del-l’agone, essendo da un lato chiamato a mallevadore di spe-rimentazioni, iniziative, progetti che promuovono una sem-pre, a parole, maggiore facilità di accesso alle risorse infor-mative, e dall’altro trovandosi a vivere, nella realtà dei fatti,tra l’euforia per un delirio di onnipotenza scatenato dallapresunta capacità di avere istantaneamente ciò che deside-ra, o nell’amara presa d’atto che le sue mani, la sua testasono spesso incapaci di riformulare le proprie richieste inun codice funzionale, necessario per cavare da una scatoladi plastica e metallo ciò che prima si otteneva scorrendotra i polpastrelli le schede di un catalogo o le pagine di unrepertorio sequenzialmente ordinate secondo un prospettorigido, ma proprio per questo, al limite, rassicurante.

Ma se la disintermediazione ridimensiona la figura “fisi-ca” del professionista che svolge per conto dell’utente l’o-pera di intermediazione, questo stesso professionista deveallora rientrare in gioco da un lato nel processo di sviluppodelle interfacce cosiddette “amichevoli” – vale a dire sotte-se da una filosofia «basata sui bisogni e gli interessi dell’u-tente, che miri a prodotti usabili e comprensibili» 3 – e dal-l’altro nel mentore che sappia educare i lettori all’utilizzopiù appropriato, e critico, dei sistemi informativi. Se ciònon avverrà saremo nei guai perché ci troveremo semprepiù spesso ad avere a che fare con sistemi progettati da si-stemisti per altri sistemisti oppure con una generazione diutenti impazziti che cercheranno di pilotare macchine com-plesse senza uno straccio di cognizione per discriminare ilpedale dell’accelleratore da quello del freno, con le conse-guenze che tutti possiamo facilmente immaginare. I rischisono reali, e aumentano in proporzione al ruolo sempre piùimportante che le reti telematiche rivestono nelle societàpost-industriali.

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Il digital divide intacca le basi del nostro sistema socialePer questi motivi la riflessione sul digital divide non può

che essere in prima istanza una riflessione incentrata sulruolo dell’informazione nella sopravvivenza e nello svilup-po delle nostre forme di socialità, come affermano Alfino ePierce: «information is so crucial to almost every purposivehuman activity that we are tempted to say that informationhas a central importance to human affairs and leave thematter at that» 4. Questo approccio comporta uno sforzo diosservazione critica e di confronto fra quelle che sono lepotenzialità dei “tradizionali” sistemi analogici di comuni-cazione personale (o di massa) in comparazione alle tecno-logie basate sull’elaborazione numerica. Non a caso la locu-zione digital divide appare negli Stati Uniti a metà degliscorsi anni Novanta, proprio nel momento di una generalepresa di coscienza delle possibilità insite nella diffusionecapillare delle reti digitali: veicolare servizi informativi at-traverso le reti diventa una realtà talmente concreta da ipo-tizzare un serio attacco alle libertà democratiche nel caso diun accesso precluso o limitato per determinate categoriesvantaggiate della popolazione 5. Colmare il divario digitaleè volontà di contatto tra diverse dimensioni culturali per-ché l’avvento dei sistemi informativi elettronici è tratto ca-ratteristico di un nuovo scenario, di nuovi attori, di unnuovo spazio d’azione ove

è sciocco e utopistico pensare che non accada anche lì ciò che è acca-duto nel mondo degli atomi: anche la virtualità, anche il cyberspaziosono luoghi in cui si consumano abusi e crimini, in cui l’esclusionepuò esistere, né più né meno di quanto accade nella realtà quotidia-na: è nella natura dell’uomo, è inutile farsi illusioni 6.

Ripetiamolo ancora: il digitale è rivoluzionario perchémuta le caratteristiche intrinseche del mezzo attraverso ilquale viene veicolato quel carburante informativo che è ne-cessario alla sopravvivenza di una società complessa comela nostra, basata sulla fiducia reciproca, fiducia che nonpuò crescere senza la conoscenza, cioè a dire senza un con-tinuo scambio vicendevole di informazioni. Come sottoli-

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Adamic, Lada A., 18nAlfino, Mark, 66, 80nAndrews, Peter, 62nAnnan, Kofi A., 53, 62nArms, William Y., 80n, 81nArmstrong, Neil, 19Arnetz, Bengt B., 62nAuerbach, Erich, 59Augé, Marc, 27, 41nAzéma, Sabine, 80n

Balsamo, Luigi, 10, 17nBarone rosso vd. Richthofen,

Manfred vonBarthes, Roland, 40n, 57, 63nBaruchson-Arbib, Shifra, 63nBasili, Carla, 56, 63nBauman, Zygmunt, 67, 80nBawden, David, 61n, 62nBeniger, James, 47, 61nBensing, Jozien M., 62nBerger, Eric, 80nBerlusconi, Silvio, 80nBerners-Lee, Tim, 18n, 35, 42n,

80nBertani, Giovanni Battista, 19Bishop, Ann P., 81nBloch, Marc, 20, 21, 29, 31, 40n,

59, 63nBollorino, Francesco, 78, 80n, 82nBolognani, Mauro, 82nBorges, Jorge Luis, 17nBosch, Hieronymus, 2Bradfield, Chris, 81n

Brown, John Seely, 40nBuchanan, Elizabeth Anne, 82nBurke, Peter, XIII, XVnBurwell, Lisa A., 81nBush, Vannevar, 36, 37, 47, 61n

Calabrese, Omar, 17nCapra, Fritjof, 17n, 18nCartesio vd. Descartes, RenéCavaleri, Piero, 17nCeronetti, Guido, 63nChabod, Federico, 22, 40nChatiliez, Étienne, 80nClipsham, Philip S., 61n, 62nCochrane, Pauline A., 17nCostanzo, Maurizio, 57Courtney, Nigel, 61n, 62nCramer, Friedrich, 16n, 18n, 41nCrasta, Madel, 41nCrawford, Walt, 64, 80nCroce, Benedetto, 21, 22, 29, 40n,

41n

De Luna, Giovanni, 40nDe-Rijk, Angelique E., 62nDertouzos, Michael, 18n, 62nDescartes, René, 59, 63nDewdney, Christopher, 61nDiderot, Denis, XVnDollar, Charles H., 34, 42nDoyle, Arthur C., 60nDoyle, Christina S., 63nDuc, Hélène, 80nDuguid, Paul, 40n

Indice dei nomi

06 Indice dei nomi:06 Indice dei nomi 2-05-2012 17:27 Pagina 93

Dussolier, André, 80n

Edmunds, Angela, 47, 61nEdwards, Christopher, 82nEinstein, Albert, 12Enzensberger, Hans Magnus, 26,

40nEskow, Dennis, 62n

Fanning, Shawn, 18nFaucci, Dario, 40nFebvre, Lucien, 21Ferrarotti, Franco, 41n, 82nFoglieni, Ornella, 17nFord, John, 3Franklin, Cynthia, 17Fukuyama, Francis, 28, 41n

Gagarin, Yuri, 19Garibaldo, Francesco, 82nGasparini, Giovanni, 48, 61nGatti, Gabriele, 80nGiddens, Anthony, 80nGill, Philip, 81nGinsparg, Paul, 50, 61nGinzburg, Carlo, 63nGoethe, Johann Wolfgang von, 52Gombrich, Ernst H., 63nGore, Albert, 80nGorman, Michael, XI, XVn, 33,

41n, 64, 80nGramsci, Antonio, 59Gregory, Tullio, 42nGuerrini, Mauro, 42nGutenberg, Johann, XVn, 38

Hargittai, Eszter, 80nHaywood, Trevor, 80nHegel, Georg Wilhelm Friedrich,

48, 61nHildreth, Charles, 44n, 60nHill, Michael W., 46, 61nHobsbawm, Eric J., 27, 28, 41nHoltam, Clive, 61n, 62nHopkins, Richard L., 58, 63n

Huberman, Bernardo A., 18nHull, Barbara, 82n

Innis, Harold A., 2

Janowitz, Karl, 55, 62nJung, Joo-Young, 81

Katsirikou, Anthi, 17nKerckhove, Derrick de, 61n, 82n Kibati, Mugo, 82,Knuth, Donald, 52Königer, Paul, 55, 62nKoski, Jussi T., 57, 63nKrairit, Donyaprueth, 82nKranich, Nancy, 81nKundera, Milan, 41nKuronen, Timo, 16n, 17n

La Fontaine, Henri, X

Lartigue, Jacques-Henri, 19Le Goff, Jacques, 29, 40n, 41nLeibniz, Gottfried Wilhelm von, 5Lévi-Strauss, Claude, XIII, XVnLévy, Pierre, X, XVnLodolini, Elio, 32, 41nLoges, William E., 81nLorenz, Edward, 11Lynch, Clifford, 18nLyotard, Jean-François, IX, XVn

Magris, Claudio, 75, 82nMandelbrot, Benoît B., 13Mansell, Robin, 18nMattelart, Armand, XVn, 82nMaturana, Humberto R., 6, 16nMcCafferty, Joseph, 62nMcLuhan, Marshall, 2, 13, 28, 46Messina, Maurizio, 41nMies van der Rohe, Ludwig, 60Miller, George A., 46, 61nMiller, James, G., 62nMinsky, Marvin, 36Morelli, Marcello, 42nMorris, Anne, 47, 61n

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Morris, Desmond, 80nMoss, Jeremy, 82n

Negroponte, Nicholas, 35, 42n,60n

Nelson, Ted, 36Newton, Isaac, 12Nora, Pierre, 24, 41nNorman, Donald, 62n, 80n

Otlet, Paul, X

Papagno, Giuseppe, 40n, 41nPatkar, Vivek N., 6, 16n, 17nPavone, Claudio, 41nPekkarinen, Päivi, 16n, 17nPensato, Rino, 82nPierce, Linda, 66, 80nPopper, Karl, 41nPostman, Neil, 52, 62nPrigogine, Ilya, 9, 17nProust, Marcel, 57Puaez, Jeanne Holba, 81nPuttnam, David, 60, 63n

Queneau, Raymond, 28, 41n

Ranganathan, Shiyali Ramamrita,6, 9

Ranger, Terence, 41nRaseroka, H. Kay, 79, 83nRawlins, Gregory J.E., 18nReynolds, Osborne, 6Ricci, Giuliano de’, 42nRichthofen, Manfred von, 19Ridi, Riccardo, 17nRifkin, Jeremy, 43, 83nRubini, Andrea, 78, 80n, 82nRumiz, Paolo, 27, 41n

Salarelli, Alberto, XII, XIV

Salela, Pamela, 82nSalvati, Mariuccia, 27, 41nSantoro, Michele, 80nSapori, Giuliana, 42n

Sartori, Giovanni, 41nSchreurs, Karlein M.G., 62nSerrai, Alfredo, 16n, 17n, 51, 62nShannon, Claude, 46, 61nShenk, David, 62nShera, Jesse H., 17n, 70Shoemaker, Susan, 82nSimmel, Georg, 45, 61nSkiadas, Christos H., 17nSolimine, Giovanni, 16n, 61nStanca, Lucio, 69, 81nStanley, Andrew J., 61n, 62nStreeter, Calvin L., 17nSwanson, Don, 37, 42n

Tidline, Tonyia J., 61n, 82nTraniello, Paolo, 41n

Valentini, Giovanni, 41nVarela, Francisco J., 16nVattimo, Gianni, 82nVespa, Bruno, 57Veyne, Paul, 40n, 67, 80nVirilio, Paul, 24, 40n, 44, 60n

Warburg, Aby, 59, 63nWarren, Keith, 17nWarschauer, Mark, 81nWeaver, Warren, 46, 61nWeber, Max, 80nWeston, Paul Gabriele, 18nWiholm, Clairy, 62nWilliams, Joanne Twining, 17nWilliamson, Matthew, 82nWolton, Dominique, 73, 81nWright, Kevin, 81nWurman, Saul, 56, 63n

Zagra, Giuliana, 41nZanni Rosiello, Isabella, 41nZavattini, Cesare, 79, 83nZemanek, Heinz, 37, 42n

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06 Indice dei nomi:06 Indice dei nomi 2-05-2012 17:27 Pagina 96

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questo libro è stampato nel carattere Simoncini Garamond

su carta Arcoprintdelle cartiere Fedrigonidalla tipografia Sograte

di Città di Castelloper conto di Diabasisnel febbraio dell’anno

duemilaquattro

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