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TAMI SHEM-TOV CI VEDIAMO A CASA, SUBITO DOPO LA GUERRA Traduzione di OFRA BANNET E RAFFAELLA SCARDI

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TAMI SHEM-TOV

CI VEDIAMO A CASA,SUBITO DOPO

LA GUERRA

Traduzione di OFRA BANNET E RAFFAELLA SCARDI

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I Edizione 2010

© 2010 - EDIZIONI PIEMME Spa20145 Milano - Via Tiziano, [email protected] - www.edizpiemme.it

Stampa: Mondadori Printing S.p.A. - Stabilimento AGT

Titolo originale: Letters from Nowhere© 2007 by Tami Shem-Tov

Originally published in Hebrew by Kinneret, Zmora-Bitan, Dvir – PublishingHouse Ltd. & Beit Lohamei Haghetaot, with the kind assistance of the RothschildFamily.

Lieneke’s Notebooks © Nili Goren

The book was published by arrangement with The Institute for the Translation of Hebrew Literature.

Redazione: Edistudio, Milano

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Fino alla Seconda guerra mondiale, in Olanda viveva una nu-merosa e fiorente comunità ebraica. Durante l’Olocausto èstata quasi completamente annientata. Quanti si sono salvati,sono sopravvissuti grazie all’aiuto del movimento di resi-stenza olandese e di brave persone che, per motivi religiosi odi coscienza, hanno deciso di mettere a repentaglio la propriavita per salvare quella altrui.

Questo libro è dedicato alla memoria di Vonnette e del dottor Henri Kohly,

di Alice e del dottor Harry Cooymans;ai veri eroi delle guerre:

le persone che salvano vite umane.

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Capitolo 1

Il medico del villaggio consegnò a Lieneke la prima let-tera subito dopo averle insegnato a preparare lo sci-roppo per la tosse. Si trovavano nella stanza sul retrodella farmacia, vicino al grande tavolo da lavoro, e Lie-neke non sospettava che nella tasca interna della giaccanera del dottor Kohly si trovasse una lettera del suopapà. Era tutta concentrata a preparare la medicina:pesò la polvere sulla bilancia, misurò l’acqua, mescolò idue componenti in una bottiglia di spesso vetro verde,la tappò con un turacciolo di sughero e prese a scuo-terla.

Era una medicina facile da preparare, ma Lienekene era comunque soddisfatta; le faceva piacere aiutareil dottore, e poi sentiva che lui ora riponeva più fidu-cia in lei. Le aveva affidato qualche lavoro nella far-macia già in passato: disinfettare bottiglie, staccarevecchie etichette, scriverne di nuove e persino avvol-gere pillole e miscele in polvere in una carta sottile.Ma fino a quel giorno non le aveva mai permesso dipreparare da sola un medicinale. “Da grande,” pen-sava “studierò medicina o farmacia, e preparerò far-maci sempre più complessi.” Forse avrebbe final-

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mente scoperto la cura per guarire la malattia dellasua mamma. A meno che qualcuno non la trovasseprima, pensò, e si disse: “Magari”.

Il dottor Kohly le aveva chiesto di agitare bene labottiglia, affinché tutta la polvere si sciogliesse senzalasciare grumi. «Gli uomini sono buffi» aveva ag-giunto, col viso sottile serio come sempre. «Vedendodell’acqua nella medicina sarebbero capaci di pensareche è allungata e inefficace. Invece l’acqua è essenziale;se non ci fosse, la polvere non potrebbe agire.»

Lieneke scosse energicamente la bottiglia e poi, unavolta sicura che non contenesse grumi, la consegnò aldottore. Con le dita affusolate il dottore sollevò la bot-tiglia di fronte alla finestra, perché i pallidi raggi delsole ne illuminassero il contenuto. Socchiuse gli occhiper esaminare meglio il liquido.

«Ottimo,» approvò «lo sciroppo è denso e omoge-neo. Puoi incollarci l’etichetta.»

Con la sua calligrafia tonda, Lieneke scrisse: SCI-ROPPO PER LA TOSSE. ISTRUZIONI PER L’USO: PRENDERE

DUE-TRE VOLTE AL GIORNO. Incollò l’etichetta e mise daparte la bottiglia.

«Sai, Lieneke,» disse il dottor Kohly con voce gen-tile «se si sapesse in giro che sei tu, e non io, a prepa-rare lo sciroppo, la gente penserebbe che non è buono,il che è decisamente stupido. Tu lo prepari secondo lemie istruzioni, con grande precisione e non meno benedi me.»

Lei gli rivolse un sorriso, augurandosi che tutte lebottiglie di sciroppo che avrebbe preparato in futuro leriuscissero altrettanto bene, che nessuna le cadesse dimano, che l’acqua non finisse per terra, la polvere non

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si spargesse; insomma, che tutto andasse liscio e il dot-tore avesse conferma che faceva bene a fidarsi di lei.

Il dottor Kohly le ricordò che, quando sentiva qual-cuno entrare nell’ambulatorio o nella farmacia, dovevarestarsene nel retro in silenzio, badando bene a nonsussurrare, a non tossire e a non canticchiare.

«Meglio non destare sospetti» spiegò, e Lieneke sirese conto che non si riferiva solo al lavoro nella farma-cia, che andava nascosto affinché nessuno mettesse indubbio la qualità dei medicinali e la serietà del dottore.Aveva altre ragioni per temere i sospetti della gente.

Il dottore si spostò nella stanza anteriore e, sentendoil tintinnio del campanello di latta arrugginita appesocon un cordoncino colorato all’uscio, Lieneke capì cheaveva aperto la porta d’ingresso. Un soffio d’aria gelidapenetrò all’interno, raffreddando le due stanze. Fuori,l’uomo si guardò intorno e, poco dopo, chiuse la portaed entrò di nuovo nella stanza sul retro.

«Lieneke,» disse, estraendo una busta dalla tascadella giacca «ho una cosa per te.» Sorpresa, la ragaz-zina posò sul tavolo la boccetta e gli prese la bustadalle mani. Capì subito chi l’aveva spedita, ma era tal-mente emozionata che non riuscì ad aprirla.

Il dottore avvicinò una sedia al tavolo e le fece segnodi sedersi. «È una lettera dello zio Jaap» la informò.

Lei la strinse forte tra le mani. «Leggila pure con calma… e poi restituiscimela»

proseguì.Gli occhi azzurri di Lieneke lo fissarono con aria in-

terrogativa.«Dovrò riprendere la lettera» le spiegò. «Ti renderai

certamente conto che non puoi tenerla; non deve asso-

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lutamente cadere nelle mani sbagliate. Perciò, per sicu-rezza, per non correre rischi, quando avrai finito di leg-gere la riprenderò.»

Dopo di che l’uomo uscì e Lieneke guardò di nuovola busta. Un piacevole tepore la invase mentre l’apriva.Conteneva una lettera scritta e illustrata dal suo papà,rilegata come un libricino. Lesse attentamente le frasi,che le risuonavano in testa con la voce profonda delpapà, e guardò i disegni. La riportavano a giorni lon-tani, a prima della guerra; poi rilesse tutto dall’inizio.

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Una chiacchierata con Lieneke

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Quattro chiacchiere con disegni

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1. Ottobre 1943Cara Lieneke,

Eccomi seduto al tavolo con la penna in mano; di fronte a me c’è Jeanne.

Naturalmente sta sferruzzando un gilet per Lieneke. Riconoscii quadri appesi alle pareti? Li hai dipinti tu: sono il calendariocon i funghi e il disegno del campanile del duomo di Utrecht.

Ora voglio scriverti una lettera.

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2. Ma come iniziare? «Cara Lieneke, come stai? Io sto bene…»No, neanche per idea: tutte le lettere cominciano così, e lalettera a Lieneke non dev’essere banale. Voglio un iniziospeciale, insolito! Va be’, insomma, sarà senza inizio… Ancheda te il tempo è così gradevole? Pensavo che avresti mandatouna lettera per il compleanno di Liesje. Te ne sei dimenticata,o non sapevi l’indirizzo? Che ne dici di scriverle per la festa disan Nicola? Quella festa è un po’ un compleanno per tutti ibravi bambini. Per concludere, Lieneke, un bacino da Jeek.

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3. Benone, questa lettera l’ho finita. È ben scritta, senza errori né macchie. Mi sono decisamente tolto

un peso dal cuore. Adesso non abbiamo altro da scriverci,perciò si può fare una chiacchieratina. Su cosa?

Vorrei che mi raccontassi della scuola, ma come faccio a sentirti? Prendi un grosso foglio, un calamaio pieno

e una penna nuova…

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4. Chiedi di non andare a scuola per un giorno e scrivimi una lunga lettera con tanti disegni!Io ti manderò una risposta… e così via, avanti e indietro,finché al postino girerà la testa.Sono già in attesa della tua prima lettera illustrata. Salutami la zia, lo zio e la cagnetta Vera, e per te un bacio da Jeek.

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