Un Incontro Con Il Poeta Coreano Ko Un - La Repubblica 25.06.2013

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7/28/2019 Un Incontro Con Il Poeta Coreano Ko Un - La Repubblica 25.06.2013

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MARTEDÌ 25 GIUGNO 2013

llaa   RReeppuubbbblliiccaa CULTURA

K o Un è stato monaco bud-dista, vagò per la Corea co-me il più povero tra i pove-ri. Conobbe la disperazio-ne e fu a un passo dal per-

dersi in quella resa all’alcol che gli tolsela speranza e il rispetto di sé. Ko Un è ungrande poeta, tradotto in una quindici-na di lingue, più volte vicino al Nobel. Isuoi versi sembrano ali spezzate di uc-celli, voci di montagne inscalabili, sus-surri dalla profondità dei boschi. Hannoil nitore e l’asprezza della natura; la biz-zarria e l’ironia dell’umano. A volte sonoenigmi, altre – come notò Allen Ginsberg

che lo conobbe – scoppi mentali.È nato nella regione del Cholla a Suddella Corea, da una famiglia di contadi-ni. Lo incontro a Venezia a Ca’ Foscaridove è ospite da un paio di settimane. Fadelle letture di poesie. A Roma sarà ospi-te, fra due sere, del Festival Letterature diMassenzio. Una sua raccolta edita daNottetempo esce sia in e-book che incartaceo (Cos’è? , pagg. 134, 10 euro, tra-duzione di Vincenza D’Urso). Ko Un di-mostra meno dei suoi ottant’anni. È ma-gro, elegante, essenziale. Per tutta laconversazione calcherà un Borsalino dicolore azzurro. Gli chiedo se lo indossaper un forma di civetteria. Non sa cosa laparola voglia dire. Un cappello è un det-taglio, come la scarpa al piede, un orolo-gio al polso, un foulard al collo. Poi c’è iltutto. Sorride. Orientale, penso. Ma no,mi dico, cerchiamo di evitare i luoghi co-muni. In fondo se la poesia ha un lin-

guaggio universale è da lì che occorrepartire.

«La mia poesia non è costretta in unospazio né delimitata in un tempo. La ri-trovo ovunque: sui monti sotto forma dineve, o nel mare quando diventa onda.Di sera la mia poesia è una stella. E quan-do entra nella storia si trasforma in even-to. Nell’oscurità essa prende il posto delsole. È la mia piccola sorgente di luce».

C’è molta natura nel modo che Ko Unha di rappresentare il proprio mondopoetico. Ma è solo un aspetto, dice; l’al-tro riguarda l’anima, il suo sé. Nulla esi-ste separatamente, spiega. Mi incuriosi-sce la soave determinazione di que-st’uomo dalle molte vite e dalle tante ri-nascite. Così si racconta.

«Sono nato sotto la dominazionegiapponese. È stato un duro apprendi-stato. Mi fu proibita la lingua madre.Non potevo né sapevo opporre resisten-za. Frequentavo le scuole primarie e un

giorno il preside mi chiese cosa avrei de-siderato fare da grande. Risposi che sareivoluto diventare imperatore del Giap-pone. Mi punì severamente per l’inaudi-ta arroganza di quel desiderio. Dovevoinchinarmi tutte le mattine al potere im-periale. Ma la sera, in cuor mio, venera-vo i miei antenati».

Poi il paese si liberò dalla morsa giap-ponese. Era il 1945. Le potenze, uscitevincitrici dalla Seconda Guerra, si spar-tirono le zone di influenza. All’altezzadel trentottesimo parallelo furono crea-te due Coree. Due mondi contrapposti,due civiltà: «Era assurdo che un paese

subisse una lacerazione così drammati-ca. Gli eventi incontrollati ci spinsero auna guerra fratricida. Era il 1950. Per treanni ci combattemmo. Alla fine con-tammo tre milioni di morti. Ero un so-pravvissuto. Vagavo disperato tra le ma-cerie di città distrutte. Anche le monta-gne, a forza di bombardamenti, avevanomutato forma. Non c’erano più alberi.Non c’era più gioia. L’essere umano nonaveva più nulla di umano. O si uccidevao si era uccisi. Sentivo crescere in me lerovine. Vagavo per il paese che avevaeletto la morte a proprio emblema. Erauna percezione ossessiva che non mi ab-bandonava mai. La vita, pensavo, nonaveva più valore».

Mi chiedo se non sia questa la vera es-senza della poesia, quale che sia il lin-guaggio che adotti. Spesso l’opera,quando è grande, risponde a uno scac-co. Alla disperazione che diventa a volteintenzione letteraria. Cosa turba la per-sona che ho di fronte? Cos’è che ci com-muove nelle parole che pronuncia?Questa resa che non è resa. Questo nullache non è nulla.

«Fu durante quei terribili momentiche incontrai per caso un monaco cheera sceso dai monti. Provai un senso diattrazione. Lo seguii senza sapere beneperché. Lui, senza parlarmi, mi condus-

se da un famoso maestro. Si chiamavaHyo Bong. Nella vita civile era stato ungiudice che dopo aver decretato unacondanna a morte sentì il proprio animosconvolgersi al punto che abbandonò laprofessione rifugiandosi nel buddismo.Mi lasciava libero durante il giorno e iovagavo chiedendo l’elemosina. La serami faceva studiare in modo severo. Fu lamia cura. Cominciai a cancellare, alme-no in parte, i ricordi dolorosi che la guer-ra aveva provocato».

Ko Un aveva vent’anni quando diven-ne monaco buddista. Con la meditazio-

ne Zen si riconciliò alla vita. Venne cosìla prima salvezza. Poi arrivò la letteratu-ra. In mezzo ancora disperazione. Pote-va la vita artistica sostituire quella reli-giosa? «Mi misi nuovamente in cammi-no. Su di un’isola, a sud della costa co-reana, diressi una scuola di beneficien-za. Ma tornavano antichi fantasmi. Sof-frivo di insonnia. Mi ubriacavopesantemente. Fu a quel tempo, erava-mo alla metà degli anni Sessanta chescrissi un lungo poema che intitolai Nir-

vana».Poi vennero raccolte di poesie e rac-

conti. E una nuova depressi one e con es-

sa un tentativo di suicidio: «Ingerii delveleno, mi risvegliai dal coma in ospeda-le. I miei scritti cominciavano ad esserefamosi. Divenni un attivista indipen-dente per la difesa dei diritti umani. Fuiarrestato e torturato. Infine liberatoquando il regime cadde. Era il 1982».

Ko Un parla di sé come il vento parle-rebbe alle montagne o ai mari. Le parolesi gonfiano e volano sotto la spinta dei ri-cordi. Dice che ha scritto tantissimo eper questo lo chiamano “Kobong”, che èla vetta della montagna, che egli ha rag-giunto un libro dopo l’altro. Debuttarenella scena letteraria non gli fu facile. Av-venne dopo un digiuno di un mese perprotesta contro il regime dittatoriale. Poisalì su un monte e si raccolse in medita-zione. Doveva decidere se continuare lavita monastica o intraprendere quellaartistica: «Quando scelsi la poesia, fu co-me uscire nuovamente dall’utero».

Ora sta lavorando a un dizionario dilingua coreana che raccoglie le paroledel Nord e del Sud della Corea. Gli chie-do un giudizio sulla divisione di un pae-se permanentemente in fibrillazione:«Le nostre lingue hanno un’origine co-mune; ma il sistema politico le ha rese di-verse e ostili. Rischiano di allontanarsisempre di più. Riconciliare questi duemondi non è un problema di oggi ma di

domani. Nel domani si annida la spe-ranza che le cose cambino. Nell’oggi c’èla pena del presente».

Un detto del Budda recita: siamo ciòche pensiamo e tutto ciò che pensiamoè prodotto dalla nostra mente. Quella diKo Un è fervida e chiara. Sembrano lon-tani gli anni della disperazione, dell’al-colismo, dei suicidi tentati. Ha sposatouna donna che ora siede silenziosa ac-canto a noi. Ha una figlia. Gli chiedo in-fine quanto del buddismo che ha prati-cato si ritrova nella sua poesia: «Il buddi-smo esige che il suo nome stesso a un

certo punto venga cancellato. Se al ter-mine del suo cammino il buddismo des-se di sé una forma avrebbe fallito il suocompito. La statuaria buddista che si svi-luppò nella regione del Gandhara risentìdell’influenza di Alessandro il Grande equindi della Grecia. È lì che è nata la for-ma. Ma il Budda storico, poco prima del-la morte si raccomandò ai suoi discepo-li di non ricordarlo per la sua immaginema per le sue parole. L’opera perfetta èquella che non lascia tracce». È questa labellezza? Ko Un sospende le mani nel-l’aria: «La bellezza – conclude – vince sututte le cose. E ogni cosa perde di frontealla bellezza. Non è nessuno dei valori diquesta terra, nessuna delle forme checonosciamo. Il mistero la inghiotte. Ed èbene che in questo mondo alcuni miste-ri o segreti non vengano rivelati. Se pre-tendessimo di spiegare tutto più nullanascerebbe».

“Il mio maestrodi giorno ci lasciavaliberi: chiedevol’elemosina. La sera,studio severo”

“Sono nato sottola dominazionegiapponeseLa lingua madreci era proibita”

LOZEN E L’ARTEDELLAPOESIA

L’alcolismo, la scoperta del buddismo, la militanza civileincontro con uno dei più grandi scrittori coreani

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 Ko Un: “Nelle paroleho trovato la forza

 per sopravvivere” 

 ANTONIO GNOLI

L’incontro

PIÙ LIBRI A SCUOLAL’APPELLO A BRAY

ROMA — Promuovere la letturanelle scuole tramite bibliotechee librerie di qualità, a difesa del-l’ecosistema digitale della lettu-ra. Sono questi alcuni temi del-

l’incontro organiz-zato dall’Associa-zione Forum delLibro e previsto perdomani alle ore 16,a Roma, in via deiPrefetti 22. Saran-no presenti il mini-stro dei Beni Cul-turali, MassimoBray, il sottosegre-

tario Ilaria Borletti Buitoni e altripolitici che hanno sottoscrittouna lettera aperta sul tema. Tragli altri ospiti, anche Andrea Ca-randini, Tullio De Mauro, Gian Arturo Ferrari e Lucio Villari.

Massenzio

Ko Un, considerato

il massimo poeta coreanovivente, parteciperàa Letterature-Festivalinternazionale di Roma,alle 21 di giovedì 27alla Basilica di Massenzio