Post on 09-Mar-2016
description
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA MASTER IN COMUNICAZIONE DELLE SCIENZE
LA COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA
NELLE RADIO UNIVERSITARIE
Relatrice: ELISABETTA TOLA Corsista: MARTA BRACCIALE
Matricola: 933000 - CS
A.A. 2008/2009
2
LA COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA
NELLE RADIO UNIVERSITARIE
Indice…………………………………………………………………………2
Introduzione .............................................................................. 3
1. Scienza on air ........................................................................ 5 Un mezzo caldo contro il “deficit model” ................................ 5 Potere evocativo e immagini mentali ....................................... 8
2. Università on air ................................................................10 L’esperienza americana ............................................................... 10 Il panorama italiano....................................................................... 11
3. Università e scienza: un’indagine sul campo............14 Otto radio per otto programmi................................................. 14 La scienza nelle radio universitarie........................................ 17
4. Format di scienza universitari: somiglianze e
differenze..................................................................................21 Informare, intrattenere, educare ............................................. 21 Locale o globale?.............................................................................. 24 Conoscere e soddisfare il target ............................................... 26 Alla ricerca del linguaggio giusto............................................. 27 Interazione con il pubblico ......................................................... 30 Dietro le quinte: attori e registi del format radiofonico 32 Le fonti del sapere scientifico.................................................... 35
Conclusioni ...............................................................................37
Bibliografia...............................................................................39
3
Introduzione
Nel momento in cui, a gennaio 2009, ho cominciato a frequentare il Master
in Comunicazione delle Scienze dell’Università di Padova, era già passato più di
un anno dalla mia prima esperienza in una radio universitaria.
Giusto pochi giorni dopo il primo compleanno di Radio Bue, la web radio
degli studenti universitari di Padova, è stata trasmessa la prima puntata di Buco
Nero, un programma di informazione scientifica proposto da me ai miei colleghi
corsisti, quattro dei quali hanno aderito all’iniziativa e si sono messi in gioco al
mio fianco, sperimentando la comunicazione della scienza on air.
Cinque mesi dopo il nostro “debutto”, ho deciso di approfondire questa e-
sperienza, confrontandola con altre simili, in altre radio universitarie. Ho deciso
di studiare e indagare i legami che intercorrono tra scienza e radio, tra radio e
università e ancora tra università e scienza.
Sono quindi queste le tre parole-chiave che identificano il lavoro che pre-
senterò nelle prossime pagine. Il trinomio scienza-radio-università verrà analiz-
zato, in un primo momento, illustrando come e perché il mezzo radiofonico ben
si presta alla comunicazione del sapere scientifico, indicandone i vantaggi, i pun-
ti forti e le caratteristiche essenziali. La mia ricerca proseguirà indagando il mon-
do delle radio universitarie, a partire dai primi esperimenti nelle emittenti stu-
dentesche americane fino ad arrivare al panorama italiano attuale. Verrà dedica-
to spazio anche ad alcuni progetti strettamente correlati a questo nuovo mezzo
di comunicazione e promozione adottato dalle università, come ad esempio Un-
yOnAir, promosso da Radio24, iTunesU, iniziativa lanciata dalla Apple, e ovvia-
mente RadUni, l’associazione degli operatori radiofonici universitari.
Come ulteriore approfondimento, la mia indagine si è arricchita di una serie
di interviste a redattori e conduttori di programmi di scienza nelle radio univer-
sitarie. In particolare sono state effettuate otto interviste, quattro inerenti radio
universitarie italiane (FAN di Verona, Radio Zammù di Catania, Radio Frequenza
di Teramo e i podcast della facoltà di Scienze MM.FF.NN dell’Università di Geno-
4
va) e altre quattro per radio universitarie estere (ICradio di Londra, Gran Breta-
gna, UPF.ràdio di Barcellona, Spagna, Diamond.fm di Ibadan, Nigeria, e UFMG
Educativa di Belo Horizonte, Brasile).
L’intento è quello di comprendere le problematiche che chi realizza pro-
grammi di scienza on air si trova ad affrontare, quali sono le scelte che vengono
effettuate a livello di contenuti, target, linguaggio e fonti, quali sono i legami tra
scienza, ricerca e università e in che misura vengono coinvolti docenti, ricercato-
ri e studenti nella realizzazione dei format.
Scienza, radio e università, quindi. Sia attraverso una parte teorica, sia at-
traverso un’indagine sul campo, mediante interviste e analisi e confronto di pro-
grammi radiofonici di scienza realizzati da diverse realtà universitarie.
5
1. Scienza on air
Il mezzo radiofonico è al terzo posto come fonte di comunicazione del sape-
re scientifico e le sue caratteristiche lo rendono un mezzo strategico per la pro-
mozione del dialogo fra scienza e società (Merzagora, 2004) . E come sostiene il
giornalista Giovanni Carrada nel suo Comunicare la scienza. Kit di sopravvivenza
per ricercatori:
La comunicazione radiofonica è immediata, calda, stimolante, e se necessario anche pro-
fonda. La radio evoca, invita alla fantasia, e stimolando l’immaginazione induce gli ascol-
tatori a una maggiore attenzione. È anche un mezzo che interpone poche mediazioni fra
ricercatore e pubblico. (Carrada, 2005)
Infatti è stato provato, fin dall’inizio della sua esistenza, come la radio sia
adatta a comunicare i concetti scientifici, grazie alla sua abilità di favorire il dia-
logo fra scienza e società e di coinvolgere tanto la comunità degli scienziati quan-
to il pubblico nella riflessione, discussione e confronto di strategie, risultati e ap-
plicazioni della ricerca scientifica. Ma a cosa è dovuto questo successo? Perché la
radio è uno dei mezzi più adeguati a comunicare la scienza?
Un mezzo caldo contro il “deficit model”
Il sociologo canadese Marshall McLuhan, nella sua più importante opera Gli
strumenti del comunicare del 1964, definisce la radio un medium “caldo”, ovvero
un mezzo che impegna un solo senso con messaggi ad alta definizione, e le dedi-
ca un capitolo intitolato The tribal drum (Il tamburo tribale).
La radio tocca intimamente, personalmente, quasi tutti in quanto presenta un mondo di
comunicazioni sottintese tra l’insieme scrittore-speaker e l’ascoltatore. È questo il suo a-
spetto immediato: un’esperienza privata. (McLuhan, 2002)
6
La radio, quindi, è un mezzo caldo, rilassato, intimo. Non c’è infatti mass
media più adeguato ad entrare in sintonia con le emozioni e le paure della per-
sona, di quanto non lo sia il mezzo radiofonico. L’intimità della radio si traduce
nel fatto che chi sta parlando al microfono lo sta facendo per l’ascoltatore, in una
rapporto individuale, uno a uno. Creare questo atteggiamento di fiducia nel
pubblico significa favorire un rapporto più caldo con il messaggio che si comuni-
ca. Nel caso della scienza, si tratta di mettere in relazione lo spazio
dell’esperienza personale dell’ascoltatore con quello del sapere scientifico, com-
battendo il cosiddetto “deficit model”, per anni erroneamente rimasto alla base
del rapporto scienza-società.
Il “deficit model” è l’assunto di base del movimento Public Understanding of
Science (PUS), nato ufficialmente con il Rapporto Bodmer, nel 1985 in Gran Bre-
tagna. Questa iniziativa si proponeva di migliorare i rapporti fra scienza e socie-
tà, considerandole come due entità separate, dove il flusso di informazioni è pos-
sibile solo in una direzione. I cittadini sono un pubblico passivo e omogeneo a cui
mancano le conoscenze e le teorie scientifiche; gli scienziati sono le fonti del sa-
pere scientifico, che va adeguatamente tradotto in un linguaggio accessibile, per
colmare le lacune del pubblico.
Alla fine degli anni Novanta fu evidente il fallimento di questo approccio e
si iniziò a parlare di Scientific Understanding of the Public, per indicare come la
comunicazione della scienza sia un processo più complesso, che deve prendere
in considerazione i diversi punti di vista, le paure, culture, aspettative, i bisogni e
gli approcci del pubblico a cui si riferisce. A questo proposito nel 2002 un gruppo
di scienziati britannici pubblicò su Science un articolo1 per ribadire l’erroneità
del modello PUS e sostenere che gli ingredienti per una trasmissione efficace del
sapere scientifico devono basarsi sul coinvolgimento, la bidirezionalità, la parte-
cipazione, il dibattito, il dialogo e soprattutto la fiducia.
Come si è detto, il mezzo radiofonico crea un rapporto di fiducia con il suo
pubblico, potenziato negli ultimi tempi anche dalle innovazioni a cui questo me-
dium è andato incontro in seguito alla comparsa di nuove tecnologie. L’avvento
1 From PUS to PEST in Science, vol. 298, 4 ottobre 2002, p. 49
7
della televisione e di internet non sono stati infatti un ostacolo alla radio, non
l’hanno sostituita, ma paradossalmente potenziata. McLuhan parla del potere
che il mezzo radiofonico ha di coinvolgere profondamente le persone e precisa:
Uno dei molti effetti della televisione sulla radio è stato di trasformarla da un medium di
svago in una specie di sistema nervoso d’informazione. I notiziari, i segnali orari, le infor-
mazioni sul traffico e, soprattutto, i bollettini meteorologici hanno ora la funzione di ac-
centuare l’originario potere di coinvolgere le persone. (McLuhan, 2002)
Questo potere è stato ulteriormente rafforzato dall’inevitabile convergenza
della radio con internet. Le web radio sviluppano infatti prodotti comunicativi
che agiscono su molteplici livelli di percezione, combinando media diversi, e ga-
rantiscono alti livelli di interattività grazie allo sfruttamento delle applicazioni
del web 2.0.
La grande flessibilità mostrata dal mezzo radiofonico ha permesso che que-
sto accrescesse il suo potere di interazione con il pubblico, elemento fondamen-
tale affinché la comunicazione della scienza sia efficiente. Porre l’attenzione sulle
domande, gli interessi e le competenze del pubblico, invece che basarsi su una
comunicazione unidirezionale volta ad “educare” e colmare le mancanze dei cit-
tadini, è la chiave per migliorare il rapporto tra scienza e società.
Comunicare la scienza non significa trasformare i cittadini in tanti piccoli
scienziati, imporre le opinioni e le conoscenze di un gruppo di esperti su una
massa omogenea e passiva, ma piuttosto creare un consenso sulle scelte operate
dalla comunità scientifica, al fine di creare fiducia e garantire il dialogo con il
pubblico. Una relazione a senso unico non può funzionare nella comunicazione
della scienza ed ecco perché un mezzo come quello radiofonico, intimo, caldo e
partecipativo, è perfettamente in grado di avere successo in questo tipo di pro-
cesso comunicativo. È la radio ad adattarsi alle esigenze del pubblico, non vice-
versa, e questo fatto la rende particolarmente adeguata allo scopo di favorire la
nascita di discussioni e riflessioni attorno ad un tema di interesse generale, ov-
vero di favorire la comunicazione della scienza.
8
Potere evocativo e immagini mentali
Ogni mezzo di comunicazione di massa punta a colpire, in maniera più o
meno intensa, un determinato organo di senso dell’essere umano. Per esempio,
la stampa si affida al senso della vista, la radio a quello dell’udito, mentre cinema
e televisione sfruttano entrambi questi organi di senso. Nell’era dell’apparire,
però, non possiamo non ammettere il potere delle immagini: dal semplice allie-
tare e attirare l’attenzione, al provocare, influenzare e creare una sorta di dipen-
denza e schiavitù.
A questo proposito, il fatto che il mezzo radiofonico si affidi al solo senso
dell’udito può sembrare un limite. Infatti, esistono sicuramente temi difficili da
affrontare on air, perché necessitano di strumenti ausiliari come figure o lettere
e numeri visibili, e non si può negare che le immagini possano potenziare e ren-
dere più efficace il processo comunicativo, quando usate come testimoni di ciò di
cui si discute. Tuttavia, ciò non è sempre possibile per la scienza, basata molto
spesso su astrazioni o scoperte di cui ancora non si ha sufficiente materiale illu-
strativo a disposizione. Ecco perché la mancanza di immagini non è uno svantag-
gio, anzi, è proprio la caratteristica che rende la radio funzionale alla trasmissio-
ne del sapere scientifico.
Molto spesso la scienza è costituita da idee e oggetti difficili da mostrare
(perché non si possono vedere direttamente, perché sono troppo piccoli o per-
ché sono conosciuti solo tramite inferenze), infatti non di rado le trasmissioni te-
levisive tendono a ignorare sistematicamente alcuni temi, si pensi ad esempio al-
la matematica, perché consapevoli che in quella direzione è difficile riuscire a co-
struire una narrazione per immagini che sia valida. Questo rende le figure inutili
e molto spesso dannose, trattandosi di raffigurazioni di contorno, non appropria-
te, non funzionali, come sosteneva un grandissimo studioso della radio, Rudolf
Arnheim, già agli inizi degli anni Trenta.
Come afferma ad esempio anche Deborah Cohen, produttore di BBC Radio
Science, le immagini possono essere un ostacolo al processo di spiegazione dei
concetti scientifici. La combinazione di figure e parole non è un aiuto, ma una di-
9
strazione. La scienza, quindi, si basa sul pensiero, sulla riflessione, su una dimen-
sione astratta che poco si può affidare alle immagini concrete.
La radio sfrutta quindi il suo potere evocativo e permette di creare delle
immagini mentali, di dare vita ad uno spazio astratto in cui inserire
l’informazione scientifica, dandole una forma precisa, facendola crescere e assi-
milare dall’ascoltatore, accendendo un flusso di pensieri tali da provocare una
riflessione, un’idea, un punto di vista.
A questo proposito ho avuto il piacere di raccogliere il parere di un profes-
sionista della scienza on air, Federico Pedrocchi, conduttore di Moebius su Ra-
dio24, che riguardo alle immagini mentali afferma:
La radio […] è in grado di raccontare delle cose e sfruttare delle metafore che creano
un’immagine. Noi abbiamo come esseri una grande capacità di immaginarci le cose e se si
lavora bene e correttamente, questa immaginazione la si può richiamare. […] e la cosa
funziona, cioè, c’è la creazione di un’immagine mentale […] e in questo la radio ha una
funzione.
La radio, quindi, offre un punto di partenza, uno spunto, che deve essere
completato dall’immaginazione e dall’interesse dell’ascoltatore. Dovendo fare un
paragone con il mondo artistico, il mezzo radiofonico si potrebbe quasi compa-
rare al “non-finito” di Michelangelo, per il modo in cui una mancanza serve in re-
altà a suscitare una reazione, un completamento dell’informazione da parte di
chi ne fruisce e dunque un ulteriore grado di coinvolgimento del pubblico.
Sempre citando Federico Pedrocchi, la buona divulgazione scientifica deve
essere “programmaticamente incompleta”, in quanto è impensabile affrontare
un tema di scienza approfondendolo in tutti i suoi aspetti, ma piuttosto si deve
produrre una suggestione corretta rispetto al tema, dare spazio alla produzione
di immagini mentali favorevoli alla trasmissione dell’informazione scientifica.
Ecco perché la scienza on air è molto efficace laddove si concentra sui con-
cetti, sui significati e sulle implicazioni della ricerca, sulle personalità coinvolte
nei processi di scienza e ancora più sulle questioni etiche e di confronto di diver-
si punti di vista, garantendo dialogo e partecipazione.
10
2. Università on air
Il dizionario di italiano Sabatini Coletti2 riporta la seguente definizione:
università [u-ni-ver-si-tà] s.f. inv.
1 Istituzione scientifico-didattica e culturale in senso ampio, pubblica o privata, che rappresenta
il più alto livello di istruzione, ed è articolata in facoltà dove si svolge la didattica e in dipartimen-
ti dove si effettua la ricerca.
Le università sono quindi, per definizione, enti che si occupano di scienza,
ricerca e didattica. Se si vuole cercare una fonte del sapere scientifico, un luogo
dove la scienza viene studiata, insegnata, sviluppata e approfondita è a queste i-
stituzioni che bisogna rivolgersi. Non è un caso, infatti, che agli inizi del Novecen-
to, negli Stati Uniti, la comunicazione radiofonica della scienza venne affidata an-
che alle università, che la seppero migliorare, rendendola più appetibile e acces-
sibile a tutti.
L’esperienza americana
Nel 1924 l’Università di Pittsburgh istituì uno studio radiofonico all’interno
del proprio campus, per offrire una serie regolare di radio talks tenuti da docenti
universitari e ricercatori, che sarebbe durata per ben sei anni. Nel 1935, il 35%
dei discorsi tenuti on air presso l’Università del Michigan riguardava la scienza e,
negli anni Trenta e Quaranta, l’Università di Chicago si impegnò considerevol-
mente a migliorare l’utilizzo educativo della radio. Il lavoro più conosciuto e ap-
prezzato promosso da questa università fu University of Chicago Round Table,
trasmesso dal 1931 al 1955 sulla NBC, in cui si argomentava sui temi più contro-
versi del giorno, inclusi quelli di scienza, in un’ideale tavola triangolare che po-
neva ogni speaker faccia a faccia, allo stesso livello.
Verso la fine del 1930, coloro che si impegnavano a comunicare la scienza
tramite il mezzo radiofonico optarono per format più emozionanti, spettacolari,
2 Disponibile sul sito del Corriere della Sera all’indirizzo http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/U/universita.shtml
11
di modo da rendere le discipline scientifiche più piacevoli al pubblico.
L’Università di Chicago seguì questa direzione producendo Human Adventure, un
format volto a rivelare passato e futuro dell’uomo, attraverso la spettacolarizza-
zione di temi quali la fisica, la nascita della terra, ma anche argomenti storici co-
me le origini del Nazismo. I produttori radiotelevisivi dell’epoca definirono que-
sto programma un esempio di come principi scientifici e tecnici possano essere
resi interessanti e comprensibili al grande pubblico.
Un altro esperimento di scienza on air fu Unlimited Horizons, trasmesso dal
1940 al 1943 sulla NBC, e realizzato grazie al supporto di un consorzio di univer-
sità americane. Si trattava di un programma di trenta minuti in cui venivano e-
splorate le nuove proposte nel campo dell’astronomia, della geologia e della bio-
logia. Nonostante alcuni temi caldi fossero proibiti durante la guerra, questo
format seppe ugualmente offrire un’ampia gamma di racconti relativi alla scien-
za, che fossero vivaci e ricchi di emozioni, con un cast di attori competenti e in
grado di catturare l’attenzione degli ascoltatori. (LaFollette, 2002)
La scienza on air negli Stati Uniti passò dunque anche per le università, che
iniziarono a capire l’importanza del mezzo radiofonico come strumento informa-
tivo ed educativo, ma anche promozionale, e cominciarono a coinvolgere non so-
lo docenti e ricercatori in questa esperienza, ma anche gli studenti stessi.
Le prime campus radio, dette anche university radio o student radio, nac-
quero infatti negli States, per poi diffondersi in Canada, approdare negli anni
Sessanta nel Regno Unito e da lì diffondersi in altre nazioni europee, nonché
sbarcare in tutto il mondo, dalla Russia al Giappone, dall’India a Israele (Perrot-
ta, 2005).
Il panorama italiano
La prima università a dare il via, nel 1998, ad un progetto di radio d’ateneo
fu l’Università degli Studi di Siena. Dopo una fase di sperimentazione, nel set-
tembre 2000 nasce infatti Facoltà di Frequenza, la prima radio universitaria ita-
liana, che trasmette via etere su 99.450 Mhz e online sul sito
www.facoltadifrequenza.it.
12
Nel 2006 nasce RadUni, l’associazione operatori radiofonici universitari, il
cui primo presidente è il coordinatore e poi station manager di Facoltà di Fre-
quenza, Romeo Perrotta. Come viene ribadito nello statuto dell’associazione3,
RadUni «nasce con l'intento di aggregare quanti seguano con interesse il feno-
meno della radiofonia universitaria e individuino nello strumento radiofonico un
volano per la diffusione di valori culturali e democratici dei quali gli atenei ita-
liani sono promotori». Tra i propositi dell’associazione c’è quello di «incoraggia-
re presso gli atenei del nostro paese la nascita di nuove esperienze di radiofonia
universitaria e di sostenere quelle esistenti», motivo per cui se all’epoca della
nascita di RadUni le radio universitarie italiane si potevano contare su una ma-
no, al giorno d’oggi sono più di trenta.
La proliferazione di radio d’ateneo si deve anche alla nascita, nel 2007, del
progetto UnyOnAir, promosso da Radio24. Si tratta di un progetto formativo per
la creazione e gestione di nuove web radio d’ateneo e per la partecipazione ad un
network nazionale di emittenti universitarie. Tramite un bando iniziale a cui
hanno aderito 21 università, UnyOnAir si è infatti impegnata ad accogliere e far
crescere nuove radio universitarie, garantendo una consulenza professionale per
gli aspetti organizzativi, economico-gestionali, editoriali e tecnici e offrendo per-
corsi di formazione in aula, laboratori didattici e un tutorato sempre costante.
L’intento del progetto è infatti quello di fornire assistenza per la creazione di una
propria identità d’emittente, di spingere le radio universitarie a crescere auto-
nomamente. A questa prima fase segue poi la realizzazione di una vera e propria
comunità, di un network di emittenti d’ateneo, capaci di comunicare tra loro, col-
laborare, confrontarsi.
Ma cosa spinge un’emittente nazionale ad investire in piccoli progetti stu-
denteschi? Come mi comunica durante un’intervista Luca Corte Rappis, senior
product manager di Radio24, se si vuole guardare al futuro, nel lungo termine, è
importante ammettere l’importanza di queste nuove iniziative universitarie, ec-
co perché vale la pena investire in progetti che le potenzino e le migliorino, per-
mettendo loro di crescere ed essere in grado di offrire prodotti di qualità.
3 Disponibile al sito http://www.raduni.org/
13
Le potenzialità delle radio universitarie sono state comprese anche da un
colosso come la Apple, che ha deciso per questo di creare iTunesU, un servizio
che permette di scaricare gratuitamente lezioni, discussioni, corsi di lingua, au-
diolibri, podcast e tanti altri contenuti, offerti da prestigiosi atenei, musei famosi
e istituzioni culturali di tutto il mondo. Il podcast (ovvero registrazione digitale
di una trasmissione radiofonica o simili, resa disponibile su internet con lo scopo
di permetterne il download su riproduttori audio personali) è infatti un ulteriore
strumento che permette alle emittenti d’ateneo di potenziare la propria offerta.
Oltre a trasmettere su frequenza o in streaming su un sito web, le università pos-
sono affidarsi ai podcast per realizzare e diffondere contenuti audio.
È per esempio il caso dell’Università degli Studi di Genova, che pur non es-
sendo dotata di una radio universitaria, dal 2007 realizza i podcast della Facoltà
di Scienze MM.FF.NN EfferveScienze, associati a RadUni. È il caso anche di Radio
Bue, la web radio dell’Università di Padova, che ha realizzato con 31 docenti la
bellezza di 121 podcast il cui scopo è arricchire, facilitare e rendere più moderna
e multimediale la didattica rivolta agli studenti. In podcast si possono seguire
seminari, sintesi di lezioni, adattamenti radiofonici, atti di convegni e conferenze.
Oltre trenta emittenti, podcast, associazioni e progetti formativi disegnano
dunque il quadro italiano dell’unione fra università e mezzo radiofonico. Come
rientra la scienza in tutto questo? Nei prossimi capitoli si cercherà di approfon-
dire il legame che unisce radio, università e scienza nel nostro paese.
14
3. Università e scienza: un’indagine sul campo
Per poter approfondire il punto di incontro fra scienza, radio ed università,
ho ritenuto opportuno svolgere un’indagine sul campo ed esaminare otto format
inerenti la scienza, realizzati da radio universitarie.
Qui di seguito fornirò un piccolo identikit delle emittenti d’ateneo analizza-
te, nonché una descrizione del programma scientifico preso in esame.
Otto radio per otto programmi
I programmi di scienza valutati vengono trasmessi da otto diverse radio u-
niversitarie, quattro italiane e quattro straniere. Eccone un breve identikit.
FAN
Università degli
Studi di Verona
Fuori Aula Network (FAN) è una radio online sul sito
www.fuoriaulanetwork.com. Trasmette tutti i giorni, 24 ore su
24. Ha una vocazione principalmente culturale, ovvero di diffu-
sione di contenuti culturalmente rilevanti per la comunità stu-
dentesca, per docenti e tecnici amministrativi. Non propone solo
intrattenimento, ma anche informazione e soprattutto informa-
zione musicale.
Rivolge la sua attenzione anche a conferenze stampa, presenta-
zione di libri, attualità, a tutto ciò che è legato al mondo
dell’Università di Verona e ancora arte, cultura, terzo settore, vo-
lontariato, ambiente, promozione di attività teatrali, cinemato-
grafiche ecc.
Tutti gli studenti iscritti presso l’Università di Verona possono
collaborare con FAN, anche se c’è un occhio di riguardo per gli
studenti di Scienze della Comunicazione, dato che lavorare nel
mondo radiofonico è un laboratorio pratico per sperimentare la
comunicazione. Ci sono comunque collegamenti con tutte le fa-
coltà (es. economia, informatica, scienze della formazione).
Radio Frequenza
Università degli studi di Teramo
Radio Frequenza è la prima radio comunitaria di cui
un’università italiana è proprietaria. Trasmette su frequenza
(102fm e 101.3fm) 24 ore su 24 e si può ascoltare anche in stre-
aming sul sito di Ateneo www.unite.it.
15
Gli studi sono coordinati da esperti radiofonici e la dotazione
tecnica in uso permette, oltre alla normale messa in onda, la pre-
parazione dei programmi più complessi e la realizzazione di
spot originali e di qualità.
Il palinsesto di Radio Frequenza, ricchissimo di rubriche che af-
frontano le tematiche più varie, riserva ampi spazi all’ informa-
zione locale, nazionale e internazionale, regalando ogni giorno
una pillola di approfondimento in cui vengono spiegate, grazie
alla collaborazione di docenti ed esperti dell’Ateneo, temi di
stretta attualità. Attenta alle problematiche locali, la radio dell’U-
niversità di Teramo è sempre pronta ad aprire spazi in diretta
per rilanciare le manifestazioni volte a sensibilizzare e promuo-
vere il territorio.
La radio è aperta a tutti gli studenti che vogliano cimentarsi con
questo media. Ogni anno accademico almeno duecento studenti
sono coinvolti direttamente nella programmazione dell’emitten-
te e la loro presenza permette di realizzare tanti programmi fre-
schi e divertenti che trattano di musica, televisione, cinema,
sport e costume.
Radio Zammù
Università degli Studi di Catania
Radio Zammù è sia una web radio, sul sito www.radiozammu.it,
sia una radio su frequenza (101.00fm). Il palinsesto ospita una
grande varietà di programmi, tematiche, stili di conduzioni , scel-
te musicali, e non è tipicamente radiofonico, ma si accosta di più
a quello televisivo. È formato da programmi a fascia unica e da
altri con tematiche diverse nei diversi giorni della settimana (lu-
nedì teatro, martedì cinema…).
Ha una redazione musicale e una giornalistica. Quella giornalisti-
ca si occupa di programmi che in una radio universitaria “devono
esserci per forza”, quindi programmi di informazioni universita-
rie, di approfondimento. La redazione musicale ha il compito di
selezionare i brani da mandare in onda, in un campo abbastanza
ampio, ma sempre ben definito.
Radio Zammù è aperta a tutti ed è formata per la maggior parte
da studenti con tanta voglia di sperimentare.
Podcast della
Facoltà di Scienze MM.FF.NN
Università degli
L’Università di Genova non è dotata di una radio universitaria,
ma la facoltà di Scienze MM.FF.NN ha intrapreso, dal 2007, un
progetto di scienza in podcast (disponibili al sito
http://effervescienze.disi.unige.it/), ritenuto ugualmente rile-
16
Studi di Genova vante ai fini di questa indagine.
Questi podcast sono nati da un’idea dell’intervistata, laureata in
fisica e poi iscrittasi alla SISSA di Trieste, a cui poi si sono aggiun-
te altre due collaboratrici. È stato poi chiesto l’appoggio del pre-
side della facoltà di Scienze MM.FF.NN e la realizzazione del pro-
getto è sempre comunque avvenuta su base volontaria, affidan-
dosi quindi anche a strumentazioni artigianali (registratori, sof-
tware gratuiti per il montaggio audio e pc delle responsabili).
Il fatto che nessun’altro abbia collaborato al progetto non è do-
vuto a divieti precisi o a vincoli, ma al fatto che sia difficile,
all’interno di una facoltà scientifica, trovare studenti interessati
alla comunicazione.
ICradio Imperial College
Londra
(Gran Bretagna)
ICradio (Imperial college radio) è una web radio, online sul sito
www.icradio.com. In streaming 24 ore su 24, trasmette princi-
palmente musica . Gli show trasmessi su ICradio possono essere
scaricati in mp3 dal sito, ma non è prevista la realizzazione di
podcast, per mancanza di mezzi adeguati.
È composta principalmente da studenti, che possono collaborare
in vari modi (dal mandare in onda un programma al semplice
aiutare a gestire lo studio) e chi vuol farne parte deve pagare una
piccola quota (8 £).
Diamond.fm University of
Ibadan
(Nigeria)
Diamond.fm è una radio che trasmette su frequenza (101.1fm) e
sta valutando la possibilità di essere anche online. Per il momen-
to lo è solo tramite un social network. Ha festeggiato a fine otto-
bre il suo primo anno di vita ed è costituita principalmente da
volontari.
Il palinsesto è formato per lo più da musica e da qualche pro-
gramma educativo e di approfondimento, ma si cerca di ampliare
l’offerta per i prossimi anni. In generale la linea della radio vuole
essere per metà educativa - informativa e per metà
d’intrattenimento.
UPF.ràdio Universitat
Pompeu Fabra Barcellona
(Spagna)
UPF.ràdio è una realtà radiofonica molto piccola ed esiste da tre
anni. Non trasmette su frequenza, ma in realtà neanche in strea-
ming.
Si tratta infatti di una radio online, al sito
http://www.upf.edu/upfradio, una pagina interna del sito web
dell’Università Pompeu Fabra, che si limita però a pubblicare i
17
file audio da ascoltare. Il sito di riferimento è infatti statico, non
si è mai voluto investire per farlo essere un sito web dinamico,
per cui non ci sono RSS, non c’è possibilità di commentare. Si è
cercato di ovviare a questo problema approdando su altre piatta-
forme: da quest’anno UPF.ràdio è entrata in iTunesU.
Il direttore è un professore di Comunicazione Radiofonica presso
l’Università Pompeu Fabra ed è un giornalista a tempo pieno,
quindi è poco presente nella gestione della radio. Lo scorso han-
no c’era solo l’intervistata a gestire il lavoro degli studenti, da
quest’anno c’è anche un secondo borsista ad aiutare.
UFMG Educativa
Universidade federal de Minas
Gerais Belo Horizonte
(Brasile)
Radio UFMG Educativa, inaugurata ufficialmente nel settembre
del 2006, è una società creata dall’Università Federale di Minas
Gerais e l’impresa Brasile di Comunicazione(EBC). Trasmette su
frequenza (104,5fm) e si può ascoltare online sul sito
http://www.ufmg.br/online/radio/arquivos/002140.shtml.
Il palinsesto è composto da programmi giornalistici che presen-
tano i principali fatti e accadimenti. Oltre a conoscere qualcosa di
più riguardo il mondo universitario, l’ascoltatore ha anche acces-
so a notizie nazionali e locali che influenzano il suo quotidiano,
con una copertura indipendente, libera e di qualità. La program-
mazione comprende anche musica, di vari ritmi e nazionalità, 24
ore su 24, una serie di “pillole” su diversi argomenti e programmi
quotidiani prodotti in associazione con alunni e insegnanti della
UFMG.
Lo station manager di UFMG Educativa è un giornalista e al pro-
getto collaborano molti studenti. Il coinvolgimento degli studenti
universitari avviene tramite extension project, ovvero progetti
comunitari che puntano all’interazione fra l’università e il resto
della popolazione.
La scienza nelle radio universitarie
Ogni radio universitaria presentata nel paragrafo precedente trasmette un
format scientifico nel suo palinsesto. Programmi di durata e contenuti diversi,
ma pur sempre inerenti il mondo della scienza. C’è chi preferisce parlare di
scienza comunicando quali sono i progetti di ricerca della propria università, chi
realizza un format di scienza in breve, chi sceglie ogni settimana un tema e lo
approfondisce, chi crea un programma radiofonico come parte integrante di un
18
esame universitario e chi si prefigge lo scopo di educare alla scienza i bambini
con l’aiuto di studenti universitari.
Scienza alla radio può voler dire molte cose e qui di seguito verrà fornito un
panorama generale delle diverse tipologie di format radiofonico analizzate.
Scienza e ricerca
Zoom – Obiettivo Ricerca (FAN)
Format nato nel 2006, della durata di 30
minuti e a cadenza settimanale. È dedicato
a capire i risvolti pratici delle ricerche
dell’Università di Verona nella vita quoti-
diana. Si propone inoltre di dare informa-
zioni di servizio a ricercatori e dottorandi,
che possono così conoscere, attraverso il
programma, iniziative come premi di ri-
cerca, borse, dottorati, attività all’estero.
Il contenuto è focalizzato unicamente su
ricerca e scienza, le contaminazioni con la
musica, ad esempio, sono dovute solo alla
necessità radiofonica di avere stacchi mu-
sicali. È condotto da un solo speaker ed è
arricchito da interviste.
Campus Profile (Diamond.fm)
Realizzato e condotto da una sola persona,
è un programma di 15 minuti a cadenza
settimanale che si occupa dei progetti di
ricerca dell’Università di Ibadan, cercando
anche di dare un profilo delle persone
coinvolte nelle diverse attività di ricerca.
È basato principalmente sull’interazione
con gli ospiti (ricercatori, dottorandi), non
ci sono stacchi musicali, ci si occupa solo
di ricerca scientifica e di chi la svolge. Le
interviste a ricercatori e dottorandi sono
alla base dell’intero programma, in quanto
lo scopo del format vuole essere informa-
tivo ed educativo. Non viene lasciato mol-
to spazio all’intrattenimento.
Scienza e didattica
Le Parole della Scienza (Radio Frequenza)
Format della durata di 10 minuti, in onda
due volte alla settimana, nato in collabo-
razione con la cattedra di Teorie e Tecni-
che della Comunicazione Scientifica. Si
pone quindi come un modo per mettere
alla prova gli studenti che hanno frequen-
tato i corsi e costituisce parte integrante
dell’esame.
Si occupa di scienza a 360 gradi, general-
mente tratta di nuove scoperte, spesso di
Universidade das crianças (UFMG Educativa)
Programma di pochi minuti, in onda tutti i
giorni, è realizzato con la collaborazione
di studenti universitari, ma soprattutto
grazie a bambini tra i 9 e gli 11 anni. Ai ra-
gazzi, provenienti sia da Belo Horizonte
sia dalle aree rurali limitrofe, viene data
l’opportunità di porre delle domande su
vari temi (perché il sangue è rosso, perché
pensiamo, cosa fanno i pidocchi, ecc), sulla
base delle quali vengono realizzate delle
19
studi effettuati dai ricercatori dell’ateneo
di appartenenza, ma anche ad esempio di
alcune specie animali, dalle più strane alle
più comuni.
Ogni argomento viene affrontato in modo
da renderlo comprensibile anche ad un
pubblico di cultura non elevata e soprat-
tutto ad un pubblico distratto, occupato a
svolgere le normali attività quotidiane.
attività interattive volte a cercare le rispo-
ste.
Da tutto il lavoro sviluppato con i bambini
nasce questo format, il cui scopo è eviden-
ziare l’importanza del legame fra la co-
struzione del sapere scientifico e
l’esperienza quotidiana dei bambini nel
loro ambiente naturale e sociale.
Scienza in breve
EfferveScienze
(podcast facoltà Scienze)
Podcast che va dai 3 ai 6 minuti, con un
solo conduttore (anzi, conduttrice) ed e-
ventualmente domande ad un esperto.
Vengono presentate delle notizie scientifi-
che in modo leggero e accattivante, bre-
vemente, per poter fornire uno spunto in
merito al tema che si propone. Gli argo-
menti sono vari, ma rientrano sempre
nell’area scientifica.
I podcast sono strutturati principalmente
in due parti: un’introduzione al tema,
un’infarinatura generale, seguita da un
breve approfondimento costituito da
un’intervista a qualche ricercatore o do-
cente universitario.
A seconda delle possibilità si cerca di por-
re domande anche a personalità al di fuori
dell’ambito universitario (ad esempio a
Genova si svolge il festival della scienza e
si è colta l’occasione per raccogliere con-
tributi diversi).
Short Science
(ICradio)
Programma di circa un’ora, intervallato da
cinque brani musicali. Vi è una prima se-
zione dedicata alle notizie di scienza in
breve, ne vengono scelte circa quattro.
La seconda sezione è denominata Capsule
Science e dura dai 5 ai 7 minuti. Tratta di
un tema di scienza in generale affrontato
tramite domande e risposte tra i due
speaker. A questa sezione segue una Guest
Capsule, dove si approfondisce la figura
dell’ospite in quanto scienziato.
La terza sezione è la Capsule Medicine, an-
che questa strutturata tramite domande e
risposte fra speaker, che si occupa di ma-
lattie e dei loro sviluppi. La Capsule Scien-
ce e la Capsule Medicine cercano sempre di
essere collegate tra loro in qualche modo.
La sezione finale è più libera e informale,
meno strutturata, ed è dedicata al pubbli-
co, con un quesito da porre agli ascoltatori
che possono mandare la soluzione via
mail.
20
Approfondimento scientifico
Emissioni Zero
(Radio Zammù)
Programma a cadenza settimanale, della
durata di 60 minuti, è diviso in tre blocchi,
i cui interventi sono di 5 minuti al massi-
mo, intervallati dalla musica. È realizzato e
condotto da un’unica persona ed è arric-
chito da interviste. Di solito c’è un tema
portante in ogni puntata che si riferisce
all’ambito ambientale, ecologico e del ri-
sparmio energetico, e un paio di rubriche
che ne ampliano le vedute. Le notizie ine-
renti il tema trattato vengono presentate
secondo il criterio di “buone” o “cattive”
notizie. L’approfondimento scientifico,
quando possibile, cerca di spaziare in altri
campi, dalla musica alla letteratura, sem-
pre in collegamento però al tema basilare.
Ona Ciència
(UPF.ràdio)
Programma dal duplice aspetto: per tre
mesi viene realizzato da studenti del
Master in Comunicazione delle Scienze e si
presenta in stile reportage, della durata di
10-15 minuti, dove si sceglie un tema e lo
si approfondisce tramite interviste; il re-
sto dell’anno Ona Ciència è un format di
notizie scientifiche brevi, in 5-8 minuti,
lette e registrate da un solo speaker.
Nel primo caso i contenuti sono pretta-
mente scientifici, non ci sono influenze di
altri argomenti, mentre nel secondo for-
mato il programma offre notizie curiose in
ambito scientifico, raccontate con un rit-
mo incalzante e con accompagnamento
musicale.
21
4. Format di scienza universitari: somiglianze e differenze
In questo capitolo verranno presentate somiglianze e differenze tra i diver-
si format presi in esame. Scienza alla radio può voler dire molte cose e lo si può
notare dalle diverse tipologie di programma individuate nel capitolo precedente:
scienza e ricerca, scienza e didattica, scienza in breve e approfondimento scienti-
fico. Alla base di queste distinzioni operano delle scelte effettuate dai responsa-
bili del programma, inerenti gli scopi, il target, le fonti a cui attingere, le scelte
linguistiche, le modalità e le tempistiche di preparazione della trasmissione.
Informare, intrattenere, educare
La cosiddetta mission di un’intera emittente, così come di un singolo format,
può essere di tipo informativo, educativo o di intrattenimento.
Solitamente le radio universitarie si pongono come servizio informativo
per la comunità studentesca, per i docenti e per i ricercatori. Roberto Sammito di
Radio Zammù parla di «programmi che in una radio universitaria devono esserci
per forza», riferendosi appunto ai programmi di informazione universitaria e
Riccardo Poli di FAN, descrivendo il programma Zoom – Obiettivo ricerca, spiega
come «una delle vocazioni del programma sia fare informazione di servizio per
chi sfrutta la ricerca, quindi ricercatori e dottorandi, che possono conoscere at-
traverso il programma iniziative come premi di ricerca, borse, dottorati, attività
all’estero». Da un lato, quindi, un format universitario può porsi ai suoi ascolta-
tori come un servizio informativo legato a tutto ciò che riguarda il mondo uni-
versitario, scienza e ricerca comprese. Dall’altro, un’emittente d’ateneo può oc-
cuparsi di informazione in senso più lato, attraverso notiziari o programmi
d’approfondimento, come ci si aspetta dopotutto da un qualunque mezzo di co-
municazione di massa, la cui funzione è anche quella di soddisfare il diritto
all’informazione.
Di fronte ai tre possibili scopi (informativo, educativo e d’intrattenimento)
che si prefigge una trasmissione, la maggior parte degli intervistati sostiene fer-
mamente che il proprio format abbia un intento informativo. Al massimo può
22
mescolarsi all’intrattenimento, come sostiene Roberto Sammito di Emissioni Ze-
ro, che conferma lo scopo «prettamente informativo» del suo programma, ma af-
ferma di essere interessato al cosiddetto infotainment, ovvero all’informazione
«che utilizza un linguaggio diverso rispetto a quello classico, un linguaggio che è
più vicino a quello dell’intrattenimento».
La comunicazione radiofonica della scienza si mescola all’intrattenimento
laddove, ad esempio, i contenuti scientifici della trasmissione vengono interval-
lati alla musica, oppure quando si cerca di non limitarsi a trattare argomenti
prettamente scientifici, ma si spazia nei campi della letteratura, dell’arte,
dell’architettura o in generale della vita quotidiana. Ad esempio, in una puntata
di Emissioni Zero si è lasciato spazio alla musica promuovendo artisti emergenti
che avevano utilizzato cartoncino totalmente riciclato per produrre i propri al-
bum oppure, in un’altra occasione, i microfoni sono stati affidati ad un gruppo di
ragazzi di Catania, autori di un libro riguardante alcune proposte su come ri-
sparmiare, nell’ambito dell’acqua e dell’energia. Un ulteriore esempio per rende-
re più leggero il tono della trasmissione è quello di Le Parole della Scienza, dove
spesso si chiude la puntata con una massima di un personaggio famoso o una ci-
tazione di un libro «che esprima un po’ il senso della puntata, cosa che permette
di evitare conclusioni banali e arricchire ulteriormente i contenuti», racconta
Monica Ferrante.
Informazione ed intrattenimento dunque, ma mai educazione, come tengo-
no a sottolineare Elisabetta Del Ponte di EfferveScienze, che alla domanda «qual è
lo scopo del programma?» risponde «sicuramente non educativo, non vogliamo
insegnare o dire nei dettagli», oppure Marzia Mazzonetto di Ona Ciència che dice
«soprattutto informativo, educativo sicuramente no». Il termine educativo infatti
viene fuggito dagli intervistati, come se si trattasse di qualcosa di negativo, forse
anche in linea con l’avversione al “deficit model”.
A nessuno piace essere considerato educativo, ma piuttosto culturale. Questo è spesso mo-
tivato dall’assunto che non è dovere dei mass media educare le persone, ma intrattenerle e
informarle. (Tola, 2005)
23
Ad esempio, Monica Ferrante di Le Parole della Scienza, pur spiegando che il
programma ha una matrice didattica, non utilizza il “termine proibito”, ma piut-
tosto sostiene che l’intera mission della radio sia «portare la cultura alle orecchie
della gente comune». Anche Elizabeth Hauke di Short Science, pur sostenendo
che nel suo programma «ogni cosa va spiegata in modo basilare e accessibile»
non utilizza l’aggettivo educativo per definire lo scopo del suo show radiofonico,
ma piuttosto sostiene che l’intento sia quello di «coinvolgere le persone, sia chi è
già interessato alla scienza ed è competente in materia, sia chi non lo è».
Pur essendo un termine poco accetto, alcuni intervistati hanno però am-
messo senza problemi l’intento educativo del proprio programma, come ad e-
sempio Charles Eromosele di Campus Profile, che lo definisce un format «infor-
mativo, ma anche educativo di base», oppure Dèbora D’Avila Reis, che definisce
Universidade das crianças un programma «educativo, d’intrattenimento e infor-
mativo, almeno si spera». La connotazione geografica di queste due uniche te-
stimonianze, provenienti dalla Nigeria e dal Brasile, non è un fattore casuale. Vi è
una correlazione fra gli intenti dei mass media e l’area geografica di appartenen-
za: in particolar modo, nei paesi occidentali le stazioni radiofoniche hanno inten-
ti commerciali e informativi e in genere il mandato dei media e delle scuole sono
ben distinti; nei paesi in via di sviluppo, invece, dove la gran parte della popola-
zione non ha accesso ad un sistema educativo evoluto, i mezzi di comunicazione
di massa vengono utilizzati anche come strumenti educativi, con un intento pe-
dagogico poco riconoscibile nei paesi occidentali (Menduni, 2004). Matteo Mer-
zagora, riassumendo i temi fondamentali emersi durante il simposio Science on
Air tenutosi a Trieste il 1 e 2 ottobre 2004, afferma:
Se da un lato la maggior parte dei giornalisti radiofonici dell’Europa occidentale e (…) o-
rientale tende a sottolineare la distanza dei propri programmi dalle funzioni più marca-
tamente educative, negando di poter in alcun modo assolvere compiti che sono e devono
restare della scuola, dall’altro esperienze extraeuropee mettono in luce le straordinarie
potenzialità della radio in contesti educativi. (Merzagora, 2004)
24
Dopotutto, il grande potere della radio come strumento educativo è stato
sottolineato più volte anche da Bertolt Brecht e Walter Benjamin, non tanto per
supportare il “deficit model”, ma piuttosto enfatizzando quanto sia necessario
ascoltare i bisogni del pubblico per orientare in maniera corretta il prodotto e-
ducativo e supportando l’idea della tecnologia radiofonica come mezzo rivolu-
zionario, da sfruttare per raggiungere il modello della comunicazione orizzontale
tra il pubblico e l’establishment.
Locale o globale?
Lo scopo di un programma viene definito nella pratica dai contenuti e dal
modo in cui essi vengono trattati. Un importante aspetto da cogliere per quanto
riguarda i format delle radio universitarie è capire se i contenuti si attengono
strettamente alla dimensione locale, dunque all’ateneo di appartenenza e al ter-
ritorio in cui è presente, o se i temi trattati vogliono essere più generali, adatti ad
una comunicazione di tipo globale. In un’intervista, Federico Pedrocchi di Ra-
dio24 espone il suo parere circa le funzioni delle emittenti d’ateneo:
Ci sono delle funzioni che una radio universitaria può fare partendo sempre dal proprio
territorio, ma con l’idea di rivolgersi all’esterno. […] Ci sono delle grandi aree di specializ-
zazione, ad esempio, Padova è un campus nel quale psicologia e neuroscienze hanno una
loro grossa tradizione e allora tutti coloro che si interessano di queste cose potrebbero
cominciare a sviluppare una certa attenzione verso quello che fa una radio del campus
padovano, perché lì può trovare delle cose significative e ben fatte su quest’area di ricerca.
Quindi, effettivamente, questa proposta verso l’esterno da parte di una radio universitaria
può proprio agganciarsi al lavoro di conoscenza e ricerca che in quel campus viene pro-
dotto. (Pedrocchi, intervista)
Partire dal proprio territorio e dalle proprie attività interne e promuoversi
all’esterno è proprio ciò di cui si occupano programmi come Zoom – Obiettivo ri-
cerca o Campus Profile. A questo proposito Charles Eromosele sostiene che in
Campus Profile «si parla solo di ricerche legate all’Università di Ibadan. Essendo
Diamond.fm una radio universitaria, ci si aspetta che venga dato spazio solo a
25
contenuti locali». Ma se in questi due programmi la connotazione locale dei con-
tenuti è ovvia, perché nelle aspettative, si può notare che anche in format di na-
tura diversa mantenere un legame con le attività del proprio ateneo, ed in gene-
rale nel territorio, è un aspetto fondamentale. «Essere radicati con il territorio è
importantissimo per la radio e per il programma» ribadisce Roberto Sammito di
Emissioni Zero e della stessa opinione è anche Elisabetta Del Ponte di Efferve-
Scienze, che spiega come nei podcast «si cerca sempre di coprire la presentazio-
ne della facoltà nei confronti della città, di presentare che cosa viene fatto dai
dottorandi, dai ricercatori, dai professori stessi. Si preferisce in questo senso una
dimensione locale». Anche la testimonianza di Marzia Mazzonetto di Ona Ciència
è illuminante a questo proposito, quando spiega come il tentativo di dare uno
stampo locale, magari inserendo delle interviste ai ricercatori e sfruttando attivi-
tà di ricerca dell’università a cui si appartiene, venga valutato come un passo a-
vanti, un elemento positivo.
Preferire contenuti di tipo locale è quindi una delle caratteristiche principa-
li dei format di scienza universitari, pur non escludendo la possibilità di trattare
argomenti di interesse generale. Tuttavia, anche chi cerca di bilanciare contenuti
locali e globali non può evitare di delineare alcuni fondamentali vantaggi legati
alla dimensione locale. Ed è il caso di Elizabeth Hauke che, parlando del suo pro-
gramma, spiega come «da un punto di vista pratico è più comodo intervistare e
avere a che fare con persone interne all’Imperial College e questo è il motivo
principale per cui in Short Science ci sono molti temi a base locale». Vi è poi un
vantaggio di tipo promozionale, confermato da Charles Eromosele di Campus
Profile il quale afferma che, nonostante l’Università di Ibadan sia la migliore in
Nigeria, molto spesso «i progetti di ricerca effettuati al suo interno non hanno la
risonanza che meritano, non vengono pubblicati, dunque parlarne alla radio uni-
versitaria è un vantaggio».
La scelta di attenersi a contenuti locali, dunque, è strettamente legata a
vantaggi pratici e promozionali e costituisce un elemento caratterizzante di tutte
le radio universitarie.
26
Conoscere e soddisfare il target
Il privilegio dato alla dimensione locale non si traduce solo nella scelta dei
contenuti, ma riguarda anche il pubblico a cui ci si rivolge. Come testimoniano
diversi intervistati, infatti, il target di riferimento è proprio la comunità universi-
taria, che comprende non solo studenti, ma in generale chiunque viva la vita
d’ateneo, «dal rettore alla matricola», come dice Roberto Sammito di Radio
Zammù. Federico Pedrocchi di Radio24 espone la sua opinione in merito dicen-
do:
Una radio universitaria deve avere come principale obiettivo il pubblico del suo campus e
deve trovare delle specificità di coinvolgimento di questo pubblico, di rappresentazione
delle idee, delle situazioni, degli eventi che si muovono all’interno di questo pubblico. […]
La radio di comunità è uno strumento che aggiunge alla comunicazione di contenuti il fat-
to che la comunità si riconosce in uno strumento che la rappresenta, che la racconta, e
quindi in questo ha un ruolo importante. (Pedrocchi, intervista)
E come illustrato nei paragrafi precedenti, la volontà di fare informazione
di servizio, il privilegiare la dimensione locale e l’offerta di lezioni universitarie e
seminari in podcast, confermano la consapevolezza delle emittenti in esame di
rivolgersi ad un pubblico universitario.
Ma chi realizza programmi in un’emittente d’ateneo deve comunque ricor-
darsi che il suo messaggio può raggiungere ascoltatori esterni al mondo univer-
sitario e come testimonia, ad esempio, Monica Ferrante, ogni argomento trattato
nel corso della trasmissione Le Parole della Scienza viene affrontato in modo da
renderlo «comprensibile anche ad un pubblico di cultura non elevata e soprat-
tutto ad un pubblico distratto che ascolta mentre attende alle normali occupa-
zioni quotidiane».
Per molti intervistati, il target della trasmissione realizzata è ampio, princi-
palmente costituito da adulti interessati al mondo della scienza. Ma non si esclu-
de di avere a che fare con un target “misto”, come racconta Elizabeth Hauke, il
cui programma Short Science «cerca di raggiungere qualsiasi tipo di persona. An-
che se non piace tutto il programma, vogliamo che loro possano trovare almeno
27
qualcosa di interessante nell’intero show. Per questo motivo c’è un bilancio tra i
vari rami della scienza, si cerca di toccare tutti i campi scientifici, per aumentare
le possibilità di interessare al pubblico». E anche Elisabetta Del Ponte, parlando
di EfferveScienze, sostiene che il target dei podcast sia «un pubblico adulto che si
interessa un po’ di scienza, qualcuno che sia curioso, che abbia voglia di ascoltare
pochi minuti di podcast». L’unica eccezione nelle otto testimonianze raccolte ri-
guarda Universidade das Crianças (L’università dei bambini) che, come racconta
Débora D’Avila Reis, è un programma «con bambini per bambini», anche se dalle
mail ricevute dai conduttori, si sa che la trasmissione raggiunge anche le orec-
chie adulte.
Alla ricerca del linguaggio giusto
Una volta individuato il bersaglio che si vuole raggiungere, è necessario a-
dattare le scelte di linguaggio, di stile e di contenuto al proprio obiettivo.
L’ambito contenutistico è già stato analizzato nei primi paragrafi del capitolo, va-
lutando quali possono essere i diversi intenti del programma e quanto gli argo-
menti siano più o meno legati ad una dimensione locale. Il passo successivo è a-
nalizzare le scelte linguistiche che chi realizza format di scienza decide di com-
piere.
Che si voglia utilizzare uno stile formale come in Campus Profile o molto in-
formale come in Universidade das crianças, è comune a tutti i format analizzati
scegliere un tono leggero, semplice, adottare un linguaggio breve e privo di tec-
nicismi.
L’opinione diffusa è che la scienza abbia un vocabolario tutto proprio, anche quando esiste
la corrispondente parola comune. […] in questi casi il divulgatore si preoccuperà di fare
un’opportuna traduzione dal gergo tecnico alla lingua comune. (Bianucci, 2008)
Molti intervistati seguono questa linea, dichiarando di voler utilizzare un
linguaggio semplice, tranquillo, con pochi tecnicismi. Le parole utilizzate devono
essere il più possibile comprensibili, il linguaggio dev’essere ricco di esempi,
28
chiaro. Elisabetta Del Ponte spiega come per EfferveScienze il linguaggio sia «si-
curamente non tecnico, né accademico, non troppo scientifico o con una termi-
nologia complessa» e sulla stessa linea d’onda Charles Eromosele conferma che,
nonostante il tono della sua trasmissione Campus Profile sia formale, «si cerca di
spiegare tutto il più possibile, non si usano termini tecnici».
Tuttavia, come sostiene il giornalista scientifico Piero Bianucci, «semplifi-
care troppo è uno sbaglio: semplicità non è semplicismo». A questo proposito è
interessante valutare la testimonianza di Riccardo Poli, conduttore di Zoom – O-
biettivo Ricerca, che in merito alle scelte linguistiche del suo programma dichia-
ra: «Il format cerca di essere di ampia diffusione, quindi ovviamente il linguaggio
non viene banalizzato per questo. Se dobbiamo chiamare becher un becher, non
viene chiamato “contenitore de vetro”, ha il suo nome. Ovvio che la prima volta
che viene citato un nome particolarmente impegnativo […], allora per rendere
più appetibile al nostro pubblico alcuni termini, prima li diciamo in termini spe-
cifici, facciamo una spiegazione e poi, durante lo svolgimento del programma, u-
tilizziamo però il termine specifico, per poter innalzare anche quella che è la
qualità dell’ascolto». Anche Roberto Sammito di Emissioni Zero ribadisce che il
linguaggio dev’essere «leggero ma non stupido».
Per rendere la scienza più appetibile e interessante al pubblico, dunque, di
volta in volta chi la comunica dovrà effettuare delle scelte linguistiche precise,
che sappiano essere un buon compromesso fra la chiarezza e la semplicità, ma
anche la specificità e la qualità, per evitare di banalizzare i contenuti e rivolgersi
al pubblico con un atteggiamento di superiorità. Un esempio interessante di co-
me la forma del messaggio vada stabilita sulla base del proprio pubblico, e con il
suo aiuto, lo fornisce Débora D’Avila Reis che, dovendo interagire con bambini
fra i 9 e gli 11 anni in Universidade das crianças, spiega come per il suo pro-
gramma si svolga un «continuo negoziato tra adulti e bambini» per quanto con-
cerne le scelte linguistiche. La distanza fra chi comunica la scienza e i destinatari
del messaggio dev’essere quindi minima e questo è garantito anche
dall’inserimento nel discorso di riferimenti alla vita quotidiana.
29
Più immediati, concreti e fantasiosi saranno i confronti tra esperienza quotidiana e dati
scientifici, migliore sarà la comprensione. Metafore, analogie e paragoni sono dunque uno
strumento potente nelle mani del divulgatore. (Bianucci, 2008)
E questo potente strumento viene ampiamente sfruttato da Elizabeth
Hauke di Short Science, che nella sua trasmissione cerca di «relazionare tutto alla
vita quotidiana. Se si deve parlare di un concetto astratto si usano le analogie. Il
linguaggio dev’essere il più basilare possibile, accessibile a tutti. Per questo le
frasi sono brevi, vengono lette lentamente e non si scende troppo nei dettagli (in
Inghilterra le persone si annoiano ad ascoltare la radio quindi è meglio creare
qualcosa di breve e veloce). Si usa il linguaggio di tutti i giorni, se bisogna usare
un termine scientifico si cerca sempre di spiegare cosa vuol dire. Si cerca sempre
di relazionare ogni pezzo di scienza a qualcosa della vita quotidiana, in modo che
sia più comprensibile». E ad adottare queste scelte è anche Elisabetta Del Ponte
che, in merito al linguaggio utilizzato nei podcast EfferveScienze, spiega come si
cerchi di entrare nella vita quotidiana, di trovare «esempi di applicazioni prati-
che che possano essere comprese facilmente anche da chi ascolta e non ha ter-
minologia tecnica».
Adattare le scelte di linguaggio al proprio pubblico, rendendo il pro-
gramma leggero, semplice, esplicativo e legato alla vita quotidiana, è dunque una
formula vincente per la comunicazione della scienza e si tratta di un processo
che molto spesso viene dettagliatamente premeditato in fase redazionale.
L’attenzione alla forma nella fase di stesura del testo del programma è elevata
per tutti gli intervistati. C’è chi prepara la scaletta scrivendo esattamente, parola
per parola, tutto quello che verrà pronunciato durante la trasmissione, come
fanno ad esempio Elizabeth Hauke in Short Science ed Elisabetta del Ponte per
EfferveScienze; oppure c’è chi, come Roberto Sammito in Emissioni Zero, cerca di
«parafrasare i tecnicismi per far passare più facilmente le informazioni, cercan-
do di renderle più digeribili per il grande pubblico e riportando il tutto ad una
dimensione più colloquiale». In genere c’è quindi una grande attenzione per i
termini da utilizzare, attenzione che viene manifestata non solo durante la tra-
30
smissione, ma in fase redazionale, dove si cerca di «macinare i contenuti, non
sempre facili da comprendere», come sostiene Riccardo Poli di FAN, che conside-
ra il conduttore un «filtro tra ospite e ascoltatore».
Interazione con il pubblico
Non è sufficiente conoscere il pubblico a cui ci si rivolge o adeguare i conte-
nuti e la forma al target che si vuole raggiungere. Quando si parla di destinatari
di un format scientifico è fondamentale fornire loro una possibilità di interagire
con chi realizza la trasmissione. Come si è visto nei capitoli precedenti, la parte-
cipazione del pubblico, la creazione di un dialogo costruttivo e di un rapporto di
fiducia favorisce una maggiore efficienza della comunicazione del sapere scienti-
fico e questi processi non sono estranei a chi si occupa di scienza on air nelle ra-
dio universitarie.
La possibilità di interagire con il pubblico è stata considerata positivamente
da tutti gli intervistati, nonostante nella pratica non tutti i programmi analizzati
offrano questa opportunità. Spesso perché le trasmissioni non sono in diretta, al-
tre volte perché non si hanno i mezzi tecnici adeguati a garantire un’interazione
efficace e immediata. Gli unici programmi analizzati ad essere in diretta sono
Campus Profile di Diamond.fm, Emissioni Zero di Radio Zammù e Short Science di
ICradio. Il primo si affida ad internet, con e-mail e messaggi in chat, per coinvol-
gere gli ascoltatori. Anche il secondo format garantisce il coinvolgimento del
pubblico tramite il web, con l’utilizzo della messaggistica istantanea o della posta
elettronica, per porre domande agli ascoltatori, ricevere le loro risposte e consi-
derazioni sull’argomento discusso o segnalazioni di eventi inerenti al contenuto
del format . L’indirizzo a cui scrivere viene ripetuto più volte durante la trasmis-
sione, in modo da assicurare anche agli ascoltatori ritardatari la possibilità di
partecipare alla chat sempre aperta. Per quanto riguarda Short Science, invece,
questo format si affida unicamente alla posta elettronica. Se qualcuno è interes-
sato ad inviare delle domande o dei commenti via mail, questi vengono letti du-
rante la trasmissione. Inoltre viene dedicata una parte apposita della scaletta
all’interazione con il pubblico, tramite un indovinello. Ogni settimana viene po-
31
sto agli ascoltatori un “enigma scientifico” e si comunica il nome di chi ha rispo-
sto correttamente all’indovinello della settimana precedente. Questo aumenta la
partecipazione del pubblico e crea fidelizzazione.
Per quel che concerne le trasmissioni registrate oppure i podcast,
l’interazione con il pubblico non è realizzabile istantaneamente, ma si ricevono
dei feedback successivi alla messa in onda. È il caso di Zoom – Obiettivo Ricerca,
che di frequente riceve segnalazioni da parte di ricercatori o dottorandi interes-
sati a guadagnare uno spazio nel programma per il proprio progetto di ricerca,
oppure di Ona Ciència, che pur facendo parte di una radio universitaria priva di
community tools, ottiene a volte dei feedback tramite posta elettronica e ripone
le sue speranze d’interazione in iTunesU. La responsabile di questo format, Mar-
zia Mazzonetto, precisa che al di là delle difficoltà tecniche, la possibilità di coin-
volgere il pubblico viene considerata importantissima, tanto da affermare che
«la mancanza di interazione fa perdere quello che è il senso di una radio univer-
sitaria».
Un caso particolare inerente la possibilità di interazione nei programmi ra-
diofonici è dato da Universidade das Crianças. Questo format si è distinto fin
dall’inizio per la sua originalità, per il fatto cioè di unire il mondo degli studenti
universitari a quello dei bambini, in un contesto di didattica della scienza. Questo
fa sì che l’interattività cominci durante la preparazione della puntata, dato che gli
ascoltatori ideali, cioè i bambini, sono presenti in studio per porre domande ed
essere aiutati a cercare le risposte. E questo tipo di attività continua anche du-
rante la trasmissione, in cui si cerca di entrare in contatto con gli ascoltatori in
qualche modo, guidandoli a trovare le risposte. Come racconta Débora D’Avila
Reis, infatti, alla domanda «da dove arriva la mia voce? », posta da una bambina,
si risponde cercando di coinvolgerla, chiamandola per nome e dicendole «ap-
poggia le dita sul tuo mento…ora comincia a parlare…o a cantare…riesci a senti-
re le vibrazioni sotto le tue dita?». Coinvolgere l’ascoltatore, chiamarlo ad agire
in prima persona, fornendo istruzioni per come arrivare alle risposte, è un otti-
mo strumento di interazione con il pubblico, originale ed efficace. Tuttavia, la
partecipazione dei destinatari del programma non si limita a questo. Anche per
32
Universidade das Crianças vale l’utilizzo della posta elettronica per ricevere do-
mande e commenti dal pubblico e al momento dell’intervista, Débora D’Avila
Reis ha raccontato che esiste la volontà di creare il progetto Universidade das
Crianças NET, con lo scopo di contattare persone adulte in altre regioni del Brasi-
le e poter ricevere domande da parte dei loro bambini, in formato mp3, da utiliz-
zare nel programma radiofonico.
Dietro le quinte: attori e registi del format radiofonico
Nei paragrafi precedenti si sono indagati contenuti, forme e target di
format radiofonici di scienza. Ma chi si occupa di pianificare una scaletta, di sce-
gliere le forme linguistiche più adatte, di selezionare le fonti più sicure da cui ri-
cavare informazioni? Dopo aver analizzato quali sono le scelte e i criteri princi-
pali che guidano la realizzazione di un programma radiofonico, è utile anche ca-
pire chi sono gli attori e i registi del prodotto in questione, come si dividono i
ruoli, quanto tempo occorre per realizzare una singola puntata, quali sono le fon-
ti a cui attingere.
Dalle interviste realizzate emerge che non esiste un criterio fisso che regoli
quante e quali persone siano responsabili di un format. Questo è probabilmente
dovuto al fatto che tutte le radio universitarie si basano sul lavoro volontario,
per cui una persona può impegnarsi per un mese o per un anno, saltuariamente
o con un impegno costante, e che la possibilità di collaborazione al progetto ra-
diofonico d’ateneo dev’essere garantita a tutti gli studenti, motivo per cui un
continuo ricambio è d’obbligo.
Esistono casi in cui una sola persona si occupa di scrivere e condurre il
programma e questa sorta di one-man band sono Charles Eromosele di Campus
Profile e Roberto Sammito di Emissioni Zero, ad esempio. Anche per EfferveScien-
ze i diversi ruoli sono incorporati a turno in una sola persona, che si occupa di
cercare informazioni, scrivere i testi, realizzare interviste, condurre nonché ef-
fettuare le registrazioni con mezzi propri e creare i podcast. E questo vale anche
per Short Science, realizzato da due persone che sono al contempo redattrici,
conduttrici e registe, pur dividendosi il carico di lavoro per quanto riguarda la
33
ricerca di informazioni e la scrittura dei testi (ad esempio Elizabeth Hauke,
l’intervistata, si occupa delle Capsule Medicine mentre la sua collega delle Capsule
Science). Ci sono infine casi in cui vi è un conduttore, ma il lavoro di redazione
viene svolto da altre persone, come nel caso di Riccardo Poli, speaker per Zoom –
Obiettivo ricerca, aiutato da Simone Sprea e Luca Guarnieri che si occupano di ri-
cercare informazioni e contattare gli ospiti della puntata.
Tutte queste tipologie di format hanno in comune il fatto di essere costitui-
te da un team di lavoro fisso. Caratteristica non valida per programmi come Ona
Ciència o Le Parole della Scienza. Il caso di Ona Ciència in realtà rientra in una ti-
pologia mista, essendo un format realizzato per tre mesi da un gruppo di studen-
ti del Master in Comunicazione delle Scienze e per il resto dell’anno da due colla-
boratori fissi. Prendendo in esame però la sezione realizzata dagli studenti, si
tratta di una redazione che si rinnova ogni anno. Ogni anno un nuovo gruppo di
studenti si occuperà di ricevere un certo numero di notizie selezionate dalla co-
ordinatrice del progetto, Marzia Mazzonetto, e di rielaborarle per adattarle ra-
diofonicamente, lavorando sia autonomamente sia a lezione. Questa politica è
stata adottata anche in Le Parole della Scienza, realizzato da studenti che si de-
vono sottoporre all’esame di Teorie e Tecniche della Comunicazione Scientifica e
preparano questo format come parte integrante della prova d’esame. Anche qui
il team di lavoro non è fisso, ma periodicamente avviene un ricambio. Ogni anno
studenti diversi si occupano della selezione delle notizie, della stesura dei testi e
della loro resa in una forma comprensibile, anche attraverso una buona modula-
zione della voce.
Che il team di lavoro sia fisso o meno, alla base del lavoro redazionale ope-
rano diverse fasi di realizzazione, comuni più o meno a tutti i format analizzati e
ben riassunti nella testimonianza di Monica Ferrante, coordinatrice di Le Parole
della Scienza: «E’ una catena ben collaudata che coinvolge il titolare della catte-
dra, ed i suoi collaboratori, tra i quali ovviamente ci siamo noi della radio. Essen-
zialmente le fasi sono tre: scelta dell’argomento, stesura della puntata e in-
dividuazione dell’esperto da intervistare, e realizzazione del programma con o-
spite in studio o qualora ciò non fosse possibile in collegamento telefonico». Le
34
tre fasi di lavoro a cui si riferisce l’intervistata sono a grandi linee le stesse per
tutti gli altri format, ad eccezione di Campus Profile e di Zoom - Obiettivo ricerca,
che pongono come prima fase l’individuazione dell’ospite il quale, proponendo il
proprio progetto di ricerca, offre gli spunti per l’argomento di cui parlare e di
conseguenza pone le basi per la stesura della scaletta.
Per quanto riguarda le tempistiche di raccolta del materiale, stesura della
scaletta e contatto con gli ospiti, esse variano a seconda della durata della tra-
smissione e del numero di persone che la realizzano. Senza dimenticare che, es-
sendo all’interno di radio universitarie, i responsabili di un format sono per lo
più studenti volontari, che quindi alternano questa attività con altri impegni uni-
versitari o lavorativi.
La più “veloce” è Elisabetta Del Ponte che per realizzare EfferveScienze im-
piega poche ore: un’ora per preparare argomento e scaletta, mezz’ora di intervi-
sta e altre due ore di editing. Seguono le responsabili di Short Science, che aven-
do una scaletta ormai collaudata e una ferma divisione dei compiti, impiegano
circa mezza giornata ciascuna a scrivere la propria parte. Ovviamente solo dopo
aver concordato un argomento, attività per cui a volte sono necessari anche due
giorni. Le coincidenze vogliono che Zoom - Obiettivo ricerca e Campus Profile,
stessa tipologia di format in paesi diversi, impieghino entrambi tre giorni per
preparare una puntata, con la differenza che il primo programma è realizzato da
un team di tre persone mentre il secondo solo da una persona. Roberto Sammito
invece realizza Emissioni Zero prendendosi tutto il tempo che gli serve nell’arco
di una settimana. La puntata va in onda il mercoledì, tra giovedì e il fine settima-
na si sceglie l’argomento e da lunedì si contattano gli ospiti.
Gruppi di lavoro fissi o variabili, adozione di una precisa serie di procedure
in fase redazionale, tempistiche diverse a seconda del numero di collaboratori
coinvolti, del loro tempo libero e della durata del format: questo il panorama che
si dipinge dietro le quinte di un programma radiofonico di scienza nelle emitten-
ti d’ateneo.
35
Le fonti del sapere scientifico
Conduttori, redattori, registi, ospiti, interviste, scalette e argomenti. Nella
fase redazionale, però, pesa moltissimo anche la questione delle fonti da cui at-
tingere per ottenere le informazioni necessarie.
In generale, gli intervistati dichiarano di basarsi di frequente sulla rete, da-
to che «le notizie compaiono online prima di essere stampate e distribuite», co-
me afferma Elizabeth Hauke di Short Science. La ricerca di notizie su internet re-
sta valida, anche per Riccardo Poli di Zoom – Obiettivo Ricerca, che afferma di at-
tingere dalla pagina online di Nòva o dal blog Innov’azione di Emil Abirascid, e
Roberto Sammito di Emissioni Zero che consulta il giornale online di Legambiente
e un sito chiamato eco-blog.
Naturalmente la selezione delle fonti dipende in larga misura dai temi ca-
ratteristici di un dato format, anche se la consultazione di fonti standard come
Nature , Science, New Scientist o Wired è comune a tutti. Le riviste scientifiche
rimangono infatti un’ottima fonte a cui si possono affiancare, ad esempio, ma-
nuali didattici, come testimonia Débora D’Avila Reis per Universidade das Cria-
nças. Tuttavia, nella sua testimonianza emerge un particolare fondamentale, che
sarà il filo conduttore e l’elemento caratterizzante delle radio universitarie. Par-
lando della scelta delle fonti in Universidade das Crianças, Débora D’Avila Reis
racconta: «Molto spesso si raggruppano le domande inerenti un certo tema e lo
si approfondisce discutendo con uno specialista interno all’università». E lo stes-
so particolare viene ribadito da Monica Ferrante di Le Parole della Scienza, che
afferma di attingere «principalmente a riviste scientifiche, ma anche siti di istitu-
ti ed enti di ricerca oppure andiamo direttamente alla fonte, ovvero, docenti e ri-
cercatori».
Le emittenti d’ateneo, dunque, hanno il grandioso vantaggio di nascere
all’interno di vere e proprie fabbriche del sapere, ricche di “fonti viventi” come
docenti e ricercatori. Questo privilegio è ben espresso dalla testimonianza di Eli-
sabetta Del Ponte di EfferveScienze, che parla di «una sorgente di notizie dinami-
ca (tanti dipartimenti, tanti ricercatori) e una promozione a livello locale dei
progetti di ricerca». Tutti gli intervistati riconoscono questo importante aspetto
36
e dichiarano di utilizzare come fonti primarie ricercatori, dottorandi, docenti e in
alcuni casi anche studenti universitari che studiano materie scientifiche o ine-
renti la comunicazione della scienza. Anche offrire seminari, conferenze e lezioni
universitarie online conferma questo elemento caratterizzante delle emittenti
d’ateneo, ovvero l’utilizzo di fonti interne, che sappiano essere sinonimo di quali-
tà ed efficienza, di praticità e di promozione.
37
Conclusioni
Attraverso l’indagine sul campo condotta in questo lavoro, è emerso in più
occasioni come scienza, radio ed università siano tre realtà strettamente correla-
te fra loro, che negli ultimi anni hanno trovato una strada per unirsi in un unico
strumento di comunicazione e diffusione. La scienza ha infatti molti punti in co-
mune sia con l’università sia con il mezzo radiofonico: la prima è la sede della ri-
cerca e della didattica, è la fonte del sapere scientifico; il secondo è uno degli
strumenti privilegiati a cui affidare un’efficiente comunicazione della scienza.
A supporto di questo legame, negli ultimi anni si sono moltiplicate le espe-
rienze di emittenti d’ateneo nel nostro paese, sono aumentati cioè quegli espe-
rimenti che uniscono le potenzialità del mezzo radiofonico a quelle degli istituti
universitari, offrendo un nuovo tipo di informazione, inerente anche e soprattut-
to il campo della scienza.
Analizzare otto format radiofonici prodotti all’interno di otto diverse uni-
versità e riguardanti argomenti di stampo scientifico, ha permesso di approfon-
dire la conoscenza di questo nuovo ed innovativo prodotto. Ne è emerso che uno
degli elementi caratterizzanti delle radio universitarie e del loro approccio alla
scienza è quello di essere fortemente legate ad una dimensione di tipo locale. Sia
per quanto riguarda i contenuti, sia a livello di selezione delle fonti, sia in merito
ai realizzatori dei diversi format. Le università hanno a disposizione docenti e ri-
cercatori a cui porre domande per approfondire dei temi, aree di ricerca a cui ri-
volgersi per notizie circa progetti di ricerca a livello locale e internazionale, bi-
blioteche a cui attingere per ricercare informazioni. E ultimamente si sono dota-
te di studi radiofonici che sono al contempo laboratori formativi, dove studenti
universitari posso sperimentare la comunicazione on air garantendo un’ampia
varietà in materia di contenuti e di stili di conduzione, per cui si può spaziare dai
podcast di seminari tenuti da docenti a programmi in diretta che promuovono i
progetti di ricerca interni all’università, da trasmissioni in cui la scienza viene of-
ferta a piccole dosi ad altre in cui si approfondisce un tema collegandolo alla vita
38
quotidiana. La possibilità di spaziare in ogni campo della scienza, di proporre
format brevi e veloci o trasmissioni di maggiore durata che garantiscano il dibat-
tito con il pubblico, o ancora di rivolgersi unicamente alla comunità universitaria
o tentare il coinvolgimento di bambini in un contesto di educazione scientifica,
rendono le emittenti d’ateneo un mezzo variegato, innovativo ed efficace per la
comunicazione della scienza, meritevole di ulteriori studi.
Quello che si è fornito in queste pagine è solo uno spunto, un inizio di quel-
lo che potrebbe (o dovrebbe?) essere un ulteriore approfondimento di un mezzo
di comunicazione “ibrido” di diffusione del sapere scientifico, che mescola al suo
interno intenti promozionali, informativi ed educativi, sperimenta diversi tipi di
linguaggio, offre a diverse figure (studenti universitari, bambini, docenti, ricerca-
tori) la possibilità di intervenire attivamente nella comunicazione della scienza,
rendendola forse più varia e accattivante, requisiti al giorno d’oggi, e special-
mente in Italia, indispensabili ad una valida ed efficace trasmissione del sapere
scientifico.
39
Bibliografia
Mass Media e Comunicazione Radiofonica
M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, MI, Net, 2002;
R. Arnheim, La radio, l’arte dell’ascolto e altri saggi, Roma, Editori Riuniti,
2003;
Comunicazione della Scienza
P. Bianucci, Te lo dico con parole tue, BO, Zanichelli, 2008;
G. Carrada, Comunicare la scienza. Kit di sopravvivenza per ricercatori, MI,
Sironi Editore 2005;
N. Pitrelli, La crisi del “Public Understanding of Science” in Gran Bretagna, in
JCOM 2 (1), March 2003;
Radio Universitarie
R. Perrotta, Facoltà di Frequenza. La prima radio universitaria italiana, Ro-
ma, Carrocci Editore, 2005;
Scienza e Radio
B. Jergović, Choices that make radio science stories, in JCOM 3 (4), December
2004;
M. C. LaFollette, A survey of Science Content in U.S. Radio Broadcasting,
1920s through 1940s, in Science Communication, vol.24, No.1, September 2002;
M. Mazzonetto, M. Merzagora, E. Tola, Science in Radio Broadcasting. The
role of the radio in science communication, MI, Polimetrica, 2005;
E. Menduni, Function, audiences and publics of contemporary radio: a
challenge for researches, in JCOM 3(4), December 2004;
M. Merzagora, Science on air: a journey through early science programmes in
US radio, in JCOM 8 (1), March 2009;
M. Merzagora Science on air: the role of radio in science communication, , in
JCOM 3 (4), December 2004;
I. Picardi, S. Regina, Scienza in podcast (la), in JCOM 7 (2), June 2008;
M. Redfern, BBC radio science: challenges and opportunities, in JCOM 3 (4),
December 2004;
40
Siti internet
www.scidev.net/en/science-communication/
www.raduni.org
www.radio24.ilsole24ore.com/radio24_audio/unyonair/index.php
www.fuoriaulanetwork.com
www.unite.it
www.radiozammu.it
http://effervescienze.disi.unige.it/
www.icradio.com
http://www.upf.edu/upfradio
www.ufmg.br/online/radio/
Interviste
Riccardo Poli, FAN, Università di Verona
Monica Ferrante, Radio Frequenza, Università di Teramo
Roberto Sammito, Radio Zammù, Università di Catania
Elisabetta Del Ponte, EfferveScienze, Università di Genova
Elizabeth Hauke, ICradio, Imperial College
Charles Eromosele, Diamond.fm, University of Ibadan
Marzia Mazzonetto, UPF.ràdio, Universitat Pompeu Fabra
Dèbora D’Avila Reis, UFMG Educativa, Universidade federal de Minas Gerais
Federico Pedrocchi, Radio24
Luca Corte Rappis, Radio24