Post on 29-Mar-2016
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In copertina:
Jessica Rossi
Presidente
Paolo Borroni
Segreteria di redazione
Orsola Alice Trevisan
Hanno collaborato
Paolo Borroni
Simone Cotini Arianna Landi
Luciano Montanari Antonello Siclè
Orsola Alice Trevisan
Fotografie
Archivio Confsport Italia
La collaborazione a questo
notiziario è da considerarsi
del tutto gratuita e non retribuita
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Dicembre 2012Dicembre 2012
In questo numeroIn questo numero
SOMMARIO Notiziario della Confsport Italia
Anno IV - N. 10 – Ottobre 2012
H o deciso di scrivere questo edito-
riale in quanto sono tante le ri-
chieste di delucidazioni che per-
vengono alla Confsport Italia, da
parte di dirigenti sportivi, commercialisti, avvo-
cati e alcune volte notai, in merito a normative
fiscali o riguardo la stesura di uno statuto.
Le norme sullo sport non sono tante, ma le più
importanti sono senza dubbio quelle fiscali,
che troviamo raccolte sulla guida redatta
dall’Agenzia delle Entrate, e che invito a scari-
care dal nostro sito www.confsportitalia.it. È
vero, non sempre il legislatore è stato chiaro
nella stesura dei provvedimenti,
che spesso hanno dovuto subire
delle modifiche e dei chiarimenti. Di
solito sono gli Uffici del CONI, delle
Federazioni Sportive Nazionali, de-
gli Enti di Promozione Sportiva o
dell’Agenzia delle Entrate, attraver-
so sentenze e risposte ad interpelli,
a dare interpretazione o spiegazioni
alle norme. Una volta chiarite, le
norme devono essere rispettate. È
normale che le piccole Associazioni
Sportive Dilettantistiche, per lo più composte
da tecnici e genitori appassionati, facciano fati-
ca ad assimilarle: ma "ignorantia legis non ex-
cusat". Attraverso il nostro sito internet abbia-
mo sempre cercato, in maniera puntuale e
precisa, di aggiornare le nostre Associazioni e
Società Sportive Dilettantistiche su tutte le te-
matiche che riguardano il mondo dello sport,
tra cui il Decreto Legge del 13 settembre 2012
n. 158, relativo all’obbligo della presenza di
defibrillatori in tutti i centri sportivi.
Mi preme, però, toccare un punto che ritengo
fondamentale per una Associazione o Società
Sportiva Dilettantistica: “l’iscrizione al Registro
CONI”.
A decorrere dal 2 novembre 2005 è
scattato l'obbligo, per le Associa-
zioni e le Società Sportive Dilettan-
tistiche, di iscrizione all'apposito
Registro telematico tenuto dal CO-
NI, al fine di continuare a beneficia-
re delle agevolazioni, prevalente-
mente di natura tributaria, previste
per tali enti dall'articolo 90 della
legge 289/2002, che ha riformato
la disciplina del settore.
Il Registro è lo strumento che il Consiglio Na-
zionale del CONI ha istituito per confermare
definitivamente "il riconoscimento ai fini spor-
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tivi" alle Associazioni e Società Sportive Di-
lettantistiche, già affiliate alle Federazioni
Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive As-
sociate ed agli Enti di Promozione Sportiva. Le
Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche
iscritte al Registro saranno inserite nell'elenco
che il CONI, ogni anno, deve trasmettere ai
sensi della normativa vigente, al Ministero del-
le Finanze - Agenzia delle Entrate e che usu-
fruiranno delle agevolazioni fiscali previste per
l'attività sportiva dilettantistica.
È il rappresentante legale dell'ente a richiede-
re la procedura telematica d'iscrizione, auto-
certificando il possesso di tutti i requisiti. Ciò
determina un'iscrizione provvisoria, che deve
essere validata dal Comitato territoriale del
CONI entro cinque giorni, pena la decadenza,
con l'iscrizione definitiva al Registro delle Asso-
ciazioni e Società Sportive Dilettantistiche.
L'istituzione del Registro telematico, a partire
dal 2 novembre 2005, ha comportato notevoli
conseguenze, anche di carattere pratico, sulla
disciplina, soprattutto fiscale, da applicare alle
Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche.
Infatti, dal momento che concreta il riconosci-
mento da parte del CONI, l'iscrizione nel Regi-
stro è determinante, ai sensi dell'articolo 7 del
decreto legge 136/2004, per il riconoscimento
delle agevolazioni previste dagli articoli 143 e
seguenti del Tuir, nonché, di riflesso delle me-
desime esenzioni disciplinate dall'articolo 4 del
Dpr 633/72, ai fini dell'Iva.
Va, inoltre, rilevato, solo a titolo di esempio,
che la mancata iscrizione comporta:
l'inapplicabilità delle agevolazioni previ-
ste in materia di imposta di Registro
dall'articolo 90, comma 5, della legge
289/2002;
la non qualificazione dei compensi e in-
dennità erogati a sportivi dilettanti
(nonché ai collaboratori amministrativi,
in dipendenza di rapporti di collaborazio-
ne coordinata e continuativa) tra i redditi
diversi, con la conseguente franchigia di
esenzione, sino a 7.500 euro (articolo 69
del Tuir);
l'inapplicabilità delle disposizioni agevola-
tive previste dalla legge 398/91, circa la
determinazione forfettaria del reddito
d'impresa, per le attività commerciali,
nonché l'abbattimento sempre forfettario
del volume d'affari;
l'inapplicabilità della disposizione deroga-
toria prevista dall'articolo 10 del Dlgs
L’EDITORIALEL’EDITORIALEL’EDITORIALE
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446/97, sulla determinazione della base
imponibile dell'Irap;
l'inapplicabilità del regime di favore, pre-
visto dall'ultimo comma dell'articolo 149
del Tuir, unicamente a favore degli enti
ecclesiastici e delle Associazioni Sportive
Dilettantistiche.
Alla luce di quanto precede, possiamo conclu-
dere dicendo che l'istituzione del Registro del-
le Associazioni e Società Sportive Dilettantisti-
che ha portato a compimento il disegno di re-
visione proposto dall'articolo 90 della legge
289/2002, affidando un ruolo preminente e
preventivo di controllo capillare al CONI, prima
ancora della fase di accertamento effettuata
dagli uffici finanziari.
Il CONI, con una comunicazione dell’8 settem-
bre 2011 inviata ai Presidenti delle Federazioni
Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associa-
te, Enti di Promozione Sportiva e Comitati Re-
gionali e Provinciali del CONI stesso, ha reso
nota una lettera con cui l’Agenzia delle Entrate
prende ufficialmente atto della deliberazione
del CONI del 7 luglio 2011 con la quale viene
previsto che «il riconoscimento provvisorio
attribuito ai propri affiliati dalla FSN, EPS e
DSA… anche in carenza della prevista iscrizione
al Registro sia da intendere quale riconosci-
mento definitivo fino al 31 dicembre 2010».
La lettera del Direttore dell’Agenzia delle En-
trate riveste una notevolissima importanza in
quanto, ai fini dell’attività di controllo sulla
corretta fruizione delle agevolazioni fiscali da
parte delle Associazioni e Società Sportive Di-
lettantistiche, riconosce un effetto retroattivo
ad una eventuale mancanza di iscrizione al Re-
gistro.
Infatti, la nota dell’Agenzia delle Entrate ripor-
ta: «Si potrà procedere al riesame in autotute-
la degli eventuali atti di accertamento emessi
nei loro confronti e al relativo annullamento
per la parte in cui il recupero sia fondato sulla
mancata iscrizione al Registro CONI».
Quindi, per le Associazioni e Società Sportive
Dilettantistiche, regolarmente affiliate alle
FSN, ASD e EPS, che non avevano ancora prov-
veduto a perfezionare l’iscrizione al Registro
CONI, viene definitivamente riconosciuta la
validità delle agevolazioni fiscali di cui avevano
usufruito, solo per le annualità precedenti al
31 dicembre 2010.
La Confsport Italia più volte ha richiamato le
Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche
ad una corretta lettura delle normative emesse
dal CONI e dall’Agenzia delle Entrate.
Gli adempimenti per il riconoscimento ai fini
sportivi non sono atti burocratici ma elementi
essenziali per rientrare nella normativa previ-
sta dall'art. 90 della legge 289/02 (e successive
modifiche). Purtroppo ancora oggi risulta che
diverse Associazioni e Società Sportive Di-
lettantistiche non adempiono all’iscrizione al
Registro CONI e questo non è più giustificabile,
alla luce anche delle campagne di sensibilizza-
zione a cui anche noi della Confsport Italia ab-
biamo contribuito.
Credo che i rappresentanti legali delle Associa-
zioni e Società Sportive Dilettantistiche do-
vrebbero prestare un po’ del loro tempo a
questo adempimento, importantissimo per la
loro Associazione o Società Sportiva Dilettanti-
stica, anche per non trovarsi in situazioni a dir
poco “imbarazzanti”.
Come non mai, in questo caso vale il detto “il
tempo è denaro!”.
Paolo Borroni
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F ino a pochi mesi fa, erano pochi coloro i
quali potevano vantare di aver visto le
eccellenti qualità fisiche, tattiche e ca-
ratteriali che Carlo Molfetta esprime nel
quadrato. Fino a pochi mesi fa, c’erano persone
che non sapevano neanche chi fosse Carlo Mol-
fetta ed erano ignare del fatto che proprio lui sa-
rebbe stato uno di quegli atleti che, alle Olimpiadi
di Londra, ci avrebbe reso orgogliosi di essere ita-
liani. Dopo la Finale di Taekwondo che ha disputa-
to contro Anthony Obame, Carlo Molfetta è entra-
to nel cuore di tutte le persone che sono rimaste
incollate al televisore per ammirare la sua incredi-
bile impresa. Oggi, grazie a Carlo, il Taekwondo è
uno sport che vive, non solo per una nicchia di per-
sone appassionate, ma anche per chi fino a quel
momento non aveva mai avuto a che fare con que-
sto sport. Oggi viene voglia di andare a vedere il
Campionato Italiano di Taekwondo che si dispute-
rà l’ 1 e 2 dicembre a Roma e cresce la curiosità di
portare i nostri figli nelle palestre per fargli prati-
care questo sport. Insomma ci sentiamo di ringra-
ziare questo ragazzo, per averci dimostrato che i
sogni possono diventare realtà.
Da dove arriva il tuo soprannome “Lupo”?
Nel 2009, alcune ragazze della Nazionale hanno
iniziato a chiamarmi in questo modo perché dice-
vano che quando sono fuori dal quadrato sono
buono e gentile, come il lupo travestito da vec-
chietta nella favola di Cappuccetto Rosso. Poi,
quando salgo sul quadrato, mi tolgo gli abiti da
vecchietta e mi trasformo nel lupo cattivo.
Quando sei arrivato a Londra, sapevi che avresti
conquistato una medaglia?
Sapevo che avevo le doti e le capacità per farlo,
venivo tra l’altro da un quadriennio positivo. Ga-
reggiavo per la prima volta in una nuova categoria,
e questo mi metteva ad-
dosso un po’ di tensione
in più. Sapevo comunque
di poter arrivare ad una
medaglia: dal bronzo all’o-
ro è semplicemente que-
stione di giornata, se un
giorno sei più in forma,
invece di una medaglia
qualsiasi porti a casa l’oro.
Quando gli sportivi arriva-
no alle Olimpiadi, hanno
un grado di preparazione
non indifferente. Cos’è
che permette ad uno di
arrivare al quarto posto e
Carlo Molfetta e Anthony Obame
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all’altro di vincere l’Olimpiade?
Su sedici persone che si sono qualificate alle Olim-
piadi, nella mia categoria, almeno dieci avrebbero
potuto vincere l’oro: il livello era altissimo. Quello
che cambia è quanto la preparazione che hai avuto
sia stata mirata per le tue esigenze, quindi abbia
colmato i vuoti che avevi. Per alcuni, le carenze
possono essere la velocità, per altri la resistenza. Si
può anche arrivare alle Olimpiadi con una prepara-
zione non così attenta, oppure con motivazione e
voglia di vincere non sufficienti. Su questi, la diffe-
renza la fa chi pensa: “IO VOGLIO VINCERE LE
OLIMPIADI”, come è
accaduto a me, a Lon-
dra.
“Voglio vincere le
Olimpiadi” è quello
che tu hai dimostrato
ad ogni incontro. Ma
c’è stato un momento
in cui invece hai pen-
sato “Non ce la fac-
cio”?
Non ho mai pensato
che un avversario po-
tesse essere più forte
di me, anche se in se-
mifinale sono entrato
sul quadrato timoroso. Combattevo con l’atleta del
Mali che era stato per due volte Campione del
Mondo: lui era quello da battere. Da un punto di
vista fisico era spaventoso, mi superava in altezza
di più di 20 cm e più di trenta chili in peso. In più,
era l’incontro che mi avrebbe permesso di andare
a medaglia certa e questa era una tensione aggiun-
tiva. Ho iniziato l’incontro molto concentrato, per-
ché sapevo che se avessi perso l’attenzione ne
avrebbe approfittato. È stato il mio incontro per-
fetto, a livello strategico, quello che ricordo come
una partita a scacchi.
L’ultimo combattimento ha avuto dell’incredibile
e, nel momento in cui avevamo quasi perso le
speranze, hai sorpreso tutti con la tua tecnica e
con una forza d’animo mai vista. Ha sorpreso an-
che te?
C’è da dire che gli ho dato un po’ di vantaggio solo
per fare spettacolo (ride). Scherzo ovviamente!
Ho sempre avuto forza d’animo, fin da quando ero
piccolo. Sono una persona caparbia, cerco sempre
di raggiungere le mete che mi prefiggo. È la stessa
caparbietà che mi ha permesso di non smettere di
fare Taekwondo quando, negli anni che vanno dal
2005 al 2008, ho subito quattro interventi alle gi-
nocchia. Ho riportato sul quadrato quello che ave-
vo fatto fino a quel momento nella vita. Quindi, il
“Non mollare fino all’ultimo secondo” rappresenta
il mio tentativo di raggiungere il sogno che avevo
da bambino.
Che pensieri avevi durante gli incontri vissuti a
Londra?
Al primo incontro, la strizza di poter competere
male e buttare al vento altri quattro anni era il
pensiero preponderante: non me lo sarei mai per-
L’angolo del CampioneL’angolo del CampioneL’angolo del Campione
Carlo Molfetta
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donato. Al secondo, ho iniziato a pensare che un
piccolo ostacolo lo avevo già superato. In semifina-
le, l’ultimo scalino prima di una medaglia sicura,
sapevo che dovevo tirare fuori un po’ più di corag-
gio. I pensieri, in quei giorni, non sono mai rivolti
all’Olimpiade, ma al momento che si sta vivendo,
incontro dopo incontro. Fino ad arrivare a qualche
secondo prima della Finale: quando pensi che, an-
che se hai già conquistato una medaglia, non c’è
motivo di buttare tutto al vento, ed è il caso di an-
dare a prendersi quella più importante.
Invece quando è toccato ai giudici scegliere la su-
periorità?
Ho corrotto i giudici con mille eu-
ro. (ride)
Scherzi a parte. In quegli attimi ti
passano in mente tante cose,
quindi speri di aver fatto bene.
Vedevo il maestro che era sere-
no, quasi convinto che avessi vin-
to. Io avevo un po’ di rimorsi per-
ché, pur sapendo di aver dato il
massimo, pensavo che avrei po-
tuto fare qualcosa in più. D’altra
parte ho pensato che nonostante
stessi perdendo di 6 punti, avevo recuperato e
fatto Golden Point: ce l’avevo messa tutta.
Come ti fa sentire l’idea di aver inchiodato milioni
di Italiani allo schermo, anche quelli che conosco-
no poco il tuo sport?
Questo mi fa molto piacere, anche se so che
probabilmente è un momento: il Taek-
wondo è una disciplina che si sta
conoscendo solo ora in Italia.
Mi rende felice sapere
che durante quel-
l’ultimo incon-
tro, che
mi
hanno
detto aver
avuto gli indici di
ascolto più alti di tutti,
ho fatto emozionare chi mi
ha guardato, mi inorgoglisce mol-
to.
Nella tua disciplina, la tua è stata la prima
medaglia d’oro Olimpica. In che posizione ti
mette verso i tuoi compagni di squadra?
Nella stessa condizione di prima.
Ero capitano prima, come lo sono
ora. Non è certo un risultato
che cambia la storia di una
squadra. Conosciamo bene i
nostri curriculum, nell’ambien-
te: i miei compagni mi rispetta-
vano prima, come io rispetto
loro. Ho sempre cercato di es-
sere un capitano comprensibile
e comprensivo, cercando co-
munque di creare uno spirito di
squadra; anche se è questo un
sport individuale, il fatto di lavorare in un ambien-
te sereno consente di dare ancora di più. Spero
che questa medaglia riesca a dare un input in più a
tutti quei ragazzi che stanno crescendo ora nella
Nazionale e che avevano bisogno di capire quanto
l’Italia realmente fosse forte in questo sport. Per
loro, la mia vittoria e il terzo posto di Mauro rap-
presentano un segnale importante. Spero lo capi-
scano anche quei genitori che decidono di manda-
re i propri figli in palestra. Il Taekwondo potrebbe
essere, per i ragazzi, un’ottima scelta, anche di vi-
ta.
Cosa ti ha dato il Taekwondo?
Il rispetto assoluto verso le persone che, al giorno
Quando salgo sul
quadrato, mi tolgo
gli abiti da
vecchietta e mi
trasformo nel lupo
cattivo.
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d’oggi, è un valore davvero difficile da trovare. Il
Taekwondo forma il carattere e insegna che ambi-
zione e caparbietà sono elementi
fondamentali anche per la vita
fuori dalla palestra.
Tu come hai iniziato questo
sport?
A cinque anni, per via di mio pa-
dre, che lo pratica tutt’ora. Anda-
vo con lui in palestra perché ero una peste.
Ovviamente all’inizio era un gioco: ma, più
crescevo, più lo vivevo e più capivo quanto
mi piacesse, fino ad oggi che è diventato un vero e
proprio lavoro.
Già sognavi le Olimpiadi?
Ho iniziato a sognarle a 12 anni. Poi successe che
ufficializzarono il Taekwondo come sport Olimpico,
a Sidney. Da lì, preso dall’euforia iniziai a firmare
autografi ai miei compagni di scuola e alle profes-
soresse dicendo che prima o poi avrei vinto l’oro
Olimpico.
A chi la devi questa medaglia?
A tutte le persone che mi sono state vicino, sia nei
momenti di gioia che in quelli di sconforto totale. I
miei genitori, gli amici, la mia ragazza.
Oltre la tua, c’è una medaglia d’oro Italiana, che ti
ha reso orgoglioso ed emozionato particolarmen-
te?
Ce ne sono molte. A partire dal fioretto femminile,
che ha vinto bronzo, argento ed oro. Con Elisa Di
Francisca, ad esempio, mi accomuna il fatto che
anche lei, nell’ultimo incontro, era sotto di
un po’ di stoccate e, come me, ha trovato la
forza e la via per recuperare e vincere. Lei mi
ha detto di essersi emozionata a
guardare la mia finale proprio co-
me io mi sono emozionato a guar-
dare la sua, forse proprio per il
fatto di aver avuto questi elementi
in comune.
Il 2 Dicembre combatterai per il Campionato Ita-
liano, a Roma. In che posizione ti metterai ora che
hai vinto l’oro, di fronte ai tuoi avversari?
La stessa posizione di prima. Ero abbastanza titola-
to anche senza oro per affrontare gli Italiani in ma-
niera tranquilla. Ora ho un titolo in più da difende-
re, ma senza fare il gradasso e sottovalutare le co-
se. Prenderò la gara per quella che è: un Campio-
nato Italiano, a cui tengo particolarmente.
Come vedi il tuo futuro?
Vorrei incidere un disco, fare un film (ride). No! Il
mio futuro sarà comunque nel Taekwondo, uno
sport che mi ha dato tanto e mi continua a dare
tante soddisfazioni. Cercherò di creare tanto movi-
mento intorno a questo sport per far capire tutti i
benefici che porta: in Italia può prendere piede.
Nel mondo, è uno degli sport più presenti; gli ita-
liani sbagliano a considerarlo uno sport minore.
Tredici porta bandiera a Londra erano atleti di Tae-
kwondo, come la ragazza dell’Inghilterra che ha
letto il giuramento alla cerimonia di apertura delle
Olimpiadi: questo è un dato significativo che ci fa
capire quanto sia un movimento presente in tutto
il mondo.
Arianna Landi
L’angolo del CampioneL’angolo del CampioneL’angolo del Campione
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N ello sport esistono epoche,
meglio definite “ere”, legate alle
imprese di una squadra o di un
atleta. Chi non ricorda il “Milan di
Sacchi” o il “Napoli di Maradona”? Nella ginna-
stica, sia artistica che ritmica, ci si rifà a cam-
pioni e campionesse che hanno fatto scuola e
storia. Olga Korbut, Nadia Comaneci, le bulgare
nella ritmica, dal gruppo di Raeva-Ralenkova-
Ignatova fino a Panova e Petrova, e quindi le
russe con in testa Alina Kabaeva, un’atleta cha
ha saputo raccogliere più di quanto meritasse
vincendo tutto, ma per questo non “amata” da
tutte le fan della disciplina. Un po’ come sta
accadendo per Eugenia, capace di conquistare
due ori olimpici, 17 iridati e 13 europei. Eppu-
re, per la 22enne di Omsk, non ci sono stati
solo consensi nella sua brillante e gloriosa car-
riera: molte, infatti, le preferiscono le due Da-
rie, Kondakova e, soprattutto, Dmitrieva (sarà
lei la nuova regina della ritmica internaziona-
le?). Non c’è dubbio, comunque, che il periodo
che va dal 2007, ma soprattutto dal 2009, fino
ai Giochi di Londra, passerà alla storia come
l’”Era Kanaeva”.
Nell’artistica, invece, si potrà parlare di un’Era
Statunitense, segnata da tante vittorie delle
ginnaste a stelle e strisce. Dal 2007 (quindi do-
po l’exploit di Vanessa Ferrari, accompagnato
dal successo delle cinesi nella gara di squadra,
ad Aarhus) in poi, su sei gare, due Olimpiadi
(Pechino e Londra) e quattro Mondiali
(Stoccarda, Londra, Rotterdam e Tokio), sono
ben cinque le americane salite sul primo gradi-
no del podio individuale: Johnson, Liukin,
Sloan, Wieber e Douglas, con l’eccezione della
russa Mustafina a Rotterdam.
Nella gare per Nazioni, invece, il bottino statu-
nitense è del 60% con 3 vittorie su cinque gare:
a Stoccarda nel 2007, a Tokio nel 2011 e pochi
mesi fa a Londra. Quando non hanno vinto le
“US girls” sono sempre arrivate seconde. Una
supremazia che sembra destinata a continuare.
Luciano Montanari
Eugenia Kabaeva
(Johnson, Liukin, Memmel, Peszek, Sacramone, Sloan)
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GinnasticaGinnasticaGinnastica
L ’evoluzione della metodologia dell’al-
lenamento ha portato gli atleti a regimi di allena-
mento molto intensi e a tempi di competizioni
molto vicino tra loro, con poche pause per il recu-
pero. Questo ha causato un aumento delle lesioni
da sovraccarico quali tendiniti, borsiti e fratture da
stress. L’atleta infortunato è costretto ad interrom-
pere gli allenamenti e le competizioni per un perio-
do più o meno lungo a seconda della gravità della
lesione.
La fisiologia ci dice che l’interruzione dell’allena-
mento di tre settimane, e quindi l’inattività, in at-
leti evoluti porta alla diminuzione del VO2 max
(volume di ossigeno massimo) del 14% – 16%, non-
ché alla perdita del trofismo muscolare.
Gli atleti non possono abbassare il loro livello di
allenamento e per questo sono stati studiati meto-
di per cui l’atleta, anche se infortunato, sia in gra-
do di allenarsi. Una di queste soluzioni è l’acqua: in
questo ambiente, infatti, l’atleta è in grado sia di
effettuare la riabilitazione, sia di allenarsi, mante-
nendo o incrementando la forza e la resistenza
muscolare. Questo è permesso grazie alle caratte-
ristiche dell’acqua che consente movimenti che
non possono essere effettuati nella riabilitazione a
secco.
Principi dell’acqua e caratteristiche
della vasca idroterapica
Il principio che caratterizza l’acqua è il principio di
Archimede che enuncia «un corpo immerso in un
liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari
al peso del liquido spostato».
La caratteristica principale dell’acqua è appunto la
riduzione della forza di gravità e la presenza del
galleggiamento che viene utilizzato nei programmi
di idrokinesiterapia per permettere all’atleta la
percezione della posizione corporea corretta.
Possono essere effettuate esercitazioni di resisten-
za, attraverso l’esecuzione di movimenti svolti a
diversa velocità, in quanto, a seconda della veloci-
tà del movimento stesso, il corpo incontrerà diver-
se resistenze (drag) che agiscono su di esso.
Analizziamole singolarmente:
Forza di coesione: è quel-
la forza molto debole che
è diretta parallelamente
alla superficie dell’acqua.
Forza frontale: è la forza
diretta frontalmente ri-
spetto al corpo in movi-
mento. Quando un corpo
si muove nell’acqua, que-
sta forza determina un
aumento della pressione
davanti al corpo, formando una zona ad alta
pressione ed un abbassamento della pressio-
ne nella parte posteriore del corpo stesso,
formando una zona a bassa pressione. Que-
sto causerà dei vortici nella zona posteriore
del corpo dati dallo spostamento dell’acqua
da una zona da alta ad una a bassa pressio-
ne, che porterà alla formazione di mulinelli
che genereranno una forza frenante.
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Forza frenante: insieme a quella frontale so-
no le due forze più importanti nella riabilita-
zione in acqua. Queste possono essere modi-
ficate variando la forma del corpo e la veloci-
tà del movimento. Una minore superficie di
impatto determina una riduzione della forza
frontale e una riduzione della differenza di
pressione tra la parte anteriore e la parte
posteriore del corpo. Nella riabilitazione di
un atleta indebolito dal punto di vista mu-
scolare è necessario ridurre la velocità di
esecuzione dei movimenti in modo da ridur-
re la resistenza al movimento e quindi ridur-
re le turbolenze. In un flusso turbolento alla
resistenza il movimento è direttamente pro-
porzionale al quadrato della velocità. Questo
permette di aumentare progressivamente la
resistenza con il progredire del recupero.
Un altro principio che caratterizza l’acqua è la leg-
ge di Pascal: «un fluido esercita
una pressione uguale su tutte le
superfici di un corpo immerso a
riposo e a qualsiasi profondità».
Dato che la pressione idrostati-
ca aumenta con l’aumentare
della profondità, la presenza di
edemi o gonfiori in genere sarà
ridotta se gli esercizi sono ese-
guiti al di sotto della superficie dell’acqua.
La vasca di riabilitazione, a differenza delle piscine
di nuoto, è più piccola e ha una profondità variabi-
le. Le vasche di riabilitazione in acqua hanno un’al-
tezza che va da 0,80 m – 1,00 m ad un’altezza di
1,40 m- 1,60 m.
In base all’altezza dell’acqua e quindi in base
all’immersione del corpo nell’acqua, avremo una
diminuzione del peso corporeo. Infatti, se immer-
giamo il corpo fino alle spalle avremo un “peso
acquatico” pari al 7% rispetto a quello terrestre,
mentre se lo immergiamo fino all’altezza delle
spalle avremo un peso acquatico pari al 20% ri-
spetto al peso terrestre.
Questa differenza di peso rispetto a quello terre-
stre ci permette di lavorare precocemente su gran
parte delle patologie.
La differenza di profondità permetterà al terapista
di poter lavorare con un minore o maggiore carico.
La temperatura dell’acqua è essenziale per la rie-
ducazione, ed è compresa tra i 32°C ai 34°C; que-
sto provoca un abbassamento della frequenza car-
diaca dovuto ad una maggiore distensibilità delle
pareti, ma
soprattutto
un rilassa-
mento mu-
scolare e
psicofisico
essenziale
per la riu-
scita di una
buona se-
duta di te-
rapia.
Strumenti
didattici
In acqua è quindi possibile effettuare la maggior
parte dei movimenti che possiamo fare sulla terra
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ferma, e di conseguenza possiamo utilizzare degli
attrezzi che ci aiuteranno nel recupero dell’atleta
infortunato.
Durante la seduta di idrokinesiterapia oltre ad
esercizi a carico naturale, andremo ad utilizzare
vari attrezzi, alcuni specifici per la riabilitazione
( bacchette di legno, palline ecc.), altri specifici di
vari sport (tavolette, tubi galleggianti, manubri gal-
leggianti ecc.) che ci aiuteranno soprattutto nella
fase del potenziamento.
L’avanzare della tecnologia ha permesso di svilup-
pare dei particolari attrezzi specifici per l’utilizzo
nell’acqua che verranno descritti qui di seguito.
Tapis roulant acquatico.
È un tappeto rotante a funzionamento meccanico.
Il paziente cammina su un nastro continuo di gom-
ma che si muove su speciali rulli. Il movimento del
nastro è regolabile in modo da aumentare la resi-
stenza. Nella fase di slancio, la resistenza è uguale
a quando si cammina normalmente in piscina. La
grande differenza si percepisce nella fase di solle-
vamento sul calcagno. Infatti, in seguito al solleva-
mento sul calcagno, vi è un movimento in avanti
del corpo accoppiato con un movimento all’indie-
tro dell’arto inferiore che muove il nastro del tap-
peto rotante, a differenza della deambulazione in
piscina che sposta il corpo in avanti su un arto infe-
riore fisso che genera resistenza.
Acqua track
È un attrezzo che simula le attività alternanti degli
arti superiori ed inferiori che si verificano nello sci
di fondo. La resistenza per il movimento anteriore
e posteriore degli arti superiori e inferiori è au-
mentata da una mascherina posta anteriormente
all’impugnatura della mano e una posta anterior-
mente al piano del piede.
Acqua skate
È l’attrezzo che simula il movimento pendolare del-
lo schettinatore sul ghiaccio ad alta velocità. Una
mascherina è fissata alla parete laterale di ciascun
scarponcino, aumentando la resistenza al movi-
mento laterale dell’arto inferiore. Il paziente men-
tre si regge sul corrimano esercita i muscoli ab-
duttori dell’arto inferiore in azione e i muscoli ad-
duttori dell’arto che lo segue.
Parallele in acqua
E’ simile alle parallele libere ma in acqua. Il sog-
getto regge il suo peso sui suoi avambracci che so-
no appoggiati sulla porzione piana delle barre pa-
rallele. Il soggetto tiene tutte e due le ginocchia
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estese partendo da una posizione prona
sull’attrezzo e flette le sue anche in avanti, ruotan-
do il dorso sino a una posizione quasi supina. La
torsione in avanti rafforza la muscolatura addomi-
nale e i flessori delle anche. Ritornando nella posi-
zione di partenza sono interessati i muscoli esten-
sori del tronco e delle anche.
Ciclette in acqua
La ciclette subacqua per le braccia è un attrezzo
adatto a rafforzare la muscolatura degli arti supe-
riori. Il soggetto gira il meccanismo con delle pale
subacquee ai suoi lati che generano resistenza.
Fasi della rieducazione in acqua
Possiamo dividere la rieducazione in acqua in di-
verse fasi. Queste hanno una durata che varia a
secondo del soggetto e del tipo di lesione.
Ogni protocollo della rieducazione è soggettivo,
cioè ogni soggetto possiede il proprio, studiato
sulla base della lesione specifica; il protocollo ver-
rà eventualmente modificato in base ai migliora-
menti del soggetto stesso.
Le fasi in acqua sono:
Fase 1: ambientamento all’acqua e mobiliz-
zazione sotto la soglia del dolore;
Fase 2: recupero dell’articolarità della spal-
la, prima fase di rinforzo muscolare e lavoro
propriocettivo;
Fase 3: rinforzo muscolare, lavoro proprio-
cettivo, lavoro sport specifico.
La parte più importante in un protocollo riabilita-
tivo, soprattutto se riguarda uno sportivo, è il
miglioramento dell’escursione articolare ai livelli
precedenti all’infortunio. Infatti, un atleta con
limitata escursione articolare avrà dei deficit a
livello prestazionale.
Simone Cotini
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