- 1. Immanuel Kant Critica della Ragion pratica A cura di Stefano
Ulliana
2. Panoramica
- 1. I compiti della nuovaCritica .
3. 2.La realt e l'assolutezza della legge morale . 4. 3.
Lacategoricitdell'imperativo morale. 5. 4. Laformalitdella legge e
il dovere. 6. 5. L'autonomia della legge. 7. 6. La teoria dei
postulati pratici e la fede morale. 8. 7. Il primato della ragion
pratica.Immanuel Kant 9. 1. I compiti della nuovaCritica .
- La ragione kantiana ha un uso teoretico ed un uso pratico. Essa
infatti cos come indirizza la conoscenza attraverso le idee
regolative dell'anima, del mondo e di Dio, cos pure accompagna le
determinazioni delle finalit d'azione umane. L'orizzonte e l'ordine
stabilito dal termine di perfezione divino per l'organizzazione
umana dal punto di vista pratico empirico l'ideale di un movimento
di sistematizzazione e di civilizzazione continua e progressiva. In
tal modo la ricerca kantiana si avvia ora a perseguire le
condizioni di possibilit pure eda prioridi questa processualit di
determinazione, sia conoscitiva che d'azione. Mentre la sua parte
teoretica procede infatti ad una sistematizzazione delle conoscenze
sempre pi estesa, la sua parte pratica legata al mondo empirico
vuole riedificare il mondo umano in continuazione secondo quanto le
suggerisce appunto l'ideale di perfezione.
10.
- Ma la ragione possiede in se stessa la legittimit per operare
questa sorta di organizzazione totale, del mondo naturale come del
mondo umano? Secondo Kant la ragione ha in se stessa le condizioni
di possibilit, i principi puria priori , che le garantiscono il
diritto di intersecare la realt in questo modo. Essa infatti
determinantea prioriattraverso la legge della libert, attraverso la
sua necessit applicata a tutti i soggetti e la sua universalit
riconosciuta da tutti i soggetti. In questo modo essa supera le
determinazioni dell'esperienza (massime dell'esperienza), che
pretenderebbero di applicare in modo necessario e relativamente
universale delle determinazioni particolari, come se fossero
illimitatamente universali. Cos mentre la ragione nel suo uso
teoretico puro pretende erroneamente di essere determinante, la
stessa nel suo uso pratico pu legittimamente assumere e portare a
termine questa intenzione, in quanto garantita dalla sua essenza di
necessit e giustificata dal suo orizzonte di illimitatezza.
11.
- Necessit ed universalit qualificano e quantificano cos la
determinazione propria, intrinseca, della ragione pura, pratica. Ma
essa rimane sempre e comunque limitatamente soggettiva, impedendo
che l'orizzonte da essa aperto e l'ordine da essa diretto possano
identificarsi con l'orizzonte e l'ordine dell'infinito attuale
divino. La ragione pura quindi tratterr sempre la propria spinta
empirica alla sistematizzazione e sistemazione dall'immedesimazione
e dalla relativa alienazione in una potenza, conoscenza e bont
infinite. L'infinito divino rimane nellaCritica della ragion purae
nellaCritica della Ragion pratica il punto d'origine della
limitazione umana, scontata dalla presenza nella sua natura di una
sensibilit, che pare fare resistenza ai doveri propugnati
dall'ideale etico. In questo senso la speculazione kantiana risente
di una tradizione platonica, che sar approfondita ed ampliata
quindi radicalmente modificata - solamente dagli idealisti
successivi, che riesumeranno il valore umanistico e rinascimentale
dell'infinita creativit espressa attraverso la sensibilit naturale
ed umana (sentimento).
12. 2. La realt e l'assolutezza della legge morale.
- La ricerca dell'incondizionatezza della ragione pura (pratica)
e quindi l'affermazione della sua libert nei confronti della
necessitazione apparentemente imposta dai rapporti e dalle
relazioni vigenti in ambito empirico fra i diversi fenomeni nascono
dal desiderio kantiano di trovare e reperire l'analogo delle leggi
vigenti in ambito naturale (cfr. dinamica e meccanica newtoniana)
anche in ambito morale. Come la natura pare assoggettarsi alle
leggi empiricamente determinate dalla fisico-matematica, cos si
vorrebbe che il mondo dei comportamenti e delle azioni umane
riconoscesse la presenza di una sorta di obbligazione morale, che
possa essere valida per l'intero genere umano (passato, presente e
futuro). E che dunque possa imporsi e realizzarsi come un fatto
puramente di ragione, oltre ed eventualmente contro le inclinazioni
sensibili e naturali.
13.
- In questo senso tale imposizione di ragione varrebbe come
dimostrazione della libert assegnata alla volont umana, libert che
avrebbe poi il valore di un riconoscimento necessario ed
universale, pena la caduta della stessa natura umana. Per questo
motivo la libert della volont umana viene riconosciuta come la
formaa prioridella ragione pura stessa (il primo postulato della
vita etica), divenendo conseguentemente e necessariamente l'oggetto
ed il contenuto della determinazione comune umana. Oltre ed
eventualmente contro le indicazioni, i condizionamenti, le spinte
aperte ed impostate dalla sensibilit o dagli istinti umani la legge
morale consente la responsabilit ed il merito del soggetto umano,
che avvertendo dentro di s la forza e la necessit dei doveri (per
adeguazione alla legge) combatte l'impulso generato dall'istinto,
nella consapevolezza del limite della propria ed altrui natura
(tolleranza contro il fanatismo).
14.
- Come laCritica della Ragion puracos anche laCritica della
Ragion praticasi divide inDottrina degli elementieDottrina del
metodo . Nella prima Kant individua ( Analitica ) il criterio etico
della verit nei principi morali (poi concetti ed applicazioni
empiriche), per risolvere conseguentemente l'antinomia apparente
della ragion pratica ( Dialettica ); nella seconda il filosofo
prussiano indica le modalit attraverso le quali ci che stato
determinato nella parte precedente possa entrare e radicarsi
stabilmente nell'animo dell'uomo (tramite l'educazione, i buoni
esempi e il perfezionamento del giudizio).
Kritik der praktischen Vernunft(1788) 15. 3.
Lacategoricitdell'imperativo morale.
- Il primo carattere della legge morale kantiana la
suacategoricit . I principi che regolano la volont umana si
distinguono inmassime(con valore ed impiego soggettivo)
eimperativi(con valore ed impiego intersoggettivo). A loro volta
gli imperativi si distinguono inipotetici( regole
dell'abiliteconsigli della prudenza ) ecategorici : i primi
prescrivono l'uso di determinati mezzi, che vengono considerati
necessari per l'attingimento e l'acquisizione di determinati fini;
i secondi prescrivono un dovere in modo incondizionato. La legge
morale kantiana ha il carattere dell'imperativo categorico. Il
soggetto avverte dentro di s l'imposizione di una necessit
ineliminabile, incoercibile ed invariabile, secondo la regola che
dice: Agisci in modo che la massima della tua volont possa sempre
valere nello stesso tempo come principio di una legislazione
universale ( Critica della Ragion pratica , A 54).
16.
- NellaFondazione della metafisica dei costumiKant aveva
formulato lo stesso principio sostenendo che fosse necessario per
il soggetto agire in modo da trattare l'umanit, sia nella tua
persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai
semplicemente come mezzo. ( Fondazione della metafisica dei costumi
, BA 67-68). Nella stessa opera aveva anche sottolineato il fatto
che la volont, in base alla massima, possa considerare
contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice. (
Ibi , BA 76).
17. Dall'insieme costituito dalle tre formulazioni della legge
morale si pu evincere che per suo effetto la volont soggettiva
debba ampliarsi ed elevarsi a comprendere un punto di vista e
d'azione universale, dove tutti i soggetti possano e debbano essere
considerati sempre come dei fini in se stessi. In questo modo la
legge morale kantiana istituisce una comunit ideale di uomini
liberi, capaci di riconoscersi reciprocamente in dignit personale.
La spontaneit della volont allora si fonde in questo punto di vista
razionale, per potersi individuare come orizzonte di determinazione
comune (il regno morale dei fini una repubblica della ragione). 18.
4. Laformalitdella legge e il dovere.
- Il punto di vista e d'azione della volont fattasi ragione
universale cfr. Schopenhauer cio fattore di determinazione come
coscienza ideale principio e non termine di determinazione (della
legislativit morale universale). La legge morale kantiana e questa
la sua seconda e fondamentale caratteristica: la suaformalit deve
quindi rimanere costantemente come orizzonte sempre aperto di
determinazione: forma puraa prioridella ragione, come volont che si
determina (anzi: che si autodetermina, superiormente). Per questo
motivo la formalit della legge morale si lega alla sua quarta
caratteristica: l' autonomiaideale della volont, la sua
libert.
19. La formalit della legge morale costituisce dunque ildovere ,
che viene scoperto dalla ragione singola dell'uomo come
determinazione della propria ed altrui volont (individuazione
universale). Individuazione che porta con s lo scopo e l'azione da
compiere, oltre ed eventualmente contro l'inclinazione sensibile
(legata al desiderio, al bisogno o alla necessit istintuale).
20.
- Il giudizio della ragione che in tal modo viene ad essere
compiuto preordina assolutamente ed immediatamente in modo
oggettivo gli scopi ed i termini finali di un'azione. Per questo
essa accompagna la volont pura nella sua continua e constante lotta
contro le degenerazioni e la cadute determinate dall'imperio
apparente nella natura, mostrando ed indicando l'ideale della
santit, ma praticando per questo la realt della virt. La necessaria
limitazione razionale degli impulsi naturali.
21. Il divieto alla strumentalizzazione della persona umana si
accompagna in Kant al divieto della strumentalizzazione
utilitaristica degli impulsi naturali. In questo modo il rigorismo
kantiano intende escluderea priorila possibilit di un'eterogenesi
dei fini, per la quale l'utilizzazione sensibile dei portati
naturali vincoli la realizzazione di finalit sovra-naturali,
razionali. In ci consiste la terza caratteristica della legge
morale kantiana: il suodisinteresse , il suo distacco da termini di
realizzazione imposti contro la necessit stessa ed universalita
prioridella legge morale. 22.
- Visto che la felicit il termine principale delle movenze
interessate dell'essere umano e che la sua realizzazione ed
attuazione chiama in campo il fondamento sensibile ed emotivo
dell'essere umano, la morale kantiana esclude il suo
condizionamento e la loro espressione naturale. La legge morale
chiede questa esclusione e nel contempo l'erezione di un'unica
forma sentimentale: quella del rispetto generalizzato della legge
morale stessa. L'individuo e la collettivit devono dunque
partecipare, senza ipocrisia o attenzione per l'altrui
riconoscimento, alla comune e voluta sottomissione (morale
dell'intenzione) nei confronti della legge morale. In questo modo
l'uomo riconosce intellettualmente l'appartenenza a quell'ordine
superiore (noumenico), che gli garantisce la sottomissione della
stessa necessit naturale, quando essa appare e sembra impossessarsi
del suo intero destino di essere sensibile.
23. 5. L' autonomiadella legge morale.
- cos il primato trascendentale e l'originedella legge morale
come autodeterminazione della volont, secondo la ragione
considerata nella sua purezza, a costituire la quarta ed ultima
caratteristica della legge morale stessa: la suaautonomia . La
libert e l'indipendenza dell'uomo nei confronti della natura,
intesa come immenso meccanismo necessario, si afferma pertanto per
il tramite della suapersonalit,della sua appartenenza al mondo
superiore dell'intelletto, grazie al quale egli subordina la sua
partecipazione al mondo sensibile. Al contrario ed opposto si trova
la posizione illuministica e rousseauiana, che fa leva
sull'identificazione del principio pratico della libert, attraverso
la felicit ed il piacere autonomo e spontaneo che la sensibilit e
l'emozione convogliano immediatamente sulla determinazione
razionale, incappando poi in fenomeni di
24.
- adesione ipocrita ad imposizioni legislative, che ritenessero
di avere anche se dal punto di vista solo positivo la stessaurgenza
di necessit e la stessa estensione universale della legge morale
(cfr. legislazione del dispotismo, pi o meno illuminato).
25. L'affermazione della categoricit formale della legge morale,
del suo disinteresse verso le finalit materiali e naturali e la sua
focalizzazione verso un principio d'applicazione necessario ed
universale ( a priori ) come il dovere, se da un lato tolgono
valore e legittimit all'identificazione ed immedesimazione morale
dell'individuo e della collettivit verso ogni forma etica di
naturalismo (libert naturale dei soggetti), dall'altro ed in modo
opposto e complementare trasferiscono ed isolano il concetto di
libert in una forma astratta di autonomia: l'autonomia e la priorit
dell'ordinamento razionale nei confronti di quello naturale.
26.
- L'autonomia della volont kantiana, che determinazione secondo
la causalit e la finalit della ragione pura, sembra quindi isolare
e confinare la libert intellettuale e pratica dell'uomo da ogni
tipo di contaminazione e condizionamento naturale. La critica
kantiana contro la serie storica delle forme eteronome di morale
soggettive od oggettive - si fonda quindi sulla negazione di
principio che la natura, nelle sue imposizioni legate
fondamentalmente alla manifestazione ed espressione del desiderio o
della sensibilit in generale, possa costituirsi come motivo esterno
all'uomo di determinazione della sua volont. Cos motivo alieno alla
libert universale della legge morale alla sua fissit e stabilit -
il soggettivismo imposto dalle forme estrinseche dell'educazione e
della formazione civile, o dai principi sentimentali intrinseci di
tipo naturale o morale. Egualmente inadeguate sono poi le forme
oggettive, che impongono una necessitazione terminale interna (la
perfezione) od esterna (la volont divina), perch rimarrebbero
indeterminate nella propria individuazione interna.
27.
- L'individuazione interna kantiana, operante come legge morale e
determinantesi come dovere, consente alla speculazione pratica del
filosofo prussiano di demolire sia le forme oggettivamente separate
del razionalismo metafisico, sia quelle soggettivamente inseparate
dell'empirismo. Se le prime infatti riempiono di contenuti infiniti
forme di determinazione etica necessariamente separate, che poi
vengono applicate in modo esorbitante alla finitezza dell'esistenza
umana (idealit straziante), le seconde paiono individuare nelle
distrazioni interne del sentimento o del desiderio la stessa natura
umana, che viene pertanto espropriata della sua identit pi alta ed
in s necessaria (la personalit). Contro la separazione dell'ideale
e all'opposto la sua assoluta immanenza la filosofia pratica
kantiana recupera da un lato la necessit della priorit causale di
una volont razionale, dall'altro la sua finalit intrinseca (rigetto
delle morali eteronome, razionali od empiriche).
28.
- Come un nuovo Aristotele la speculazione morale kantiana si
muove perci tra le opposte ed apparenti antinomie del razionalismo
ed empirismo, per proporre una soluzione all'aporeticit della loro
contrapposizione. Combinando insieme e strettamente il concetto di
causalit determinante e di finalit intrinseca il filosofo di K
nigsberg pone una sintesi che va al di l di questacontrapposizione
, ponendo in essere quel primo gradino speculativo dal quale
prender poi le mosse il gruppo dei filosofi che ne seguir le
tracce, anche in modo critico: la scuola degli idealisti classici
tedeschi (Fichte, Schelling, Hegel). Egli infatti pone in essere
quel concetto basilare e fondamentale di soggettivit legislativa e
determinante, che prima verr riassunta entro l'orizzonte creativo
dell'infinito soggettivo (Fichte), poi verr di nuovo elongata lungo
la traccia determinata dall'infinito oggettivo divino e naturale
(Schelling), per dare luogo infine alla sintesi conclusiva
determinata dalla tensione dello Spirito assoluto (Hegel).
29. 6. La teoria dei postulati pratici e la fede morale.
- LaDialetticadella ragion pratica kantiana si esercita
nell'apparente contrapposizione fra perseguimento della felicit ed
applicazione rigorosa e necessaria del dovere, fravirtepiacere . La
natura umana per percorre di necessit la strada che la porta a
realizzare la sintesi di virt e felicit, nel sommo bene. La strada
di questa sintesi perci ora la via della ricerca e l'obiettivo
della determinazione speculativa kantiana. Come possibile attuare
questa sintesi? Oltre le opposte soluzioni storiche dello stoicismo
e dell'epicureismo, Kant ritiene di poter risolvere quell'
antinomia praticadistaccando l'ideale nel suo pieno e completo
attingimento e realizzazione nell'aldil (in un mondo
sovra-terreno). Solo cos esso consentir la sopportazione di quella
separazione e contrapposizione, muovendo dall'interno l'azione e
l'attivit morale dell'uomo.
30.
- La postulazione di questo ideale ultraterreno viene cos
necessariamente accompagnata dalla eguale postulazione
dell'esistenza di Dio e dell'immortalit dell'anima individuale. La
triangolazione formale cos determinata postulati della ragion
pratica- costituisce la possibilit della vita e dello sviluppo
reale della moralit. La vita e la realt di alcuna moralit possibile
e reale oltre alla necessit ed universalit intrinseca di cui gode
senza questa formulazionea priori . Senza il tempo infinito di
reale acquisizione dell'obiettivo della santit (realizzazione della
virt) e senza il congiungimento ad essa della relativa felicit o
beatitudine, permessa dalla presupposizione di una volont
onnipotente, capace di giudicare e rendere onore e tributo al
merito delle giuste azioni, la moralit umana non pu esplicarsi e
realizzarsi storicamente (individualmente e collettivamente). Essa
pu infine realizzarsi effettivamente grazie all'ultimo presupposto,
quello relativo alla presenza e sussistenza del libero arbitrio
(libert nella volont).
31.
- La postulazione razionale e triangolare dei tre principi puri
dell'etica kantiana (l'ideale, l'immortalit dell'anima, Dio)
risente del fatto che questi valgano come apporti esterni della
morale stessa, mentre come propria condizione interna essa
manifesti la libert dell'uomo. Come necessit apparentemente esterne
esse consentono lo sviluppo di quella interna, la sua vita e la sua
realizzazione storica. In questo modo la libert razionale della
volont diviene realizzazione nel mondo delle finalit presenti nel
regno dei fini intellettuali e noetici, grazie alla presenza ed
alla funzione di stimolo e di felice obbligazione stabilita dai
punti tradizionali di appoggio di natura religiosa (immortalit
dell'anima, esistenza di Dio, libero arbitrio). In questo modo la
ragion pratica assume su di s quella funzione di orizzonte di
comprensione e determinazione che ne stabilir il primato sul suo
stesso uso teoretico, che ne risulter finalizzato e subordinato.
All'interno di questa finalizzazione e subordinazione la
speculazione kantiana trover poi spazio e modo per inserire la
critica dell'elemento connettivo: il Giudizio.
32. 7. Il primato della ragion pratica.
- La prima ed immediata conseguenza del primato della ragione
pratica sul suo uso teoretico il fatto che i due postulati
sull'immortalit dell'anima e dell'esistenza di Dio sono s
funzionali alla possibilit dello svolgimento della legge morale, ma
essi non consentono un recupero della capacit determinativa
oggettiva dell'intelletto. Essi rimangono infatti validi solo come
presupposti di funzionalit e di svolgimento (di vita) di una natura
umana superiore, altrimenti costretta e concussa all'interno di un
orizzonte materiale totalmente deterministico e lineare. Il
completamento di beatitudine che l'ammissione pratica di Dio
consente sembra quindi far rientrare le stesse verit religiose
soprannaturali all'interno di una finalit, di un progetto e di un
orizzonte razionale, che la successiva speculazione hegeliana far
valere, come momento oggettivo nel divenire dello Spirito a se
stesso.