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N°25, 20-26 SETTEMBRE 2015
ISSN: 2284-1024
I
Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 27 settembre 2015
ISSN: 2284-1024
A cura di:
Danilo Giordano
Antonella Roberta La Fortezza
Violetta Orban
Alessandro Tinti
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N°25/2015 (20-26 settembre 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Michalis Karagiannis; AFP; AFP; CNN; AFP; Wyn Mcnamee/Getty Images; Al Arabiya.
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FOCUS
GRECIA ↴
Le elezioni legislative di domenica 20 settembre hanno sancito una nuova vittoria
del premier Alexis Tsipras, il cui partito Syriza ha ottenuto il 35,5% dei consensi,
superando di circa sette punti percentuali gli avversari conservatori di Nea Di-
mokratia attestatisi al 28,1%. Syriza, non avendo raggiunto la maggioranza asso-
luta dei voti, si prepara a un nuovo governo di coalizione con il partito nazio-
nalista Greci indipendenti (Anel), che ha raggiunto il 3,7% delle preferenze.
L’estrema destra di Alba Dorata si conferma terzo partito con il 7% dei consen-
si, mentre Unità popolare, la formazione nata dalla scissione di alcuni parlamentari
di Syriza guidata dall’ex ministro dell’Industria Panagiotis Lafazanis, non è riuscita a
superare la soglia di sbarramento del 3% necessaria ad entrare in Parlamento. Il
partito di Tsipras ottiene 145 seggi su 300, quattro in meno rispetto al voto del
gennaio scorso quando ne aveva conquistati 149 con il 36,6% dei voti, ma potrà
contare anche sui dieci seggi dei Greci indipendenti di Panos Kammenos. Nea
Dimokratia ottiene 75 seggi, Alba Dorata 18, i comunisti di Kke 15, To Po-
tami 11, l’Unione dei centristi 9.
L’affluenza alle urne è stata del 56% rispetto al 64% del gennaio 2015, sinto-
mo di disaffezione e difficoltà di un Paese interessato da una profonda crisi econo-
mica, che è andato complessivamente al voto cinque volte negli ultimi sei anni e tre
negli ultimi otto mesi. Tsipras ha commentato i risultati affermando: «È una grande
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vittoria del nostro popolo, che ci ha dato mandato di lottare dentro e fuori il nostro
Paese. Continueremo la lotta cominciata sette mesi fa. Il popolo greco è sinonimo di
lotta e dignità. Questo è un mandato per i prossimi quattro anni».
La nuova coalizione dovrà attuare prima della fine dell’anno le riforme previste dal
piano di accordi con l’Eurozona, tra cui l’abolizione delle agevolazioni fiscali per gli
agricoltori, l’aumento dell’IVA e la fine delle pensioni anticipate per poter ottenere
86 miliardi di euro di crediti, e la ricapitalizzazione delle banche per 25 miliardi di
euro. Vi è inoltre la questione della ristrutturazione del debito pubblico che ha rag-
giunto circa il 170% del PIL. La portavoce di Syriza ha reso noto che «l’accordo
con i creditori verrà applicato e i duri negoziati continueranno».
Il nuovo esecutivo vede la conferma di Euclides Tsakalotos, firmatario del memo-
randum tra la Grecia e i creditori internazionali, al ministero delle Finanze e la no-
mina di Yannis Dragassakis a vice premier. Nikos Kotzias andrà agli Esteri,
Panos Kammenos resta alla Difesa, Giorgos Stathakis andrà all'Economia e
Panagiotis Kouroumblis agli Interni. Ministro alla Presidenza del Consiglio
sarà Nikos Pappas, mentre Ioannis Mouzalas resta ministro dell'Immigrazione.
Syriza è alla guida della Grecia dal 25 gennaio 2015, sull’onda della promessa di
Alexis Tsipras di rimettere in discussione le dure misure di austerità imposte al Pae-
se dai creditori internazionali per scongiurarne il fallimento. Il 5 luglio il premier ha
indetto un referendum popolare in merito all’accettazione delle proposte dei credi-
tori, che avrebbero garantito al Paese i prestiti d’emergenza necessari per evitare il
tracollo in cambio dell’implementazione di un pacchetto di riforme concordato con
l’Unione europea, conclusosi con la vittoria del “no” con il 61,3% dei voti. Successi-
vamente, il 13 luglio, Tsipras ha raggiunto un accordo con l’Unione per permettere
alla Grecia di incassare un primo prestito di sette miliardi di euro che avrebbe con-
sentito, tra l’altro, la riapertura delle banche che avevano sospeso il servizio da tre
settimane per mancanza di liquidità. Il 14 agosto l’Eurogruppo ha approvato un ul-
teriore prestito di 86 miliardi di euro. Le profonde divergenze su questi temi hanno
condotto a una rottura interna a Syriza, causando una scissione di alcuni suoi espo-
nenti e la creazione di Unità Popolare, sostenuta anche dall’ex ministro delle Finan-
ze Yanis Varoufakis. La spaccatura interna ha privato il primo ministro della maggio-
ranza in Parlamento, portando all’annuncio delle sue dimissioni il 20 agosto e
all’indizione di elezioni anticipate.
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IMMIGRAZIONE ↴
A seguito del mancato raggiungimento nella riunione del 14 settembre del consenso
in relazione ad un secondo piano d’emergenza per il ricollocamento dei rifugiati, la
presidenza lussemburghese del Consiglio dell’Unione Europea ha convocato un nuo-
vo vertice straordinario del Consiglio europeo, nella formazione Giustizia a Af-
fari Interni, che si è tenuto il 22 settembre. Quest’ultimo si è concentrato proprio
sulla discussione della proposta avanzata dalla Commissione in relazione al
ricollocamento di emergenza di 120.000 persone bisognose di protezione in-
ternazionale già presenti su suolo italiano e greco. La ricollocazione dei 120.000 ri-
chiedenti asilo si aggiungerebbe a quella di 40.000 già approvata il 14 settembre,
raggiungendo così la cifra totale di 160.000 ricollocamenti. La decisione del Consi-
glio è stata approvata, sfruttando le possibilità lasciate aperte dai Trattati, a mag-
gioranza qualificata e non all’unanimità, restando ancora fortemente contrario al
meccanismo della redistribuzione il cosiddetto “Blocco dell’Est” (Slovacchia, Repub-
blica Ceca e Ungheria; la Polonia ha, invece, votato a favore). Il Consiglio ha so-
stanzialmente rispettato nella forma e nella sostanza la proposta della Commissione
in riferimento ai numeri dei ricollocamenti da Italia e Grecia, rispettivamente
15.600 e 50.400. Tuttavia da un lato si è eliminato qualsivoglia riferimento esplicito
ai criteri relativi alla chiave di ripartizione dei rifugiati e, dall’altro, si è dovuta af-
frontare la ferma opposizione dell’Ungheria a partecipare al meccanismo.
Budapest ha rifiutato di far ricollocare in altri Stati membri i 54.000 rifugiati previsti
dal piano della Commissione in quanto ciò avrebbe comportato l’obbligo, che si ac-
compagna alla redistribuzione, di attrezzare gli hotspot necessari alla ricezione e
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all’identificazione dei richiedenti asilo. I 54.000 richiedenti asilo calcolati per l’ Un-
gheria e previsti nel numero totale dei 120.000 rifugiati ricollocati resteranno come
una sorta di riserva da attivare in futuro per Italia e Grecia. In merito al meccani-
smo previsto per la redistribuzione dei ricollocati si è abbandonato l’approccio
su base volontaristica usato nella decisione del 14 settembre. Sebbene non com-
paia alcun riferimento esplicito all’obbligatorietà della ripartizione, gli allegati con le
cifre precise relative all’impegno preso dai singoli Stati sono stati adottati conte-
stualmente alla decisione del Consiglio. Avendo pertanto la medesima base giuridi-
ca della decisione, l’impegno relativo alle cifre da redistribuire risulta, de
facto, obbligatorio. Ciò ha due fondamentali conseguenze: da un lato anche gli
Stati che hanno votato contro la decisione dovranno adeguarsi alle quote previste
nel documento e, dall’altro, qualora i Paesi dovessero violare l’obbligo numerico
previsto dalla decisione, la Commissione potrà avviare una procedura di infrazione
contro tali Stati. Rimane, in ogni caso, la possibilità per ciascuno Stato membro di
non farsi carico temporaneamente e per periodi limitati della propria quota così co-
me prevista nella decisione; tuttavia ciò risulta possibile esclusivamente nel limitato
caso in cui vi siano «motivi debitamente giustificati e compatibili con i valori fonda-
mentali dell’Unione» e comunque soltanto fino ad un massimo del 30% della quota
di ricollocamenti assegnati.
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Alla riunione del Consiglio europeo è seguita, il giorno successivo, la riunione infor-
male dei capi di Stato e di Governo con l’intento, ancora una volta, di discutere
l’attuale crisi dei rifugiati e l’approccio dell’attuale politica europea in materia di mi-
grazione. L’intento europeo è quello di garantire una risposta sufficiente ed adegua-
ta all’attuale crisi dei rifugiati e di definire una politica migratoria credibile. Il Consi-
glio ha indicato una serie di priorità imminenti che vanno da un maggiore sostegno
puramente economico ai diversi fondi esistenti a livello europeo ed internazionale
relativi al supporto dei rifugiati, ad una intensificazione del dialogo con gli attori re-
gionali (prima fra tutti la Turchia) implementando contemporaneamente, soprattut-
to nel quadro delle Nazioni Unite, gli sforzi per porre fine alla guerra in Siria e per
risolvere la situazione in Libia.
In attesa del vertice dell’8 ottobre e fuori dalle stanze di Bruxelles, continuano inve-
ce le tensioni relative all’immigrazione tra quei Paesi toccati dalla cosiddetta rotta
balcanica. Ad Est la situazione rimane tesa e non sembra migliorare nonostante la
riapertura il 20 settembre del principale passaggio di frontiera, il valico di Horgos,
tra Serbia e Ungheria e l’eliminazione il 25 settembre delle restrizioni in vigore al
confine tra la Croazia e la Serbia, che avevano tra l’altro causato il blocco del traffi-
co pesante con importanti contraccolpi a livello di commercio. L’Ungheria del Pre-
mier nazionalista Viktor Orban, dopo aver chiuso il confine con la Serbia e aver ap-
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provato norme stringenti in materia di controllo dell’immigrazione, ha annunciato
di voler costruire un’altra barriera al confine con la Croazia. Secondo alcuni
media croati e serbi, inoltre, anche la Slovenia sarebbe intenzionata a costrui-
re una barriera intorno al valico di frontiera con la Croazia. Nonostante i pro-
clami europei inneggianti ai principi della solidarietà e della responsabilità l’Europa
degli Stati nazionali sembra essere maggiormente propensa a seguire la strada dei
muri e del filo spinato.
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BREVI
BURKINA FASO, 21-26 SETTEMBRE ↴
Gli sforzi della comunità internazionale, in particolare
delle organizzazioni regionali come la Comunità
Economica degli Stati dell’Africa Ovest (ECOWAS),
hanno permesso la soluzione politica della crisi
burkinabé. I membri del Regiment de Securitè
Presidentielle (RSP), guidati dal generale Dienderè,
fautori del colpo di Stato che aveva estromesso dal potere il Presidente ad interim
Michel Kafando, mercoledì hanno accettato le condizioni proposte dall’ECOWAS e
hanno deposto le armi. Venerdì mattina si è svolta la prima riunione di governo del
restaurato Presidente Michel Kafando e del primo ministro Isaac Zida, che
dovranno, da subito, occuparsi di importanti problematiche. La questione più
difficile da affrontare riguardava i provvedimenti da prendere nei confronti dei
putschisti: mentre alcuni sostenevano la necessità di un’amnistia per gli uomini del
RSP, molti uomini politici ed una parte della popolazione civile erano favorevoli ad
una punizione esemplare nei loro confronti, anche a causa dei numerosi morti
provocati dalla loro offensiva militare. Il primo atto del premier Isaac Zida è stato
proprio quello di decidere, per decreto, la dissoluzione delle guardie presidenziali: in
effetti, l’RSP era stato sotto accusa sin dalla cacciata di Compaorè, in quanto
ritenuto troppo legato all’ex Presidente. L’altro punto dolente da affrontare, che
potrebbe rientrare tra quelli sottoscritti da Dienderè con i capi di stato
dell’ECOWAS, riguarda la possibilità dei sostenitori dell’ex Presidente Compaorè di
presentarsi alle prossime elezioni politiche, eventualità non ammessa dal Consiglio
Costituzionale, instauratosi subito dopo la cacciata del vecchio Presidente
burkinabè. Un’eventualità che potrebbe verificarsi, e che potrebbe essere foriera di
nuove tensioni, è il rinvio delle elezioni presidenziali previste per il prossimo 11
ottobre, possibilità evocata dal primo ministro Isaac Zida, in attesa di restaurare la
tranquillità sociale perduta. Nel frattempo il ritorno alla normalità ha permesso alle
principali radio locali, Ouaga Fm e Radio Savane, fortemente minacciate dagli
uomini di Dienderè, di riprendere le trasmissioni.
CINA/STATI UNITI, 22-25 SETTEMBRE ↴
Il Presidente cinese Xi Jinping ha scelto Seattle per
inaugurare il primo viaggio ufficiale negli Stati
Uniti. Nell’ambito dell’ottava edizione del US-China
Internet Industry Forum, Xi Jinping ha incontrato i
rappresentanti delle aziende statunitensi di punta
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nei settori dell’alta tecnologia e dell’informatica, rassicurando l’apertura
dell’economia cinese ad investimenti stranieri. Nel corso dell’evento la compagnia
statunitense Boeing ha firmato un contratto per la vendita di 300 aerei alla
Commercial Aircraft Corporation of China, ottenendo anche il consenso per la
costruzione di un impianto di assemblaggio in territorio cinese. È stata però la
sicurezza informatica uno dei temi cardine attorno al quale hanno ruotato i colloqui
con la dirigenza americana. Se già a Seattle il leader cinese aveva lanciato l’offerta
di una collaborazione in materia, durante l’incontro a Washington con il Presidente
Barack Obama le due parti si sono impegnate a non condurre e non sostenere
attività di cyber-spionaggio e crimini informatici. Inoltre, i due capi di Stato hanno
ribadito l’iniziativa congiunta nella lotta ai cambiamenti climatici. In particolare, Xi
Jinping ha annunciato un piano nazionale per ridurre e tassare le emissioni di gas
serra entro il 2017 allo scopo di alleggerire l’impatto ambientale dell’industria
pesante. All’importante passo avanti della dirigenza di Pechino ha fatto eco il
successivo annuncio al Palazzo di Vetro ONU del finanziamento, con un esborso
iniziale di 2 miliardi di dollari, di un fondo di aiuti per lo sviluppo sostenibile.
IRAQ/SIRIA, 21-26 SETTEMBRE ↴
Il Cremlino ha comunicato all’amministrazione
Obama la proposta per la conduzione di azioni
militari congiunte in Siria. Secondo indiscrezioni
raccolte dal New York Times, la diplomazia russa
avrebbe aperto all’ipotesi di una soluzione politica
che contempli l’allontanamento di Bashar al-Assad.
Tuttavia, il rafforzamento della presenza armata lungo la costa siriana - dove
quattro caccia Su-25 e otto elicotteri da combattimento sono giunti nella base a sud
di Latakia - lascia intendere che le operazioni russe contro lo Stato Islamico non
sono vincolate al consenso statunitense rispetto al coordinamento nel teatro siriano.
Al fine di scongiurare incidenti, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha
invece raggiunto il Presidente Vladimir Putin a Mosca, dove il leader israeliano ha
espresso preoccupazione rispetto al trasferimento di armi ad Hezbollah - gruppo
armato libanese che assiste militarmente il regime di Damasco. Intanto, in
prossimità dell’intervento di Putin all’Assemblea Generale ONU lunedì 28 settembre,
il Presidente statunitense Barak Obama ha incaricato la squadra di governo
democratica di impostare un dialogo con le controparti russe sulla questione siriana.
In questo senso, il vertice del Pentagono Ashton Carter ha avviato i colloqui con il
Ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, mentre il Segretario di Stato John Kerry
ha addolcito la ferma posizione sulla destituzione di Bashar al-Assad chiamando
Russia e Iran - primi garanti del governo di Damasco - a far valere la propria
influenza per convincere la dirigenza alawita a negoziare le condizioni della
transizione politica. A seguito di un incontro con il Ministro degli Esteri iraniano
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Mohammad Javad Zarif, Kerry ha rinnovato l’urgenza di perseguire una soluzione
diplomatica nell’ambito dei negoziati condotti a Ginevra. La sessione dell’Assemblea
Generale al Palazzo di Vetro di New York sta dunque offrendo all’amministrazione
Obama la possibilità di recuperare terreno dopo essere stata messa alle corde dal
dispiegamento armato russo e dall’insuccesso dell’indeterminato approccio alla crisi
siriana. Nel frattempo, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha riportato che
settantacinque combattenti siriani addestrati ed equipaggiati dagli Stati Uniti hanno
fatto ingresso nel Paese dal confine turco. Nelle ultime settimane l’invio di unità
ribelli si era presto rivelato fallimentare. A incrinare negativamente il giudizio sulla
campagna statunitense nello scenario siro-iracheno convergono tuttavia più
elementi. Se gli alti ufficiali delle Forze Armate non nascondono lo stallo operativo e
strategico della missione, il Pentagono ha aperto un’inchiesta interna per verificare
l’attendibilità dei rapporti d’intelligence dietro al pesante sospetto che in più di
un’occasione l’analisi dei progressi sul campo sia stata gonfiata strumentalmente.
Inoltre, il Generale John Allen, nominato un anno addietro inviato speciale della
coalizione internazionale in Siria e Iraq, ha annunciato che rimetterà il proprio
incarico entro novembre, a ulteriore conferma dei numerosi passi falsi del governo
Obama nella gestione della crisi innescata dalla radicalizzazione della minaccia del
Califfato.
VATICANO/CUBA/STATI UNITI, 20-25 SETTEMBRE ↴
È un viaggio dai forti contenuti politici quello appena
compiuto da Papa Francesco in terra americana.
Giunto all’Avana il 20 settembre, Bergoglio ha salutato
il riavvicinamento diplomatico tra Cuba e Stati Uniti
quale un “esempio di riconciliazione”. Durante la visita
il Pontefice ha incontrato l’anziano leader Fidel Castro e
l’attuale Presidente Raul Castro prima di ripartire alla
volta degli Stati Uniti. Accolto alla Casa Bianca da Barack Obama, Bergoglio è stato
il primo pontefice a pronunciare un discorso al Congresso degli Stati Uniti. Nei
passaggi principali del suo intervento, Papa Francesco ha rinnovato gli appelli per
l’abolizione della pena di morte e la cessazione del commercio di armi, questioni
entrambe controverse e divisive nell’opinione pubblica statunitense. Inoltre, il
Pontefice ha ricordato il dovere dell’accoglienza dei migranti e ha lodato gli
importanti accenni di dialogo e apertura verso Cuba e Iran. Il 25 settembre
Bergoglio è poi intervenuto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
soffermandosi sui temi intrecciati della protezione ambientale e dell’esclusione
sociale, nonché insistendo sulla necessità di riformare i meccanismi decisionali
dell’organismo internazionale al fine di assicurare equità e partecipazione. A questo
riguardo il Pontefice ha affermato che “la riforma e l'adattamento ai tempi sono
sempre necessari, progredendo verso l'obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi,
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senza eccezione, una partecipazione e un'incidenza reale ed equa nelle decisioni”.
L’appuntamento dell’incontro mondiale delle famiglie a Philadelphia ha chiuso oggi il
viaggio del Pontefice.
YEMEN, 21-24 SETTEMBRE ↴
Un gruppo di miliziani legati allo Stato Islamico ha ri-
vendicato la paternità dell’attacco terroristico che ha
colpito la moschea di al-Bolayli, a Sana’a, la capitale
yemenita da un anno nelle mani dei ribelli sciiti Houthi,
dopo la cacciata del Presidente Abd Rabbu Mansour
Hadi. La doppia esplosione, avvenuta giovedì mattina
mentre erano in corso i festeggiamenti per la ricorren-
za musulmana dell’Eid al-Adha, ha provocato la morte di 25 persone ed il ferimento
di decine di attendenti. La moschea si trova in un quartiere della capitale a maggio-
ranza sciita, quindi favorevole all’offensiva dei ribelli Houthi, ai quali si contrappon-
gono sia alcuni gruppi di fede sunnita, legati allo Stato Islamico, sia la coalizione in-
ternazionale a guida saudita. Durante l’ultima settimana si sono intensificati i bom-
bardamenti dell’aviazione saudita nei dintorni della capitale dove sono situate nu-
merose postazioni Houthi, ai quali è già stato sottratto il controllo di alcune aree del
sud del Paese. La riconquista del sud del Paese ha permesso al deposto Presidente
Hadi, sinora in esilio in Arabia Saudita, di far rientro ad Aden, seconda città del Pae-
se e principale porto yemenita. Il ritorno nel Paese del Presidente yemenita era sta-
to preceduto da quelli dell’ex premier Khaled Bahah e di sette ministri del suo go-
verno, giunti ad Aden per ristabilire i contatti dopo circa un anno dall’inizio
dell’offensiva sciita. Hadi si è recato ad Aden per festeggiare l’Eid al-Adha, poi si re-
cherà a New York dove presiederà, in rappresentanza dello Yemen, all’annuale riu-
nione plenaria dell’ONU. Ad inizio settimana si è risolta in maniera positiva la vicen-
da di alcuni ostaggi stranieri detenuti dai ribelli: lunedì mattina due cittadini statu-
nitensi, uno britannico e tre sauditi sono stati liberati, dopo mesi nelle mani degli
Houthi, e sono stati trasferiti in Oman. La liberazione è stata giudicata come un ge-
sto di buona volontà, in attesa dell’inizio di colloqui tra gli Houthi e l’inviato ONU
nello Yemen, per porre fine a mesi di conflitto che stanno causando gravi danni so-
prattutto alla popolazione civile.
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ALTRE DAL MONDO
CAMERUN, 25 SETTEMBRE ↴
Un nuovo doppio attentato suicida è avvenuto domenica mattina nel nord del Ca-
merun, in un quartiere periferico della città di Mora. Le due esplosioni, entrambe
avvenute nei pressi dell’area del mercato, hanno causato la morte di cinque perso-
ne, tra cui le due attentatrici ed il poliziotto che ha cercato di fermarle. L’attacco
non è stato ancora rivendicato, ma le modalità esecutive richiamano alla mente i
terroristi islamici di Boko Haram.
COLOMBIA, 24 SETTEMBRE ↴
Con la mediazione di Cuba e Norvegia, il governo colombiano e le Forze armate ri-
voluzionarie della Colombia (FARC) hanno siglato una storica intesa che esprime il
proposito di raggiungere entro il 23 marzo 2016 un accordo di conciliazione nazio-
nale per porre fine ad un conflitto civile che si trascina dal 1964. Le condizioni fissa-
te dal Presidente Juan Manuel Santos e dal comandante Rodrigo Londoño Echeverri
prevedono il disarmo dei guerriglieri, l’amnistia dei reati politici, l’istituzione di un
organismo giurisdizionale speciale per le altre tipologie di reato, la trasformazione
delle FARC in partito politico e l’indizione di un referendum per la sottoscrizione po-
polare del trattato di pace.
NEPAL, 21 SETTEMBRE ↴
L’entrata in vigore della Costituzione, che disegna una repubblica laica e federale
contro la precedente organizzazione monarchica e centralizzata, è stata accompa-
gnata da violente manifestazioni di protesta. A Nirgunj, capoluogo del distretto di
Parsa, un manifestante ha perso la vita negli scontri con le forze di polizia. Nelle
settimane che hanno portato a conclusione il lungo iter costituzionale i partiti di op-
posizione e le minoranze etniche tharu e madhesi hanno ripetutamente denunciato
il carattere discriminatorio del documento. Nelle proteste esplose nell’estate sono
morte quarantaquattro persone.
NIGERIA, 21 SETTEMBRE ↴
Una serie di esplosioni consecutive hanno colpito lunedì l’importante città di Maidu-
guri, nel nord-est della Nigeria. Le esplosioni, secondo la polizia causate da disposi-
tivi elettronici, anche se non è esclusa la presenza di una kamikaze donna, hanno
provocato la morte di 54 persone ed il ferimento di altre 90, suddivise tra frequen-
tatori di una moschea e spettatori di una partita di calcio. L’attacco rappresenta
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l’ennesima strage causata da Boko Haram, il cui leader Abubakar Shekau ha negato
che il suo gruppo sia in difficoltà.
TURCHIA, 22 SETTEMBRE ↴
Di fronte all’inasprimento degli scontri armati con i militanti del Partito dei Lavorato-
ri del Kurdistan (PKK), i due ministri curdi del governo Davutoğlu, Ali Haydar (Affari
Europei) e Muslum Dogan (Sviluppo), hanno rassegnato le dimissioni. Secondo le
stime del Ministero della Difesa, dalla rottura della tregua alla fine del luglio scorso
le operazioni militari condotte dalle forze di sicurezza turche nelle provincie sudo-
rientali della Turchia e nel nord dell’Iraq hanno provocato la morte di circa 1200
combattenti del PKK.
UCRAINA, 22 SETTEMBRE ↴
Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha annunciato, a margine di un incontro a
Kiev con il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, che sarà indetto un re-
ferendum popolare per decidere l’eventuale ingresso del Paese nell’organizzazione
del Patto Atlantico. L’adesione, ha affermato Poroshenko, dovrà essere preceduta
da una serie di riforme strutturali che permettano all’Ucraina di adeguarsi agli stan-
dard previsti, nonostante siano già in corso forme avanzate di collaborazione.
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ANALISI E COMMENTI
IL GIAPPONE NELL’ERA DIGITALE: ATTACCO INFORMATICO AL SERVIZIO PENSIONI
AGNESE CARLINI↴
Nel ventunesimo secolo si è assistito a un’escalation della minaccia cibernetica. Mol-
ti sono gli Stati colpiti, tra questi il Giappone. Un attacco cibernetico può essere
condotto in diversi modi, ciononostante lo scopo ultimo rimane quello di ottenere il-
legalmente delle informazioni e utilizzarle per sabotare il “nemico”, recare danni al
sistema informatico di un Paese o di un’azienda per motivi prettamente economici o
politici.
Negli ultimi anni sono stati numerosi gli attacchi cibernetici che hanno provocato
danni a enti governativi, a multinazionali, eccetera; tra i più importanti si possono
elencare: Estonia 2007, Stuxnet 2010, Saudi Aramco 2012, i recenti attacchi ai da-
tabase del Federal Investigative Service statunitense e al Servizio Pensioni giappo-
nese. Questi ultimi due episodi hanno visto la perdita di milioni di informazioni sen-
sibili che potrebbero mettere a repentaglio, rispettivamente, l’incolumità degli agen-
ti federali americani e dei cittadini giapponesi (…) SEGUE >>>
TTIP: L’ACCORDO COMMERCIALE NEL SOLCO DELL’«ATLANTISMO»
CLAUDIO GIOVANNICO ↴
All’interno dell’attuale scenario di progressiva trasformazione dell’ordinamento glo-
bale assume sempre maggiore rilevanza geostrategica la costituzione di vaste aree
di libero scambio commerciale (free trade areas, FTA). Alla luce degli insuccessi del
Doha Round, si registra la tendenza nel superare gli esperimenti di respiro globale
finora condotti, al fine di approdare verso modelli di tipo “regionale”.
Nel caso in cui le trattative dovessero concludersi con successo, il TTIP, acronimo di
Transatlantic Trade and Investment Partnership, potrebbe diventare il più grande
patto di libero commercio al mondo. Si tratta di un accordo commerciale tra Stati
Uniti e Unione Europea, il quale ha lo scopo di rimuovere il maggior numero di osta-
coli, tariffari e non, agli scambi e agli investimenti, al fine di creare uno spazio eco-
nomico unico tra le due sponde dell’oceano Atlantico.
L’idea di una zona di libero scambio comune a Usa e Europa nasce già verso la metà
degli anni ’90, quando gli Stati Uniti intuirono che, se avessero voluto mantenere la
propria posizione di leadership mondiale di fronte all’imminente ascesa dell’Asia,
avrebbero dovuto aumentare la cooperazione economica con il Vecchio Continente
(…) SEGUE >>>
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A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
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