La disabilità non lascia mai indifferenti,
quando la incontriamo sugli altri possiamo
sentire le nostre emozioni. Possono essere
emozioni di partecipazione, di solidarietà, di
sollievo perché non tocca a noi, oppure possiamo
avvertire tanta voglia di non vedere, di fuggire,
di non lasciarci contaminare da qualcosa che
sembra pericoloso e doloroso.
Nell’handicap c’è stato a lungo il convincimento che si
potesse fare ben poco e soprattutto il convincimento etico
che fosse bene per la persona disabile avvicinarsi il più
possibile al funzionamento della persona normale.
Si sono visti programmi educativi per insegnare il nome
dei colori, o il giusto incastro per le forme e molti genitori
hanno chiesto di insegnare ai loro figli a parlare o a
scrivere, prima di ogni altra cosa, nella ricerca
comprensibile e degna di rispetto di una “normalità”
agognata.
Anche nell’evoluzione dei metodi ritroviamo l’evoluzione
del pensiero filosofico nei confronti della disabilità.
Inibizione
Correzione
Stimolazione
Accoglienza
Ricerca di comunicazione
All’inizio si reputava etico inibire tanti comportamenti
perché giudicati “sbagliati” poi ci si è convinti della
“educabilità” delle persone disabili e sono nati metodi
correttivi. Più avanti si è parlato di stimolazioni
opportune, di accoglienza, di ricerca di comunicazioni
possibili.
La cultura dell’handicap si è evoluta
lentamente nella direzione di un maggior
rispetto della persona e l’attenzione si è
spostata da colui che è ABILE, ideale di
perfezione e normalità a colui che è DISABILE
e la scienza e la filosofia hanno iniziato a
parlare non più tanto di metodi correttivi ma di
accoglienza e di opportunità da offrire.
I tanti metodi oggi disponibili sono inquadrabili
all’interno di alcune categorie concettuali:
“EDUCANO” il comportamento
TED
TEACCH
Tecniche comportamentali
Kumon
Higasci
“CORREGGONO” e stimolano i sensi
Doman
Delacato
AIT di Berard
Approccio di Tomatis
Lenti colorate
Lenti IRLEN
Sarebbe opportuno spostare l’attenzione dal metodo alla
persona disabile.
Non è utile che l’operatore del settore dica so fare
“questo” ma la domanda giusta potrebbe essere “di cosa
ha bisogno Marco per vivere meglio la sua vita?”
Qualunque sia il metodo o i metodi che decidiamo di
utilizzare, non dovremmo prescindere da una
metodologia di lavoro che definisca:
- per quanto tempo lo utilizzeremo
- quali sono i risultati attesi
- quali verifiche sono previste (tempi e strumenti)
è evidente che gli operatori delle varie professionalità che
intervengono sul tema dell’handicap (psicologi,
neuropsichiatri, educatori, assistenti alla comunicazione,
logopedisti, insegnanti, fisioterapisti ecc.) non possono
conoscere tutti i metodi ma potrebbe essere utile definire
in via preliminare quali obiettivi vogliamo raggiungere su
tempi lunghi, medi,brevi, ad esempio:
Obiettivo a lungo termine
la famiglia sceglie come priorità di lavoro il linguaggio
Obiettivo a medio termine
capacità di nominare 30 oggetti
Obiettivo a breve termine
emissione di vocalizzi significativi per esprimere
assenso o rifiuto
Adesso possiamo porci delle domande
“quali metodi conosco per rendere significativi i
vocalizzi emessi?”
E
“quali tra quelli che conosco sono praticabili con
Marco?”
E perdono di significato le diatribe tra i vari
metodi, tra quello che vale di meno o di più e si
può tornare a parlare di efficacia sull’una o
sull’altra persona.
E. SCHOPLER USA
G. MESIBOV USA
TEO PEETERS BELGIO
E’ stato avviato da Schopler e dai suoi collaboratori, nelle
scuole per autistici dello Stato americano della Carolina
del Nord ed ha ottenuto un grosso successo anche in
Europa e in Italia.
Il programma TEACCH comprende numerose attività di
tipo educativo da effettuare con bambini con DGS o con
disturbi della comunicazione.
Queste attività vanno di volta in volta contestualizzate ed
individualizzate e vengono messe in atto attraverso
quattro criteri:
- Il modello di interazione che si riferisce alla necessità di
contestualizzare una tecnica di intervento all’interno di
relazioni del bambino con il suo ambiente quotidiano di
vita, familiare e scolastico
- La prospettiva di sviluppo sottolinea la necessità che si
tenga conto, dello sviluppo globale del bambino nelle
diverse aree, sia di quelle più deboli, sia di quelle in cui
mostra maggiori capacità
- il relativismo comportamentale si osserva nei bambini
con DGS dove vi è la difficoltà, a volte l’impossibilità a
generalizzare una risposta comportamentale in uno
specifico contesto
- Il concetto di gerarchia di addestramento si basa sulle
priorità tra i problemi da affrontare con il bambino
autistico. L’intervento educativo è finalizzato a
modificare i comportamenti che mettono a rischio la vita
del bambino, poi i problemi che riguardano la capacità
adattiva del bambino nell’ambiente familiare, ed infine
l’adattamento nel contesto scolastico ed extrascolastico.
Le aspettative e gli obiettivi che si vogliono raggiungere
per ogni bambino sono distinte in:
- Obiettivi a lungo termine
- Obiettivi intermedi a 3 mesi e un anno
- Obiettivi educativi immediati
Uno dei principi fondamentali dell’intervento è
l’adattamento e una modificazione dell’ambiente di vita
del bambino, sia familiare che scolastico. È importante
che l’ambiente di apprendimento sia strutturato e
prevedibile e che le attività che vengono proposte siano
precise e comprensibili al di là delle indicazioni verbali.
La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro, utilizzando delle immagini che descrivono i vari momenti della giornata.
L’ambiente di lavoro viene allestito con un banco inizialmente in un angolo della stanza con due scaffali posti ai lati. Ogni bambino ha uno schema di lavoro e ogni compito che dovrà svolgere è contenuto in una scatola di lavoro situata sullo scaffale a sinistra e contrassegnata da un simbolo.
La sequenza del lavoro è sempre sinistra-centro-destra, la scatola viene presa da sinistra e disposta sul tavolo durante il lavoro. Al termine la scatola va riposta sullo scaffale a destra, in modo che per lui sia sempre chiaro quanto lavoro è stato eseguito e quanto ne resta da fare.
Il metodo TEACCH appare rigido ma efficace in molte
situazioni. Possiamo migliorarlo?
La deprivazione sensoriale sembra indispensabile per
ottenere attenzione e solo così si è riusciti in situazioni
molto difficili a lavorare.
può essere solo la base per indurre e facilitare l’abitudine
al lavoro, poi la modalità di deprivare l’ambiente può
essere progressivamente sfumata per avvicinarci a quella
che è una situazione “normale” di lavoro come una classe
scolastica o una stanza di casa.
Lo schema rigido di lavoro: effettivamente le persone
autistiche si giovano molto di una organizzazione della
giornata e di una procedura di lavoro schematica ma va
immaginato un continum in cui il TEACCH può essere
applicato rigidamente ai livelli iniziali, nei livelli
intermedi si va a diminuire quella protezione che sembra
opportuno frapporre tra autistico e il resto del mondo, per
arrivare a livelli più elevati di autonomia.
Gli schemi di lavoro potrebbero essere variati con:
maggior complessità
maggiori stimolazioni
uso di foto e di oggetti reali
esecuzioni in vivo
La ricompensa è preferibile che sia intrinseca perché il
rinforzo che ne deriva è evidente e non soggetto a
saturazione.
Lovaas USA
Lovaas e i suoi collaboratori affermano che un intervento
precoce e intensivo eseguito a casa, consente a molti
bambini autistici di arrivare ad avere una vita normale.
Secondo questo metodo il luogo di trattamento ideale è
l’ambiente familiare, l’insegnamento è quindi affidato ai
genitori e ai parenti.
Questo trattamento consiste nell’insegnare al bambino
piccole e semplici unità di comportamento che possono
essere misurate.
Ogni unità è suddivisa in tanti piccoli passi che devono avere semplici e chiare istruzioni. Nel momento in cui il bambino riesce a dare risposte adeguate e corrette viene immediatamente ricompensato in modo tale che le ricompense funzionino da rinforzo.
All’inizio le ricompense possono consistere in baci, parole di elogio, dolci e gelati, poi via via che il bambino si sviluppa si interviene con ricompense sempre più sottili (un’occhiata, un riconoscimento anche minimo), fino ad arrivare a ricompense più sociali in cui al bambino viene detto “bravo”, “bene”.
Le risposte negative quali ad es. i capricci, le stereotipie, comportamenti auto aggressivi non vengono rinforzate.
l’obiettivo primario di questi interventi è quello di
insegnare al bambino a discriminare tra stimoli diversi,
ad esempio tra colori, forme, numeri e lettere.
Le prove di insegnamento vengono ripetute molte volte
finchè il bambino riesce a dare risposte adeguate senza
l’aiuto dell’adulto.
L’intervento comportamentale consiste in un insieme di
trattamenti che vengono applicati in modo intensivo e
sostenuto, essi sono altamente individualizzati.
All’inizio del trattamento si privilegiano gli ambienti
familiari e tranquilli per poi essere esteso ad altri
ambienti in modo da produrre effetti durevoli e
generalizzati.
Regole generali:
1) Ottenere l’attenzione del bambino, se non è attento
aspettare prima di dare l’istruzione
2) Dare sempre una conseguenza alla sua risposta “No”
oppure il premio, eccetto per il linguaggio verbale, dove
il premio è incondizionato
3) Dare il rinforzo il più velocemente possibile e variarlo ogni volta che il bambino non mostra più interesse per quel premio
4) Non permettere al bambino più di due insuccessi, poi aiutarlo
5) Finire la sessione con un successo
6) Dire “vieni” e battere sulla sedia per cominciare
7) Dire “finito” quando la sessione è terminata e soltanto se è seduto correttamente
8) Quando il bambino fatica ad essere concentrato:
- Usare un compito di risveglio prima del compito che è l’obiettivo della sessione
- Tenere sessioni molto brevi introdotte da pause piuttosto lunghe
- Enfatizzare il rinforzo
- Essere veloci a cogliere la sua attenzione per dare
l’istruzione
- In ogni caso mantenere le regole
9) Finire quando nel bambino si accende il desiderio per
quello che sta facendo
Come primo programma si può cominciare con l’imparare
a far stare seduto il bambino.
La sequenza è
RICHIESTA=RISPOSTA=CONSEGUENZA
esempio:
Terapista: seduto
Bambino: non vuole stare seduto
Terapista: ripete il comando e lo forza a sedersi aiutandolo
fisicamente
Bambino: si siede seppur costretto
Terapista: velocemente lo premia
Fine sessione
la sessione di lavoro deve sempre terminare con un
successo.
Ripetere il comando finchè il bambino non lo masterizza
(cioè non lo acquisisce stabilmente)
L’età ottimale per iniziare un intervento precoce è prima
dei 5 anni di età, infatti i risultati migliori si hanno nei
bambini che cominciano il trattamento a 2 o 3 anni e che
hanno seguito l’intervento per almeno 30 ore a settimana
per due anni consecutivi.
CROSSLEY Australia
VEXIAU Francia
BIKLEN USA
La CF nasce in australia, a Melbourne presso il centro
per la comunicazione “Dignity trough education and
language” fondato nel 1986 da Rosemary Crossley e
destinato all’assistenza di persone incapaci di linguaggio
verbale
Negli anni 80 si è diffusa in Europa e negli USA, in Italia
si è diffusa tramite l’esperienza di Patrizia Cadei dopo
averla sperimentata con il figlio Alberto affetto da
autismo.
Rivolta principalmente ai soggetti affetti da autismo, che
secondo i sostenitori di questa tecnica non riescono a
mettere in sequenza ciò che vogliono dire e non riescono a
fare quei movimenti che permetterebbero loro di indicare
o scrivere.
La CF permette a persone in difficoltà di comunicare
grazie all’aiuto di un terapista specializzato, detto anche
facilitatore.
Il training prevede i seguenti passaggi
- Indicare oggetti,colori, forme, immagini, parole singole, a
coppie, scelta multipla
- Dare ritmo e continuità al gesto dell’indice, mai
accompagnare o dirigere
- Diversificare il lavoro per livello di età
L’obiettivo della CF è il raggiungimento
dell’autonomia di scrittura
Compito del facilitatore
(decalogo stilato da Rosemary Crosley)
- Controllare il contatto visivo: insegnare a guardare il
display o la tastiera
- Controllare la produzione: quando il messaggio non è
chiaro è necessario farlo presente
- Tirare indietro: i problemi di funzionalità della mano
non si risolvono spingendola in avanti, anzi molte
persone autistiche traggono vantaggio alla resistenza
fisica che si offre loro proprio tirando indietro
- Ridurre il supporto: lo scopo della Cf è raggiungere
l’indipendenza
- Non esagerare nelle interpretazioni
- Non credere a tutto ciò che viene detto
Una critica a questo metodo è mossa dall’APA (American
Psicological Association) secondo la quale la CF
- Minaccia di prevaricare i diritti del paziente
- È priva di validità scientifica
- Il suo prodotto è determinato dal facilitatore, anche se non
si sa ancora se il terapista sia cosciente della sua
influenza
La CF viene appoggiata dal TASH (The Association for
Person with Severe Handicaps) che è un’organizzazione
USA che si prefige lo scopo di promuovere l’inserimento
di persone affette da handicap grave
“le “terapie”, “le tecniche”, “i trattamenti” usati con le
persone con autismo si presentano come negozi lungo la
High Street: hanno poche relazioni tra loro ed ogni
negoziante vi incoraggerà a fare gli acquisti da lui e vi dirà
perché i suoi prodotti sono “i” prodotti.
ma ognuno di questi negozianti vende cose molto diverse
dagli altri. Qualcuno tratta il comportamento, qualcuno la
comunicazione o la percezione, qualche altro lo sviluppo
cerebrale o la biochimica, altri lo sviluppo cognitivo o la
mente o l’anima; qualcuno non tratta niente, ma è bravo
nel fingere di farlo.
il problema dei servizi che si comportano come i negozi di
High Street, è che la gente autistica non ha soltanto
difficoltà di comportamento o comunicazione o percezione
o problemi con i propri sensi o con lo sviluppo del cervello
o con la biochimica o con i livelli di stress o con i conflitti
dell’anima; le persone affette da autismo sono esseri
completi, la maggior parte di loro ha difficoltà
generalizzate perché in qualche punto ogni parte si collega
e si alimenta nelle altre.