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Milano
SPECIALE BIOTECNOLOGIE: CAMBIA IL LIEVITO, CAMBIA IL VINO
NUOVA OCMLE INCOGNITE CHE PESANOSUL PROGRAMMA DI SOSTEGNO
SARMENTIENERGIA DAI RESIDUIDI POTATURA
CHI USA L’INNOVAZIONELA PRIMA PUNTATADI UNA NUOVA RUBRICA
Anno XLI
n. 7-8
Luglio - Agosto
SOMMARIO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 1
Primo piano / Misure UePsr e Ocm da armonizzare
56
Vigneto/ CaolinoIl ritorno della polvere
34
Speciale / BiotecnologieI lieviti che fanno il vino
76
Dossier / SarmentiEnergia dalle potature
14
10 Effetti di trattamenti fogliari sull’aroma varietale
dei vini Monastrell
a cura di Marco Terzoni
10 L’utilizzo di lieviti non-saccharomyces quali fonti di
mannoproteine nel vino
11 Le varietá dei vini sulla base dei composti volatili
UN MONDO DI RICERCHE
14 Psr e Ocm da armonizzare
di Lorenzo Tosi
PRIMO PIANO / MISURE Ue
18 Assoenologi: l’export può ancora crescere
ma la sfida è sulle nostre tavole
di Lorenzo Tosi
22 Quali prospettive “rosé”per il Negroamaro (e non solo)
di Stefano Sequino
ATTUALITÀ / TENDENZE
28 Quattro nuovi incroci selezionati a San Michele
e gestiti da CIVIT
di
ATTUALITÀ / CONSORZI
12 Un nuovo lievito per vini a ridotto valore in solfiti
a cura di Lorenzo Tablino
L’INNOVAZIONE IN MANO A CHI LA USA
4 Vigneti patrimonio dell’Umanità Punto di arrivo o di
partenza?
5 La Cantina “Tre Secoli” diventa un polo di ricerca e
sviluppo
FLASH
SOMMARIO VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
RUBRICHE
66 Normativa / Semplificazione, la prima tappa
dell’alleggerimento burocratico
di Loredana D Alfon so - Ismea
68 Dal Palazzo / Domini del vino, la partita della tutela
del web non si sblocca
70 Manifestazioni / Tutti i colori del rosa
di Giuseppe Francesco Sportelli
73 Manifestazioni / I migliori rosati d’italia
di Giuseppe Francesco Sportelli
76 Manifestazioni / Tecnologia al lavoro in Romagna
di Cristiano Riciputi
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TECNICA/ VIGNETO
56 Caolino, il ritorno della polvere
di Marisa Fontana e Bruno Ranieri
60 Energia dai residui di potatura
di Alessandra Biondi Bartolini
Aderente a:
TECNICA / CANTINA
52 Oak chips o barrique, l’alternativa «boisé»
di Stefano Sequino
34 Lieviti progettati per ottenere vini diversi
di Paolo Giudici, Luciana De Vero, Lisa Solieri,
Mauro Catena
36 La fermentazione del Lambrusco: modello di evoluzione
biotecnologica
di Paolo Giudici, Luciana De Vero, Lisa Solieri,
Mauro Catena
42 Una soluzione rapida per la reidratazione dei lieviti
secchi
di Marco Terzoni e Elettra Paolini
46 Rassegna dell’innovazione
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
FOCUS / FRANCIA
30 Vino e salute, il binomio dell’ospedale di Strasburgo
di
Via Barbazan, 13 - 38070 Padergnone (TN) Tel. 0461 864142 Fax 0461 864699 www.vicopad.it - [email protected] AFLOVIT Sezione AVITSoc. Coop. Agr.
In Trentino, in un territorio unico per posizione e clima, moltiplichiamo più di 120 varietà da vino e 20 varietà da tavola che danno origine con un’ampia gamma di selezioni clonali innestate sui principali portinnesti, ad oltre 500 combinazioni per ogni esigenza.Dall’impegno, dal lavoro e dalla grande esperienza dei soci dei Vivai Cooperativi di Padergnone vengono moltiplicate le barbatelle che contribuiscono alla nascita dei migliori vini italiani.
Barbatelle di qualitàper un prodotto di qualità
ATTUALITÀ / FLASH
4 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
Dopo un percorso avviato nel 2006
ed una nuova candidatura presen-
tata nel 2013, i paesaggi vitivini-
coli delle Langhe, Roero e Monferrato han-
no finalmente ottenuto l’importante ricono-
scimento e sono stati inseriti tra i patrimoni
dell’Unesco.
L’Icomos, l’istituto tecnico che valuta le
proposte di candidatura, riconoscendo il va-
lore del paesaggio vitato e il ricco patrimo-
nio di cultura, il ruolo sociale e la biodiversi-
tà, si è espresso positivamente all’inseri-
mento del sito nella World Heritage List.
Un evento atteso, soprattutto dalle realtà
economiche (non soltanto quelle operanti
nel comparto vitivinicolo) che, a seguito del
riconoscimento, potranno beneficiare di
una maggiore notorietà, traducibile in un
incremento delle performance commerciali
e del flusso turistico nelle colline piemonte-
si che indubbiamente hanno molto da offri-
re dal punto di vista paesaggistico ed enoga-
stronomico.
Si tratta in effetti di un’importante opportu-
nità, da considerare tuttavia un punto di
partenza (più che di arrivo) che – stando
anche all’esperienza di altri siti Unesco –
dovrà considerare alcuni fattori strategici
per garantire un migliore sviluppo del terri-
torio e dell’economia locale.
È marketing del territorio. Il territorio delle
Langhe, Roero e Monferrato contribuisce in
maniera sostanziale, sia in termini di volumi
che di fatturato, alla produzione vitivinicola
a denominazione di origine e, anche dal
punto di vista socio-economico, il comparto
sostiene diverse migliaia di imprese e di
addetti del settore.
Nonostante anche l’attuale (e considerevo-
le) ruolo economico delle Langhe, Roero e
Monferrato, sarà importante considerare al-
cuni strumenti certamente strategici per
proseguire sulla strada – avviata con il rico-
noscimento dell’Unesco – della promozione
dei paesaggi viticoli e dello sviluppo locale.
L’inserimento di un territorio nella lista
Unesco, infatti, rappresenta una condizione
necessaria ma non sempre sufficiente per
incoraggiare un processo virtuoso di valoriz-
zazione turistica; secondo uno studio Isnart
(Istituto nazionale ricerche turistiche), in-
fatti, se da un lato il riconoscimento Unesco
attira i visitatori ed è in grado di incentivare
la domanda turistica, anche straniera, sul
fronte delle entrate e della capacità di spesa
dei turisti rappresenta una situazione che
potrebbe certamente migliorare.
Tra gli strumenti di sviluppo locale rientrano
anche i progetti e le azioni di partenariato
tra le imprese e gli attori pubblici, così come
anche i Consorzi di tutela riconosciuti (tra i
quali il Consorzio di Tutela Barolo Barbare-
sco Alba Langhe e Roero e il Consorzio per la
tutela dell’Asti Docg) che già oggi svolgono
un ruolo altrettanto importante, di valorizza-
zione dei vini Dop e, pertanto, del territorio
di origine. E proprio secondo Gianni Marza-
galli, Presidente del Consorzio dell’Asti, “il
riconoscimento dell’Unesco è un traguardo
raggiunto, ma non è la fine della corsa, anzi
d’ora in avanti tutti debbono avere la consa-
pevolezza di operare in una terra che va
ancor più valorizzata e rispettata”.
Al di là dei singoli ruoli degli attori locali, la
crescita di un territorio (non solo vitivinico-
lo) passa anche attraverso la condivisione e
la realizzazione di idee, progetti e informa-
zioni e in quest’ottica la possibilità di “fare
sistema” rimane tra i fattori in grado di ac-
celerarne (e mantenerne) un concreto svi-
luppo.
E il Prosecco? Anche il paesaggio vitivinicolo
del Nord-Est è candidato per l’inserimento
nella World Heritage List. Il progetto di can-
didatura de “Le colline del Prosecco di Co-
negliano e Valdobbiadene” – promosso dal
Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiade-
ne – dovrebbe vedere la luce nel giugno
2015 in occasione della 39a sessione del
Comitato del Patrimonio Mondiale Unesco.
Così come “Coteaux, Maisons et Caves de
Champagne”, alla finestra in attesa dell’am-
bito riconoscimento. Stefano Sequino
VIGNETI PATRIMONIO DELL’UMANITÀPUNTO DI ARRIVO O DI PARTENZA?Ai paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato l’importante riconoscimento dell’Unesco.Nel 2015 la pronuncia per Prosecco e Champagne
ATTUALITÀ / FLASH
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 5
LA CANTINA “TRE SECOLI” DIVENTAUN POLO DI RICERCA E SVILUPPO
“Tre Secoli”, la più grande cantina coo-
perativa piemontese, nata alcuni anni
fa dalla fusione delle cantine sociali di
Mombaruzzo e Ricaldone, nell’acquese, sta
investendo importanti risorse economiche e
umane per fornire ai suoi viticoltori associati
strumenti sempre più aggiornati di conoscen-
za e di supporto alle decisioni.
Laboratorio PlusDopo la realizzazione di una cella condiziona-
ta per l’appassimento del moscato dal 2012,
è operativo in laboratorio PLUS ( Pre Lab Unit
System) consente di preparare in azienda
campioni per diagnosi di laboratorio in PCR
per flavescenza dorata, legno nero e virus del-
la vite. La preparazione di un estratto stabile
rende molto più facile e rapida la gestione dei
campioni inviati in seguito ad un laboratorio
specializzato e consente quindi di effettuare
più analisi a costi contenuti monitorando in
modo puntuale il territorio al fine di controlla-
re al meglio i giallumi.
Vigneto sperimentaleE’ stato inoltre messo a dimora nel comune di
Mombaruzzo un vigneto sperimentale dove
saranno testati nuovi vitigni resistenti a pero-
nospora e oidio, frutto di “incrocio assistito”
con viti diverse dalla vite europea, realizzati
da vari costitutori europei e, in alcuni casi, già
iscritti a catalogo nazionale . Inoltre saranno
sperimentati vitigni caucasici di Vitis vinifera
provenienti dalla Georgia che sembrano avere
anche essi caratteristiche di resistenza o di
tolleranza alle principali malattie. Interessan-
te sarà testare eventuali resistenze anche ai
citoplasmi, che non sono fino ad oggi cono-
sciute. Al progetto collaborano la Provincia di
Asti, l’Università di Milano e il Settore Fitosa-
nitario della Regione Piemonte.
Giuseppe Brandone
Accordo tra Consorzio Brunelloe Mps per l’innovazione
Una linea di finanziamento per
impianto e reimpianto di vigneti,
una dedicata all’invecchiamen-
to vini, una per l’acquisto di macchine per
la lavorazione delle viti e per l’attrezzatura
di cantina, ed una per l’anticipo di spese
di produzione. Queste le principali linee
dell’accordo siglato il 30 giugno tra Banca
Monte dei Paschi di Siena e il Consorzio
del vino Brunello di Montalcino.
Un’intesa studiata per far fronte a tutte le
esigenzedeiproduttori di uvaevinodel com-
prensorio del Brunello, spiega una nota, in
unmomentoparticolareper ilmercatonazio-
nale ed internazionale che richiede prodotti
di sempremaggiorqualità eche,quindi, pre-
suppongono innovazione e attenzione cre-
scenti in vigna ed in cantina. A siglare la
convenzione sono stati Giovanni Arduini, di-
rettore territoriale di Mps, e Fabrizio Bindoc-
ci, presidente del Consorzio che raccoglie
250produttoridiBrunelloconungirod’affa-
ri di circa 167 milioni di euro: circa il 68%
della produzione viene esportata. (ansa)
ATTUALITÀ / FLASH
6 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
DALLE REGIONI
>>Il sostegno dell’Umbria.
Il “punto cruciale” del
Progetto speciale per la
vitivinicoltura dell’Umbria lanciato dalla
Regione è “riuscire a costruire una politica
condivisa di strategie promo-commerciali
nei principali mercati stranieri più dinami-
ci”. Lo ha ricordato l’assessore regionale
all’Agricoltura Fernanda Cecchini, nel pre-
cisare che la Regione “è impegnata a man-
tenere alta l’attenzione e il sostegno al vino
umbro in tutte le sue sfaccettature, sia at-
traverso lo specifico regolamento comuni-
tario, sia attraverso il Piano di sviluppo ru-
rale, mettendo in campo risorse e strumenti
per l’innovazione, la cooperazione tra i pro-
duttori, la formazione, l’investimento, l’or-
ganizzazione di filiera e per la promo-com-
mercializzazione in un ottica di medio ter-
mine”.
>>La Toscana si costituisce parte civile.
”La contraffazione del Brunello è un danno
di immagine per la Toscana e per tutto il
nostro paese. Ci vogliono leggi ancora più
severe contro i manipolatori di quelli che
sono i prodotti di assoluta eccellenza, alli-
neando la nostra legislazione a quella di
altri paesi europei”. Lo ha sostenuto il pre-
sidente della Regione Toscana, Enrico Ros-
si, commentando il sequestro di oltre
30.000 bottiglie di vino etichettato come
Brunello di Montalcino, Chianti e altri
docg, ad opera dei carabinieri del reparto
operativo di Siena. “Mi farò promotore – ha
aggiunto - di una iniziativa che sensibilizzi
ulteriormente le istituzioni, a partire dal
Parlamento affinchè questo genere di cri-
mini venga punito con la massima severità.
Non escludo che la Regione si costituisca
parte civile”.
>>Promozione in salsa lombarda. La Regio-
ne Lombardia promuove il vino lombardo
sui mercati dei Paesi terzi. A godere del
contributo saranno i vini a denominazione
di origine protetta (Dop) e i vini ad indica-
zione geografica protetta (Igp), che costitu-
iscono quasi l’89 per cento della produzio-
ne vinicola regionale. “Anche in questo ca-
so - ha commentato il presidente della
Regione Lombardia, Roberto Maroni, illu-
strando i contenuti di una delibera – si trat-
ta di risorse diverse, destinate a sostenere e
far crescere l’economia lombarda”. Con il
provvedimento viene attivata una misura di
promozione del vino sui mercati extra euro-
pei, sulla base di “progetti annuali”. Per la
campagna 2014/2015 sono disponibili ri-
sorse per 3.421.992 euro.
>>La fiducia del Lazio. Nel Lazio “il vino ha
grandi potenzialità di crescita e per questo
le politiche per lo sviluppo messe in campo
dalla giunta Zingaretti hanno come maggio-
ri punti di forza, il sostegno all’innovazione
dei processi produttivi e una forte attenzio-
ne alla promozione del prodotto”. Lo ha
detto l’assessore regionale all’Agricoltura
Sonia Ricci precisando che “abbiamo fidu-
cia nella capacità di determinare sui mer-
cati quel cambio di mentalità in grado di
affiancare i vini del Lazio alle altre realtà
regionali che rappresentano il prestigioso
made in Italy in tutto il mondo”.
Ma.Al.
Ricerche sulla tracciabilitàdel vino alla prossima Expò
Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) all’Expo 2015 con un
programma di 24 eventi di carattere interdisciplinare, la cui selezione
si è tenuta a fine giugno presso la sede centrale dell’Ente. Tu tti gli
eventi si terranno presso il Padiglione Italia, del quale il Cnr è consu-
lente scientifico.
Il palinsesto della ricerca si sviluppa attraverso un concept centrato
sul cibo, declinato in sei temi caratterizzanti, e che prevede tre
tipologie di incontri - scientifici, divulgativi e socio-economici - con
collegamenti esterni all’area espositiva e legati al territorio, grazie
anche alla firma di un accordo con Regione Lombardia. Tra gli argo-
menti legati al tema “agricoltura e ambiente”, trovano particolare
rilievo le problematiche legate alla desertificazione, alla fame di
acqua, al ‘food print’, cioè il costo ambientale degli alimenti e al
consumo di suolo.
Nel vivo del tema su ‘fattori della produzione’, saranno mostrate le
ricerche di eccellenza ad esempio su agricoltura di precisione, biodi-
versità e miglioramento genetico. Gli eventi proporranno casi di
studio nei settori più rilevanti per l’economia italiana, quali la traccia-
bilità della filiera vite-vino, la protezione sostenibile delle produzioni,
la dieta mediterranea, e la valorizzazione dei prodotti tipici. “Il cibo
come richiamo all’attualità è il concept che lega tanti degli appunta-
menti proposti dai ricercatori dell’Ente”, conclude il direttore del
Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr Francesco Loreto,
sottolineando come ‘’studiando frontiere quali lo studio del microbio-
ma intestinale, l’utilizzo del biochar in agricoltura e nella cosmesi, il
packaging bio e funzionale, o le proprietà nutrizionali degli insetti, si
cementa la strada per produrre cibo migliore e per tutti”.(ANSA).
ATTUALITÀ / FLASH
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 7
IL TEST DEL DNA PER IL VINO
Per evitare in futuro truffe e scanda-
li, per la prima volta un pool di
ricercatori ha messo a punto un si-
stema che rivoluziona l’idea stessa di trac-
ciabilità e che è in grado di raccontare pro-
venienza, vitigno e qualità dei lieviti.
L’idea di mettere a punto un test del Dna
per il vino parte dalla sede palermitana de-
l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr,
unitamente all’azienda Bionat Italia, è fi-
nanziato nel piano di sviluppo rurale della
Regione Sicilia. “ Il metodo- spiega Guido
Spoto della Bionat- deriva da quello che è
stato brevettato anni fa da un pool di ricer-
catori palermitani per la diagnosi veloce
della celiachia.
Tracciabilità e varietàDa quell’esperienza sono nate diverse bran-
che di ricerca, una dedicata alla caratteriz-
zazione genetica di prodotti agroalimentari
per salvaguardarne la tracciabilità e per indi-
viduare la presenza di contraffazioni e adul-
terazioni”. In sostanza, le analisi di laborato-
rio consentono l’identificazione dei vitigni
con cui è stato preparato il vino. Si passa poi
al confronto con i dati dichiarati in etichetta
e in caso di riscontro positivo, il prodotto
riceve il “bollino” di garanzia. Attualmente,
sono già state presentate al pubblico le pri-
me bottiglie certificate geneticamente,
mentre il prossimo obiettivo è quello di rea-
lizzare dei kit per l’identificazione e macchi-
netta di lettura da rifornire ai Nas per i con-
trolli. La società ha messo a punto il metodo,
ma, a fornire gli standard varietali per il rico-
noscimento dei vitigni tipici siciliani è stato
l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr,
impegnato da anni in una caccia alle piante
ritenute scomparse, attraverso testi antichi e
ricerche sul campo.
Giuseppe Brandone
Un Progetto del CNR a Palermo
Vitinnova, simbiosi e microrganismi antagonisti per la montagna
Viti montane sotto i riflettori in una
ricerca che punta sull’impiego di
particolari funghi “amici” della
pianta e antagonisti dei parassiti, a
vantaggio di vino e ambiente. Lo
studio Vit-Innova è guidato dal Cen-
tro di ricerche, studi, salvaguardia,
coordinamento e valorizzazione
della cultura montana (Cervim) di
Aymaville, che su un budget di
189mila euro riceve un cofinanzia-
mento del Fondo UE di sviluppo re-
gionale di circa 133mila euro. «Il
progetto, partito nel 2013, nasce assieme al centro di ricerca
privato del CCS Aosta e si divide in due studi separati, che si
avvalgono della collaborazione del Dipartimento di Biologia del-
l’Università di Torino e dell’Istituto agricolo regionale della Valle
d’Aosta» spiega il direttore del Cervim, Gianluca Macchi.
DUE PROGETTI
“Uno dei due studi-continua Macchi- esamina le popolazioni di
microrganismi presenti nel terreno di alcune aree coltivate a Pinot
nero, per individuare consociazioni simbiotiche con le radici, ripro-
durle in laboratorio e inocularle in quantità maggiore per testare la
protezione della pianta contro eventuali parassiti”. L’altro progetto
studia invece un tipo di fungo antagonista già selezionato, per
verificare l’effetto che ha sulla vite. “Per le ricerche sul terreno
sono state scelte tre zone: Saint Christophe, Saint Pierre e un’area
presso l’istituto agricolo regionale nel centro di Aosta. L’obiettivo
finale è quello di determinare se questi funghi hanno un effetto
benefico sulla vite di montagna, per darle una maggiore resistenza
alle malattie e avere un prodotto finale più sano”.
Giuseppe Brandone
ATTUALITÀ / FLASH
8 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
L’ALTA MONTAGNA SI SPOSA CONSOSTENIBILITÀ E LOW SULFITE
La celebrazione della XXVII edizio-
ne della “Rassegna dei Muller
Thurgau” e XI^ del concorso inter-
nazionale dell’omonimo vino è stata l’oc-
casione per interrogarsi sul legame fra
agricoltura di montagna e vini a residuo
zero. Premesso che in Trentino si produce
il 75% del Muller Thurgau italiano, e che
la zona a maggior concertazione di questo
vitigno è la Val di Cembra, posta ad un’alti-
tudine inusuale per la vite, era una scelta
assai naturale.
Abbattere tutti i residuiSecondo Marco Tebaldi responsabile del
progetto “Free Wine” i dati emersi da
un’indagine condotta all’interno di Vini-
taly, il concetto di salubrità è quello più
ricercato dai consumatori e fra le qualità
di questa viene collocato anche la minor
presenza di solfiti oltre che una minore
presenza di residui da prodotti fitosanita-
ri usati nella coltivazione del vigneto. Per
Mario Pojer, il vino a residuo zero non
solo è possibile ma lui già lo produce in
un vigneto collocato nell’alta Valle di
Cembra a Grumes, ad un’altitudine supe-
riore agli 800 metri s.l.m. ma in una zona
particolarmente esposta e vocata per la
produzione dell’uva. «In questa zona, af-
ferma Pojer, siamo andati oltre il biodina-
mico e la cosa è stata possibile perché
abbiamo messo a dimora varietà resisten-
ti provenienti dal Centro sperimentale di
Friburgo, in Germania. Ad esempio Sola-
ris e Alta Montagna è un ottimo binomio.
Abbiamo ottenuto dei vini che abbiamo
presentato per la prima volta al Vinitaly
ed è stato un successo, tant’è che ora
anzichè a residuo zero potremo chiamare
il nostro vino ….a giacenza zero perchè lo
abbiamo esaurito in poco tempo». Tra i
fattori che consentono di abbattere i trat-
tamenti contro l’oidio e la peronospora,
esposizione e altitudine sono determina-
ti. «In questo modo – afferma il produtto-
re- l’altitudine e l’acclività diventano op-
portunità. La nostra esperienza di qua-
rant’anni di vignaioli, ha sottolineato
Pojer, ci fa affermare che in montagna la
produzione di vino a residuo zero è possi-
bile anche perché l’unico antiossidante
che usiamo sono i lieviti, va peraltro pre-
cisato che tutte le operazioni di vinifica-
zione si svolgono in atmosfera controllata
e che l’uva che entra in cantina viene
lavata per togliere i residui lasciati dalle
piogge». Per l’enogastronomo Paolo Mas-
sobrio il vino o è buono o non è buono, la
cosa che più conta è questa. La strada del
Muller Thurgau biologico è interessante,
a condizione che non sia l’occasione per
una guerra ideologica. I vini a basso im-
patto ambientale, ha proseguito Masso-
brio, sono un’esigenza sempre più diffu-
sa. E la sostenibilità si sposa bene con
l’esigenza di tutelare e raccontare il terri-
torio attraverso il vino.
42 vini eccellentiAl concorso lanciato all’interno della Ras-
segna, come ha ricordato il presidente del
comitato organizzatore dell’evento Bruno
Pilzer, sono risultati tutti eccellenti i 42
vini che hanno partecipato e le 12 grappe
di monovitigno le medaglie d’oro son an-
date alla cantina PacherHof di Valle Isarco
Alto Adige con un Muller T. 2013 e alla
Cantina sociale Aldeno per un Muller
Thurgau 2013.
Di Carlo Bridi (da Val di Cembra)
La rassegna del Muller Thurgau di Val di Cembra si tinge di verde
ATTUALITÀ / DALMONDO
10 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
EFFETTI DI TRATTAMENTIFOGLIARISULL’AROMA VARIETALEDEI VINI MONASTRELL
Il profilo aromatico dipende dalla composizione chimica dell’uva,
che è a sua volta influenzata dal vitigno, dal clima e dalle pratiche
viticole, insieme ad altri fattori coinvolti nelle tecniche di vinifica-
zione e di stoccaggio. Gli aromi varietali sono formati da un com-
plesso gruppo di sostanze che possono essere presenti in forma
libera (molecole volatili e odoranti) o come precursori (aromi glico-
silati ovvero molecole odorose legate a una molecola di glucosio).
Studi recenti hanno mostrato che quando alcune molecole aroma-
tiche vengono applicate, mediante trattamento fogliare, alle viti,
le uve che vengono raccolte, e successivamente i vini che ne
derivano, ne sono influenzati. Sembra infatti che le molecole in
questione siano accumulate dalle uve e vengano in seguito rila-
sciate nel vino durante la fermentazione. A seguito di queste
osservazioni, la ricerca presa in esame ha cercato di verificare gli
effetti di trattamenti fogliari a base di eugenolo, guaiacolo e
whisky-lattone (presi singolarmente o in miscela fra loro) su uve
rosse Monastrell. I trattamenti sono stati condotti al 7° giorno di
invaiatura e hanno previsto l’utilizzo delle seguenti soluzioni ac-
quose: eugenolo (chiodi di garofano), guaiacolo (affumicato, far-
maceutico, fenolico), eugenolo+guaiacolo e whisky-lattone (quer-
cia). Ogni pianta è stata irrorata con circa 300 ml di soluzione.
Esaminando gli effetti sulle uve i ricercatori hanno riscontrato una
forte sinergia delle molecole eugenolo+guaiacolo nell’aumentare i
precursori aromatici glicosilati; lo stesso effetto non è stato riscon-
trato quando le stesse molecole sono state somministrate singolar-
mente. Quanto al trattamento con whisky-lattone, invece, anche
da solo esso ha mostrato una certa efficacia nell’aumentare il
contenuto in precursori aromatici (come dimostrato in studi prece-
denti). Venendo poi alle conseguenze sul vino è stato possibile
misurare una significativa riduzione del pH in tutti i vini ottenuti
da uve trattate con eugenolo, guaiacolo ed eugenolo+guaiacolo.
Per quanto concerne l’aspetto più strettamente aromatico invece,
solo una parte dei precursori aromatici riscontrati nelle uve è stata
trasferita ai vini. Ciò suggerisce che gran parte di tali precursori
tende a rimanere legata alle bucce.
((A.I. Pardo-García, K. Serrano de la Hoz, G.L. Alonso, M.R.
Salinas). Effect of vine foliar treatments on the varietal
aroma of Monastrell wines. Food Chemistry, Vol. 163, pag.
258-266.
a cura di Marco Terzoni
L’effetto sinergico esistente fra eugenolo e guaiacolo è stato con-
statato anche sul vino e, in più, sono stati osservati alcuni effetti a
distanza di sei mesi: una diminuzione del guaiacolo nel vino
trattato con lo stesso, ed un aumento del whisky-lattone e dell’eu-
genolo nei vini rispettivamente trattati con whisky-lattone e con
eugenolo+guaiacolo. Quest’ultimo risultato suggerisce che i pre-
cursori d’aroma vengono rilasciati nel tempo ma anche che, tale
tempo, dipende dal tipo di trattamento. Infine, esaminando quan-
to emerso dall’analisi sensoriale, è importante sottolineare come
tutti i vini ottenuti da uve trattate con molecole odorose abbiano
ricevuto i punteggi più alti per quanto concerne l’intensità odoro-
sa. Nello specifico, i vini trattati con eugenolo+guaiacolo hanno
ottenuto alti punteggi per il sentore “chiodi di garofano” mentre
quelli trattati con whisky-lattone hanno ottenuto lo stesso risultato
sul descrittore “legno/quercia”.
UN MONDO DI RICERCHE
L’UTILIZZO DI LIEVITINON-SACCHAROMYCESQUALI FONTIDI MANNOPROTEINE NEL VINO
Le mannoproteine non sono altro che polisaccaridi rilasciati dalla
parete cellulare del lievito durante la fermentazione alcolica e nel
corso dell’affinamento del vino. Tali costituenti hanno numerose
proprietà enologiche che le rendono particolarmente appetibili agli
(P. Domizio, Y. Liu, L.F. Bisson, D. Barile). Use of non-Sac-
charomyces wine yeasts as novel sources of mannoproteins
in wine. Food Microbiology, Vol. 43, pag.5-15.
ATTUALITÀ / DALMONDO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 11
DISCRIMINAZIONEDELLA VARIETÁ DEI VINISULLA BASE DEI COMPOSTIVOLATILI
La tracciabilità e la certificazione di provenienza dei prodotti
alimentari divengono ogni giorno più importanti al fine di garantire
la qualità dei prodotti stessi e conferire loro un valore aggiunto.
Nell’ambito enologico molte ricerche si sono occupate di mettere
alla prova diversi metodi per identificare l’origine dei vini e le
varietà utilizzate per produrli: si va da sistemi basati sull’analisi
del profilo amminoacidico attraverso la rilevazione degli alcoli
superiori presenti nel vino, all’analisi multivariata sulla base di
dati chimici (acidi, alcoli, esteri, fenoli totali, pH e colore), fino
allo studio della composizione e concentrazione delle sostanze
volatili a livello di germoplasma, ecc.
Nella ricerca presa in considerazione in questa sede invece, il
metodo proposto al fine di discriminare il vitigno utilizzato per
produrre il vino è stato quello dell’analisi delle sostanze volatili
mediante semplice gascromatografica (GC). Il vantaggio di un
simile approccio consiste essenzialmente nella sua semplicità:
attraverso l’analisi di sole sette delle componenti volatili estratte
(principalmente alcoli superiori ed steri di alcoli superiori) è stato
infatti possibile riconoscere vitigni differenti. In considerazione di
ciò, i ricercatori hanno sostenuto come questa tecnica possa pre-
starsi ad essere utiliz-
zata ai fini di certifica-
re la varietà di uve uti-
lizzate e, di
conseguenza, per atte-
stare la conformità dei
prodotti. Unico, ma im-
portante, limite del
metodo, consiste nella
sua completa indiffe-
renza nei confronti di
fattori fondamentali
quali l’anno della ven-
demmia e le procedure
di fermentazione. Sia-
mo ancora lontani,
dunque, da un sistema
in grado di darci infor-
mazioni complete e si-
cure su ciò che trovia-
mo in bottiglia.
(V. Dourtoglou, A. Antonopoulos, T. Dourtoglou, S. Lalas).
Discrimination of varietal wines according to their volatiles.
Food Chemistry, Vol. 159, pag.181-187.
occhi dei produttori: migliorano la sensazione di pienezza, diminui-
scono l’astringenza, aggiungono complessità aromatica, aumenta-
no la dolcezza e la morbidezza, riducono le proteine e l’instabilità
dei tartrati, stimolano la fermentazione malolattica e assorbono
eventuali composti nocivi come l’ocratossina A. Ciò premesso, con-
siderando l’interesse crescente che circonda ultimamente i lieviti
non-Saccharomyces, alcuni studiosi hanno pensato ai possibili van-
taggi che potrebbero presentarsi introducendo sul mercato formula-
zioni di lievito appartenenti a colture miste (Saccharomyces + non-
Saccharomyces) capaci di contribuire a più aspetti della qualità del
vino. Sebbene infatti i lieviti non-Saccharomyces vengano scartati a
causa delle loro scarse capacità fermentative, esistono fra questi
alcune specie in grado di contribuire in modo assai positivo alle
caratteristiche organolettiche del vino e all’aumento del tenore in
mannoproteine in modo specifico. In questo studio i ceppi messi
alla prova sono stati otto:Hanseniaspora osmophila,Metschnikowia
pulcherrima, Pichia fermentans, Lachancea thermotolerans, Sac-
charomycodes ludwigii, Starmerella bacillaris, Torulaspora delbrue-
ckii e Zygosaccharomyces florentinus. I suddetti ceppi sono stati
scelti in base alla loro capacità di modulare le concentrazioni finali
di vari composti volatili ma anche a causa della possibilità di essere
accoppiati con i S.cerevisiae nelle fermentazioni con inoculo misto.
Come previsto, il tasso di crescita e la capacità fermentativa di tutti i
ceppi non-Saccharomyces sono stati bassi rispetto ai ceppi com-
mercialiSaccharomyces.Tuttavia, tutti i ceppi non-Saccharomyces,
ad eccezione diH. Osmophila e S. bacillaris, hanno mostrato un più
alto livello di polisaccaridi totali nei mezzi fermentati; in particolare,
i ceppiM.pulcherrima, T. delbrueckii eP. fermentanshanno aumen-
tato i polisaccaridi dal 52 al 61% e il ceppo S. ludwigii addirittura
del 118%, con ben 558 mg/L di polisaccaridi. Questi risultati
dovrebbero incoraggiare gli enologi a prendere in seria considerazio-
ne l’opportunità di abbinare lieviti Saccharomyces e non-Saccha-
romyces per condurre le proprie fermentazioni e migliorare caratte-
ristiche specifiche del vino. I ceppi di lievito non-Saccharomyces
potrebbero diventare dunque ottimi sostituti delle scorze di lievito
attualmente estratte dalle cellule delle pareti di lievito.
ATTUALITÀ / DALLE AZIENDE
12 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
UN NUOVO LIEVITO PER VINIA RIDOTTO VALORE IN SOLFITI
Tutti gli enologi riconoscono l’importanza
fondamentale della corretta scelta del lievi-
to sulla qualità del vino. Soprattutto da
quando sono sensibilmente migliorate le cono-
scenze tecniche in merito al suo razionale utilizzo.
In ogni cantina il ricorso a lieviti selezionati garan-
tisce: un buon vigore fermentativo, adattamento a
condizioni difficili, scarsa formazione di compo-
sti solforati, acido acetico, alcoli superiori e ace-
taldeidi. Decisiva anche la rapidità di sedimentazione e l’as-
senza di modifiche al quadro acido, in pratica la capacità di
non interferire con la fermentazione malolattica.
L’enologo non ha che l’imbarazzo della scelta riguardo al ceppo
da utilizzare, precisando che trovare un lievito con tutti caratte-
ri ottimali citati non è certo facile.
E una nuova esigenza sta emergendo nel settore enologico, funzio-
nale alle tendenze di mercato in particolare per i vini di consumo
rapido. L’obiettivo emergente è infatti la produzione di vini correlati
ai caratteri varietali territoriali, pertanto con un preciso profilo orga-
nolettico e analitico.
Aggiungo con valori sempre minori in fatto di acidità volatile, solfo-
rosa, composti solforati e acetaldeidi.
Due diverse vinificazioni in AbruzzoPer dare risposta a queste esigenze, Lallemand e l'Institut Coopéra-
tif du Vin, in collaborazione con INRA e Sup'Agro di Montpellier
>>L’innovazione è un ingrediente fondamentale per il vino. Nel nostro Paese tecnici e produttori non si sono
mai sottratti alla necessità di investire conoscenze in cantina e in vigneto, migliorando così la qualità, la
salubrità e la sostenibilità del prodotto e del processo produttivo.
Grazie a questa attenzione l’Italia è diventata leader nella produzione di vino, ma si è anche assicurata il primato industriale nella
produzione di strumenti, macchine e servizi per il vigneto e la cantina. Oggi questa naturale propensione assume anche un altro
significato. L’Europa vuole infatti favorire la domanda di innovazione delle imprese vitivinicole attraverso nuove misure
contenute sia nel Programma nazionale di sostegno collegato all’Ocm unica sia alla politica di Sviluppo rurale. Con queste
misure le imprese diventano parte integrante del processo di trasferimento delle conoscenze, con l’obiettivo di coniugare
competitività e sostenibilità. Per questo Vignevini inaugura con questo numero una nuova rubrica dedicata agli innovatori:
produttori, tecnici enologi e agronomi che con le loro intuizioni e la loro applicazione riescono a far sì che l’innovazione diventi un
successo a vantaggio di tutti i fruitori. Lo.To.
Lalvin Icv Okay è stato selezionatoda Lallemand e l’Institut Coopératifdu Vin, in collaborazione con INRA eSup’Agro di Montpellier per le suespeciali capacità di produrre livelliestremamente bassi di SO2 e H2.
Immagine in chemiluminescenza in cuisono visibili le cicatrici di gemmazione dellievito.
Tecnici e produttori raccontano le proprie esperienze pratiche in cantina, vigneto o laboratorio
L’INNOVAZIONE IN MANO A CHI LA UTILIZZA
1 PUNTATA
a cura di Lorenzo Tablino
ATTUALITÀ / DALLE AZIENDE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 13
hanno selezionato Lalvin Icv Okay per le sue speciali capacità di
produrre livelli estremamente bassi di SO2 e H2S.
Una caratteristica che permette di stabilizzare i vini con limitate
aggiunte di anidride solforosa, soprattutto in fase di preimbottiglia-
mento. Un lievito selezionato adatto alla vinificazione di vini bian-
chi, rossi, rosati anche aromatici, ottenuti in condizioni di bassa
temperatura. Ecco l’esperienza compiuta dal collega Enologo Con-
cezio Marulli nella vendemmia 2013. La fermentazione con lievito
Lalvin ICV Okay della ditta Lallemand è stata compiuta su due
tipologie di vino da uva Montepulciano. Le prove sono state esegui-
te in Abruzzo presso l’azienda agricola Ciccio Zaccagnini srl di
Bolognano (PE). «Nel primo caso il lievito –
racconta Marulli - è stato prima testato per la
produzione di vino senza solfiti sul vino NOSO2
con ottimi risultati. Si è, infatti, distinto, oltre
che per i noti parametri fermentativi, per la
breve fase di latenza, per il regolare andamento fermentativo e
soprattutto per l’assenza di solfiti prodotti». Il vino a fine fermenta-
zione è risultato più fruttato del testimone, più corposo, e più
morbido del testimone. Nei test è stato preferito dal panel di
degustazione in ogni fase di lavorazione ed è arrivato in bottiglia
con meno di 1 mg%/litro di anidride solforosa.
Nel secondo caso il lievito è stato invece utilizzato per la produzio-
ne del tradizionale vino Montepulciano d’Abruzzo con molta sod-
disfazione. «Durante la vinificazione del Montepulciano – conti-
nua Zaccagnini - normalmente bisogna gestire la riduzione che in
genere richiede un apporto giornaliero di ossigeno da 2 a 5
mg/litro. Utilizzando questo lievito non è stato necessario nessun
apporto di ossigeno e il vino ottenuto è stato preferito al vino
testimone sia per la maggiore nota aromatica che per l’armonia de
gustativa».
Un’esperienza che conferma la capacità di questo prodotto di ga-
rantire un’ottimale conduzione fermentazione anche in condizioni
difficili, con produzione di acidità volatile veramente bassa.
La mappatura Qtldel Saccharomyces cerevisiaeSi ricorda che Lalvin Icv Okay è il risultato di un progetto di ricerca in
partnership che ha permesso di combinare metodiche di selezione
classiche con la “mappatura QTL (Quantitative Trait Locus)”, tecni-
ca innovativa che permette di identificare le regioni del genoma
correlate con l’espressione del carattere di interesse. Lo studio ha
permesso di determinare le basi molecolari correlate alla produzione
di SO2, H2S ed acetaldeide in Saccharomyces
cerevisiae. I ricercatori dell’INRA hanno quin-
di trasferito le caratteristiche fenotipiche d’in-
teresse presenti in un ceppo “donatore” in un
lievito particolarmente performante dal punto
di vista enologico mediante più cicli di reincrocio (back-crossing).
Lalvin Icv Okay è dunque un lievito che combina ottime performance
fermentative (breve fase di latenza, capacità di fermentare mosti ad
elevata temperatura ed alto potenziale alcolico) con una ridottissima
produzione di SO2, H2S ed acetaldeide. Nel caso di aggiunta di SO2 in
vinificazione o su vino finito, queste caratteristiche permettono inol-
tre di avere una maggiore frazione di SO2 in forma libera, riducendo i
rischi di odori solforati. Adatto alla vinificazione di rossi giovani ed
alla produzione di bianchi e rosati aromatici, spesso ottenuti in
condizioni di bassa temperatura e torbidità, Lalvin ICV OKAY unisce
la sicurezza di una fermentazione rapida e completa in un ampio
range di condizioni enologiche con una produzione di acido acetico
estremamente bassa. Per questi motivi, il Sitevi, manifestazione che
si tiene ogni due anni in Francia, e punto di riferimento per le novità
nella filiera vitienologica, agricola e olivicola ha premiato nel 2013
questo lievito con la “Lode” nell’Albo d’Oro dell’Innovazione.
Concezio Marulli, l’enologo artefice dell’esperienzacon Lalvin Icv Okay.
Montepulciano d’Abruzzo. Pressol’azienda agricola Ciccio Zaccagnini srldi Bolognano (PE) l’utilizzo di LalvinIcv Okay ha consentito di differenziarela produzione ottenendo due vini concaratteristiche ben distinte.
Vino senza solfiti e con più facilità nella gestionedell’ossigeno. Alcuni dei vantaggi dell’innovazione.
UN MONTEPULCIANOD’ABRUZZO TRADIZIONALE EUNO NOSO2 PRODOTTI GRAZIEA LALVIN ICV OKAY
PRIMO PIANO / MISURE Ue
14 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
PSR E OCM DA ARMONIZZARE
di Lorenxo Tosi
La politica agricola co-
munitaria passa da una
fase di programmazio-
ne ad un’altra. Sette anni fa i
cambiamenti portati nel vigne-
to dall’Ocm e dai Psr sono stati
considerevoli, con l’accantona-
mento di misure storiche come
gli arricchimenti e le distillazio-
ni e l’avvio di azioni “strategi-
che” che hanno ottenuto un
successo crescente come quel-
le della promozione nei mercati
terzi e degli investimenti. Gli
interventi previsti per il periodo
2014-2020 vanno nel segno
della continuità, ma portano
anche alcune novità da valuta-
re. Per le amministrazioni cen-
trali e regionali è quindi tempo
di scelte. E di dubbi da fugare.
La filiera vitivinicola attinge in-
fatti a diverse forme di finanzia-
mento con diverse finalizzazio-
ni, ma alcune misure hanno
campi di applicazione che sem-
brano simili, se non coinciden-
ti. «Nella fase di programma-
zione che stiamo avviando – di-
ce Andrea Massari - è
sicuramente necessario armo-
nizzare i diversi strumenti (la
misura investimenti del Piano
nazionale di sostegno con le mi-
sure investimenti dei Psr, ad
esempio e la nuova misura sul-
l’innovazione) ».
Un futuro imminentePer questo ladirezione generale
Agricoltura della Regione Lom-
bardia, di cui Massari fa parte
ha organizzato il Convegno “Il
futuro del settore vitivinicolo tra
politiche pubbliche e strategie
di filiera” che si è tenuto lo scor-
so 3 luglio presso la Sala Marco
Biagi del Palazzo Lombardia a
Milano. Il Mipaaf ha infatti ri-
modulato proprio in questi gior-
ni (Decreto ministeriale 4021
del 7 luglio, in attesa di pubbli-
cazione sulla Gazzetta Ufficia-
le) la ripartizione dei fondi per
la seconda programmazione
2014-2018 del Piano naziona-
le di Sostegno collegato all’Ocm
unica. Rispetto alla prima ripar-
tizione (nota prot. 1834 del 1°
marzo 2013 trasmessa alla
Commissione Europea e D.M.
3525 del 21 maggio 2013) il
nuovo decreto tiene conto delle
esigenze di riallocazione dei
fondi tra le varie misure avanza-
te dalle Regioni per tenere con-
to delle effettive esigenze terri-
toriali e anche delle economie
di spesa che si sono realizzate
nel corso dell’ultimo anno. «I
criteri di ripartizione – spiega
Annamaria Diciolla del Mipaaf-
sono sostanzialmente gli stessi
degli anni precedenti con poco
più del 30% delle risorse desti-
nate alla Promozione nei mer-
cati terzi e più del 40% alla ri-
strutturazione e riconversione
dei vigneti (Tab.1)». La rimodu-
lazione tiene conto dell’alto nu-
mero di richieste presentate per
i capitoli del restyling vigneti e
degli investimenti (una misura
partita in sordina ma che ha re-
cuperato via via interesse nel
corso della precedente pro-
grammazione). Le risorse spo-
state su queste misure sono sta-
te sottratte da promozione, di-
stillazione e vendemmia verde,
ma nonostante ciò lo stanzia-
mento copre solo parte delle ri-
chieste, in particolare per la ri-
strutturazione vigneti (Tab.2).
Novità rimandatea data da destinarsiRimandata invece la partenza
delle misure inedite. «Il Reg.
Ue 1308/2013 – conferma Di-
ciolla – ha introdotto le nuove
azioni: di promozione sul mer-
cato interno, ristrutturazione
per motivi fitosanitari e dell’in-
novazione. L’Italia si è riservata
di applicare tali nuovi misure
nel prossimo futuro apportando
opportune modifiche al Pns».
Per ognuna di queste tre azioni
occorre infatti stabilire le dispo-
nibilità finanziarie, avviare i ta-
voli di confronto tra Governo-
Regioni e filiera e soprattutto in-
dividuare criteri di demarcazio-
Rimodulato il Pianonazionale di sostegnocon l’ampliamento deifinanziamentiper ristrutturazione deivignetie investimenti.Rimangono in stand byle novità dellapromozione sui mercaticomunitari,ristrutturazione permotivi fitosanitari einnovazione .Il ruolo dellaLombardia comebattistrada
Le denominazioni d origine inLombardia
PRIMO PIANO / MISURE Ue
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 15
ne per evitare sovrapposizioni
con altre disposizioni già in cor-
so d’attuazione. In particolare il
reimpianto per ragioni fitosani-
tarie è già previsto dagli articoli
22,23 e 24 della Dir. 2000/29;
la promozione sui mercati inter-
ni è “impallata” dal recente re-
golamento sulla promozione dei
prodotti agroalimentari, che tra
l’altro prevede quote di cofinan-
ziamento maggiori e più conve-
nienti per i produttori; l’innova-
zione si interseca invece con
l’analoga misura prevista dal pi-
lastro dello Sviluppo rurale (ex-
misure. 121 e 123, diventata
misura 4.1 nella nuova pro-
grammazione). Un intervento,
quello dell’innovazione che è
stato gestito in maniera partico-
larmente efficace proprio in
Lombardia. Superano infatti i
20 milioni di euro i contributi in
cofinanziamento erogati dal
“Pirellone” relativamente a
questo capitolo del Piano di Svi-
luppo rurale (quasi 18 milioni
per la misura 121, 4,8 per la
123) e questo solo per quanto
attiene il comparto vitivinicolo
secondo le cifre presentate da
Massari. Vigneti che nel periodo
2010-2013 hanno beneficiato
anche di altre misure sostenute
dal Psr (23 milioni per la produ-
zione integrata, 1,7 per la lotta
biologica, 3,9 di indennità
compensative).
La lista della spesain LombardiaLa fonte più sostanziosa per i
finanziamenti in favore dei viti-
vinicoltori è comunque quella
del Pns anche in Lombardia,
Regione che ha svolto spesso il
ruolo di battistrada per l’attiva-
zione di molte misure:
>>Promozione sui mercati dei
paesi terzi: dal 2009 sono stati
assegnati 9,8 milioni di euro e i
beneficiari sono cresciuti anno
dai 2 del 2008 ai 14 del 1024;
>>Regime di ristrutturazione e
riconversione dei vigneti: dal
2001 sono stati erogati 56,4
milioni di euro a quasi 6mila
beneficiari;
>> Vendemmia verde (solo sei
domande complessive in 4 an-
ni) e Assicurazione del raccolto
(14 milioni erogati, entrambe le
misure sono partite nel 2010);
>>Investimenti dal 2011, una
misura di cui la Lombardia ha
capito per prima le potenzialità,
assorbendo nel primo anno
d’applicazione quasi un quarto
delle risorse complessive nazio-
nali (1,6 milioni su 6,5).
Investimenti semprepiù gettonati«Si tratta di una misura – com-
menta Diciolla – che ha progres-
sivamente attratto l’interesse
degli operatori del settore, fino
ad essere considerata fonda-
mentale per migliorare la com-
petitività, con tipologie di attivi-
tà differenziate».
In Lombardia questa misura è
stata destinata a sei azioni: so-
stegno per l’acquisto di barri-
que e altri recipienti per l’invec-
chiamento del vino; acquisti di
macchine per movimentazione
in cantina; costruzione e ristrut-
turazione uffici aziendali; dota-
zioni per uffici; allestimento
punti vendita al dettaglio; crea-
zione e aggiornamento siti in-
ternet finalizzati all’e-commer-
ce.
PromozionemultidirezionaleUna multidirezionalità che tro-
va conferma anche nella misura
della promozione sui mercati
terzi. Nell’analisi della spesa
per Paese dei progetti finanziati
nel 2013/14 gli Stati Uniti con-
tinuano infatti a fare la parte del
leone, ma l’incidenza totale è
scesa sotto al 50% a fronte di
un aumento dei progetti desti-
nati a Giappone (15%), Cina
(11%), Canada (5%), Svizzera
e America Latina. Un equilibrio
che dovrebbe essere conferma-
to anche nel 2014/15, annuali-
Tab. 1- Seconda programmazione del PNS VINO 2014-18 (milioni di euro)
annualità Totale 2014-2018 Quota
Promozione mercati terzi 102 510 30,30%
Ristrutturazione e riconversione 140 700 41,50%
Fondi di mutualizzazione 0 0 -
Assicurazione del raccolto 20 100 5,90%
Vendemmia verde 10 50 3,00%
Investimenti 45 225 13,40%
Distillazione sottoprodotti 20 100 5,90%
Totale 337 1.685,00 100,00%
Fonte: Mipaaf
PRIMO PIANO / MISURE Ue
16 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
tà in cui non è prevista la pre-
sentazione di progetti sulla quo-
ta nazionale perché i fondi del
Ministero per questa e la pros-
sima annualità sono stati tutti
impegnati in progetti plurienna-
li. Il Mipaaf ha quindi quantifi-
cato in circa 10 milioni di euro
la riserva per i progetti multire-
gionali e la dotazione finanzia-
ria per la Regione Lombardia è
in linea con quella dello scorso
anno : circa 3,4 milioni. Il pas-
saggio da una fase di program-
mazione all’altra non risparmia
però preoccupazioni ai produt-
tori anche in questo capitolo di
spesa.
I timori dei produttori«È necessario –è il pensiero di
Silvano Brescianini, del Consor-
zio Franciacorta, espresso nel
corso della tavola rotonda che
ha chiuso la giornata di conve-
gno – che non ci sia discontinui-
tà con le azioni di promozione in
atto. Per riuscire a consolidare
le nostre quote di mercato ser-
vono almeno 10 anni di azioni
di marketing». «Preoccupa sen-
Partita aperta sui diritti d impia nto non utilizzati
Dalla temuta liberalizzazione al rischio di
totale ingessamento? Il sistema dei diritti
d’impianto per le produzioni a denomina-
zione protetta è da tempo nel mirino dei
legislatori comunitari. Il Reg. 1308/13
(Ocm Unica) ha introdotto, a partire dal 1
gennaio 2016 il nuovo sistema di autoriz-
zazioni che dovrebbe durare fino al 2030.
Tutto a posto dunque? Niente affatto.
Annamaria Diciolla ha spiegato al conve-
gno di Milano come la partita sui due
schemi di regolamento (di atto delegato e
di esecuzione) che riguardano i criteri e le
procedure da adottare a livello nazionale
per il rilascio delle autorizzazioni sia tut-
t’ora in corso.
«Il nodo principale - ha detto - riguarda la
trasferibilità dei diritti e la loro trasforma-
zione in autorizzazioni». In particolare il
testo preparato dalla Commissione per
l’atto di esecuzione ha introdotto il divieto
di trasferimento dei diritti di impianto an-
cora in possesso dei produttori e ricono-
sciuti validi fino a naturale scadenza.
«Una previsione che non appare giustifi-
cata né dal mandato dell’atto di esecuzio-
ne dal Reg. sull’Ocm unica».
Questo divieto è in contrasto con il princi-
pio di flessibilità garantita agli Stati mem-
bri, rischia di arrecare danni patrimonali
alle aziende e può creare ostacoli all’ uti-
lizzo di questi diritti di reimpianto che
rientrano nel patrimonio viticolo italiano.
Al momento attuale i diritti presenti nel
portafoglio delle aziende ammontano a
oltre 48.000 ettari (più del 7% del vigne-
to Italia). Un problema particolarmente
grave in Sicilia (16mila ettari), Emilia-Ro-
magna (4mila), Puglia (3mila), mentre la
Lombardia è la regione più virtuosa, prati-
camente senza titoli inutilizzati.
A Bruxelles l’Italia si è fortemente oppo-
sta a questa proposta di anticipato pen-
sionamento e ha proposto altre soluzioni:
l’applicazione di criteri di priorità a livello
regionale;- maggiore flessibilità nelle da-
te di presentazione e rilascio delle auto-
rizzazioni all’impianto.
La partita si riapre in questo meso di lu-
glio, ma probabilmente sarà chiusa solo
con la definitiva operatività della nuova
Commissione Ue.
Le schermaglie però vanno avanti anche
per quanto riguarda l’atto delegato, che
prevede ulteriori criteri di eleggibilità e di
priorità nella selezione delle domande di
autorizzazione. «Su questo punto le pro-
poste portate avanti dalla delegazione ita-
liana puntano a favorire: -l’agricoltore at-
tivo (definito all’art. 9 del Reg. Ue
1307/13); -l’agricoltore che non ha ridot-
to la propria superficie vitata a seguito del
trasferimento di diritti negli ultimi 5 anni;
- l’agricoltore che non ha ricevuto un pre-
mio all’estirpazione negli ultimi 10 anni.
Altra partita decisiva- conclude Diciolla -
riguarda l’obiettivo di una maggiore fles-
sibilità nelle decisioni degli Stati Mem-
bri». Lo.To.
Tab. 2 - Rimodulazione PNS vino 2014/18 (milioni di euro)
Richiesto Rimodulato Quota
Promozione mercati terzi 85,7 85,7 25,43%
Ristrutturazione e riconversione 272,4 150,1 44,56%
Fondi di mutualizzazione 0 0
Assicurazione del raccolto 20 20 5,93%
Vendemmia verde 1,1 1,1 0,33%
Investimenti 79,5 65 19,29%
Distillazione sottoprodotti 15 15 4,45%
Totale 463,7 336,9 100%
Fonte: Mipaaf su dati Agea. Situazione delle richieste al 30 giugno 2014
PRIMO PIANO / MISURE Ue
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 17
tir parlare – dà manforte Giu-
seppe Liberatore del Consorzio
del Chianti Classico – di azioni
di promozione limitate a polian-
nualità di 3 o 3+2. Il Chianti ha
una lunga esperienza all’estero:
servono azioni più durature, so-
prattutto per fare crescere mer-
cati recenti come quello Cine-
se». Carlo Veronese, del Consor-
zio Lugana, sottolinea invece
l’importanza dei programmi di
promozione interregionali. «La
nostra – dice- è una Doc a caval-
lo tra la Lombardia e il Veneto
ed è quella che registra il mag-
giore tasso di crescita sia nel
prezzo delle uve, grazie ad
un’attenzione crescente del
mercato, sia nelle produzioni, e
questo grazie ai contributi per le
ristrutturazioni dei vigneti, visto
che l’areale non è certo cresciu-
to negli ultimi anni». «E anche
grazie alle misure del Psr a so-
stegno all’Innovazione – com-
menta Mamete Prevostini di
Ascovilo e del Consorzio vini
della Valtellina -, che cresce an-
che in una zona piccola ed
“eroica” come la nostra, carat-
terizzata da elementi tradizio-
nali caratteristici come i muretti
a secco. La possibilità di mette-
re insieme i piccoli produttori
attraverso consorzi mirati con-
sente di interloquire con i centri
di ricerca, ottenendo risposte
concrete in grado di ridurre, ad
esempio il fabbisogno di ore di
manodopera».
Fare fronte comune«La condivisione – afferma Ser-
gio Valentini di Unioncamere
Lombardia– la capacità di fare
fronte comune è la caratteristi-
ca che in questa Regione fa la
differenza, sia nelle politiche di
sostegno al comparto enologico
che nella promozione. Basti
pensare che al Vinitaly la Lom-
bardia è la Regione con la più
forte “concentrazione”, con il
95% dei produttori presenti
nello stand regionale». Secon-
do Valentini le politiche di pro-
mozione dovrebbero: accompa-
gnare gli scenari qualitativi, in-
coraggiare la presenza sui
mercati esteri, ma anche soste-
nere i consumi interni. La pre-
occupazione maggiore per i pro-
duttori - lombardi e no - è però
legata ad all’altra decisiva parti-
ta che si sta giocando tra Stra-
sburgo e Bruxelles: quella del
nuovo sistema autorizzativo per
gli impianti viticoli (riquadro a
pag.16). «Da una parte – obiet-
ta Filippo Novelli, del consorzio
dell’Oltrepo – si proclamano
azioni per favorire le piccole
aziende anche con azioni che
favoriscono la condivisione,
dall’altra si forza la mano con
azioni non motivate come l’as-
segnazione dei diritti per i paga-
menti diretti anche per il vigne-
to (per un ammontare minimo)
e una sovrapposizione di com-
petenze pubblico-private nella
gestione delle nuove autorizza-
zioni d’impianto. Azioni che ri-
schiano solo di aumentare il ca-
rico burocratico per imprese e
Consorzi». «La partita è ancora
aperta – commenta Liberatore –
il sistema delle autorizzazioni è
sicuramente migliore rispetto
alla liberalizzazione selvaggia
che paventava Bruxelles. Biso-
gna lavorare affinchè non pre-
valgano alcune forzature che ri-
schiano di vanificare, soprattut-
to per le denominazioni più
note, l’equilibrio faticosamente
raggiunto in anni di lavoro».
I dubbi dei decisoriObiezioni che testimoniano co-
me il futuro del vigneto lombar-
do, italiano ed europeo sia tut-
t’altro che sicuro. La program-
mazione 2014-2020 è ormai
ad uno stadio avanzato, ma l’ef-
fetto combinato dell’azione for-
zatamente riformatrice (e uni-
formatrice) della politica agri-
cola europea, combinata con gli
inaspettati ritardi e fraintendi-
menti connessi con il nuovo
meccanismo di codecisione tra
Strasburgo e Bruxelles lascia
aperti numerosi interrogativi,
sintetizzati a Milano da Andrea
Massari:
>> nella programmazione
2015-20 alle superfici a vigne-
to saranno assegnati i diritti per
i pagamenti diretti, ha senso?
>> finora i vari interventi finan-
ziari sul settore sono tenden-
zialmente stati fatti dai singoli
mentre la nuova programmazio-
ne punta molto su progettualità
di tipo comprensoriale, il setto-
re è pronto ad andare in questa
direzione?
>> il passaggio dal regime dei
diritti vitivinicoli alle autorizza-
zioni che effetti avrà? Sarà suffi-
ciente alla regolazione del set-
tore o bisognerà pensare ad altri
strumenti?
>> le misure di promozione pre-
viste dalle attuali normative ri-
spondono alle esigenze del set-
tore? Riescono a trasmettere le
peculiarità di un territorio e di
una produzione che qualche
volta potrebbe apparire troppo
frammentato, ovvero, per la re-
altà lombarda, garantiscono la
promozione di 42 diverse deno-
minazioni?
Lo stop improvviso degli interscambi internazionali
Punto di flesso per gli scambi internazionali di
vino. Cresciuto ininterrottamente a partire dai
primi anni ‘90 (effetto della liberalizzazione
innescata dagli accordi Wto), ma risultato in
flessione del 2% in volume nel 2013. «Un
anno caratterizzato - ha spiegato a Milano Tizia-
na Sarnari di Ismea -. da un aumento dei listini
medi internazionali che ha colpito soprattutto i
vini di fascia bassa di prezzo, cioè i vini comuni
sfusi. Tanto che gli scambi internazionali in
valore hanno registrato invece un balzo in avan-
ti del 2% della spesa corrispettiva che ha supe-
ratocomplessivamente i 25 miliardi di euro».
Tutto l’opposto di quello che sta capitando nel
2014, alla luce della maggior produzione della
vendemmia 2013 soprattutto a livello dei Paesi
Ue, e con le quotazioni di inizio 2014 in deciso
ribasso. Il rallentamento degli scambi è così
continuato anche nei primi tre mesi del 2014:
-2% volumi e un -3% in valore. «Significa che
le importazioni non riprendono nemmeno con
l’abbassamento dei prezzi medi, ma l’Italia
sembra essere in controtendenza, con un au-
mento dei valori». In questo contesto conviene
tenersi strette le azioni cofinanziate di promo-
zione sui mercati esteri. Lo.To.
ATTUALITÀ / TENDENZE
18 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
L’EXPORT PUÒ ANCORA CRESCEREMA LA SFIDA È SULLE NOSTRE TAVOLEdi Lorenzo Tosi
Il vino celebra il record
dell’export (5 mld di fat-
turato nel 2013) ma il
consumo in Italia è di 40 litri
pro-capite (un terzo di quanto
si beveva 40 anni fa) ed entro
10 anni siamo destinati a
scendere a 35. Le aziende viti-
cole italiane sono 700mila,
con una superficie media at-
torno a un ettaro. Tra 20 anni,
se non cambia il quadro tecni-
co e commerciale, saranno
probabilmente la metà. I nu-
meri non mentono e mostrano
quali siano le sfide vinte e i
problemi ancora da superare
per il vino italiano.
Per questo, per il 69° Congres-
so nazionale che si è tenuto dal
1 al 4 giugno presso la Comu-
nità di San Patrignano (Rimi-
ni), Assoenologi ha organizzato
un serrato confronto, moderato
da Bruno Vespa, sulle strategie
per vincere le sfide di domani.
«Del resto, qual è la missione
di noi enologi?». Il quesito di
Riccardo Cotarella, rivolto agli
oltre 800 soci presenti al Con-
gresso, non prevedeva risposte
affrettate. «Non dite “fare vini
buoni”: è scontato per dei pro-
fessionisti». Secondo il presi-
dente di Assoenologi, in un
contesto di crescente competi-
tività, la sfida più importante è
quella di “conoscere e di far
conoscere”.
Meno vigneti e menoaziende. Effettoinevitabile se non sispezza la spiraledel calo del consumointerno.Le strategieper consolidarela competitivitàal centro del 69°Congresso Assonologidi San Patrignano
Riccardo Cotarella.
Giuseppe Martelli.
ATTUALITÀ / TENDENZE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 19
Ovvero: non si può aspirare a
vendere i nostri vini se non si
conoscono le strategie dei con-
correnti e le abitudini culina-
rie, la storia, la cultura religio-
sa dei consumatori dei diversi
mercati. «Quanti sanno ad
esempio che in Israele il 2014
è, per questioni religiose, un
anno di riposo per la vite? I
Francesi si stanno attrezzando
per dissetare nel 2015 gli isra-
eliani con vino kosher: oppor-
tunità come queste vanno col-
te anche in Italia».
La variabile prezzoAnche in nuovi mercati come la
Cina: a San Patrignano Zhou
Xiao Yan, esportatrice di spicco
attraverso la società Huaxia di
cui è presidente, ha portato la
buona notizia della crescita, a
lungo attesa, dell’export di vino
italiano in Cina (+9% nei primi
tre mesi dell’anno) mentre
quello francese cala (-7%).
Una crescita legata proprio a
una migliore conoscenza della
nostra qualità. In Germania in-
vece è la variabile prezzo ad
incidere maggiormente. «È uno
dei nostri sbocchi preferenziali
– ha detto l’esportatore France-
sco Sorrenti-
no –. Ma è an-
che il Paese
più attento al
rapporto qua-
lità-prezzo e
questo ci crea
difficoltà a
contrastare
soprattutto la
Spagna, ca-
pace di posi-
zionare eti-
chette “di-
gnitose”
attorno a 7 euro/bottiglia (circa
2,3 € alla cantina)».
Una rincorsa sui prezzi che non
convince Oscar Farinetti. Pro-
prietario di
Fontanafred-
da, la maggio-
re azienda vi-
ticola delle
Langhe e ide-
atore di “vino
libero”, Fari-
netti è anche
fondatore di
Eataly, una
catena che,
con 15 punti
vendita in tut-
to il mondo, è
tra le principali esportatrici
dell’italian lifestyle. «Biodiver-
sità, “pulizia” e qualità ha det-
to – sono i punti di forza delle
nostre produzioni. Per questo
la “distintività” deve essere il
primo ingrediente da curare.
Con la semplice mossa di un
unico marchio “Italia” possia-
mo crescere di 20 punti sbara-
gliando tutti i falsi e le imitazio-
ni». «È l’abbinabilità – ha ag-
giunto Ettore Nicoletto, di
Santa Margherita – il vero tratto
distintivo del nostro vino che
gli consente di essere impiega-
to non solo nella nostra cucina
ma anche in quella asiatica».
Santa Margherita è tra i batti-
strada dell’export di vino e Ni-
coletto in Romagna ha afferma-
to che l’obiettivo di crescere di
un ulteriore 50% all’estero, co-
me auspicato allo scorso Vini-
taly dal primo ministro Matteo
Renzi, sia un obiettivo possibi-
le e ha posto il traguardo del
2020 per realizzarlo.
Intesa bipartisanNe è convinto anche Massimo
D’Alema, neo produttore di vi-
no (questo è il primo anno di
produzione di La Madeleine,
l’azienda zootecnica umbra,
poi convertita alla vite, che ha
rilevato nel 2009). «Gli spazi
per crescere all’estero ci sono –
“Sanpa” - I miracoli si conquistano
«L’Italia non è la naturale erede del mira-
colo di Canaan, i miracoli occorre saper-
seli conquistare, come succede qui a San
Patrignano». L’unico posto dove si posso-
no incontrare, secondo Riccardo Cotarel-
la, i due fattori chiave per il successo di
qualsiasi iniziativa: 1- la ricerca esaspe-
rata della perfezione; 2 – l’empatia, la
passione, il cuore dell’esperienza propul-
siva di recupero personale di “Sanpa”,
come lo chiamano i suoi ospiti.
Un’esperienza che il presidente di Assoe-
nologi conosce bene. La sede del 69°
Congresso di Assoenologi è stata infatti
scelta dalla sezione romagnola, presiedu-
ta da Pierluigi Zama (enologo di Cevico).
Un’opzione a cui non è stato estraneo
Cotarella che da 17 anni è un apprezzato
collaboratore della Comunità. « La canti-
na e la vigna – dice – diventano qui il
mezzo, quasi il pretesto, che riesce a por-
tare al recupero della dignità e del ruolo di
persone salvate dall’autodistruzione che
qui, grazie alla condivisione, riescono a
costruirsi una solida reputazione profes-
sionale».
Come testimonia anche la continua cre-
scita della cantina della Comunità arrivata
a produrre nel 2013, 250mila bottiglie di
qualità, per il 50% esportata nei mercati
di tutto il mondo, con etichette apprezzate
e premiate come Avì, Sangiovese Riserva
dedicato al fondatore e Montepirolo, un
uvaggio bordolese a base di Cabernet sau-
vignon, Merlot e Cabernet franc.
Massimo D Alema. Oscar Farinetti.
Maria Letizia Moratti.
ATTUALITÀ / TENDENZE
20 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
ha detto – visto che il mercato
del vino nel mondo non arriva a
60 miliardi di euro, mentre una
bibita come la Coca Cola da
sola supera i 110 miliardi». La
ricetta di D’Alema parte da una
giusta attività di promozione e
da un rinnovato spirito di squa-
dra. «Dobbiamo collaborare
con la Francia – ha detto – per
contrastare la demonizzazione
del consumo di vino». Anche
perché, come ha ricordato, Ita-
lia e Francia sono sempre ai
vertici degli indici predisposti
dall’Onu per misurare il benes-
sere nazionale, «un primato a
cui non può essere estraneo un
consumo moderato di vino».
Una riabilitazione del vino ri-
chiesta anche da Letizia Mo-
ratti, che a San Patrignano
svolge il ruolo di padrona di ca-
sa, visto che sostiene e ammi-
nistra da anni assieme al mari-
to Gianmarco la Comunità fon-
data da Vincenzo Muccioli.
«Occorre fare attenzione – ha
ammonito – agli accostamenti
che si fanno in questi giorni tra
droghe leggere e vino, un pre-
testo per una facile depenaliz-
zazione». «Il vigneto italiano
va salvaguardato – ha conti-
nuato –. Proprio qui a San Pa-
trignano ho imparato quanta
autostima e rispetto possa in-
segnare la cultura del vino».
Ma oltre a questo serve redditi-
vità: il vigneto italiano ha perso
per strada 276mila ettari, un
quarto della sua estensione so-
lo negli ultimi 20 anni.
Una valvola di sfogo«La nostra missione di coope-
rativa – ha detto Carlo Dalmon-
te di Caviro – è quella di valo-
rizzare il lavoro dei soci. La
produzione italiana è diminui-
ta, ma il consumo è calato di
più: l’export è una valvola di
sfogo obbilgata». Una valvola
che non tutti i produttori pos-
sono aprire. A San Patrignano
Giuseppe Martelli, direttore
generale di Assoenologi è stato
l’unico relatore che ha azzar-
dato una risposta alle pressanti
richieste di numeri e previsioni
da parte di Bruno Vespa. «Se
non interverranno variabili au-
spicabili – ha detto – come del-
le campagne di comunicazione
in grado di riavvicinare i giova-
ni alla cultura del vino, il con-
sumo interno è destinato a
scendere ancora. E l’effetto
sulle aziende si farà sentire: la
maggioranza non è in grado di
raggiungere i mercati esteri».
E a rischiare potrebbe così es-
sere la metà delle aziende viti-
cole.
VALORIZZAZIONE,L’ESEMPIO FRANCESEdi Lorenzo Tosi
Consolidare o distribui-
re valore? Il vino in
Italia è sempre più
economia, cultura e anche po-
litica. Un terreno di confronto
tra due modi differenti di in-
terpretare la missione del viti-
vinicoltore. «L’Italia ha tradi-
zione, territorio e cultura enoi-
ca – ha detto a San Patrignano
Domenico Zonin, presidente
Unione Italiana Vini – elemen-
ti che ci potrebbero consentire
di fare un balzo concentrando-
ci sui vini Doc e Docg, sacrifi-
cando la categoria del vino co-
mune». «Non ostinia-
moci – ha ammonito
Ruenza Santandrea di
Cevico – nell’abitudine
“provinciale” di guar-
dare solo al nostro Pae-
se: non è che se produ-
ciamo di meno, il prez-
zo si alza. Il vino oggi si
“travasa”, scorre da un
mercato all’altro e se
non produciamo abba-
stanza per soddisfare
le richieste di buon vi-
no al prezzo giusto, al-
tri competitor sapran-
Interprofessione egestione oculata (esenza campanilismi)dei terroirMeno vignetodà più valoreo è vero il contrario?Ecco su cosa si basal’equilibriodi Borgognae Champagne
ATTUALITÀ / TENDENZE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 21
no cogliere questa opportuni-
tà». «La sovraproduzione ha
causato problemi nel recente
passato – ha ricordato Lam-
berto Vallarino Gancia di Fe-
dervini –. La corsa del vino
italiano è partita grazie al rin-
novamento dell’Ocm che ha
spostato la barra dalle misure
di “distruzione” come le di-
stillazioni a quelle di promo-
zione sui mercati terzi». Una
contrapposizione che potreb-
be essere superata, prendendo
spunto dall’esperienza france-
se. Duecento anni di vantaggio
nelle strategie di valorizzazio-
ne si sentono tutti. La sensibi-
le differenza nel prezzo medio
tra Francia e Italia dipende in-
fatti tutta dalle performance
dei prodotti dei tre grandi ter-
ritori enologici transalpini:
Bordeaux, Borgogna e Cham-
pagne. Tre realtà che hanno
puntato su ingredienti molto
diversi per la loro storica affer-
mazione.
Reims docetL’interprofessione è, ad esem-
pio, l’elemento poco cono-
sciuto in Italia che ha consen-
tito allo Champagne di rag-
giungere un positivo
equilibrio che dura da oltre 70
anni. «Gli attori economici del
mondo dello Champagne – ha
riferito a San Patrignano
Thierry Gasco, direttore enolo-
go di Pommery– sono numero-
si: 265 negozianti, 85 nego-
zianti/distributori, 6.151
aziende agricole solamente
raccoglitrici e 45 cooperative.
Le marche dello Champagne –
ha aggiunto – sono 12.031,
impossibile conoscerle tutte».
Dal 1941 tutte queste catego-
rie professionali sono rappre-
sentate e organizzate all’inter-
no del Civc, il comitato inter-
professionale dello
Champagne, che difende gli
interessi comuni dei viticolto-
ri e delle grandi Maisons.
In questo modo lo Champagne
ha potuto mantenere il suo al-
to livello di qualità nonostante
la forte crescita produttiva che
a portato gli ettari della Aoc
dagli 11mila del 1950 agli at-
tuali 33.572 . Parallelamente
le bottiglie prodotte si sono
decuplicate, passando da 32 a
304 milioni.
Clòs e climatsAncora più significativa è
l’esperienza della Borgogna.
Semplice per quanto riguarda
i vitigni (praticamente solo Pi-
not noir e Chardonnay) ma
complessa nella gestione del
territorio. Qui la strategia si
appoggia infatti soprattutto
nella valorizzazione del terroir,
anche attraverso clòs e clima-
ts, parcelle di minime dimen-
sioni con precise caratteristi-
che pedoclimatiche. «Le de-
nominazioni – ha descritto la
consulente Nadine Gublin –
sono suddivise su 4 differenti
livelli che esprimono il carat-
tere e la diversità dei vini di
Borgogna, con 100 diverse
Aoc che costituiscono il 22%
delle denominazioni francesi
(si veda fig.)». Tra un Grand
Cru e la corrispondente deno-
minazione comunale la quota-
zione delle bottiglie può cre-
scere anche 10-15 volte (da
30 euro a 450). La strategia di
incentivare l’importante alter-
nativa del Crèmant de Bourgo-
gne (una sorta di concorrenza
casalinga per gli Champagne)
ha però prodotto l’interessante
effetto collaterale di innalzare
le quotazioni delle uve di Pinot
Noir borgognone e dei prezzi
delle denominazioni comunali
(mettendo d’accordo grandi e
piccoli produttori).
Fig. 1 - La piramide dei Borgogna
Tutti i vini di Borgogna sono Aoc (i nostri Doc). Oggi le denominazioni sono più di 100,un numero che mette in evidenza la diversità dei caratteri dei vini di questa zona
Vini rossi
Vini rosè
Crémantsde Bourgogne
Vini bianchi
57,3% 42,7%
42,7%57,3%
26% 0,3% 73,7%
51,3%15,4%1,6%
30,3%
57,3% 42,7%
42,7%57,3%
26% 0,3% 73,7%
51,3%15,4%1,6%
30,3%
Grands Crus:1,4% de la production totale33 AOCCharmes-Chambertin, Montrachet
Premiers Crus:10,1% de la production totale635 climats classés en Premiers CrusVolnay 1er Cru, Santenots; Chablis 1er Cru, Montmains
Appellations Villages:36,8% de la production totale44 AOCMercurey, Pouilly Fuissé
Appellations Régionales:51,7% de la production totale23 AOCBourgogne Rouge, Mâcon-Villages
ATTUALITÀ / TENDENZE
22 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
QUALI PROSPETTIVE “ROSÉ”PER IL NEGROAMARO(E NON SOLO)
di Stefano Sequino
Spesso sottostimati ri-
spetto alle reali poten-
zialità e qualità, in qual-
che caso poco considerati per-
ché ritenuti di incerta col-
locazione, a metà tra i vini rossi e
bianchi, i vini rosati invece, oltre
a possedere una precisa identi-
tà, rappresentano oggi anche
un’opportunità commerciale per
l’imprenditoria vitivinicola.
Infatti, in particolare negli ultimi
anni, l’evoluzione del mercato e
dei consumi testimoniano un’in-
teressante inversione di tenden-
za a favore dei rosé; i vini rosati
sono infatti sempre più conside-
rati e graditi dai consumatori e
rispondono ai pregiudizi e alla
poca informazione con ottime
performance enologiche.
Non a caso, a fronte della fles-
sione dei consumi di vino regi-
strata in Italia (così come in altri
paesi europei) nel corso dell’an-
no 2013 (-4% su base annua,
pari ad oltre 800 mila ettolitri),
quelli di vino rosato hanno regi-
strato – stando ai dati forniti dal-
l’Observatoire de l’economie du
rosé – una crescita pari a +13%.
Se n’è parlato anche al 3° Con-
corso enologico nazionale vini
rosati d’Italia che si è tenuto a
Otranto (-Le - si vedano articoli
nella rubrica “Manifestazioni”
di questa rivista).
In termini di volume, in Italia
ammonta a 4,5 milioni di ettoli-
tri di vino (il 10-12% della pro-
duzione complessiva) il bacino
rosé e di tale produzione quasi
2 milioni di ettolitri sono otte-
nuti in Puglia.
Particolarmente importante per
la realtà vitivinicola regionale il
Negroamaro dal quale si otten-
gono vini rosati che sintetizzano
la tipicità del vitigno ed il lega-
me con il territorio.
Le (diverse) faccedel NegroamaroProbabilmente di origine greca
ma di remota introduzione in Pu-
glia, il Negroamaro ha trovato
nel territorio d’elezione, le pro-
vince di Brindisi e Lecce (nel
quale rappresenta il 72% della
superficie vitata), le condizioni
ideali per una produzione enoica
di qualità strettamente legata al
Salento e alla terra d’Otranto.
Tra i diversi sinonimi utilizzati a
livello locale è anche conosciuto
come Uva Lacrima – nome che
gli deriva da una polpa partico-
larmente succosa – il Negroama-
ro (“niuru”, cioè nero e “maru”,
amaro) costituisce la base per la
produzione di diversi vini rossi
del Salento ma è frequente la
produzione di vini monovarietali
da uve Negroamaro vinificate in
purezza.
Dal rosso rubino al rosa chiaret-
to, è sempre più apprezzata an-
che l’altra faccia della varietà
Negroamaro, impiegata per pro-
duzione di vini rosati, una tipolo-
gia tradizionale e come tale rico-
nosciuta a livello territoriale da
diversi disciplinari di produzio-
ne Dop e Igp.
Negroamaro,il bacino Dop e IgpLa varietà Negroamaro può es-
sere impiegata per la produzio-
ne vitivinicola di 14 Dop e 8 Igp,
per lo più localizzate nella Re-
gione Puglia seppure le uve Ne-
groamaro possono contribuire
alla base ampelografica utile
per la produzione della Igp «Ba-
silicata» e delle Igp «Rotae» e
«Osco» o «Terre degli Osci»,
queste ultime con un’areale di
produzione nella Regione Moli-
se.
Sono diverse le produzioni terri-
toriali che possono rivendicare
In Puglia si ottengonoil 40% dei vini rosati,tipologia che registra(in controtendenza) unincremento deiconsumi interni
ATTUALITÀ / TENDENZE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 23
(anche in etichetta) la varietà
Negroamaro purché – impone la
normativa comunitaria – almeno
l’85% del vino sia stato ottenuto
dalle uve appartenenti alla varie-
tà indicata, come previsto per le
Doc «Brindisi», «Galatina», «Le-
verano», «Lizzano» e «Squinza-
no» così come per le produzioni
ad Indicazione geografica; rego-
la generale che invece trova
un’eccezione nel disciplinare di
produzione della Doc «Salice
Salentino» rosso o rosato: in
questo caso il contributo mini-
mo di uve Negroamaro (per l’in-
dicazione della varietà in eti-
chetta) deve essere almeno il
90%.
Nel caso della Doc «Negroamaro
di Terra d’Otranto», il nome della
varietà è invece inserita diretta-
mente nel nome protetto feno-
meno (quello del nome della va-
rietà inserita nei nomi registrati)
che in generale è stato osservato
anche dalla Commissione Euro-
pea che potrebbe rivedere la di-
sciplina comunitaria; anche in
tal caso, i vini atti a divenire Doc
«Negroamaro di Terra d’Otranto»
devono essere ottenuti da uve
provenienti da vigneti composti
in ambito aziendale, da Negroa-
maro per almeno il 90%. Anche
la Doc «Terra d’Otranto» rosato
prevede una base Negroamaro
minima del 70%
seppure non
sia prevista, in tal caso, la speci-
ficazione del vitigno in etichetta.
La riscossa dei rosé(e del Negroamaro)Stando ai numeri e alle tenden-
ze, i vini rosati rappresentano
oggi un’opportunità commercia-
le per le imprese vitivinicole; la
diversità dei rosé, nelle moltepli-
ci variazioni cromatiche tra i vini
rossi ed i bianchi, potrebbe rap-
presentare (contrariamente al
recente passato) un punto di for-
za in grado di contribuire al dina-
mismo commerciale a favore, tra
l’altro – e in controtendenza ri-
spetto al dato generale – dei con-
sumi domestici.
Nel contesto generale, il vino ro-
sato da uve Negroamaro rappre-
senta l’emblema di una diversità
che tende a valorizzare il com-
parto e il territorio di produzione;
innanzitutto, come altre va-
rietà autoctone, il Negroa-
maro resiste alla diffu-
sione dei vitigni in-
ternazionali,
fenomeno in
parte con-
nesso al-
sati (anche
spumanti e
frizzanti), tipolo-
gia ammessa dai
disciplinari di produzio-
ne dei diversi vini Dop e Igp.
E non potrebbe essere altrimen-
ti, visto che nel 1943 il primo
vino rosato ad essere imbotti-
gliato e commercializzato in Ita-
lia fu proprio ottenuto da uve Ne-
groamaro.
Anche grazie alle kermesse spe-
cializzate ed alle degustazioni
tematiche che mettono in primo
piano i rosati, tipologia di vino
potrebbe contribuire ad una ri-
scossa commerciale per le aree
vitivinicole che hanno scom-
messo sulle produzioni “en ro-
sé”; e hanno confermato questa
opportunità i risultati del terzo
Concorso nazionale dei vini Ro-
sati d’Italia, che a fine maggio
ha premiato i migliori vini rosati
(tranquilli, spumanti e frizzan-
ti), Dop e Igp, così come Ro-
séxpo, il primo Salone interna-
zionale dei vini rosati organizza-
to da deGusto Salento,
un’associazione di produttori
Negroamaro, e l’Italia in Rosa di
Moniga del Garda (BS).
La sfida è poter rivalutare i viti-
gni autoctoni, come il Negroa-
maro, sviluppando misure con-
crete per incoraggiare la loro col-
tivazione ma anche sostenere e
promuovere la conoscenza dei
vini ottenuti da queste varietà,
compresi i rosati.
l’omologazione
dell’offerta enoica.
In secondo luogo, le
uve Negroamaro, impiegate
anche per l’ottenimento di vi-
ni rossi, trovano sempre più
spazio commerciale e soddisfa-
zione quando si parla di vini ro-
ATTUALITÀ / TENDENZE
24 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
PROMOZIONE VININEI PAESI TERZI, COSÌ NON VAdi Stefano Sequino
Nell’ambito della pro-
grammazione 2009-
2013 delle misure di
sostegno previste dall’OCM vi-
no, la promozione dei vini sui
mercati dei Paesi terzi ha ri-
scosso particolare successo, in
termini di adesioni, contributi
stanziati ed erogati, sia a livello
UE che nazionale.
Tra l’altro, il Regolamento (CE)
1308/2013 non soltanto ha
confermato la promozione dei
vini nel periodo 2014-2018
ma anzi l’ha “potenziata” me-
diante l’introduzione, rispetto
alla precedente versione, della
possibilità di cofinanziare (ac-
canto ai progetti diretti ai mer-
cati extra UE) anche iniziative
attuabili a livello comunitario,
seppure con strumenti e con
una diversa strategia in grado
di differenziare gli ambiti di ap-
plicazione dei due macro-mer-
cati, UE ed extra UE (Terra e
Vita n. 5/2014).
La questione tuttavia – sotto il
profilo dell’efficacia del soste-
gno UE – è stata valutata dalla
Corte dei Conti Europea che ha
svolto un audit in Italia, Fran-
cia, Spagna, Portogallo e Au-
stria che “assorbono” il 95%
del budget UE destinato alla
promozione dei vini sui mercati
dei Paesi terzi; e nel rapporto
9/2014, redatto a seguito del-
l’audit, emergono valutazioni
La Corte dei Conti UEritiene non efficientel’impiego dei fondidestinati allapromozione. Anche sel’export 2009-2012ha fatto registrarenumeri da record.
Il bando per i progetti 2014/2015
Novità sul limite minimo di spesa e monitoraggio dei progetti,
con un sguardo a Expo Milano 2015
Alcune innovazioni introdotte dal nuovo bando per le iniziative
promozionali nei paesi terzi per la campagna 2014/2015, il cui
termine di presentazione è il 25 luglio, sembrano tenere conto
delle indicazioni della Corte dei Conti Europea (ma il decreto 26
maggio 2014 è antecedente al pronunciamento della Corte).
L’esaurimento del plafond nazionale per i progetti degli anni
scorsi ha portato ad una ripartizione della quota di spettanza
regionale, pari al 70% (71.397.900 euro) (tabella 1).
Quasi la metà del budget è assegnato alle Regioni Veneto
(16,5%), Sicilia (11,2%), Toscana (10,4) e Piemonte (10%)
considerando che i relativi comparti regionali soddisfano – se-
condo i dati Ismea – oltre il 50% della produzione nazionale
potenzialmente rivendicabile Dop e Igp.
Tra le novità è da segnalare quella di aver eliminato il limite minimo
di investimento pari a 100.000 euro, ostacolo soprattutto per le
piccole e medie imprese vitivinicole che oggi dovranno invece
tenere in considerazione – come importo massimo della spesa
ammissibile – il limite del 20% rispetto del volume d’affari riferito
al fatturato 2013; una novità che consentirà alle PMI un più
agevole accesso agli aiuti previsti dal PNS e che, tra l’altro, potrà
incentivare l’aggregazione in associazioni temporanee o reti d’im-
presa, utili anche per raggiungere la soglia limite di vino destinato
all’export che, in ogni caso, non potrà essere inferiore del 5%.
Così come sono state depennate, tra le voci di spesa ammissibili,
quelle relative alla misurazione dei risultati che – incrementate
sino al 4% dei costi effettivi – rientrano nel nuovo bando tra le
spese generali e di gestione del progetto.
Per quanto riguarda l’impatto della misura, è evidente che la
promozione dei vini rimane, anche nell’impostazione della nuova
Ocm, un’iniziativa determinante per cercare di incrementare la
competitività e la capacità commerciale delle imprese vitivinico-
le dell’Unione.
E non a caso rientra tra le azioni previste dal Piano Nazionale di
Sostegno (PNS) che hanno riscosso maggior successo in termini
di adesioni e contributi, stanziati ed erogati a livello nazionale;
ne è la dimostrazione, tra l’altro, l’evoluzione positiva che, dalla
prima applicazione della misura, ha accompagnato l’export dei
vini Made in Italy nei paesi extra-UE e che, negli ultimi anni e
nonostante la crisi, ha fatto registrare interessanti performance
sia in termini di volumi che di fatturato.
Stando alle regole del bando 2014/2015, rimane invariato
l’obiettivo della promozione proiettata oltre i confini dell’UE ma
si attende, come stabilito dal nuovo PNS 2014-2018, la possibi-
lità di poter finanziare – seppure con diverse regole e criteri
rispetto all’impostazione extra UE – anche i progetti sul mercato
europeo; e al riguardo sarà importante poter prevedere gli effetti
che le limitazioni promozionali imposte a livello UE (connesse al
comparto Dop e Igp e al consumo responsabile dei prodotti
vitivinicoli) potranno avere sulla portata e sull’efficacia dei pro-
getti. S.S.
ATTUALITÀ / TENDENZE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 25
di sistema ma anche criticità e
raccomandazioni, utili per mi-
gliorare l’impatto e l’efficacia
della promozione.
Nel rapporto, la Corte dei Conti
UE si pone delle domande, di
per sé piuttosto significative:
“il sostegno dell’UE agli inve-
stimenti e alla promozione nel
settore vitivinicolo è gestito in
maniera soddisfacente e il suo
contributo alla competitività
dei vini dell’Unione è dimostra-
to?”. E, riguardo alla promozio-
ne dei vini: “La misura di pro-
mozione è concepita in manie-
ra appropriata e attuata in
modo efficiente?”.
Criticità sotto la lentedella Corte dei ContiUna delle questioni sollevate
fa riferimento alla concessio-
ne degli aiuti destinati alla
grande imprenditoria vitivini-
cola (tra l’altro in alcuni casi
già presente nei Paesi terzi
tramite partner locali, distri-
butori o reti commerciali), no-
nostante l’intento del legisla-
tore sia quello di privilegiare
invece le PMI; secondo la Cor-
te dei Conti UE, infatti, per
tali imprese non sarebbe evi-
dente la necessità di un soste-
gno che peraltro incentiva la
riduzione del proprio budget
che potenzialmente potrebbe
finanziare le misure di promo-
zione.
In altri casi è stato evidenziato
che i fondi UE destinati alla
promozione dei vini nei Paesi
terzi sono investiti più per raf-
forzare le quote di mercato esi-
stenti che per conquistarne (o
recuperarne) di nuove, con il
rischio che il sostegno UE vada
a finanziare, almeno parzial-
mente, i costi di esercizio che
comunque l’impresa benefi-
ciaria avrebbe dovuto sostene-
re; in altri termini, l’audit ha
rilevato che in diversi casi le
iniziative di promozione (finan-
ziate con il sostegno UE) sareb-
bero comunque state intrapre-
se anche in assenza dell’aiuto
previsto dal programma di so-
stegno.
Tra l’altro, il consolidamento
del mercato mediante azioni di
promozione – obiettivo non am-
missibile dalla misura – a pare-
re della Corte dei Conti UE sa-
rebbe stato incentivato dalla
doppia modifica del Regola-
mento (CE) 555/2009, che ini-
zialmente prevedeva la conces-
sione dell’aiuto per non più di
tre anni in un Paese terzo e che
invece attualmente prevede la
possibilità di prorogare il termi-
ne triennale allungando di fatto
il periodo – per ciascun periodo
di programmazione – di ulterio-
ri due anni; in altre parole, è
possibile che un’impresa vitivi-
nicola che già abbia ricevuto il
sostegno nel periodo di pro-
grammazione 2009-2013 pos-
sa rinnovare le proprie azioni di
promozione (nello stesso Paese
terzo) anche nella programma-
zione 2014-2018.
Export e promozionedei vini, sarà un caso?!Al termine dell’audit, la Corte
dei Conti UE – nel raccoman-
dare azioni di miglioramento
dell’efficacia – ha concluso
che non è sempre dimostrato
l’impatto della misura di pro-
mozione dei vini sui mercati
dei Paesi terzi sulla competiti-
vità dei vini dell’UE.
E questo nonostante i numeri
dell’export dei vini nei Paesi
extra UE che, dal 2009 (anno
di prima applicazione della
promozione dei vini sui mercati
dei Paesi terzi), hanno registra-
to un notevole incremento.
Stando ai dati forniti dal rap-
porto 9/2014, infatti, tra il
2005 e il 2008 le esportazio-
ni di vino dell’UE-27 sono au-
mentate del +28% a fronte di
una crescita dell’export pari a
+64% registrato tra il 2009 e
il 2012, cioè durante il perio-
Regione o Provincia autonomaDotazione
finanziaria (€)Ripartizione (%)
Piemonte 7.111.383 10,0
Valle d Aosta 137.021 0,2
Lombardia 3.421.992 4,8
Bolzano 914.015 1,3
Trento 1.966.348 2,8
Veneto 11.796.633 16,5
Friuli-Venezia Giulia 2.738.985 3,8
Liguria 229.016 0,3
Emilia-Romagna 6.794.366 9,5
Toscana 7.458.790 10,4
Umbria 1.334.560 1,9
Marche 1.677.584 2,3
Lazio 1.965.333 2,8
Abruzzo 2.924.273 4,1
Molise 417.708 0,6
Campania 1.941.932 2,7
Puglia 6.557.203 9,2
Basilicata 384.168 0,5
Calabria 829.374 1,2
Sicilia 8.865.456 12,4
Sardegna 1.958.732 2,7
TOTALE 71.397.900 100
Nota: per questa annata non è stato assegnato nulla dal plafondnazionale, pari al 30%, a causa dell’esaurimento dei fondi negli anniprecedenti.
Tab. 1 – Ripartizione del fondo quota regionale relativo aiprogetti di promozione per la campagna 2014/2015(l’importo totale non comprende il fondo quota nazionalepari a € 30.599.100)
ATTUALITÀ / TENDENZE
26 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
do di attuazione della misura
di promozione dei vini.
Ma l’analisi della Corte dei
Conti UE ha evidenziato che
l’incremento dell’export non è
attribuibile in via esclusiva alla
promozione prevista dal pro-
gramma di sostegno ma anche
all’evoluzione del contesto
commerciale, allo sviluppo del
settore vitivinicolo in ambito
extra UE, così come all’anda-
mento dei consumi e di alcuni
mercati (come quelli d’Orien-
te) che più di altri hanno favori-
to il commercio estero della
produzione enoica europea.
Non a caso, l’attuale crescita
delle esportazioni di vino sa-
rebbe causata da pochi big
spender come, ad esempio, la
Cina, mercato nel quale i con-
sumi di vino dal 2007 al 2012
sarebbero aumentati, secondo
il rapporto 9/2014, di quasi 4
milioni di ettolitri con un salto,
in termini di valore, pari a
+280%.
In ogni caso, anche per quanto
riguarda il vino Made in Italy, il
commercio estero dei vini nei
Paesi extra UE ha fatto regi-
strare – nello stesso periodo
2009-2012 – interessanti per-
formance sia in termini di volu-
mi (+30%) che di fatturato
(+48%) a favore, in particolar
modo, di Stati Uniti e Canada.
Fermo restando che alcune os-
servazioni della Corte dei Conti
UE dovranno essere spunto di
riflessione e di miglioramento
del sistema di finanziamento
per la misura di promozione
dei vini sui mercati dei Paesi
terzi, l’ultimo bando di invito
alla presentazione dei progetti
(previsto dal decreto ministe-
riale 26 maggio 2014, si veda
riquadro) ha di fatto affrontato
la questione dell’accesso al so-
stegno da parte delle PMI: è
stato eliminato, infatti, il limi-
te minimo di investimento pari
a 100.000 euro, il ché consen-
tirà alle PMI un più agevole ac-
cesso al sostegno previsto dal
Piano Nazionale di Sostegno
(PNS) che invece dovranno te-
nere in considerazione, come
importo massimo della spesa
ammissibile, il limite del 20%
rispetto del volume d’affari ri-
ferito al fatturato 2013.
ATTUALITÀ / CONSORZI
28 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
QUATTRO NUOVI INCROCISELEZIONATI A SAN MICHELEE GESTITI DA CIVIT
di Carlo Bridi
Ivivaisti viticoli del Trenti-
no sono una realtà econo-
mica di tutto rispetto nel
panorama agricolo. Con i sui 13
milioni di innesti talea il Trenti-
no si trova infatti al secondo po-
sto in Italia fra le regioni vivai-
stiche viticole. Ma anche in
questo campo la concorrenza è
forte, e l’unico modo per resi-
stere è quello di essere sempre
pronti a
cogliere
nuove op-
portunità.
Per oltre
trent’anni
il settore
vivaistico viticolo ha fatto parte
di AFLOVIT, associazione che
rappresenta il mondo vivaistico
floricolo, frutticolo oltre che vi-
ticolo. Nel 2012 i vivaisti viti-
coli trentini hanno deciso che
era necessario avere anche una
propria identità giuridica per
poter rilanciare il ruolo di coor-
dinamento e rappresentanza
dei vivaisti, pur rimanendo al-
l’interno di AFLOVIT. Si è quin-
di costituito il Consorzio Vivai-
sti Viticoli Trentini AVIT.
L’obiettivo dipotenziare la ricercaBen il 95% dei vivaisti trentini
hanno aderito al Consorzio che
si è posto come primo obiettivo
quello di creare una forte siner-
gia con la Fondazione Edmund
Mach di San Michele all’Adige
(FEM), Istituto di ricerca per
eccellenza nel settore viti-eno-
logico, assieme al quale ha co-
stituito un’altra entità: il Con-
sorzio Innovazione Vite (CIVIT),
società a responsabilità limita-
ta. Duplice l’obiettivo: poten-
ziare la ricerca di nuove varietà
resistenti alle principali malat-
tie (peronospora, oidio e botri-
te) e acce-
lerare la
selezione
clonale ga-
rantendo
nel con-
tempo alla
FEM la possibilità di un vasto
territorio di verifica sulla voca-
zionalità dei molti e diversi ter-
ritori italiani dei vari cloni. «Noi
- affermano all’unisono il presi-
dente del consorzio Enrico Gio-
vannini, e il direttore Lorenzo
Gretter - puntiamo ad essere
sempre all’avanguardia sul
fronte varietale ma anche con
grande attenzione alle possibi-
lità che la ricerca di San Miche-
le ci offre sul fronte dei nuovi
cloni. Proprio quest’anno ab-
biamo in osservazione in diver-
se aree viticole italiane le nuove
4 varietà selezionate e registra-
te di viti tolleranti alla botrite
Eco Iasma 1 e 2a bacca rossa;Eco Iasma 3 e 4a bacca bianca.Sono varietà tollerantialla botrite e sono iprimi fruttidi un’attivitàdi breeding tutta madein Trentino
Eco Iasma 1 presentatolleranza ai marciumi edelevati antociani.
UNA PROVINCIA AI VERTICIDEL VIVAISMO VITICOLOCON UNA PRODUZIONE DI 13MILIONI DI INNESTI TALEA. AVITÈ IL CONSORZIO CHEDA DUE ANNI RAPPRESENTAE COORDINA I VIVAISTI LOCALI
Eco Iasma 2 produce vini corposicon gradevoli note fruttate.
Enrico Giovannini.
ATTUALITÀ / CONSORZI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 29
(vedi scheda)». Si tratta di va-
rietà ottenute dall’attività di
migliora-
mento ge-
netico del-
la vite per
incroci na-
turali sotto
la guida del dottor Marco Stefa-
nini. «Ora - afferma il presiden-
te della FEM Francesco Salami-
ni - inizia una nuova epoca per
il miglioramento genetico della
vite a San
Michele e
promettia-
mo il pros-
simo arrivo
di varietà
di vite resistenti». «Sono stati
necessari 16 anni di attività per
licenziare queste varietà - spie-
ga Marco Stefa-
nini, responsabi-
le piattaforma
miglioramento
genetico della vi-
te del Centro di
Ricerca della
FEM -, ma abbia-
mo messo a dipo-
sizione dei pro-
duttori del mate-
riale veramente
innovativo».
Le prospettivecommercialiOra le nuove varietà sono in ma-
no a CIVIT che gestirà il brevet-
to con prospettive molto inte-
ressanti anche sul fronte com-
merciale. «Ma la
collaborazione con la FEM -
prosegue Giovannini-, garanti-
sce a noi vivaisti di essere sem-
pre all’avanguardia anche con
materiale di riproduzione sano
che viene testato dai laboratori
di San Michele».
«La grande professionalità dei
vivaisti - afferma Gretter - unita
alla certezza sulla sanità delle
barbatelle grazie ai controlli
della FEM, oltre che il fatto che,
come Consorzio, gestiamo tutto
il ciclo a 360 gradi, ci permette
di guardare al mercato con un
certo ottimismo. Non dimenti-
chiamo poi che il 90 % del no-
stro prodotto va fuori provincia
e una parte sempre più interes-
sante va all’estero».
Le caratteristiche delle quattro varietà
Sono i primi quattro incroci di vite selezionati dalla Fondazione Edmund Mach tramite l’attività di
miglioramento genetico e sono stati presentati martedì 8 luglio presso l’ex monastero di San
Michele, sede della Fondazione Mach, in un affollato incontro- degustazione dei vini ottenuti
dalle attività di microvinificazione. Eco Iasma 1, Eco Iasma 2, Eco Iasma 3, Eco Iasma 4
rappresentano i primi frutti dell’attività di miglioramento genetico della vite per incrocio naturale
iniziata 16 anni fa a San Michele all’Adige. Le varietà, che risultano tolleranti alla botrite, saranno
presto messe a disposizione del mondo viticolo aprendo di fatto la strada ad una viticoltura più
sostenibile.
Eco Iasma 1 e Eco Iasma 2 (entrambe incroci Teroldego X Lagrein) sono varietà a bacca rossa.
Presentano caratteristiche di notevole rusticità nei confronti dei marciumi del grappolo, ma
anche un elevato contenuto in antociani e polifenoli totali ed un ottimo rapporto zuccheri-acidi.
Dalle loro uve i ottengono vini di buona corposità e consistenza e con un buon contenuto in tannini
e aromi a gradevole nota floreale – fruttata.
Eco Iasma 3 e Eco Iasma 4 (entrambi incrociMoscato Ottonel x Malvasia di Candia) sono invece a
bacca bianca. Da Eco Iasma 3 si ottengono vini freschi, leggermente aromatici che ricordano le
erbe di melissa e salvia. Eco Iasma 4 può dare valide soluzioni e interpretazioni a vini da
vendemmia tardiva.
Eco Iasma 3 produce vini freschi ed aromatici.
La serra per lo studio dei nuoviincroci in allevamento.
Eco Iasma 4 è adatto avendemmie tardive
IL DOPPIO OBIETTIVODEL CONSORZIO INNOVAZIONEVITE (CIVIT): POTENZIARELA RICERCA DI NUOVE VARIETÀRESISTENTI E ACCELERARELA SELEZIONE CLONALE.
FOCUS / FRANCIA
30 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
VINO E SALUTE, IL BINOMIODELL’OSPEDALE DI STRASBURGOdi Massimiliano Rella
Il vino dell’ospedale fa due
volte bene alla salute.
Uno scherzo? Niente af-
fatto. Il nettare di Bacco se
consumato con moderazione
allunga la vita. È risaputo. È
poco noto invece che a Stra-
sburgo, la città francese sede
dell’EuroParlamento, esiste
una struttura ospedaliera con
cantina, botti e tonneaux.
Strano, ma vero. E produce
150mila bottiglie di qualità al-
l’anno, con un proprio mar-
chio. Il ricavato è reinvestito
nelle attività dell’ospedale,
quindi cure, medicinali, mac-
chinari.
Ottanta tonneauxNato nel 1395, oltre sei se-
coli fa, e ristrutturato nel
1721 dopo un incendio, il
nosocomio ospita nei suoi
sotterranei le Cave Histori-
que des Hospices de Stra-
sbourg, cantine storiche ma
funzionanti, con 80 tra bot-
ti e tonneaux dove vengono
affinati i vini di qualità con
il marchio Hospices Stra-
sbourg. In passato, quando
non esisteva il sistema sa-
nitario come lo intendiamo
oggi, i malati dovevano pa-
gare le cure mediche in
moneta contante. Chi non ave-
va il denaro ricorreva ad altri
Una cantina storicaancora al centro di unaccordo diaffinamento con 30aziende alsaziane.E la peculiaritàdell’annata 1472,la più vecchia e…..ancora è vino
Strasburgo, torri medievalie la Cattedrale viste dallaterrazza dello sbarramentoVauban
PhilippeJunger, responsabile della CaveHistorique Hospices Strasbourg
FOCUS / FRANCIA
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 31
beni, terreni, prodotti, etc, che
poi formavano i grandi posse-
dimenti di molte istituzioni,
gioielli, oggetti preziosi, pro-
dotti alimentari e vino. Così è
stato per l’ospedale di Stra-
sburgo, che tra compensi per
le cure prestate e lasciti eredi-
tari, è diventato anche un’inte-
ressante realtà produttiva di vi-
ni fino agli anni ’90; quando
per le mutate condizioni di
mercato e di gestione, la dire-
zione dell’ospedale considerò
di chiudere la cantina. Perico-
lo scongiurato grazie all’oppo-
sizione del personale e a un
accordo con 30 cantine alsa-
ziane che hanno il diritto di
utilizzare per 50 anni i locali di
affinamento e l’uso dell’eti-
chetta, personalizzando solo il
nome del produttore, le indica-
zioni d’annata e vitigno. In
cambio cedono una piccola
quota della produzione, una
specie di canone di locazione
“in natura” che l’ospedale
vende nel negozio annesso e
con il cui ricavato, insieme ai
proventi di visite e degustazio-
ni, acquista medicine e altro.
La cantina ha una capacità di
2.400 ettolitri e dalle sue botti
escono ogni anno 150mila bot-
tiglie di ottimi vini, selezionati
da una commissione tecnica
con degustazione professiona-
le, molti segnalati dalle guide
enologiche francesi. Per circa
l’80% sono bianchi, e rappre-
sentano complessivamente il
44% dei terroir alsaziani: Pi-
not bianco, Auxerrois, Sylva-
ner, Riesling, Klevener de Hei-
ligenstein, ottenuto dal vitigno
savagnin rose, Pinot grigio,
Gewurztraminer, Pinot nero, e
altri.
Invecchiamenti recordC’è una seconda notizia curiosa
in questa storia. L’ospedale di
Strasburgo vanta infatti un’al-
tra singolare presenza: un vino
dell’annata 1472, forse il più
vecchio al mondo, prodotto –
pensate un po’ - vent’anni pri-
ma che Cristoforo Colombo sco-
prisse l’America, quando Leo-
nardo da Vinci era solo un pro-
mettente apprendista nella
bottega del Verrocchio e Loren-
zo il Magnifico governava Firen-
ze. A descriverci il vino è Philip-
pe Junger, oggi direttore della
cantina. “Il fatto incredibile –
ci dice – è che è stato analizzato
Cave Historique HospicesStrasbourg. Particolare di untorchio del 1727.
Le cantine dell ospedale di Strasburgo.
FOCUS / FRANCIA
32 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
I pronipoti dei confratelli
Si riuniscono nel castello di Kientzheim
indossando mantelli rossi, collari for-
mati da catene con una medaglia e una
piccola botte come ciondolo e fasce di
colori diversi, sette in tutto, sulla tunica
rossa. I produttori di vino, per esempio,
mettono la fascia giallo-rossa, quelli di
gastronomia la fascia bianco-gialla, la
viola è onorifica.
Sono i confratelli della Confrérie Saint
Etienne d’Alsace, la più antica confra-
ternita del vino in Francia, fondata nel
Medioevo e durata fino al 1848. Nel
1947 fu rifondata ad Ammerschwihr da
Joseph Dreyer, un professore di fisica
appassionato di vino.
La Confrérie conta 3mila iscritti in tutto
il mondo, ma sono circa 500 i soci atti-
vi, per lo più locali. Tra le nove confra-
ternite esistenti in Alsazia quella di Sa-
int Etienne è l’unica a promuovere tutti i
vini alsaziani, e l’intera regione.
Lo fa con abbinamenti vino-cibo, degu-
stazioni, cene di rappresentanza in
Francia o all’estero, eventi organizzati
nel castello, piccoli seminari sul vino,
tutto basato sul volontariato. Sono solo
due i dipendenti fissi. Il castello, di
epoca medioevale, appartenuto nel XVI
secolo a un nobile dell’esercito dell’im-
peratore Massimiliano I d’Asburgo, è di
proprietà della Confrérie, che lo affitta
per grandi eventi e matrimoni e così
recupera parte delle spese di gestione e
manutenzione. Un’altra associazione
gestisce all’interno un piccolo museo
del vino.
Due volte l’anno un concorso premia i
migliori vini locali con il sigillo Vini d’Al-
sace per l’annata, da riportare in eti-
chetta.
Nella cantina del castello ne sono con-
servati 60mila, tutti quelli che hanno
avuto il sigillo della confraternita dal
1947 a oggi. Info www.confrerie-st-
etienne.com M.R.
con prove scientifiche e dal
punto di vista chimico, fisico,
organolettico può essere consi-
derato ancora un vino”. In origi-
ne era un bianco, oggi ha un
colore decisamente ambrato e
profumi intensi e terziari. Il va-
lore dei 300 litri ancora esi-
stenti, tenuti sotto chiave, è
inestimabile. All’interno della
cantina troviamo altre curiosi-
tà, come un torchio del 1727,
grandi botti realizzate in occa-
sione di matrimoni tra famiglie
di viticoltori alsaziani. Nel ne-
gozio sono in vendita tutti i vini
dei 30 produttori convenziona-
ti, a prezzi che vanno da 6 a
23-25€ la bottiglia. Aperta al
pubblico dal lunedì al sabato,
la Cave Historique des Hospi-
ces de Strasbourg accetta visite
individuali senza guida, gratui-
te. Per gruppi di minimo 15
persone visite guidate al costo
di 11€, durata 2 ore con degu-
stazione di 3 vini. E se capitate
dopo la vendemmia vedrete nel
cortile dell’ospedale i macchi-
nari per imbottigliare il vino; e
qualche malato alle finestre in-
curiosito dal trambusto.
Info www.vins-des-hospices-
de-strasbourg.fr.
Foto di Massimiliano Rella
Le botti con il vino più antico delmondo: annata 1472.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
34 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
LIEVITI PROGETTATIPER OTTENERE VINI DIVERSIdi Paolo Giudici1, Luciana
De Vero1, Lisa Solieri1, Mau-
ro Catena2 La conversione dello
zucchero in etanolo è
lo step fondante della
trasformazione del mosto
d’uva in vino. Per quanto ovvia
e pletorica, questa affermazio-
ne nasconde un aspetto meno
scontato, legato alle attività di
avvio e management della fer-
mentazione alcolica. Storica-
mente, la fermentazione spon-
tanea è stata soppiantata da
fermentazioni guidate, prima
con l’uso del pie de cuve, poi
con l’impiego di lieviti selezio-
nati per generico uso enologi-
co, ed infine con lieviti selezio-
nati ad hoc per i diversi tipi di
vino. La recente diffusione del-
l’impiego di quest’ultima cate-
goria di lieviti selezionati im-
plica una scelta mirata di cep-
pi di lievito con set di caratteri
idonei per specifici processi di
vinificazione, in grado di con-
ferire complessità e specificità
a ciascuna categoria di prodot-
to. Nel caso degli spumanti,
particolare attenzione è rivolta
al ceppo di lievito impiegato in
fase di rifermentazione sia per
superare le difficoltà dovute al
contenuto alcolico del vino ba-
se, che per l’importanza che il
ceppo di lievito gioca sulle pro-
prietà sensoriali del prodotto
finito.
Nuove tecnologieLa possibilità di “progettare”
la selezione di starter enologici
in maniera specifica per tipolo-
gia di vino è una conseguenza
delle disponibilità di nuove
tecnologie e contemporanea-
mente è uno strumento impre-
scindibile per la produzione di
vini di qualità. Tre fattori sono
fortemente connessi e recipro-
camente condizionanti: i trend
del mercato, l’innovazione di
processo e la disponibilità (dif-
fusione) di strumenti tecnolo-
gici e biotecnologici a supporto
della selezione di nuovi starter
enologici. I consumatori in-
fluenzano le scelte produttive
e orientano il mercato attraver-
so il gradimento e la loro perce-
zione della qualità; la tecnolo-
gia consente un controllo ed
una ‘modulazione’ precisa dei
parametri di processo, renden-
do disponibile vini significati-
vamente differenziati e ricono-
scibili rispetto a quelli tradi-
zionali; nuovi strumenti ad
high-throughput consentono
di accelerare il processo di co-
stituzione e selezione di starter
con definite caratteristiche
tecnologiche e sensoriali. In
sintesi, le esigenze del consu-
matore, le nuove tecnologie di
produzione e la selezione di
microrganismi costituiscono
un circolo che alimenta l’inno-
vazione in campo enologico.
La disponibilità distrumenti tecnologicie biotecnologicia supporto dellaselezione di nuovistarter enologiciconsente di conferirecomplessitàe specificitàche sono la baseper lo sviluppodi vini inediti.Un’evoluzionepremiata dai trenddi mercato che portaad ottenere tipologieben distanti da quelletradizionali.Lasciando aperta unadomanda: ha ancorasenso l’equazionetra qualità e tipicità?
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 35
Il casodel LambruscoIl Lambrusco (si veda
le prossime pagine) è
un caso esemplare di
questa evoluzione a
spirale e si presta in
modo quasi scolasti-
co alla disamina del-
l’innovazione bio-
tecnologica in cam-
po enologico e
dell’evoluzione del-
la percezione quali-
tativa da parte dei
consumatori. La
storia e la descrizione della
produzione del Lambrusco è ri-
portata in modo esauriente e
dettagliato in due recenti pub-
blicazioni (Catena 2014a; Ca-
tena 2014b) dalle quali si
evince in modo evidente l’evo-
luzione della tecnologia e delle
caratteristiche sensoriali del
Lambrusco negli anni: da un
prodotto assai marcato dal
Bibliografia
Catena M. (2014a). Aspetti enologici della trasforma-
zione delle uve Lambrusco. Di prossima pubblicazio-
ne sulla rivista “L’Enologo”.
Catena M. (2014b) - Caratteristiche agronomiche dei
vitigni di vino Lambrusco delle province di Modena e
Reggio Emilia, in F.M. Gambari - R. Macellari, a cura
di, Archeologia del Lambrusco. Storia delle vigne per-
dute, Atti del Convegno (Albinea 2012), “Strenna di
Pagine d’Archeologia”, 2, 2014, pp. 37-48.
punto di vista sensoria-
le e “vinoso”, a vini più
differenziati per inten-
sità e tonalità di colore, con
aromi primari e secondari che
ne accentuano l’eleganza e il
carattere distintivo. Negli ulti-
mi anni le note variazioni delle
tecniche colturali e, secondo
alcuni, delle condizioni clima-
tiche delle aree colturali coin-
volte, hanno poi contribuito ad
attenuarne l’aggressività della
componente acida, creando
tuttavia nuovi problemi tecno-
logici.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
36 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
LA FERMENTAZIONEDEL LAMBRUSCO: MODELLODI EVOLUZIONE BIOTECNOLOGICA
di Paolo Giudici1, Luciana
De Vero1, Lisa Solieri1, Mau-
ro Catena2 Il lambrusco cambia. La ten-
denza attuale, assecondata
dalle variazioni delle tecni-
che colturali e delle condizioni
climatiche è quella di un’atte-
nuazione della componente aci-
da (si veda articolo precedente),
ma non si può generalizzare per-
ché le classi e tipologie di Lam-
brusco incommercio sononume-
rose,nesono testimonianza le17
diverse denominazioni protette
(DOC/DOP e IGP/IGT) la maggior
parte delle quali in Emilia.
Il Lambruscoo i Lambruschi?Alle denominazioni protette
vanno aggiunte le diverse cate-
gorie e tipologie previste dai di-
sciplinari e.g. il Lambrusco di
Sorbara (DOC/DOP) è presente
sul mercato come Frizzante
Rosso, Frizzante Rosato, Spu-
mante Rosso e Spumante Rosa-
to. Considerando le diverse tipo-
logie zuccherine di secco, semi-
secco, amabile, l’offerta di tipi
di Lambrusco diventa veramen-
te grande. Questa ricchezza di
tipologie può apparire esagera-
ta, ma si consideri la diversa
identità sensoriale che il Lam-
brusco assume nella mente del
consumatore a seconda che
questi sia un consumatore tradi-
zionale o un nuovo consumato-
re, a volte collocato al di fuori
dell’area di origine del vino. Nel
primo caso vengono apprezzati
Lambruschi in cui si esaltano le
caratteristiche di acidità anche
estreme come nel caso del Lam-
brusco di Sorbara, nel secondo
si cercano caratteri di maggior
equilibrio sensoriale, dove gioca
un ruolo fondamentale la strut-
tura tannica del vino e il residuo
zuccherino utilizzato per atte-
nuare certe sensazioni estreme
sia della frazione tannica che di
quella acida.
Al di là di questo aspetto che
investe la sfera commerciale, le
Il rinnovato successodel Lambruscoè legato ancheall’apportodelle tecnologiee delle innovazionienologiche. Nel casospecifico dellafermentazioneda mosti desolforati laselezione di lieviti adhoc è una esigenzastringenteper l’ottenimentodi prodotti di qualitàsensoriale elevatae completa assenza disensazioni olfattivesgradevoli
Fig. 1 - Metodo di miglioramento genetico OGM-free a tre step per la progettazione dilieviti idonei alla fermentazione di Lambruschi single step e a bassa temperatura
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 37
diverse tipologie di Lambrusco
non richiedono necessariamen-
te operazioni biotecnologiche
differenziate, per cui, possono
essere effettuate aggregazioni
su base biotecnologica, che con-
sentono di ricondurre tutta la
produzione dei Lambruschi a tre
codificati protocolli (metodi):
>>1) il metodo tradizionale.
Fermentazione alcolica prima-
ria con produzione del vino ba-
se, eventuale dolcificazione e
successiva rifermentazione in
autoclave ( o in misura ridotta in
bottiglia);
>>2) conservazione del mosto a
freddo (temperature prossime a
0 °C) e successiva fermentazio-
ne e presa di spuma in autoclave
direttamente o come dolcifican-
te della base;
>>3) solfitazione del mosto. In
vendemmia il mosto viene addi-
zionato di quantità elevate di
solfiti (mosto muto); quando ne-
cessita il mosto viene desolfora-
to e rifermentato in autoclave
con relativa presa di spuma di-
rettamente o come dolcificante
della base.
La descrizione delle tre macro-
categorie sopra menzionate è
largamente incompleta ed i rag-
gruppamenti effettuati hanno
confini elastici e con situazioni
intermedie o del tutto particola-
ri, tuttavia ci consentono di met-
tere in evidenza e sviluppare
delle problematiche comuni al-
l’interno di ciascuna macro-ca-
tegoria.
Lambrusco metodotradizionaleNel metodo tradizionale, la vini-
ficazione e la presa di spuma
sono fasi separate, svolte in mo-
menti distanti nel tempo. Il vino
base ottenuto, se privo di residui
zuccherini, è facilmente conser-
vabile con normali accorgimenti
di cantina e senza l’impiego del
freddo. La presa di spuma viene
effettuata per aggiunta di basi
dolci previste dai disciplinari
(mosti, mosti parzialmente fer-
mentati, filtrati dolci) o per tagli
con vini ad elevato contenuto
zuccherino. In fase di arricchi-
mento si utilizza anche mosto
concentrato o rettificato in
quantità anche superiore a
quella necessaria per la presa di
spuma per garantirsi un residuo
zuccherino finale destinato al-
l’ottenimento di vini semisec-
chi, abboccati e dolci. In questo
caso, il prodotto finito è micro-
biologicamente instabile e ri-
chiede una pastorizzazione o
una stabilizzazione microbiolo-
gica con membrane microfil-
tranti. La rifermentazione in
bottiglia, con sboccatura delle
fecce o meno, è praticata su
quantità ridotte di prodotto ne-
gli stabilimenti enologici, ma
rappresenta una quota signifi-
cativa del Lambrusco venduto
sfuso a clienti locali che ancora
amano imbottigliarsi e rifer-
mentare il proprio vino perso-
nalmente.
La tecnologia adottata è quella
normalmente impiegata nei
consolidati processi di vinifica-
zione e l’impiego di lieviti starter
è orientato verso ceppi di uso
generico, con buona energia fer-
mentativa e che non consumano
malico. La rifermentazione in
autoclave viene effettuata in
breve anticipo sulla commercia-
lizzazione perché il Lambrusco
ha una shelf-life ridotta tipica
dei vini giovani, che lo porta a
perdere o ad attenuare le sue
proprietà sensoriali legate agli
aromi di fermentazioni. Le rifer-
mentazioni in bottiglia senza ri-
mozione delle fecce danno vini
con maggiore tempo di conser-
vazione, ma dotati di profili sen-
soriali decisamente meno fre-
schi e fruttati di quelli ottenuti
in autoclave e, non raramente,
danno luogo a fenomeni di man-
cata rifermentazione (Landi et
al. 2005; Giudici e De Vero
2011)
Lambrusco da mostifrigo conservatiIn questa sede le operazioni tec-
nologiche sono semplicemente
elencate o ridotte a pochi pas-
saggi significativi e si rimanda
alla consistente letteratura di-
sponibile sull’argomento per un
esame più approfondito sull’in-
fluenza esercitata sulla compo-
sizione del mosto e sulle pro-
prietà sensoriali del prodotto fi-
nale. Le uve sono pigiate, la
diraspatura è un obbligo e non
andrebbe nemmeno menziona-
ta, ed il mosto ottenuto è addi-
zionato di solfiti in quantità di
solito inferiori ai 50 mg/L di SO2
e lasciato in presenza delle vi-
nacce per un periodo breve se
non brevissimo. Segue la pres-
satura soffice, trattamenti enzi-
matici, raffreddamento e con-
servazione fino al momento del-
Resistenza aisolfiti
Bassatemperatura
di fermentazione
Produzionedi solfuri
Produzione diesteri “floreali”
Produzione diacetato di etile
Velocità diSedimentazione
Flocculenza Autolisi
Fermentazione mosto fresco doppio step:
- vinificazione elevata Non richiesta Bassa Non richiesta Assente/bassa bassa assente assente
- rifermentazione in autoclave Non richiesta 12-16 °C Assente elevata Assente/bassa Medio bassa assente assente
- rifermentazione in bottigliaNon richiesta
o mediaNon richiesta Assente Non richiesta Assente/bassa elevata richiesta richiesta
Fermentazione mosti frigoconservati singolo step
Non richiestao media
12-16 °C Assente elevata Assente/bassa Medio bassaNon
richiestaassente
Fermentazione mostidesolforati singolo step
media Non richiesta Assente Non richiesta Assente/bassa Medio bassaNon
richiestaNon
richiesta
Caratteristiche specifiche dei lieviti per Lambrusco
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
38 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
la fermentazione e presa di
spuma. Le variabili in gioco so-
no diverse e vanno opportuna-
mente definite e coordinate pe-
na l’insuccesso assicurato. Fra
le più importanti la qualità mi-
crobiologica e la temperatura
delle uve in ingresso, la tempe-
ratura del pigiato e la quantità di
solfiti, la durata e la temperatu-
ra della macerazione, la tempe-
ratura di conservazione del mo-
sto defecato e finito. Il mosto
così conservato può anche esse-
re destinato a rifermentazione
diretta in autoclave con relativa
presa di spuma in singola fase.
È ovvio che il protocollo somma-
riamente descritto è impiegato
principalmente per la produzio-
ne di Lambruschi che si pongo-
no nella fascia di prezzo alta per
via dei maggiori costi di produ-
zione collegati alla frigoconser-
vazione.
Lambruscoda mosti mutiLa produzione di
mosto muto è una
pratica diffusa nel-
l’area dei Lambru-
schi. La dilazione
nel tempo della fer-
mentazione con la
semplificazione dei
protocolli di lavoro
fanno del mosto mu-
to una scelta quasi
obbligata delle can-
tine, specie in pre-
senza di una consi-
stente quota di uve
raccolte a macchina.
La mutizzazione av-
viene con l’impiego
di dosi elevate di SO2
che rende microbio-
logicamente stabile il
mosto; tale pratica,
data la brevità del periodo ven-
demmiale che non consente tut-
ta la trasformazione delle grandi
quantità di uve raccolte giornal-
mente in vino, finisce per avere
anche utili risvolti gestionali. In
secondo luogo, la presenza di
solfiti produce il vantaggio ag-
giuntivo di consentire macera-
zioni più efficaci. La cosiddetta
macerazione solfitica consente
infatti l’arricchimento di frazio-
ni estrattive particolarmente
pregiate (antociani, catechine,
proantocianidine e aromi prima-
ri) in termini di colore struttura e
profumo del mosto. Infatti la
particolare natura fenolica delle
uve impiegate per la produzione
del Lambrusco impedisce l’ec-
cessivo arricchimento dei mosti
nelle frazioni a più alto peso mo-
lecolare tipiche di altre uve ros-
se. In tal modo si ottengono mo-
sti particolarmente ricchi di co-
lore e struttura che, con
l’aggiunta di dosi ulteriori di sol-
forosa (fino a 1.700-1.900
ppm) possono essere conservati
in vasca anche per lunghi perio-
di e senza particolari precauzio-
ni. Il mosto muto così ottenuto
richiede uno step di desolfora-
zione (tale operazione se mal
eseguita può provocare negative
ripercussioni sensoriali sul pro-
dotto finale), prima di essere ge-
neralmente fermentato in auto-
clave in singolo passaggio, fer-
mentazione/presa di spuma.
Le problematiche connesse alla
fermentazione, devono inoltre
tener conto di altre scelte tecno-
logiche e organizzative connes-
se con l’esigenza da un lato di
contenere i costi di produzione e
dall’altro di ottemperare alle
esigenze sempre più stringenti
di sostenibilità ambientale. Il
contenimento dei costi di pro-
duzione è anch’esso fattore di
successo commerciale, garan-
tendo margini agli operatori e
prezzi equi ai consumatori. Il
Lambrusco è forse il vino, con
denominazione protetta, più
proiettato nella direzione della
diminuzione dei costi di produ-
zione in particolare con la mec-
canizzazione integrale del vi-
gneto e con la scelta di tecnolo-
gie compatibili con una buona
organizzazione di cantina: di-
mensionamento delle autoclavi,
riduzione dell’energia impiega-
ta, perfetta logistica nel layout
di produzione, e nella commer-
cializzazione.
Ad oggi, la percentuale di uve
raccolte meccanicamente nel
comprensorio dei Lambruschi
emiliani si aggira sul 70%, ed è
opportuno precisare che questa
modalità di raccolta influenza la
qualità dell’uva, che arriva in
cantina già parzialmente am-
mostata e senza raspi. I tempi
che intercorrono tra la raccolta e
la lavorazione delle uve, la tem-
peratura dell’ammostato, l’ad-
dizione o meno di solfiti in ven-
demmia, la carica microbica e
lo stato sanitario delle uve al-
l’origine costituiscono parame-
tri importanti che necessitano
un controllo puntuale e preciso
per evitare la proliferazione di
microorganismi indesiderati
con conseguenze nefaste sul
prodotto.
Ogni innovazione o modifica in-
trodotta in un sistema per risol-
vere alcuni e definiti problemi,
introduce variazioni che altera-
no il sistema stesso. Il campo
enologico non ne è certo esente.
Perciò, usando il Lambrusco co-
me modello, proviamo ad ana-
lizzare come alcune “innovazio-
ni” introdotte in viticoltura ed
enologia hanno comportato
complicazioni o domande di ul-
teriori innovazioni da introdurre.
Pratiche agronomiche eraccolta meccanicaLa sostanziale differenza com-
positiva tra le uve provenienti da
vigneti idonei alla raccolta mec-
canica e relative pratiche agro-
nomiche, e quelle provenienti
dal classico sistema a raggi o
Belussi, ormai in abbandono,
sono in gran parte a favore degli
attuali sistemi. Forme di alleva-
mento meno espanse, unita-
mente ad un cambiamento delle
pratiche agronomiche, hanno
portato una maggior componen-
te estrattiva, ma, conseguente-
mente, anche a pH più elevati
che sono più favorevoli alle fer-
mentazioni ad opera di batteri
lattici. A causa di ciò, non è raro
nei Lambruschi avere delle dif-
ficoltà nella fase di rifermenta-
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 39
zione specie se non condotta in
presenza di un abbondante ino-
culo di lievito starter. La raccol-
ta meccanica induce, inoltre, la
necessità di controllare la proli-
ferazione di microrganismi in-
desiderati attraverso il rigoroso
controllo dei tempi e delle tem-
perature in cantina e l’aggiunta
di solfiti. Tuttavia tale controllo
non è sempre efficace a causa
del mancato lavaggio delle mac-
chine operatrici che divengono
a loro volta fattore di moltiplica-
zione di microflora inquinante.
Le pratiche di cantinaPer quanto concerne i Lambru-
schi ottenuti nel modo tradizio-
nale della doppia fermentazio-
ne, i problemi da risolvere e/o le
innovazioni di processo appaio-
no meno pressanti, anche grazie
a nuovi ceppi di lievito disponi-
bili. Invece, nel caso dei mosti
frigo conservati e nella rifer-
mentazioni dei mosti desolforati
occorre porre attenzione a diver-
si aspetti.
La fermentazione deimosti frigo-conservatiLa conservazione di mosti a bas-
sa temperatura (prossime a 0
°C) è spesso accompagnata dal-
la crescita di ceppi criotolleranti
generalmente appartenenti alla
specie Saccharomyces uvarum
(si veda riquadro Saccha-
romyces uvarum: una storia
complessa ). L’occorrenza di ta-
li lieviti rende necessarie opera-
zioni di filtrazioni per garantire
nel tempo la stabilità dei mosti.
Il valore aggiunto, in termini
sensoriali, dei vini rifermentati
ottenuti da mosto frigo conser-
vato, non può prescindere da
fermentazioni condotte a basse
temperature (< 16 °C) se si vuol
accentuare lo sviluppo delle no-
te aromatiche generate in fase
di conservazione. Le fermenta-
zioni a basse temperature valo-
rizzano al meglio le proprietà
sensoriali dei vini ascrivibili ai
descrittori di “ freschezza” e
“aromi floreali”. Le strategie per
ottenere vino con queste carat-
teristiche richiedono l’impiego
di lievito con specifiche caratte-
ristiche: elevato potere fermen-
tativo anche a basse temperatu-
re; la non degradazione dell’aci-
do malico; bassa produzione di
acetato di etile; la bassa o quasi
nulla produzione di acido aceti-
co; non produzione di solfuri
(H2S) (Rainieri et al., 1998;
1999). L’assenza di solfuri è an-
che un buon indicatore di bassi
valori di mercaptano ed altri in-
desiderati composti ridotti dello
zolfo. I ceppi criotolleranti della
specie S. uvarum possiedono
più di una delle caratteristiche
sopra elencate e sono tecnologi-
camente molto interessanti an-
che se portano con se alcuni ca-
ratteri negativi e necessitano di
puntuali strategie di migliora-
mento non OGM prima di essere
proposti su larga scala.
La fermentazionedei mosti mutiLa pratica di conservazione del
mosto con alte concentrazioni
di solfiti è attualmente molto
diffusa nel distretto del Lam-
brusco, e contribuisce in modo
significativo anche all’estrazio-
ne del colore durante la fase di
macerazione. Il mosto muto vie-
ne successivamente desolforato
e sottoposto a fermentazione ad
opera di lieviti selezionati sulla
base di caratteristiche enologi-
che di base o generali. I Lam-
bruschi ottenuti da mosti desol-
forati sono sensorialmente rico-
noscibili da persone esperte e le
differenze possono essere im-
putate a diverse cause fra le
quali la formazione di prodotti
sensorialmente attivi durante il
processo di desolforazione e a
prodotti solforati di fermenta-
zione. Ai caratteri sensoriali
blandamente negativi dei Lam-
bruschi ottenuti da mosti muti,
si possono aggiungere difetti
gravi e frequenti quali la forte
sensazione di chiusura olfattiva
e/o ridotto in rapporto all’uso di
mosti muti conservati in vasca
troppo a lungo. I maggiori impu-
tati per questi difetti sensoriali
gravi sono riconducibili a pro-
dotti solforati e dipendenti dal-
l’interazione tra composizione
del mosto e metabolismo degli
dello zolfo dei lieviti agenti della
fermentazione.
I mosti desolforati nell’ottica
della nutrizione dei lieviti pre-
sentano due particolarità rispet-
to ai mosti freschi: la maggiore
Saccharomyces uvarum: una storia complessa
Il genere Saccharomyces include le specie di lievito più frequentemente utilizzate nei processi
industriali ed alimentari. La complessa diversità dei lieviti Saccharomyces, che include linee
pure, ibridi e ceppi introgressi, rende particolarmente difficile la definizione dei confini di specie
e controversa la classificazione dei lieviti in questo genere. Un caso emblematico è rappresentato
dai lieviti criotolleranti noti come Saccharomyces uvarum. La più recente edizione del libro “The
Yeast: A taxonomic study” descrive il genere Saccharomyces come costituito da 8 specie, S.
arboricolus, S. bayanus, S. cariocanus, S. cerevisiae, S. kudriavzevii, S. mikatae, S. paradoxus e
S. pastorianus, escludendo quindi S. uvarum dallo stato di specie e relegandolo a condizione di
varietà all’interno della specie S. bayanus.
Tuttavia numerose evidenze sono a sostegno dell’attribuzione di S. uvarum al rango di specie. S.
uvarum descrive un gruppo fisiologicamente omogeneo di lieviti che si distinguono da S. cerevisi-
ae per la tolleranza alle basse temperature (8-10 °C), capacità di trasportare attivamente il
fruttosio e di fermentare il melibiosio. Il gruppo S. uvarum si distingue da S. bayanus (principal-
mente rappresentato dal ceppo CBS 380T) per numerosi markers filogenetici e per la presenza di
una parziale barriera riproduttiva che rende S. uvarum geneticamente isolato da S. bayanus.
Inoltre, nuove evidenze hanno dimostrato che uno dei pochi ceppi descritti in letteratura come S.
bayanus var. bayanus, CBS380T, mostra una natura complessa potenzialmente ibrida fra S.
uvarum e S. cerevisiae. L’omogeneità genetica e fenotipica dei S. uvarum da un lato e la scarsità
in natura di S. bayanus, portano a sostenere per S. uvarum lo stato di specie.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
40 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
quantità di solfati e la potenzia-
le deficienza in fattori nutrizio-
nali minoritari. Il maggiore livel-
lo di solfati è una conseguenza
della ossidazione chimica dei
solfiti che avviene a livelli più o
meno elevati in funzione delle
modalità operative della desol-
forazione. La degradazione di
sostanze nutrizionali è conse-
guenza degli alti livelli di SO2,
del lungo periodo di conserva-
zione del mosto e, non ultimo,
della variazione (alternanza) del
potenziale di ossido-riduzione.
Frequentemente è stato riporta-
to che l’aggiunta di matrici in-
definite da un punto di vista
compositivo come auto lisati,
scorze di lievito od altro, spesso
contribuiscono migliorare il pro-
cesso fermentativo e la qualità
dei vini ottenuti. Numerose evi-
denze, inoltre, concordano nel
correlare i frequenti difetti di ri-
dotto dei Lambruschi prodotti
con mosti desolforati, al meta-
bolismo dello zolfo dei lieviti
coinvolti nel processo fermenta-
tivo. Sulla base di questa consi-
derazione si può ragionevol-
mente ipotizzare il controllo di
questi difetti sensoriali attraver-
so l’impiego di lieviti selezionati
ad hoc, il controllo delle carenze
nutrizionali dei mosti e la loro
integrazione con tecnologie
consentite dai disciplinari di
produzione.
Lambruschi single stepe a bassa temperaturaI mosti frigo conservati portano
un beneficio sensoriale che non
va disperso in fase di fermenta-
zione e presa di spuma. Per fare
ciò è necessario soddisfare al-
meno due condizioni, usare
temperature di fermentazione
inferiori ai 16 °C e ceppi di lievi-
to adeguati. I mosti frigo conser-
vati portano di proprio, se non
sottoposti a preventiva filtrazio-
ne, una carica consistente di lie-
viti appartenenti alla specie S.
uvarum. Come precedentemen-
te riportato, la maggior parte dei
lieviti S. uvarum presentano la
caratteristica negativa di confe-
rire un forte odore di ridotto, che
non sembra dipendere dalla
produzione di H2S. Questo ca-
rattere ha una forte penetrazio-
ne nella popolazione di lieviti
isolati da mosti crioconservati e
ne impedisce l’uso come starter
enologici.
Tuttavia, recentemente sono
stati isolati e depositati presso
la Unimore Microbial Culture
Collection (UMCC) dell’Univer-
sità di Modena e Reggio Emilia
(www.umcc.unimore.it) lieviti
ascritti a S. uvarum in grado di
conferire note fruttate e floreali
ai vini, senza il forte odore di
ridotto. Al momento attuale è in
itinere un progetto di migliora-
mento di questi ceppi finalizza-
to alla costituzione di ibridi S.
uvarum x S. uvarum e S.cerevi-
siae x S.uvarum specifici per la
fermentazione a bassa tempera-
tura del Lambrusco (Figura 1). I
risultato finale è un ceppo con
definite caratteristiche come
elevata attività fermentativa a
basse temperature, rapida sedi-
mentazione a fine processo, ele-
vata produzione di esteri specie
quelli floreali, nulla o quasi pro-
duzione di acetato di etile, oltre
ai caratteri generali richiesti a
tutti i ceppi enologici.
Single step ottenuti damosti desolforatiI mosti muti desolforati presen-
tano la stessa composizione dei
mosti originali di partenza, tut-
tavia, si differenziano da questi
ultimi per una ridotta attitudine
alla fermentazione. Come ac-
cennato sopra, i vini ottenuti da
mosti desolforati presentano
proprietà sensoriali riconoscibi-
li ed imputabili in parte a com-
posti chimici che si formano du-
rante il processo di desolforazio-
ne e di conservazione, e in parte
a composti derivati dal metabo-
lismo dei lieviti coinvolti nel pro-
cesso fermentativo. In questo
contesto noi ci soffermiamo solo
sugli aspetti legati alla fermen-
tazione, ponendo particolare at-
tenzione al metabolismo dello
zolfo ed alle interazioni ceppo di
lievito-mosto desolforato.
In particolare, i ceppi “migliora-
ti” nell’espressione dei caratteri
legati al metabolismo dello zolfo
Mimica della selezione naturale come strategiadi miglioramento genetico dei lieviti
Si basa sui processi di evolu-
zione adattativa ed è finaliz-
zata all’ottenimento dei fe-
notipi desiderati.
In particolare la strategia
elaborata nel nostro labora-
torio (De Vero et al., 2011)
prevede la randomizzazione
dei ceppi di lievito, mediante
eventi mutazionali casuali
e/o ricombinazione sessuale
delle spore, e la successiva
applicazione di idonee pres-
sioni selettive. Lo screening
dei microrganismi evoluti ri-
chiede necessariamente
l’espressione di fenotipi se-
lezionabili, ossia riconosci-
bili.
Fig. 2 / Mimica della selezione naturale in 5 passi
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 41
sono potenzialmente i più indi-
cati alla fermentazione dei mo-
sti desolforati. Alcuni ceppi,
con queste caratteristiche, sono
stati recentemente ottenuti con
una strategia non OGM, basata
sulla “mimica della selezione
naturale”, ossia sui processi di
evoluzione adattativa (si veda il
riquadro Mimica della selezio-
ne naturale come strategia di
miglioramento genetico dei lie-
viti e relativa figura 2). Tale
strategia, nello specifico, è stata
applicata alla selezione di ceppi
per caratteri non direttamente
selezionabili, come la non pro-
duzione di solfiti e solfuri o l’ele-
vata produzione di glutatione,
sfruttando il fatto che il traspor-
tatore dei solfati ha affinità per
alcuni metalli pesanti quali cro-
mato e molibdato (De Vero et
al., 2011). Una miglior com-
prensione della strategia appli-
cata richiede un breve riepilogo
del coinvolgimento di solfiti,
solfuri e glutatione nel pathway
metabolico dei solfati che par-
tendo dal processo di assimila-
zione dei solfati stessi conduce
alla formazione dei solfiti e sol-
furi, alla biosintesi degli ammi-
noacidi solforati cisteina e me-
tionina fino alla produzione del
glutatione. Quest’ultimo è un
tiolo, costituito da cisteina, gli-
cina e acido glutammico che
svolge un’importante azione an-
tiossidante ed è in grado di che-
lare i metalli pesanti formando
complessi che vengono trasferi-
ti attivamente nel vacuolo tra-
mite trasportatori presenti nella
membrana del vacuolo stesso
(Mendoza-Cózatl et al. 2005).
Con la strategia descritta, usan-
do il cromato e il molibdato co-
me pressione selettiva, sono
stati selezionati ceppi evoluti
con un metabolismo alterato re-
lativamente all’assimilazione
dei solfati e alla biosintesi di
glutatione, tra cui ceppi alti pro-
duttori di glutatione e bassi pro-
duttori di solfuri, o alti produtto-
ri di glutatione e bassi di solfiti e
solfuri. In alcuni casi i ceppi non
produttori di solfuri possono
presentare anche elevate produ-
zioni di solfiti, ma il carattere
non è particolarmente negativo,
va solo prestata attenzione alla
quantità di S02 nel vino finito,
mentre è fondamentale la pro-
duzione nulla o bassissima dei
solfuri.
ConclusioniLa produzione del Lambrusco si
avvale in modo consistente e po-
sitivo delle tecnologie e delle in-
novazioni enologiche disponibi-
li, che sicuramente contribui-
scono a fare di questo vino uno
fra i più diffusi ed apprezzati nel
mercato nazionale ed interna-
zionale. Quanto del successo
del Lambrusco sia dovuto alle
sue proprietà sensoriali intrin-
seche e alle strategie di marke-
ting, e quanto invece debba es-
sere ascritto alla recettività tec-
nologica in campo ed in
cantina, è materia che esula
dalla presente nota. Tale ricetti-
vità consente, oltre che a miglio-
rarne oggettivamente la qualità,
anche di abbassarne consisten-
temente il costo di produzione e
di innescare un circolo virtuoso
di adeguamento alle innovazio-
ni tecnologiche ed ai desiderata
dei consumatori, che in primis
coinvolge la selezio-
ne delle colture star-
ter. Va ricordato a tal
proposito, che il mer-
cato delle colture
starter è fortemente
condizionato da un
offerta di ceppi otte-
nuti in realtà enolo-
giche diverse dalle
nostre che rispon-
dono al gusto internazionale,
ma non considerano le partico-
larità tecnologiche di produzio-
ni originali come i Lambruschi.
Nel caso specifico dei lieviti per
mosti desolforati la selezione di
lieviti ad hoc è una esigenza
stringente per l’ottenimento di
Lambruschi di qualità sensoria-
le elevata e completa assenza di
sensazioni olfattive sgradevoli,
come il “ridotto” e il “chiuso”,
che sono ascrivibili ad uno sbi-
lanciamento del metabolismo
dello zolfo, dovuto alla intera-
zione tra ceppo di lievito e com-
posizioni in micronutrienti e/o
fattori di crescita del mosto. La
selezione e il miglioramento ge-
netico di ceppi di lievito costitu-
iti allo scopo di ridurre i compo-
sti solforati in genere appare co-
me una strategia praticabile e
con possibilità di successo nel
breve periodo.
Bibliografia
De Vero L, Solieri L, Giudici P (2011) Evo-
lution-based strategy to generate non-ge-
netically modified organisms Saccha-
romyces cerevisiae strains impaired in sul-
fate assimilation pathway. Lett. Appl.
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Giudici P. De Vero L. (2011) – Mancata pre-
sa di spuma del Lambrusco, il ruolo della
fermentazione lattica. Vignevini. n4Aprile.
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Rainieri S, Zambonelli C, Hallsworth JE,
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romyces uvarum, a distinct group within
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Reess (1870). In: The Yeasts (Fifth Edi-
tion). London: Elsevier. pp. 733–746.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
42 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
UNA SOLUZIONE RAPIDAPER LA REIDRATAZIONEDEI LIEVITI SECCHI
di Marco Terzoni
e Elettra Paolini Nonostante la selezione
dei lieviti ad uso eno-
logico abbia fatto pas-
si da gigante, ancora oggi la pro-
blematica “reidratazione” di
LSA (lieviti secchi attivi) costitu-
isceun forte ostacoloalla scorre-
volezza del lavoro in cantina.
Sebbene, quindi, possiamo di-
sporre di un ampio ventaglio di
lieviti dalle caratteristiche diver-
se, in realtà non ci siamo ancora
liberati dalle lunghe e comples-
se procedure di utilizzo degli
stessi che, soprattutto in azien-
de di grandi dimensioni, limita-
no notevolmente la libertà
d’azione del produttore. Trovare
il tempo materiale per svolgere
l’operazione di reidratazione in
un momento, qual è quello ven-
demmiale, frenetico e impronta-
to all’urgenza, diventa difficile;
ciò costringe l’enologo ad effet-
tuare l’aggiunta quando le circo-
stanze lo permettono anziché
quando occorre. D’altro canto, il
protocollo di reidratazione, pre-
vede fasi connotate da una pre-
cisa scansione temporale che,
se non rispettate, rendono vano
il ricorso a ceppi selezionati (in
tab. 1 sono illustrate brevemen-
te le fasi della reidratazione).
Due componentiinscindibiliUna recente soluzione per far
fronte a questo problema è stata
sviluppatagrazieadunasinergia
tra un’azienda specializzata nel-
la produzione di biotecnologie
enologiche e la società creatrice
del sistema rotore/statore usato
in tutte le industrie di liquidi.
Una duplice tecnologia in grado
di eliminare una volta per tutte il
problema della reidratazione,
presentata ufficialmente nel no-
vembre del 2012 al Vinitech di
Bordeaux. La tecnologia consta
di due componenti inscindibili:
lieviti specifici e macchina mi-
scelatrice. Quest’ultima basa il
suo funzionamento sulla pre-
senza di un rotore/statore; costi-
tuito da un rotore a pale (fig. 1)
in grado di produrre un’aspira-
zione dovuta alla forza centrifu-
ga che attrae liquidi e solidi.
Grazie all’energia creata dalla
rotazione, il mosto è spinto verso
l’estremità delle lame del rotore,
che attuano una forte miscela-
zione meccanica, e viene poi
espulso attraverso le perforazio-
ni presenti sulla parete del roto-
re (fig. 2). Il concetto di rotore/
statore consente di assumere
che è impossibile che i prodotti
sfuggano all’effetto di miscela-
zione: i prodotti nella testa di la-
voro sono continuamente rinno-
vati e, di conseguenza, è suffi-
ciente che essi effettuino il
passaggio attraverso le perfora-
zioniunavolta soltanto (questoè
il motivo per cui il sistema con-
sente un notevole risparmio di
tempo). Ma quali sono le opera-
zioni che l’enologo deve effet-
tuareper utilizzare lamacchina?
In realtà, nonostante la tecnolo-
gia sia intrinsecamente com-
plessa, il suo utilizzo è così sem-
plice da rendere superflua la
presenza di personale specializ-
zato. Il lievito viene immesso
nella tramoggia della macchina
(fig. 3) e, a seguito dell’apertura
della valvola per la polvere, il
vuoto aspira rapidamente il pro-
dotto verso la camera di aspira-
zione, immettendolo immedia-
tamente nel flusso di mosto ad
alta velocità. La miscela lieviti/
mosto così creata è sottoposta a
intense turbolenze che hanno
come conseguenza l’ottimale
reidratazione ed attivazione dei
lieviti i quali, infine, vengono in-
viati direttamente al serbatoio
da inoculare.
Evidentemente, dunque, la
macchina non necessita di com-
petenze particolari per poter es-
Una tecnologia cheabbina una macchinamiscelatricea specifici ceppiresistenti all a zionemeccanica consente ilrecord di 30 kgdi lievito inoculatiin 30 secondi
Fig. 1- Profilo del rotore in cuisono ben visibile le pale inrotazione.
Fig. 2 – Profilo del rotore in cui èvisibile come la forza centrifugaspinge il mosto verso l’estremitàdelle lame.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 43
sere utilizzata e ciò, con grande
sollievo da parte del cantiniere,
può essere esteso anche per
quanto concerne il momento
della pulizia. La certificazione
Cleaning in Place (CIP), garanti-
sce la possibilità di lavare la
macchina senza il rischio di ac-
cumulare liquido e/o polvere al-
l’interno delle sue componenti.
Il vantaggio, di conseguenza,
non consiste solamente nella fa-
cilità di pulizia, ma anche nella
possibilità di utilizzare la mac-
china per l’inoculo di lieviti di
differenti specie senza temere
inquinamenti microbiologici.
Lieviti resistentiall azione meccanicaUna volta compreso il funziona-
mento della macchina una do-
manda sorge spontanea: perché
non è possibile utilizzare dei co-
muniLSAconquesto tipodi tec-
nologia?
Ebbene, almeno in un primo
momento, questo è quanto han-
no provato ad attuare i creatori
stessi del sistema, ma i risultati
non sono stati soddisfacenti.
Purtroppo, a seguito dell’inten-
sa azionedimiscelazione, i lievi-
ti standard subiscono una forte
riduzione della vitalità e, una
volta immessi nel mosto, condu-
cono una fermentazione stenta-
ta; da qui la necessità della nuo-
va formulazione del lievito secco
attivo. a combinazione della
macchina e del lievito consente
un’idratazione e un’attivazione
dei lieviti istantanea, senza ave-
re rottura delle cellule o perdita
di vitalità, mantenendo al con-
tempo preservati la cinetica di
fermentazione ed i parametri
enologici. Oltre alla perfetta mi-
scelazione di mosto e lievito, un
altro vantaggio connesso a que-
sta tecnologia sono la velocità
dell’operazionee la connessione
diretta con la vasca di fermenta-
zione. Quanto al risparmio di
tempo, ad esempio, un serbato-
io da 1000 hl può essere inocu-
lato in soli due minuti (con una
dose di 30 g/hl); in riferimento
alla connessione della macchi-
na invece, la stessa può essere
immessa in un circuito chiuso
con la vasca da inoculare, previo
adattamento della temperatura
del mosto, o in “derivazione”,
attraverso una valvola a tre vie,
dalla vasca di chiarifica statica
alla vasca di fermentazione.
Prove di cantinaGli anni 2012-2013 hanno vi-
sto una vasta sperimentazione
sul campo di questa coppia di
tecnologie; le prove sono state
svolte in 3 paesi: Sudafrica,
FranciaeSpagnaedhannocoin-
volto 13 cantine, per un totale di
30 fermentazioni. I ceppi di lie-
vito comparati, nella loro versio-
ne standard ed in quella adatta
alla nuova tencologia sono stati
il Fermicru AR2 ed il Fermicru
VR5. I risultati, indipendente-
mente dalla tipologia di mosto,
hanno mostrato cinetiche fer-
mentative identiche, così come
dati analitici equivalenti e nes-
suna differenza significativa a li-
vello sensoriale (tab. 2 mostra il
confronto analitico per uno
Chardonnay vinificato con lievi-
to Fermicru AR2). Nessuna dif-
ferenza di rilievo dunque, se non
a livello operativo; ricorrendo a
questi nuovi sistemi l’impianto
del lievito selezionato diventa
garantito e riproducibile.
IN-LINE READY®, la tecnologia
di cui si parla nell’articolo è un
marchio sviluppato da Oeno-
brands eSilverson.
Fig. 3 – Tramoggia della macchina in-line ready colma dilievito secco attivo.
Tab. 1- Fasi di reidratazione dei lieviti secchi attivi
FASE 1Aggiunta del lievito in una soluzione di acqua+zucchero oacqua+mosto a una t° di circa 38 °C
FASE 2Fase di reidratazione vera e propriaI lieviti passano dal 5% di acqua residua all’80%La durata della fase è di 30 minuti
FASE 3Momento della dispersione/omogeneizzazione dei lieviti all’internodella soluzione attraverso una leggera agitazione della massa
FASE 4
Acclimatazione dei lieviti attraverso l’aggiunta graduale delmosto da inoculare; gli sbalzi termici non devono superare i 5-8°C pena la perdita di vitalità cellulare.Questa fase ha una durata variabile in funzione dellecaratteristiche della massa da inoculare: per grandi masse o permosti dalle basse temperature, può durare alcune ore.
Fig. 4 – Visuale completa della macchina dimiscelazione tra mosto e lieviti secchi attivi.
Tab. 2 Confronto analitico tra uno Chardonnay vinificato con lievitoFermicru AR2 standard e lievito Fermicru AR2 IN-LINE READY
CHARDONNAY(Francia 2012)
TESTIMONEFERMICRU AR2 IN-LINE
READY
Alcol 13,77 13,36
Zuccheri residui 1 1,9
Ac. Totale 3,48 3,44
pH 3,62 3,62
Ac. Volatile 0,28 0,31
Solforosa libera/totale <7 mg/l - 38 mg/l <7 mg/l – 41 mg/l
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
46 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
Lieviti e batteri, enzimi e tannini, attivanti e nutrienti.
L’industria enologica è fortemente stimolata dai conti-
nui progressi nel campo della biologia molecolare e
dell’ingegneria fermentativa, con molteplici opportu-
nità di innovazione e adattamento ad un mercato in
continua evoluzione.
Tanto che ogni anno l’offerta nel campo delle biotecno-
logie di cantina si arricchisce di nuovi coadiuvanti tec-
nologici selezionati, purificati e standardizzati.
Un settore che VigneVini continua a seguire con inte-
resse, grazie alla preziosa collaborazione delle maggio-
ri realtà del comparto.
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venga ricercata una netta espressione delle note aroma-
tiche varietali e fruttate. Sorprendenti i risultati sui vini
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del gruppo B e oligoelementi, tra cui in particolare il magnesio. La funzionalità del
prodotto è completata dalla pre-
senza di tiamina, cellulosa e DAP.
La facilità di impiego ne permette
la dispersione direttamente nella
vasca di fermentazione senza
formazione di grumi, senza im-
piego di acqua e con risparmio
di tempo di lavorazione. Gra-
dualmente la gamma wynTube
si arricchirà di prodotti specifici
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durre vini fruttati, dalle note
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mium®. È un interessante modo per valorizzare la biodi-
versità ancora nascosta nei territori viticoli mondiali e
contribuire ad ottenere vini pienamente espressi nelle
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una particolare attenzione aziendale per le tematiche
dell’ecosostenibilità. Esiste anche un ceppo certificato
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cellulari di lievito in
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fici apportati dall’uti-
lizzo delle cosiddette
scorze di lievito sono
ben noti. Mannomix
nasce da un program-
ma di studio dedicato
a strutturare, utiliz-
zando differenti tipo-
logie di pareti cellulari, ognuna con le sue caratteristiche peculiari, un prodotto
che offra in maniera ottimale tutti i vantaggi di questo prezioso alleato in
enologia. Mannomix ha un elevato potere adsorbente nei confronti di acidi grassi
inibitori e residui di prodotti fitosanitari, senza trascurare nella composizione un
adeguato apporto di steroli ed acidi grassi insaturi fornendo inoltre supporto fisico
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fermentazioni stentate. Mannomix è solo uno dei frutti del grande lavoro svolto
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colonizza il mosto prendendo rapidamente il soprav-
vento sulla microflora indigena spesso responsabile
della comparsa di difettosità.
Non essendo sottoposto allo stress del processo di
essiccamento e della successiva reidratazione, non
solo ha una maggiore vitalità rispetto al lievito secco
attivo, ma presenta anche una migliore e più comples-
sa attività enzimatica ed un maggiore potere acidifi-
cante (pompa protonica).
Non contiene additivi chimici.
È disponibile anche biologico.
Ha un effetto positivo sulla complessità aromatica del
vino e sul pH e presenta una migliore capacità di
sedimentazione, che agevola le operazioni di travaso e
di chiarificazione.
Questi lieviti:
- aumentano l’acidità totale in modo naturale
- producono antiossidanti sostitutivi dell’anidride solforosa
- non producono schiuma
Autolisati naturali prodotti da lieviti in crema Atecnos
Il peculiare processo di lisi adottato assicura la massima solubilizzazione e
biodisponibilità delle componenti derivate sia dalla membrana che dal
citoplasma cellulare.
Sostituiscono qualsiasi altro alimento per lievito
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 49
PERDOMINI IOC S.P.A.
Via Salvo D Acquisto 2 -37036 S. Martino Buon Albergo (VR) -ItalyTel. 045/8788651 - Fax 045/[email protected] - www.perdomini-ioc.com
I tioli varietali rappresentano la
frazione aromatica più impor-
tante dei cosiddetti vitigni
«tiolati», ma anche un fattore
importante in termini di com-
plessità e di intensità fruttata
per svariati altri vitigni. I tioli
sono degli aromi essenziali
implicati nella qualità senso-
riale dei vini bianchi, rosati o
anche rossi,
oggi forte-
mente richiesti dai consumatori. In
enologia, i tioli varietali identificati sono tre e, più
esattamente: il 4MMP (aroma di bosso e guaia-
va), il 3MH (aroma di pompelmo e frutto della
passione), e il A3MH (aroma di frutto della
passione). Questi tioli provengono da precur-
sori inodori, vengono rivelati dal lievito e la loro
presenza può essere ottimizzata agendo su nume-
rosi parametri non facilmente controllabili simultane-
amente. Perdomini-IOC propone una soluzione integrata
per ottenere facilmente vini tiolati: il kit ImpackThiols
composto dal lievito: IOC RÉVÉLATION THIOLS e da un
rivelatore/protettore dei tioli: PROTHIOLS.
LALLEMAND ITALIA
Via Rossini 14/B Castel D Azzano (VR)Tel. 045.512555 Fax: 045.519419www.lallemandwine.com
Per la vendemmia 2014 Lallemand propone nuovi lieviti e batteri dalle innovative
caratteristiche tecnologiche e sensoriali. Tra i non-Saccharomyces l’ultima
novità è Flavia® MP346, una M. pulcherrima selezionata dall’Università di
Santiago del Cile per la sua attività enzimatica -L-arabinofuranosidasica
attiva nel mosto. Flavia permette di migliorare la liberazione dei terpeni presenti
in forma di precursori inodori nel mosto e di altri aromi varietali quali ß-dama-
scenone, 4MMP e 3MH.
Nel campo dei Saccharomyces due originali selezioni incontrano le esigenze di
un’enologia sempre in continua evoluzione: Lalvin ICV oKay® e Uvaferm eXen-
ceTM.
Lalvin ICV oKay® si distingue per la speciale capacità di produrre livelli molto
ridotti di SO2, H2S e acetaldeide. Tale ceppo è il risultato di una partnership tra
Lallemand, INRA e il Sup’Agro di Montpellier volta all’identificazione dei caratteri
genetici che controllano il metabolismo dello zolfo in S. cerevisiae.
eXenceTM, il nuovo ibrido della gamma Uvaferm® nato da una collaborazione
con la Stellenbosh University (Sud Africa), è un ceppo specializzato nella
produzione di aromi fermentativi e rivelazione dei tioli varietali per l’elaborazione
di bianchi e rosati dallo spiccato carattere aromatico.
Sul fronte dei batteri malolattici i nuovi ceppi O-MegaTM MBR® e ICV Elios Alto
1-Step® offrono nuove opportunità per una gestione sicura della fermentazione
malolattica, anche dal punto di vista sensoriale.
OENO
Via dell Industria, 5125030 Erbusco (BS)Tel.: +39(0) 30.7731224 www.oenoitalia.it
La corretta gestione della fermentazione alcolica è alla base della buona
riuscita della vinificazione. È indispensabile un’aggiunta ragionata dei nutrien-
ti, per fornire al lievito ogni tipo di elemento nutrizionale. OENOBOOST è un
prodotto a base di scorze di lievito naturalmente ricco di componenti indispen-
sabili per un’ottima funzionalità del metabolismo dei lieviti, amminoacidi
essenziali, oligopeptidi, vitamine e minerali. Permette di condurre fermentazioni
difficili in quanto le cellule dei lieviti sono in grado di accumulare una scorta di
amminoacidi che possono utilizzare durante la fermentazione.
L’importanza di un giusto apporto amminoacidico si nota nel corso della
fermentazione, quando la corretta nutrizione ha reso la membrana cellulare
del lievito resistente agli stress fermentativi. La presenza di fattori di crescita
assicura un pronto ed adeguato inizio di fermentazione, senza l’eccessivo
incremento della velocità fermentativa e l’innalzamento della temperatura.
di temperatura. Mirtillo Rosso, lievito selezionato specifico per vini Merlot e per
grandi vini rossi giovani e fruttati. Esalta le note di mirtillo rosso e frutti di bosco,
elevata resistenza alcolica (20,5%), efficace adattamento alle differenti compo-
sizioni del mezzo fermentiscibile.
Confermati gli ottimi risultati dei lieviti selezionati di seconda generazione The
Avengers e Fantastici 4.
SPECIALE / BIOTECNOLOGIE
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ENARTIS
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La nuova linea di lieviti Enartis Ferm Q è costituita da ceppi con caratteristiche
fuori dall’ordinario che consentono di fermentare in condizioni critiche o di
produrre vini di qualità superiore.
Enartis Ferm Q Citrus: ceppo per vini bianchi, di elevata alcol tolleranza, produce
intensi aromi d’agrumi e fiori e permette di ottenere vini bianchi freschi anche con
uve molto mature. Adatto per fermentazioni a bassissime temperature.
Enartis Ferm Q5: ceppo per vini rossi, si distingue per la capacità di produrre vini
dall’aroma complesso di frutti rossi e fiori che si conservano e si esaltano anche
per periodi medio lunghi di affinamento in legno.
Enartis Ferm Q7: ceppo per vini rossi, tollerante fino al 17% di alcol, è capace di
mascherare le note di frutta surmatura producendo intense note fresche di frutti
di bosco. Consigliato nella fermentazione di uve prodotte in climi caldi o annate
siccitose.
LAFFORT ITALIA S.R.L.
Strada Ronco Riccarda 2/4 - 15057 TortonaTel. +39 0131 863 608 -Fax +39 0131 821 305 www.laffort.com
Zymaflore® CH9 è un lievito Saccharomyces cerevisiae frutto di una selezione
effettuata su più ceppi isolati nell’ambito di FA spontanee di mosti da uve nella
regione francese della Borgogna (Millesimo 2009).
Nel lavoro di ricerca seguito all’isolamento dei ceppi sono stati efficacemente
utilizzati, fra gli altri, per le fasi preliminari di selezione criteri di screening
genetico quantitativo e di mappatura QTL messi a punto dai ricercatori Laffort che
operano in ambito ISVV Bordeaux.
Nelle seguenti campagne vendemmiali sono state condotte, in entrambi gli
Emisferi, prove comparative in scala reale di cantina, che hanno consentito di
mettere in evidenza le caratteristiche di cinetica fermentativa ed espressione
aromatica del nuovo ceppo in confronto con altri ceppi della medesima selezione e
di LSA tradizionalmente utilizzato per la fermentazione di mosti dalle medesime
uve Chardonnay.
Zymaflore® CH9 esalta le note caratteristiche di mandorla, nocciola fresca e pane
tostato ed esprime Chardonnay caratterizzati da grande rotondità e grassezza.
Presenta una breve fase di latenza, una VMax non eccessivamente elevata ed una
cinetica di FA rapida e decisa in tutte le condizioni..
EVER SRL
Via Pacinotti, 37 - 30020 Pramaggiore (VE)Tel. (+39) 0421 200455 - Fax (+39) 0421 [email protected]
Ever propone un nuovo approccio alla strategia di reidratazione e riattivazione del
OENOBRANDS
distributore Italia: CORIMPEX SERVICE srlVia Cjarbonaris , 1934076 Romans d’Isonzo (Go)tel 0481 91008 / [email protected]
Per ottenere un aroma più fresco e fragrante, l’uva viene vendemmiata
precocemente e mantenuta a basse temperature. I vincoli viticoli, tecnologici
e persino meteorologici hanno spinto le preparazioni enzimatiche commerciali
fino ai loro limiti, con conseguenti chiarifiche molto lente e difficili.
Volendo offrire una soluzione efficiente per questi nuovi scenari di difficili
chiarifiche, Oenobrands ha convalidato l’efficienza di una nuova formulazio-
ne enzimatica grazie ad estese campagne di prove in entrambi gli emisferi.
Rapidase® Clear Extreme, contiene, infatti, nuove pectinasi criofile che
agiscono su una più vasta gamma di pectine.
Quando le condizioni d’illimpidimento sono difficili (basse temperature, basso
pH e/o vitigni difficili da chiarificare), Rapidase® Clear Extreme degrada in
maniera particolarmente efficace le molecole di pectina tramite l’idrolisi
sequenziale delle catene principali e laterali. Il suo impiego permette una
veloce riduzione della viscosità e l’aggregazione delle particelle solide, con
conseguente rapida sedimentazione delle fecce fini e illimpidimento del
mosto.
Rapidase® Clear Extreme si aggiunge al mosto di sgrondo dopo la pressatu-
ra. Il dosaggio varia da 1 a 4 ml/100 kg secondo il vitigno, il contenuto di
pectine, la maturità dell’uva e, soprattutto, la durata del contatto e la
temperatura minima e/o massima del mosto.
lievito, che evidenzia quanto queste fasi possano influenzare in modo sostanziale
tutto il corso della fermentazione alcolica.
Grazie alle competenze tecniche specifiche volte a “comprendere e soddisfare” le
esigenze del lievito, Ever ha messo a punto il protocollo MYCOSTART, che consente
di ridurre i tempi di latenza, garantire cinetiche regolari (particolarmente sulla
chiusura) e diminuire la produzione dell’acidità volatile e dell’acetaldeide, a
favore di un’estrema pulizia ed eleganza olfattive.
MYCOSTART è un protocollo innovativo di lavoro, che si applica dalla fase di
reidratazione all’inoculo del lievito e che abbina il bioattivante specifico MYCO-
START alla tecnica di macro-ossigenazione con VinO2.
Il protocollo prevede di gestire una fase aerobica, che mette il lievito nella
condizione di attivare il metabolismo specifico per la produzione di steroli, acidi
grassi ed aminoacidi specifici.
Il lievito, in perfetta condizione fisiologica, nel momento dell’inoculo in mosto, può dedicare
tutto il proprio metabolismo alla fermentazione. Riducendo tutti i fattori di stress, la
fermentazione risulta più “pulita”, sia dal punto di vista organolettico che analitico.
MYCOSTART si integra perfettamente con tutta la gamma di prodotti EVERINTEC
per la gestione della fermentazione: – CREAFERM - CREAFERM EXTRA- CREA-
FERM GOLD -CREAFERM NO STOP - NUTROZIM.
Le numerose applicazioni del protocollo MYCOSTART eseguite in abbinamento con i
lieviti della gamma MYCOFERM hanno confermato gli straordinari benefici apportati
alle cinetiche fermentative e, di conseguenza, alla valorizzazione dei vini ottenuti.
TECNICA / CANTINA
52 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
OAK CHIPS O BARRIQUE,L’ALTERNATIVA «BOISÉ»di Stefano Sequino
Da diversi anni è am-
messo anche in UE
l’impiego dei trucioli
di legno, coadiuvanti tecnologi-
ci utili per conferire ai vini il
carattere «boisé» senza dover
impiegare botti e contenitori in
legno.
Certamente una soluzione eco-
nomicamente più vantaggiosa
per le imprese vitivinicole, tal-
volta discussa tra gli addetti ai
lavori che – come spesso acca-
de per le “alternative” alla tra-
dizionale prassi enologica – si
dividono tra sostenitori e oppo-
sitori all’impiego degli oak chi-
ps al posto delle barriques.
Per i primi, maggiore economi-
cità e sostenibilità (vedi box)
sono gli elementi di scelta degli
oak chips mentre, per i secondi,
i trucioli rappresentano una
“scorciatoia”, una sorta di sur-
rogato tecnologico che, seppu-
re ammesso, non è in grado di
fornire gli stessi risultati, so-
prattutto per quanto riguarda le
caratteristiche organolettiche
dei vini trattati.
Quali considerazioni dal punto
di vista tecnico-normativo e
quali regole per l’etichettatura
dei vini.
Trucioli, il puntodi vista normativo...Possono essere impiegati nella
fase di vinificazione e di affina-
mento del vino e devono deriva-
re esclusivamente delle diverse
specie di quercia (Quercus
spp.); si tratta dei “pezzi di le-
gno”, più spesso chips per gli
addetti ai lavori, che possono
essere utilizzati allo stato natu-
rale o riscaldati ma che non de-
vono aver subito combustione,
neanche superficiale, né tratta-
menti chimici, enzimatici o fi-
sici diversi dal riscaldamento.
Il Reg. (CE) 606/2009 (appen-
dice 9), oltre a prevederne l’im-
piego, dispone che i “pezzi di
legno” devono avere (almeno
per il 95%) dimensioni maggio-
ri di 2 mm e non devono essere
addizionati con prodotti aroma-
tizzanti.
Per quanto riguarda gli adempi-
menti amministrativi, lo stesso
Regolamento stabilisce l’obbli-
go di annotare su un registro i
singoli trattamenti enologici sul
vino cosicché si possa tracciare
il prodotto sottoposto alla prati-
ca enologica rispetto ai volumi
che, seppure appartenenti alla
stessa categoria merceologica,
non sono stati trattati con oak
chips.
Per lo stesso motivo, in caso di
movimentazione o vendita di vi-
ni sfusi trattati con i “pezzi di
legno” di quercia, il documento
di trasporto speciale deve ripor-
tare l’informazione (da indicare
con codice manipolazione “9”)
relativa all’avvenuta operazione
enologica.
Riguardo invece alla gestione
Tra le questionipiù dibattutela possibilitàdi utilizzare“pezzi di legno”di querciain alternativaai tradizionalicontenitori in legno.In Italia l’usoenologicodei cosiddetti oakchips è ammessoper i vini Igpma non per i Dop
Non si tratta di una semplice accelerazione dell’affinamento in legno.L’utilizzo di chips può rinforzare gli aromi fruttati, incrementare le sensazionidi volume al palato, apportando o meno le caratteristiche note boisé.
TECNICA / CANTINA
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 53
“controllata” del coadiuvante
tecnologico, la normativa UE –
fermi restando gli obblighi
“orizzontali” di tracciabilità –
non prevede alcun registro o
conto speciale finalizzato a ren-
dicontare le informazioni (for-
nitore, quantità e data di in-
gresso nello stabilimento) e
l’utilizzo (scarico) dei “pezzi di
legno” di quercia.
Rispetto alla disciplina UE
(che non pone vincoli rispetto
alle categorie di vino), il legi-
slatore italiano ha ritenuto di
restringere il campo d’applica-
zione dei “pezzi di legno” vie-
tando l’impiego della pratica
enologica per i vini ex VQPRD,
gli attuali vini Dop, ammetten-
dola (implicitamente) soltanto
per i vini Igp.
... e il punto di vistatecnologicoI trucioli di quercia, oltre ad in-
fluenzare direttamente il profi-
lo aromatico dei vini trattati, in-
tervengono (mediante il rilascio
dei tannini ellagici) anche sulla
protezione del vino dai fenome-
ni ossidativi e sulla stabilità del
colore.
Sono essenzialmente i tempi di
contatto (da qualche giorno a
diverse settimane, a seconda
della granulometria e della for-
ma degli oak chips) e le dosi
(g/litro) i parametri tecnologici
da tener presente – consideran-
do anche il grado di tostatura –
per la programmazione di un
trattamento enologico con
“pezzi di legno”.
C’è anche da tenere presente
poi che, oltre ai “classici” tru-
cioli, è possibile impiegare altri
“pezzi di legno”, di diversa
grandezza sino alle staves o do-
ghe, lunghe fino a 1 metro, con
una diversa (più contenuta) su-
perficie di contatto legno-vino
rispetto ai trucioli, elemento
che certamente influisce sui
tempi del trattamento.
Ma è l’obiettivo enologico a gui-
dare la scelta dei parametri tec-
nologici nel complesso, consi-
derando che tempo e dosi d’im-
piego influiscono direttamente
Dentro al termine generico chipsvengono inclusi diversi prodotti didiverse forme: scaglie, polveri, atrucioli, cubetti, fino a stave lungheanche 95 centimetri.
L’alternativo più sostenibile, dagli oak chipsai tappi sinteticiAl di là delle valutazioni tecnologiche e del-
l’impatto di oak chips e barriques sul profilo
aromatico di un vino, c’è da dire che la produ-
zione dei “pezzi di legno” presenta un minore
impatto ambientale; in entrambi i casi (chips e
botti) la materia prima di partenza è rappre-
sentata dalle diverse specie appartenenti al
genere Quercus (per i primi è obbligatoria) ma
la filiera produttiva dei trucioli rispetto a quel-
la dei contenitori consente un maggiore utiliz-
zo del tronco, non sempre adatto per l’otteni-
mento di doghe e assi utili per la produzione di
barriques, tonneaux, ecc..
Sono destinati in tonnellerie, infatti, soltanto
le parti dritte del tronco, senza nodi, difetti o
spaccature e non è detto, tra l’altro, che non vi
siano difetti non visibili che potrebbero rende-
re il legno comunque non idoneo alla produzio-
ne di botti; materia prima che invece è in ogni
caso utilizzabile per la produzione di oak chips
o altri “pezzi di legno”, di diversa dimensione.
Inoltre, grazie alla maggiore superficie di con-
tatto dei chips rispetto ai contenitori in legno si
impiega, a parità di volume di vino, una quan-
tità inferiore di legno ottenendo così un rispar-
mio di materia prima.
Un altro caso su cui riflettere riguarda l’indu-
stria del sughero per l’ottenimento di turaccio-
li (proveniente da Quercus suber L.), dato che
l’estrazione delle plance presenta un impatto
ambientale non di poco conto: la produzione
interna di materia prima è in costante decre-
mento tanto che l’imprenditoria italiana è co-
stretta ad acquistare sughero dalla Spagna e
Portogallo per soddisfare la domanda interna.
Nel frattempo, per motivi commerciali oltre
che ambientali, la tecnologia ha promosso lo
studio e lo sviluppo di materiali sintetici pro-
ponendo sul mercato diverse alternative al su-
ghero, competitive sotto il profilo dei costi,
valide sotto il profilo dell’uniformità delle ca-
ratteristiche fisiche e chimiche ed anche dalle
interessanti performance tecnologiche che in
alcuni casi consentono degli (seppure limitati)
scambi gassosi scongiurando, nel contempo,
la minaccia del gusto di tappo (2,4,6-tricloro-
anisolo).
Per il futuro sarà necessario interrogarsi sul
costo (anche ambientale) della tradizione e su
come le soluzioni “alternative” possono contri-
buire a rendere maggiormente sostenibile alcu-
ne fasi del processo di elaborazione dei vini.
TECNICA / CANTINA
54 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
(anche in funzione del grado di
tostatura dei trucioli) sul profilo
aromatico e sull’impatto «bo-
isé» che si vuole ottenere.
Per quanto riguarda l’impatto
sul profilo organolettico dei vini
trattati con oak chips rispetto ai
contenitori in legno, i risultati
sono piuttosto controversi: se-
condo alcune esperienze, gli
oak chips contribuiscono (spe-
cialmente se impiegati a con-
clusione del processo di elabo-
razione) ad un impatto organo-
lettico più “aggressivo”,
associato ad una minore finez-
za e, in generale, ad una minore
complessità sensoriale.
In altri casi, invece, i vini tratta-
ti con i chips sembrano posse-
dere un profilo aromatico assi-
milabile ai vini affinati in conte-
nitori di legno, soprattutto se,
accanto alla corretta modula-
zione tempo-dosi degli oak chi-
ps, viene associata anche una
blanda microssigenazione che
favorisce la polimerizzazione
dei polifenoli e l’evoluzione dei
precursori aromatici.
Ciò nonostante, secondo alcu-
ni studi, la Gas Cromatografia-
Spettrometria di Massa (GC-
MS) è in grado di rilevare diffe-
renze analitiche tra i vini trat-
tati con oak chips, più ricco di
-metil- -octalattone (sentore
di noce di cocco) e della vanil-
lina (vaniglia), soprattutto
quando viene impiegata rovere
americana (Ribéreau-Gayon,
2004).
Da considerare poi anche il re-
quisito della purezza dei trucio-
li che – impone genericamente
il Reg. (CE) 606/2009 – non
devono liberare sostanze in
concentrazioni tali da compor-
tare eventuali rischi per la salu-
te. Al riguardo, l’attenzione è
particolarmente rivolta agli
Idrocarburi policiclici aromati-
ci (Ipa), molecole che si forma-
no dalla combustione incom-
pleta della sostanza organica;
diversi studi e ricerche hanno
comunque dimostrato che un
processo di riscaldamento degli
oak chips ben gestito e corretta-
mente condotto non comporta
alcun rischio.
Quale etichettaper oak chips e vino(non trattato)Per quanto riguarda le caratte-
ristiche e la provenienza degli
oak chips posti in commercio,
la normativa UE prevede sia ap-
posta un’etichetta sulle confe-
zioni dei “pezzi di legno” per
uso enologico che deve indica-
re, oltre alla/e specie botaniche
di quercia, anche l’intensità
dell’eventuale riscaldamento,
le condizioni di conservazione
del prodotto e le prescrizioni di
sicurezza.
Per il vino, invece, il Reg. (CE)
607/2009 prevede specifiche
indicazioni (allegato XVI) da po-
ter riportare (facoltativamente)
in etichetta nel caso i vini Dop e
Igp siano stati fermentati, ma-
turati o invecchiati in un conte-
nitore di legno; informazioni
che ovviamente non possono
essere utilizzate per designare
un vino elaborato mediante
l’impiego (in Italia ammesso
solo per i vini Igp) di “pezzi di
legno” di quercia, divieto che
rimane valido anche nel caso il
vino sia stato elaborato median-
te una combinazione tra oak
chips e recipienti in legno.
Tuttavia, a fronte di una specifi-
ca informazione (seppure facol-
tativa) per indicare l’utilizzo di
contenitori in legno non sono
previste indicazioni né l’obbli-
go di dichiarare, viceversa, il
trattamento del vino con “pezzi
di legno” di quercia.
Quali considerazioniIl motivo dell’impiego del legno
nel vino, in alternativa al più tra-
dizionale vino nel legno, è di na-
tura essenzialmente economi-
ca; oltre all’abbattimento dei
costi di acquisto, gestione e ma-
nutenzione dei tradizionali (e
costosi) contenitori in legno, gli
oak chips consentono di ottene-
re a buon mercato ingenti mas-
se di vino provviste del carattere
«boisé», anche omogenee sotto
il profilo organolettico.
Infatti, mediante la preliminare
scelta degli oak chips come co-
adiuvanti tecnologici e il moni-
toraggio delle condi-
zioni di utilizzo (tem-
pi, dosi, livello di
tostatura, ecc.) è
possibile ottenere,
oltre all’omogeneità
delle partite di vino,
una grande riprodu-
cibilità del risultato
tecnologico, concet-
to che per alcuni
aspetti è stretta-
mente legato al con-
cetto di standardiz-
zazione delle pro-
duzioni vitivinicole;
fenomeno, que-
st’ultimo, che ten-
de ad omologare
l’offerta enoica an-
che perché, se ge-
stito in maniera
non corretta, l’im-
piego enologico
dei trucioli può
conferire note le-
gnose piuttosto in-
tense in grado di
“coprire” gli aromi varietali.
In ogni caso, prescindendo dal
metodo impiegato (oak chips o
barrique), è importante poter
garantire il consumatore rispet-
to ad eventuali “scorciatoie”
nel caso in cui si reclami in eti-
chetta una conservazione o un
invecchiamento del vino in bar-
rique che invece è stato trattato
con oak chips o altri “pezzi di
legno”.
Un potenziale strumento è for-
nito dalla EIC (Ecole d’Ingé-
nieurs de Changins) che me-
diante un’indagine analitica
basata sull’impiego della Gas
Cromatografia-Spettrometria di
Massa (GC-MS) consente di ri-
conoscere l’origine (barrique o
oak chips) del carattere «boisé»
del vino.
TECNICA / VIGNETO
56 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
CAOLINO, IL RITORNODELLA POLVEREdi Marisa Fontana e Bruno
Ranieri “Il metodo del suc-
cesso consiste in
larga misura nel
sollevamento della polvere”.
Certo Luciano Bianciardi
(compianto scrittore, saggista,
giornalista, traduttore e critico
televisivo italiano, autore del
best seller La vita agra) si rife-
riva a ben altro, ma presa in se
stessa questa frase si attaglia
perfettamente al “caolino”,
una polvere un po’ particolare
che sta avendo un certo suc-
cesso in agricoltura, specie in
contesti di forte insolazione.
Tutti pensano che la difesa del-
le colture agrarie sia nata nella
seconda metà del XIX secolo,
ma interessanti lavori di Smith
e Secoy, datati a metà degli
anni ‘70 del secolo scorso, ri-
portano innumerevoli strategie
proposte dagli autori Greci e
Romani per difendere le piante
dai patogeni, tra cui anche
l’impiego di polveri di vario ge-
nere (cenere, polvere di zolfo,
ecc.). Vi sarà poi capitato di
vedere uccelli di varia taglia
esibirsi in energici bagni di
polvere per allontanare da loro
fastidiosi parassiti, chiaro
esempio di come la mimesi
della natura abbia portato a fa-
re i primi trattamenti fitosani-
tari in forma polverulenta. La
chimica moderna a creato for-
mulazioni sempre più sofisti-
cate, quasi sempre da veicola-
re con acqua. Di fatto l’uso del-
l’acqua come veicolante dei
presidi fitosanitari è comodo e
soprattutto limita i fastidi che
le polveri possono arrecare agli
operatori e ai mezzi di distribu-
zione delle medesime.
Forse proprio per unire l’effetto
di certe polveri con la comodità
dell’acqua, è stata messa a
punto una tecnologia di prepa-
razione di una finissima polve-
re di caolino che viene distri-
buita in acqua con i normali
mezzi di distribuzione dei fito-
farmaci.
Il caolino è una roccia sedi-
mentaria, piuttosto tenera, co-
stituita per lo più da caolinite,
un minerale silicato delle argil-
le. Il suo impiego spazia nei
settori più disparati, dall’edili-
zia alla cosmesi, all’alimenta-
zione umana, all’agricoltura.
Alla fine degli anni ‘90 sono
state testate in campo applica-
zioni di microparticelle mine-
rali, opportunamente sagoma-
te e dimensionate, al fine di
verificarne l’efficacia nel con-
trastare insetti, acari e malat-
tie fungine e nel 1999, in alcu-
ne aree degli Stati Uniti, sono
usciti i primi formulati com-
merciali impiegabili su melo e
pero. Successive esperienze
hanno riguardato colture orti-
cole e piccoli frutti e più tardi
si è sviluppata la ricerca anche
su vite, a partire dalle aree cal-
do aride di recente viticoltura
per arrivare in Europa, viste le
Microparticelleminerali formulate perfacilitarne ladistribuzione, efficacicontro le scottature enon solo. Già utilizzatein chiave insetticida,le prove in Romagnamostrano ancheun’attività neiconfronti della botrite.Un utile sostegno perla viticoltura bio?
Foto 1 Effetto dell applicazione dicaolino su Botrite.
TECNICA / VIGNETO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 57
sempre più ricorrenti estati
calde.
Fil protettiviProprio i cosiddetti “cambia-
menti climatici” hanno indotto
a tentare, anche su vite, la
strada della “Particle Film Te-
chnology” (HPF), ovvero della
creazione di film protettivi con
l’uso di carbonato di calcio o
caolino sulla vegetazione e sui
grappoli, per ridurre i danni da
eccesso di temperatura o da ir-
raggiamento solare.
La tecnologia HPF è stata svi-
luppata a partire da particelle
chimicamente inerti di caolino
di diametro opportuno (< 2 mi-
cron), che offrono i seguenti
vantaggi:
1) sono chimicamente inerti e
non corrosive,
2) sono formulate in modo da
poter essere spruzzate per cre-
are una pellicola uniforme,
3) non ostacolano gli scambi
gassosi della foglia,
4) trasmettono la radiazione
fotosinteticamente attiva
(PAR) e riflettono parzialmente
i dannosi raggi ultravioletti
(UV) e infrarossi (IR) dalla su-
perficie fogliare,
5) alterano il comportamento
di insetti e/o patogeni sulla
pianta (gli insetti non riescono
a nutrirsi o a deporre le uova),
6) possono essere facilmente
rimosse dalla pianta o dal pro-
dotto vegetale.
Efficacia insetticidaLa ricerca sul campo ha dimo-
strato che questa tecnologia
fornisce effettivamente una si-
cura alternativa agli insetticidi
convenzionali su una vasta
gamma di colture, può coadiu-
vare l’azione di certi principi
attivi, migliorare le condizioni
generali delle piante, la qualità
dei frutti e, nel lungo periodo,
secondo alcuni autori, anche
le condizioni del suolo (assen-
za di effetti negativi sulla po-
polazione dei lombrichi).
Uno dei primi aspetti indagati
in merito all’uso del caolino è
stata la verifica sulla eventuale
riduzione di efficienza fotosin-
tetica, visto che di fatto il trat-
tamento “riveste” completa-
mente le foglie: in realtà si è
riscontrata una minima ridu-
zione della luce, inoltre la na-
tura riflettente delle particelle
limita lo stress da caldo sulle
foglie (fig. 1) e abbassa la tem-
peratura all’interno della chio-
ma, favorendo le condizioni ot-
timali di fotosintesi per un
tempo maggiore nell’ambito di
una giornata particolarmente
calda.
In lavori più recenti, specifica-
mente dedicati alla vite, si è
cercato di capire anche l’effet-
to interattivo tra la copertura
con caolino e la carenza idrica,
visto che nelle aree del nuovo
mondo è possibile guidare l’ir-
rigazione e indurre un adegua-
to stress idrico con finalità
qualitative. L’informazione è
comunque importante anche
per l’Italia, dove molto spesso
la viticoltura è ancora una col-
tura “seccagna”. Un prova
triennale condotta nel clima
caldo e semi-arido dell’Idaho,
su Cabernet Sauvignon e Mal-
bec, ha evidenziato come la
concentrazione di antocianine
totali incrementasse all’au-
mentare del deficit idrico, an-
che se questo aumento era ac-
compagnato da un calo del pe-
so fresco delle bacche. Nelle
viti trattate con caolino e non
sottoposte ad uno stress idrico
severo, in due annate su tre,
però, si è assistito ad un eguale
incremento di antocianine,
senza perdita di peso degli aci-
ni. La “Particle Film Tecnolo-
gy” ha influenzato la condut-
tanza stomatica e la tempera-
tura fogliare e si sono ottenute
risposte diverse a seconda del-
lo stato idrico delle piante e
Foto 2 Vite trattata conSurround fino al punto digocciolamento.
Fig. 1 Effetto del trattamento con caolino sullatemperatura fogliare
TECNICA / VIGNETO
58 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
della cultivar: ciò ha suggerito
che la risposta alla carenza
idrica delle viti finisce per in-
fluenzare l’efficacia dell’appli-
cazione, che nelle condizioni
dello studio e con un leggero
stress idrico ha consentito co-
munque di perseguire il mi-
glior risultato in termini di au-
mento del contenuto in anto-
ciani. Potrebbe essere
stimolante valutare anche l’ef-
fetto dell’applicazione del cao-
lino su uve aromatiche o semi-
aromatiche, come Sauvignon.
Le prove a PredappioAl momento l’applicazione più
interessante per il nostro Pae-
se, alla luce di stagioni sempre
più calde e asciutte, è la ridu-
zione delle scottature e di con-
seguenza un minor detrimento
del colore nelle uve a bacca
nera e un minor calo del peso
di produzione.
Si stanno realizzando in diver-
se aree viticole di pregio d’Ita-
lia, prove applicative di Sur-
round con questa finalità prin-
cipale. Anche la Cantina di
Forlì Predappio ha intrapreso
alcune prove, coordinate da
Serbios, a supporto dei propri
soci, ma purtroppo la campa-
gna 2013 non ha consentito di
fare stime sull’entità dai danni
da scottature, visto l’anda-
mento climatico fresco e pio-
voso. D’altra parte sono emer-
se alcune considerazioni che
potrebbe valere la pena appro-
fondire.
Le prove sono state realizzate
su vigneti di Sangiovese, trat-
tati la prima volta con Sur-
round in prossimità dell’inva-
iatura e dopo circa 20 giorni a
causa di una pioggia intensa. A
partire dall’invaiatura sono
stati prelevati, a cadenza setti-
manale, campioni di acini per
seguire l’andamento della ma-
turazione (fig. 2) e, anche se
sostanzialmente non si sono
evidenziate differenze di rilie-
vo, nella tesi trattata con Sur-
round sembra esserci un deca-
dimento leggermente più lento
dell’acidità e valori di pH che
tendono a mantenersi legger-
mente più bassi rispetto al te-
stimone non trattato.
Botrite e cicalina verdeAl momento dei primi campio-
namenti, eseguiti tra le ore 11
e le ore 14, si è avuta la perce-
zione di un microclima più fre-
sco all’interno della chioma.
Poi, la “rottura” del tempo me-
teorologico e l’arrivo di precipi-
tazioni importanti, non hanno
permesso di valutare eventuali
danni dovuti ad un eccessivo
soleggiamento, spostando le
osservazioni sulla comparsa
della botrite:
i grappoli attaccati dal fungo
erano in numero inferiore nella
tesi trattata e comunque anche
i grappoli colpiti presentavano
danni inferiori (meno acini con
la muffa: foto 1).
Altra osservazione, che vale la
pena riportare, riguarda un al-
tro vigneto in cui l’area trattata
evidenziava solo rarissimi sin-
tomi fogliari legati ad un attac-
co piuttosto tardivo di cicalina
verde.
Si tratta solo di osservazioni
preliminari, ma sicuramente
l’impiego del caolino potrebbe
diventare un aiuto importante
per i viticoltori biologici e dare
una mano anche a chi fa dife-
sa integrata per ridurre ulte-
riormente l’impatto delle dife-
sa sull’ambiente e sull’uomo.
D’altra parte il caolino non
può non catalizzare le simpa-
tie degli agricoltori, poiché è a
base di silicio e Stainer, padre
della biodinamica moderna,
affermava che le forse di sim-
patia vivevano nell’elemento
siliceo.
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Shellie K.C. - King B.A. (2013) – Kaolin
Particle Film and water deficit influence
red winegrape color under high solar ra-
diation in an arid climate. American Jour-
nal of Enology and Viticulture, vol. 64 n.
2: pp. 214-222.
Fig. 2 – Effetto dell’applicazione di caolino sullamaturazione di Sangiovese (Forlì, 2013)
TECNICA / VIGNETO
60 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
ENERGIA DAI RESIDUIDI POTATURAdi Alessandra
Biondi Bartolini In Italia vengono prodotti
ogni anno dai soli vigneti
più di un milione di ton-
nellate di residui di potatura.
Tali residui insieme ai prodotti
legnosi provenienti dagli
espianti e dagli altri prodotti di
scarto della lavorazione delle
uve (raspi, vinacce e fecce)
possono rappresentare, una
fonte energetica e di reddito per
le aziende agricole. Se ne è par-
lato nello workshop organizzato
da Forgreen spa nell’ambito
del progetto GBE Factory
(www.gbefactory.eu) l’8 aprile
scorso in occasione di Vinitaly,
nel quale sono stati presentati
alcuni casi studio di aziende
che hanno valutato e realizzato
una filiera di raccolta e riutiliz-
zo a fini energetici dei sarmen-
ti.
Scarti che diventanorisorsaL’uso delle energie rinnovabili
il cippato di vite ha unpotere calorificoelevato.Le esperienze in corsodi filiera vigneto-energiache consentono disfruttare conefficienza questopotenziale
Raccolta deisarmenti ecippatura in vignetocon raccoglitrice-cippatrice Cippattiladi Da Ros pressoTenuta Pule.Sarmenti preparatiin andana al centrodel filare.
TECNICA / VIGNETO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 61
in Italia è in continua crescita
(un rapporto del Ministero dello
sviluppo economico evidenzia
una crescita dal 6,83% del-
l’energia totale prodotta nel
2005 al 15,08 nel 2012) e tra
questi sta acquisendo sempre
maggior rilievo l’uso delle bio-
masse a fini energetici.
Secondo Vito Pignatelli di Enea
la bioenergia è una fonte rinno-
vabile continua e programma-
bile strettamente legata al terri-
torio che può contare su una
pluralità di materie prime (bio-
masse residuali o colture dedi-
cate) e sulla disponibilità di
tecnologie mature ed affidabili
per la produzione di calore da
biomasse solide, elettricità da
biomasse, biogas e biocarbu-
ranti da biomasse e colture de-
dicate.
Sebbene non sia ancora del tut-
to chiaro quanto l’agricoltura
italiana sia adatta alla produ-
zione di bioenergie da colture
dedicate, sono moltissimi i sot-
toprodotti e gli scarti delle di-
verse coltivazioni, così come
quelli derivanti da una corretta
e rivalutata gestione del bosco,
che potrebbero essere valoriz-
zati nella produzione di ener-
gia, trasformandosi da rifiuti o
residui in materie prime e fonti
di reddito.
Tra questi, soprattutto per l’im-
portanza e la diffusione della
coltivazione della vite in tutte le
regioni italiane, i residui di po-
tatura fino ad oggi trinciati e
lasciati in vigneto o bruciati a
bordo campo (pratica tuttavia
non più consentita nella mag-
gior parte delle regioni a causa
dei limiti sulle emissioni in at-
mosfera) rappresentano un ca-
pitolo importante.
L’uso energetico delle biomas-
se, ha sottolineato sempre Pi-
gnatelli nell’incontro di Vero-
na, ha costi elevati di raccolta,
trasporto e stoccaggio, data la
ridotta densità energetica e il
contenuto in umidità, e diven-
ta conveniente quando (tenen-
do conto anche del risparmio
KWhKg di cippato perprodurre la stessa
energia
Kg di pellet perprodurre la stessa
energia
1 litro di gasolio 10 3 2
1 litro di GPL 6,82 2 1,5
1 mc di metano 10 3 2
Tab. 1 - Quanta energia si produce con i combustibili fossilie quanta con la combustione dei sarmenti?
Fig. 1 - I possibili utilizzi degli scarti e dei sottoprodotti del vigneto e della cantina (daPignatelli, 2014).
TECNICA / VIGNETO
62 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
sui costi di smaltimento come
rifiuti dei reflui e degli scarti di
lavorazione) il luogo di trasfor-
mazione e quello di raccolta o
stoccaggio si trovano molto vi-
cini o meglio coincidono. Per
questo motivo la produzione di
energia, termica o elettrica o
entrambe da biomasse deve
essere considerata non tanto
come un’attività di trasforma-
zione ma come una filiera, da
inserire nelle economie dei di-
versi distretti locali. Per rende-
re economicamente sostenibi-
le e redditizia la filiera, la ge-
stione della logistica di
raccolta, trasporto e stoccag-
gio dei sarmenti risulta fonda-
mentale ed è stato calcolato
che se il trasporto della mate-
ria prima supera i 15-20 km
dal campo al centro di cippatu-
ra e di trasformazione in ener-
gia la convenienza comincia a
ridursi.
Da 2 a 4 tonnellate perettaroLa quantità di sarmenti prodotti
da ogni ettaro di vigneto varia
dalle 2 alle 4 tonnellate di tralci
freschi (con contenuto in umi-
dità di circa il 50%) per anno,
in funzione prevalentemente
della varietà, della densità
d’impianto, la forma di alleva-
mento e la vigoria delle piante.
Sperimentalmente è stata sta-
bilita una relazione tra la resa di
uva per ettaro e la quantità di
materiale di potatura per ogni
anno (materiale di potatura =
resa uva * 0,113 + 2).
Dal punto di vista qualitativo il
cippato di vite ha un potere ca-
lorifico anidro buono e parago-
nabile se non più elevato a
quello di diverse essenze le-
gnose utilizzate per il riscalda-
mento o come legna da ardere.
La quantità di ceneri prodotte
(e quindi di scarti di produzio-
ne del ciclo energetico da
smaltire) è più elevata rispetto
a quella di altri legnami, men-
tre il loro punto di fusione, in-
versamente correlato ai feno-
meni che danno luogo allo
sporcamento di caldaie e tubi,
è elevato e non paragonabile a
quello di altre biomasse come
le colture erbacee o i loro scarti
comunque utilizzati a scopo
energetico.
La composizione chimica evi-
denzia valori più elevati rispetto
a quelli presenti in altre essen-
ze legnose per l’azoto e il rame,
a causa in quest’ultimo caso
della presenza di residui di trat-
tamenti fitosanitari. Entrambi i
valori tuttavia non sembrano in-
fluire sulla qualità delle emis-
sioni gassose le cui caratteristi-
che rientrano in quelle richieste
dalle normative vigenti.
L utiliz zo dell energiadai sarmentiIn Italia la sola produzione di
energia termica rappresenta il
45% del consumo energetico
complessivo. L’utilizzo dei resi-
dui di potatura in forma di cip-
pato o di pellet in caldaie adat-
te per il riscaldamento di locali
e abitazioni è pertanto la solu-
zione più diretta, che presenta
tecnologie sufficientemente
mature per garantire ottimi ren-
dimenti e basse emissioni.
Le caldaie alimentate a bio-
masse lignino-cellulosiche tut-
tavia possono essere integrate
con macchine a ciclo Rankine o
Stirling per la conversione del-
l’energia termica in energia
GBE Factory
Il progetto europeo GBE Factory ha lo scopo di
promuovere in realtà commerciali e industriali
di diverso tipo l’inserimento di impianti per
l’ottenimento di energia da fonti rinnovabili.
Tra le altre finalità il progetto coordinato da
Unioncamere del Veneto, del quale la società
veronese Forgreen è capofila tecnico, ha lo
scopo di realizzare studi di pre-fattibilità per
gli imprenditori che vorranno valutare la possi-
bilità di trasformare le loro aziende in GBE
factory e di creare un network per la condivi-
sione del know-how tra imprese di servizi, tec-
nologie, organizzazioni, progettisti e clienti
che operano o che si stanno avvicinando al
settore delle energie rinnovabili.
Uno degli studi dimostrativi realizzati è stato
quello che valutava la realizzazionediun impian-
to per la produzione di calore e frigorie ,dai sar-
menti dei soci conferitori presso la Cantina di
CastelnuovodelGarda (VR).
TECNICA / VIGNETO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 63
meccanica e poi elettrica nei
cosiddetti impianti di cogene-
razione.
La pirogassificazione è il pro-
cesso che permette, parallela-
mente alla produzione di calo-
re, di utilizzare il gas prodotto
nella pirolisi delle biomasse le-
gnose, il Syn-gas, ed alimenta-
re con esso un sistema di pro-
duzione di energia elettrica e
termica.
A livello sperimentale è impor-
tante anche segnalare il Proget-
to di Filiera BIOSEGEN, finan-
ziato dal MiPAAF e coordinato
da ENEA, con l’obiettivo di veri-
ficare la fattibilità di alcune fi-
liere locali (tra le quali quella di
produzione di residui di potatu-
ra di vigneto) per la produzione
di biocarburanti come il bioeta-
nolo a partire da specifiche col-
ture o biomasse residuali ligno-
cellulosiche.
L es perienzadella Coop CoalUna delle prime esperienze e
probabilmente la più completa
di creazione di una filiera vigne-
to-energia, scelto anche come
modello dimostrativo di GBE
Factory, è quella realizzata dal-
la Cooperativa Coal di Motta di
Livenza (TV).
“L’obiettivo era quello di creare
una filiera corta nella quale, ol-
tre alle aziende agricole socie
della cooperativa, venissero
utilizzate risorse, mezzi ed
aziende del territorio e che pro-
ducesse valore aggiunto e ric-
chezza sullo stesso territorio”
ha spiegato Ezio Martin diretto-
re della cooperativa agricola.
Il progetto prevede la realizza-
zione di un sistema di raccolta e
stoccaggio dei residui di pota-
tura da 1500 ettari di vigneto,
la cippatura o la trasformazione
in pellet e la restituzione della
biomassa ai soci che, attrezza-
tisi in alcuni casi essi stessi con
delle caldaie per le loro azien-
de, potevano utilizzarle o ven-
derle. La raccolta dei sarmenti
viene effettuata con una mac-
china rotoimballatrice trainata,
il cui lavoro è ottimizzato nei
tempi e nel rendimento con la
preparazione del vigneto da
parte dei soci che dispongono i
tralci a filari alterni in andane al
centro dell’interfila.
Le balle sono accatastate fuori
dal vigneto e quindi trasportate
al centro aziendale, dove sosta-
no per un periodo di stagionatu-
ra di almeno 5 o 6 mesi, duran-
te il quale il contenuto in umi-
dità passa dal 40-45% del
prodotto fresco al 25-30%.
Sempre presso il centro azien-
dale il prodotto viene cippato
per essere restituito ai soci che
possono venderlo o utilizzarlo
nelle loro aziende (sono cinque
le aziende che si sono attrezza-
te con una propria caldaia).
Recentemente la cooperativa,
grazie ai fondi del Gal Veneto, ha
costituito Agrivitenergy, una nuo-
va società che oltre a svolgere
l’intero servizio di raccolta, stoc-
caggio (per il quale si sta comple-
tando la costruzione di un capan-
none adibito solo a questo utiliz-
zo), cippatura e in futuro
pellettizzazione dei sarmenti,
produrrà energia rinnovabile di-
stribuita alle aree industriali del-
la zona e agli enti pubblici per il
riscaldamentodi locali ededifici,
quali scuole e uffici.
Le ceneri, un rifiuto a tutti gli effetti
Il Decreto legislativo 152/2006 (norme in
materia ambientale) classifica le ceneri
residue dalla combustione delle biomas-
se come rifiuti speciali non pericolosi,
nella categoria rifiuti inorganici prove-
nienti da processi termici. In questo con-
testo lo smaltimento in discarica (che tra
l’altro comporta un costo per l’azienda)
rappresenta solo una delle possibili solu-
zioni. Le ceneri possono andare incontro a
delle procedure semplificate (DM
186/2006), essere recuperate come sot-
toprodotti e utilizzate nella produzione di
conglomerati cementizi o nella produzio-
ne di compost e di fertilizzanti.
Stoccaggio del cippato pressoTenuta Pule (VR).
TECNICA / VIGNETO
64 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
Il modello di TenutaPuleUna soluzione diversa per la
raccolta e lo stoccaggio dei
sarmenti è quella adottata dal-
la Tenuta Pule in Valpolicella
che utilizza una trinciatrice
(Cippattila della Da Ros Green)
dotata di un rotore con lama e
contro-lama, che taglia e trin-
cia i sarmenti direttamente du-
rante la loro raccolta in vigne-
to. Il trinciato viene quindi
stoccato per la stagionatura al-
l’interno di un deposito coper-
to o in vigneto sotto teli di tes-
suto non tessuto che proteggo-
no il legno dall’ acqua piovana
pur non impedendo l’evapora-
zione dovuta al processo di es-
siccazione.
La Tenuta Pule, prima azienda
italiana ad ottenere la certifica-
zione ISO14001, si è dotata di
pannelli fotovoltaici per soddi-
sfare il fabbisogno in energia
elettrica e di un a caldaia che
funziona con i residui di potatu-
ra degli 80 ettari vitati, per il
riscaldamento di 1300 metri
quadri di appartamenti ed uffi-
ci. “L’investimento iniziale per
l’installazione della caldaia a
piano mobile Heizomat RHK
AK155 è stato di 100.000 Eu-
ro” ha spiegato Pierluigi Zappa-
roli “ Tenendo conto che il con-
sumo precedente era di
30.000 litri l’anno di gasolio ad
un costo di circa 1,39 Euro al
litro e che il costo per la raccol-
ta del cippato è di circa 50 Euro
a tonnellata, con un consumo
di circa 100 tonnellate l’anno,
il risparmio in un anno è già di
36.700 Euro”.
Lo studio di ForGreenLo studio effettuato da ForGre-
en come Demo del progetto
GBE Factory presso la Cantina
di Castelnuovo del Garda consi-
ste nella valutazione dell’in-
stallazione di un impianto a
cippato ottenuto dai sarmenti
di vite raccolti in rotoballe, nei
1200 ettari di vigneto dei soci
della cooperativa. L’impianto
previsto ha lo scopo di produrre
il calore necessario alla cantina
e agli uffici (attualmente pro-
dotto con due caldaie a gasolio)
e a soddisfare il fabbisogno in
frigorie (prodotte da due gruppi
frigo alimentati ad energia elet-
trica) nell’intero corso dell’an-
no, potendo anche coprire il
picco di richiesta di freddo dei
mesi di settembre e ottobre che
rappresenta da solo il 45% del
consumo di tutto l’anno.
Il cippato, prodotto in azienda
con un impianto di proprietà o
in contoterzi, bruciato in una
caldaia potrà essere utilizzato
per il riscaldamento e il raffred-
damento, prodotto con un si-
stema di cogenerazione realiz-
zato abbinando alla caldaia un
ciclo termodinamico ad assor-
bimento in grado di produrre
frigorie dal calore. L’energia
termica necessaria prodotta
con una soluzione di questo ti-
po è di 1510 Mwh/anno e per-
mette di risparmiare 48.000
Euro di gasolio per riscalda-
mento e 98500 Euro di energia
elettrica attualmente spesi per
il raffreddamento. A questo ri-
sparmio che, unito ad una pos-
sibile vendita di energia (la pro-
duzione di sarmenti eccedereb-
be il fabbisogno per il
funzionamento dell’impianto
aziendale), si devono aggiunge-
re le minori emissioni di CO2
calcolate in 150 tonnellate
ogni anno. L’intera operazione
permetterebbe, al netto di
qualsiasi contributo, il rientro
dell’intero investimento inizia-
le in circa cinque anni e mezzo.
La realizzazione studiata è un
modello replicabile e applica-
bile a realtà energivore con di-
stribuzioni discontinue del
consumo energetico nel corso
dell’anno come sono le cantine
sociali.Cippato di sarmenti di vite.
PC0 MJ/Kg poterecalorifico anidro
Ceneri % ssPunto di fusionedelle ceneri
Pioppo (Src) 18,5 1,8 1335
Abete rosso(con corteccia)
18,8 0,6 1426
Vite (cippato) 19,8 3,4 1450
Miscanto 17,6 3,9 973
Paglia di frumento 17,2 5,7 998
Tab. 2 - Caratteristiche del cippato di vite
RUBRICHE / NORMATIVA
66 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
di Loredana D A lfonso - Ismea
Pubblicato in Gazzetta (la n. 144 del
24 giugno scorso) il decreto-legge
del 24 giugno 2014 n. 91 che con-
tiene, alla lettera, “Disposizioni urgenti per il
settore agricolo, la tutela ambientale e l'effi-
cientamento energetico dell'edilizia scolasti-
ca e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle
imprese, il contenimento dei costi gravanti
sulle tariffe elettriche, nonchè per la defini-
zione immediata di adempimenti derivanti
dalla normativa europea”.
Il provvedimento, entrato in vigore il giorno
seguente dalla pubblicazione, contiene, al-
l’articolo 2, disposizioni urgenti per il rilancio
del settore vitivinicolo, che vanno a modifica-
re la legge 20 febbraio 2006, n. 82 sulla Ocm.
Vediamo come.
Sostanze (meno) vietateAll’articolo 3 (produzione mosto cotto) il com-
ma 2 della 82 si modifica nel senso che viene
ammessa la produzione di mosto cotto, (deno-
minato anche saba, saga o similari), previa
semplice comunicazione al competente uffi-
cio territoriale dell'Ispettorato centrale della
repressione frodi. Viene così eliminata la ne-
cessità di ottenere una preventiva autorizza-
zione.
Si estende il regime già previsto nella prepara-
zione delle bevande aromatizzate introducen-
do la possibilità di utilizzo di saccarosio, alcol
etilico, coloranti, edulcoranti e aromi consen-
titi per la preparazione di bevande spiritose.
All'articolo 6, (sostanze vietate) dopo il com-
ma 3, viene aggiunto il 3-bis che consente,
nei locali di un'impresa agricola intercomu-
nicanti con quelli in cui si estraggono mosti o
vini ottenuti dalla medesima impresa, anche
la detenzione di acquavite, alcol e altre be-
vande spiritose; zuccheri in quantitativi su-
periori a 10 chili e loro soluzioni; sciroppi,
bevande e succhi diversi dal mosto e dal
vino; aceti; sostanze zuccherine o fermenta-
te diverse da quelle provenienti dall'uva
fresca; uve passite o secche o sostanze da
esse derivanti, ad eccezione delle uve in
corso di appassimento per la produzione di
vini passiti o tradizionali. In questi casi, la
detenzione è soggetta ad una preventiva co-
municazione da inviarsi al competente uffi-
cio dell'Ispettorato centrale.
All'articolo 14 (detenzione di vinacce, centri
di raccolta temporanei fuori fabbrica, fecce di
vino, preparazione del vinello), l’autorizzazio-
ne dell’Ispettorato rilasciata alle distillerie
per la istituzione dei centri di raccolta tempo-
ranei fuori fabbrica, viene sostituita dall’invio
di una comunicazione all’Ispettorato stesso
da parte della distilleria.
Tempistica più comodaSemplificati anche i tempi delle comunica-
zioni: la detenzione di vinacce destinate ad
altri usi industriali, diversi dalla distilla-
zione, deve essere comunicata all’Ispetto-
rato non più ‘almeno entro il quinto giorno
antecedente alla prima introduzione di
vinaccia ma solo ‘antecedentemente’.
All’articolo 25, che attiene al Capo IV – disci-
plina dei prodotti per uso enologico e che
riguarda le ‘sostanze ammesse’, vengono eli-
minati i riferimenti ai requisiti e alle caratteri-
stiche, anche di purezza, determinati dal Mi-
paaf e dal ministero della salute.
Abrogato l’articolo 26 (prodotti per l'igiene
della cantina) che si è portato dietro, ovvia-
mente, anche l’abolizione delle sanzioni
per chi violi tali disposizioni non più in
vigore.
Semplificazione, la prima tappadell alleggeri mento burocraticoIl decreto 91 rimodella l’ocm vino. Dalla detenzione di saccarosio alla produzionedi mosto cotto, ora basta una semplice comunicazione, invece dell’autorizzazione dell’Icqrf
Registri senza vidimazione
All’articolo 28 (registri per i produttori, gli importatori ed i grossisti di saccarosio,
glucosio e isoglucosio) una modifica che si traduce in un alleggerimento burocratico.
Infatti i produttori, gli importatori ed i grossisti di saccarosio, escluso lo zucchero a
velo, di glucosio e di isoglucosio, anche in soluzione, dovranno sempre tenere
aggiornato un registro di carico e scarico assoggettato all'imposta di bollo, ma non
più, obbligatoriamente, con fogli progressivamente numerati e vidimati prima dell'uso
dal comune competente in base al luogo di detenzione. Aboliti i commi 4 e 5 che
riguardavano le modalità di tenuta dei registri stessi.
Modificato anche l’articolo 35 che attiene al Capo IV, sulle sanzioni per la violazione
delle norme sulla produzione e sulla commercializzazione dei mosti e dei vini.
Eliminato il riferimento alla decretazione ministeriale per l’autorizzazione alla produ-
zione delle sostanze, (abrogazione dei commi 2 e 3 dell’articolo 25), rimane fermo il
principio che, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque commetta un illecito
agroalimentare di lieve entità sarà soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da
1.500 euro a 15.000 euro.
Abrogato, infine, l’articolo 43 (diffida per le infrazioni minori).
RUBRICHE / DAL PALAZZO
68 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
a cura di Massimo Aliprandi
UNIONE EUROPEA
Domìni .wine e .vin – Niente di nuovo e giochi bloccati sulla
questione dei domini .vin e .wine. La proroga di 60 giorni
accordata dall’Icann (l’organismo Usa incaricato della conces-
sione dei nuovi nomi di dominio in internet), per consentire a
chi detiene dei diritti sulle indicazioni geografiche e all’indu-
stria del vino, di trovare un accordo con i candidati all’acquisi-
zione dei domini .vin e .wine, contro il rischio di frode e sfrutta-
mento improprio delle denominazioni, è scaduta il 4 giugno, ma
nessuna decisione è stata presa.
Alla richiesta di maggiore tutela portata giustamente avanti dalla
Ue si oppongono in particolare tre Paesi: Usa, Australia e Nuova
Zelanda. È evidente che la partita sul web vede contrapposti due
diversi modelli di pensiero che sono oggi anche due diversi
modelli produttivi. Europa e Nuovo mondo. La prima vede il suo
modello produttivo vitivinicolo basato sui territori e le indicazioni
geografiche e caratterizzato da centinaia di miglia di aziende
produttrici molte di piccole o medie dimensioni e a carattere
familiare. I principali brand che il mondo del vino Ue deve
difendere sono i territori e le indicazioni geografiche e queste
sono un patrimonio collettivo. Il nuovo mondo invece è caratte-
rizzato da meno produttori mediamente di grandi dimensioni e
che hanno investito tutto sul brand aziendale e sui vitigni, poco o
nulla sul territorio. Queste due filosofie o culture di produzione si
scontrano oggi anche sul piano della tutela del web.
Dall’ufficio della vicepresidente della Commissione Ue, re-
sponsabile del dossier, Neelie Kroes è giunto il profondo ram-
marico per il fatto che i problemi identificati con la vendita dei
nuovi domini .vin e .wine non siano stati risolti. Il timore e’ che
gli acquirenti dei domini web ‘.vin’ e ‘.wine”, avendo il diritto di
declinarli in chianti.wine, champagne.vin o altro, potranno ven-
derli al miglior offerente, che magari non ha nulla a che vedere
con chi produce queste eccellenze.
“Il fatto che il processo non è trasparente - ha rilevato il portavo-
ce della Kroes - mina la credibilità di Icann”. Inoltre, “si pone il
problema di come tener conto delle leggi nazionali”. Di certo –
ha concluso il portavoce -
“la mancanza di meccani-
smi di ricorso e di responsa-
bilità verso l’esterno dimo-
stra la necessità di una rifor-
ma significativa dell’Icann
nel sistema globale di gover-
nance di Internet”.
Sulla vicenda dei domini
.vin e .wine. si sono mossi
anche i produttori e i coope-
ratori agricoli europei. Il Co-
pa-Cogeca, infatti, unita-
mente alla Confederazione
europea dei vitivinicoltori
(Cevi), ha inviato una lettera
alla Commissione europea per chiedere che i prodotti europei i
cui nomi sono tutelati dal sistema europeo delle indicazioni
geografiche (IG) siano protetti dalle imitazioni anche in inter-
net. Nel 2010 – ha reso noto il Copa-Cogeca - il valore dei vini
europei dotati di un’indicazione geografica ha raggiunto
30.376 milioni di euro. Alcune di queste vendite si svolgono già
on-line, una tendenza che dovrebbe consolidarsi ulteriormente
in futuro. La creazione di nuovi nomi di dominio può giovare al
settore vitivinicolo europeo, a condizione che il loro futuro
proprietario renda sicuro il loro utilizzo e tuteli i vini noti per le
loro qualità specifiche e coperti dalla legislazione dell’UE in
materia di indicazioni geografiche. “È per questo motivo che
chiediamo la creazione di un sistema che assicuri la protezione
delle indicazioni geografiche europee nelle transazioni effet-
tuate in internet” – ha dichiarato il Segretario generale del
Copa-Cogeca, Pekka Pesonen, aggiungendo che “una soluzione
inappropriata a tale problematica potrebbe costituire un prece-
dente per altri prodotti coperti da indicazioni geografiche e
potrebbe indebolire la politica della Commissione inerente alla
protezione delle IG, nonché i prossimi negoziati bilaterali di
libero scambio. Il libero utilizzo di tali nomi di dominio potreb-
be condurre a un abuso del sistema di IG dell’UE e fuorviare i
consumatori rispetto al prodotto”.
CONSIGLIO DEI MINISTRI
Semplificazione – Il pacchetto di misure approvate a metà
giugno dal Consiglio dei Ministri, definite dal premier Matteo
Renzi #sbloccaitalia, contiene numerose disposizioni che inte-
ressano il settore agricolo – in particolare i giovani, il lavoro, le
semplificazioni, la sicurezza e gli Ogm - e che traducono in
decreti gli obiettivi del piano d’azione per l’agroalimentare
italiano #campolibero, voluto dal ministro delle Politiche agri-
cole Maurizio Martina. Nel capitolo delle semplificazioni sono
previsti l’estensione della diffida prima delle sanzioni ammini-
strative pecuniarie, ma anche gli specifici alleggerimenti buro-
cratici per quanto riguarda il settore vitivinicolo.
Ricordiamo che alla Camera
ha iniziato il suo iter parla-
mentare la proposta di legge
(primo firmatario Luca Sani
- Pd) per una “disciplina or-
ganica della coltivazione
della vite e della produzione
e del commercio del vino”, il
cui esame è stato sospeso
per dare spazio ad un ciclo
di audizioni delle organizza-
zioni rappresentative degli
operatori interessati, per
raccogliere ogni ulteriore
suggerimento finalizzato al
miglioramento del testo, an-
Domini del vino, la partita della tutela del web non si sblocca
RUBRICHE / DAL PALAZZO
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 69
che tenendo conto dei possibili incroci del provvedimento con
le misure governative.
PARLAMENTO
Vino contraffatto - La scoperta, a fine maggio, da parte dei
Carabinieri del reparto operativo di Siena, di una vasta frode
agroalimentare nella vendita all’ingrosso e al dettaglio di vino
Brunello di Montalcino e di altri vini Docg come il Chianti ha
indotto il sen. Domenico Scilipoti (Popolo e Territorio) a presen-
tare una interrogazione nella quale si ricorda che nell’ operazio-
ne sono state sequestrate 30.000 bottiglie etichettate con falsi
sigilli di Stato e con documenti di certificazioni falsi, destinate
ad essere vendute e commercializzate nel territorio nazionale
ed estero ad un prezzo almeno 10 volte superiore al valore reale,
con un danno di centinaia migliaia di euro per tutto il settore
vinicolo italiano. Scilipoti ha chiesto quindi al Governo di cono-
scere quali siano le informazioni a disposizione circa la frode
agroalimentare, considerando anche che il nostro territorio è
stato già protagonista di numerosi frodi che hanno interessato
la produzione e il commercio di un altro prodotto importante per
il made in Italy, ovvero l’olio extra-vergine d’oliva. Conseguente-
mente, il parlamentare siciliano ha anche sollecitato una più
efficace azione di controllo e contrasto a questo fenomeno e
l’assunzione di ulteriori iniziative, insieme ai soggetti preposti,
per cercare di porre fine o limitare i continui tentativi di frode
nel settore vinicolo, vera minaccia al made in Italy, intervenen-
do anche per inasprire le pene, impedendo a chi compie frodi
alimentari di poter successivamente svolgere attività d’impre-
sa, inibendogli l’accesso al mercato, e tutelare, invece, gli
agricoltori onesti vittime di questi fenomeni.
Sulla vicenda del vino contraffatto sono intervenuti numerosi
parlamentari che hanno voluto esprimere le loro considerazioni.
“Il sequestro di 30mila bottiglie di falso Brunello - ha rilevato il
capogruppo del Pd in Commissione Agricoltura alla Camera
Nicodemo Oliverio - dimostra che i controlli ci sono e funziona-
no. Le frodi alimentari in aumento rappresentano un danno sia
per l’economia sia per la salute dei cittadini. Per quanto riguar-
da il vino, nel corso del 2013 sono stati controllati 8.274
prodotti docg, doc e igt, il 14,5 per cento e risultato irregolare.
Una quota rilevante, per questo crediamo che il Parlamento
debba mandare un segnale chiaro: nessuna indulgenza per chi
delinque in questo settore strategico per il nostro Paese”.
Valutazione condivisa dal presidente della Commissione Agri-
coltura della Camera Luca Sani (Pd) secondo il quale “bisogne-
rebbe intervenire per inasprire le pene, impedendo a chi com-
pie frodi alimentari di poter successivamente svolgere attività
d’impresa inibendogli l’acceso al mercato. Simili episodi dan-
neggiano l’immagine del made in Italy agroalimentare, ma so-
prattutto sottraggono fatturato agli agricoltori onesti che con
grande fatica ottengono successi nel mondo, guadagnandosi
sul campo quote di mercato’’.
Progetto per uve da tavola - Chiarimenti in merito ad una speri-
mentazione, confluita nel Progetto finalizzato sul miglioramen-
to qualitativo delle uve da tavola del Ministero delle Politiche
agricole “uve da tavola, scheda: 6 viticoltura protetta”, e finaliz-
zata ad ottenere una dilatazione del periodo di offerta al mercato
oltre che una commercializzazione di vitigni diversi caratterizza-
ti da diverse precocità, anche con l’ausilio di tecniche agronomi-
che idonee allo scopo sono stati chiesti in una interrogazione al
ministri delle Politiche agricole dall’on. Loredana Lupo (M5S).
All’esponente di Governo si chiede se risulti agli atti quali azien-
de agricole e quali vitigni furono coinvolti nella sperimentazione
condotta dal professor Liuni, dal dottor Antonacci e dal dottor
Coletta denominata “Proposta di una nuova strutturazione per
l’allevamento a tendone delle uve da mensa”.
MINISTERO POLITICHE AGRICOLE
Promotion del vino Con la firma del Ministero delle Politiche
agricole in calce al decreto 3226 del 26 maggio 2014 le
Regioni italiane avranno a disposizione 71,4 milioni di euro per
i per i bandi per la promozione del vino nei Paesi Terzi previsti
dall’Ocm vino per l’anno 2015. Il Veneto è la regione leader
della graduatoria con 11.769.663 milioni di euro a disposizio-
ne, seguita dalla Sicilia con 8.865.465, e dalla Toscana, con
7.458.790 euro. Seguono il Piemonte, con 7,1 milioni di euro,
l’Emilia Romagna, che può contare su 6,8 milioni, e la Puglia,
con 6,5. A distanza vengono la Lombardia, con 3,4 milioni di
euro, l’Abruzzo con 2,9, il Friuli Venezia Giulia con 2,7, ed
ancora la provincia autonoma di Trento, il Lazio, la Campania e
la Sardegna con 1,9 milioni di euro a testa. E poi ancora le
Marche, con 1,6 milioni di euro, l’Umbria, con 1,3, e, con
dotazioni che vanno dai 914.015 euro della provincia autono-
ma di Bolzano ai 137.021 euro della Val d’Aosta, Calabria,
Molise, Basilicata, e Liguria.
DECRETI E COMUNICATI MINISTERIALI
Docg, Doc e Igt Il decreto 7 maggio 2014 del Mipaaf ha
modificato il disciplinare di produzione della denominazione di
origine controllata e garantita dei vini ‹‹”Montepulciano
d’Abruzzo” Colline Teramane›› accogliendo la domanda pre-
sentata dal Consorzio di Tutela Montepulciano d’Abruzzo Colli-
ne Teramane, per il tramite della Regione Abruzzo, intesa ad
ottenere la modifica dell’art. 5 del disciplinare di produzione al
fine di ridurre il periodo di invecchiamento in botti di legno e il
periodo di affinamento in bottiglia, sia per la tipologia base che
per la tipologia “riserva” (G.U.n.112).
Modifica del disciplinare di produzione anche per la denomina-
zione di origine controllata dei vini “Montefalco”. Il decreto
Mipaaf 22 maggio 2014 ha accolto la domanda presentata dal
Consorzio di Tutela Vini Montefalco per il tramite della Regione
Umbria, intesa ad ottenere la modifica dell’art.8 del disciplina-
re di produzione relativo al confezionamento del prodotto. I vini
a denominazione di origine controllata “Montefalco” bianco e
“Montefalco” rosso per l’immissione al consumo dovranno es-
sere confezionati in bottiglie di vetro aventi un volume non
superiore a 5 litri, chiuse con tappo raso bocca, oppure con
tappo a vite con capsula a vestizione lunga. Per la sola tipologia
“Montefalco” rosso riserva sarà previsto l’obbligo di chiusura
con il tappo di sughero (G.U.n. 126).
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
70 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
di Giuseppe Francesco Sportelli
Freschi, aromatici, accattivanti: i vini
rosati, anche quelli italiani, sono
sempre più apprezzati. Il pregiudizio
che per lungo tempo li ha accompagnati è
ormai sfatato. Anzi bere rosati è sempre più
“in”, pregio di wine lover. È un’inversione di
tendenza nella percezione dei vini rosati alla
quale corrisponde la conquista di significati-
ve quote di mercato nei confronti degli altri
vini. Un cambiamento di opinione al quale da
tre anni sta fortemente contribuendo anche il
Concorso enologico nazionale dei vini rosati
d’Italia. Giunto ormai alla terza edizione, il
concorso ha sempre cercato di qualificarsi
con esperti di respiro internazionale, come
quelli intervenuti quest’anno al convegno “I
mercati del Rosato: identità, gradimento e
prospettive” organizzato nel castello Arago-
nese di Otranto (Le) in occasione della pre-
miazione dei 18 vini vincitori (tre per ciascu-
na delle sei categorie- si veda il prossimo
articolo).
«Da anni - ha introdotto Antonio Calò, il
presidente dell’Accademia della vite e del
vino - abbiamo individuato nei rosati vini
importantissimi per l’Italia, e ciò derivava
da un’attenta riflessione sull’attuale ten-
denza dei consumi. Una svolta in tal senso,
infatti, si è verificata da quando i consuma-
tori hanno iniziato a indirizzarsi anche verso
vini più leggeri e facili da bere, purché equi-
librati ed eleganti». Una tendenza che non è
nuova. «Leggendo gli autori antichi – ha
continuato- si percepisce già questo atteg-
giamento, seppur accompagnato da un sen-
so di frustrazione per l’impossibilità di con-
servare tali vini». Così era per gli oligofori
romani o per i chiaretti medievali, ecc. Così
si legge nel trattato monumentale sulla sto-
ria dei vini di Andrea Bacci, “De naturali
vinorum historia” pubblicato nel 1596, do-
ve l’autore cita il roseus, dando così nome
alla tipologia di vini poi chiamati rosati. «In
seguito, con i progressi della tecnologia, lo
scenario è iniziato a cambiare e, accanto ai
grandi vini corposi e appassionanti, hanno
iniziato a trovare spazio vini più leggeri ma
coinvolgenti. E, se volete, anche più adatti
alla fisiologia umana».
Un decimo del prodotto globaleAttualmente i vini rosati rappresentano il
9,7% della produzione mondiale di vino, una
quota in crescita. La maggior parte dei vini
rosati sono secchi (<4 g/l di zucchero), invece
negli Usa dominano quelli con più di 20 g/l.
Sono alcuni dei dati forniti da Federico Castel-
lucci, già direttore generale dell’Organizzazio-
ne internazionale della vigna e del vino (Oiv),
offrendo uno “sguardo internazionale” sui vini
rosati.
«I principali paesi produttori, che insieme for-
mano l’88% della produzione totale, sono
Francia (28%), Italia (24%), Stati Uniti
(17%), Spagna (14%) e Germania (5%). In
Francia, dal 2002 al 2012, la produzione è
aumentata di oltre il 30%, segno che il consu-
mo dei rosati non è una moda. Cresce la pro-
duzione anche in Argentina, Cile, Australia e
Sudafrica. La Francia è il principale paese
consumatore (35% della produzione mondia-
le), seguita da Stati Uniti (14%), Germania,
Gran Bretagna e Italia, solo quinta (5-6%)
nonostante sia il secondo paese produttore e
manifesti crescita di produzione e di esporta-
zione.
In Francia, nel 2011, il 25% del vino consu-
mato è stato rosé, in Italia solo il 5%. Secon-
do uno studio francese il consumo del rosé,
oltralpe, subisce una forte stagionalità, quasi
il 70% tra estate (42,6%) e primavera
(25%). Sempre in Francia in dieci anni il
consumo femminile di rosé è passato dal
22% al 31%».
Tutti i colori del rosaCrescono i rosati nel mondo, senza più pregiudizi. La Francia ne studia composizione e nuance,l’Italia punta sulla qualità per consolidare il suo record nell’export. Il punto dal 3° Concorsoenologico nazionale dei vini rosati d’Italia che si è tenuto a Otranto (Le)
Il revival del Rosatello Ruffino
Antesignano degli attuali rosati italiani è stato il Rosatello Ruffino, rosé della Ruffino
srl (casa vinicola italiana fondata a Pontassieve (Fi) nel 1877), in auge negli anni ’60
e rilanciato nel 2013. Sandro Sartor, che ne è amministratore delega-
to, ha ripercorso i 50 anni di vita del Rosatello e, attraverso tale lente
privilegiata, l’evoluzione del vino rosato in Italia. «Erano gli anni ’60 -
ha raccontato Sartor - quando Ruffino introdusse fra le sue referenze il
Rosatello, un rosato prodotto da uve pugliesi, associando a questo
nuovo vino una bottiglia speciale, dalla forma di goccia stilizzata.
Creava così un legame indissolubile fra contenitore e contenuto, che
ha dato vita a un vino in grado di segnare la storia dei rosati. In Italia il
mercato dei rosati negli anni ’80 e ’90 ha segnato il passo, ma nel
nuovo millennio si è registrato un interesse crescente da parte dei
consumatori. Nel 2009 abbiamo riproposto l’etichetta nella gdo con
un nuovo pack, dal 2012 abbiamo lanciato il Rosatello Prima Cuvée,
prodotto “selezione” per il canale Horeca. Il Rosatello ha come princi-
pale mercato senza dubbio l’Italia, dove viene apprezzato per la piace-
volezza, la freschezza e la versatilità gastronomica, ma è anche espor-
tato in Germania e alcuni paesi del Nord Europa». l G.F.S.
Il Rosatello Prima Cuvée.
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 71
Per un terzo è esportatoIl vino rosé viaggia abbastanza, ha aggiunto
Castellucci: più del 30% prodotto a livello
mondiale viene in media esportato; in dieci
anni le esportazioni sono quasi raddoppiate.
«Il mercato dei vini rosati è decisamente in
crescita. L’Italia esporta sempre più rosé gra-
zie a una qualità e a un rapporto qualità/prez-
zo ormai riconosciuti in tutto il mondo. Negli
ultimi dieci anni l’Italia ha aumentato la quota
di export dal 26% al 40%, la Francia ha man-
tenuto le posizioni, la Spagna è calata. I paesi
più forti esportatori sono Italia, Spagna e Usa.
La Francia è il più grosso paese importatore,
segue la Gran Bretagna».
Crescono la produzione e il consumo di vini
rosati, ma di questi si conosce molto poco, ha
sostenuto Gilles Masson, direttore del Centro
di ricerca e di sperimentazione sul vino rosato
di Vidauban (Provenza), parlando di ricchezza
e diversità dei rosati del mondo. «Le fonti di
informazioni sui vini rosati nel mondo, siano
esse economiche, commerciali, giuridiche o
tecniche, sono rare.
L’osservatorio franceseGrazie a una collezione internazio-
nale di oltre 100 campioni di rosa-
ti, messa ogni anno a disposizione
del Centro dall’Unione degli enolo-
gi di Francia, a partire dal 2004 è
stato possibile dar vita a un osser-
vatorio. Fra i 30 paesi titolari di
campioni nella collezione, la Fran-
cia è il più rappresentato. Questa
banca dati, sostanzialmente anali-
tica, permette di seguire anno per
anno la composizione dei vini rosati
nei diversi paesi e di fare alcune
osservazioni sulle bottiglie e sul loro
contenuto. I risultati mostrano che
il “mondo” del rosato è molto vasto e
copre un ventaglio amplissimo di
possibilità in termini di gusto, equi-
librio e adattamento al mercato. I
colori dei vini rosati non sono distri-
buiti sul piano geografico in modo
aleatorio. Si osservano rosati dal co-
lore più vivo nelle zone viticole più
meridionali, non solo in Francia, ma
anche negli altri Paesi. Tuttavia, con il passare
degli anni, i rosati sono sempre più chiari».
L’entusiasmo è contagiosoIn Francia da diversi anni gli indicatori sono a
favore del rosé: il consumo di vino rosato non
ha mai cessato di crescere costantemente dal
1990, raggiungendo nel 2013 il record del
30% del consumo totale di vino, ha argomen-
tato Masson. «In 23 anni il consumo in Fran-
cia di vino rosato è quasi triplicato! Il vino rosé
è trendy e gode di autentica passione presso il
grande pubblico: quasi 9 consumatori su 10
dichiarano di berlo, per un mercato totale di
circa 36 milioni di consumatori. Più che una
moda passeggera, il rosé ha saputo imporsi
nella società francese di oggi. Il rosé corri-
sponde all’evoluzione delle nuove tendenze di
consumo e accompagna l’emergere di nuovi
stili di vita: i pasti meno formali, lo sviluppo
della cucina mondiale, la semplicità, la sco-
perta, la convivialità e la ricerca del piacere
immediato. Con il rosé il consumatore scopre
un vino diverso, più direttamente accessibile,
libero dall’ingombro dei codici tradizionali.
Particolare dei vini rosati in concorso a Otranto.
Antonio Calò dall’Accademia della vite e del vino con AngeloMaci, presidente della Cantine Due Palme societàcooperativa agricola di Cellino San Marco (Br).
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
72 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
L’entusiasmo per il rosé va però oltre i confini
della Francia e coinvolge un numero crescen-
te di consumatori in tutto il mondo».
Se la Francia è il primo paese al mondo per
produzione e consumo di vini rosati, la Ger-
mania ha raggiunto, sia nelle cantine sia a
tavola, livelli quantitativi di alto livello. «La
popolarità dei rosati sul mercato tedesco è
molto cresciuta negli ultimi 10 anni - ha
evidenziato Rudolf Nickenig, segretario ge-
nerale dell’Associazione viticoltori tedeschi -
. Le potenzialità dei rosati sono state risco-
perte dai produttori tedeschi di vino e nel-
l’idea comune i rosati spagnoli e italiani si
sono affiancati alla classica gamma dei vini
rosati della Provenza».
Il primato dell’ItaliaIl primato dell’Italia nell’esportazione dei vini
rosati dimostra che i margini di crescita e
sviluppo del mercato sono ampi e concreti, ha
sottolineato l’assessore alle Risorse agroali-
mentari della Regione Puglia, Fabrizio Nardo-
ni. «Il fascino dei vini rosati cresce, e con esso
la propensione delle cantine italiane a fare
meglio e bene. Lo dimostra l’alta qualità regi-
strata nelle selezioni baresi del concorso, che
ha assegnato a quasi il 70% dei vini ammessi
una valutazione minima di 80/100. I vini sono
ottimi e il concorso ha la capacità di essere il
luogo in cui l’eccellenza si fa sintesi. Siamo
felici che la Puglia in tal senso dia forza a un
indirizzo di mercato che può essere di grande
successo per i produttori di rosati».
Il quinto posto dell’Italia nella classifica dei
consumi, ha dichiarato Dario Stefàno, ideato-
re del concorso, tracciando le conclusioni del
convegno, «conferma che quello del rosato è
un mercato in espansione, tutto da occupare
per i produttori italiani, e quindi anche per
quelli pugliesi.
Tanto più che la qualità, l’autoctonia e il lega-
me con i luoghi di produzione sono i tratti
identitari con cui competiamo sullo scenario
globale e un mix formidabile in grado di rega-
larci etichette uniche al mondo. Siamo sul
podio per la produzione di rosati ma non ci
accontentiamo: abbiamo avviato orgogliosa-
mente un nuovo processo di riscoperta delle
nostre radici produttive, qual è appunto il vino
rosato, che, ne sono certo, ci farà compiere
ulteriori passi da gigante nel panorama enolo-
gico internazionale».
Il Concorso enologico nazionale dei vini rosati
d’Italia è promosso dall’assessorato alle Ri-
sorse agroalimentari della Regione Puglia, in
partenariato con Assoenologi, Accademia ita-
liana della vite e del vino (Aivv) e Unioncame-
re Puglia, e autorizzato dal Mipaaf.
Il Rosato, il vino più antico
26 secoli fa, fondando Marsiglia, i Greci impiantarono i primi vigneti in Provenza e vi
introdussero la cultura del vino, ha ricordato Masson. «I vini prodotti in quel lontano
tempo erano di un colore chiaro che può essere correlato a quello degli attuali rosé,
benché la macerazione del mosto con le bucce era allora sconosciuto o molto poco
praticato. Così la Provenza è il più antico vigneto francese e il rosé è il più antico dei
vini conosciuti». G.F.S.
Alcuni dei vini rosati spumanti in concorso a Otranto.Fabrizio Nardoni.
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 73
Diciotto etichette, scel-
te fra le 319 presenta-
te da 245 cantine di
tutte le 20 regioni italiane, dalla
Valle d’Aosta alla Puglia, dal
Friuli-Venezia Giulia alla Sici-
lia. Le migliori espressioni dei
rosati italiani sono state premia-
te nel Castello Aragonese di
Otranto (Le), a conclusione del
3° Concorso enologico naziona-
le vini rosati d’Italia. Il 69% dei
vini valutati durante le selezioni (204 sui
297 campioni ammessi a valutazione) ha
raggiunto il punteggio complessivo di alme-
no 80 centesimi, corrispondente al giudizio
“ottimo”. Un risultato eccellente che sottoli-
nea la qualità complessiva dei vini rosati pro-
dotti in Italia.
Le medaglie d’oroCome ad esempio testimonia Renato Manera,
che con la moglie Daniela Pozzobon e le due
figlie conduce a Castelfranco Veneto (Tv)
l’azienda di famiglia Manera Luigi società agri-
cola che a Otranto ha vinto la medaglia d’oro
di Giuseppe Francesco Sportelli
nella categoria “Frizzanti Igt-Igp” con il Marca
Trevigiana Igt Rosé vino frizzante “Aura Letiti-
ae” 2013.
«Per noi questo premio ha un grande valore
perché crediamo da 30 anni nella bontà enolo-
gica dei vini rosati. In azienda curiamo al mas-
simo la qualità delle uve e dei vini. L’“Aura
Letitiae” è un uvaggio di Cabernet 80%, Rabo-
so Piave 10% e Marzemino 10%, che infonde i
tipici profumi floreali. In Italia, dove vendiamo
direttamente a privati, c’è molto da lavorare,
perché crescono i consensi verso i vini rosati».
In quantità il rosato incide relativamente poco
sulla produzione dell’azienda agricola Ca’ Sali-
na di Bortolin Gregorio di Valdob-
biadene (Tv), ma in qualità non di-
fetta affatto: infatti ha vinto la me-
daglia d’oro nella categoria
“Spumanti Igt e Vsq” con il Manzo-
ni Moscato Rosato vino spumante
di qualità dolce 2013.
«La nostra azienda produce essen-
zialmente prosecco, ma qualche
anno fa, volendo offrire ai clienti un
prodotto diverso, abbiamo provato
a produrre un rosato partendo da un
vitigno poco famoso ma molto generoso, il
Manzoni Moscato - afferma Michele Bortolin,
titolare dell’azienda insieme con il fratello
Massimo - . Abbiamo ottenuto prima un rosato
extra dry, premiato alla prima edizione del con-
corso, che l’anno successivo è diventato un
rosato “brut” leggermente più secco, e poi un
rosato dolce.
Il primo SusumanielloProduciamo questi rosati con la stessa passio-
ne che dedichiamo al prosecco, Sappiamo che
i nostri vini sono buoni, ma vederlo riconosciu-
to anche da altri e in maniera così forte ci rende
I migliori rosati d italiaI vincitori del 3° Concorso enologico nazionale vini rosati. Premiate 18 etichette:cinque medaglie a Puglia e Veneto, tre a Emilia-Romagna e Lombardia, due all’Abruzzo
Il medagliere
Regione Oro Argento Bronzo Totale
Veneto 3 1 1 5
Puglia 1 2 2 5
Emilia-Rom. 1 1 1 3
Lombardia 1 0 2 3
Abruzzo 0 2 0 2
TOTALE 6 6 6 18
Filomena Saponari, detta Flora (Azienda Vignaflora di Castellana Grotte - Ba).
La premiazione di Renato Manera, al centro con la moglie Daniela Pozzobon.Da sinistra: l’assessore Fabrizio Nardoni, la sommelier Palma D’Onofrio, DarioStefàno e Massimiliano Apollonio.
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
74 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
felici e ci spinge sem-
pre a migliorarci».
La medaglia d’oro è
stata una sorpresa
anche per Filomena
Saponari, detta Flora,
titolare dell’azienda Vignaflora di Castel-
lana Grotte (Ba), che l’ha vinta con il
Puglia Igt Susumaniello Rosato “Tre To-
moli Rosa” 2013 nella categoria “Tranquilli
Igt-Igp”. «Sapevo che il vino era eccellente,
ma non immaginavo che sarebbe piaciuto tan-
to. Quando ho deciso di dedicarmi alla produ-
zione di vini, ho voluto tentare qualcosa di
originale. Possiedo due ettari in agro di Noci
(Ba), terra di Primitivo, ma ho preferito intro-
durre un vitigno autoctono in via di valorizza-
zione, il Susumaniello, vinificandolo in rosato
con estrema cura. Dalle uve coltivate in biolo-
gico in un vigneto di appena tre tomoli, antica
misura agraria
da cui prende il
nome, ho ottenuto
circa 2.000 bottiglie di
vino pregevole: la sua bontà e la
medaglia d’oro mi stimolano a
perseguire la strada dei vini di
qualità».
Nardoni: sfatato un pregiudizio«Con il concorso nazionale abbiamo riscoperto
una traccia produttiva ingiustamente sottosti-
mata, sfatando un pregiudizio, l’abbiamo riva-
lutata e promossa, resa ricca di dignità e qualità
elevandola alla grande tradizionedei vini diPro-
Michele Bortolin (Aziendaagricola Ca’ Salina diValdobbiadene - Tv).
Tranquilli lombardi
Due vini lombardi si sono piazzati nella categoria “Tranquilli
Doc-Dop”. L’oro è stato vinto dal Valtenesi Dop Chiaretto “Cà-
Maiol” 2013 dell’Agricola Provenza di Desenzano del Garda
(Bs), l’argento dal Cerasuolo d’Abruzzo Dop “Unico” 2013
della Tenuta Ulisse di Crecchio (Ch), il bronzo dal Valtènesi Doc
Chiaretto vino biologico “Selene” 2013 della Civielle Cantine
della Valtènesi e della Lugana di Moniga del Garda (Bs).
Puglia leader, invece, nel medagliere dei “Tranquilli Igt-Igp”.
Il Puglia Igt Susumaniello Rosato “Tre Tomoli Rosa” 2013
dell’azienda Vignaflora di Saponari Filomena di Castellana
Grotte (Ba) si è aggiudicato la medaglia d’oro; quella d’argento
è stata conquistata dal Terre di Chieti Igt Rosato “Maylea”
2013 della Cantina Orsogna di Orsogna (Ch), quella di bronzo
dal Puglia Igt Rosato 2013 della società agricola Polvanera di
Gioia del Colle (Ba). G.F.S.
Podio emiliano nei frizzanti
Nella categoria “Frizzanti Doc-Dop” il podio è stato tutto
emiliano. Si è aggiudicato l’oro il Reggiano Doc Lambrusco
Rosato vino frizzante secco “Rosato del Campanone” 2013
delle Cantine Lombardini di Novellara (Re), l’argento il Colli
di Scandiano e di Canossa Dop Lambrusco Rosato vino friz-
zante secco “Rosaspino” 2012 dell’Emilia Wine società coo-
perativa agricola di Arceto di Scandiano (Re), il bronzo il
Lambrusco di Sorbara Dop Rosato frizzante secco “Rosà”
2013 dell’azienda agricola Garuti Elio ed eredi Garuti Romeo
di Sorbara di Bomporto (Mo).
Veneto e Puglia hanno dominato nella categoria “Frizzanti
Igt-Igp”. Ha vinto la medaglia d’oro il Marca Trevigiana Igt
Rosé vino frizzante “Aura Letitiae” dell’azienda Manera Luigi
società agricola di Castelfranco Veneto (Tv), quella d’argento
il Valle d’Itria Igp Rosé vino frizzante “Prosit” 2013 della
Cardone Vini Classici di Locorotondo (Ba), quella di bronzo il
Veneto Igp Raboso Rosato vino frizzante 2013 dell’azienda
agricola La Pracurte di Favro Francesco & C. di Annone Vene-
to (Ve). G.F.S.Marca trevigiana Igt Rosèvino frizzante “Aura Letitiae”(Azienda Manera societàagricola di CastelfrancoVeneto - Tv) Puglia Igt
Susumaniello Rosato“Tre Tomoli Rosa” 2013(Vignaflora di SaponariFilomena di CastellanaGrotte - Ba).
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 75
venza - ha riconosciuto l’assessore alle Risorse
agroalimentari della Regione Puglia Fabrizio
Nardoni, che ha premiato le cantine vincitrici
insieme con il predecessore e ideatore dell’ini-
ziativa Dario Stefàno, il presidente di Assoeno-
logi Puglia, Basilicata e Calabria Massimiliano
Apollonio, il presidente dell’Aivv Antonio Calò e
la sommelier e maestra di cucina Palma D’Ono-
frio - . Questo concorso in soli tre anni ha contri-
buito fortemente a valorizzare un nuovo seg-
mento di mercato che trova sempre più estima-
tori in Italia, in Europa e nel mondo».
Spumanti, testa a testa Veneto-Puglia
Veneto e Puglia insieme anche sul podio della categoria “Spu-
manti Doc-Dop”. Al primo posto l’azienda agricola Benazzoli
Fulvio di Pastrengo (Vr) con il Bardolino Doc Chiaretto vino
spumante brut “Ruffiano” 2013, al secondo l’azienda agricola
Righetti Enzo di Cavaion Veronese (Vr) con il Bardolino Doc
Chiaretto spumante brut 2013, al terzo l’Antica azienda agricola
vitivinicola Leone de Castris di Salice Salentino (Le) con il Salice
salentino Doc vino spumante brut Rosé “Five Roses” 2010.
Infine, nella categoria “Spumanti Igt e Vsq” medaglia d’oro al
Veneto, con il Manzoni Moscato Rosato vino spumante di qualità
dolce 2013 dell’azienda agricola Ca’ Salina di Valdobbiadene
(Tv), d’argento alla Puglia con il Negroamaro vino spu-
mante di qualità extra dry Rosé “Melarosa” 2011
della Cantine Due Palme società cooperativa agrico-
la di Cellino San Marco (Br), di bronzo alla Lombar-
dia con il Pinot Nero vino spumante di qualità extra
dry Rosato “Cuvée Eleonora Giorgi” della Giorgi F.lli &
C. di Canneto Pavese (Pv). l G.F.S.
Manzoni Moscato Rosato vinospumante di qualità dolce2013 (Azienda agricola Ca’Salina di Valdobbiadene - Tv).
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
76 VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014
di Cristiano Riciputi
Un buon debutto per “Romagna in
campo”, ai primi di giugno, un
evento che ha messo insieme prove
dimostrative per vigneto e frutteto e due talk
show televisivi, il tutto organizzato dal Con-
sorzio Agrario Adriatico, Romagna Impianti e
Agrilinea. L’evento si è svolto il 4 giugno pres-
so l’azienda vitivinicola Condè di Predappio
(Forlì-Cesena) e ha portato in campo alcune
delle più note case costruttrici di attrezzi per
l’agricoltura, fornitori di servizi e accessori di
livello nazionale. Fra gli altri, hanno parteci-
pato anche venti studenti dell’Istituto tecnico
agrario di Cesena accompagnati dagli inse-
gnanti. I ragazzi hanno potuto vedere da vici-
no e all’opera attrezzature di ultima genera-
zione nell’ambito della trinciatura di infe-
stanti e sarmenti, atomizzatori per vigneto,
frese a organi rotanti verticali, trapiantatrice
di barbatelle e hanno potuto provare anche
uno strumento dotato di gps per la realizza-
zione degli squadri per i nuovi vigneti.
L’azienda ospitante è stata la
Condè, fondata da Francesco
Condello: 70 ettari di vigneto
dove sono in corso di ultima-
zione la nuova cantina inter-
rata nel profilo collinare e un
resort con vista panoramica
sulla pianura di Romagna.
Già attivi il ristorante e la sala
degustazioni.
Oltre alle prove in campo vi
sono stati due talk show (con-
vegni ripresi dalle telecamere
di Agrilinea) in cui si è parlato
di tecnica e commercializza-
zione per vino e frutta.
Tecnologia al lavoro in RomagnaLa meccanica più innovativa per il vigneto nelle prove in campo organizzateda Consorzio Agrario Adriatico, Romagna Impianti e Agrilinea
Panoramica dell’azienda dove si è svolta Romagna in campo
Squadro dell’appezzamento.
Rilevatore satellitare.
Posizionamento pali e fili del vigneto. Picchettaggio.
RUBRICHE / MANIFESTAZIONI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 77
Dal punto di vista organizzativo la responsabi-
lità del coordinamento è toccata a Andrea
Rossi del Consorzio Agrario Adriatico e Paolo
Vallicelli di Romagna Impianti.
Al convegno del mattino, è stato posto l’ac-
cento sulla possibilità di lanciare a livello
mondiale il territorio romagnolo sfruttando
come volano il Sangiovese. “È un vino dalla
grandi potenzialità – ha detto Alfeo Martini di
Mgm – che può essere sfruttato per far cono-
scere il territorio. L’esempio dell’azienda
Condè ne è una testimonianza: vini di primis-
sima qualità e una cittadella per l’ospitalità,
in grado di far vivere il vigneto, la cantina, il
territorio”.
Francesco Condello, titolare dell’azienda
Condè, ha raccontato brevemente la sua sto-
ria. Broker finanziario, dopo aver messo da
parte “un po’ di soldini” ha deciso di investirli
nel territorio. La vallata di Predappio, in parti-
colare quella di Fiumana, viveva più di storia
di antichi fasti legati al Sangiovese piuttosto
che di reali aziende moderne. Condello ha
cominciato ad acquistare terreni su terreni
fino ad arrivate ad oltre 70 ettari di proprietà.
Poi li ha piantati quasi tutti con vigneto e, da
un paio d’anni a questa parte, ha iniziato la
costruzione del resort, curato nei minimi det-
tagli, sia dal punto di vista architettonico, sia
per la qualità dei materiali usati.
“Il vino deve essere vissuto – ha detto Condel-
lo – legandolo al territorio. Una strada già
percorsa in altre zone d’Italia, ma non qui in
Trapianto di barbatelle con agevolatrice.
Macchina per tendere i fili.
Barbatellemesse adimora.
Gli studenti dell Istituto tecnico agrario si Cesena.
Francesco Condello.
MANIFESTAZIONI / MANIFESTAZIONI
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Fresa ad organi ruotanti verticali.
Trinciatutto.
Romagna, dove abbiamo grandi potenzialità e
margini per crescere soprattutto per quello
che riguarda il turismo straniero di alto livel-
lo”.
Webcam in campoTramite il codice Qr in etichetta, a breve si
potranno leggere sul proprio telefonino non
solo tutte le informazioni relative al vino Con-
dè che si sta bevendo, ma ci si potrà collegare
in diretta con le webcam posizionate in cam-
po per vedere, magari dall’Australia e dal-
l’America, il vigneto da cui proviene l’uva di
quel vino. In prima battuta saranno attivate le
webcam relative ai cru.
Ma il Sangiovese di Romagna può rispondere
positivamente a tutte queste aspettative? Er-
manno Murari, tecnico dei Vivai Rauscedo,
non ha dubbi: “Il Sangiovese ha più di 60
caratteri distintivi, chiamiamoli pure profu-
mi, aromi, sapori, che rientrano nei vari bioti-
pi. E ogni biotipo ha una sua peculiarità data
da un diverso ‘mix’ di questi caratteri.
Nel vitino Sangiovese, la sottofamiglia di bio-
tipo romagnolo dà vita a vini strutturati, spe-
ziati, corposi, ma tutto dipende dal terreno e
dalle condizioni climatiche e microclimati-
che in cui viene impiantato. Non esagero se
dico che ogni biotipo deve essere messo a
dimora nel terreno e nell’ambiente che più si
addice al fine di amplificare le sue potenziali-
tà produttive, sia dal punto di vista quantitati-
vo sia da quello qualitativo. In Romagna, se ci
si crede, si potrebbe davvero partire con un
progetto contro la standardizzazione dei vini
Studentesse al lavoro a Romagna in campo.
MANIFESTAZIONI / MANIFESTAZIONI
VIGNEVINI n.7/8 luglio/agosto 2014 79
mondiali: sfruttando il Sangiovese e le diver-
se aree pedoclimatiche, si possono ottenere
vini dalle enormi differenze”.
Esperienze in campoTornando alla terra, la manifestazione ha
puntato molto sull’allestimento del vigneto. I
tecnici di Romagna Impianti hanno portato
tutta l’attrezzatura che utilizzano per la rea-
lizzazione di impianti chiavi in mano. Molta
curiosità ha destato il rilevatore satellitare
che progetta il vigneto.
“La prima operazione da fare – ha spiegato il
tecnico Paolo Vallicelli – è quella di fare la
rilevazione del terreno. Il software memorizza
gli angoli dell’appezzamento. Poi il viticoltore
ci comunica il sesto d’impianto prescelto. In
genere, se si è in pianura si opta per un 3
metri fra le file e 1,25 sulla fila, mentre in
collina il sesto più diffuso è 2,60 x 1. Date
queste informazioni, si percorrono le file e lo
strumento segnala il punto esatto in cui met-
tere il picchetto. Poi avviene il trapianto delle
barbatelle, attraverso una macchina agevola-
trice automatica che sfrutta lo stesso pro-
gramma informatico. Due macchine succes-
sive permettono la posa dei pali e dei fili,
previo posizionamento dei pali di testata. A
questo punto il vigneto è praticamente termi-
nato. Tutte queste operazioni meccanizzate
hanno un limite: devono essere eseguite con
terreno asciutto. In caso di terreno bagnato
abbiamo verificato che le attrezzature non
rispondono come dovrebbero, specie la tra-
piantatrice di barbatelle”.
Romagna in Campo ha dato la possibilità di
toccare con mano la realizzazione dello
‘squadro’ del vigneto agli studenti dell’Istitu-
to tecnico agrario statale di Cesena. Accom-
pagnati dagli insegnanti Alessandro Ricci ed
Emilio Brandolini, erano presenti venti stu-
denti, tutti prossimi alla maturità, che hanno
vivacizzato la manifestazione. È stato loro in-
segnato l’uso dello strumento rilevatore satel-
litare e hanno ‘squadrato’ un piccolo appez-
zamento.
Hanno seguito poi con attenzione le prove in
campo dei trinciatutto e degli atomizzatori a
basso volume. Ha destato molta curiosità an-
che la trattrice isodiametrica con doppi cin-
goli in gomma. Anche la fresa a organi rotanti
verticali interceppo ha incuriosito i presenti. I
tecnici hanno spiegato che questa tecnica
limita la formazione di suola di lavorazione e
si adatta alla perfezione ai piccoli spazi fra
una pianta e quella successiva.
Per la lavorazione fra le file è stata messa
all’opera una macchina con 8 dischi ruotati
rispetto alla direzione di avanzamento e un
rullo a gabbia posteriore per il livellamento. Il
terreno viene rovesciato e le infestanti inter-
rate.
“A scuola si fa molta teoria – ha detto una
studentessa – ma non si hanno tante occasio-
ni per parlare direttamente con gli operatori e
vederli lavorare. Eventi come questi, che ci
mettono a contatto diretto con la viticoltura
moderna e con persone di successo che guar-
dano al futuro con fiducia, mi hanno fatto
venire voglia di proseguire su questa strada e
cercare occupazione nel settore. Magari con
un’azienda tutta mia”.
Erpice con dischi dentati. Atomizzatore a basso volume.
Atomizzatore all opera.
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