Relazione tecnico – scientifica intermedia del progetto di ricerca industriale
SEABIA “Substrati ecologici a basso impatto ambientale”
Sommario 1. Premessa ....................................................................................................................................................... 2
2. Inquadramento tecnico - normativo ed obiettivi del progetto SEABIA ........................................................ 3
3. Descrizione delle attività e dei risultati intermedi ottenuti .......................................................................... 6
3.1 WP2 Indagine sulla disponibilità di matrici compostabili verdi reperibili ....................................... 6
3.1.1 Finalità ............................................................................................................................................. 6
3.1.2 Stato dell’arte ................................................................................................................................... 6
3.1.3 Attività e metodi ............................................................................................................................... 7
3.1.4 Risultati ............................................................................................................................................ 9
3.2 WP3 Organizzazione di una centrale di compostaggio aziendale.................................................... 11
3.2.1 Finalità ........................................................................................................................................... 11
3.2.2 Stato dell’arte ................................................................................................................................. 11
3.2.3 Attività e metodi ............................................................................................................................. 12
3.2.4 Risultati .......................................................................................................................................... 13
3.3 WP4 Analisi delle specie vegetali coltivate e dei substrati di coltivazione utilizzati dalla Società
Agricola Primavita ..................................................................................................................................... 14
3.3.1 Finalità ........................................................................................................................................... 14
3.3.2 Stato dell’arte ................................................................................................................................. 15
3.3.3 Attività e metodi ............................................................................................................................. 15
3.3.4 Risultati .......................................................................................................................................... 15
3.4 WP5 Programmazione, acquisizione e trasporto delle miscele di residui vegetali per la
produzione di compost .............................................................................................................................. 16
3.4.1 Finalità ........................................................................................................................................... 16
3.4.2 Stato dell’arte ................................................................................................................................. 16
3.4.3 Attività e metodi ............................................................................................................................. 17
3.4.4 Risultati intermedi ......................................................................................................................... 17
1. Premessa
La presente relazione è redatta al fine di esplicitare le attività svolte ed i risultati intermedi ottenuti
nell’ambito del progetto di ricerca industriale dal titolo “Auto-produzione di substrati per la coltivazione
vivaistica a basso impatto ambientale - SEABIA: Substrati Ecologici a Basso Impatto Ambientale” proposto
dalla Società Agricola Primavita di Domenico Cataldi & C. S.A.S. con la partecipazione dei Dipartimenti
PROGESA (Progettazione e Gestione dei Sistemi Agro-Zootecnici e Forestali) e DSPV (Scienze delle
Produzioni Vegetali) dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, confluiti entrambi nel Dip. DISAAT.
Il progetto SEABIA, finalizzato alla diffusione di compostiere di prossimità per la produzione di ammendante
compostato verde da utilizzare come principale componente dei substrati per piante in vaso in sostituzione
totale o parziale della torba, è stato finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali
(MIPAAF) a valere sul fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura. Nello specifico il
progetto è stato selezionato tramite il bando pubblico DM prot. 22805 del 15/10/2010 (OIGA III) in
ottemperanza al Reg. (CE) n. 800/2008. Con il Decreto prot. n. 26769 del 15/12/2011 della Direzione
Generale della Competitività per lo Sviluppo Rurale (COSVIR IV) è stato infatti assegnato al Dipartimento
PROGESA un contributo di 107.712,46 € a favore dello stesso (30.840,16 €), del DSPV (30.251,58 €) e della
Società Agricola Primavita S.A.S. (46.620,62 €). Successivamente alla presentazione della proposta
progettuale i Dipartimenti PROGESA e DSPV si sono uniti nel Dipartimento di Scienze Agro - Ambientali e
Territoriali (DISAAT) (Decreto Rettorale 9911 del 30/12/2010) che pertanto ha beneficiato dei contributi
assegnati ai due dipartimenti (PROGESA e DSPV) per lo svolgimento delle attività previste dal progetto
SEABIA. Le unità operative coinvolte nel progetto sono quindi il DISAAT (ex PROGESA e DSPV) e la Società
Agricola Primavita che dalla data di assegnazione del contributo ad oggi hanno svolto attività operative e di
ricerca sulla base del piano delle attività presentato nella proposta progettuale.
In riscontro alla nota n. 8696 del 10/05/2013 della Direzione Generale dello Sviluppo in Agricoltura (DISR IV)
del MIPAAF ed ai sensi dell’art. 34 del Reg. (CE) n. 800/2008 vengono descritti gli obiettivi del progetto
SEABIA, i risultati intermedi della ricerca svolta nell’ambito del progetto e le attività propedeutiche al
conseguimento degli stessi. Nello specifico, per ogni Work Packages (W.P.) previsto dal Piano delle attività
della proposta progettuale, vengono descritte le finalità, i materiali impiegati, le metodologie di ricerca
applicate ed i risultati perseguiti in relazione agli indicatori di verifica.
2. Inquadramento tecnico - normativo ed obiettivi del progetto SEABIA Negli ultimi decenni il rapporto agricoltura – ambiente è cambiato radicalmente a causa del crescente
utilizzo di risorse naturali, energia e materiali di sintesi (fertilizzanti, agrofarmaci, materiali plastici) nei
processi colturali (Bozzini et al., 2011; Dal Sasso, 2001). Le attività agro - zootecniche presenti sul territorio
rurale esercitano infatti pressioni sulle matrici ambientali, alterano lo stato quali - quantitativo delle risorse
naturali e provocano impatti sugli ecosistemi e sulla salute umana (EEA, 1995). Le pressioni esercitate
dall’agricoltura sulla struttura ed il funzionamento degli ecosistemi (Scheffer et al. 2001) sono
rappresentate sia dal consumo di risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili che dal rilascio nell’ambiente
di sostanze inquinanti (rifiuti, reflui ed emissioni gassose) che dal consumo di risorse rinnovabili e non
rinnovabili (Cellura et al., 2012). In Italia sono riconducibili all’attività agricola il 60% dei consumi idrici, il
25% del particolato atmosferico, il 10% delle emissioni di gas serra, l’1,8% del consumo energetico
(Campiotti et al., 2011; Dal Sasso et al., 2012). I consumi e le emissioni connessi all’agricoltura
contribuiscono quindi all’alterazione dello stato dell’ambiente inteso come sistema di relazioni tra fattori
naturalistici, chimico-fisici, paesaggistici ed architettonici. Il settore agroalimentare europeo è infatti
responsabile del 20-30% dell’impatto ambientale complessivo per quanto riguarda il riscaldamento globale,
l’acidificazione, la formazione di smog fotochimico e l’eutrofizzazione (Tukker et al., 2006; Schau and Fet,
2008). Tali impatti determinano l’alterazione dello stato dell’ambiente che è stata definita “impatto
ambientale” dalla convenzione di Espoo (1991) e dal vigente Decreto Legislativo n. 152/06 “Norme in
materia ambientale”.
In questo contesto il comparto agro - zootecnico è stato oggetto di politiche comunitarie finalizzate alla
riduzione dell’impatto ambientale dei processi e dei prodotti agricoli nell’ottica dello sviluppo sostenibile. I
recenti provvedimenti legislativi comunitari sono infatti caratterizzati dalla decisa integrazione della
dimensione ambientale nella politica agricola e di sviluppo rurale. Una delle grandi sfide del nostro tempo è
quindi quella di realizzare un modello di agricoltura sostenibile in grado di ottenere un corretto equilibrio
tra produzione agricola competitiva e protezione dell’ambiente. In questo contesto le singole aziende
agricole possono avere un importante ruolo attuando interventi agrobiologici, tecnici e gestionali orientati
a migliorare le proprie prestazioni ambientali e quindi l’ecosostenibilità dei processi di coltivazione e dei
prodotti agroalimentari. Un’azienda agricola per essere definita sostenibile deve garantire una produzione
agroalimentare di adeguata qualità, impiegare al minimo le risorse non rinnovabili, conservare gli
agroecosistemi, preservare il suolo agrario nelle sue risorse biotiche e abiotiche ed essere socialmente
responsabile sul lungo periodo (Reganold et al., 2001). Il miglioramento dell’eco-sostenibilità delle aziende
agricole è inoltre propedeutico anche al rilascio delle certificazioni ambientali (UNI EN ISO 14001:2004,
EMAS Environmental Product Declation) che attribuiscono ai prodotti agroalimentari un valore ecologico
oggettivo, riconoscibile e spendibile sul mercato sempre più attento alle tematiche ambientali.
Alle pressioni ambientali del comparto agro - industriale italiano contribuisce in maniera significativa il
settore serricolo che pur interessando una porzione limitata di territorio (circa 40.000 ha) determina effetti
negativi sulle matrici ambientali ed il paesaggio (Scarascia Mugnozza et al., 2011; Picuno et al., 2011; Russo
et al., 2007). Recenti analisi ambientali hanno infatti messo in evidenza come gli input energetici, le materie
plastiche, le strutture produttive ed i consumi di risorse necessari alla produzione florovivaistica in serra
creano carichi ambientali non trascurabili sul territorio (Russo e Scarascia 2006; De Lucia e Russo 2006) che
possono essere mitigati con interventi agro-biologici e con l’innovazione costruttivo – impiantistica
(Scarascia, 1992). Anche il comparto florovivaistico è quindi coinvolto nella spinta innovativa che mira a
ridurre l’uso di energia e risorse non rinnovabili nel settore agricolo per incrementare la sostenibilità dei
processi di coltivazione e dei prodotti.
I risultati di analisi LCA (Life Cycle Assessment) delle produzioni florovivaistiche in serra dimostrano che i
carichi ambientali sono in gran parte riconducibili all’alimentazione di centrali termiche convenzionali con
combustibili fossili per soddisfare i fabbisogni energetici delle serre ed all’uso di substrati prodotti con
miscele a base di torba (Russo e Grassi, 2011; Russo et al., 2008; Antòn, 2004) largamente impiegati nei
Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo (Garcia et al., 2002; De Lucia e Mancini, 2004, Benito et al.,
2005; Lopez et al., 2008). L’estrazione della torba, risorsa non rinnovabile in tempi brevi spesso importata
dai Paesi del nord e centro Europa, causa notevoli impatti negativi sugli ecosistemi dovuti all’esaurimento
delle torbiere, habitat naturali esclusivi per la sopravvivenza e la riproduzione dell’ avifauna selvatica (Abad
et al., 2001;Benito et al., 2004; Grigatti et. al., 2007; Lopez et al., 2008). Inoltre nel rapporto pubblicato
dalla Commissione Europea (IP/09/353) si sottolinea l'importanza cruciale del suolo, e quindi anche delle
torbiere, nel mitigare i cambiamenti climatici in quanto assorbono carbonio presente in atmosfera (carbon
sink) .
Fig. 1 – Danni ambientali e paesaggistici dell’estrazione di torba
I substrati di coltivazione a base di torba hanno quindi un elevato impatto sui cambiamenti climatici, sulla
qualità degli ecosistemi e sul consumo di risorse abiotiche (EPAGMA, 2012). Tali impatti sono dovuti sia alla
fase di estrazione della torba che alle fasi di trasporto e fine vita. In particolare la fase di estrazione ha un
forte impatto sul consumo di risorse, la qualità degli ecosistemi ed i cambiamenti climatici che sono causati
anche dalla degradazione della torba nel fine vita.
Per ridurre l’impatto ambientale delle produzioni florovivaistiche è quindi necessario introdurre e validare
nuovi materiali, alternativi alla torba, per la formulazione di substrati rispettosi dell’ambiente.
L’indicazione di ridurre l’uso della torba anche nel vivaismo ornamentale deriva anche da numerose
normative europee recepite dal governo italiano: Council Directive 91/156/EEC; Council Directive
91/689/EEC; Council Directive 94/62/CE; Council Directive 99/31/EC. La normativa nazionale sui fertilizzanti
(D.Lgs 75/2010) fissa infatti un tetto del 20% per il contenuto di torba negli ammendanti.
La necessità di migliorare la sostenibilità ambientale del comparto agricolo e gli obiettivi imposti dalla
legislazione vigente forniscono pertanto un significativo impulso alla ricerca di prodotti rinnovabili ed a
basso impatto ambientale che sostituiscano parzialmente o completamente la torba nei substrati di
coltivazione. La scelta dei componenti di substrati di coltivazione è tuttavia limitata da considerazioni
tecniche ed agronomiche (caratteristiche e fabbisogni delle colture, sicurezza igienico – sanitaria ed
ambientale, disponibilità dei componenti, caratteristiche omogenee nel tempo e prezzo). La sostituzione di
una miscela a base di torba con una a ridotto o nullo contenuto di torba non deve infatti compromettere le
caratteristiche quali – quantitative del raccolto fortemente influenzate dalla struttura, dalla stabilità e dalle
proprietà chimiche, idrologiche ed agronomiche dei substrati di coltivazione (Papafotiou et al., 2004; Benito
et al., 2005; Lopez et al., 2008). I substrati innovativi con materiali che possano sostituire parzialmente o
totalmente la torba devono pertanto essere funzionalmente equivalenti ai substrati a base di torba.
Il mondo scientifico negli ultimi anni ha continuamente profuso notevoli sforzi e risorse nella ricerca di
idonei substrati innovativi per la coltivazione. In particolare diversi studi sono stati effettuati in relazione
alla sostituzione parziale o totale della torba con compost (Russo et al., 2008; Russo et al., 2009) prodotto
con fanghi di depurazione (Piamonti et al, 1997;. Perez-Murcia et al, 2006), frazione organica dei rifiuti
solidi urbani (Ostos et al., 2008), letame (Atiyeh et al, 2001; Eklind et al, 2001), rifiuti verdi (Benito et al,
2005;. Grigatti et al, 2007;.. Ribeiro et al, 2007) e rifiuti agro-industriali (Baran et al, 2001;. Garcia-Gomez et
al, 2002;. Papafotiou et al, 2004; Sánchez-Monedero et al, 2004; Bustamante et al, 2008). E’ stato così
dimostrato che i rifiuti organici, dopo adeguato compostaggio, possono essere utilizzati con ottimi risultati
come componenti dei substrati in parziale sostituzione della torba.
L’uso del compost come componente dei substrati può pertanto consentire sia di ridurre lo sfruttamento
delle torbiere che di incrementare il riciclaggio dei rifiuti organici di origine urbana, agricola ed agro –
industriale. La legislazione vigente in materia ambientale (D.Lgs. 152/06) rende prioritario il riciclaggio dei
rifiuti rispetto al loro smaltimento in discarica dove gli scarti organici possono dar luogo ad ingenti
emissioni di biogas e percolato ed a importanti fenomeni di assestamento della copertura finale. L’uso nel
comparto florovivaistico di substrati a base di compost contribuisce quindi a risolvere due problemi cogenti
a livello planetario: lo smaltimento dei rifiuti e il limite di estrazione delle torbe (Ostos et al., 2008). Inoltre
la presenza di macronutrienti nel compost consente di ridurre la fertilizzazione ed tassi di irrigazione con
ricadute positive sui costi delle produzioni florovivaistiche (Wilson et al., 2001). Il compost, alternativo alla
torba nell’industria dei substrati, assume quindi sempre maggiore importanza (Schmilewski, 2008).
Tuttavia, l'uso di compost come componente dei substrati può causare alcuni problemi come l’alto
contenuto di sali (Ribeiro et al, 2000.; Castillo et al., 2004), metalli pesanti (Weinhold e Scharpf, 1997),
proprietà fisiche non idonee (Raviv, 1998; Ribeiro et al, 1999), qualità e composizione variabile.
Il compost ottenuto da residui verdi, considerato di buona qualità, è stato utilizzato con successo come
componente dei substrati di coltivazione (Hartz et al., 1996). Gli ammendanti compostati verdi (ACV) sono
stati pertanto inseriti tra le matrici che possono comporre i substrati di coltivazione dal Decreto del
Ministero delle Politiche Agricole n. 1601 del 22 gennaio 2009.
L’ACV ottenuto a seguito del processo controllato di trasformazione e stabilizzazione aerobica di materiali
legnosi, foglie, rami, erba ed altri residui vegetali prodotti sia dalle aziende florovivaistiche che nell’ambito
del territorio rurale, è caratterizzato da grande variabilità dei valori di pH, conducibilità elettrica e
contenuto di nutrienti (Hegberg et al, 1991; Hartz et al, 1996; Spiers e Fietje, 2000; Benito et al, 2000). La
variabilità del prodotto finale dipende dalla vegetazione predominante nell'area, dal processo di
compostaggio e dalla stagione dell'anno. Le caratteristiche dell’ACV sono infatti strettamente legate alla
composizione chimica del materiale vegetale (disponibilità di nutrienti, rapporto C/N e quantità di composti
recalcitranti), alle proprietà fisiche, al contenuto di fibre ed alla disposizione anatomica del tessuto vegetale
(Fog, 1988; Wilson, 1990; Wilson e Mertens, 1995). Tali caratteristiche influenzano l’attività microbica, la
velocità ed il tasso di decomposizione con importanti ricadute sulla struttura, la stabilità e le proprietà
idrologiche (ritenzione idrica), fisiche (distribuzione granulometrica) e chimiche del compost da utilizzare
come componente dei substrati di coltivazione. Per favorire la decomposizione dei residui vegetali può
essere utile effettuare la triturazione aumentando così i punti di accessibilità ai microrganismi che operano
nel processo di compostaggio. Inoltre il compostaggio di residui delle specie vegetali con strutture flessibili
e ad elevato contenuto di fibre può migliorare la struttura e la capacità di ritenzione idrica del compost
ottenuto. La corretta miscelazione dei residui organici vegetali e l’ottimale gestione del processo di
compostaggio possono quindi consentire di ottenere ACV con caratteristiche fisico – chimiche ed
agronomiche idonee al proficuo impiego come componente dei substrati di coltivazione per piante in vaso.
Gli impianti ed i processi di compostaggio dei rifiuti determinano tuttavia impatti negativi sugli equilibri
ecologici, sul paesaggio e sul grado di naturalità. Il carico ambientale prodotto dal compostaggio dei rifiuti
verdi è legato prevalentemente al loro trasporto su gomma dalle aree rurali agli impianti di trattamento, al
consumo di energia per la triturazione ed alle emissioni di composti azotati durante il trattamento
aerobico. Analisi ambientali svolte sul processo di compostaggio hanno evidenziato che le distanze percorse
per il trasporto sia delle matrici organiche da compostare e le distanze che del compost prodotto
influenzano in maniera determinante l’impronta ecologica del processo.
Gli impatti ambientali connessi al compostaggio dei rifiuti possono essere tuttavia ridotti attraverso il loro
trattamento e recupero in situ. Sono infatti disponibili impianti di compostaggio di prossimità che si stanno
diffondendo per il trattamento dei rifiuti organici prodotti da piccole comunità o da grandi utenze
domestiche e non domestiche. Il compostaggio di prossimità trova la propria collocazione ad un livello
intermedio tra il compostaggio domestico ed il compostaggio in impianto industriale e può essere in grado
di assicurare un efficace trattamento dei rifiuti organici fisicamente vicino al luogo di produzione. In tal
modo possono essere ridotti i trasporti di rifiuti dal luogo di produzione ai grandi impianti di compostaggio
con ricadute positive sulla sostenibilità ambientale del compost prodotto. L’elevata distanza delle aree
rurali dagli impianti di compostaggio industriali può rendere l’installazione di compostiere a servizio di una
o più aziende agricole particolarmente interessante dal punto di vista agronomico, economico che
ambientale.
In questo contesto il progetto SEABIA ha l’obiettivo di introdurre e diffondere la pratica del compostaggio
di prossimità nelle aziende florovivaistiche al fine di produrre idonei ACV per i substrati di coltivazione a
partire da scarti organici vegetali delle attività agricole svolte in ambito aziendale e nel territorio rurale del
comprensorio limitrofo. Questo potrebbe consentire di valorizzare gli scarti organici vegetali e di ridurre il
consumo di torba nei substrati di coltivazione con potenziali effetti positivi sia sui costi di produzione che
sul carico ambientale del ciclo produttivo. Parallelamente devono essere preservate le caratteristiche sia
qualitative che quantitative delle produzioni florovivaistiche realizzate con i substrati a base di ACV e con
ridotto o nullo contenuto di torba. Nell’ambito del progetto SEABIA sono state e saranno espletate attività
finalizzate al perseguimento di tali obiettivi ed orientate all’estensione dei risultati su scala più ampia. Sono
di seguito enucleate le attività svolte ed i risultati intermedi conseguiti.
3. Descrizione delle attività e dei risultati intermedi ottenuti
3.1 WP2 Indagine sulla disponibilità di matrici compostabili verdi reperibili
3.1.1 Finalità
La finalità del WP2 è stata la caratterizzazione qualitativa e quantitativa delle matrici compostabili verdi
prodotte dalla Società Agricola Primavita e nel territorio rurale limitrofo.
3.1.2 Stato dell’arte
Le attività agricole ed agroindustriali sono caratterizzate dalla consistente produzione di rifiuti e scarti che
spesso vengono gestiti in modo non compatibile con i cicli eco-sistemici determinando fenomeni non
trascurabili di contaminazione delle matrici ambientali. In particolare i rifiuti e gli scarti organici vegetali
(residui vegetali di potatura, sanse, residui delle attività di vendita e commercializzazione dei prodotti
ortofrutticoli e floricoli, ecc.) attualmente sono spesso impropriamente bruciati generando così emissioni di
fumo talvolta visibili anche a chilometri di distanza che talvolta giungono fino al confine con i centri abitati.
La combustione dei soli residui della potatura ha infatti determinato nel 2007 lo 0,05% delle emissioni di
gas serra e contribuisce alla perdita di sostanza organica del suolo. In virtù dei rischi ecologici, sanitari e per
la pubblica incolumità provocati dalla bruciatura incontrollata di scarti vegetali, la legislazione vigente in
materia ambientale (D.Lgs. 152/06) definisce tale pratica una forma di smaltimento illegale. La magistratura
ha infatti affermato che "l'eliminazione con il fuoco dei rifiuti deve definirsi una forma di smaltimento e non
può essere considerata una forma di utilizzazione del prodotto nell'ambito dell'attività agricola; la tesi per
cui le ceneri costituirebbero un concimante naturale non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione
attuali". (www.diritto ambiente.com). Inoltre le buone pratiche agricole introdotte dalla Politica Agricola
Comunitaria vietano la bruciatura dei residui colturali al fine di favorire la preservazione del livello di
sostanza organica presente nel suolo nonché la tutela della fauna selvatica e la protezione dell’habitat.
Pertanto gli operatori agricoli avvertono la problematica di allontanare dai confini aziendali i residui
vegetali e sono obbligati a rivolgersi ad aziende di trasporto e recupero/smaltimento autorizzate con costi
aggiuntivi.
La gestione dei rifiuti agricoli prodotti nelle aree rurali rappresenta una problematica complessa che deve
essere quindi affrontata nell’ambito di un adeguato coordinamento tra la pianificazione territoriale (Dal
Sasso et al., 2009) e del ciclo integrato dei rifiuti. I piani di gestione dei rifiuti sono riconosciuti dal Decreto
Legislativo n. 152/06 come importanti strumenti per rendere il ciclo dei rifiuti sostenibile dal punto di vista
ambientale ed economico. Tali piani, sulla base delle caratteristiche quali – quantitative dei rifiuti prodotti,
devono indicare efficienti sistemi di raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti a livello regionale e locale al
fine di incrementare la raccolta selettiva e gli indici di recupero/riciclaggio con ricadute positive sulla qualità
ambientale. La conoscenza della produzione dei rifiuti su scala territoriale e della dislocazione degli impianti
di recupero/smaltimento consente infatti di organizzare mirati servizi di raccolta di assegnati itinerari e
frequenza per ridurre le emissioni dei mezzi di trasporto dei rifiuti. La reale valutazione del flusso dei rifiuti
agricoli è tuttavia complessa ma può essere effettuata su scala territoriale in base dell’uso del suolo e degli
indici di produzione dei rifiuti. Relativamente alle caratteristiche qualitative degli scarti vegetali è possibile
effettuare analisi chimico – fisiche su campioni di tali scarti.
3.1.3 Attività e metodi
Le attività svolte e le procedure metodologiche utilizzate nell’ambito del WP2 sono state orientate a
determinare i flussi e le caratteristiche degli scarti vegetali nel comprensorio territoriale limitrofo alla
Società Agricola Primavita.
Per la determinazione dei flussi di scarti vegetali è stato analizzato l’uso della superficie agricola utilizzata in
un’area campione della Regione Puglia e sono stati applicati gli indici di produzione per unità di superficie
disponibili nella bibliografia tecnico – scientifica.
L’area campione analizzata è l’Ambito di Raccolta Ottimale n. 1 (A.R.O. 1) in cui ricade la Società Agricola
Primavita e che comprende i Comuni di Bitonto, Corato, Molfetta, Ruvo di Puglia e Terlizzi (Figura 2). Tale
ambito territoriale è stato individuato sulla base della Legge Regionale della Puglia n. 24/2012 per
migliorare la gestione dei rifiuti nel rispetto dei principi di differenziazione, adeguatezza ed efficienza. Il
territorio oggetto di studio è caratterizzato da una superficie totale di 69.470 ha, da un territorio
extraurbano a forte vocazione agricola, dalla presenza di serre e dall’assenza di fenomeni di abbandono
colturale.
Fig. 2 – Inquadramento territoriale dell’ARO n. 1
L'analisi del territorio rurale dell'A.R.O. 1 per esaminarne l'uso del suolo, la distribuzione territoriale delle
varie colture e la presenza di serre, tunnel e tendoni è stata condotta sia in ambiente GIS con l'ausilio del
software ArcMap della ESRI che con mirati sopralluoghi per la validazione dei dati cartografici.
Nello specifico sono state adoperate la carta tematica di uso del suolo della Regione Puglia in scala 1:5000
conforme allo standard europeo del progetto CORINE Land Cover e l'ortofotocarta regionale digitale a
colori con una risoluzione del pixel a terra di 50 cm. Su tali carte sono state effettuate operazioni di
fotointerpretazione e geoprocessing per estrapolare informazioni sulla superficie occupata dai differenti usi
agricoli del suolo (oliveti, vigneti, frutteti, seminativi, orticole) e sull'area interessata da serre, coperture
con film plastici o reti in plastica.
La valutazione della quantità di residui vegetali di origine agricola potenzialmente generati nell’area di
studio è stata effettuata mediante l’applicazione dei fattori di produzione che legano l’estensione
territoriale delle diverse superfici coltivate alla produzione in peso di scarti vegetali. Sono stati quindi
individuati ed estrapolati da fonti bibliografiche i coefficienti di produzione delle singole tipologie di rifiuti
che caratterizzano le differenti coltivazioni agrarie (Tabella 1).
Tipologia di rifiuti
prodotti
Tipologie di
coltivazione
Coefficienti di
produzione Unità di misura Fonte bibliografica
Scarti vegetali di
origine agricola
Vite 2.4 t ha-1
anno-1
ANPA, 2000
Frutteti 2.75 t ha-1
anno-1
ANPA, 2000
Olivo 1.7 t ha-1
anno-1
Cotana e Cavalaglio,
2008
Tab. 1 – Coefficienti di produzione degli scarti vegetali per unità di superficie coltivata
Nell’ambito del WP2 inoltre sono stati analizzati sotto il profilo chimico – fisico campioni di scarti vegetali
prodotti sia nel contesto aziendale che nel territorio rurale adiacente.
3.1.4 Risultati
La superficie agricola utilizzata (SAU) nell’A.R.O. 1 interessa circa 54.990 ha ed è destinata alla coltivazione
di specie orticole (330 ha) e floricole (700 ha) in pieno campo ed in serra, cerealicole (13.730 ha), vite (3760
ha), olivo (34.850 ha) e frutteti (1.620 ha) (Figura 3).
Fig. 3 – Uso del territorio rurale nell’ARO n. 1
Nel territorio rurale dell’A.R.O. 1 vengono prodotti annualmente circa 73.000 t anno-1 di scarti vegetali
provenienti dalle operazioni di potatura delle colture arboree. Nello specifico 59.000 t anno-1 sono
riconducibili alle potature degli oliveti, 9.000 t anno-1 dei vigneti e 5.000 t anno-1 dei frutteti.
In prossimità della Società Agricola Primavita gli scarti vegetali utilizzabili sono prodotti dalle attività
florovivaistiche aziendali (Figura 4) e dalle colture di olivo presenti (Figura 5).
Fig. 4 – Potature aziendali
Fig. 5 – Potature dell’olivo nei suoli limitrofi all'azienda Primavita
Tali matrici sono state campionate e sottoposte ad analisi chimico – fisica presso il laboratorio della Società
“Modugno agrochimica” nel mese di gennaio 2013. I risultati di tali analisi sono esplicitati nelle Tabelle 2 e
3.
Tab. 2 – Caratteristiche chimico – fisiche del campione di materiale vegetale fresco proveniente dalla
potatura dell’olivo
Tab. 3 – Caratteristiche chimico – fisiche del campione di materiale vegetale fresco costituito dagli scarti
della Società Agricola Primavita
I risultati delle analisi mostrano che gli scarti vegetali disponibili sono caratterizzati da un elevato rapporto
C/N rispetto a quello ottimale pari a 25 (Bernal et al., 1996). Il compostaggio di tali matrici può essere
caratterizzato da un tasso di decomposizione iniziale ridotto e dall’immobilizzazione dell’azoto con
conseguente nessuna mineralizzazione netta (Eiland et al., 2001).
3.2 WP3 Organizzazione di una centrale di compostaggio aziendale
3.2.1 Finalità
Il WP3 è stato incentrato sulla progettazione, organizzazione, installazione e messa in esercizio di un
impianto di compostaggio di prossimità a servizio della Società Agricola Primavita per la produzione di
ammendante compostato verde a partire dalle matrici vegetali di scarto.
3.2.2 Stato dell’arte
Il compostaggio è definito come un processo di trasformazione della sostanza organica grezza in sostanze
umiche biologicamente stabili (Cooperband, 2000; Provenzano et al., 2000; Plaza et al., 2009), Il processo di
compostaggio riproduce, in condizioni controllate, i naturali processi di decomposizione ed umificazione
delle sostanze organiche (Zorzi et al., 2010) mediante l’azione combinata di microrganismi e reazioni
chimico – fisiche. Nello specifico l’intero processo di compostaggio è mediato da una sfera di microrganismi
costituente l’ecosistema microbico (batteri, funghi, attinomiceti, protozoi e macrofauna). La corretta
evoluzione delle reazioni biologiche e biochimiche che caratterizzano il processo di compostaggio è legata a
parametri chimico – fisici quali umidità, pH, rapporto tra carbonio/azoto nei rifiuti trattati (Atrigna et al.,
2011). Per un corretto processo di compostaggio sono infatti necessarie una congrua aereazione della
massa, un’idonea densità apparente, una buona attività microbica, una elevata concentrazione di ossigeno
e un umidità compresa tra il 40-60%, (Schaub e Leonard, 1996).
Da un punto di vista gestionale, l’intero processo di compostaggio, può essere suddiviso in due archi
temporali distinti: il periodo di trasformazione attiva (active composting), comprendente sostanzialmente
la fase mesofila di latenza (1) e la fase termofila di stabilizzazione (2) ed il periodo di finissaggio (curing),
corrispondente alla fase di raffreddamento e di maturazione mesofila (3) (Golueke 1991; USDA-NRCS,
2000).
L’iniziale decomposizione delle matrici organiche è dovuta all’intervento di specie microbiche mesofile che
utilizzano rapidamente i composti solubili e facilmente degradabili. Il calore prodotto dalle reazioni
esoergoniche di questi microrganismi rimane intrappolato nella matrice in trasformazione a causa della
scarsa conducibilità di quest’ultima. A seguito del progressivo accumulo di calore, la temperatura del
substrato comincia a salire, superando ben presto la soglia della termofilia. Non appena la temperatura si
porta sopra i 40 °C, i microrganismi mesofili divengono meno competitivi e sono perciò progressivamente
sostituiti da specie termofile, alcune delle quali risultano capaci non solo di resistere ma anche di svolgere
le normali attività metaboliche a temperature > 70 °C (es. batteri del genere Thermus). Raggiunta o
superata la soglia dei 55 °C, un gran numero di microrganismi, ivi comprese le specie patogene per l’uomo e
per le piante, è disattivato (De Bertoldi et al., 1983). Durante lo stadio termofilo, le alte temperature
accelerano la degradazione di proteine, grassi e carboidrati complessi quali cellulosa ed emicellulosa, che
rappresentano due tra i più importanti polimeri strutturali delle piante. Man mano che la disponibilità dei
composti ricchi di energia comincia ad esaurirsi, la temperatura della matrice in trasformazione
gradualmente decresce, consentendo alle popolazioni microbiche mesofile responsabili dei processi di
umificazione, di colonizzare il substrato per quella che è stata precedentemente definita la fase di
maturazione o finissaggio (De Bertoldi et al., 1985). Quando lo stadio di affinamento giunge a compimento,
il prodotto ormai maturo può essere definito compost.
In conclusione il compostaggio determina la mineralizzazione della sostanza organica, l’abbattimento dei
patogeni, la produzione di acidi umici e l’ottenimento di un prodotto finale stabile definito dalla legislazione
Italiana “ammendate compostato”.
Il processo di compostaggio può essere realizzato in impianti industriali con elevate potenzialità di
trattamento, in compostiere domestiche e nei moderni impianti di compostaggio elettromeccanici di
prossimità con potenzialità di trattamento di circa 25 tonnellate/anno.
Le compostiere di prossimità sono impianti automatici di compostaggio che consentono di chiudere il ciclo
degli scarti organici nel luogo di produzione contribuendo attivamente allo sviluppo sostenibile. Nelle
compostiere di prossimità il processo di bio-ossidazione della sostanza organica è controllato
automaticamente in quanto il rivoltamento e l’avanzamento del materiale organico è effettuato da un
sistema elettromeccanico con pale, il riscaldamento è garantito da resistenze elettriche e viene controllato
termostaticamente, l’aerazione è effettuata da un motoriduttore che movimenta la massa di rifiuti ad
intervalli opportuni assicurando l’ossigenazione ottimale e la riduzione delle dimensioni delle particelle da
decomporre. Le compostiere di prossimità sono dotate inoltre di un sistema di ventilazione automatico con
aspirazione di aria dall’esterno e immissione nella camera di compostaggio ed un sistema di ricircolo
dell’aria per la reimmissione di parte dell’aria nella camera di compostaggio e per l’espulsione della
restante parte. Il materiale organico bio-stabilizzato esce dalla parte terminale della compostiera dopo 8-10
settimane e può essere disposto in cumuli per la fase finale di maturazione.
Il compostaggio di prossimità consente quindi di sottrarre gli scarti organici al circuito di raccolta, trasporto
e trattamento in impianti industriali ed al contempo di produrre in loco di ammendanti compostati da
utilizzare sul suolo agrario o come componenti dei substrati. Per tali ragioni si riducono i trasporti degli
scarti organici dal luogo di produzione agli impianti di compostaggio industriali con la conseguente
diminuzione delle emissioni di CO2 da parte dei mezzi di trasporto. Attualmente sono in esercizio circa 700
impianti di compostaggio di prossimità nel nord Europa per il trattamento dei rifiuti organici prodotti
prevalentemente in contesti urbani o da aziende produttrici di rifiuti organici (alberghi, ristoranti, mense).
In questo contesto può essere proficua l’installazione di impianti di compostaggio di prossimità presso le
aziende agricole dislocate nel territorio rurale per creare risorse utili (ammendanti compostati) a partire
dagli scarti organici dei processi agroindustriali. In tal modo le aziende possono ricavare benefici economici
riconducibili sia al mancato conferimento degli scarti organici ad aziende autorizzate (80-120 €/tonnellata)
che all’auto–produzione di ammendanti compostati con caratteristiche qualitative in linea con quelle dei
compost disponibili sul mercato (10-20 €/tonnellata). Tali aspetti consentono di ammortizzare
l’investimento per l’acquisto di impianti di compostaggio di prossimità in un periodo dai 3 ai 6 anni.
3.2.3 Attività e metodi
Nell’ambito del WP3 sono stati acquisiti i preventivi degli impianti di compostaggio di prossimità disponibili
sul mercato nazionale (Tabella 4).
Marca Modello Capacità Cittadini
serviti
Peso
[kg]
Alimentazione
elettrica
Kollvik Biocomp 5000 l/mese 225 2327 3 fasi
Comar Ecology Beetle 2500 l/mese 120 N.D. 220/230V
Big Hanna T240 21-62 t/anno 130-300 1200 3 fasi 400V
Joraform JK5100 25 t/anno 250-270 850 3 fasi
Tab. 4 – Impianti di compostaggio di prossimità
In seguito all’analisi delle caratteristiche tecniche e dei costi delle compostiere di prossimità è stato scelto
ed ordinato dalla Società Agricola Primavita il modello Comar Ecology Beetle 50. Prima della sua
installazione è stata analizzata la normativa in materia di gestione dei rifiuti (Parte IV del D.Lgs. 152/06) per
individuare gli eventuali adempimenti legislativi propedeutici all’installazione ed all’esercizio della
compostiera.
Il compostatore è stato installato all’interno della serra, nella cosiddetta avanserra coperta con materiale
non trasparente (Fig. 6) che serve come spazio funzionale alle attività di coltivazione effettuate nella
prospiciente serra. L'installazione è stata fatta su superficie piana per garantire il normale avanzamento del
materiale organico durante la rotazione del cilindro nella camera di compostaggio. L’impianto è stato
abbinato ad un trituratore Honda GX340 ed a contenitori per la raccolta e la maturazione del materiale
organico bio-stabilizzato nella camera di compostaggio del compostatore. E’ stata inoltre individuata
all’interno della Società Agricola Primavita la superficie aziendale da dedicare al deposito temporaneo delle
biomasse vegetali da compostare.
Fig. 6 – Compostatore Comar Ecology Beetle 50 installato presso la Società Agricola Primavita
3.2.4 Risultati
Nell’ambito del WP2 è stata realizzata all’interno della Società Agricola Primavita una centrale di
compostaggio così costituita:
area di deposito temporaneo degli scarti organici vegetali da compostare;
impianto di compostaggio di prossimità Comar Ecology BEETLE 50 (Figura 7);
trituratore Honda GX340;
contenitore in materiale plastico con ruote per la raccolta e la maturazione del materiale organico
biostabilizzato nel compostatore.
L’installazione dell’impianto di compostaggio non è stata soggetta a nessuna autorizzazione ambientale ai
sensi del D.Lgs 152/06 in quanto vengono trattati esclusivamente gli scarti vegetali prodotti nei terreni di
proprietà dell’azienda ed al contempo il compost prodotto sarà utilizzato esclusivamente per le esigenze
aziendali. Per tali ragioni l’azienda non si disfa dei propri scarti riducendo alla fonte la produzione di rifiuti.
Le caratteristiche impiantistiche del compostatore Comar Ecology BEETLE 50 sono le seguenti:
- potenzialità tecnica di trattamento: 5,5 t/anno
- cicli: automatico/continuo
- volume della camera di compostaggio: 0,29 m3
- materiale della camera di compostaggio: acciaio inox
- dimensioni: 2000x600 mm; altezza: 1250 mm.
Fig. 7 – Compostatore Comar Ecology Beetle 50 installato presso la Società Agricola Primavita
L’alimentazione energetica viene garantita dalla rete elettrica aziendale alimentata dalla rete di
distribuzione nazionale. Il compostatore funziona con corrente monofase a 230 V e sono stimati consumi
energetici di circa 90 kWh/tonnellata di rifiuto immesso.
Le emissioni gassose del processo di compostaggio vengono in parte reimmesse nella camera di
compostaggio ed in parte rilasciate attraverso il camino di aerazione nell’ambiente confinato della serra.
L’aria esausta rilasciata è caratterizzata da temperatura elevata (50 °C) e dalla presenza di CO2 di origine
biogenica. Tali caratteristiche rendono le emissioni del compostatore compatibili con i requisiti di qualità
dell’aria in serra. In particolare le emissioni possono contribuire a garantire in serra livelli di temperatura e
concentrazione di anidride carbonica maggiormente idonei alle esigenze colturali.
I reflui prodotti dal compostatore sono costituiti dall’acqua di condensa e dall’acqua rilasciata dalle matrici
organiche nel processo di biossidazione nella camera di compostaggio. La modesta quantità di acque reflue
prodotte dal compostatore vengono raccolte in un recipiente a tenuta e saranno successivamente conferite
annualmente a ditte autorizzate al trattamento del rispetto della legislazione vigente (art. 183 D.Lgs
152/06).
Il compost prodotto viene raccolto in un contenitore e collocato all’esterno della serra per la fase di
maturazione prima dell’utilizzo come componente dei substrati di coltivazione a ridotto contenuto di torba.
La centrale di compostaggio realizzata, può consentire di ridurre i costi e gli impatti ambientali connessi alla
raccolta ed alla movimentazione degli scarti organici di origine agricola. Parallelamente tali scarti trattati
nel compostatore consentono di produrre ammendante compostato verde da utilizzare come componente
di substrati ecologici.
3.3 WP4 Analisi delle specie vegetali coltivate e dei substrati di coltivazione utilizzati
dalla Società Agricola Primavita
3.3.1 Finalità
Il WP4 ha avuto la finalità di indagare la gestione agroambientale delle colture praticate all’interno della
serra della Società Agricola Primavita. Nello specifico sono state censite le specie coltivate e sono stati
analizzati i consumi e le caratteristiche dei substrati e dei fertilizzati impiegati nei cicli colturali.
3.3.2 Stato dell’arte
Le produzioni florovivaistiche in serra sono caratterizzate da significativi consumi di risorse (energia
elettrica, fertilizzanti, substrati, combustibili, acqua, reagenti chimici, ecc.) e possono determinare rilevanti
pressioni sulle matrici ambientali. La puntuale conoscenza dei fabbisogni delle colture praticate e dei
consumi di risorse consente sia di quantificare le pressioni ambientali prodotte che di individuare soluzioni
tecniche e gestionali per equilibrare i rapporti fabbisogni – consumi e per mitigare gli impatti sugli
ecosistemi. In quest’ottica il Regolamento CE 1221/2009 (EMAS - Eco Management and Audit Scheme)
individua lo strumento dell’analisi ambientale dei processi produttivi come punto chiave per
l’implementazione dei Sistemi di Gestione Ambientale e le certificazioni ambientali delle organizzazioni.
L’analisi ambientale è infatti finalizzata ad individuare gli obblighi normativi applicabili in materia
ambientale, a determinare e valutare le interazioni processi - ambiente che possono compromettere lo
stato quali – quantitativo degli ecosistemi, a quantificare gli impatti e le prestazioni ambientali delle
organizzazioni produttive. La conoscenza delle pressioni esercitate dalle attività antropiche sulle risorse
naturali e degli impatti sugli ecosistemi fornisce un supporto per individuare le azioni da attuare sui
processi produttivi per orientarli alla sostenibilità ambientale.
3.3.3 Attività e metodi
Nel WP4 sono stati analizzati dal punto di vista quali - quantitativo gli input di fertilizzanti e substrati
impiegati nei processi di coltivazione realizzati nell’ambito della Società Agricola Primavita. Sono stati
determinati inoltre i fabbisogni delle colture praticate al fine di produrre substrati di coltivazioni
sperimentali funzionalmente equivalenti a quelli attualmente utilizzati ma caratterizzati da un minore
carico ambientale. Quest’attività è funzionale a formulare substrati realmente alternativi a quelli
convenzionali a base di torba senza compromettere le caratteristiche quali – quantitative del raccolto.
3.3.4 Risultati
La Società Agricola Primavita produce attualmente 350 specie di piantine ornamentali ed essenze
mediterranee. La coltivazione di tali piante richiede substrati di coltivazione con adeguata capacità di
ritenzione idrica e areazione che garantiscano un continuo apporto e disponibilità di nutrienti. La
disponibilità di elementi nutritivi dipende sia dalla composizione del substrato di coltivazione che da altre
caratteristiche chimico - fisiche del substrato tra le quali il pH, la capacità di assorbimento, la stabilita
biologica del substrato di coltivazione e la presenza di sostanza organica (Caballero et al., 2007). Tali
caratteristiche devono essere stabili durante l’intero ciclo di coltivazione delle piante (Chavez et al., 2008).
I substrati di coltivazione idonei per la crescita delle specie di piantine ornamentali coltivate dalla Società
Agricola Primavita devono avere caratteristiche chimico – fisiche conformi a quelle individuate da Chen
(2002) ed esplicitate nelle tabelle 5 e 6.
PARAMETRI RANGE OTTIMALE
Porosità Libera 10-20%
Densità Apparente 0.15-0.8 g/cm3
Contenuto Di Umidità 50-75%
Porosità Totale 50-75%
Tab. 5 – Proprietà fisiche ottimali per i substrati di coltivazione di piante ornamentali
PARAMETRI RANGE OTTIMALE
pH 5.5-7.0
CONDUCIBILITÀ ELETTRICA EC 1-2.5 ds/m
CAPACITÀ DI SCAMBIO CATIONICO 5-50 meq/100g
RAPPORTO C/N <25
SODIO (Na) <80mg/kg
BORO (B) <4mg/kg
FLUORO (F) <1mg/kg
ZOLFO (S) 50-100 mg/kg
CADMIO (Cd) <2mg/kg
RAME (Cu) <10mg/kg
PIOMBO (Pb) <5mg/kg
MANGANESE (Mn) <15mg/kg
NICHEL (Ni) <10mg/kg
ZINCO (Zn) <20mg/kg
Tab. 5 – Proprietà chimiche ottimali per i substrati di coltivazione di piante ornamentali
Le proprietà dei substrati enucleate nelle tabelle consentono di garantire una buona crescita delle piante e
contribuiscono alla loro richiesta sul mercato. Inoltre l’uso di substrati con proprietà chimico – fisiche
ottimali permette di ridurre i consumi idrici a fini irrigui e la fertilizzazione con ricadute positive sullo stato
delle matrici ambientali.
3.4 WP5 Programmazione, acquisizione e trasporto delle miscele di residui vegetali per
la produzione di compost
3.4.1 Finalità
La finalità del WP5 è la produzione di ammendante compostato verde (ACV) a partire da scarti vegetali
rivenienti dalle attività agricole (residui delle attività florovivaistiche, potature delle colture arboree, sfalci,
ecc.). Il WP5 prevede inoltre la preparazione di substrati di coltivazione idonei realizzati con l’ACV prodotto
adeguatamente miscelato con inerti (perlite, sabbia grossolana, argilla espansa, tufi vulcanici, corteccia di
pini grossolana) e piccole quantità di torba.
3.4.2 Stato dell’arte
Il processo di compostaggio degli scarti organici (frazione umida dei rifiuti solidi urbani, fanghi di
depurazione, residui dell’attività agricola ed agroindustriale) consente di ottenere ammendanti compostati
utili anche per la costituzione di substrati di coltivazione. L’impiego nel settore florovivaistico di questi
materiali compostati in sostituzione parziale o totale della torba può contribuire a risolvere due problemi
cogenti a livello planetario: lo smaltimento dei rifiuti organici e il limite di estrazione delle torbe (Ostos et
al., 2008). Recenti lavori hanno infatti dimostrato la possibilità di effettuare produzioni ornamentali su
substrati a base di compost con risultati analoghi a quelle condotte su substrati contenenti torba (Russo et
al., 2008; Russo et al., 2009). In ragione dei risultati raggiunti il compost, alternativo alla torba nell’industria
dei substrati, assume sempre maggiore importanza (Schmilewski, 2008). Questa tendenza è dimostrata
dall’aumento dell’uso della sostanza organica compostata nella costituzione dei substrati sia hobbistici che
professionali (Bohlin 2002; Schmilewski, 2007). Dosando adeguatamente i rifiuti da avviare a compostaggio
si può ottenere ammendante compostato che, miscelato con sostanze inerti ed eventualmente con piccole
quantità di torba, può essere utilizzato come principale componente dei substrati di coltivazione per piante
in vaso. Idonei rapporti di miscelazione tra ammendanti compostati e sostanze inerti (sabbia, pomice,
perlite) possono consentire di formulare substrati con proprietà agronomiche (ritenzione idrica) e
fertilizzanti (presenza di acidi umici e minerali in forma elementare) funzionali ad una ottimale crescita
colturale in tutte le fasi fenologiche.
3.4.3 Attività e metodi
Nell’ambito del WP4 è stato alimentato con matrici vegetali il compostatore di prossimità installato presso
la Società Agricola Primavita. Nello specifico sono stati avviati al processo di compostaggio gli scarti
dell’attività florovivaistica e potature di olivo. Tali matrici sono rispettivamente prodotte dalle attività
florovivaistiche espletate dalla Società Agricola Primavita e dalle potature effettuate nell’oliveto confinante.
I suddetti scarti vegetali sono stati raccolti, stoccati su superficie aziendale, triturati ed immessi nel
compostatore.
Il processo di compostaggio è stato costantemente monitorato e gestito al fine di realizzare nella camera di
compostaggio un ambiente idoneo all’attività dei microrganismi decompositori. Le caratteristiche chimiche
delle matrici compostate hanno reso necessaria l’additivazione di fertilizzante azotato (urea) per ridurre il
rapporto C/N iniziale. Un elevata concentrazione di carbonio rallenta infatti l’attività microbica con effetti
negativi sulla stabilità del compost prodotto. L’urea, ricca fonte di azoto (N 46%), permette di incrementare
l’attività di biodegradazione e la riduzione della massa di rifiuti (Karnchanawong e Sapudom, 2011; Wang e
Schuchardt, 2010). Lo svantaggio dell’aggiunta di urea è l’incremento delle perdite per volatilizzazione
dell’ammoniaca (Silvestri et al., 1997). L’entità di insufflazione di aria nella camera di compostaggio è stata
gestita al fine di garantire un’umidità compresa tra il 50 ed 70% a vantaggio dell’attività microbica.
Al termine della fase attiva del processo di compostaggio (15 giorni) il materiale organico biostabilizzato è
stato raccolto in un contenitore e sottoposto alla fase di maturazione per 120 giorni (Figura 8).
Fig. 8 – Materiale organico biostabilizzato in fase di maturazione
Al termine della fase di maturazione, in data 01/07/2013, è stato prelevato ed analizzato presso il
laboratorio Modugno Agrochimica un campione di ammendante compostato verde. I risultati sono stati
confrontati con i limiti di legge (D.Lgs. 75/2010) e valutati sotto il profilo agronomico.
3.4.4 Risultati intermedi
Nel WP4 si è dato luogo ad un processo di compostaggio a "KM 0" che utilizza gli scarti organici dell’attività
agricola aziendale e locale per produrre ammendante compostato verde strettamente funzionale alle
attività colturali svolte. In tal modo vengono trattate e reimpiegate in situ le sostanze organiche di scarto
riducendo alla fonte la produzione di rifiuti e valorizzando le loro proprietà chimico - fisiche.
I risultati delle analisi chimico – fisiche effettuate sull’ammendante compostato verde sono esplicitate in
tabella 6.
Tab. 5 – Proprietà chimiche dell’ammendante compostato verde prodotto
Dal confronto tra i valori misurati ed i limiti imposti dal D.Lgs. 75/2010 (Allegato 2) emerge le caratteristiche
del compost sono conformi alla normativa ad eccezione del carbonio organico che risulta essere maggiore
della soglia legislativa (20% ss).
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