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LAUREA IN SCIENZE GIURIDICHE
TESINA IN STORIA DEL DIRITTO ITALIANO
LE LEGGI RAZZIALI A TARANTO
Relatore: Dott. Stefano Vinci-Prof. Francesco Mastroberti
Laureanda: Viviana Muscio
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LE LEGGI RAZZIALI A TARANTO
L’interesse per questo argomento da me scelto è nato in
occasione di una visita all’Archivio di Stato di Taranto,durante il
quale mi sono appassionata alla ricerca dei documenti
originali,ovvero testimonianze certe della nostra storia d’Italia.
La mia attenzione sulle leggi razziali è scaturita dal fatto che
volevo accertarmi della reale applicazione delle stesse anche nel
territorio pugliese e,come immaginavo, ho avuto un riscontro
positivo.
Inizio col citare una frase di Albert Einstein per introdurre il mio
discorso ,ossia “L'unica razza che conosco è quella umana”,
proprio per cercare di comprendere come si possa essere arrivati
in un paese civile come il nostro che inneggiava all’uguaglianza
e al riconoscimento di pari diritti per gli uomini, al punto di
tollerare e quasi giustificare un governo che, anche se nel rispetto
paradossale della legge,discriminava una realtà come quella
ebraica perché ritenuta razza inferiore. Tutto questo non è nato
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come molti,in maniera semplicistica pensano, dalla follia di uno
solo ossia di Mussolini o di Hitler,ma era ben radicata nella
mentalità e nella cultura del popolo.
La scienza in questo periodo tendeva a classificare ogni cosa e
ciò portava a delle risposte universali che si dimostrarono
alquanto pericolose : vi era l’intenzione di creare una scienza che
si occupasse di tutto che portò quindi a classificare anche gli
uomini,affermando che alcuni fossero ad esempio più forti o più
deboli di altri, distinzione inizialmente fatta in buona fede ma che
poi ebbe i risvolti che conosciamo nel fascismo e nel nazismo.
Questa ossessione per la classificazione ha avuto quindi tempo e
modo di radicarsi nella mente del popolo italiano e nella mente di
chi,come Mussolini,sfruttò questa per legittimare la sua politica
ed è anche per questo che il fascismo e soprattutto le successive
leggi razziali furono tollerate e non ostacolate.
Renzo De Felice è stato uno storico italiano, considerato da
alcuni il maggiore studioso del fascismo e in una delle sue opere
proprio in riferimento alle leggi razziali, afferma che Mussolini
per meglio cementare l’accordo con la Germania si allineò alle
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misure razziste e “con la campagna per la razza la propaganda
fascista fallì clamorosamente ,portando tanti italiani a
distaccarsi,almeno psicologicamente dal regime, a guardarlo
magari con occhi diversi”.
Mussolini infatti inizialmente aveva espresso disapprovazione
nei confronti della politica razzista espressa dal
nazionalsocialismo. Tuttavia, a partire dal 1938, in concomitanza
dell'alleanza con la Germania, il regime fascista promulgò una
serie di decreti il cui insieme è noto come leggi razziali, che
introducevano provvedimenti segregazionisti nei confronti degli
ebrei italiani e dei sudditi di colore dell'Impero.
Furono letti per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste da
Mussolini dal balcone del Municipio in occasione della sua visita
alla città in cui disse: « Nei riguardi della politica interna il
problema di scottante attualità è quello razziale…E' in relazione
con la conquista dell'Impero: perché la storia ci insegna che gli
imperi si conquistano con le armi ma si tengono col prestigio. E
per il prestigio occorre una chiara severa coscienza razziale che
stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità
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nettissime…» . Fra i diversi documenti e provvedimenti
legislativi che costituiscono il corpus delle cosiddette leggi
razziali figura il Manifesto della razza o “Manifesto degli
scienziati razzisti”, pubblicato sul numero 1 de La difesa della
razza il 5 agosto 1938. Al regio decreto legge del 5 settembre
1938 - che fissava «Provvedimenti per la difesa della razza nella
scuola fascista» - e a quello del 7 settembre - che fissava
«Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri» - fece seguito
(6 ottobre) una «dichiarazione sulla razza» emessa dal Gran
Consiglio del Fascismo; tale dichiarazione venne
successivamente adottata dallo stato sempre con un regio decreto
legge che porta la data del 17 novembre.
Nel testo a cura di Loredana Garlati e Tiziana Vettor “Il diritto di
fronte all’infamia nel diritto – a 70 anni dalle leggi razziali”
viene posto in evidenza che “i diritti umani vennero calpestati e
cancellati con l’arma più subdola:la legalità”. La promulgazione
e l’applicazione delle leggi razziali tolsero la maschera ad una
illusione rivelatasi alla fine pericolosa:il diritto non era una
scienza esatta e l’ossequio cieco e la fiducia incondizionata nella
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forma legis e nel suo valore potevano condurre a esiti
incontrollabili.
La Germania per prima suggerì la possibilità di cancellare ,a
colpi di leggi, il senso di appartenenza ad uno Stato e l’idea
stessa di cittadinanza, sostituendovi la nozione di “razza”
scindendo la popolazione in due tronconi netti e distinti: ariani e
non. Il diritto,il ius divenne lo strumento di cui la politica si fece
scudo per cancellare legittimamente e sistematicamente un
popolo intero; l’Italia fece lo stesso nel periodo tra il 1938 e il
1943 quando varò una serie di provvedimenti di cui il più noto è
appunto il Provvedimento per la difesa della razza italiana
emanato il 17 novembre 1938 ossia la legge antiebraica per
eccellenza del ventennio fascista.
Inizialmente l’Italia non voleva condurre nessuna persecuzione :
come si legge nel testo “Leggi razziali in Puglia” a cura di
Leuzzi,Pansini,Esposito, alla data del 1937 non era stata
inaugurata una campagna antisemita né erano stati presi
provvedimenti di alcun genere nei confronti di cittadini italiani di
razza ebraica,tranne di ebrei che risultassero antifascisti o
comunque politicamente sospetti. I primi documenti che in
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provincia di Bari,testimoniano una particolare attenzione ad
“elementi ebraici” da parte delle autorità di polizia hanno come
oggetto “misure di vigilanza contro attività sovversive” nei
confronti in special modo del “Movimento ebraico”. In una
circolare del 5 novembre 1937 il questore di Bari definiva gli
ebrei come “una setta perniciosa,disseminata in tutto il mondo
che conduce una lotta accanita,aperta contro il Nazismo tedesco,e
subdola contro il Fascismo”.
Mentre si scatenava in un crescendo la campagna di stampa
contro gli ebrei, nell’agosto del 1938 si tenne la rilevazione degli
ebrei residenti nelle province del regno. Il censimento ,che
doveva esser effettuato con massima precisione e assoluta
riservatezza,doveva “riferirsi alla situazione alle mezzanotte del
giorno 22 agosto. Il censimento avvenne,come dimostrato dai
documenti reperiti presso i rispettivi Archivi di Stato,sia a Bari
come testimonia il testo di Leuzzi sia a Taranto attraverso le
ricerche da me fatte.
Il primo provvedimento antisemita è quello relativo agli ebrei
presenti nella scuola: con il R.D.L. 5 settembre 1938 venivano
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escluse dall’insegnamento scolastico e universitario “le persone
di razza ebraica”.
Il 6 e 7 ottobre il Gran Consiglio del Fascismo decise la politica
razziale nei confronti degli ebrei. Tutti i punti della
“Dichiarazione” ,che è considerata la magna charta del razzismo
italiano,sono ripresi nel R.D.L. 17 novembre 1938 n.1728 ossia i
“Provvedimenti per la difesa della razza italiana”. Articolato in 3
capi, nel primo relativo ai matrimoni dei cittadini italiani di razza
ariana; nel secondo veniva stabilito lo status degli appartenenti
alla razza ebraica; nel terzo si stabilivano le norme per
l’allontanamento degli ebrei dalle pubbliche amministrazioni. A
questi provvedimenti seguirono moltissime
disposizioni,circolari,provvedimenti che determinarono la totale
separazione degli ebrei dalla vita sociale,economica e politica
ossia una vera e propria persecuzione.
Per meglio chiarire il dubbio se le leggi razziali in Puglia fossero
più o meno state applicate,possiamo fare riferimento alle tante
testimonianze ricevute da chi ha vissuto in quel periodo : tale
ricostruzione è coadiuvata dai tanti documenti come circolari o
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telegrammi che sono stati conservati nel territorio pugliese negli
Archivi di Stato come quelli di Bari e Taranto.
Ad esempio a Bari con un provvedimento del
Direttorio del Sindacato provinciale dei
medici di Bari del 28 febbraio 1940, venivano
cancellati dall’albo dei medici e chirurghi due
“nominativi di razza ebraica e non
discriminati”.
Sempre a Bari,nell’attività di controllo sulle
attività degli ebrei,specie nei confronti di coloro
che erano sospettati anche di attività politiche
contrarie al regime, si distinse l’ufficio R della
Federazione dei fasci di combattimento di
Bari,che provvedeva al controllo di nominativi di
razza ebraica e alla segnalazione e denuncia di
nominativi politicamente sospetti all’Ufficio
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politico della Questura di Bari:nella relazione del 10 gennaio
1941 veniva riferito al federale di Bari della schedatura di 25
nominativi di cui 10 assegnati al confino. Molti dei nominativi
che figurarono in quegli elenchi furono internati nel campo di
Alberobello.
Un’altra sconcertante realtà che dimostra
l’effettiva applicazione di tutte le leggi
razziali anche nel territorio pugliese è
rappresentata dal controllo a cui venne
sottoposta la cultura e la stampa: la Casa
editrice barese Laterza subì tutte le
conseguenze dell’intervento inquisitorio e
repressivo del regime. Alla casa editrice
barese nel giugno del 1938 venne
notificato l’ordine della Questura di non
pubblicare determinati volumi e subì sequestri di varie opere.
L’editore inoltrò delle lettere di protesta all’Ufficio stampa del
Ministero della cultura popolare,lettere in cui si intuisce il
rammarico in quanto il sequestro riguardava libri pregevoli di
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valorosi scrittori. Il 26 marzo del 1942 l’editore barese in una
protesta rivolta direttamente a Mussolini affermava : “ tutta la
regia Questura di Bari è stata ieri mobilitata per perquisire
l’azienda e le famiglie dei componenti di casa Laterza. Anni di
corrispondenza di autori e del sen. Croce si stanno interpretando
in Questura.”
Anche nell’Archivio di Stato di Taranto sono stati da me reperiti
tantissimi documenti comprovanti la necessità di controllare e
riferire al Ministero dell’Interno periodicamente sul “problema
ebraico”.
Il regime aveva affidato ad un’unica direzione generale,la
DEMORAZZA,tutte le competenze in materia di demografia e di
Razza.
In un telegramma riservatissimo inviato a
Taranto,datato 24 settembre 1938, direzione
DEMORAZZA il Ministro Buffarini prega
di “inviare urgentemente un rapporto sulla
situazione razzistica specificando eventuale
presenza elementi di razza non italiana o
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simile come cinese, mongoli orientali,negri armeni,ecc e prega
dettagliare notizia problema ebraico e situazione ebrei nelle
cariche pubbliche ,politiche amministrative sindacali o nelle
attività commerciali o industriali.”
La firma del Ministro Buffarini si legge in tante circolari e
telegrammi trovati presso l’Archivio di Stato. Partecipò come
volontario alla Prima guerra mondiale ;nel marzo del 1920 si
laureò in giurisprudenza all'Università di Pisa e tre anni dopo
abbandona l'esercito per dedicarsi più attivamente alla politica:
aderisce al Partito Nazionale Fascista e si distingue come il più
importante tra gli squadristi della sua città. Nel 1938 fu tra i
firmatari del Manifesto della razza in appoggio alla
promulgazione delle leggi razziali fasciste. Seguì Benito
Mussolini nella fondazione della Repubblica Sociale Italiana, di
cui fu Ministro degli Interni. Nella primavera 1944 Buffarini
Guidi si oppose, e fu forse determinante nell'impedire un
progetto di legge redatto da Giovanni Preziosi, che intendeva
estendere lo status di ebreo a un numero maggiore di cittadini
italiani.
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In un altro telegramma dello stesso
Buffarini,reperito presso l’Archivio di
Stato di Taranto, datato 19 gennaio 1941
si legge: “DALLE OSSERVAZIONI DI
QUESTI ULTIMI TEMPI RISULTA
CHE NON POCHI EBREI HANNO ANCORA UNA
VOLTA DIMOSTRATA LA LORO Più OTTUSA
INCOMPRENSIONE DI FRONTE AGLI EVENTI
POLITICI E STORICI IN CORSO,CONFERMANDOSI
AVVERSI AD OGNI SENTIMENTO NAZIONALE.
OCCORRE PERTANTO CHE LA POLITICA RAZZIALE
VENGA Più ENERGICAMENTE PERSEGUITA.
ESAMINATE PERTANTO L’OPPORTUNITà DI
INVIARE AI CAMPI DI CONTRAMENTO GLI
ELEMENTI LOCALI EBRAICI CHE Più DANNO
LUOGO A SOSPETTI CON I LORO SENTIMENTI E LA
LORO CONDOTTA”;
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A difesa della razza ariana come si legge nei
“PROVVEDIMENTI PER LA DIFESA DELLA RAZZA
ITALIANA” Legge n. 1728 del 17 Novembre 1938 , al capo I
affermava il divieto di matrimoni tra persone di razza ariana ed
appartenenti ad altra razza così come ci dimostrano i documenti
reperiti presso l’Archivio di Stato di Taranto. In questa immagine
infatti vi è una copia della Gazzetta del Mezzogiorno dell’epoca
in cui viene riportato il testo del decreto dei provvedimenti per la
difesa della razza e nell’altra immagine vi è una copia della
Gazzetta ufficiale che riporta la legge del 17 Novembre 1938.
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Gli scienziati razzisti giustificarono i
divieti del regime con la teoria della
infertilità degli ibridi: si trattava una
teoria che proveniva dalla botanica ma
che non trovava alcuna validità scientifica
all'interno di una stessa specie animale.
Tutto ciò veniva utilizzato per rinforzare
il messaggio di condanna contro le unioni
interetniche,così come più volte veniva
ribadito dalla rivista “La difesa della razza”,diretta da Telesio
Interlandi,che affermava la superiorità della razza ariana sulle altre razze e
ricordava i provvedimenti a difesa della stessa,come ricorda questo numero
in cui l’immagine rimanda proprio al fatto che l’unione fra due persone di
razza diversa “fa appassire un fiore” .
A testimonianza del controllo che veniva
fatto anche sui matrimoni ho reperito dei
documenti come questo telegramma del
27.11.1938 del Ministro Buffarini in cui si
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legge “in attesa che vada in vigore il R.decreto della legge 17 novembre
1938 pregovi d’ordine del Duce di intervenire per impedire che nel
frattempo siano celebrati matrimoni fra persone di razza italiana e persone
appartenenti a altre razze”.
In una successiva circolare del Ministero
dell’Interno inviata da Buffarini il 25 aprile del
1940 ,invece si evince la richiesta del rispetto
dell’articolo 5 della legge n.1728 ,infatti
l’oggetto è “accertamento della razza e
cittadinanza ai fini delle pubblicazioni
matrimoniali e della trascrizione degli atti di
matrimonio” ,si legge che “è deferito all’Ufficiale di Stato civile ogni
accertamento relativo alla razza e allo stato di cittadinanza degli sposi…al
quale spetta di controllare le dichiarazioni fatte dalle parti interessate e la
documentazione esibita nonché rilasciare il certificato circa la inesistenza
di cause che si oppongano alla celebrazione del matrimonio valido agli
effetti civili…”.
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Vi sono moltissimi documenti reperiti a
Taranto in cui si richiede il consenso al
matrimonio,ossia di tarantini che chiedono di
poter contrarre matrimonio con persona di
nazionalità straniera,come dimostra questa
circolare in cui il sign. De fazio rivolge
istanza per contrarre matrimonio con la sig.ra
Kapitanovic, di nazionalità straniera. Si richiedevano per ottenere
il consenso varie documentazioni come gli atti di battesimo della
fidanzata e dei genitori,atto di nascita proprio e certificato di
nascita della fidanzata. Il matrimonio non poteva avvenire finchè
non arrivava dal Ministero dell’Interno il consenso, preceduto da
una specifica istruttoria sulla condotta dei futuri sposi.
Un altro documento dell’Istituto Nazionale
Fascista della Previdenza Sociale ,inviata a
Taranto e datata 15 maggio 1939, dice “a
seguito della circolare n.12 del 18 gennaio
1939 del Ministero dell’Interno,avente per
oggetto l’esclusione delle coppie di sposi di
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razza ebraica dalla concessione del prestito matrimoniale,prego
di voler disporre affinchè sia rimesso a questo Istituto un elenco
dei nominativi degli appartenenti alla razza ebraica,residenti in
questa Provincia. Quanto sopra al fine di poter revocare la
concessione dei prestiti in corso di pagamento a coloro che
risultassero inclusi nel suddetto elenco.”
Nella sua campagna antisemita,il
fascismo ebbe un altro obiettivo:
abrogare tutti i diritti civili e politici
degli ebrei e proprio a questo proposito
abbiamo anche a Taranto delle
dimostrazioni.
In questo telegramma urgente del 23 settembre 1943 inviato dal
Capogoverno Badoglio a Taranto in cui afferma che saranno
abrogate tutte le disposizioni dell’esercizio dei diritti civili e
politici dei cittadini italiani appartenenti a razza ebraica.
Il controllo circa l’appartenenza alla razza investì tutti: liberi
professionisti come avvocati ma anche dipendenti pubblici come
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insegnanti e anche di questo ne abbiamo trovato testimonianza
nell’Archivio della nostra città.
In una circolare riservata urgente del 4
settembre 1938 il Procuratore del Re o meglio
il suo sostituto Di Biase Alessandro richiede
informazioni per gli appartenenti o
discendenti di razza ebraica. Si legge “dato il
carattere urgente della richiesta vi prego di
fornirmi il riscontro per:
-avv. Traversa di Grottaglie
- avv. Manigrasso di Grottaglie
- avv.Lanzo di Taranto,
-avv. Minervini di Taranto.
Da tale controllo si voleva verificare che questi avvocati fossero
israeliti o di altra fede tuttavia di origine ebraica.
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Nella successiva circolare della legione
territoriale dei carabinieri reali di Bari datata
13 settembre 1938 l’oggetto della circolare è :
risultato informazioni. Si legge che i
sottoscritti professionisti appartengono alla
razza italiana e professano la religione
cattolica: avv. Lanzo e avv. Minervini.
Altro controllo venne fatto nelle
amministrazioni come dimostra una circolare
della Regia Prefettura di Taranto in cui il
prefetto Tallarigo ricorda che è entrato in
vigore il decreto del 17 novembre 1938 e si
legge “si prega curare la rigorosa e tempestiva
esecuzione di tale disposizione: si deve provvedere al
rilevamento della situazione dei rispettivi dipendenti,di qualsiasi
categoria o specie ,facendo riempire una scheda personale
conforme al modello unito(MOD.A) …Sulla base dei dati
contenuti nelle schede le singole amministrazioni dovranno
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adottare i provvedimenti di dispensa del rispettivo personale di
razza ebraica,trasmettendo alle prefetture con la deliberazione di
dispensa adottata.”
Il MOD.A era quindi una scheda personale
che doveva essere riempita da ogni
dipendente :in essa erano richiesti i dati
anagrafici e vi erano una serie di domande a
cui rispondere come :
il padre-madre è di razza ebraica?
Il padre-madre è di nazionalità straniera?
Se nato da genitori di nazionalità italiana di cui uno solo di razza
ebraica…
Appartiene alla religione ebraica?
È comunque iscritto ad una comunità israelitica?
Ha fatto in qualsiasi altro modo manifestazioni di ebraismo?
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Sempre all’interno dell’Archivio di Stato di
Taranto ho reperito delle liste di ebrei
presenti a Taranto: in questa circolare del
Municipio di Taranto datata 13 settembre
1943 si elencano i nomi di alcuni ebrei
presenti a Taranto :
-Coen elisa
-Coen regina margherita
-Coen arnaldo.
- Rabà Alfredo
- Della torre giulio
-Della torre elisa.
Questo era il regime di controllo che anche a Taranto si viveva,
questa era l’aria di sospetto che si respirava: Taranto ,infatti, pur
non avendo una consistente presenza di ebrei al suo interno, si
trovò nella posizione,al pari delle altre città,di obbedire in
maniera rigorosa agli ordini che venivano impartiti dall’alto
come dimostrano i documenti reperiti.
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A 73 anni dall’emanazione delle leggi razziali ,e di tutto ciò che
di terribile ne conseguì, possiamo affermare che il razzismo sia
maturato, e maturi forse ancora oggi, nella mente di chi
stoltamente ritiene che esistano razze inferiori e razze
superiori.Concludendo ,a tal proposito, riporto una citazione
dello scrittore statunitense James Baldwin che dice:
“Il pregiudizio razziale troverà sempre un fertile terreno in
quella piccola e debole cosa che è il cervello umano.”
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Bibliografia:
1) Le leggi razziali in Puglia -
Leuzzi,Pansini,Esposito;
2) Il fascismo- Renzo de Felice;
3) Il diritto di fronte all’infamia nel diritto- Loredana
Garlati,Tiziana Vettor;
4) Documenti archivio di Stato di Taranto.
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Desidero ringraziare il Professor Stefano Vinci per i preziosi
suggerimenti nella preparazione del mio lavoro e per la
disponibilità e professionalità dimostrata. Inoltre, ringrazio
l’Archivio di Stato di Taranto, in particolare il personale della
sala studio, per avermi fornito dati e documenti indispensabili
alla mia ricerca.
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