CRESME RICERCHE 2012
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CRESME RICERCHE 2012
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PROGETTAZIONE
Antonio Mura, Lorenzo Bellicini
DIREZIONE E COORDINAMENTO
Antonio Mura
GRUPPO DI LAVORO
Antonio Mura
Claudia Levantesi
Contatti:
Cresme Ricerche S.p.A.
Viale Gorizia 25/C – 00198 Roma
Tel. (39) 6 854.36.23 – Fax 841.57.95
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
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Sommario
Premessa ................................................................................................................................. 3
Introduzione e note di sintesi ................................................................................................ 5
1. I giovani e la crisi .......................................................................................................... 15
2. I giovani e le costruzioni .............................................................................................. 27
3. Il settore delle costruzioni: tra crisi e trasformazione .............................................. 45
3.1. Un nuovo ciclo edilizio ................................................................................................. 47
3.2. I driver del cambiamento ............................................................................................. 51
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Premessa
Valorizzare i giovani è condizione necessaria per lo sviluppo di un paese.
Oggi più che mai, in presenza di un così forte cambiamento, dinamicità, flessibilità e
innovazione sono punti forti da considerare per superare la crisi.
Tutta l’Europa è sensibile e attenta al tema dei giovani, al loro rapporto con la società, con
l'istruzione e con il mercato del lavoro.
Con un'occhio attento a queste ragioni, il FORMEDIL ha prodotto un primo stralcio di
ricerca volto a fotografare e analizzare la condizione giovanile in Italia e il rapporto dei
giovani con il settore delle costruzioni.
Insieme ad IIPLE, scuola edile di Bologna, che quest’anno festeggia il suo 65esimo anno di
attività, si è pensato di mettere a fuoco questo tema e proporlo alla discussione
nell’ambito di un contesto di alta tecnologia come quello del SAIE. Una manifestazione
all'interno della quale, già da alcuni anni, il sistema formativo edile viene presentato alla
collettività attraverso la competizione Ediltrophy.
Il tema dei giovani in edilizia, è stato già oggetto di attenzione da parte del FORMEDIL con il
Progetto Sperimentale Apprendistato realizzato alla fine degli anni ’90 su incarico del
Ministero del Lavoro.
Chi sono i giovani che lavorano in edilizia e perché lo seguono? Come vedono il lavoro edile e
che cosa si aspettano? Quale prospettiva di carriera hanno e quale valore danno alla
formazione? Sono domande che si ripropongono ancora oggi.
Sarà interessante verificare, a distanza di un decennio, i cambiamenti di scenario, la mutata
struttura occupazionale e imprenditoriale del settore e il profilo dei giovani che si
avvicinano all’edilizia.
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I giovani rappresentano l'utenza privilegiata per l' attività delle scuole: già oggi attraverso le
azioni di formazione d'ingresso al settore quali “16 ore prima” e “apprendistato” assistiamo
ad una crescita quantitativa della presenza giovanile.
In questo quadro è evidente anche una diversificazione qualitativa dell'offerta formativa
che si orienta verso la specializzazione, le filiere nuove e tradizionali da interpretare nel
mutato contesto tecnologico e produttivo.
I giovani, le loro motivazioni, le loro ansie e aspettative di carriera professionale,
costituiscono il riferimento obbligato per il sistema formativo di settore.
Roma, ottobre 2012
Il Formedil
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Introduzione e note di sintesi
Nel dibattito sulla questione giovanile nel nostro Paese si tende spesso a incentrare il
discorso sugli aspetti legati alla questione dell’iniquità generazionale, facendo implicitamente
riferimento alla condizione del mercato del lavoro che, oggettivamente, trasferisce sui più
giovani tutti i rischi, in termini di disoccupazione, precarietà, bassi salari e scarse tutele, tutti
aspetti di criticità amplificati dall’impatto della crisi economica.
Ma in termini generali la questione dovrebbe essere riformulata da un punto di vista
puramente economico, di competitività, di sostenibilità e di sviluppo di lungo periodo. Come
evidenziato in molti studi economici, infatti, oggi, in un contesto di invecchiamento strutturale
e di sempre maggiore competizione, il sistema socio-economico italiano non può più
permettersi, anche al livello micro (cioè di singola impresa), di non valorizzare e tutelare
quella parte di popolazione, per sua natura, più dinamica, flessibile e innovativa. La
valorizzazione dei giovani è, infatti, una condizione necessaria per lo sviluppo di
un’economia moderna. Le nuove imprese, quelle cui gli economisti italiani guardano con
maggiore speranza sia per il potenziale innovativo sia per la capacità di stimolare l’efficienza
del sistema, sono quasi sempre dirette da imprenditori con meno di 40 anni, e tendono ad
occupare forza lavoro mediamente più giovane.
Il livello di formazione della forza lavoro, e in particolare quello dei più giovani, è inoltre un
fattore fondamentale per raggiungere uno sviluppo economico sostenibile e duraturo. La
formazione migliora il livello del capitale umano, aumentando l’efficienza e la qualità dei
processi di produzione. Di contro, il capitale umano facilita l’assimilazione del progresso
tecnico e delle tecnologie innovative.
Insomma, mettere i giovani nella condizione di esprimere al massimo le loro potenzialità,
investire su di essi, sulla loro formazione, favorirne l’inserimento lavorativo, assecondandone
la naturale predisposizione all’innovazione e all’uso delle nuove tecnologie, rappresenta una
condizione necessaria per tornare a crescere e riuscire a competere in un mondo destinato
a diventare sempre più piccolo, esigente e competitivo.
La difficile condizione dei giovani nel nostro Paese
Eppure oggi, nel nostro Paese, la disoccupazione giovanile, considerando la classe di età da
15 a 24 anni, continua a segnare record negativi (36% nel primo semestre del 2012, con
punte nel Mezzogiorno superiori al 46%), portandosi su livelli, in Europa, inferiori solamente
a Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda. Ma l’analisi delle serie storiche evidenzia come la
situazione fosse già critica nel periodo pre-crisi, mentre indicazioni estremamente
preoccupanti riguardano la durata della disoccupazione. L’Italia, infatti, mostrava nel 2011,
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tra i principali paesi europei, la quota maggiore di disoccupazione giovanile di lungo periodo
(quella di durata superiore ad un anno).
Per non parlare della crescita dei cosiddetti NEET (in inglese “Not in Education, Employment
or Training”), cioè giovani disoccupati o inattivi e fuori dal sistema formativo, una delle
componenti della popolazione a più forte rischio di esclusione sociale, e che nel 2011 ha
coinvolto il 23% della popolazione tra 15 e 24 anni (record europeo dopo la Grecia).
D’altra parte, tenendo conto della quota di giovani inattivi che però dichiarano la volontà di
lavorare se ne avessero opportunità (scoraggiati, ma potenzialmente attivi) il tasso di
disoccupazione schizzerebbe quasi al 50%. In altre parole, tenendo presente l’elemento
legato al sommerso, in Italia un giovane su due tra 15 e 24 anni, attivo (o potenzialmente
attivo), non ha oggi accesso all’occupazione regolare. Peggio di quanto accade in Grecia,
Portogallo, Irlanda.
Indicazioni come queste devono fare riflettere, specialmente se si considera che molti studi
economici mostrano come la combinazione di alti livelli e persistenza della disoccupazione
abbiano, specialmente per i più giovani, conseguenze di lungo termine molto negative, che
vanno, oltre ad una più lenta crescita del reddito, da più alti rischi di disoccupazione futura
fino a prolungati periodi di precarietà.
Vi è poi da considerare che negli ultimi 10 anni il mercato del lavoro in Italia ha vissuto
profondi cambiamenti che hanno avuto, sulle fasce di età più giovani e meno tutelate, un
impatto evidente proprio sulla stabilità occupazionale. La proliferazione di forme contrattuali
atipiche (contratti a progetto, formazione lavoro, tempo determinato, ecc.) si è tradotta in una
rapida crescita della componente di contratti a termine. Una situazione che non riguarda solo
il nostro Paese, ma che, come visto, da noi si combina con altissimi e persistenti livelli di
disoccupazione, inattività e irregolarità.
Questo vero e proprio “dualismo generazionale” (ovvero la netta separazione tra fasce di
popolazione più tutelate e altre meno), per come è stato raggiunto, e per il contesto in cui si
inserisce (flessibilità in uscita e rigidità in ingresso, a prescindere da qualifiche o livello di
studio), oggi è tale da inibire la volontà dei giovani di investire sulla cultura, sulla
conoscenza, sopprimendo le spinte innovatrici più naturali.
Inoltre, quando i contratti a tempo determinato rappresentano, per certi versi, la forma
contrattuale più conveniente, le imprese stesse hanno pochi incentivi ad accrescere le
competenze dei lavoratori appena assunti, specialmente quando questi sono i primi a
perdere il lavoro in caso di difficoltà economiche.
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Le costruzioni e i giovani: opportunità da rilanciare
E’ allora chiaro come sia necessario, ad ogni livello dell’economia, riuscire a mettere in
condizione i più giovani di esprimere tutto il loro potenziale di innovazione, creatività e
capacità di adattamento. Anche perché la crisi si lascierà dietro un mondo totalmente
cambiato, sotto tutti i punti di vista: economico, finanziario, geopolitico, ecologico, energetico
e sociale. E il settore dell’edilizia, tradizionalmente molto importante per l’economia italiana,
non solo non è rimasto indifferente a queste trasformazioni ma sta contribuendo al
cambiamento con un ruolo centrale (si pensi al tema del risparmio energetico degli edifici,
l’eco-sostenibilità, gli impianti per la produzione di energie rinnovabili, ecc.). E si può quindi
intuire come nei prossimi anni le costruzioni potranno rappresentare per i più giovani sia uno
sbocco occupazionale sia, soprattutto, un importante serbatoio di opportunità.
I giovani nelle costruzioni: un settore molto giovane
D’altra parte, è vero che il settore delle costruzioni si mostra particolarmente propenso ad
accogliere i più giovani, sia in termini puramente occupazionali che in termini imprenditoriali.
Già oggi, infatti, le costruzioni assorbono circa il 12% di tutta l’occupazione giovanile,
un’incidenza tra le più elevate nel panorama dei principali paesi europei (la media UE è
dell’8%), risultando, tra tutti i settori, quello con la quota di occupazione giovanile in assoluto
più elevata.
Figura 1 – Quota di occupazione giovanile in Italia per settore (occupati tra 15-24 anni sul totale del settore)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
I giovani nelle costruzioni: una questione di reddito
E in un contesto caratterizzato da un marcato disequilibrio nella distribuzione del reddito, va
osservato come il settore delle costruzioni, almeno per quanto riguarda il lavoro dipendente,
sia quello che presenta la distribuzione dei salari più omogenea. Un giovane tra 15-24 anni
dipendente nelle costruzioni percepisce, in media, un reddito mensile pari al 79% del reddito
6,4%
5,0%
7,1%
9,1%
5,9%
5,2% 4,9% 4,9%
7,1%
5,1%
4%
5%
6%
7%
8%
9%
10%
Totale Agricoltura Industria Costruzioni Servizi
2008 2011
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medio del settore. Una percentuale decisamente superiore sia alla media di tutta l’economia
(68%), sia a quanto si osserva nel settore industriale (73%). Inoltre, i giovani trentenni
impiegati nelle costruzioni percepiscono un reddito medio superiore a quello dei coetanei
impiegati in altri settori. Va detto che la più “equa” distribuzione reddituale che si osserva
nelle costruzioni non è una peculiarità del contesto italiano, e va ricondotta alle dinamiche di
carriera e alla struttura interna delle imprese del settore. E il tutto si riflette, rispetto ad altri
settori, in una più rapida crescita dei salari all’inizio della carriera anche se con un orizzonte
reddituale che appare più limitato.
Tabella 1 – Reddito medio mensile lordo da lavoro dipendente per classe di età (2010)
Industria Costruzioni Servizi Totale
15-29 1.721 1.695 1.629 1.660
30-39 2.077 2.129 2.047 2.061
40-49 2.335 2.246 2.378 2.358
50-59 2.526 2.422 2.716 2.651
oltre 60 2.854 2.240 3.199 3.085
Totale 2.368 2.150 2.490 2.449
Rapporto reddito Giovani/Media 72,7% 78,8% 65,4% 67,8%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Figura 2 – Quota dei contratti a tempo determinato per i giovani tra 15 e 24 anni (costruzioni e totale economia)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
I giovani nelle costruzioni: un impiego più stabile
Ma le costruzioni si presentano anche come un settore dove, per i giovani, la componente di
contratti a tempo determinato risulta meno diffusa. Tra i dipendenti con età compresa tra 15
e 24 anni la quota di contratti a tempo determinato nelle costruzioni, seppur cresciuta
vistosamente negli ultimi 4 anni, si mostra, infatti, strutturalmente inferiore, non solo rispetto
alla media dell’economia italiana, ma anche rispetto a quanto avviene nel settore
manifatturiero.
33,6%
43,1%
39,7%
47,7%
43,3%
49,9%
2008 2011
Costruzioni Industria manifatturiera Totale Economia
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I giovani nelle costruzioni: le imprese giovanili
L’immagine di un settore per certi versi giovane, almeno per gli standard italiani, emerge
anche in termini di imprese. Se si considera il tasso di imprenditorialità giovanile, ovvero la
quota di imprese la cui percentuale di partecipazione di giovani fino a 34 anni è superiore al
50%, le costruzioni mostrano, in effetti, i valori più elevati. Alla fine del 2011, secondo i dati
delle camere di commercio, erano quasi 132 mila le imprese giovanili attive nelle costruzioni,
il 16% del totale del settore e oltre un quinto (il 21%) di tutte le imprese giovanili in Italia.
Figura 3 – Tasso di imprese giovanili sul totale delle imprese attive nei diversi settori a fine 2011
Fonte: elaborazione Cresme su dati Movimprese
I giovani nelle costruzioni: lavori specializzati
Ma in quali ambiti si collocano i giovani nelle costruzioni. La stragrande maggioranza, sia in
termini occupazionali che imprenditoriali, è attiva nell’ambito di lavori edili specializzati (il
69% dell’occupazione e il 74% delle imprese giovanili), che, richiedendo, da lato
dell’impresa, uno start-up meno oneroso e competenze o attrezzature specifiche, offrono
migliori opportunità per i più giovani. Parliamo, ad esempio, di finitura e completamento degli
edifici, di attività di installazione di impianti, o di lavori di isolamento di edifici o parti di essi.
I giovani nelle costruzioni: la crisi occupazionale
D’altra parte, se negli ultimi 4 anni la concomitanza dell’inversione del ciclo edilizio e della
crisi economica ha causato, per il settore, una crisi senza precedenti che ha comportato per i
più giovani la perdita di quasi 50 mila posti di lavoro (il 27% dell’occupazione del 2008), è
anche vero che sono state le attività di costruzione di edifici e edificazione di opere
pubbliche quelle ad aver subito di più l’impatto della crisi, mentre le attività di costruzione
specializzate hanno mostrato una tenuta maggiore.
7,4% 8,2%
15,9%
12,8% 11,9%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
Agricoltura Industria Costruzioni Servizi Totale
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Un risultato che alla luce dell’analisi dei dati di mercato non deve sorprendere. Il settore delle
costruzioni, infatti, si sta orientando sempre di più sull’attività di rinnovo e di riqualificazione,
specialmente in chiave energetica, con la componente di imprese specializzate, in
particolare installatori e impiantisti, che, anche grazie allo sviluppo delle energy technology
(si pensi al boom di installazioni fotovoltaiche), ha subito meno l’impatto della crisi, e ha
registrato, anche per questo, una flessione molto meno marcata dell’occupazione (anche
giovanile).
Figura 4 – Variazione % dell’occupazione per classe di età nelle costruzioni (2008-2011)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Riconfigurazione e opportunità nelle costruzioni
Ed è proprio in questo ambito, quello dei lavori specializzati, che, in uno scenario di medio
termine, i più giovani potranno trovare le opportunità più interessanti. Si pensi solo a quanto
accaduto nel settore degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (impianti
FER). Un mercato che nell’ultimo biennio ha vissuto un vero e proprio boom, fino a
diventare, nel 2011, anche più grande, in termini di investimenti, del mercato delle nuove
costruzioni residenziali (a prezzi correnti, 30 miliardi di euro contro 25). Nei prossimi anni,
tuttavia, opportunità anche più interessanti potrebbero scaturire dallo sviluppo tecnologico e
da una maggiore diversificazione dell’investimento, per ora concentrato quasi interamente
sul fotovoltaico e sull’eolico. Si pensi, ad esempio, alle nuove tecnologie geotermiche a
bassa entalpia, in particolare le pompe di calore geotermiche per il condizionamento degli
edifici, che in altre parti d’Europa hanno già accelerato notevolmente la propria crescita.
Ma si pensi anche a tutto il mercato della riqualificazione, in particolare in chiave energetica
(il vero motore del prossimo ciclo edilizio), in un futuro in cui la vetustà del costruito e le
esigenze legate ai consumi, ma anche al contenimento del rischio naturale, renderanno
necessari massicci interventi di manutenzione e riqualificazione sul patrimonio edilizio
esistente. Ci sono poi gli ambiti innovativi legati, ad esempio, allo sviluppo e all’utilizzo di
nuovi materiali con caratteristiche qualitative ed energetiche sempre migliori (o anche
-27,3%
-5,2% -7,2%
-16,6%
10,7% 7,7%
-35%
-30%
-25%
-20%
-15%
-10%
-5%
0%
5%
10%
15%
15-24 Oltre 24 Totale
Costruzioni Attività di costruzioni specializzate
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materiali tradizionali con nuovi utilizzi, ad esempio, nell’edilizia eco-compatibile, si pensi al
legno), oppure all’utilizzo e allo sviluppo di nuove tecniche edilizie. E poi c’è tutto il settore
dell’impiantistica, destinato a crescere in un contesto in cui la domanda di nuovi impianti,
anche in chiave di efficienza energetica e domotica, è destinata a crescere e a svilupparsi,
specialmente per chi saprà cogliere il segmento dell’eco-sostenibilità e del risparmio.
Conclusioni
In conclusione, oggi nel settore si parla sempre di più di energy technology, energie
rinnovabili, risparmio energetico, bioedilizia, sostenibilità, nuovi mercati nel settore pubblico,
di internazionalizzazione, innovazione tecnologica, nei materiali, nelle tecniche di
costruzione, nella progettazione. Ed è questa riconfigurazione, certamente accompagnata
dalla profonda riduzione del mercato tradizionale, ad essere la chiave interpretativa di quello
che sta succedendo.
In questo scenario il ruolo strategico rivestito dai più giovani diventa centrale. Investire su di
essi, sulla loro formazione, favorirne l’inserimento lavorativo, assecondandone la naturale
predisposizione all’innovazione e all’uso delle nuove tecnologie, rappresenta la chiave per
avere successo in un mercato sempre più competitivo, esigente e specializzato. E questo
anche in un’ottica di riduzione dei costi, da perseguire attraverso il miglioramento
dell’efficienza del processo produttivo e decisionale, che necessariamente necessita l’utilizzo
di nuove tecnologie gestionali e, quindi, figure professionali adatte.
Viceversa, in un settore delle costruzioni così “rinnovato”, dove sempre più importanza
rivestiranno le capacità di adattamento al cambiamento e all’innovazione, i giovani potranno
trovare spazi e nuove opportunità, anche in un contesto di oggettiva difficoltà esacerbatosi
durante la prolungata fase di crisi.
Ma in un settore che si trasforma così rapidamente, un ruolo sempre più centrale è riservato
a tutto il sistema della formazione. Formazione che deve necessariamente tenere il passo
con il cambiamento e preparare i più giovani all’ingresso nella professione da un ruolo da
protagonista.
Secondo le banche dati Formedil, nel triennio 2009-2011 sono stati formati, attraverso
32.813 corsi, oltre 385 mila allievi, il 20% degli occupati medi nel settore. E negli ultimi anni
quello che emerge è come sia sensibilmente cresciuta proprio la domanda di formazione da
parte di giovani inoccupati (dal 7% del totale degli allievi nel 2006 a quasi il 30% nel 2011), a
testimoniare di come tutto il settore edile, in un contesto in cui per i giovani senza esperienza
il mercato del lavoro si fa progressivamente più rigido, sia visto sempre di più come un
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importante sbocco occupazionale. Vi è da dire che con l’attivazione dei corsi relativi al MICS
16 ore prima, formazione di base obbligatoria per i nuovi ingressi privi di esperienza di lavoro
in cantiere edile, la distribuzione dei corsi per tipologia è molto cambiata nell’ultimo triennio,
e nel 2011 il numero di allievi che vi ha partecipato è stato pari al 20% del totale. Ma negli
ultimi anni è aumentata soprattutto la domanda di formazione in ingresso e di corsi post
diploma (prevalentemente giovani), oltre all’attività di riqualificazione e aggiornamento.
Informazioni interessanti sono messe a disposizione dalla Banca Dati Formazione
Costruzioni “BDFC”, che consente di registrare la formazione erogata ai singoli lavoratori con
tutti i dati relativi alla formazione ricevuta. A Maggio 2012 in BDFC erano registrati oltre 152
mila utenti1, circa il 50% deglli allievi formati in totale, e circa 24 mila imprese, con il 30,8%
degli allievi in anagrafe rappresentati da giovani con un età compresa tra 16 e 29 anni.
Sviluppo dello studio
L’analisi delle informazioni statistiche ha mostrato come, in una situazione così delicata per
le nuove generazioni, in uno scenario futuro di medio-breve termine il settore delle
costruzioni può rappresentare per i giovani sia uno sbocco occupazione che una risorsa di
opportunità.
Ma anche allo scopo di orientare al meglio possibili azioni informative o interventi di
valorizzazione del settore, sarebbe molto importante, attraverso un’opportuna indagine
campionaria, poter “proiettare“ le statistiche sulla realtà, con lo scopo di capire, non solo se i
giovani riconoscono nelle costruzioni un settore strategico in grado di fornire risposte in
termini di opportunità e occupazione, ma anche capire quali siano le motivazioni capaci di
indirizzarli o allontanarli da una carriera nel campo dell’edilizia e capire che posto occupa
oggi il settore nell’immaginario dei più giovani. Per coloro che già lavorano nel settore si
dovrebbe, invece, cercare di capire quali siano al momento le loro aspettative, la loro
conoscenza degli sviluppi della crisi e della riconfigurazione del settore, quali siano state le
motivazioni che li hanno portati a scegliere una carriera nell’edilizia (mancanza di lavoro,
aspettative positive, interesse personale, continuità famigliare, ecc.), o il valore che essi
attribuiscono alla formazione professionale.
Viceversa, un’indagine conoscitiva presso un campione di imprese potrebbe aiutare a
tracciare il profilo della domanda proveniente dal settore indirizzata ai più giovani e, per le
imprese giovanili, fornire indicazioni sul percorso imprenditoriale seguito. Vi è poi il delicato
tema del ricambio generazionale, che nel contesto attuale assume un’importanza strategica
fondamentale e una grandissima opportunità. Quante sono e come le imprese di costruzioni
1 Oggi si è arrivati a 175 mila iscritti
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si preparano ad affrontare oggi una fase così delicata come il passaggio alle nuove
generazioni? Passaggio che in molti casi (si pensi alle piccole imprese edili) può
rappresentare l’unico strumento per innovare l’impresa, per crescere culturalmente, per
cambiare la mentalità, garantendole così la sopravvivenza in un mercato che si trasforma
velocemente. Ma si tratta anche di una fase che nasconde un rischio molto elevato, a causa
della difficoltà nel gestire il processo, che può comportare spesso la cessazione dell’attività.
Un rischio che però è necessario, in quanto chiudere una attività non risulta
economicamente conveniente. L’attenzione alla questione del cambio generazione diventa
quindi un elemento di valutazione importante nella fase di crisi e riconfigurazione che il
settore sta attraversando.
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1. I giovani e la crisi
La perdita di posti di lavoro, l’instabilità reddituale, l’incertezza sulle prospettive future, sono
gli aspetti più drammatici che accompagnano i periodi di forte crisi economica, e la crisi che
il mondo sta ancora vivendo verrà ricordata non solo come crisi finanziaria, crisi economica,
crisi del credito o crisi del debito sovrano, ma piuttosto come una terribile crisi
occupazionale.
Figura 5 – Variazione degli occupati (migliaia) tra 2011 e 2008 per alcuni paesi OCSE
Fonte: elaborazione Cresme su dati OCSE 2012
Tra 2011 e 2008 negli Stati Uniti si sono persi qualcosa come 5,5 milioni di posti di lavoro,
oltre 4 milioni nell’Unione Europea, 3 milioni nei paesi dell’euro, oltre 2 milioni nella sola
Spagna e quasi 500 mila nella piccola Grecia. In Italia, nello stesso periodo, sono stati 430
mila gli occupati in meno, mentre il tasso di disoccupazione, nella prima parte del 2012, è
arrivato all’11%, un valore non distante dai livelli record del 1995 (11,2%). E si tratta di un
dato che non tiene conto della cassa integrazione a zero ore (speso anticamera della
disoccupazione) che nel primo semestre dell’anno è tornata ad aumentare, raggiungendo
livelli eccezionali: sono quasi 510 mila i lavoratori in questa condizione, che se inclusi nel
computo dei disoccupati porterebbero il livello della disoccupazione in Italia al 12,7%.
L’impatto della crisi sui più giovani
Ma sono i giovani ad avere subito maggiormente le conseguenze della crisi economica. Al di
la dei differenti contesti nazionali, infatti, i giovani devono affrontare difficoltà che sono, per
loro natura, strutturali, e che si enfatizzano durante le fasi di forte stress congiunturale. Si
pensi alla cosiddetta “trappola dell’inesperienza”, per cui le imprese possono considerare
-107 -150 -224 -286 -361 -428 -469
-2.153
-2.954
-4.122
-5.493
-6.111 -7.000
-6.000
-5.000
-4.000
-3.000
-2.000
-1.000
0
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l’esperienza acquisita un elemento discriminante (specialmente quando l’offerta di lavoro
cresce, come nelle fasi di forte disoccupazione), contribuendo ad alimentare un circolo
vizioso che spesso coinvolge i più giovani. Giovani sicuramente svantaggiati da una rete
relazionale più limitata e dalla maggiore probabilità di perdere l’impiego per via della minore
seniority, sulla base di un consolidato principio di “last-in, first-out”. Inoltre, prolungati periodi
di forte disoccupazione hanno un effetto di scoraggiamento maggiore sui più giovani, che
spesso reagiscono ritardando l’ingresso nel mondo del lavoro, quando il sostegno famigliare
lo permette, o prolungando la durata del percorso formativo (una situazione di blocco
temporaneo che può comportare pressioni anche peggiori sui livelli di occupazione nel
medio-breve periodo).
Secondo le stime dell’ILO (International Labour Organization) nel mondo circa 75 milioni di
giovani individui tra 15 e 24 anni di età si trovavano oggi ad affrontare una condizione di
disoccupazione. Oltre 4 milioni in più rispetto al 2007. E anche le stime globali, che pure
mascherano elementi di forte differenziazione territoriale, mettono in luce come i giovani si
trovino ad affrontare condizioni del mercato del lavoro strutturalmente più sfavorevoli, come
testimoniano, ad esempio, livelli di disoccupazione, in media, tre volte superiori rispetto al
resto della popolazione lavorativa.
Tabella 2 – La disoccupazione nel mondo, stime ILO 2012 (migliaia di individui e percentuali sulle forze lavoro)
2007 2008 2009 2010 2011 2012
Disoccupazione giovanile (15-24) 70,3 70,8 75,4 74,8 74,5 74,6
Disoccupazione adulti 99,7 104,6 121,2 121,1 121,5 127,9
Disoccupazione totale 170,0 175,4 196,6 195,9 196,0 202,5
Tasso di disoccupazione giovanile 11,6% 11,7% 12,6% 12,7% 12,6% 12,7%
Tasso di disoccupazione adulti 4,0% 4,1% 4,7% 4,6% 4,5% 4,7%
Tasso di disoccupazione totale 5,4% 5,5% 6,2% 6,1% 6,0% 6,1%
Rapporto disoccupazione Giovani/Adulti 2,9 2,9 2,7 2,8 2,8 2,7
Fonte: elaborazione CRESME su dati ILO 2012
La questione giovanile in Italia
Ma se i giovani si inseriscono nel mondo del lavoro da una posizione, come detto,
fisiologicamente meno favorevole, è anche vero che nel nostro Paese la crisi occupazionale
si è inserita in un contesto già particolarmente problematico. Questo per via di un sistema
socio-economico e di un mercato del lavoro che trasferisce su di loro la maggior parte dei
rischi in termini di più bassi salari, elevate difficoltà di inserimento occupazionale, precarietà,
sottooccupazione (anche in relazione al percorso e al livello scolastico raggiunto) ed elevati
livelli di irregolarità. Per non parlare poi delle deboli, e spesso nulle, possibilità di accesso al
welfare o delle scarse prospettive previdenziali.
CRESME RICERCHE 2012
17
Basti dire che tra 2011 e 2007 nella classe di età tra 15 e 34 anni l’Istat stima oltre un
milione di occupati in meno, mentre nella classe successiva, tra 35 e 64 anni, gli occupati
sono “addirittura” aumentati della stessa entità. Un andamento che non trova completa
spiegazione nelle dinamiche demografiche (i giovani con meno di 34 anni sono diminuiti
nello stesso periodo di 658 mila individui, mentre gli over 34 anni sono cresciuti di 1,5
milioni) ed è evidente nell’andamento dei tassi di occupazione (occupati in rapporto alla
popolazione di riferimento) che testimoniano di un irrigidimento del mercato del lavoro che
coinvolge soprattutto i più giovani.
Figura 6 – Andamento degli occupati per classe di età (migliaia di individui) in Italia
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Figura 7 – Tassi di occupazione per classe di età (% occupati sulla popolazione)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
I record negativi della disoccupazione giovanile
D’altra parte, la disoccupazione giovanile, considerando la classe di età da 15 a 24 anni, ha
raggiunto nel primo semestre del 2012 il livello record del 36%, con punte, nel Mezzogiorno,
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
9.000
13.000
13.500
14.000
14.500
15.000
15.500
16.000
16.500
17.000
35-64 (scala dx)
15-34 (scala sx)
50,7% 50,2%
47,3%
45,4% 44,5%
56,8% 56,9% 56,6% 56,6% 56,9%
40%
42%
44%
46%
48%
50%
52%
54%
56%
58%
2007 2008 2009 2010 2011
15-34 35-64
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
18
superiori al 46%. E anche nella classe di età successiva, tra 25 e 34 anni, il primo trimestre
dell’anno in corso ha fatto registrare livelli di disoccupazione mai raggiunti da quando l’Istat
ha iniziato la rilevazione continua delle forze di lavoro nel 2004.
Figura 8 – Andamento del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 e 25-34 anni) in Italia (valori %)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Figura 9 – Andamento del tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) per macroregione
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
E nel confronto con i principali paesi europei l’Italia mostra livelli di disoccupazione giovanile
inferiori solamente a quanto registrato in Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda, paesi in cui
l’impatto della crisi è stato tale da portare l’economia sull’orlo della banca rotta e dove le
condizioni di malessere della classe giovanile contribuiscono a mantenere elevato il clima di
tensione sociale, spesso sfociato in manifestazioni di protesta pubbliche (si pensi al
23,5 24,0
21,6 20,3
21,3
25,4
27,8 29,1
35,9
33,9
10,4 10,3 9,2
8,3 8,8
10,5 11,9 11,7
15,0 14,4
7
12
17
22
27
32
37
15-24 25-34
9,6 12,1
13,9
17,9 20,3
32,3
24,1 25,9
27,3
33,8 34,9
47,4
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Nord-Est Nord Nord-Ovest Centro Italia Mezzogiorno
2007 I sem. 2012
CRESME RICERCHE 2012
19
fenomeno degli indignados, nato in Spagna, ma che ha attraversato l’Europa intrecciandosi
con le vicende della primavera araba).
Figura 10 – Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) in Europa nel 2011
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Figura 11 – Tasso di disoccupazione giovanile (15-24) confronto tra le medie nei periodi
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Ma va comunque osservato come l’Italia non sia affatto il paese dove la disoccupazione
giovanile è cresciuta di più negli ultimi anni (in media, +3,3%, nel confronto tra i periodi
7,6
7,7
8,3
8,6
8,7
14,2
16,7
18,0
18,7
20,1
21,1
21,3
22,0
22,9
23,7
25,8
29,1
29,4
30,1
44,4
46,4
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
Olanda
Svizzera
Austria
Germania
Norvegia
Danimarca
Turchia
Repubblica Ceca
Belgio
Finlandia
Regnio Unito
UE 27
Francia
Svezia
Romania
Polonia
Italia
Irlanda
Portogallo
Grecia
Spagna
Italia
UE
Belgio
Rep. Ceca Danimarca
Germania
Irlanda
Grecia
Spagna
Francia
Olanda
Austria
Portogallo
Romania
Finlandia
Svezia
UK
Norvegia
Svizzera
Turchia
0
5
10
15
20
25
30
35
40
5 10 15 20 25
Med
ia 2
008-2
011
Media 2004-2007
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
20
2004-2007 e 2008-2011, contro il +18% della Spagna o il è +6% di Grecia, Portogallo e
Regno Unito), ma il grafico (Figura 11) evidenzia, piuttosto, come il tasso di disoccupazione
giovanile nel nostro paese fosse già tra i più elevati nel periodo pre-crisi.
La durata della disoccupazione
E indicazioni preoccupanti derivano anche dalla durata della disoccupazione. Nel 2011 il
nostro Paese mostrava la quota maggiore della componente di disoccupazione di lungo
periodo (di durata superiore ad un anno). E se, in proporzione, il numero di giovani in cerca
di occupazione da più di un anno nel periodo di crisi è tendenzialmente cresciuto (nella fase
iniziale della recessione è naturale sia aumentata la quota di “nuovi” disoccupati), va
osservato come, anche prima del 2007, il peso della disoccupazione di lungo periodo era tra
i più elevati in Europa.
Tabella 3 – Quota di giovani disoccupati di lungo periodo (oltre un anno) tra i principali pasi europei
2006 2008 2011
Italia 43,6 38,2 47,8
Irlanda 21,6 19,8 45,8
Grecia 48,0 36,0 42,4
Spagna 11,9 10,4 32,4
Belgio 28,3 27,4 32,1
UE 27 29,8 22,8 30,1
Francia 25,5 24,3 28,3
Portogallo 29,2 25,5 26,5
Regno Unito 13,6 16,0 24,7
Germania 33,3 29,3 23,9
Austria 15,9 13,7 14,1
Olanda 19,2 11,0 13,7
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Indicazioni come queste devono fare riflettere, specialmente se si considera che molti studi
economici mostrano come la combinazione di alti livelli e persistenza della disoccupazione
abbiano, specialmente per i più giovani, conseguenze di lungo termine molto negative, che
vanno da più alti rischi di disoccupazione futura, fino a prolungati periodi di precarietà ed ad
una più lenta crescita del reddito2. Circostanze che, in parte, si spiegano con un possibile
deterioramento della abilità individuali, ma che vanno ricondotte anche ad una percezione
2 Fairlie e Kletzer (1999) hanno stimato che essere stati disoccupati da giovani si traduce in una riduzione dei
guadagni futuri che va dall’8,4% per i maschi al 13.0% per le donne. Nel Regno Unito, Burgess et al. (2003) hanno trovato come la disoccupazione giovanile accresca la probabilità di disoccupazione futura; Gregg e Tominey (2005) hanno stimato una riduzione fino al 21% del reddito all’età di 41 anni per coloro che hanno sperimentato situazioni di disoccupazione nell’età giovanile; Bell e Blanchflower (2010) hanno mostrato che la disoccupazione in età giovanile influenza negativamente le prospettive di guadagno future, così come la salute e la soddisfazione professionale fino a due decenni dopo.
CRESME RICERCHE 2012
21
negativa delle imprese nei confronti dei giovani che sono stati al di fuori dal lavoro per
periodi prolungati.
La crescita dei NEET: non occupati e fuori dai percorsi formativi
Nell’analisi dei tassi di disoccupazione andrebbe però tenuto conto che, col protrarsi delle
difficoltà, una percentuale sempre più elevata di giovani tende ad uscire dal mercato del
lavoro diventando inattiva. Una parte prosegue o riprende il percorso formativo, mentre
un’altra rimane completamente esclusa dal sistema formazione-lavoro. Sono questi ultimi, gli
scoraggiati, a destare particolare preoccupazione, anche perché il momento formativo
continua a rappresentare (a prescindere dalla qualità del sistema di formazione) elemento di
crescita e di valorizzazione del capitale umano. I cosiddetti NEET (in inglese “Not in
Education, Employment or Training”), cioè giovani disoccupati o inattivi (perché scoraggiati o
impreparati ad affrontare periodi prolungati di ricerca del lavoro) ma fuori dal sistema
formativo, rappresentano, invece, una delle componenti della popolazione a più forte rischio
di esclusione sociale, e tanto più si protrae la permanenza in questo stato, tanto più difficile
risulta l’inserimento occupazionale o il rientro nel sistema formativo.
Tabella 4 – NEET: quota di giovani disoccupati o inattivi fuori dai percorsi formativi (15-24 anni) tra i principali paesi europei
2004 2007 2011
Grecia 19,9% 15,5% 23,2%
Italia 19,5% 18,9% 22,7%
Irlanda 12,8% 11,9% 22,0%
Spagna 14,6% 13,1% 21,1%
Romania 21,2% 14,8% 19,1%
Polonia 19,6% 14,4% 15,5%
Regno Unito 12,7% 12,9% 15,5%
UE 27 15,2% 13,2% 15,4%
Francia 12,9% 12,6% 14,5%
Protogallo 11,9% 12,7% 14,0%
Beglio 16,3% 13,0% 13,8%
Finlandia 10,7% 8,4% 10,0%
Germania 12,9% 11,6% 9,7%
Austria 9,8% 8,9% 8,2%
Svezia 7,9% 7,9% 7,8%
Norvegia 9,7% 5,6% 6,6%
Olanda 6,6% 4,9% 5,5%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
22
Se si rapporta il numero di giovani che si trovano in questa condizione con la popolazione di
riferimento, nella classe 15-24 anni, l’Italia risulta, dopo la Grecia, il paese in cui il fenomeno
si mostra più accentuato (il 23% dei giovani nel 2011 non studiava e non lavorava, contro
una media del 15% nell’UE-27). Si tratta di oltre 1,3 milioni di giovani, 234 mila in più rispetto
al 2007, e da allora la percentuale dei NEET tra i più giovani è andata progressivamente
aumentando (dal 19 al 23%).
Disoccupazione, inattività e irregolarità
Questi dati vanno necessariamente messi in relazione con la crescita della quota di lavoro
sommerso, che si traduce nella statistica, in un incremento di “finti” inattivi o disoccupati. I
giovani rappresentano, infatti, una categoria particolarmente esposta, perché maggiormente
propensa, in situazioni di forte stress del mercato del lavoro, ad accettare situazioni
irregolari. Per questo non sorprende che le percentuali maggiori di NEET si registrino tra le
ragioni del Mezzogiorno.
Figura 12 – Giovani Neet di 15-29 anni nel 2010 per regione (quote percentuali)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
9,9
13,8
14,1
14,1
14,6
15,5
15,6
15,6
15,6
15,7
15,7
16,7
18,8
18,9
20,1
22,1
25,6
28,5
28,7
31,4
33,5
34,3
0 5 10 15 20 25 30 35 40
Bolzano
Trento
Friuli-Venezia Giulia
Valle d'Aosta
Marche
Toscana
Umbria
Liguria
Emilia-Romagna
Veneto
Lombardia
Piemonte
Abruzzo
Lazio
Molise
Italia
Sardegna
Basilicata
Puglia
Calabria
Sicilia
Campania
CRESME RICERCHE 2012
23
Figura 13 – Quota % di lavoro irregolare sul totale delle unità di lavoro (media 2005-2009)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Figura 14 – Tassi di disoccupazione giovanile (15-24 anni) corretti per gli inattivi tra i principali paesi europei (2011)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
In ogni modo, se tenessimo conto della quota dei giovani inattivi che però dichiarano la
volontà di lavorare se ne avessero opportunità (scoraggiati, ma potenzialmente attivi), il
tasso di disoccupazione schizzerebbe quasi al 50%. In altre parole, tenendo presente
8,7% 9,3%
10,3%
12,0%
19,0%
Nord-est Nord-ovest Centro Italia Mezzogiorno
12,5%
13,8%
14,0%
14,3%
25,5%
26,1%
26,2%
27,6%
28,0%
28,1%
33,5%
34,5%
46,3%
46,6%
50,1%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
Germania
Olanda
Norvegia
Austria
Belgio
Francia
Finlandia
Regno Unito
Svezia
UE-27
Irlanda
Protogallo
Grecia
Italia
Spagna
Disoccupazione Tasso corretto per gli inattivi
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
24
l’elemento legato al sommerso, in Italia un giovane su due tra 15 e 24 anni, attivo (o
potenzialmente attivo), non ha oggi accesso all’occupazione regolare. Peggio di quanto
accade in Grecia, Portogallo e Irlanda, e non molto meglio della terribile situazione vissuta
dai coetanei spagnoli.
Numeri impressionanti che devono fare riflettere sulla situazione di disagio generazionale
che, come visto, si protrae nel nostro paese anche da ben prima dell’esplosione della crisi
economica.
Sempre più precari
Vi è poi da considerare che negli ultimi 10 anni il mercato del lavoro in Italia ha vissuto
profondi cambiamenti che hanno avuto, sulle fasce di età più giovani e meno tutelate, un
impatto evidente sulla stabilità occupazionale. La proliferazione di forme contrattuali atipiche
(contratti a progetto, formazione lavoro, tempo determinato, ecc.) si è tradotta in una rapida
crescita della componente di contratti a termine. Nel 2011 un giovane su due risulta assunto
con un contratto a tempo determinato, quando nel 2000 la stessa quota era del 26% e nel
1995 inferiore al 18%.
Figura 15 – Quota di contratti a termine sul totale per classe di età in Italia
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Si tratta di una situazione che non riguarda solo il nostro Paese, ma che, come visto, da noi
si combina con altissimi e persistenti livelli di disoccupazione, inattività e irregolarità. Il nostro
mercato del lavoro determina bassi salari e rischi elevati per i più giovani, poca flessibilità e
molta stabilità per i meno giovani. Se la precarietà fosse solo transitoria, una fase di
passaggio verso stabilità professionale ed economica, e senza ripercussioni sulla
17,9
26,2
44,4 46,7
49,9
5,8 8,6
10,7 11,1 11,8
0
10
20
30
40
50
1995 2000 2009 2010 2011
15-24 anni più di 24 anni
CRESME RICERCHE 2012
25
produttività, come avviene in altri Paesi, il problema sarebbe limitato. Ma il dualismo
generazionale nel nostro paese, per come è stato raggiunto, e per il contesto in cui si
inserisce (flessibilità in uscita e rigidità in ingresso per tutti, a prescindere da qualifiche o
livello di studio), oggi è tale da inibire la volontà dei giovani di investire sulla cultura, sulla
conoscenza, sopprimendo le spinte innovatrici più naturali. Inoltre, quando i contratti a tempo
determinato rappresentano, per certi versi, la forma contrattuale più conveniente, le imprese
stesse hanno pochi incentivi ad accrescere le competenze dei lavoratori appena assunti,
specialmente quando questi ultimi saranno i primi a perdere il lavoro in caso di difficoltà
economiche. Il punto cruciale sarebbe, quindi, la riduzione della convenienza dei contratti
atipici e a tempo determinato. Al riguardo, in ambito economico esistono diverse proposte,
sui cui dettagli si può senz'altro discutere, ma che convergono nell’indicare come la
flessibilità dei rapporti di lavoro debba essere compensata da un’assicurazione contro i rischi
di impiego (la cosiddetta “flexicurity”). In sostanza, la flessibilità deve essere pagata sulla
base del principio per cui il lavoratore non più assumersi da solo tutti i rischi occupazionali
senza una corrispondente compensazione economica.
Una questione di competitività
Insomma, per quanto visto, al di la della questione di iniquità generazionale, la questione
giovanile nel nostro paese rappresenta un elemento critico in un’ottica di competitività
territoriale e di sviluppo socio-economico sostenibile (si pensi, ad esempio, al problema della
tenuta del sistema previdenziale, legato all’instabilità economica e alle basse prospettive
reddituali delle giovani generazioni). Il nostro paese mostra, in effetti, livelli di retribuzioni
inadeguati per i più giovani e, soprattutto, una distribuzione di reddito tra classi di età molto
squilibrata e spostata verso le classi di età più avanzate, come sintetizzano gli indici statistici
di concentrazione.
Figura 16 – Indici di concentrazione del reddito da dipendente per classe di età nel 2010 (indice=0% nel caso di perfetta omogeneità, cioè quando il reddito medio è lo stesso per tutte le classi, indice=100%, nel caso opposto in cui tutto il reddito è concentrato in una sola classe di età)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
18,0% 17,7%
15,7% 15,3% 14,3%
13,6% 13,1%
11,3%
5,6%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
20%
Italia Frania Portogallo Austria Spagna Beglio Germania Olanda RegnoUnito
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
26
Figura 17 – Reddito mensile medio lordo dipendente per classe di età nel 2010 (a parità di potere d’acquisto)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
D’altra parte, studi sulla competitività internazionale evidenziano come, per il nostro Paese,
gli elementi di maggiore criticità siano legati proprio al pilastro dell’innovazione, ovvero tutto
ciò che riguarda le capacità del nostro sistema economico di produrre e assorbire
innovazione, tecnica, scientifica e normativa. Per via, ad esempio, di deficit legati a livelli
insufficienti di spesa per la ricerca (correlati anche con le caratteristiche del tessuto
imprenditoriale), ma anche, e soprattutto, delle difficoltà nel trattenere, valorizzare e
sviluppare il capitale umano (in un contesto di forte invecchiamento strutturale), sia sul lato
del sistema formativo (per giovani e adulti) che, per quanto visto, dal lato del percorso
lavorativo e socio-economico, in un mercato del lavoro fortemente duale e in un sistema di
protezione sociale caratterizzato dalla parzialità del sistema del welfare (con la sola famiglia
che rappresenta spesso l’unico ammortizzatore sociale), che espone le giovani generazioni
(e tutto il sistema) a forti rischi di instabilità, non sostenibilità e incertezza sulle prospettive
future.
1.060
1.588
1.590
1.624
1.719
1.723
1.990
2.006
2.018
2.143
2.199
2.336
2.387
2.542
1.458
1.971
1.980
2.172
2.835
2.804
2.534
2.519
3.252
3.027
3.066
3.309
3.204
3.378
0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500
Protogallo
Italia
Spagna
Francia
Olanda
Germania
Finlandia
Belgio
Regno Unito
Lussemburgo
Danimarca
Irlanda
Norvegia
Svizzera
30-39 < 30
CRESME RICERCHE 2012
27
2. I giovani e le costruzioni
Nel precedente capitolo abbiamo mostrato come sia oggi assolutamente necessario, ad ogni
livello dell’economia, riuscire a mettere in condizione i più giovani di esprimere tutto il loro
potenziale di innovazione, creatività e capacità di adattamento, a maggior ragione in un
momento storico in cui la crisi si sta lasciando alle spalle un mondo profondamente
cambiato, sotto tutti i punti di vista: economico, finanziario, geopolitico, ecologico, energetico
e sociale.
E il settore dell’edilizia, tradizionalmente molto importante per l’economia italiana, non solo
non è rimasto indifferente a queste trasformazioni ma sta contribuendo al cambiamento. E si
può quindi intuire come nei prossimi anni le costruzioni potranno rappresentare per i più
giovani sia uno sbocco occupazionale sia, soprattutto, un importante serbatoio di
opportunità. Come vedremo nel prossimo capitolo, oggi nel settore si parla sempre di più di
energy technology, energie rinnovabili, risparmio energetico, bioedilizia, sostenibilità, nuovi
mercati nel settore pubblico, di internazionalizzazione, innovazione tecnologica, nei
materiali, nelle tecniche di costruzione, nella progettazione. Ed è questa riconfigurazione,
certamente accompagnata dalla profonda riduzione del mercato tradizionale, ad essere la
chiave interpretativa di quello che sta succedendo.
In questo scenario il ruolo strategico rivestito dai più giovani diventa centrale. Investire su di
essi, sulla loro formazione, favorirne l’inserimento lavorativo, assecondandone la naturale
predisposizione all’innovazione e all’uso delle nuove tecnologie, rappresenta la chiave per
avere successo in un mercato sempre più competitivo, esigente e specializzato. E questo
anche in un’ottica di riduzione dei costi, da perseguire attraverso il miglioramento
dell’efficienza del processo produttivo e decisionale, che necessariamente necessita l’utilizzo
di nuove tecnologie gestionali e, quindi, figure professionali adatte. Viceversa, in un settore
delle costruzioni così “rinnovato”, dove sempre più importanza rivestiranno le capacità di
adattamento al cambiamento e all’innovazione, i giovani potranno trovare spazi e nuove
opportunità, anche in un contesto di oggettiva difficoltà, come visto, esacerbatosi durante la
prolungata fase di crisi.
L’occupazione giovanile nelle costruzioni: il 70% lavora in imprese specializzate
Ma quanti sono i giovani oggi impiegati nel settore delle costruzioni? Nel nostro paese nel
2011 il settore dava occupazione a circa 130 mila giovani tra 15 e 24 anni. Il 27%, cioè 35
mila, risultava impiegato nell’edilizia classica (costruzione di alloggi, edifici adibiti ad uffici,
negozi, edifici pubblici e di servizio, fabbricati rurali, ecc.), il 4% nel settore del genio civile e
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
28
la stragrande maggioranza, il 69% (circa 89 mila giovani), in attività di costruzioni
specializzate. Ovvero attività che richiedono competenze o attrezzature specifiche, e di cui
fanno parte, oltre a ditte specializzate in lavori di finitura e completamento di edifici, anche
installatori ed impiantisti (impianti elettrici, idraulici, di riscaldamento, di condizionamento,
ecc).
Figura 18 – I giovani italiani (15-24 anni) nelle costruzioni (migliaia di individui nel 2011)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Nel confronto internazionale le costruzioni italiane si caratterizzano per una minore presenza
di giovani nel settore del Genio Civile e una maggiore presenza nell’edilizia, mentre le attività
specializzate (quelle che evidentemente offrono le migliori opportunità per i più giovani)
assorbono una quota di occupazione giovanile, seppur in linea con la media dei paesi
dell’UE dei 15, decisamente inferiore a quanto registrato in Germania e Francia. Va però
osservato come negli ultimi anni, a differenza di quanto successo in questi paesi, le attività
specializzate abbiano visto accrescere sensibilmente la corrispondente quota di
occupazione giovanile, anche grazie ad una migliore tenuta dell’attività (misurata anche in
termini occupazionali) durante la fase prolungata di contrazione degli investimenti.
Tabella 5 – I givoani nelle costruioni: principali paesei europei (2011)
Edilizia Genio Civile Attività specializzate
UE-15 23,3% 7,3% 69,4%
Germania 15,1% 7,9% 76,9%
Italia 27,3% 4,2% 68,6%
Spagna 37,2% 7,5% 55,3%
Regno Unito 35,4% 9,1% 55,5%
Francia 8,1% 8,2% 83,7%
Olanda 39,1% 10,4% 50,5%
Portogallo 58,7% 13,6% 27,6%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
35,4
5,4
88,8
129,5
0
20
40
60
80
100
120
140
Edilzia Genio Civile Attività specializzate Costruzioni
CRESME RICERCHE 2012
29
Figura 19 – Quota di giovani occupati nelle costruzioni relativa ad attività specializzate
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Il 12% di tutta l’occupazione giovanile è nelle costruzioni
In ogni modo, nel loro complesso le costruzioni italiane hanno assorbito, nel 2011, circa il
12% di tutta l’occupazione giovanile, un’incidenza, non solo ben maggiore della quota di
occupati relativa alle costruzioni nella classe di età successiva (intorno all’8%), ma anche tra
le più elevate nel panorama dei principali paesi europei (la media UE è dell’8%).
Figura 20 – Incidenza delle costruzioni sull’occupazione totale nel 2011 per classe di età
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
59,8%
72,5%
75,1%
84,4%
68,6% 69,4%
76,9%
84,6%
55%
60%
65%
70%
75%
80%
85%
90%
Italia UE-15 Germania Francia
2008 2011
6,9%
7,2%
7,4%
8,1%
8,3%
8,6%
11,0%
11,1%
0,0% 2,0% 4,0% 6,0% 8,0% 10,0% 12,0%
Spagna
Regno Unito
Germania
UE-15
Ue-27
Portogallo
Italia
Francia
oltre 24 15-24
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
30
La quota di occupazione giovanile nelle costruzioni
Eppure va osservato come le costruzioni italiane mostrino una quota di occupazione
giovanile (cioè la quota di occupazione giovanile sul totale dell’occupazione del settore) tra
le meno pronunciate. Una circostanza che però riflette una certa “anzianità” di tutto il
mercato del lavoro italiano. Basti dire che la quota complessiva di occupazione giovanile
(15-24 anni) nel 2011 in Italia era intorno al 5% (contro lì’11% della Germania o il 13% del
Regno Unito). Il che non sorprende alla luce di quanto visto nel primo capitolo sulle
condizioni del mercato del lavoro nel nostro paese per i più giovani, misto di disoccupazione,
inattività e irregolarità.
Figura 21 – Quota di occupazione giovanile nel 2011 nelle costruzioni (15-24 anni)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Figura 22 – Quota di occupazione giovanile sul complesso dell’occupazione nel 2011 (15-24 anni)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
5,1%
6,1%
7,1%
10,1% 10,7%
11,4% 12,2% 12,3%
13,1%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
Spagna Portogallo Italia UE-27 UE-15 Olanda RegnoUnito
Germania Francia
5,2% 5,7%
6,8%
8,7% 9,1%
9,6%
11,1%
12,8%
15,5%
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
Italia Spagna Portogallo Francia UE-27 UE-15 Germania RegnoUnito
Olanda
CRESME RICERCHE 2012
31
Il settore più giovane
Le costruzioni risultano comunque, nel contesto italiano, il macro settore con la quota di
occupazione giovanile in assoluto più elevata, e, nel dettaglio, inferiore solo a quanto si
registra nel settore turistico e alberghiero e nel settore artistico.
Figura 23 – Quota di occupazione giovanile in Italia per settore (15-24 anni)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Tabella 6 – Occupazione in Italia per settore e classe di età (migliaia di individui)
15-24 Totale Quota di occupazione
giovanile
2008 2011 2008 2011 2008 2011
Strutture ricettive e ristorazione 171 156 1.161 1.200 14,7% 13,0%
Arte e intrattenimento 27 27 247 263 11,0% 10,4%
Commercio 290 235 3.421 3.222 8,5% 7,3%
Costruzioni 178 130 1.964 1.823 9,1% 7,1%
Immobiliare 8 9 119 139 6,8% 6,5%
Altri servizi 160 140 2.023 2.244 7,9% 6,2%
Manifatturiero 336 213 4.611 4.264 7,3% 5,0%
Agricoltura caccia e pesca 41 39 813 799 5,0% 4,9%
Attività tecnico professionali e scientifiche 64 52 1.406 1.350 4,6% 3,8%
Trasporti 42 37 1.076 1.078 3,9% 3,5%
ITC 27 19 547 545 4,9% 3,4%
Settore energetico e idrico ed estrattivo 10 10 333 380 3,0% 2,7%
Finanza e assicurazioni 24 17 649 647 3,6% 2,7%
Sanità 43 44 1.624 1.673 2,6% 2,6%
PA 31 27 1.432 1.433 2,2% 1,9%
Educazione 21 16 1.586 1.522 1,3% 1,1%
Totale 1.478 1.175 23.011 22.583 6,4% 5,2%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
6,4%
5,0%
7,1%
9,1%
5,9%
5,2% 4,9% 4,9%
7,1%
5,1%
4%
5%
6%
7%
8%
9%
10%
Totale Agricoltura Industria Costruzioni Servizi
2008 2011
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
32
La crisi occupazionale: in quattro anni, 50 mila posti di lavoro in meno per i giovani
Come noto, negli ultimi 4 anni la concomitanza dell’inversione del ciclo edilizio e della crisi
economica ha comportato, per il settore, un crisi senza precedenti, e la componente più
giovane dei lavoratori, anche in questo caso, è risultata quella più esposta. In soli quattro
anni (tra 2008 e 2011) i giovani occupati nelle costruzioni sono diminuiti quasi di 50 mila
unità, un calo del -27% (contro il 5% del resto dei lavoratori), un dato anche peggiore della
riduzione del -20% registrata per il complesso dell’occupazione giovanile. Un risultato molto
negativo che comunque, va detto, non risulta il peggiore in Europa. Ben peggio sono andate
le cose per i più giovani nelle costruzioni in Regno Unito, in Olanda e soprattutto in Grecia,
Spagna o Irlanda (qui l’occupazione giovanile nel settore si è quasi azzerata, da 25 mila ad
appena 5 mila).
Figura 24 – Variazione % dell’occupazione giovanile nelle costruzioni (2011/2008)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Come già accennato, le attività di costruzione di edifici e edificazione di opere pubbliche
sono quelle che hanno subito di più l’impatto della crisi, circostanza riflessasi anche sui livelli
di occupazione. Un fenomeno che non deve sorprendere in un contesto in cui il settore delle
costruzioni tende ad orientarsi sempre di più sull’attività di rinnovo e di riqualificazione,
-80,1%
-72,3%
-55,1%
-48,7%
-32,7%
-30,3%
-29,0%
-28,3%
-27,5%
-27,3%
-27,2%
-20,1%
-16,2%
-7,4%
-6,9%
-5,2%
-2,8%
1,6%
2,2%
2,6%
-90,0% -80,0% -70,0% -60,0% -50,0% -40,0% -30,0% -20,0% -10,0% 0,0% 10,0%
Irlanda
Spagna
Grecia
Portogallo
Romania
Olanda
Regno unito
Danimarca
UE-27
Italia
UE-15
Slovacchia
Francia
Norvegia
Finlandi
Austria
Belgio
Polonia
Germania
Svezia
CRESME RICERCHE 2012
33
specialmente in chiave energetica, con la componente di imprese specializzate, in
particolare installatori e impiantisti, che, anche grazie allo sviluppo delle energy technology
(si pensi al boom di installazioni fotovoltaiche), ha subito meno l’impatto della crisi, e ha
registrato, anche per questo, una flessione molto meno marcata dell’occupazione giovanile
(in quest’ambito, l’occupazione per i meno giovani è addirittura cresciuta).
Figura 25 – Variazione % dell’occupazione per classe di età nelle costruzioni (2008-2011) per segmento di attività
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Il reddito da lavoro dipendente dei più giovani
Il nostro paese si caratterizza per un distribuzione del reddito per classe di età molto
squilibrata, eppure, entrando nel dettaglio delle statistiche reddituali, va osservato come il
settore delle costruzioni, almeno per quanto riguarda il personale dipendente, sia quello che
presenta la distribuzione di reddito più omogenea.
Figura 26 – Indici di concentrazione del reddito da dipendente in Italia nel 2010 (indice=0% nel caso di perfetta omogeneità, cioè quando il reddito medio è lo stesso per tutte le classi, indice=100%, nel caso opposto in cui tutto il reddito fosse tutto concentrato in una sola classe)
Fonte: elaborazione Cresme
-27,3%
-5,2% -7,2%
-16,6%
10,7% 7,7%
-35%
-30%
-25%
-20%
-15%
-10%
-5%
0%
5%
10%
15%
15-24 Oltre 24 Totale
Costruzioni Attività di costruzioni specializzate
6,1%
14,6%
19,6%
18,0%
Costruzioni Industria Servizi Totale
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
34
In Italia, un giovane tra 15-24 anni dipendente nelle costruzioni percepisce, in media, un
reddito mensile pari al 79% del reddito medio del settore. Una percentuale decisamente
superiore a quanto si registra nella media di tutta l’economia (68%), ma anche superiore a
quanto si osserva nel settore industriale (73%). In altre parole, se nel settore dei servizi e
nell’industria il livello di retribuzione massimo si raggiunge dopo i 60 anni, nelle costruzioni
bisogna attendere “solo” fino ai cinquanta, e il livello di reddito medio complessivo è già
disponibile tra 30 e 40 anni, quindi circa dieci anni prima che negli altri settori.
Tabella 7 – Reddito medio mensile lordo da lavoro dipendente per classe di età (2010)
Industria Costruzioni Servizi Totale
15-29 1.721 1.695 1.629 1.660
30-39 2.077 2.129 2.047 2.061
40-49 2.335 2.246 2.378 2.358
50-59 2.526 2.422 2.716 2.651
oltre 60 2.854 2.240 3.199 3.085
Totale 2.368 2.150 2.490 2.449
Rapporto reddito Giovani/Media 72,7% 78,8% 65,4% 67,8%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Va inoltre osservato come i giovani trentenni che lavorano come dipendenti nelle costruzioni
registrino un reddito, in media, addirittura superiore ai coetanei impiegati in altri settori,
anche se poi, col passare del tempo, il divario reddituale si inverte e comincia a crescere.
Figura 27 – Caratteristiche dell’occupazione nelle costruzioni, quote percentuali (media 2008-2011)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Istat
Che la distribuzione reddituale tra classi di età nelle costruzioni risulti più “equa” non è una
peculiarità del contesto italiano, e va ricondotta alle dinamiche di carriera e alla struttura
interna delle imprese del settore, caratterizzate, ad esempio, da organigrammi aziendali
7,3% 7,3% 4,4%
75,4%
18,1% 19,9% 24,9% 26,6%
Quadri, dirigenti Tecnici e professionisti Personale amministrativoe commerciale
Operai, Artigiani epersonale nonspecializzato
Costruzioni Totale
CRESME RICERCHE 2012
35
poco strutturati e una manodopera tendenzialmente meno specializzata. E il tutto si riflette in
una più rapida crescita dei salari all’inizio della carriera, ma con un orizzonte reddituale più
limitato.
Ed è interessante osservare come, nel confronto internazionale, i giovani impiegati nelle
costruzioni percepiscano, nel nostro Paese, un salario che, quando rapportato alla media
nazionale nella stessa fascia di età, o anche al reddito medio complessivo, risulta superiore
a molti grandi paesi europei (Francia e Germania in primo luogo).
Figura 28 – Rapporto del reddito mensile dei giovani (15-29 anni) nelle costruzioni con le medie nazionali nella stessa fascia di età
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Figura 29 – Rapporto del reddito mensile dei giovani (15-29 anni) nelle costruzioni con il reddito medio nazionale
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
84,7%
89,1%
91,2%
91,9%
95,2%
99,8%
101,2%
102,1%
103,8%
106,8%
108,0%
109,8%
134,8%
70% 80% 90% 100% 110% 120% 130% 140%
Francia
Portogallo
Germania
Irlanda
Olanda
Spagna
Svizzera
Italia
Daniamrca
Belgio
Norvegia
Finlandia
Regno Unito
57,4%
60,8%
61,3%
61,6%
63,0%
73,5%
74,1%
75,4%
76,9%
81,2%
82,0%
87,2%
94,4%
50% 55% 60% 65% 70% 75% 80% 85% 90% 95% 100%
Germania
Francia
Portogallo
Irlanda
Olanda
Danimarca
Italia
Svizzera
Spagna
Belgio
Norvegia
Finlandi
Regno Unito
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
36
Giovani dipendenti nelle costruzioni: meno precari, ma sempre di più
Le costruzioni si presentano anche come un settore dove, per i giovani, la componente di
contratti a tempo determinato risulta meno diffusa. Tra i dipendenti con età compresa tra 15
e 24 anni la quota di contratti a tempo determinato nelle costruzioni, seppur cresciuta
vistosamente negli ultimi 4 anni, si mostra, infatti, strutturalmente inferiore, non solo rispetto
alla media dell’economia italiana, dominata dalle dinamiche del terziario, ma anche rispetto
alle tendenze osservate per il settore manifatturiero.
Figura 30 – Quota dei contratti a tempo determinato per i giovani tra 15 e 24 anni (costruzioni e totale economia)
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
Giovani imprenditori e le costruzioni
Quanto detto fino ad ora contribuisce a tracciare l’immagine di un settore che si mostra
strutturalmente adatto ad accogliere occupazione giovanile, e non sorprende che, anche in
termini imprenditoriali, le costruzioni mostrino livelli elevati di presenza giovanile.
Figura 31 – Quota di lavoratori autonomi sul totale dell’occupazione per settore nel 2011
Fonte: elaborazione Cresme su dati Eurostat
33,6%
43,1%
39,7%
47,7%
43,3%
49,9%
2008 2011
Costruzioni Industria manifatturiera Totale Economia
25,4%
37,8%
21,6% 24,6%
19,5%
24,0%
7,8%
12,1%
15-34 anni Totale
Costruzioni Servizi Totale Industria
CRESME RICERCHE 2012
37
Ad esempio, se si considera il tasso di imprenditorialità giovanile, ovvero la quota di imprese
la cui percentuale di partecipazione di giovani fino a 34 anni è superiore al 50%, le
costruzioni mostrano, in effetti, i valori più elevati, probabilmente anche per via di una certa
facilità nella fase iniziale d’impresa (in termini economici e organizzativi), come intuibile
anche dalla elevata quota di lavoratori autonomi sul totale dell’occupazione (come dire:
molte imprese, anche giovani, ma di piccola dimensione).
Alla fine del 2011, secondo i dati delle camere di commercio, erano quasi 132 mila le
imprese giovanili attive nelle costruzioni, il 16% del totale del settore e oltre un quinto (il
21%) di tutte le imprese giovanili in Italia (mentre il contributo complessivo delle costruzioni
al sistema delle imprese non arriva al 16%).
Figura 32 – Tasso di imprese giovanili sul totale delle imprese attive a fine 2011 in Italia per settore
Fonte: elaborazione Cresme su dati Movimprese
Tabella 8 – Imprese attive nel 2011 iscritte ai registri camerali
Imprese giovanili Quota settoriale Imprese totali Quota settoriale
Tasso di imprese giovanili
Agricoltura 61.407 9,7% 828.921 15,7% 7,4%
Industria 45.807 7,3% 557.660 10,6% 8,2%
Costruzioni 131.883 20,9% 828.767 15,7% 15,9%
Servizi 390.897 62,0% 3.060.167 58,0% 12,8%
Totale 629.994 100,0% 5.275.515 100,0% 11,9%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Movimprese
La stragrande maggioranza delle imprese giovanili nelle costruzioni è attiva nell’ambito di
lavori edili specializzati, oltre il 74%, mentre nemmeno l’1% opera nel settore del genio civile.
D’altra parte, non c’è da stupirsi che nel caso dei lavori specializzati, che includono attività
che richiedono competenze o attrezzature specializzate (come attività di finitura e
completamento degli edifici, attività di installazione di impianti o lavori di isolamento da
umidità, calore, rumore, ecc.), quasi un quinto del totale delle imprese siano proprio a
carattere giovanile, anche per via di costi di start-up sicuramente meno onerosi.
7,4% 8,2%
15,9%
12,8% 11,9%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
16%
18%
Agricoltura Industria Costruzioni Servizi Totale
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
38
Tabella 9 – Imprese giovnaili nelle costruzioni (2011)
Imprese giovanili
Quota sul totale Imprese totali
Quota sul totale
Tasso di imprese giovanili
Costruzione edifici 32.997 25,0% 294.281 35,5% 11,2%
Genio Civile 1.140 0,9% 10.954 1,3% 10,4%
Lavori Specializzati 97.746 74,1% 523.532 63,2% 18,7%
Totale Costruzioni 131.883 100,0% 828.767 100,0% 15,9%
Fonte: elaborazione Cresme su dati Movimprese
La domanda di lavoro giovanile da parte delle imprese di costruzioni
Indicazioni sull’andamento della domanda di personale da parte delle imprese di costruzioni
sono fornite dalla banca dati Excelsior. Rispetto al 2008, le imprese di costruzioni hanno
espresso una domanda di giovani lavoratori, in questo caso giovani con meno di 30 anni, in
calo dei oltre il 36% (si parla di oltre 14 mila posti di lavoro annui in meno). Sono, infatti, 25
mila le assunzioni previste dalle imprese per il 2011 riservate ai giovani, contro le oltre 39
mila del 2008, un dato, va detto, comunque leggermente superiore a quello del 2010.
Tabella 10 – Domanda di lavoro da parte delle imrpese di costruzioni riservata a giovani con meno di 30 anni
2008 2009 2010 2011
Var.% 2011/2008
A tempo indeterminato 18.430 10.760 11.560 9.720 -47,3%
A tempo determinato 11.910 7.260 7.440 9.420 -20,9%
Apprendistato 8.820 6.690 5.180 5.750 -34,8%
Altro contratto 150 180 280 200 33,3%
Totale assunzioni 39.310 24.890 24.450 25.080 -36,2%
Quota contratti a termine 30,3% 29,2% 30,4% 37,6%
Incidenza apprendistato 22,4% 26,9% 21,2% 22,9%
Fonte: elaborazione Cresme su dati sistema informativo Excelsior 2012
Figura 33 – Domanda di assunzioni da parte delle imprese di costruzioni (posti di lavoro annui)
Fonte: elaborazione Cresme su dati sistema informativo Excelsior 2012
Le tendenze che si evincono dall’analisi dei dati Excelsior confermano quanto già messo in
evidenza dai dati Istat sull’occupazione: una crisi nel settore prolungata, e marcata, che ha
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
45.000
2008 2009 2010 2011
Oltre 30 anni 15-29 anni Non ritenuto rilevante
CRESME RICERCHE 2012
39
impattato duramente soprattutto sulla componente più giovane, anche in termini di una
maggiore richiesta, in percentuale, di forme contrattuali a tempo determinato.
L’andamento della formazione nelle scuole edili
Ma in un settore che si trasforma, in un’ottica di progresso tecnico e riconfigurazione in
chiave di riqualificazione e risparmio (anche in termini di migliore gestione di processo), le
capacità dei giovani di innovazione e adattamento risulteranno sempre più strategiche. E
naturalmente in questo scenario diventa ancora più centrale il ruolo svolto dalla formazione,
che deve assecondare il cambiamento e preparare al meglio specialmente i più giovani per
l’ingresso nella professione.
Nel corso degli anni il Formedil ha perfezionato degli strumenti che consentono un’analisi
molto dettagliata del sistema di formazione edile. Sono 102 le Scuole Edili monitorate,
strutture capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale e composte per quasi un terzo da
enti unificati formazione/sicurezza, in alcuni casi anche da enti unificati del sistema CE-CPT-
SE, e a cui, nel corso del 2011, si sono aggiunti alcuni enti territoriali costituiti da artigiani e
PMI.
La serie storica dei dati di cui si dispone è più che decennale, ma si deve sottolineare che
l’annuale raccolta di informazioni sull’attività didattica è diventata più completa a partire dal
2001, e negli anni ha registrato un progressivo incremento della partecipazione delle Scuole
all’attività di monitoraggio.
Tabella 11 – L’attività formativa 2001-2011
Le scuole I corsi Le ore formative Gli allievi
numero
var% su anno prec. numero
var% su anno prec. numero
var% su anno prec. numero
var% su anno prec.
2001 80 - 1.488 - 230.280 - 24.464 -
2002 79 -1,3 1.598 7,4 216.941 -5,8 25.411 3,9
2003 81 2,5 1.923 20,3 203.585 -6,2 30.278 19,2
2004 93 14,8 2.014 4,7 274.434 34,8 31.780 5,0
2005 96 3,2 2.815 39,8 311.235 13,4 42.059 32,3
2006 95 -1,0 2.869 1,9 279.573 -10,2 44.639 6,1
2007 96 1,1 5.079 77,0 349.678 25,1 83.225 86,4
2008 97 1,0 6.546 28,9 385.307 10,2 101.504 22,0
2009 97 0,0 10.633 62,4 413.759 7,4 126.121 24,3
2010 99 2,1 10.335 -2,8 386.287 -6,6 116.734 -7,4
2011 102 3,0 11.845 14,6 399.616 3,5 142.357 21,9
Fonte: elaborazione Cresme su dati Formedil 2012
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
40
Figura 34 – Numero di allievi formati nelle scuole edili monitorate
Fonte: elaborazione Cresme su dati Formedil 2012
Dall’analisi dei dati appare evidente la crescita dell’attività formativa, più moderata nella
prima metà degli anni 2000, ma che ha subito una vera impennata negli ultimi anni (143 mila
allievi formati nel 2011 contro 45 mila nel 2006). Nel triennio 2009-2011, sono stati formati,
attraverso 32.813 corsi (per quasi 1,2 milioni di ore) oltre 385 mila allievi. Se si considera
che l’occupazione totale della forma lavoro nel periodo è stimabile in poco più di 1,9 milioni
di unità annue, e che i dipendenti sono 1,2 milioni, in tre anni ha formato il 20% delle unità di
lavoro annue stimate dell’Istat e il 30% di quelle dipendenti.
Figura 35 – Composizione percentuale degli allievi per condizione lavorativa
Fonte: elaborazione Cresme su dati Formedil 2012
Per quanto riguarda la tipologia di allievi formati, ovvero lavoratori occupati che necessitano
di aggiornamenti o che richiedono nuove o diverse qualifiche (occupati), giovani alla ricerca
di una prima occupazione (inoccupati) e lavoratori che hanno perso il lavoro (disoccupati), è
evidente come sia andata variando in funzione delle dinamiche congiunturali. Gli inoccupati,
principalmente giovani, dal 2009 hanno superato la quota del 20%, per arrivare nel 2011 al
24.464 25.411 30.278 31.780
42.059 44.639
83.225
101.504
126.121 116.734
142.357
0
20.000
40.000
60.000
80.000
100.000
120.000
140.000
160.000
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
84,6 84,6 88,4 81,4
86,9 88,5 85,1 85,9
72,1 71,5 66,1
7,4 8,4 4,8
8,3 6,0 4,5
3,7 3,6
4,5 4,6
4,9
8,0 7,0 6,8 10,3 7,1 7,0 11,3 10,5
23,3 23,9 28,9
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Occupati Disoccupati Inoccupati
CRESME RICERCHE 2012
41
28,9%. D’altra parte, in un contesto in cui specialmente per i giovani con nessuna
esperienza lavorativa il mercato del lavoro si fa sempre più rigido, il settore edile,
evidentemente, è visto come un possibile sbocco occupazionale. Nello stesso periodo i
disoccupati rimangono stabili, mentre sono gli occupati a perdere quota scendendo, nel
2011, al di sotto del 70%.
Con l’attivazione dei corsi relativi al MICS 16 ore prima, formazione di base obbligatoria per i
nuovi ingressi privi di esperienza di lavoro in cantiere edile3, la distribuzione dei corsi per
tipologia è molto cambiata nell’ultimo triennio. Partiti nel 2009, a livello di sperimentazione e
consolidatisi nel 2011, questi corsi hanno assorbito una quota sempre più consistente
dell’attività formativa delle scuole edili, tanto che nel 2011 il numero di allievi che vi ha
partecipato è stato pari al 20% del totale. Ma negli ultimi anni non sorprende come sia
aumentata soprattutto la domanda di formazione in ingresso e di corsi post diploma
(prevalentemente giovani), oltre all’attività di riqualificazione e aggiornamento.
Tabella 12 – Allievi per tipologia dei corsi
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Orientamento 735 983 914 1.245 1.317 1.275 1.560 1.057 1.955 1.093 881 Formazione d'ingresso (diritto-dovere, corsi di qualifica) 2.194 1.753 1.541 1.731 3.446 2.045 2.179 1.666 1.843 2.866 3.818 Apprendistato professionalizzante 2.094 2.055 2.638 2.740 3.980 3.799 5.030 8.133 8.044 6.527 7.206
Qualificazione disoccupati 1.139 953 704 1.790 1.496 1.117 1.352 1.098 2.069 5.721 2.269 Riqualificazione, aggiornamento, specializzazione 5.698 5.028 5.879 6.284 7.856 6.624 8.166 8.973 10.267 10.501 19.052 Formazione per la sicurezza
(1) 12.442 13.163 17.314 16.851 21.924 27.699 60.125 75.704 55.420 50.579 50.799
Dialogo sociale di settore 162 87 29 34 0 118 - - - - -
Corsi integrati (recupero dispersione scolastica) - - - - - - 417 237 228 240 152
MICS - 16 ORE prima - - - - - - 19.177 16.240 28.329
Corsi post diploma - - - - - - 2.235 2.025 1.963 2.145 5.215
Corsi post laurea - - - - - - 282 419 208 303 78
Altro - 1.389 1.259 1.105 2.040 1.962 1.879 2.192 24.947 20.519 24.558
TOTALE 24.464 25.411 30.278 31.780 42.059 44.639 83.225 101.504 126.121 116.734 142.357
Fonte: elaborazione Cresme su dati Formedil 2012 (1) Il corso relativo ai ponteggiatori fino al dato del 2008 è
inserito nei corsi per la sicurezza. Dal 2009 in poi il dato è stato inserito nella voce altro
Prendendo in considerazione solamente i corsi di apprendistato diritto-dovere (istituiti dal
D.lgs. 276/03 art. 48 “riforma Moratti”) che si rivolgono a giovani tra i 15 ed i 18 anni , ed i
corsi di apprendistato professionalizzante, che si rivolgono ai giovani tra i 18 ed i 29 anni, si
vede come l’offerta formativa relativa all’apprendistato appaia in crescita, tanto che nel solo
2011, con 8.645 allievi formati, si è coperto circa il 45% della domanda potenziale misurata
dagli apprendisti iscritti alle casse edili, pari a circa 19.000 individui.
3 Ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008, art. 37, commi 1 e 4, lettera a
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
42
Tabella 13 – L’attività formativa per l’apprendistato
Diritto dovere Professionalizzante
operai Professionalizzante
tecnici Totale
Corsi Allievi Corsi Allievi Corsi Allievi Corsi Allievi
2009 50 358 598 7.656 40 388 688 8.402
2010 84 1.030 574 5.952 69 575 727 7.557
2011 148 1.484 559 6.461 65 745 772 8.645
Totale 282 2.872 1.731 20.069 174 1.708 2.187 24.604
Fonte: elaborazione Cresme su dati Formedil 2012
Informazioni interessanti sono messe a disposizione dalla Banca Dati Formazione
Costruzioni “BDFC”, che consente di registrare la formazione erogata ai singoli lavoratori
rilasciando agli stessi il Libretto Personale di formazione professionale edile e all'impresa il
Registro dell’Impresa Formativa, con tutti i dati relativi alla formazione ricevuta dai propri
lavoratori. Ad Maggio 2012 in BDFC erano registrati oltre 152 mila utenti4, circa il 50%deglli
allievi formati in totale, per un numero complessivo di circa 176.500 registrazioni di
esperienze formative; sono registrate inoltre circa 24 mila imprese a cui facevano riferimento
gli utenti al momento dell’avvenuta formazione.
Tabella 14 – Allievi formati per nazionalità
Allievi totale di cui giovani
Italia 79,4% 70,1%
UE e candidati 7,9% 12,7%
di cui
Romania 7,1% 11,8%
Polonia 0,3% 0,4%
Bulgaria 0,2% 0,2%
Altri 0,4% 0,4%
Extra UE 8,0% 11,5%
di cui
Albania 4,8% 7,6%
Moldavia 0,9% 1,3%
Macedonia 0,8% 0,9%
Kosovo 0,4% 0,6%
Ucraina 0,4% 0,5%
Altri 0,7% 0,7%
Africa 3,3% 3,8%
di cui
Marocco 1,8% 2,1%
Tunisia 0,5% 0,5%
Egitto 0,3% 0,4%
Altri 0,7% 0,8%
America 0,7% 1,0%
Asia 0,7% 0,9%
Oceania 0,0% 0,0%
Apolidi 0,0% 0,0%
Totale complessivo 100,0% 100,0%
Fonte: elaborazione Cresme su dati BDFC
4 Attualmente si è arrivati a oltre 175 mila
CRESME RICERCHE 2012
43
Il 30,8% degli allievi in anagrafe sono giovani compresi tra 16 e 29 anni. Di questi il 70,1%
sono di nazionalità italiana, ma rilevante tra i più giovani è la quota di giovani allievi
provenienti dalla Romania (12%), mentre un altro 11,5% proviene da altri paesi dell’Europa
dell’Est extra UE, in particolare Albania e Moldavia (7,6% e 1,3%).
I giovani vengono maggiormente formati in corsi di formazione professionale, ben il 62,7%
ha frequentato questa tipologia di corso, e sono quasi esclusivamente operai (il 90,4%).
Tabella 15 – Allievi formati per tipologia (Quota %)
Allievi giovani
di cui:
italiani stranieri
Formazione professionale 62,7% 60,3% 68,0%
Formazione in sicurezza 36,5% 38,6% 31,7%
Corsi di rappresentanza 0,8% 1,0% 0,3%
Totale 100,0% 100,0% 100,0%
Operai 90,4% 87,7% 96,6%
Tecnici 9,6% 12,3% 3,4%
Totale 100,0% 100,0% 100,0%
Fonte: elaborazione CRESME su dati BDFC
Proprio prendendo in considerazione il dato più numeroso, ovvero gli allievi formati operai, si
nota come la distribuzione per classi di età sia abbastanza omogenea su tutto il territorio
nazionale. Gli allievi con età fino a 29 anni sono circa il 33% del totale e solamente nel Nord-
Est la loro quota scende al disotto del 30%. Più del 64% di questi frequenta corsi di
formazione professionale, con punte del 69,4% nel Sud Italia.
Tabella 16 – Allievi operai formati per classe di età (Quota %)
16-24 25-29 30-39 40-49 50-59 oltre
Nord-ovest 24,0% 13,3% 26,7% 23,9% 10,9% 1,2%
Nord-est 16,2% 11,2% 28,2% 28,6% 14,3% 1,5%
Centro 22,4% 13,7% 25,3% 24,3% 12,3% 1,9%
Sud 21,2% 9,9% 23,3% 25,1% 16,6% 3,8%
Totale 20,8% 12,0% 25,9% 25,6% 13,6% 2,1%
Fonte: elaborazione CRESME su dati BDFC
Tabella 17 – Giovani operai (16-29) formati per tipologia formativa (Quota %)
Formazione professionale
Formazione in sicurezza Totale Giovani
Nord-ovest 63,1% 36,9% 100,0%
Nord-est 60,4% 39,6% 100,0%
Centro 64,4% 35,6% 100,0%
Sud 69,4% 30,6% 100,0%
Totale 64,2% 35,8% 100,0%
Fonte: elaborazione CRESME su dati BDFC
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
44
Disarticolando il dato per tipologia formativa, si nota come in quasi tutte le aree geografiche,
ad eccezione del Sud, le scuole edili erogano corsi di formazione professionale
essenzialmente ad operai giovani; nel Nord Ovest il 56,5% degli allievi in formazione
professionali sono giovani, nel Centro il 54% e nel Nord Est circa il 50%. Per quanto riguarda
la formazione in sicurezza, la percentuale di operai giovani formati è notevolmente inferiore,
a livello nazionale la loro quota è del 21%
Tabella 18 – Allievi opeai formati per tipologia e classe di età (Quota %)
Formazione professionale Formazione in sicurezza
16-24 25-29
Totale OPERAI
16-24 25-29 Totale
OPERAI
Nord-ovest 40,6% 15,9% 100,0% 12,2% 11,3% 100,0%
Nord-est 31,7% 18,2% 100,0% 7,8% 9,8% 100,0%
Centro 38,7% 15,3% 100,0% 10,6% 11,2% 100,0%
Sud 26,7% 6,3% 100,0% 12,8% 9,7% 100,0%
Totale 33,6% 13,0% 100,0% 10,5% 10,5% 100,0%
Fonte: elaborazione CRESME su dati BDFC
CRESME RICERCHE 2012
45
3. Il settore delle costruzioni: tra crisi e trasformazione
La filiera delle costruzioni emerge da un 2011 caratterizzato dal ritorno dell’incertezza. Dopo
una prima parte dell’anno in cui la caduta della domanda sembrava arrestarsi e segnali
deboli (ma confortanti) arrivavano da più parti, l’onda della ripresa internazionale, che aveva
caratterizzato il 2010 e i primi mesi del 2011, veniva meno e l’economia italiana tornava in
affanno.
Il rischio di una nuova recessione e il nodo del debito pubblico, accompagnati dalla perdita di
fiducia sui mercati finanziari mondiali e dalla speculazione, hanno fatto dell’incertezza il tratto
caratterizzante di questa fase. E per un settore, come quello delle Costruzioni, capace di
perdere, in soli tre anni, il 20% del proprio mercato, la nuova frenata sta comportando
pesanti ripercussioni. La nuova crisi sta stroncando sul nascere i pochi segnali postivi della
congiuntura e, soprattutto, sta accelerando quella fase di riconfigurazione e di riduzione del
mercato destinata a caratterizzare il nuovo ciclo edilizio che si appresta a cominciare.
D’altra parte, è da anni evidente come riduzione e riconfigurazione stiano progressivamente
ridefinendo la tradizionale forma del “contenitore” all’interno del quale agiscono tutti gli attori
del mercato. La crisi è pesante per la parte più tradizionale del settore, schiaccia la domanda
media, amplia quella economicamente debole e trasforma rapidamente quella di qualità.
Oggi si parla sempre di più di energy technology, energie rinnovabili, bioedilizia, sostenibilità,
nuovi mercati nel settore pubblico, del partenariato e del facility management. Ed è proprio
questa riconfigurazione, accompagnata dalla profonda riduzione del mercato tradizionale, ad
essere la chiave interpretativa di quello che sta succedendo.
In una recente indagine condotta dal Cresme in collaborazione con il Consiglio Nazionale
degli Architetti, i temi della riqualificazione e del rinnovo del patrimonio edilizio, assieme a
risparmio energetico, energie rinnovabili e tecnologia, sono stati indicati come gli elementi
che caratterizzeranno il mercato nei prossimi anni. Si tratta di indicazioni molto significative
perché espressione di una categoria, quella dei progettisti, che dispone di una visione
globale, e per certi versi privilegiata, di tutto ciò che ruota attorno al mondo delle costruzioni.
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
46
Figura 36 – Lo scenario di mercato quinquennale secondo i progettisti
Fonte: Osservatorio Professione Architetto CNAPPC-Cresme
E i dati confermano queste indicazioni. Già da quest’anno la spesa in riqualificazione e
manutenzione riprenderà a crescere, mentre la crisi per la nuova produzione è destinata a
continuare. Gli investimenti in nuove costruzioni nel 2012 si prevede saranno calati
addirittura del -11%, dopo il -6,6% del 2011, in un contesto in cui crisi e incertezza
incideranno sempre di più, frenando l’investimento immobiliare e quindi l’attività di nuova
costruzione. Mano a mano che la crisi economica prosegue l’impatto sulla fiducia di famiglie
e imprenditori si fa più evidente, mentre la crisi finanziaria, portando il sistema bancario a
ricapitalizzarsi e a ridurre la disponibilità di credito, mina i due fattori più importanti del
mercato, con effetti ancora più evidenti sulla allocazione delle risorse delle famiglie e sugli
investimenti degli operatori economici. In questo contesto non sorprende, quindi, come il
settore della riqualificazione e del recupero stia assumendo, e sia destinato ad assumere,
un peso sempre maggiore, con una parte della domanda che invece di guardare al nuovo,
letteralmente, “mette a nuovo il vecchio”.
Ma non bisogna dimenticare che la crescita della riqualificazione, prevalentemente micro,
sarà sostenuta anche dall’età del patrimonio edilizio italiano che, sollecitato dal tempo e
6,4%
8,8%
14,6%
27,6%
32,2%
32,8%
32,8%
35,3%
44,4%
48,8%
68,3%
69,6%
73,7%
79,4%
22,7%
25,2%
29,2%
39,4%
31,9%
23,9%
28,5%
35,8%
31,0%
31,8%
25,5%
24,4%
22,5%
14,2%
70,9%
66,0%
56,2%
33,0%
35,9%
43,3%
38,7%
28,9%
24,6%
19,4%
6,2%
6,0%
3,8%
6,4%
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%
Domanda privata di edilizia res.
Domanda di nuove costruzioni non res.
Domande di Opere Pubbliche
Domanda estera
Domanda di riqualificazione urbana
Qualità progettuale
Domanda di edilizia sociale
Domanda di PPP
Domanda di riqualificazione abitazioni
Domanda di Facility Management
Nuove tecniche edilizie
Innovazione di materiali
Informatizzazione della prog. (B.I.M.)
Domanda di energy technology
Crescita Stabile Calo
CRESME RICERCHE 2012
47
dagli eventi atmosferici, necessita di una sempre maggiore opera di manutenzione e
riqualificazione.
Un altro aspetto determinate per il nuovo ciclo edilizio riguarderà il contributo del comparto
delle energy technology ed in particolare il settore degli Impianti per le Fonti di Energie
Rinnovabili (l’acronimo FER), che, come vedremo, ha toccato in questi anni, in termini di
investimenti, livelli di crescita e dimensioni eccezionali, tanto che oggi si può ormai ben dire
come sia nato un nuovo mercato. Un mercato che in pochi anni è stato capace di diventare
anche più grande, in termini di risorse, del mercato stesso della nuova produzione
residenziale.
Ma il principale contributo alla soluzione del problema energetico, e una grande opportunità
per i più giovani, non può che passare dai cosiddetti “Negawatt”, cioè Megawatt non
consumati grazie ai miglioramenti della qualità e dell’efficienza energetica degli edifici, da
ottenere prevalentemente in chiave di riqualificazione dell’esistente e di rinnovo degli
impianti di climatizzazione e riscaldamento.
3.1. Un nuovo ciclo edilizio
Quest’anno il settore delle costruzioni è entrato nel sesto anno di recessione. Nella sua fase
espansiva (’95-’05) il ciclo edilizio, iniziato a metà anni Novanta, aveva sospinto i livelli di
produzione sui valori più elevati a partire dal secondo dopoguerra. E il successivo crollo non
è stato da meno, battendo ogni precedente record di intensità e di persistenza.
Figura 37 – I cicli edilizi - Investimenti in costruzioni a valori reali dal 1951 al 2015* (dato Istat 1995=100)
Fonte: previsioni e stime Cresme/Si * Stime dal 1951 al 2011, previsioni dal 2012 al 2015
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
48
L’inversione del ciclo e la crisi economica
Ma contrariamente a quanto di solito si pensa, le condizioni per l’inversione del ciclo e la
successiva entrata in una fase recessiva iniziarono a delinearsi già nei primi anni Duemila.
Lo scenario economico era di progressivo indebolimento. Da una parte la fase di crescita
economica che aveva caratterizzato la seconda metà degli anni Novanta aveva lasciato il
posto alla stagnazione, mentre la domanda cominciava ad apparire in saturazione e con
sempre meno capacità di spesa.
Certo, gli investimenti continuavano a crescere, ma il tasso di crescita cominciava a
rallentare: dal +5% (a valori costanti) del 2001 si passa al +2,8% del 2002 e al +0,4% del
2003. Il settore del rinnovo di edifici privati (sia residenziali sia non residenziali) è stato il
primo a cedere il passo, registrando un calo degli investimenti (-3% circa) già nel 2002.
L’anno successivo entrava in fase di contrazione tutto il settore non-residenziale privato,
quello più strettamente legato all’andamento della congiuntura economica. Nel 2003, in altre
parole, dei quattro motori del settore, due sembrano già spegnersi (l’edilizia non residenziale
privata e la manutenzione degli edifici esistenti), mentre gli altri due, opere pubbliche e
nuova produzione residenziale, apparivano ancora ben accesi. Anzi nel biennio 2004-2005
la nuova produzione residenziale accelerava la propria crescita, mentre gli investimenti del
genio civile crescevano ancora del 7% circa nel 2004, per poi iniziare a declinare a partire
dal 2005.
Tabella 19 – Gli investimenti in costruzioni negli ultimi 6 anni (var.% annue deflazionate)
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012p
Investimenti in nuove costruzioni 0,8% -1,8% -6,2% -15,0% -14,0% -6,6% -11,0%
di cui: - Residenziali 5,3% -3,1% -8,3% -21,8% -15,9% -7,7% -13,5%
- Non residenziali private -3,8% -1,2% -2,8% -12,1% -14,5% -7,4% -11,9%
- Non residenziali pubbliche -5,7% -2,0% -4,4% -3,8% -11,0% -6,7% -10,1%
- Genio civile -1,5% 0,5% -6,0% -7,0% -11,0% -4,0% -6,5%
Investimenti in rinnovo 1,5% 1,0% -2,9% -3,2% -2,3% -0,4% -1,5%
di cui: - Residenziali 3,0% 0,8% -2,0% -0,5% 3,0% 1,2% 1,2%
- Non residenziali private 1,2% 1,4% -2,0% -8,0% -3,0% 0,5% -3,8%
- Non residenziali pubbliche -2,4% 0,8% -5,0% -2,8% -12,5% -7,7% -13,2%
- Genio civile -0,9% 1,0% -6,3% -5,2% -14,5% -4,9% -3,8%
Totale 1,1% -0,5% -4,7% -9,3% -7,9% -3,2% -5,6%
Fonte: previsioni e stime Cresme/Si Ottobre 2012
Ma dalla seconda metà del 2006 anche la nuova produzione residenziale smetteva di
crescere, e il ciclo di mercato si invertiva. E’ allora che inizia la discesa dal picco, si entra
nella fase recessiva. Nel 2007 gli investimenti in nuova produzione calano dell’1,8%, e il calo
CRESME RICERCHE 2012
49
più intenso è proprio nel settore delle nuove produzioni residenziali. Anche le compravendite
residenziali diminuiscono durante l’anno, e nel 2008 esplode in tutta la sua violenza la prima
crisi finanziaria globale del XXI secolo. Arrivano il credit crunch e la recessione globale.
Come se non bastasse, intorno al 2008 comincia ad affievolirsi anche la spinta riconducibile
a fattori demografici: arriva il reflusso dell’onda demografica. Ma soprattutto, vengono a
mancare accesso al credito, fiducia e capacità di spesa. Nel biennio 2008-2009 la flessione
del settore diventa un crollo a picco, con il comparto delle nuove costruzioni residenziali che
perde il 22% in termini di investimenti nel solo 2009, dopo aver perso l’8% nel 2008. Nel
2008 cominciano a scendere anche i prezzi di acquisto delle abitazioni, che a livello
nazionale erano rimasti in crescita fino al 2007. Secondo le stime CRESME, i prezzi delle
abitazioni sono scesi (in valori costanti) del 15,3% tra il 2007 e il 2009.
Le false attese del 2010 e il ritorno all’incertezza
Quello che è successo negli ultimi anni lo sappiamo bene. Se la prima metà del 2010 aveva
mostrato timidi segnali di stabilizzazione e ripresa dell’economia, specialmente nei settori
trainati dall’export, il 2011 ha sancito il ritorno all’incertezza, e nel 2012 l’economia italiana è
tornata nuovamente in recessione. La crisi del debito ha imposto forti vincoli alla spesa per
le opere pubbliche, mentre crisi finanziaria e rischio default del sistema bancario hanno
ridotto ulteriormente la disponibilità di credito.
Il ruolo pro-ciclico della opere pubbliche
Anche la spesa pubblica per infrastrutture vive da anni un trend negativo, con gli investimenti
del genio civile calati del -6% nel 2008 e nel 2009, del -12% nel 2010, di un altro -4,4% nel
2011 e di oltre il -5% nelle attese del 2012. A questo proposito si può quindi affermare che il
settore delle infrastrutture abbia giocato nel nostro paese un ruolo pro-ciclico, sia nella fase
espansiva del recente ciclo delle costruzioni, sia nel successivo crollo. Sotto quest’aspetto,
l’Italia si è differenziata dagli altri paesi dell’Europa Occidentale e dagli Stati Uniti, nei quali,
almeno in una prima fase del periodo “post-Lehman”, gli investimenti in infrastrutture
pubbliche sono stati protagonisti di importanti pacchetti di stimolo dell’economia, approvati
dai rispettivi Governi per contrastare la recessione.
Il settimo ciclo edilizio: la via della riqualificazione, delle energy technology e dei nuovi
mercati pubblici
Ma nonostante ci troviamo ancora nella fase calante del sesto ciclo (le previsioni indicano
che il 2012 si chiuderà con una flessione degli investimenti intorno al -6%), elementi di
differenziazione sono già evidenti e alcune componenti stanno già crescendo. In questo
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
50
senso un nuovo ciclo è già cominciato ma i suoi caratteri saranno molto diversi. I settori
“tradizionali” (nuove costruzioni, sola esecuzione di opere pubbliche) sono destinati ad un
ridimensionamento strutturale, mentre nuovi segmenti di mercato stanno emergendo: energy
technology, energie rinnovabili, bioedilizia, sostenibilità, nuovi mercati nel settore pubblico,
del partenariato e del facility management, e il tutto che ruoterà attorno ai temi della qualità,
dell’innovazione e al mercato della riqualificazione.
Figura 38 – Il mercato delle Costruzioni negli anni 2010-2020
Fonte: Cresme XIX Congiunturale
Come vedremo, il dato più eclatante riguarda gli impianti per la produzione di energia da
fonti rinnovabili (impianti FER), un mercato che nell’ultimo biennio ha vissuto un vero e
proprio boom, fino a diventare nel 2011 più grande di quello delle nuove costruzioni
residenziali (ai prezzi correnti 30 miliardi contro 255).
Ma l’aspetto cruciali riguarderà il mercato della riqualificazione. Del resto, le esigenze legate
ai consumi energetici e a fattori idro-geologici rendono necessari massicci interventi di
manutenzione sul patrimonio edilizio italiano. Gli investimenti privati in rinnovo e
riqualificazione hanno risentito della crisi in misura minore rispetto agli investimenti in nuove
costruzioni, hanno registrato una leggera crescita nel 2011 e secondo le previsioni
traineranno il settore nel periodo 2013-2015. Poi ci sono i nuovi materiali (o i materiali
tradizionali che trovano nuovi utilizzi nelle tecniche edilizie eco-compatibili, è il caso ad
5 La stima CRESME degli investimenti in FER si basa sui dati pubblicati dal GSE, relativi a numerosità, potenza, tipologia ed entrata
in esercizio degli impianti compresi nel Conto Energia. A tali dati vengono applicati dei parametri di costo dedotti da diverse fonti
(prezziario della Camera di Commercio di Milano, Ordine degli Architetti e ingegneri di Milano, e un panel di impiantisti e produttori di pannelli fotovoltaici). E’ conservativa nel senso che (per non creare sovrapposizioni con la misurazione degli investimenti in costruzioni) include nel settore degli impianti rinnovabili solo quelli realizzati su costruzioni private già esistenti, mentre sono esclusi quelli integrati negli edifici di nuova costruzione (già contabilizzati all’interno della nuova produzione residenziale) e quelli promossi dagli enti pubblici (già contabilizzati sotto la voce Genio Civile).
CRESME RICERCHE 2012
51
esempio del legno), e c’è il settore dell’impiantistica che aumenta progressivamente la sua
importanza.
Anche all’interno del settore delle opere pubbliche i tradizionali appalti di sola esecuzione
sono in continua diminuzione, mentre i cosiddetti “nuovi mercati” (partenariato pubblico-
privato, facility management, project financing, leasing in costruendo) registrano una fase di
boom.
Una parte del settore, in sintesi, ha già ripreso a crescere (e in alcuni casi si tratta di nuovi
settori che prima non esistevano), mentre le costruzioni “tradizionali” (sola esecuzione di
opere pubbliche, nuova edilizia residenziale e non residenziale, produzione di cemento e
calcestruzzo, laterizi, ecc.) continuano ad arrancare. Il settimo ciclo è già iniziato, perché il
settore ha assunto una nuova configurazione. Sono cambiati i modelli di comportamento
della domanda, portando all’affermazione di nuovi materiali, nuovi prodotti e nuovi impianti.
D’altra parte, quando si sostiene che crisi finanziaria, crisi economica, crisi energetica e crisi
ambientale stiano ridisegnando il mondo, insieme a globalizzazione e innovazione
tecnologica, non si può pensare che gli stessi fattori non abbiano effetti su un settore così
importante per l’economia, come il settore delle costruzioni.
A livello “macro”, il settore si sta riorientando, modificando le scelte circa chi produce, cosa
viene prodotto e in quali quantità, guidato da nuovi obiettivi, nuovi prodotti e nuove tipologie
di domanda. In ultima analisi, il settore costruzioni è obbligato al rinnovamento da condizioni
materiali radicalmente diverse rispetto al passato anche recente, creando un bacino di
opportunità che prima nemmeno esistevano. Mentre a livello “micro”, cioè al livello di
singole imprese, la riduzione e la riconfigurazione del settore generano maggiore selezione,
ed è per questo che sarà sempre più strategico il ruolo rivestito dai più giovani, per via delle
loro capacità di adattamento, la predisposizione all’utilizzo delle nuove tecnologie e le spinte
innovative.
3.2. I driver del cambiamento
Ma entriamo un po’ meglio nel dettaglio. Nel contesto attuale il più evidente fattore di
cambiamento, come già detto, è rappresentato dalla crescita impetuosa degli investimenti in
impianti per le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). Nel biennio 2010-2011 la crescita delle
installazioni FER, in particolare impianti fotovoltaici, è andata oltre ogni previsione,
configurandosi come un vero e proprio boom. Tra il 2006 e il 2009, secondo i dati diffusi dal
GSE, sono stati realizzati 71.137 impianti fotovoltaici, per una potenza installata totale di
3.457 MWp. Nel solo 2010 sono stati registrati altri 84.547 nuovi impianti, e nel 2011 altri
147.776. Ciò significa che nel 2011 l’Italia è il paese che ha registrato la maggior crescita
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
52
della capacità installata, diventando il secondo paese al mondo (dopo la Germania) per
potenza totale. Anche l’eolico, seppure in misura minore, ha contribuito alla crescita, con una
potenza efficiente lorda installata passata dai 3.540 MW del 2008 ai 6.860 del 2011.
Secondo le già citate stime del CRESME, che in estrema sintesi applicano a questi dati dei
parametri di costo, questa crescita ha significato un investimento finanziario di 8 miliardi nel
2009, di quasi 33 miliardi nel 2010 e di 30 miliardi nel 2011.
Figura 39 – Mercati a confronto: nuovo residenziale e impianti FER (miliari di euro correnti)
Fonte: previsioni e stime Cresme/Si Ottobre 2012
Criticità e incertezze sulla sostenibilità del sistema degli incentivi
Va detto che una crescita così spettacolare è stata resa possibile dalla forte incentivazione
di cui gli impianti FER hanno goduto, finanziata con un aggravio significativo a carico dei
cittadini, e che non è di certo sostenibile nel medio-lungo periodo. Per questo sullo sviluppo
del settore gravano le incertezze sui sistemi di incentivazione dei prossimi anni.
Inoltre, non si possono trascurare i problemi infrastrutturali legati alla capacità della rete
elettrica di assorbire l’energia prodotta da tali impianti, al consumo di territorio e alla
sottrazione di aree agricole (che ha portato oggi a porre dei vincoli più rigidi
all’incentivazione degli impianti “a terra”). Senza dimenticare la questione dell’infiltrazione
malavitosa nel mercato, oggi uno dei filoni principali delle inchieste giudiziarie inerenti il
campo eco-ambientale.
Per non parlare poi della ricaduta sugli impianti di produzione tradizionali, per i quali la
combinazione del boom delle rinnovabili e la contrazione della domanda sta mettendo a
rischio la copertura dei costi di produzione. In media, questi impianti, per ripagarsi, secondo
stime dell’International Solar Energy Society, dovrebbero funzionare per 4-5 mila ore
all’anno, mentre oggi, quando va bene, ne funzionano 3 mila, per lo più con funzione di
stabilizzazione della produzione.
41 39
31
26 25
2 4
8
33 30
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
2007 2008 2009 2010 2011
Mercato del nuovo resdenziale Mercato impianti FER
CRESME RICERCHE 2012
53
Sta di fatto che della crescita impressionante del mercato ne hanno beneficiato soprattutto i
produttori esteri, mentre le imprese italiane che hanno maggiormente tratto vantaggio dal
boom delle nuove rinnovabili (specialmente nel campo del solare termico e fotovoltaico)
sono state le imprese installatrici. E si può forse dire come proprio la rapidità della crescita
del settore, concentrata negli anni recenti, abbia sfavorito la nascita di una vera e propria
filiera italiana del settore. Forse un’occasione persa per l’industria italiana, considerando
anche la storia energetica del nostro paese degli ultimi 30 anni, una storia caratterizzata
dalla dipendenza dalle fonti fossili e dall’abbandono della tecnologia nucleare.
A conferma, l’analisi dei bilanci 2010 delle imprese della filiera, realizzata dal CRESME,
rivela una significativa ripresa per il mercato di impianti e finiture (con la sola eccezione dei
produttori di sanitari e arredo-bagno), con i distributori e i produttori di materiale elettrico ed
elettrotecnico che hanno fatto registrare i maggiori tassi di crescita del volume d’affari. Una
dinamica in controtendenza rispetto all’andamento generale del settore costruzioni, che si
spiega principalmente proprio con la ripresa degli interventi di riqualificazione e con il boom
dell’energy technology.
Figura 40 – Investimenti in costruzioni inclusi gli impianti FER in milionidi euro a valori costanti 1995 (Fonti Energetiche Rinnovabili)
Fonte: Cresme/Si
Nei prossimi anni opportunità interessanti potrebbero scaturire dallo sviluppo tecnologico e
da una maggiore diversificazione dell’investimento, per ora concentrato quasi interamente
sul fotovoltaico e sull’eolico. Si pensi ad esempio alle nuove tecnologie geotermiche a bassa
entalpia, in particolare le pompe di calore geotermiche per il condizionamento degli edifici,
che in altre parti d’Europa hanno già accelerato notevolmente la propria crescita, e presto
potrebbero entrare a far parte del mix energetico di molti paesi europei.
80.000
85.000
90.000
95.000
100.000
105.000
110.000
115.000
120.000
Senza impianti FER Inclusi impianti FER
?
GIOVANI E COSTRUZIONI 2012
54
Riqualificazione in chiave energetica: “Negawatt” di risparmio
Ma il principale contributo alla soluzione del problema energetico, e una grande opportunità
per il settore delle Costruzioni, arriverà dai cosiddetti “Negawatt”, cioè i Megawatt non
consumati grazie ai miglioramenti dell’efficienza energetica. Anzi, forse si può dire aver
catalizzato la stragrande maggioranza delle risorse degli impianti FER abbia rappresentato
un’occasione mancata per avviare un processo virtuoso realmente funzionale alla soluzione
del problema energetico del nostro paese. Qui entra in gioco la riqualificazione del
patrimonio edilizio. In Italia un terzo del consumo interno di energia è riconducibile agli usi
civili, cioè ai consumi degli edifici residenziali e terziari. Oggi nel nostro paese l’edilizia è il
“colabrodo” dell’energia, per via dell’anzianità del parco edifici, per l’assenza di
manutenzione programmata, per il tipo di materiali impiegati e anche (forse soprattutto) per
la progressiva perdita, avvenuta negli ultimi decenni, della relazione tra edilizia e
caratteristiche climatiche dei territori.
Riqualificazione e rischio ambientale
In aggiunta (e non meno importante) sempre più pressante appare il problema del dissesto
idro-geologico, che rende necessario un forte investimento in riqualificazione del patrimonio
edilizio. Le aree ad elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie
italiana e riguardano l’82% dei comuni; le aree ad elevato rischio sismico riguardano circa il
50% del territorio nazionale e il 38% dei comuni. Si stima che la popolazione residente nelle
aree di elevato rischio idrogeologico sia pari a 5 milioni e 772 mila persone, mentre in quelle
di elevato rischio sismico risiedono 24 milioni e 147 mila persone.
Tabella 20 – I principali dati dell'esposizione al rischio naturale in Italia
6
Rischio idrogeologico Rischio sismico
Numero* % sul totale Numero* % sul totale
Superficie territoriale (kmq) 29.518 9,8 140.193 46,5
Comuni 6.631 81,9 3.069 37,9
Popolazione 5.772.097 9,6 24.147.410 40
Famiglie 2.379.981 9,6 9.557.548 38,3
Edifici 1.259.408 9,3 6.267.109 46,5
Abitazioni 2.775.761 9,5 12.556.200 42,8
Fonte: Elaborazione CRESME su fonti varie (* Stime)
Il patrimonio edilizio potenzialmente esposto ad un elevato rischio idrogeologico è pari a 1
milione e 259 mila edifici; nelle aree di elevato rischio sismico si trovano 6 milioni 267 mila
edifici. Il quadro dei costi complessivi del dissesto idrogeologico e dei terremoti a partire dal
6 Si veda anche: Paola Reggio, “Il rischio e la gestione del territorio: investimenti e fabbisogno”, su www.edilbox.it, 2012
CRESME RICERCHE 2012
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1944 al 2009 ha portato a stimare i costi complessivi, a prezzi 2009, tra un valore minimo di
176 miliardi di euro e uno massimo di 2137.
L’era del rinnovo è già arrivata
Tutto questo quando già in questi anni gli investimenti in rinnovo hanno rappresentato una
quota decisamente crescente degli investimenti complessivi nel settore costruzioni. Nel
2011, gli investimenti in opere di rinnovo e riqualificazione (80 miliardi di euro), considerando
anche la spesa per la manutenzione ordinaria (che vale 35 miliardi), sono arrivati a
rappresentare il 65% del totale del mercato (che vale 174 miliardi), questo quando nel 2006
non arrivavano al 56%.
Figura 41 – Quota del rinnovo (compresa manutenzione ordinaria) sugli investimenti totali in costruzioni in Italia
Fonte: Cresme/Si Ottobre 2012
C’è da dire che dopo una contrazione media annua del 2,5% nel triennio 2008-2010, gli
investimenti in rinnovo si erano stabilizzati nel 2011. Ma c’è da notare come la dinamica sia
stata condizionata in modo significativo dalla diminuzione, in particolare negli ultimi due anni,
degli investimenti in rinnovo del genio civile. Se escludiamo dal calcolo il genio civile, gli
investimenti in rinnovo edilizio sono declinati nel biennio 2008-2009 per poi stabilizzarsi nel
2010 e crescere dello 0,3% nel 2011. In uno scenario previsionale il rinnovo edilizio si
mostra in crescita nei prossimi anni, trainato in particolare dagli interventi di riqualificazione
in chiave energetica, ma anche anti-sismica. Quale sarà la reale intensità di questa crescita
è difficile dirlo e molto dipenderà dalla capacità delle politiche pubbliche di creare un sistema
di incentivi capace di accelerare il processo di riqualificazione.
7 La differenza è da attribuire al costo dei terremoti che, a seconda delle fonti informative, varia da un minimo di 124 miliardi di euro
a un massimo di 161. I dati provengono dal rapporto di ricerca “Terra e sviluppo. Decalogo della Terra 2010”, realizzato dal CRESME per il Consiglio Nazionale dei Geologi.
55,6%
65,0%
67,4% 68,1%
50%
55%
60%
65%
70%
2006 2011 2012 2014
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Figura 42 – Dinamiche previsionali degli investimenti in costruzioni per tipologia di intervento (prezzi costanti, base 2010 =100)
Fonte: Cresme/Si Ottobre 2012
Il tema è che per quella che rappresenta un’esigenza impellente i ritmi fisiologici di
trasformazione del parco immobili non appaiono in alcun modo sufficienti a rispondere in
maniera adeguata alle sfide poste dal cambiamento climatico, dall’esauribilità delle risorse, e
dai costi (ambientali, finanziari e geopolitici) non più sostenibili delle fonti fossili.
Nuovi mercati pubblici
Infine, l’altra importante tendenza che sta interessando il settore costruzioni è la
trasformazione del mercato delle opere pubbliche. Vincoli di bilancio sempre più stringenti e
cambiamenti normativi, uniti in alcuni casi alla volontà di esternalizzare dei servizi “no-core”
precedentemente svolti dalla PA, hanno portato all’affermazione dei cosiddetti nuovi mercati
pubblici: partenariato pubblico-privato; project financing; costruzione e gestione; locazione
finanziaria immobiliare in costruendo.
Queste nuove forme di affidamento si distinguono dal tradizionale appalto di “sola
esecuzione” per via di un maggiore coinvolgimento dei privati, sia nel finanziamento sia nella
gestione delle opere. Con il risultato di rendere più sfumati i confini tra capitale pubblico e
capitale privato, tra gestione pubblica e gestione privata.
Basti pensare che nel 2002 il 97% dei bandi pubblicati dalle PA era di tipo tradizionale, cioè
di “sola esecuzione”, con un peso del 78% sugli importi totali in gara. Dieci anni dopo, nel
2011, queste quote sono scese al 74% dei bandi pubblicati e al 32% degli importi messi a
gara. Specularmente, i nuovi mercati pubblici sono passati dal rappresentare il 3% delle gare
e il 22% degli importi nel 2002, al 26% delle gare e il 68% degli importi nel 2011.
80
85
90
95
100
105
2010 2011 2012 2013 2014 2015
Rinnovo Investimenti Nuovo
-0,3% -0,9%
+0,8%
+0,2% -4,5%
-2,6%
-6,6%
-11,0% -1,0%
CRESME RICERCHE 2012
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Figura 43 – Quota percentuale dei nuovi mercato sul totale di opere pubblica messe a bando
Fonte: Cresme Europa Servizi
21,7%
48,7%
64,6% 68,1%
3,0% 7,5%
24,5% 25,5%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
2002 2006 2010 2011
Importi
Numero
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