Università degli Studi di Università degli Studi di SalernoSalerno
5 novembre 20095 novembre 2009
Frammenti di modernità riflessiva: parole chiave
Paola di Nicola Università degli Studi di Verona
PreamboloPreambolonuovo lessico nel socialenuovo lessico nel sociale
Vi sono parole che circolano nella società contemporanea
apparentemente lemmi isolati ma in realtà trama ed ordito di un nuovo discorso sulla modernità, che riallaccia e connette in forme nuove le relazioni tra
individuo e individuo, tra individuo e società, tra istituzioni e società
affiorano nuove utopie che a partire da una critica degli effetti voluti e non voluti della
modernità, consentono di delineare tendenze e derive di una società – la nostra – che una volta esaurito tutto il suo potenziale
innovativo e generativo di nuove forme sociali è alla ricerca affannosa di soluzioni per
problemi ai quali è sempre più difficile riuscire a dare una risposta, rimanendo all’interno del
pensiero e della logica dominanti
le nuove utopie non sono un progetto conchiuso, articolato e connesso:
sono un insieme di frammenti di un pensiero riflessivo e critico che
ripercorre i topoi salienti e costitutivi della modernità
mettendone in evidenza limiti, contraddizioni, parzialità, effetti perversi
in quanto frammenti di discorso le nuove parole non sono esplicitamente e
chiaramente connesse eppure
tutte convergono verso nuove e diverse utopie
all’interno di nuovi e diversi paradigmi
nel tentativo di enucleare gli elementi costitutivi del nuovo discorso sulla
modernità la logica della contrapposizione consente di
evidenziare luci ed ombre di un modello di sviluppo - quello occidentale –
che attualmente sembra abbia imboccato una tendenza involutiva
come l’aumento di guerre, violenze e povertà sembra confermare
in tale sforzo di chiarimento teso a mettere in evidenza connessioni e legami a volte
latenti, il concetto di
relazione di cura costituisce quel filo conduttore che
consente di mettere in evidenza ciò che nel nostro modello di sviluppo è stato
lentamente e progressivamente compresso, espunto, messo in latenza
ma ciò che è stato dimenticato, se non esplicitamente esorcizzato, ha creato molte delle condizioni che oggi stanno erodendo la stabilità dei nostri sistemi
sociali: la dimensione
essenzialmente ed esistenzialmente relazionale
dell’esperienza umana e della vita sociale
La dimensione latenteLa dimensione latente della cura della cura
si definisce la cura come quella dimensione di vita che rinvia a pratiche sociali (azioni
intenzionali) e forme comunicative caratterizzate da
accudimento, sollecitudine, preoccupazione, protezione, attenzione, rassicurazione
di e per qualcunola cura è un’attività squisitamente relazionale
che trova il suo archetipo simbolico e materiale
nella relazione madre-figlio
relazione in cui le possibilità e probabilità di vita del bambino dipendono
– sin dal momento del concepimento – dal suo essere
oggetto di cura da parte della madre
relazione di cura che rende possibile la vita biologica, affettiva, intellettiva del
bambino e come tale elemento costitutivo del suo essere ed esserci nel mondo
relazione di dipendenza e legame sociale che tutti gli uomini sperimentano,
indipendentemente dal sesso, in quanto tutti sono nati di e da donna
eppure tale relazione costitutiva dell’esistenza umana, è stata oggetto di
una regolare e sistematica azione di rimozione sociale:
confinata nel privato, ha assunto il tono ed il significato di una sostanziale privazione, di un dis-valore, di una mancanza che si sono riverberati anche sul soggetto sociale
che della cura è il simbolo oltre che la depositaria: la donna
introdurre, nell’analisi critica di alcuni dei processi sociali costitutivi della modernità,
tale dimensione compressa e rimossa consentirà di trovare
un filo conduttore che lega fatti, processi e dinamiche apparentemente distanti,
sconnessi e slegatima che fanno parte di un nuovo discorso
sulle tendenze evolutive della società contemporanea
Cura Cura vsvs prestazione prestazione
in quanto pratica relazionale (di apertura all’altro e di accettazione della
dipendenza) la cura si contrappone alla prestazione
a quella pratica comportamentale totalmente centrata sull’IO, su un attore
sociale il cui successo e la cui realizzazione sono sempre il risultato di un
confronto/competizione con l’altro
alla logica della dipendenza si sostituisce la logica della competizione
all’accettazione del legame si sostituisce l’accettazione del conflitto e della primazia come condizione normale ed auspicabile
nelle relazioni interpersonali
la vita affettiva e relazionale, la cura dei legami sociali diventano pastoie,
impedimenti per una realizzazione personale che si realizza nei territori del
consumo e del successo economico
la desertificazione del sociale, tuttavia, produce un bisogno crescente di legami, di
radicamento, di connessione che né esperti né farmaci, né sostanze che
generano dipendenza possono soddisfare
la desertificazione del sociale non solo introduce elementi di imbarbarimento
delle relazioni interpersonali ma genera un forte senso di solitudine e isolamento
che alimenta, a sua volta, il sempre più diffuso senso di
incertezza, insicurezza e vulnerabilità sociale
Etica della cura Etica della cura vsvs utilitarismo utilitarismo
riconoscere come componente essenziale ed esistenziale della condizione umana
l’esperienza della dipendenza, del legame sociale, della cura
apre ad un’etica della responsabilità che concepisce il sociale come uno spazio di
interdipendenze, di legami, di connessioni reciproche e interpersonali, al cui interno la ‘vita di mio fratello’ molto dipende da ciò che io faccio o mi astengo dal fare
l’etica della cura si contrappone ad un’etica utilitaristica, competitiva e
individualizzante, che massimizza il mero interesse individuale a scapito
dell’interesse collettivo
tramonta il concetto di bene comune (che rimanda al concetto di equità), sostituito dal più moderno concetto di benessere
individuale, misurato dall’accesso al consumo
si delegittima il concetto di ‘sociale’ come rete di interdipendenza protettiva e si
diventa cittadini in quanto consumatori, non per appartenenza ad una comunità
politica
il welfare state viene messo da parte come modello di società desiderabile e verso cui
tendere, come progetto di una società sempre più inclusiva, fondata su un’etica della responsabilità di natura relazionale
la distanza tra ricchi e poveri sia a livello inter che intra nazionale
cresce alimentando livelli sempre più elevati e
insostenibili di vulnerabilità sociale
violenza e povertà si saldano strettamente, in un circuito di reciproca auto-
alimentazione
Riconoscimento Riconoscimento vsvs individualizzazioneindividualizzazione
riconoscere come componente essenziale ed esistenziale della condizione umana
l’esperienza della dipendenza, del legame sociale, dell’essere stato e dell’essere
ancora oggetto di cura, significa riconoscere che tutti i processi sociali di
individualizzazione, di costruzione dell’identità, di autoaffermazione sono
intrinsecamente relazionali
l’Io acquista coscienza di sé, si individualizza, si autoafferma
nella dialettica ego-alter in quanto è solo la presenza di un alter
come riflesso del sé (fusione) e differenza da sé (separazione) che crea fiducia in sé
stessi ed autonomia:
la fiducia in sé stessi costituisce il trampolino di lancio per
l’autoaffermazione
l’autoaffermazione è tale solo se è socialmente riconosciuta dagli altri,
l’autoaffermazione alimenta la fiducia in sé stessi
l’individualizzazione non è un mero processo di potenziamento e affermazione
della capacità-abilità individualiè un riconoscimento di tale
potenziamento e affermazione da parte di altri
l’esaltazione dell’individualizzazione come processo di autorealizzazione personale
misurato da successo economico e supremazia fomenta nuove e sempre più
ampie aree di disprezzo sociale in cui si muovono vecchi e nuovi attori
sociali (poveri, immigrati, emarginati, esclusi, minoranze discriminate) che
aprono il fronte del riconoscimento della dignità della loro vita e dei loro contesti di
appartenenza
lotte per il riconoscimento che non si possono vincere con la mera inclusione nel
mercato del consumo e delle merci
- perché le risorse stanno diminuendo- perché le richieste di riconoscimento
riguardano non solo gli aspetti economici, ma anche quelli dei diritti, delle diversità culturali e della dignità della persona
lotte per il riconoscimento che, tuttavia, non si possono eludere
pena la rinascita di fondamentalismi religiosi, etnici e culturali
che alla logica comunicativa del riconoscimento sostituiscono
la logica violenta della sopraffazione
Dono Dono vsvs denaro denaro
riconoscere come componente essenziale ed esistenziale della condizione umana
l’esperienza della dipendenza, del legame, della cura, significa riconoscere che nel sociale beni e servizi non circolano solo per mezzo del denaro, che le relazioni
sociali non sono rette e regolate solo in base al principio dello scambio economico
e della reciprocità strumentale
anche le società avanzate inglobano sfere sociali al cui interno la
circolazione di beni e servizi non segue la regola degli scambi di
equivalenti, possibili tramite il mezzo simbolico di scambio per
eccellenza:il denaro
il denaro libera l’uomo dalla necessità di dovere soddisfare un bisogno ‘chiedendo’
ad un altro e confidando nella sua disponibilità
il denaro libera dai vincoli di dipendenza
il dono rende possibile lo scambio solo creando legami:
legando donatore e donatario in un vincolo di dipendenza reciproca che si regge sul
principio del debito
con la modernità, la sfera di circolazione del dono è stata paurosamente compressa da
un mercato ed un’economia, che mentre hanno ampliato la rosa dei bisogni
che possono essere soddisfatti tramite l’acquisto di beni e servizi
hanno altresì avuto la pretesa di diventare paradigmi di riferimento per l’azione
individuale e collettiva
razionalità strumentale da una parte, produttività e ricchezza dall’altra
sono diventati parametri rispetto ai quali misurare e valutare
la performance sociale degli attori la capacità delle istituzioni di mediare e
connettere azione individuale e azione collettiva
il livello di sviluppo di una società, di una collettività
reddito pro-capite e PIL sono diventati i due parametri di riferimento
in base ai quali si fa il rating della qualità della vita di una collettività
ponendo individui e società lungo un continuum che va
dal minore al maggiore livello di sviluppo
in nome della produttività e della razionalità strumentale ai paesi in via di sviluppo
– definiti tali rispetto al nostro modello! – sono stati imposti dei livelli di crescita che, indifferenti alle altre forme di razionalità e
di circolazione di beni e servizi, stanno creando un gap sempre più grande in
termini di ricchezza (individuale e collettiva) ed in termini di opportunità di
vita tra paesi ricchi e paesi poveri
gap che alimenta non solo la grande trasmigrazione di uomini e donne, ma
anche la spirale delle guerre, delle violenze, dei fondamentalismi
recuperare la dimensione del dono non significa tornare ad un’economia del
baratto e della sopravvivenza
significa riconoscere che il livello di sviluppo di una nazione non si misura solo dalla sua ricchezza materiale, ma anche da quanto di questa ricchezza sia stata
ridistribuita a livello sociale
redistribuzione che crea le condizioni per una ‘buona vita’ per un numero sempre
più elevato di persone
redistribuzione che crea i presupposti per una più equa distribuzione delle
opportunità di vita che è sempre causa ed effetto di pace e
benessere
Capitale sociale Capitale sociale vsvs individualismo individualismo privatisticoprivatistico
riconoscere come componente essenziale ed esistenziale della condizione umana
l’esperienza della dipendenza, del legame sociale, della cura, ha ridato vigore a tutte quelle voci critiche che hanno sottolineato
la parzialità del ‘ragionare’ olistico o individualistico
tali ‘voci’ hanno messo in evidenza che nell’analisi dei meccanismi che sono alla base dell’integrazione sociale e sistemica
vi è qualcosa che non può essere ricondotto solo
alla conformità ai ruoli (per quanto riguarda il comportamento dell’attore sociale)
e alla differenziazione funzionale, per quanto riguarda il funzionamento delle
istituzioni
questo ‘qualcosa’ in anni recenti è stato ricondotto entro il campo semantico del
concetto di capitale sociale
il capitale sociale è una risorsa a disposizione di individui ed istituzioni che
si ‘produce’ attraverso relazioni socialiè il risultato di specifiche configurazioni
relazionali che producono esternalità positive per il soggetto e per le istituzioni
si dà capitale sociale -laddove e quando l’esternalità positiva è contemporaneamente sia individuale che
collettiva - laddove e quando l’interesse individuale
rafforza quello collettivo e viceversa
Il capitale sociale ha bisogno, come condizione per la sua produzione, di
relazioni fiduciare, attive sia nella sfera privata interpersonale che nello spazio
interistituzionale
il capitale sociale in quanto bene relazionale è un antidoto contro l’individualismo
privatistico che ha eroso gli spazi della società civile
E ha ridotto lo spazio dell’agorà, come luogo di discussione e dibattito di problemi
personali e privati che possono ambire a qualche soluzione solo una volta che siano
stati condivisi, discussi e quindi generalizzati
il capitale sociale come dinamica relazionale che riconnette e
riattiva legami socialicontrasta gli effetti di un individualismo
privatistico che non solo ha determinato la caduta dell’uomo pubblico
ma ha anche desertificato gli spazi di interscambio comunicativo, lasciando
l’uomo da solo a fronteggiare le sfide e i problemi della società globale
l’ampliamento della sfera privata porta inevitabilmente ad un arretramento della
politica (intesa come gestione del bene comune)
il cui spazio viene occupato da un mercato che detta norme a tutte le sfere sociali:
competizione, privatizzazione, produttività e de-regolazione diventano le nuove parole
d’ordine che – si dice - faranno uscire dalla crisi il nostro modello di sviluppo
Emozioni Emozioni vsvs competenze cognitive competenze cognitive
riconoscere come componente essenziale ed esistenziale della condizione umana
l’esperienza della dipendenza, del legame sociale, della cura ha portato, infine, ad
una rivalutazione della componente affettiva ed emotiva dell’azione umana, contro la componente eminentemente
cognitiva
si riscopre la centralità delle emozioni, del coinvolgimento
la tensione al dispendio contro la parsimonia nel legame affettivo ed
emotivo con gli altri e le cose
la centralità della conoscenza di senso comune come esito di pratiche
comunicative che ridimensionano il ruolo della conoscenza tecnico-scientifica come mezzi per il controllo della natura interna
ed esterna
non si assiste ovviamente ad una demonizzazione del sapere tecnico-
scientifico in nome di un irrazionalismo di stampo arcaico
ma solo ad una sua delimitazione entro confini precisi e delimitati
con la consapevolezza che le nuove sfide etiche di una società che ha trasformato in immanenti tutti i principi di legittimazione e di autorità, non possono essere raccolte
solo dalla scienza
si riscopre la distinzione tra giusto e vero
tra verità ed opinione tra buono e corretto
tra conoscenza e interesse: concetti che rinviano a dimensioni conoscitive che non possono essere
ricondotte tutte all’interno del paradigma della sciente positive
Verso nuovi paradigmi Verso nuovi paradigmi
La crescente attenzione alle dinamiche relazionali è stata resa possibile dall’assunzione di nuovi e diversi
paradigmi conoscitivi, dall’emerge di approcci conoscitivi che si pongono al di là
della dialettica individualismo-olismo metodologico
Il riferimento va all’approccio relazionale che fa della
relazione sociale l’elemento costitutivo del reale e strumento di analisi
al paradigma di rete (analisi strutturale) che vede e legge la società come rete e
vede gli attori sociali inseriti in strutture di rapporti e le dinamiche sociali come esito
di particolari configurazioni relazionali
ma esiste anche quello che viene definito un
terzo paradigma una prospettiva critica di analisi degli effetti perversi della modernità e della
generalizzazione da essa compiuta della razionalità strumentale, dell’interesse e
dell’utilitarismo che si apre a nuove e diverse utopie
il recupero del dono come strumento di scambio e di connessione tra individui
legati da vincoli reciproci di debito diventa il lessico di un nuovo mondo
diventa il punto di partenza del Movimento antiutilitarista nelle scienze
sociali (che non a caso sceglie come acronimo
MAUSS)
i nuovi utopisti ritengono che siano possibili altri modelli di sviluppo,
diversi da quello capitalistico-industriale occidentale
che sia necessario recuperare una dimensione etica all’economia e riabilitare
la politica come sfera del bene comune per promuovere nuovi e diversi processi di
inclusione sociale, di promozione di migliori opportunità di vita per quote
crescenti di popolazione mondiale
i nuovi utopisti ritengono che sia necessario dare ai singoli Paesi reali possibilità di
autodeterminazione riducendo le povertà estreme e le
disuguaglianze – veramente immorali –
che sono fertile terreno di coltura di guerre, terrorismo, violenza e fondamentalismi
Verso nuove utopieVerso nuove utopie
sono nuove utopie che tentano di caratterizzare in termini diversi quel breve suffisso che sempre più frequentemente si
unisce alla parola modernità: post
un post che vuole guardare oltre la semplice radicalizzazione dei processi
della modernità forte della consapevolezza della necessità
di introdurre alcuni cambiamenti di rotta in un modello di sviluppo incapace di
fronteggiare la sfida dell’ambiente, della riduzione delle risorse, della crescita della
povertà e delle guerre
la rivisitazione critica di alcuni dei topoi forti della modernità
suggerisce che si è vicini al tramonto di una società
al fallimento di una passata utopia che aveva sognato di potere coniugare
uguaglianza ed equità benessere collettivo e benessere
individuale solidarietà e competizione
ma tale rivisitazione suggerisce altresì che un altro mondo è possibile
che le linee di sviluppo non sono ineluttabili sino a quando ci saranno uomini e donne
ancora capaci di apprendere dai propri errori
e dotati della forza di ragionare riflessivamente
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