2 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Fabio Lametti
Enrica Sonnetti
Illustrazioni di
Remola Rossi
3 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Agli amici che,
apprezzando le prime storie di Berto, ci hanno
incoraggiato a proseguire.
Il secondo volume continua nel racconto delle storie
di Berto … storie più complesse ed avvincenti, che
crescono un po’ come Berto e come i bambini a cui
vengono raccontate.
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Le terre dei Monti Verdi non finivano mai di
affascinare, non solo per l’abbondante e
variegata vegetazione, ma anche per le rocce
che assumevano forme e colorazioni
particolari con il variare della luce e delle
stagioni e perciò ovunque, e magari senza
aspettarselo, ci si poteva trovare davanti ad
uno spettacolo mozzafiato.
Di là dal fiume Tempestoso c’era una viuzza
tortuosa che offriva al viandante occasionale
un bellissimo paesaggio, ma bisognava
essere molto curiosi per scoprire proprio lì
vicino un luogo d’incanto.
A pochi passi dalla strada, mimetizzata tra la
vegetazione, c’era una specie di galleria
naturale dove la roccia appariva levigata
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dall’azione del vento e dell’acqua e sembrava
essere stata modellata da abili mani come in
un gioco con la creta.
Ora già in questa galleria si aveva un senso
di maestosità e di mistero, quasi fosse un
luogo sacro che bisognava rispettare, ma
queste sensazioni ingigantivano uscendo
dalla parte opposta quando, quasi
improvvisamente, ci si trovava nel bel mezzo
di un bosco molto antico.
Era questo uno di quei luoghi che da sempre
avevano attirato la curiosità di Berto il quale
però, suo malgrado, aveva ogni volta finito col
rinunciare ad esplorarlo per le
raccomandazioni del nonno che, da persona
prudente, gli aveva sempre consigliato di non
andarci.
Quel luogo, infatti, non era frequentato da
nessuno degli abitanti di Borgo Quercia
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perché tutti erano intimoriti dai racconti sui
fatti strani che vi accadevano, a cui non
sapevano dare una spiegazione verosimile.
Avevano finito perciò col pensare alla
presenza di creature misteriose che nessuno
aveva mai visto, delle quali da generazioni e
generazioni ormai si diceva che fossero molto
dispettose e che mal tolleravano estranei,
così, il buon senso e un po’ di timore,
avevano convinto tutti che fosse meglio non
andare a ficcarci il naso.
Quell’anno però l’inverno stava regalando una
stagione così mite come da decenni non
avveniva e Berto, che dopo l’estate aveva
girato in largo e in lungo tutta la montagna,
non seppe resistere alla forte tentazione di
avventurarsi anche in questo luogo.
Così un giorno, vincendo ogni ritrosia,
convinse i suoi amici Teo e Tobia ed insieme
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oltrepassarono quella specie di galleria.
Istantaneamente si trovarono in un paesaggio
da favola: le foglie degli alberi, in gran parte
cadute, avevano ricoperto il suolo con i loro
colori caldi dal giallo al marrone bruciato. Gli
alberi erano assai vecchi, alcuni erano caduti
a terra e lentamente marcivano, tantissimi
erano ricurvi e sempre di forma strana. Altri
erano cavi all’interno e potevano avere una
sola apertura in alto oppure anche alla base.
L’insieme di queste insolite meraviglie fece
sentire Berto e i suoi amici come fuori del
tempo, improvvisati protagonisti di una favola
che stava per cominciare.
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L’incanto che per un po’ li aveva paralizzati
presto svanì e i tre, guardandosi negli occhi
come a darsi un segnale d'intesa,
cominciarono a correre e a tuffarsi in mezzo a
quelle foglie secche che sotto ai loro passi
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scricchiolavano piacevolmente. Si rotolarono
come maialini fino ad essere esausti, poi per
riposarsi si misero a sedere su un tronco
caduto e allora si accorsero della vita che
animava quel bosco.
C’erano uccelli in gran quantità che
svolazzavano tra i rami, scoiattoli che
entravano ed uscivano dalle cavità degli
alberi, ma la meraviglia più grande fu vedere
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tantissime farfalle dai colori variegati e dalle
forme più rare che con grande leggerezza ed
eleganza si muovevano nell’aria con l’effetto
di una manciata di coriandoli.
Per un bel pezzo stettero a guardare
soddisfatti dentro di loro di aver intrapreso
quell’avventura e convinti che, se era un vero
peccato non averci pensato prima, da quel
momento in poi sarebbe diventata la loro
principale attrattiva e avrebbero recuperato
ben presto il tempo perduto.
Ad un certo punto però Berto sentì nel sedere
un pizzicotto che lo fece scattare in piedi.
Pensò che fosse stato un insetto, ma l’albero
era pulito e non si vedeva niente. Allora se la
prese con Teo che aveva cominciato a ridere
e che però negava in ogni modo di essere
l’autore di quello scherzetto.
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Ci fu un breve litigio, ma poi i tre amici
proseguirono la loro esplorazione
dimenticando ben presto l’accaduto.
Ad un certo punto Berto vide un albero
maestoso, con i rami quasi spogli nodosi e
contorti, dal tronco grandissimo che aveva
un’apertura all’inizio dei rami e un’altra alla
base, all’interno c’era dunque un grande
cunicolo. Berto non resistette, decise di
volersi arrampicare fino al ramo più alto per
scoprire cosa si vedesse da lassù. Anche Teo
e Tobia furono d’accordo e cominciarono a
salire sul tronco uno dopo l’altro. Berto era il
primo ed era arrivato quasi alla diramazione
del tronco, quando inspiegabilmente perse la
presa e cadde sopra i suoi amici trascinandoli
a terra.
Che capitombolo!!!
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Teo che era rimasto sepolto sotto il peso di
Tobia si sentiva tutte le ossa spappolate,
Tobia aveva un braccio tutto dolorante e
Berto, che aveva avuto la caduta attutita
perché era rotolato sopra gli altri due, aveva il
naso graffiato e sanguinante. Ma più che per
il dolore, si sentirono smarriti per il modo
banale in cui erano caduti. Allenato ed abile
com'era - pensava Berto - come poteva
essere scivolato così stupidamente? Volle
subito riprovare, ma il risultato fu anche più
deludente: la presa si mostrò insufficiente
ancor prima di essere salito nel punto della
volta precedente.
Allora volle provare Teo, ma successe la
stessa cosa. Poi fu la volta di Tobia che
cadde ancor più rovinosamente.
Increduli e doloranti decisero mestamente di
tornare a casa e di farci sopra una bella
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dormita, rimandando le arrampicate al giorno
successivo.
Ma la notte per i nostri fu tutt’altro che
tranquilla. Berto, in particolare, fu molto
agitato e solo la grande stanchezza lo fece
rimanere nel suo letto nonostante tutto: le
coperte gli scivolavano via continuamente,
sotto la pianta dei piedi sentiva un solletico
insopportabile, poi nell’aria ogni tanto
avvertiva l’eco di una grande risata che a
mano a mano si affievoliva. Accendendo la
luce, tutto apparentemente era tranquillo e
normale. Quella notte fu interminabile.
L’indomani Tobia e Teo, che avevano
trascorso una nottata simile a quella di Berto,
avrebbero voluto rimanersene buoni buoni a
Borgo Quercia, ma Berto non voleva darsi per
vinto e dopo un breve discorsetto di
incoraggiamento, più rivolto a Tobia che a
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Teo, convinse gli amici a continuare
l’avventura, felice in cuor suo di non essere
lasciato da solo.
Così, più solidali che mai, tornarono nel
bosco e Berto andò subito alla ricerca di un
albero cavo su cui salire.
In pochi attimi si arrampicò velocemente e
stava per dire: “Visto come si fa!” quando di
nuovo si verificò la scena del giorno
precedente.
Provarono e riprovarono tutti e tre, ma il
risultato ogni volta fu un bel ruzzolone. Era
come se una mano invisibile aprisse le loro
dita o come se nei punti di presa fosse
spalmato del grasso e perciò nessuno dei tre
riusciva a salire senza cadere subito a terra
con un gran tonfo.
Dopo un po’, mentre increduli si guardavano,
Tobia cominciò a sentire nelle orecchie un
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ronzio sempre più fastidioso, Teo, che in un
primo momento si burlava di Tobia dicendogli
che era un gran fifone, cominciò a sentire sul
viso degli schiaffetti e contemporaneamente
si sentiva tirare i capelli. Eppure non c’era
nessuno, Berto cercava di calmarli e di
minimizzare per non far precipitare la
situazione, quando improvvisamente mentre
si stava dirigendo verso i due amici inciampò
e cadde. Non si fece un gran male, ma subito
lo colse un misto di rabbia e di spavento: non
c’erano sassi o sporgenze su cui avesse
potuto urtare con il piede, né lui e i suoi amici
erano così maldestri da incorrere in tutti
quegli incidenti che si erano verificati da
quando erano entrati in quel bosco.
Di certo i timori della gente non erano
infondati e tutti e tre erano ormai convinti che
avevano a che fare con eventi straordinari,
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però, mentre Teo era un po’ timoroso e non
avrebbe voluto insistere per non provocare
qualcuno che non conosceva e Tobia
insisteva per andarsene di corsa senza
cercare tante spiegazioni, Berto sentì più forte
che mai il desiderio di conoscere cosa si
nascondesse dietro quei fatti misteriosi.
Il bosco era così bello che abbandonarlo e
non tornarci più sarebbe stato un vero
peccato, ma capì che da solo non sarebbe
giunto a nessuna risoluzione. Fu allora che,
dopo aver parlato con Teo e Tobia, pensò di
ricorrere ancora una volta al suo amico mago.
Strinseil talismano che aveva con se pensò
intensamente a Betta.
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Non passò molto tempo
che la civetta cominciò
a svolazzare intorno ai
tre ragazzi, poi li guidò
fino al rifugio dove si
trovava Ariberto, nella
“Torre del mago”
situata vicino al paese.
Lì Ariberto era come al
solito al lavoro e,
nonostante il gran da
fare, fu molto felice di
rivedere i ragazzi.
La mattinata era ormai inoltrata e una bella
colazione era proprio ciò che ci voleva per
tirar su il morale dei tre amici così, prima che
questi potessero aprir bocca, Ariberto disse:
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“Colazione o merenda purché fame non vi
prenda!”
“Pancino, pancino gustati questo panino!”
“Pancia, pancina gustati questa tartina!”
Tre colpi di bacchetta magica e subito
apparve un grande vassoio ricolmo di
ghiottonerie: panini fragranti, fette di salumi di
ogni genere, formaggi, tartine con salse varie,
fragole, ciliegie e bibite colorate, il tutto
disposto in modo così invitante e armonioso
da sembrare un miraggio. Bisognava essere
proprio insensibili per non lasciarsi tentare da
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quelle squisitezze, ma non era il caso dei tre
ragazzi che, dimenticando le loro
disavventure, avevano divorato il vassoio e
tutto ciò che conteneva con gli occhi, già
prima di aver allungato le mani.
Ristorati abbondantemente e rinfrancati dalla
presenza di Ariberto, raccontarono la storia
del bosco al mago che, dopo averli ascoltati,
esclamò:
“Ma ragazzi cari, quello è il bosco dei mille
folletti e sono loro che per difendere il
territorio da qualsiasi intruso vi hanno giocato
quegli scherzetti ricorrendo ai poteri magici!”
“I poteri magici?” Esclamarono in coro
meravigliati Berto, Tobia e Teo. “Credevamo
che solo tu potessi servirti della magia!”
“In quel bosco – cominciò a spiegare il mago
Ariberto – vi sono delle creature chiamate
folletti, sono piccoli come bambini, hanno un
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aspetto chiaro e luminoso, sono vestiti di
rosso o dei colori pastello, in testa portano un
berrettino con i sonagli e ai piedi calzano
delle scarpette di vetro, hanno anche le ali
perciò si muovono con estrema leggerezza
per gli spazi aerei. Sono burloni e dispettosi,
ma non sono di natura cattiva, anzi hanno
un’indole gioconda però, se decidono di
diventare molesti, sanno essere molto
fastidiosi e si permettono scherzi anche di
pessimo gusto. Sotto il loro aspetto infantile si
nasconde una grande sapienza: conoscono il
futuro e sono bravissimi a trovare i
nascondigli dei tesori. Se infastiditi, possono
prendere dimora nelle case degli uomini e
allora sanno essere veramente insopportabili.
Gli uomini non li possono vedere, ma penso
che abbiate capito tutti e tre che ci sono,
eccome!!!
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Perché possiate vederli, ci vorrebbe una
magia che io potrei fare, ma… a patto che voi
poi abbiate grande rispetto di loro.”
Subito i ragazzi si mostrarono entusiasti e si
affrettarono a promettere ciò che il mago
aveva chiesto loro.
“Allora – disse Ariberto – dovete cercare sotto
la quercia del paese la ghianda più grande,
toglietele la cupola lasciandoci il peduncolo,
dentro metteteci della cera d’api e uno
stoppino ricavato da una spiga di lavanda. Poi
fatevi aiutare da nonna Natalina a trovare
dell’assenzio, un’erba speciale che lei ben
conosce, fatela ben seccare, poi tritatela
finemente e aggiungetela alla cera d’api in
quella specie di tazzina ricavata dalla
ghianda. Quando il tutto sarà pronto, avrete
una piccola candela magica che porterete con
voi nel bosco. In prossimità degli alberi che
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v'interessano, accendetela pronunciando per
ben sette volte la seguente formula:
- Folletto, folletto fai vedere il tuo musetto! –
Vi appariranno tutte le creature del bosco, le
loro dimore, vedrete il loro re che si chiama
Bricco e lui vi spiegherà le regole del bosco:
ascoltatelo!”
Detto questo il mago s'intrattenne ancora un
po’ con i ragazzi, poi li congedò augurando
loro una buona riuscita. Berto e i suoi amici,
rassicurati dalle parole e dai consigli di
Ariberto, tornarono a casa felici e impazienti
di poter tornare alla loro avventura. Ben
presto, con l’aiuto di nonna Natalina, i tre
ragazzi prepararono la candelina e quindi
eccoli di nuovo nel bosco. In prossimità di un
albero cavo Berto, attenendosi alle istruzioni
del mago, accese la candelina e pronunciò
per sette volte la formula magica.
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Subito apparvero decine e decine di folletti
intenti nelle loro febbrili attività. Lo scenario
non era più quello di prima, infatti il paesaggio
si era arricchito di prati in fiore, di tante casine
che sembravano fatte d’oro e di cristallo e
tutt’intorno si diffondeva una musica molto
gradevole. I ragazzi rimasero fortemente
impressionati finché si fece avanti re Bricco
che, sopra al cappellino con i sonagli, aveva
una bellissima corona d’oro tempestata di
minuscole pietre preziose.
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Questi per prima cosa chiese chi avesse
svelato loro la magia che concedeva il potere
di vedere il mondo dei folletti, poi con tono
burbero sentenziò che i folletti non tolleravano
essere disturbati dagli uomini, proprio per
questo tutta la comunità si era mobilitata per
non farli salire sugli alberi e per scoraggiarli
nella loro impresa e perciò sarebbe stato
meglio per loro che se ne fossero andati in
fretta.
Berto sbalordito ancora di più alle parole di
Bricco, cercò d'essere gentile e assicurò che
lui aveva rispetto per tutti loro e non capiva
perché, insieme ai suoi amici, non potesse
entrare nel bosco, soprattutto gli dispiaceva
essere trattato come un nemico, proprio lui
che amava tutti gli animali e la natura, però
disse anche con fermezza che non voleva
rinunciare alle sue esplorazioni.
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Il re Bricco allora s'infuriò e, sempre più
sgarbatamente, gli intimò di non tornare, poi
pian piano la sua immagine e tutto il resto
andarono affievolendosi finché tutto
scomparve e il bosco tornò ad essere quello
di prima: la candelina di ghianda si era
esaurita facendo cessare l’effetto della magia.
Le cose straordinarie che continuavano ad
accadere non scoraggiarono più i tre ragazzi
che, anzi, nei giorni seguenti si organizzarono
per esplorare meglio il grande albero cavo da
cui tutti e tre erano caduti. Prepararono un
altro guscio di ghianda con dentro gli
ingredienti magici e tornarono nel bosco.
Ormai però i folletti erano ben preparati e
pronti ad attenderli, si erano organizzati con
un sistema di vedette che davano l’allarme
all’avvicinarsi dei ragazzi e avevano
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predisposto per i tre intrusi un bello
scherzetto!
In prossimità dell’albero cavo, c’erano tante
fragoline di bosco dall’aspetto appetitoso. I
folletti vi avevano cosparso sopra della
polvere di prugne e un’erba misteriosa
sminuzzata finemente che aveva proprietà
purgativa. Erano sicuri che Berto Teo e Tobia
sarebbero stati attirati da quei frutti saporiti e
infatti, appena i tre ragazzi videro le fragoline,
cominciarono a mangiarle di gusto, fino a non
poterne più.
Dopo la bella scorpacciata, entrarono
nell’albero cavo, accesero la candelina
magica e cominciarono a salire. Lì dentro non
c’era traccia di folletto ma, all’improvviso la
cavità da cui erano entrati venne chiusa con
della sterpaglia e proprio in quel momento i
ragazzi cominciarono a sentire un forte mal di
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pancia. Dopo pochi minuti non riuscirono più
a contenersi e, all’interno del povero albero, ci
fu un’esplosione di gas puzzolenti e forti
rumori…indescrivibili!!!
La purga stava facendo effetto! E che effetto,
a valutare dall’abbondanza e dall’odore! I tre
sentirono tra loro un forte imbarazzo, anche
perché erano nell’impossibilità di muoversi
senza peggiorare la già critica situazione e i
gas pestiferi rendevano la poca aria che c’era
sempre più irrespirabile!
A quel punto l’apertura dell’albero venne
liberata ed apparve re Bricco con aria
beffarda. Annusò facendo una smorfia di
disgusto poi, tappandosi il naso, chiese ai
ragazzi se la lezione poteva bastare o se i
folletti dovevano procedere nel piano.
Berto, che continuava ad avere un gran mal
di pancia, disse che la cosa migliore per tutti
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era almeno una tregua. Si poteva discutere,
arrivare a degli accordi e, perché no, ad
essere amici, anziché continuare a farsi
dispetti a vicenda.
Re Bricco ci pensò un attimo poi, divertito dal
tono supplichevole di Berto e dalle condizioni
in cui i tre si trovavano, disse:
“Sei davvero un ragazzo coraggioso,
sicuramente non ti perdi d’animo neanche in
casi estremi e poi sei anche simpatico, certo
però che dovresti specchiarti per vedere
quanto sei buffo! Io accolgo volentieri la tua
proposta, ma d’ora in poi tutti e tre dovrete
ricordare che i folletti possono in ogni
momento giocarvi altri scherzetti anche più
cattivelli di questo! Io ti dirò su quali alberi
potrete giocare e su quali no e tutto quello
che potrete fare senza arrecarci fastidio,
accetti le mie regole?”
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“Accetto, accetto!” Si affrettò a rispondere
Berto, mentre i suoi compagni assentivano
con lo sguardo.
Bricco, ridendo soddisfatto per la riuscita dello
scherzo, estrasse dal borsello che teneva
allacciato alla cintura dei pezzetti di radice, li
diede ai tre amici invitandoli a succhiare.
Nel giro di pochi minuti, il mal di pancia passò
e i ragazzi si sentirono subito bene, non svanì
invece il cattivo odore e tutto quanto era
rimasto nell’albero e dentro i loro pantaloni!!!
Poi, sempre un po’ imbarazzati per le loro
condizioni, suggellarono il patto con Bricco
con una calorosa stretta di mano, quindi
salutarono lui e gli altri folletti, che nel
frattempo si erano affollati tutti attorno, e
corsero subito verso il fiume per lavarsi.
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Questa volta né Berto, né i suoi fedeli
compagni ebbero voglia di raccontare
l’avventura in paese, al contrario, se ne
guardarono bene! In compenso però
divennero amici di tutti i folletti, da allora
rispettarono sempre le regole e poterono
frequentare il bosco tranquillamente facendo
tante altre scoperte e divertendosi un mondo.
31 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tra le tante storie che nonna Natalina amava
raccontare ai bambini, ma anche a qualche
forestiero di passaggio, ce n’era una
antichissima e
struggente che ogni
volta faceva
commuovere vecchi
e giovani: quella di
Gedeone, un re
molto valoroso,
giusto e beneamato
dai suoi sudditi, il quale aveva fatto costruire,
su un’altura al di là del fiume Tempestoso, un
castello con una torre altissima dalla quale si
potevano avvistare tutti quelli che si
avvicinavano alle sue terre.
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Al re, quando
ormai era piuttosto avanzato nell’età, era nato
un figlio che aveva chiamato Marco.
Il bambino era bellissimo e, guidato dagli
insegnamenti del padre che lo amava
33 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
immensamente, era cresciuto coraggioso e
generoso, fin da piccolo aveva manifestato
una grande sensibilità per la sorte dei suoi
sudditi, così anche lui era quasi venerato
come il padre. In guerra contro i nemici aveva
più volte dato prova del suo valore, dello
sprezzo del pericolo, del senso dell’onore ed
anche della generosità con i vinti. Durante i
periodi di tranquillità invece amava moltissimo
leggere i lunghi poemi che raccontavano le
imprese di eroi del passato.
Ma la serenità del re era turbata dalla profezia
di una perfida strega la quale gli aveva
preannunciato che mai suo figlio sarebbe
diventato a sua volta re. Gedeone, che
stravedeva per Marco, ogni tanto si rattristava
pensando al modo in cui la profezia della
strega avrebbe potuto avverarsi. Le fatalità
più terribili e angoscianti lo tormentavano nei
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momenti più inaspettati e tuttavia, avere
accanto quel figlio che diventava sempre più
bello e più bravo, era per lui una grande
felicità.
Intanto il tempo passava senza che nulla
accadesse, quando un giorno Marco, durante
una cavalcata con il suo destriero, si ferì ad
un braccio per essere passato di corsa troppo
vicino al ramo di un albero. Pensò allora di
dirigersi verso il fiume per detergere la ferita e
qui, mentre a piedi si stava avviando verso la
sponda, sentì una voce dolcissima che
cantava. Volgendo lo sguardo là, da dove
proveniva la voce, vide una fanciulla dai
capelli biondi e riccioluti intenta raccogliere
giunchi con i quali intrecciava dei cesti. La
sorpresa fu per entrambi grande e piacevole.
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Di lì a poco l’imbarazzo iniziale sparì e i due
cominciarono a parlare e a scherzare
allegramente.
Dopo un bel po’ di tempo Marco dovette
tornare a casa per non far preoccupare i suoi,
ma da quel giorno le passeggiate a cavallo si
fecero sempre più frequenti.
Gedeone aveva notato un cambiamento nel
figlio, spesso lo vedeva distratto e pensieroso
passeggiare nel castello, ma sempre con
un’aria di leggerezza e col sorriso sulle
labbra. Un po’ curioso, un po’ preoccupato,
chiese ai suoi fidi servi di scoprire cosa gli
stesse accadendo e questi non poterono
nascondergli ciò che ormai quasi tutti
sapevano: Marco era innamorato di una
giovane contadinella del paese.
Gedeone temette che quello potesse essere il
motivo per cui Marco non sarebbe diventato
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re: un principe doveva sposare una
principessa, o almeno una nobile, non una
contadina!
Allora, un po’ sollevato perché tra tutte le
brutte situazioni che si era figurato nella
mente quella gli sembrava la più semplice da
risolvere, parlò con grande affetto al figlio,
dicendogli che capiva bene i suoi sentimenti,
che li rispettava, ma lui era il figlio del re e
non poteva sposare una qualsiasi. A questo
proposito con molta fermezza lo avvertì che,
se non si fosse deciso subito a non rivederla
più, avrebbe fatto arrestare la giovane e
l’avrebbe imprigionata nella segreta della
torre per il resto della sua vita.
Gedeone, che era molto buono, mai avrebbe
fatto questo, il suo intento, infatti, era solo di
intimorire Marco e dissuaderlo da quella che,
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a suo parere, sarebbe stata una sventura per
lui e per tutto il paese.
Ma Marco prese molto sul serio il discorso del
padre e ne fu molto addolorato: non voleva
disubbidire, ma neanche separarsi da Chiara
che amava teneramente e tanto meno
arrecarle un dolore.
Passò alcuni giorni tormentandosi sulla
decisione da prendere, finché una sera tornò
al fiume e lì trovò Chiara che piangeva.
Le raccontò quanto era avvenuto, le giurò che
mai avrebbe amato qualcun’altra. La giovane
capì le ragioni di re Gedeone e provò, con la
morte nel cuore, a convincere Marco perché
facesse ciò che il padre gli aveva ordinato,
ma non fu ascoltata, anzi, Marco la strinse
forte a sé e allora entrambi capirono che non
si sarebbero mai separati.
38 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Insieme si diressero verso il castello, poi
senza farsi vedere da nessuno salirono sulla
grande torre e abbracciati si gettarono nel
vuoto.
Quando Gedeone seppe della morte dei due
giovani, fu certo che proprio lui aveva
permesso l’avverarsi della profezia della
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strega, così per il grandissimo dolore di lì a
poco tempo morì di crepacuore.
La leggenda narrava poi che il fantasma del
re vagasse per il castello senza trovar pace,
in preda al suo grandissimo rimorso e, una
volta all’anno, nel giorno dell’anniversario
della sua morte avvenuta nel mese di maggio,
compariva sotto sembianze evanescenti, ma
la sua presenza si sentiva in tutto l’arco
dell’anno in circostanze diverse.
Il castello, dopo la morte del re, era rimasto
disabitato e col passare dei secoli era andato
in rovina, mentre il paese che sorgeva alle
sue pendici aveva preso il nome di
Marcochiara, gli abitanti dei dintorni però
avevano finito col soprannominarlo Borgo del
fantasma.
Questo paesino, pochi anni prima che
nascesse Berto, era rimasto completamente
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abbandonato, non vi abitava più nessuno
perché via via i giovani avevano preferito
trasferirsi in luoghi più comodi o dove
potevano trovare migliori possibilità di lavoro.
Così anche quelle case avevano cominciato a
rovinarsi. Gli abitanti di Borgo Quercia
conoscevano tutti la storia e non amavano
aggirarsi tra quelle rovine perché avevano
grande rispetto del fantasma e forse anche un
po’ di paura.
Tutto era rimasto così per molto tempo fino a
che un giorno un grande costruttore, venuto
da una città vicina, fu colpito dalla bellezza
dei luoghi, tra l’altro, nei pressi dei ruderi,
scoprì che sorgeva un’abbazia costruita tra le
rocce e che a poca distanza c’era una
sorgente di acque termali.
Arsenio, questo era il suo nome, aveva uno
spiccato senso per gli affari e quindi pensò
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subito ai guadagni che avrebbe potuto
ricavare trasformando quelle case diroccate
in strutture per turisti. Decise quindi
rapidamente di acquistare tutto il paese,
contattando i legittimi proprietari che ormai
vivevano in città. Nella sua mente vedeva già
il disegno di una grande locanda che avrebbe
ospitato tanta gente, richiamata dalle bellezze
dei luoghi e dal clima fresco dell’estate.
Quando Arsenio espose i suoi progetti a
Borgo Quercia, trovò l’approvazione e il
sostegno di molti che vedevano in
quell’impresa un grosso vantaggio per tutti.
Solo nonno Gervaso rimase poco convinto.
Lui conosceva la vita e la gente e sapeva che
molte persone che vivono in città poco si
curavano del rispetto della natura e questo
Arsenio poi non gli piaceva per niente.
42 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Non potendo però opporsi Gervaso, che era
un po’ come il capo del villaggio, raccomandò
al costruttore, a nome di tutti, alcune norme
che avrebbe dovuto rispettare: non avrebbe
dovuto realizzare strutture troppo grandi o
troppo moderne stonate con quell’ambiente,
avrebbe dovuto fare attenzione a non
sporcare il fiume e, quando possibile, avrebbe
dovuto utilizzare manodopera locale. Arsenio
gli diede la sua parola, rassicurandolo su ogni
punto e così iniziarono i lavori.
Nel giro di poco tempo furono portati tutti i
materiali che occorrevano e, mentre alcuni
operai eseguivano dei lavori, altri
cominciarono a trattare il legname che serviva
per le strutture con il catrame mescolato con
delle polveri di chissà quale natura. La
mistura, che doveva servire a conservare
meglio il legno, veniva fatta amalgamare in
43 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
bidoni posti sul fuoco ed emanava vapori
terribili. Poi, quando questo lavoro fu ultimato
e ciò che rimaneva di quel catrame non servì
più, Arsenio trovò più conveniente e
sbrigativo ripulire i contenitori nel fiume
Tempestoso, tanto, secondo lui, la corrente
avrebbe portato via tutto.
Le limpide acque invece divennero scure e
sotto il Ponte della Pietra Antica gli abitanti di
Borgo Quercia videro tanti pesci morti che
galleggiavano a pancia in su.
44 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Fu uno spettacolo tristissimo che lasciò tutti
ammutoliti.
Nonno Gervaso infuriato si affrettò a cercare
Arsenio per chiedergli spiegazioni, ma questi
si mostrò infastidito e gli rispose in malo
modo che gli affari erano affari, che i lavori
dovevano procedere velocemente e che
qualche pesce morto non era poi la fine del
mondo, perciò non doveva seccarlo con
quelle lamentele.
Di fronte alla sfacciataggine di Arsenio, che
senza alcuna dignità veniva meno alle
promesse fatte, Gervaso sentì scatenarsi
dentro di lui tutte le furie e avrebbe voluto
prendere a calci quel lestofante ma, seppure
con grande sforzo, riuscì a trattenersi. Volle
però conoscere il parere di tutti gli abitanti e
prendere di comune accordo una decisione
sul da farsi. Ci fu un raduno generale nella
45 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
chiesa del paese e si arrivò ad una
conclusione unanime: gli operai di Borgo
Quercia non avrebbero più lavorato per
Arsenio, tutti gli altri, ognuno come meglio
poteva, avrebbero ostacolato il
proseguimento di quel piano così rovinoso e
scellerato.
Intanto però anche nella mente di Berto, tra le
mille idee che affollavano la sua fantasia, se
ne fece chiara una proprio geniale per dare
una bella lezione a quell’imbroglione.
Chiamò gli amici Teo e Tobia e disse loro:
”Tra una settimana sarà l’anniversario della
morte di re Gedeone, il suo fantasma
comparirà tra i ruderi del castello di
Marcochiara, che ne dite di farci dare una
mano da lui per cacciare Arsenio?”
Teo a quelle parole sgranò gli occhi e rimase
a bocca aperta incapace di rispondere, Tobia
46 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
divenne pallido e si sentì in tutto il corpo la
pelle d’oca e gli cominciò un tremore che non
riusciva a controllare per la paura che aveva
al solo pensiero di incontrare un fantasma,
entrambi si guardarono smarriti pensando che
l’amico stesse vaneggiando.
Ma Berto finse di non accorgersi del loro
turbamento e tranquillamente proseguì:
”Io credo che il fantasma non abbia alcun
interesse a fare del male a noi, anzi, ora che
abbiamo un nemico comune, forse anche lui
sarà felice di poterlo combattere. Il re era una
persona molto mite, non dimenticate quello
che racconta la storia, perciò non abbiamo
nulla da temere. In ogni caso, ricordatevi che
il talismano ci darà forza e sicurezza!”
Dopo il discorsetto di Berto, nonostante un
residuo di diffidenza, Teo e Tobia si sentirono
eccitati al pensiero della nuova impresa che,
47 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
a detta di Berto non comportava alcun rischio,
e nei giorni che mancavano all’apparizione
non riuscirono a pensare ad altro. Tutti e tre
discussero animatamente su cosa dire al
fantasma e su come comportarsi.
La sera dell’anniversario si appostarono nei
pressi del castello, la notte era buia, Teo e
Tobia sobbalzavano ad ogni piccolo rumore,
rimpiangendo in quel momento di aver
accolto la folle idea di Berto.
Allo scoccare della mezzanotte, ecco
all’improvviso apparire la figura evanescente
del re con la corona in testa, la lunga barba e
i segni del dolore stampati sull’espressione
del volto. Mentre si avvicinava emetteva dei
lamenti pietosi e spaventosi insieme: era
proprio la voce di un’anima in pena!
48 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Berto in mezzo ai due amici che tremavano
cercò di farsi coraggio, strinse forte il suo
talismano e rivolgendosi al fantasma disse:
”Salve, re Gedeone! Siamo qui per chiedere il
tuo aiuto contro un nemico comune e non
vogliamo arrecarti fastidio. Certamente negli
ultimi tempi avrai sentito turbare la quiete del
Borgo da un uomo avido e privo di onore.”
“Certo che ho sentito il frastuono provocato
da quell’infingardo, ma tu, chi sei?”
Rispose il fantasma sorpreso.
49 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Sono Berto, il nipote di Gervaso e conosco
bene la tua storia. Se potessi ti aiuterei per
farti ritrovare la pace.”
“Mi fa piacere ascoltare le tue parole e sento
che sono sincere, ma nessuno potrà mai
lenire la pena che mi tormenta, dimmi però
come questo vecchio fantasma straziato dal
dolore potrebbe aiutarti. Io posso solo
apparire una volta all’anno e molto raramente
comunicare con i vivi, per il resto mi è
concesso di spostare oggetti ed emettere
rumori.”
Berto espose il suo piano e re Gedeone
promise che avrebbe fatto tutto quello che
Berto gli aveva chiesto. Anche a lui premeva
molto la quiete del luogo e poi Berto per un
attimo gli aveva ricordato la fanciullezza del
suo amato Marco.
50 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Teo e Tobia si sentirono rassicurati, la paura
era completamente scomparsa per lasciar
posto alla grande emozione di quell’incontro.
Poi il fantasma del re a poco a poco divenne
sempre più trasparente finché non fu più
visibile e allora i tre tornarono compiaciuti e
felici in paese. Berto raccontò tutto ai nonni
che approvarono orgogliosi la sua trovata.
Decisero insieme che dal giorno seguente, ai
forestieri che lavoravano a Marcochiara, gli
abitanti di Borgo Quercia avrebbero
raccontato storie terrificanti sui fantasmi,
tutt’altro che rassicuranti.
Così fu e tutti gli operai chiamati per i lavori
cominciarono a conoscere storie incredibili sui
fantasmi del Borgo, sulle loro apparizioni e sui
pericoli in cui si poteva incorrere. Ognuno
esagerava, ma faceva del tutto per essere
convincente.
51 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Intanto i lavori proseguivano, ma
cominciavano ad accadere cose stranissime:
Gedeone stava mantenendo in modo
ineccepibile la sua parola!
Un operaio cercava di piantare un chiodo,
subito Gedeone lo spostava e il poveretto si
schiacciava il dito con il martello. Un altro
cercava di segare un legno e questo rotolava
via. Dalle impalcature cadevano oggetti di
ogni genere in testa agli operai, catinelle di
calce si rovesciavano inspiegabilmente
addosso a chi stava di sotto, spesso
inciampavano e cadevano procurandosi ferite
che rendevano più difficoltoso lavorare.
Insomma, sembrava che improvvisamente
una maledizione si fosse abbattuta su quel
cantiere. Dopo poche giornate di quel genere,
tutti gli operai erano contusi, avevano dita
rotte o gonfie, bernoccoli e soprattutto
52 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
sentivano dentro di loro una gran fifa! Una
sera, quando finalmente l’orario di lavoro era
terminato, i poveri malcapitati si fermarono
nella locanda di Borgo Nuovo per ristorarsi
con una bevutina di buon vino, ma qui li
attendeva nonno Gervaso che, già informato
di come erano andate le cose durante il
giorno, completò l’opera raccontando con
grande maestria la balla più grossa della sua
vita: un fantasma con un lenzuolo bianco lo
aveva avvolto e lo stava trascinando via tra le
urla e solo per miracolo era riuscito a
sfuggirgli! Stava appunto bevendo un po’ di
vino nella locanda per riprendersi da quel
terribile spavento!
Fu il colpo di grazia per quei poveri operai
che si affrettarono a vuotare i loro bicchieri e
se ne andarono in fretta decisi a non tornare
mai più!
53 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
I lavori si fermarono.
Arsenio andò su tutte le furie, chiamò a
raccolta i malconci operai minacciando di
denunciarli alle guardie, se non si fossero
presentati al lavoro, ma pochissimi erano di
nuovo là il giorno seguente.
Nella smania di riprendere velocemente e a
pieno ritmo i lavori, si diresse alla loro testa
verso il Borgo dei fantasmi imprecando e
maledicendo.
“Ora vi faccio vedere io! I fantasmi non
esistono, branco di somari e sfaticati buoni a
nulla!”
Mentre continuava strepitare, salì su un’alta
impalcatura e allora Gedeone poté giocare la
sua carta vincente.
Arsenio cominciò a sentire degli scricchiolii
sotto i suoi piedi, dall’alto cominciarono a
cadergli delle pietre in testa, poi si alzò un
54 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
improvviso vento gelido ed una voce
d’oltretomba chiamò:
“Arseniooo! Arseniooo! Vattene se non vuoi
che ti porti con me!”
L’uomo impallidì e rimase paralizzato dal
terrore.
A quel punto Berto, che si era messo un
lenzuolo bianco addosso, sbucò fuori da una
finestra pronunciando frasi strane e
provocando un gran fracasso con delle
catene.
La scena non poteva essere più verosimile e
agghiacciante!
I pochi operai fuggirono a gambe levate,
Arsenio perse l’equilibrio, cadde
dall’impalcatura, rotolò lungo una scarpata
che sembrava non finire mai e alla fine
sprofondò in un letamaio. Rimase in quella
melma pestilenziale sino a che Berto e nonno
55 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Gervaso non andarono a tirarlo fuori.
Che puzza, ragazzi! Berto dovette tapparsi il
naso per non svenire! Poi, aiutati anche dagli
altri, lo gettarono nel fiume, gli diedero dei
vestiti puliti e lo fecero riprendere un po’ dallo
stordimento generale dandogli un bicchiere di
acquavite. Il poveretto aveva perso la parola
e l’arroganza! Dopo un po’ i suoi parenti
vennero a prenderlo dalla città e di lui non si
seppe più niente.
Borgo Marcochiara era fuori pericolo.
Gervaso fu molto soddisfatto di aver sventato
l’ennesima minaccia e i tre ragazzi si
sentirono al sommo della loro felicità.
Da allora Berto si recò spesso tra i ruderi e,
senza vederlo, raccontava a re Gedeone le
sue storie, alleviando in tal modo le
sofferenze del povero fantasma, che rivedeva
in lui l’amato figlio.
56 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tra gli abitanti di Borgo Quercia c’era anche
Gustavo, un vecchietto un po’ diverso da tutti
gli altr.i
Per la verità, era nato a
Borgo Quercia, ma da
giovane se n’era andato
con l’idea di far fortuna.
Aveva girato per tante
città in cerca di
un’occasione che però
non era arrivata mai e,
alla fine, lo spirito
d’avventura, sempre
vivo in lui, lo aveva
spinto a fare il marinaio.
Aveva così avuto una vita molto movimentata
durante la quale aveva visto terre e genti
lontane.
57 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Solo quando aveva sentito venir meno le sue
forze, era tornato definitivamente in paese,
portando con sé un bagaglio di ricordi dal
quale attingeva un’infinità di storie sempre
nuove, che amava raccontare ai suoi vecchi
amici d’infanzia e soprattutto ai bambini.
Questi, in particolare, lo vedevano come una
persona di grande rispetto, dai suoi racconti
ambientati in luoghi sconosciuti traspariva
una vita vissuta intensamente, le tante
esperienze gli avevano regalato una
saggezza che, unita all’innata abilità di
colorire i suoi racconti, faceva di lui un
personaggio molto stimato e da tutti amato.
Proprio Gustavo, al ritorno da uno dei suoi
viaggi nei paesi tropicali, una volta aveva
riportato dei pesciolini dai colori bellissimi:
alcuni erano rossi con striature verdi e blu,
altri erano gialli con dei pallini verdi che si
58 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
facevano più fitti lungo la coda, altri di colori
ancora diversi, ma tutti avevano degli
splendidi riflessi d’oro.
Quella volta, prima di ripartire, aveva lasciato
liberi questi pesciolini nel laghetto di
confluenza tra il Rio Azzurro e il fiume
Tempestoso, dove la temperatura dell’acqua
era sempre mite per effetto di una sorgente
termale.
In quelle acque, che avevano più o meno la
stessa temperatura dei mari caldi da cui
provenivano, i pesciolini si erano ben
59 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
ambientati e abbondantemente riprodotti, così
da allora il laghetto era stato chiamato “Lago
dei pesci d’oro”.
Quando Gustavo era tornato definitivamente
a Borgo Quercia, aveva provato una grande
gioia nel vedere il lago popolato da quella
bella varietà di pesci e si sentiva orgoglioso
che, grazie a lui, quel luogo avesse
un’ulteriore attrattiva. Il lago infatti con le sue
acque calde era la meta di tante escursioni
per le persone dei luoghi circostanti: si
potevano fare lunghi e piacevoli bagni, si
poteva pescare, poi, sui prati circostanti, ci si
poteva rifocillare con abbondanti merende
all’ombra degli alberi.
Anche Gustavo vi si recava spesso con la
barchetta che si era fatto costruire e
trascorreva molto del suo tempo a pescare,
da solo o in compagnia.
60 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Spesso conduceva con sé Berto e i suoi amici
e queste erano le occasioni preferite dai
ragazzi per ascoltare le storie di vita di
Gustavo. Per loro era un modo di viaggiare,
anche se solo con la fantasia, e di vedere
nella loro mente quei posti che sentivano
descrivere e che difficilmente avrebbero
potuto visitare. Le occasioni di andare in terre
lontane, infatti, erano poco frequenti e,
61 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
proprio per questo, ogni forestiero che
capitava in paese rappresentava una grande
attrattiva. Come avvenne quando una volta, a
primavera inoltrata, arrivò a Borgo Quercia un
funzionario del governatore con l’incarico di
controllare lo stato dei lavori per il
rimboschimento della montagna grande.
Questi, dovendo trattenersi per alcuni mesi,
aveva portato con sé la sua famiglia, trovando
alloggio in un’ala della canonica.
Anacleto, questo era il nome del funzionario,
aveva una figlia di nome Isabella molto carina
e della stessa età di Berto.
Il loro arrivo aveva suscitato grande
trambusto specialmente tra i ragazzi che
erano curiosi e smaniosi di conoscere la bella
bambina. Isabella aveva degli splendidi
capelli biondi, lunghi e pieni di riccioli, portava
dei vestitini molto graziosi e dei cappelli da
62 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
sole che a Borgo Quercia erano una originale
novità.
Berto, come d’altra parte i suoi amici, all’inizio
si era sentito un po’ imbarazzato, avrebbe
voluto far subito amicizia con Isabella, ma si
vergognava, si sentiva impacciato e non
sapeva proprio come fare per invitarla a
giocare.
63 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
L’occasione però non tardò ad arrivare e
Berto la colse al volo.
Un giorno, verso l’imbrunire, Isabella era
andata a fare una passeggiata con la madre
in una stradina nei dintorni della canonica,
quando all’improvviso aveva sentito un fruscio
provenire dalla siepe e subito dopo si era
vista attraversare la strada da un riccio con
tutta la sua famigliola
Erano proprio carini, ma Isabella non aveva
mai visto degli animali con tante spine
addosso e così aveva cominciato ad urlare ed
era scappata di corsa senza neanche
accorgersi che aveva perso il cappello.
Niente di meglio poteva capitare a Berto che,
avendo visto tutta la scena divertito, decise di
64 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
voler spiegare un po’ di cose a quella
bambina sprovveduta che non sapeva niente
degli animali.
Così, con la scusa di riportarle il cappello, il
giorno dopo si recò nell’ala della canonica
dove Isabella abitava e ben presto il ghiaccio
fu rotto.
I due cominciarono a chiacchierare, prima
timidamente delle cose più banali, poi i
discorsi si fecero sempre più animati tanto
che, quando si lasciarono, erano diventati
grandi amici. Nei giorni successivi Berto la
presentò a Teo e a Tobia con l’aria
dell’intrigante che aveva saputo conquistare
l’attenzione di quella bella forestiera. Certo,
Berto faceva un po’ il saputello, con fare
saccente spiegava ad Isabella le
caratteristiche dei luoghi, le dava indicazioni
sulle persone o le raccontava le avventure
65 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
capitategli, insomma era sempre lui a farsi
avanti, però tutti insieme si divertivano un
mondo, specialmente Isabella che non era
abituata a quella vita intensa e ricca di
avvenimenti. Tra le tante escursioni e le
passeggiate che i ragazzi le fecero fare,
Isabella era rimasta sorpresa e affascinata da
quella nella “Piana dei mille fiori”, dove si era
sentita al settimo cielo!
Non aveva mai visto tanti papaveri,
margherite, narcisi, lillà, tutti insieme in un
vero trionfo di colori e di profumi nel mezzo di
un prato verdissimo.
Ma la cosa che più attraeva l’allegra brigata
era andare al Lago dei pesci d’oro.
66 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Lì i ragazzi facevano a gara nel mettere in
mostra la loro bravura di pescatori, si
divertivano a fare lunghi bagni o, seduti sul
prato, giocavano a indovina indovinello. Una
mattina i tre stavano cercando di pescare con
le mani tra gli anfratti del lago, mentre
Isabella si godeva il sole e lo spettacolo degli
amici che sguazzavano e di tanto in tanto
tiravano su un bel pesce, quando
improvvisamente Teo cominciò ad urlare:
“L’ho presa, l’ho presa! E’ grandissima!”
E mentre eccitato diceva così, tirò fuori
dall’acqua una grossa anguilla ma, siccome
questa era scivolosa e Teo orgoglioso non
voleva perdere quel trofeo, la strinse con i
denti finché non fu al sicuro sul prato.
Per i ragazzi questa era una prassi normale e
Teo perciò era convinto di aver fatto colpo su
Isabella. Ma… le cose non andarono proprio
67 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
così! Lei, che si era spaventata alla vista di
quegli innocui ricci, nel vedere quella specie
di serpente sulla bocca di Teo, sentì una gran
nausea nello stomaco e per poco non vomitò.
Era inorridita e solo a stento, per non
offendere troppo l’amico, riuscì a non
manifestare a Teo tutto il suo disgusto. Berto
aveva capito lo stato d’animo di Isabella e
sapeva anche che Teo si sentiva deluso,
perciò cercò subito di sdrammatizzare la
situazione proponendo a tutti una bella
merenda.
In seguito però fu ben attento a fare in modo
che episodi del genere non si ripetessero.
Il lago continuò ad essere uno dei posti più
frequentati dalla combriccola. Spesso Berto
raccontava all’amichetta la storia di Gustavo e
dei pesciolini d’oro e decantava la loro
bellezza, suscitando in Isabella un desiderio
68 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
grandissimo di vederli. Un pomeriggio, mentre
chiacchierando costeggiavano il lago, videro
la barchetta di Gustavo arenata su una
spiaggetta. Il vederla e il pensare alla
possibile emozione di una passeggiata sul
lago, nella mente dei quattro ragazzi fu come
un baleno: si guardarono negli occhi, si
capirono al volo e decisero all’istante di
avventurarsi nell’impresa per far vedere a
Isabella i famosi pesciolini.
Al centro del lago però, nell’entusiasmo dei
tre che volevano tutti mostrare i pesci più belli
ora di qua, ora di là, la piccola imbarcazione
cominciò a ondeggiare pericolosamente
finché i ragazzi non seppero più mantenersi in
equilibrio e finirono tutti in acqua.
Berto, Teo e Tobia riemersero subito e
prontamente si aggrapparono alla barca, ma
Isabella non sapeva nuotare e con
69 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
disperazione si dibatteva con le braccia senza
poter neanche gridare perché l’acqua la stava
soffocando. Berto all’inizio perse del tempo
prezioso perché pensava che l’amichetta
stesse scherzando, ma quando capì la
drammatica situazione, in quattro bracciate la
raggiunse e trascinandola la riportò a riva.
Poi mentre lui cercava di rianimare Isabella
che era svenuta, premendole il petto per farle
uscire l’acqua che aveva bevuto, Teo e Tobia
corsero in paese ad avvertire la madre e a
cercare il medico.
Il povero Berto, rimasto solo e disperato, non
sapeva più cosa fare, in quegli interminabili
minuti i pensieri e i rimorsi più opprimenti lo
logorarono.
Quando finalmente arrivarono i soccorsi,
Isabella non dava ancora segni di ripresa, ci
volle tutta la bravura del medico per liberare
70 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
la bambina dall’acqua che aveva bevuto e
farla rinvenire.
Passato lo spavento seguì una gioia
generale e tutti tirarono un sospiro di sollievo,
ma ai tre ragazzi non furono risparmiati i
meritati rimproveri, anzi Anacleto si infuriò
talmente tanto che promise a Berto di dargli
una bella lezione che non avrebbe facilmente
dimenticato.
Così il ragazzo pensò bene che per un po’ di
tempo sarebbe stato meglio non aggirarsi in
paese e decise di nascondersi sulla
montagna grande. Girovagò per giorni in
luoghi che riteneva sicuri, finché giunse su un
alto pianoro proprio di fianco alla zona dove
gli operai stavano lavorando per il
rimboschimento. Lì non poteva esser visto da
nessuno perché c’era un’alta vegetazione,
mentre lui poteva osservare l’andirivieni degli
71 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
operai. In altre circostanze sarebbe andato
volentieri a sficcanasare da vicino per seguire
attentamente le varie fasi e per soddisfare la
sua curiosità con mille domande. Ma in quel
momento la prudenza, o la paura, lo consigliò
di tenere a freno i suoi impeti. Se ne stava
dunque, un po’ annoiato e sconsolato, a
rimuginare tra i suoi pensieri, quando il suo
sguardo si posò su una spaccatura della
roccia che gli sembrava di non aver mai visto.
Si avvicinò al luogo più che poté e osservò
bene: un grosso costolone si stava
pericolosamente staccando e minacciava di
cadere proprio dove gli operai stavano
lavorando.
Allora, senza alcun indugio e senza più
ricordare il motivo della sua clandestinità,
corse da Anacleto per avvertirlo del rischio. Il
funzionario nel vederselo lì, rimase alquanto
72 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
stupito e subito sentì riaccendersi dentro la
rabbia per quanto era accaduto a Isabella,
tanto che non voleva neanche ascoltare
quello che Berto andava dicendo. Solo
l’aspetto disperato, le parole concitate e lo
sguardo supplichevole del ragazzo lo
convinsero a calmarsi e allora capì che Berto
non stava mentendo. Volle allora accertarsi di
persona sull’eventualità di quella frana, ma,
non appena si diresse verso il luogo
indicatogli, sentì il sinistro rumore di alcuni
sassolini che
cadevano dall’alto.
Fece appena in
tempo a tornare
indietro, a dare
l’ordine perché
tutti si
73 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
allontanassero dal posto di lavoro e si
mettessero al riparo, che si verificò una frana
terribile. Si alzò un polverone accecante,
sassi, massi, terra, si rovesciarono sopra il
luogo dei lavori mandando in fumo la fatica di
intere giornate. Ma nessuno, grazie a Berto,
rimase ferito.
Anacleto fu felice di perdonare il ragazzo e di
ringraziarlo per il suo tempestivo
avvertimento.
Nel frattempo Isabella si era completamente
ristabilita e gli amici poterono riprendere a
frequentarsi e rinsaldare così il loro legame.
Dopo un po’ di tempo Anacleto fu richiamato
dal governatore e dovette ripartire.
Isabella pianse moltissimo a quella notizia,
ma il lavoro del padre era troppo importante e
così dovette rassegnarsi. Anche i ragazzi si
sentirono molto tristi, Isabella lasciava un
74 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
gran vuoto in loro, come sempre accade
quando le amicizie diventano molto forti.
Anacleto però, che aveva capito la genuinità
dei ragazzi e la forza della loro amicizia,
seppe rendere la partenza meno triste per
tutti con la promessa che sarebbero tornati a
Borgo Quercia per le vacanze.
75 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tanto tempo fa, in una nazione lontana era
scoppiata una terribile guerra che, oltre a
causare morte e distruzione, aveva costretto
intere popolazioni a fuggire dalle loro terre in
cerca di un luogo dove poter vivere senza la
paura dei nemici.
Molti di questi profughi erano arrivati anche
nella regione di Berto e qui il governatore
aveva provveduto a dislocarli, mandando
gruppi di persone non troppo numerosi un
po’ su tutto il territorio.
Anche Borgo Quercia fu scelto come
destinazione per una ventina di questi
sventurati. I suoi abitanti non erano ricchi ma,
ospitali e generosi come sempre, furono ben
lieti di poter accogliere quei poveretti e pronti
a dividere con loro quello che avevano. Già
76 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
prima che arrivassero si erano adoperati per
ripristinare meglio che potevano ciò che era
rimasto dell’accampamento dei mercanti
dell’est e si erano disposti per riceverli
calorosamente.
Quando questi si presentarono però, nonno
Gervaso e nonna Natalina rimasero un po’
sorpresi, notarono subito una certa stranezza
nel gruppo. In verità si sarebbero aspettati
molti bambini, per i quali erano stati preparati
dolcetti e bevande calde, invece non ce n’era
neanche uno, le donne erano tre o quattro,
per il resto erano tutti uomini e, per di più, con
un aspetto che non sembrava per niente
rassicurante. L’uomo che parlava per tutti, e
che perciò doveva essere il capo, si chiamava
Amir, aveva dei modi un po’ affettati, era
affabile, ma il suo sguardo poco smagliante
aveva qualcosa di sibillino.
77 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Gervaso e Natalina
si guardarono negli occhi e capirono subito di
aver avuto la stessa sensazione ma, per non
turbare gli animi degli altri, non dissero nulla.
Ai forestieri vennero offerti dei piatti di cibo,
da bere e poi furono accompagnati nelle
abitazioni che erano state allestite per loro.
Nei giorni successivi, perché potessero
dignitosamente guadagnarsi da vivere, venne
proposto loro di lavorare.
A Borgo Quercia non c’era grande
abbondanza, ma chiunque poteva aver
bisogno di un aiuto per falciare il fieno, per
potare gli alberi, per spaccare la legna o per
78 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
tutti quei lavori che la vita di campagna
richiedeva.
Amir continuava a ringraziare per tutti ma,
quando quegli uomini si misero all’opera, non
sembrarono affatto entusiasti, alcuni
cominciarono a parlottare in modo
incomprensibile tra loro e poi si defilarono
quatti quatti tornando alle loro dimore. Ben
presto furono sempre meno quelli che si
recavano nei campi, finché un bel giorno non
si fece più vedere nessuno.
I forestieri se ne stavano nel loro villaggio
senza far niente, mostrandosi assai poco
socievoli, solo di tanto in tanto qualcuno di
loro andava a chiedere delle cose, sbirciava
in giro e se ne tornava via. Gli abitanti di
Borgo Quercia non capirono questo
comportamento e rimasero molto male nel
veder così ricambiata la loro generosità.
79 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Provarono anche a chieder loro se
involontariamente fossero stati offesi ma,
anzi, questo ulteriore interessamento sembrò
infastidirli perché, non solo smisero
completamente di andare in paese ma, nel
giro di una settimana, nell’accampamento non
c’era più traccia di nessuno.
Nel frattempo però in paese avevano
cominciato a verificarsi dei fatti insoliti: galline,
barattoli di marmellata, vasetti di visciole
messe con lo zucchero al sole sui davanzali
per farle sciroppare, scomparivano con
sempre maggior frequenza.
A Borgo Quercia cominciò a serpeggiare il
malumore mentre i sospetti di tutti sempre
più spesso convergevano su quegli ingrati
stranieri, anche se all’inizio nessuno osava
manifestarli apertamente.
80 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Quando i furti aumentarono (erano scomparsi
gli stivali di alcune persone, ortaggi freschi
negli orti e anche una damigiana di buon vino
nella cantina di don Peppe) l’esasperazione
toccò il culmine e allora tutti si riunirono a
casa di Gervaso per sentire con precisione
quali fossero gli ammanchi e per stabilire il da
farsi.
Ognuno denunciò i furti che aveva subito e
vennero fuori cose assai stravaganti:
Nazzarena non trovava più il suo cappotto
nuovo che dieci anni prima la sarta le aveva
cucito per il matrimonio della nipote, Filomena
aveva perso la ricetta per fare il mistrà e a
Tonio mancava la sua fisarmonica. Tutti si
sentivano profondamente colpiti, non solo per
gli oggetti che avevano perso, ma più ancora
perché era stata violata da estranei la loro
casa.
81 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Quella sera non si poté far altro che
raccomandare una maggior sorveglianza,
specialmente durante le ore in cui gli uomini
erano al lavoro, e una particolare attenzione
nel chiudere bene gli usci e le finestre.
Per qualche tempo la cosa sembrò
funzionare, tutto sembrava essere tornato alla
normalità poi, dopo qualche giorno, sulla
montagna grande scoppiò un incendio e tutto
il paese corse su per spegnerlo. Il pronto
intervento da parte di tutti evitò conseguenze
che avrebbero potuto essere molto gravi, ma
alla fine, con grande sorpresa, si accorsero
che l’incendio era stato volutamente
appiccato da qualcuno che aveva lasciato
delle evidenti tracce sul terreno. La prima
sorpresa però fu superata di gran lunga dalla
seconda, quella che trovarono quando
82 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
tornarono alle proprie case, dove era stato
portato via di tutto.
Tutti si sentirono furiosi e molti cominciarono
a scagliare anatemi e improperi contro quei
manigoldi, ma certo questo non risolveva il
problema. Più saggiamente nonno Gervaso si
premurò, prima di tutto, di avvertire il
governatore, poi organizzò delle pattuglie di
perlustrazione per il giorno seguente, in modo
da stanare i lestofanti.
Il giorno dopo, tutti armati di bastoni,
archibugi e pale, erano già di buon mattino
sulla montagna grande, quando da lontano
videro una colonna di fumo che si alzava, ma
istantaneamente si accorsero che non era
l’unica, infatti altro fumo si alzava in punti
diversi della montagna.
83 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
In fretta dovettero dividersi e correre a
spegnerli prima che si estendessero.
Nessuno si risparmiò e, sebbene la fatica
fosse stata immensa, prima di sera tutto fu
sistemato. Anche questa volta fu chiaro che
tutti gli incendi erano dolosi ed anche questa
volta, nonostante le precauzioni, il ritorno al
paese fu assai terribile: tutte le cantine dove
erano custoditi salami, prosciutti, lonze erano
state ripulite, come molti pollai e molte stalle.
Fu un momento veramente drammatico
84 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
perché senza quelle provviste era a rischio la
sussistenza dell’intero paese.
Gervaso cercò di mantenersi tranquillo e si
adoperò perché nessuno si facesse prendere
dal panico. Sebbene si sentisse molto avvilito,
propose che il giorno dopo si dovesse di
nuovo tornare sulla montagna per cercare di
scoprire i nascondigli dei ladri, seguendo le
tracce che partivano da ogni incendio. Finché
non fossero arrivate le guardie del
governatore non c’era altro da fare.
Intanto Berto, che aveva seguito con grande
preoccupazione tutta la vicenda, a questo
ennesimo sopruso, sentì lievitare
velocemente la rabbia dentro di sé, oltretutto
non si rassegnava a vedere il nonno così
triste e preoccupato senza poter fare niente
per aiutarlo. Pensò allora che di fronte a
85 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
quelle persone terribili ci volesse una
soluzione altrettanto terribile.
Un’idea geniale gli balenò nella mente:
sarebbe andato da Thor e gli avrebbe chiesto
il suo aiuto e quello di tutti i lupi. Infatti, senza
perdere altro tempo, corse nella tana del suo
amico e questi lo accolse con un possente
ululato di gioia. Berto gli raccontò, tutto
concitato, quanto stava accadendo in paese e
Thor, ben felice di potergli essere d’aiuto, si
mise subito a sua disposizione. Chiamò tutti i
lupi del branco e, seguendo le indicazioni di
Berto, li sguinzagliò nel bosco alla ricerca dei
ladroni.
Berto intanto portò Thor in uno dei punti in cui
le tracce si perdevano e, per il fiuto sopraffino
dell’animale, fu un gioco da ragazzi poterle
seguire anche nel fitto del bosco. Dopo un
lungo percorso, durante il quale Thor
86 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
annusava il terreno e prendeva la direzione
senza alcuna esitazione, giunsero in
prossimità di una caverna la cui imboccatura
era nascosta dalla fitta vegetazione. Qui Thor
si fermò, cominciò a smuovere con le zampe
le foglie secche, poi dei ciottoli, e ogni tanto si
fermava drizzando le orecchie ed assumendo
con tutto il corpo una posizione di allerta.
Berto capì di essere arrivato in un
nascondiglio dei forestieri. Tendendo
l’orecchio sentì infatti un vocio che proveniva
dallo stretto cunicolo e allora, insieme a Thor,
si accucciò tra la vegetazione per ascoltare
meglio.
Erano proprio le voci di quegli stranieri
scomparsi.
Dai rumori che arrivavano si capiva che
stavano gozzovigliando e, a giudicare
dall’odore di carne arrostita, si sarebbe detto
87 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
proprio con i capretti che erano scomparsi
dalle stalle di Borgo Quercia. Facendo
attenzione a non far rumore, Berto, seguito da
Thor, si spinse più avanti fino a che vide un
certo chiarore e poté distinguere abbastanza
bene le persone, tra cui Amir che, con la
bocca piena e con l’atteggiamento
soddisfatto, diceva:
“Siamo stati proprio bravi a far credere al
governatore di essere dei profughi!
Sicuramente a nessuna autorità del nostro
paese verrà in mente di cercarci in queste
terre sperdute!”
Altro che profughi! Berto e Thor si guardarono
ammutoliti e continuarono ad ascoltare
mentre Amir tranquillamente proseguiva:
“Questi sprovveduti di Borgo Quercia ci
hanno accolto proprio bene! Peccato che sia
troppo rischioso rimanere tra loro e
88 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
poi…bisognava anche lavorare e a noi
piacciono solo certi tipi di lavoro!
Vero compagni?”
“Certo Amir! Ben detto!”
Si sentì rispondere in coro
“Ben presto –proseguì Amir- ci sarà un bel
daffare per tutti noi! Ci approprieremo di
queste belle terre, delle case che ci sono e,
perché no, anche delle donne! Incendiando la
montagna grande, faremo fuggire tutti gli
abitanti per lo spavento e, se qualcuno
tenterà di opporsi, gli faremo assaggiare la
lama dei nostri coltelli!”
Così dicendo, tirò fuori il suo coltellaccio, che
alla luce delle fiamme mandò alcuni bagliori,
e poi sghignazzando trangugiò del vino
bevendolo da un boccale e rovesciandosene
una buona parte addosso. A questo punto
non c’era più alcun dubbio: erano proprio una
89 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
banda di pericolosi ricercati che avevano
commesso chissà quali rapine, o peggio
ancora, e che sembravano proprio decisi a
mettere in atto il loro diabolico piano.
Senza aspettare altro, Berto e Thor se ne
tornarono indietro stabilendo che, mentre
Berto avrebbe avvisato tutti gli abitanti, Thor
insieme ai lupi avrebbe provveduto a tener
sotto controllo i malfattori.
In paese, dopo il racconto del nipote, Gervaso
invitò tutti a non perdere la calma: per far
arrestare i malandrini era necessario aver
prove concrete o, meglio ancora, coglierli sul
fatto. Perciò bisognava organizzarsi per tener
sotto controllo tutto il territorio. Sarebbe stato
necessario un gran numero di persone che
facessero da sentinelle, nascondendosi in
punti strategici, e di altre che facessero da
staffetta tra una postazione e l’altra per riferire
90 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
poi alla base quanto accadeva con un
sistema di segnali che avrebbero imitato il
verso dell’allodola.
Berto si sentiva pronto a svolgere qualsiasi
incarico gli fosse affidato, ma, controllare a
tappeto tutto il territorio, anche se con tanti
uomini, gli sembrava un’impresa assai ardua.
La questione lo lasciava molto dubbioso,
quando gli venne in mente che c’era un modo
geniale per farlo.
Il punto più alto della montagna grande era
costituito da un picco di roccia chiamato
“Rupe dell’aquila reale”. Sulla sommità infatti
vi era un nido di aquile. A Borgo Quercia tutti
vedevano i voli maestosi di questi splendidi
rapaci e li osservavano con ammirazione e
rispetto. Berto li aveva visti anche da vicino,
perché molte volte si era spinto fin sotto la
rupe, ma nessuno era mai salito fin sopra,
91 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
non solo per la presenza delle aquile, ma
anche perché sarebbe stata necessaria
un’attrezzatura da rocciatore.
Berto pensò che questo sarebbe stato un
perfetto punto di osservazione. Ne parlò con
Teo e Tobia e insieme andarono da Barro, il
fabbro del paese, si fecero dare due martelli,
dei grossi chiodi e delle barre di ferro. Si
munirono anche di corde e si avviarono verso
la rupe.
Lassù Berto avrebbe dovuto affrontare le
aquile e così portò anche la pozione per
parlare con gli animali.
Dopo alcune ore di faticosa marcia,
accompagnati da Thor, giunsero ai piedi della
rupe e lì i tre ragazzi cominciarono a costruire
una via di salita puntando i chiodi sulla parete
rocciosa. Quando finalmente Berto riuscì a
raggiungere la vetta, vide subito il becco di
92 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
mamma aquila proteso verso di lui con aria
piuttosto minacciosa.
Allora trangugiò rapidamente la pozione
magica ed esclamò:
“Ferma aquila! Non sono qui per darti fastidio,
ma per chiederti aiuto!”
L’aquila rimase stupita nel sentir parlare il
ragazzo e ferma dentro al nido, quando
un’ombra scura e gigantesca si profilò sopra
93 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Berto: era papà aquila che, visto l’intruso,
prontamente era rientrato. Solo allora dal nido
fece capolino un aquilotto che doveva essere
appena nato. Papà aquila tra gli artigli
stringeva un coniglio selvatico, sicuramente il
pranzo per la sua famigliola.
Questo splendido esemplare di aquila reale
era di colore bruno con una bellissima
sfumatura dorata sopra la nuca, nella sua
sagoma compatta spiccavano la testa con il
becco lungo e robusto e la lunga coda.
Berto rimase un po’ intimorito alla sua
presenza, ma poi vide mamma aquila che
parlava al compagno e allora sentì sciogliersi
la tensione, capì che il maschio si chiamava
Zac, così, cacciando il suo timore, disse:
“Zac, vengo in pace e mai oserei disturbarvi
se avessi un’altra soluzione per impedire che
delle malvagie persone brucino il bosco.”
94 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“So capire –lo interruppe l’aquila- chi parla
con cuore sincero e generoso, perciò dimmi,
cosa posso fare per aiutarti?”
Berto raccontò quanto stava accadendo e
chiese di poter stare sulla rupe in modo da
avere un ottimo punto di osservazione per
scrutare tutte le mosse degli stranieri. L’aquila
ascoltò con attenzione poi disse:
“Penso che possiamo fare anche di meglio!
Lo sai che le aquile hanno una vista
eccezionale? Io e i miei due aquilotti
potremmo volare sopra tutto il territorio e
tenerlo sotto controllo. Se poi non hai paura,
potresti salire sul mio dorso e guardare
dall’alto tu stesso.”
“No, no, non ho paura!”
Rispose Berto, già emozionato al pensiero del
volo!
95 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Allora sali e stringiti forte con le braccia
attorno al mio collo. Mi raccomando, stai
tranquillo e vedrai quant’è bello volare!”
Per un attimo Berto sentì il cuore scoppiargli
e il sangue affluirgli in ogni parte del corpo,
non aveva immaginato che potesse farlo così
presto! Ma ora non poteva certo tirarsi
indietro!
Così Zac, con il ragazzo aggrappato più forte
che poteva, si lasciò cadere dalla rupe. Berto
sentì il vuoto sotto di sé mentre i battiti del
cuore sembravano martellate! Provò una
sensazione meravigliosa!
Teo, Tobia e Thor, ai piedi della rupe,
guardarono la scena quasi senza credere ai
loro occhi.
Dopo alcune decine di metri di caduta libera,
Zac dette alcuni possenti colpi d’ala e
riguadagnò quota.
96 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Mai Berto avrebbe potuto immaginare
emozione più bella e profonda.
Dall’alto vedeva tutto rimpicciolito e in quel
silenzio irreale sentiva solo il fruscio del
vento.
Zac fece un ampio giro poi planò dolcemente
sulla rupe. Lì, seduti vicino al nido, Berto
spiegò a Zac il suo piano: le aquile avrebbero
tenuto d'occhio il territorio dall’alto e
avrebbero indicato, volando in maniera
circolare, i punti in cui avessero avvistato i
malfattori; i lupi avrebbero controllato il
territorio da terra e gli abitanti di Borgo
Quercia, ben nascosti e armati, avrebbero
pensato a catturarli non appena fossero usciti
allo scoperto per compiere le loro criminali
azioni.
Prima di congedarsi, Zac presentò a Berto i
suoi due aquilotti che nel frattempo erano
97 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
giunti sulla rupe e poi gli disse che l’indomani
sarebbe andato a prenderlo in paese, senza
che salisse lui, così avrebbero guadagnato
del tempo.
Tornati in paese i tre ragazzi riferirono tutto e
si accordarono con gli altri per l’esecuzione
del piano.
Alle prime luci dell’alba, tutti gli uomini erano
perfettamente appostati. Berto salì sulla
grande quercia e subito dopo Zac, planando
in picchiata, atterrò per caricare Berto sul suo
dorso e di nuovo si alzò verso il cielo.
Come era bello volare! Da lassù la vista era
davvero spettacolare!
Dopo un po’, dall’alto videro uscire dalla
caverna a gruppetti i malandrini che, dopo
essersi divisi, cominciarono ad accendere dei
fuochi in punti diversi. Questa volta però
furono subito avvistati dalle aquile che, come
98 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
stabilito, indicarono la presenza dei
malandrini agli uomini di Borgo Quercia. In
men che non si dica, questi circondarono i
banditi che non si aspettavano una simile
sorpresa e una reazione così tempestiva. A
suon di bastonate e sotto la minaccia degli
archibugi furono tutti immobilizzati. Qualcuno
cercò di sfuggire, ma allora si trovò di fronte
alle zanne dei lupi che, ringhiando li
attendevano al varco. C’era solo il gruppetto
con a capo Amir che era sfuggito agli uomini
del paese, ma non a Berto che dall’alto li
teneva d’occhio.
Il ragazzo chiese a Zac di planare in direzione
di quelli, ma dolcemente perché avrebbe tolto
le mani dal suo collo. Zac lo rassicurò, Berto
prese dalla tasca la sua fionda e un fantastico
sasso di fiume ben levigato, grande quanto
un uovo, prese la mira e colpì Amir in piena
99 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
fronte. L’uomo perse l’equilibrio e cadde.
Stava per rialzarsi quando Zac, con Berto
aggrappato forte al suo collo, in picchiata lo
agguantò con gli artigli per le spalle e gli
diede due tremendi colpi di becco sulle
orecchie togliendogli la voglia di scappare.
Gli altri, a questa scena, rimasero paralizzati
per la paura finché giunsero i lupi e poi gli
uomini. Finalmente furono catturati al
completo e portati in paese. Qui tutti si
rallegrarono e brindarono soddisfatti per
l’ottima riuscita dell’impresa. Anche don
Peppe partecipò alla gioia generale, anzi volle
dare a quei miserabili una bella lezione,
prendendoli a randellate, poi alzò lo sguardo
al cielo e disse:
“Perdonami, Signore, ma quando è troppo è
troppo! Anche il vino del povero curato
avevano rubato!”
100 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
In paese intanto erano arrivati i soldati del
governatore che presero in consegna i banditi
per rispedirli nelle prigioni del loro paese.
Tutta la refurtiva che si poté fu restituita e fu
fatta una festa grandiosa.
Come sempre Berto aveva portato a termine
un’impresa eccezionale e si sentiva fiero. Ma
questa volta gli era accaduta una cosa
meravigliosa che lo aveva fatto sentire
profondamente diverso, più grande, come se
un mondo, che pure da sempre era lì, si fosse
rivelato all’improvviso alla sua anima:
l’esperienza del volo!
Ora che il pericolo era passato, gli era rimasta
indelebile nella mente l’ebbrezza che aveva
provato. Lassù, nell’alto, nel silenzio quasi
irreale, quando in certi momenti il vento gli
intronava nella testa con un fragore
spaventoso, si era sentito libero come non
101 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
mai, fremente di gioia e fiero per aver
dominato l’iniziale paura. L’altezza, la caduta
nel vuoto e la velocità che Zac, nella totale
padronanza del volo, gli aveva fatto provare
ora gli apparivano come il simbolo di una
grande potenza e di una bellezza
straordinaria e unica, troppo perché non
potesse ripeterla.
Per questo si fece coraggio e chiese a Zac di
farlo volare ancora, non una sola volta, ma
tante altre.
E Zac fu ben felice di accontentarlo!
102 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
C’era una storia, tra le tante che si
raccontavano a Borgo Quercia, che aveva il
potere di turbare molto la fantasia popolare:
quella sul lupo mannaro. Della strana figura, a
metà tra l’uomo e il lupo, si parlava raramente
perché in genere evocava presenze
misteriose e terribili il cui pensiero, poi, per
giorni interi continuava a perseguitare le
persone, e non solo le più fifone.
Ciò nonostante, c’era sempre qualcuno che
prima o poi tirava in ballo quest' argomento. E
allora, vinta la ritrosia iniziale, ognuno era
voglioso di dire la sua e di raccontare ciò che
aveva sentito dire. C’era chi assicurava che il
lupo mannaro fosse un uomo che si
trasformava in mostro a causa di stregonerie
o di malvagi sortilegi, altri sostenevano che
103 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
fosse la conseguenza di una strana malattia,
altri
ancora che fosse un animale vero e proprio, o
addirittura il diavolo in persona. Le congetture
sulla sua natura erano le più disparate, ma su
alcune caratteristiche tutti concordavano: il
lupo mannaro appariva nelle notti di
plenilunio, emetteva ululati agghiaccianti ed
andava in cerca di prede che uccideva con
efferata violenza.
Dai racconti dei più anziani si sapeva che
anche a Borgo Quercia si erano verificati casi
di questo genere, ma, si diceva, dopo alcune
apparizioni il mostro spariva e per anni e anni
non se ne sentiva più parlare.
Neanche a farlo apposta, quell’inverno i
racconti sul lupo mannaro erano tornati alla
ribalta e per più sere tante persone, dopo la
veglia nella casa di Gervaso, erano rincasate
104 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
con i brividi in corpo e con la sensazione di
essere seguite o spiate.
La cosa che ancor di più suggestionava tutti
era che quell’inverno la luna si era mostrata in
tutto il suo splendore moltissime volte, in
quelle fredde e limpide notti l’astro lucente
illuminava tutta la campagna di un chiarore
irreale e questo spettacolo aveva un forte
potere emotivo, specialmente dopo i discorsi
che si facevano attorno al camino sul lupo
mannaro.
105 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Proprio in coincidenza con questi fenomeni,
una sera avvenne che, mentre tutti erano
attorno al fuoco presi dalla foga dei racconti,
echeggiasse nella vallata un terribile ululato
che avrebbe spaventato chiunque. Nella casa
di Gervaso tutti ammutolirono e si guardarono
con occhi sbarrati, nessuno ebbe il coraggio
di uscire per tornare nella propria abitazione.
Qualcuno più audace aprì la porta per capire
da dove provenissero quei versi bestiali, ma
l’eco faceva rimbombare quella voce in tutta
la vallata, dando l’impressione che ogni luogo
potesse essere il punto d’origine e questo
impedì di localizzare l’esatta provenienza. Le
donne cominciarono a sgranare il rosario,
raccomandandosi al cielo, gli uomini, anche
loro per niente tranquilli, si dettero un
contegno, ma non esitarono a munirsi di
bastoni per essere pronti ad ogni evenienza.
106 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Intanto il tempo si dilatava, i minuti
diventavano ore, mentre gli ululati, sempre
più intensi e terribili, si conficcavano come
lame nella testa di tutti.
Finché la luna tramontò e allora il paesaggio
ripiombò nel silenzio e nell’oscurità.
L’indomani gli intimoriti abitanti trovarono che
in una stalla alla periferia del paese un
capretto e un agnellino erano stati uccisi e
orrendamente dilaniati.
Dopo lo sconcerto e la paura, però, subentrò
l’istinto di difesa. Berto e nonno Gervaso per
primi cominciarono a raccogliere indizi, col
proposito di risalire all'autore del misfatto.
Osservarono con attenzione le ferite sugli
animali e le tracce lasciate sulla neve fresca.
Tutto apparve loro molto strano: i morsi erano
certamente di un animale, a giudicare
dall’efferatezza, ma non potevano essere di
107 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
cani perché troppo piccoli, tanto meno dei lupi
perché il territorio era controllato da Thor e
dal suo branco e questi certamente non
avrebbero permesso ad intrusi di attaccare il
paese. Le tracce lasciate sul terreno erano
molto confuse, come se quell’essere
mostruoso si fosse rotolato per terra ma, nei
punti dove erano più nette, non sembravano
né di uomo, né di animale. Berto e Gervaso
cominciarono comunque a seguire la pista
delle orme, finché queste scomparvero in
prossimità del fiume, abbastanza lontano dal
paese.
Proprio in quei paraggi c’era la catapecchia di
Tomasso, un pastore un po’ bisbetico che
raramente andava in paese, non parlava mai
con nessuno e viveva trasandato e selvaggio
solo con le sue pecore. Berto e Gervaso lo
chiamarono e gli chiesero se la notte scorsa
108 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
avesse sentito o visto qualcosa di strano. Ma
lui, molto scontrosamente, rispose di no.
I due tornarono in paese senza aver trovato
alcuna spiegazione. Gervaso si sentiva
turbato, non voleva rivelare agli altri le sue
perplessità per non diffondere il senso di
paura, che era già grande in tutti, ma pensò
che, se si fosse trattato veramente di un caso
di lupo mannaro, non si sarebbe fatto vivo
fino al prossimo plenilunio.
Infatti nelle notti seguenti tutto fu tranquillo
ma, al tornar della luna piena, ecco di nuovo
anche il mostro con i suoi ululati. Non ci fu più
alcun dubbio: si trattava proprio di un lupo
mannaro! Quella notte non fu certo meno
terribile della precedente, solo che a farne le
spese questa volta non furono capretti o
agnelli, ma due dei cani che erano stati messi
per la guardia. Erano anch’essi stati uccisi e i
109 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
loro corpi giacevano mutilati. Ancora una
volta le tracce finivano nei pressi del fiume,
vicino alla capanna di Tomasso. Tra le
persone la paura ovviamente aumentò perché
ognuno in cuor suo temeva che la prossima
vittima avrebbe potuto essere uno di loro. E fu
proprio la paura che convinse tutti ad essere
più risoluti. A proporre il piano fu Gervaso e
gli altri furono subito d’accordo. Nella
prossima notte di luna piena, avrebbero
messo un capretto come esca in mezzo alla
“Piana dei lupi mannari” e gli uomini più
vigorosi si sarebbero nascosti lì attorno ben
armati, pronti ad immobilizzare il mostro.
Fin da subito cominciarono a predisporre il
piano.
Berto intanto nei giorni successivi iniziò a
raccogliere quante più informazioni poteva su
ciò che si diceva dei lupi mannari, ma ben
110 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
presto si accorse che dai racconti non
ricavava nulla di concreto che potesse essere
utile, così pensò di rivolgersi al mago
Ariberto.
Non più di due giorni dopo, con l’aiuto di
Betta, insieme ai suoi amici incontrò il mago
che era di passaggio su un carro trainato da
due alci dalle grandi corna, in prossimità del
“Ponte della pietra antica”.
“Sto andando al raduno annuale dei maghi
che si svolge nel “Bosco dei misteri” e mi ci
vorrà una settimana prima di arrivare – disse
Ariberto – ma, ditemi ragazzi, che cosa
succede di così importante? Mi sembrate
piuttosto spaventati!”
Berto raccontò del lupo mannaro, della paura
che tutti avevano soprattutto perché non
sapevano chi diamine fosse. Allora il mago
accigliato e pensieroso esclamò:
111 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Homo licantropus est!”
“Che cosa!!!”
Proruppero in coro i tre ragazzi. Ariberto
allora spiegò che i lupi mannari erano
creature umane che per ragioni ignote
perdevano tutte le caratteristiche originarie e
diventavano dei mostri. Qualcuno diceva che
il fenomeno fosse dovuto a malattia, qualcun
altro a una stregoneria, altri ancora che fosse
una manifestazione del diavolo e,
quest’ultimo caso si verificava quando uno
degli spiriti maligni di Belzebù si
impossessava del corpo di un uomo.
“Uno spirito di Belzebù???”
Ripeterono sconcertati i ragazzi.
“Sì – disse Ariberto –E’ così e in questi casi la
mia magia può fare ben poco. Belzebù è
molto potente, ha tanti diavoletti che
vorrebbero entare nel corpo degli uomini e
112 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
ogni tanto qualcuno ci riesce. Ma non
disperate, perché anch’essi temono chi è più
potente di loro, infatti si trovano in grande
difficoltà in presenza di un esorcista.”
“E…che cos’è un esorcista?”
Chiese Berto sempre più spaesato, mentre
Teo e Tobia gli facevano l’eco.
“Di solito – cominciò a spiegare con pazienza
il mago – è un prete o un frate che con un rito
religioso riesce a cacciare il demone dal
corpo del malcapitato in cui è riuscito a
entrare.”
“Davvero!!!”
Fu l’unica parola che i tre ragazzi in preda alla
grande confusione riuscirono a balbettare.
“Sì, – rispose Ariberto – ma di queste cose è
bene che ne parliate con il vostro curato.” Poi
diede un colpo deciso alla briglia e le alci
cominciarono a muoversi e a salire. Dall’alto
113 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
del suo carro salutò i ragazzi e, muovendo la
bacchetta magica,esclamò:
“Licantropo, licantropo non avrai più scampo!
Berto, Bertino hai un cervello sopraffino!”
Il mago aveva appena finito di dire queste
parole che cominciò a piovere della frutta
dolcissima: noci, uva, mandorle, fichi in
grande abbondanza, mentre il carro trainato
dalle alci era già
scomparso.
Berto, non senza
essersi prima
addolcito la
bocca con tutto
quel ben di Dio,
corse a riferire al
nonno i consigli
di Ariberto, poi insieme andarono a parlare
con il curato.
114 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Don Peppino ascoltò in silenzio Gervaso e
solo alla fine disse pensieroso:
“Conosco anch’io questa versione del
fenomeno ma, se si tratta di fare esorcismi
per cacciare il diavolo, io non sono la persona
adatta, però posso parlare con fra Gambino, il
vecchio frate che vive nell’abbazia di Infra
Saxa e che è un grande conoscitore di queste
cose”.
Così, mentre don Peppino assicurò che si
sarebbe messo in contatto con fra Gambino,
Gervaso insieme agli altri abitanti mise a
puntino il piano per catturare il licantropo.
Il mese successivo nella “Piana dei lupi
mannari” tutto era pronto ma, quando venne
la notte del plenilunio, delle grigie nubi
coprirono il cielo e nulla accadde. Si dovette
aspettare parecchi giorni prima che la luna
115 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
tornasse bella, rotonda, chiara a risplendere
nel cielo illuminando le Terre dei monti verdi.
Ed ecco che allora, a mezzanotte, cominciò di
nuovo a diffondersi nell’aria l’eco di quei
terrificanti ululati. Pochi istanti dopo un essere
mostruoso, che alla luce lunare appariva
goffo, nero e bestiale, si inoltrò nella spianata
in direzione della preda ma, prima che la
raggiungesse, gli uomini appostati uscirono
dai loro nascondigli e si avventarono sul
mostro cercando di colpirlo con i bastoni.
Fu questione di un attimo: il bestione
precedette le mosse degli uomini, con balzi
furiosi li sgominò, li gettò a terra, nonostante
fossero forti e robusti, e sparì rapidamente,
lasciando le solite tracce che conducevano
nei pressi dell’abitazione di Tomasso.
La rabbia e la delusione furono enormi ma,
senza arrendersi, decisero che bisognava
116 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
preparare un altro piano più accurato e più
efficace. Si stabilì che avrebbero fatto finta di
ripetere lo stesso trucco nello stesso posto
della volta precedente, mentre avrebbero
appostato un’ altra preda nei pressi per trarlo
in inganno. Questa volta furono molto più
scrupolosi infatti, per rendere l’odore del
capretto più forte, misero lì vicino un pezzo di
carne cruda che mandava un tanfo
inconfondibile. Attorno all’animale scavarono
una grande buca che ricoprirono con frasche
e foglie, mettendoci sopra un sottile strato di
terra. In prossimità della buca disposero delle
robuste reti, ben nascoste ma pronte all’uso.
E finalmente il tranello funzionò: al tornare del
plenilunio, il mostro, credendo che avessero
ripetuto l’agguato nella Piana dei lupi
mannari, si tenne lontano da quel luogo e,
seguendo l’odore della carne cruda, si avviò
117 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
tranquillo verso il punto in cui era stata
predisposta la nuova trappola. Smaniando si
avvicinò alla bestiola ma, prima di poter dar
sfogo ai suoi animaleschi istinti, sprofondò
nella buca mimetizzata.
Nel precipitare emise urla infernali, ma gli
uomini di Borgo Quercia non si lasciarono
impressionare, prontamente gli lanciarono
addosso le reti, lo neutralizzarono e, con non
poca fatica, riuscirono a legarlo.
La bestia si dibatteva disperatamente ed
emetteva lamenti ancora più terribili del solito,
il suo aspetto era indescrivibile.
Fu subito mandato ad avvisare don Peppino
che si tenesse pronto a far intervenire il frate
esorcista, perché il momento più delicato e
difficile era giunto.
Nel frattempo il mostro fu caricato su un carro
e tutti si diressero verso la chiesa. Qui venne
118 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
trascinato all’interno con grande fatica da ben
dodici uomini. Sebbene fosse legato stretto
da grosse corde, sembrava che una potenza
inverosimile si sprigionasse dal suo corpo. Il
luogo e i simboli sacri creavano in lui reazioni
e spasmi spaventosi oltre ogni dire.
Finalmente riuscirono a trascinarlo vicino
all’altare, dove fu accolto da fra Gambino.
Questi, dopo aver pronunciato alcune formule
di rito in latino, gettò addosso al mostro
dell’acqua santa gridando:
“In nomine domine, vade retro Satana!”
Le gocce di acqua santa che caddero sul
corpo del licantropo provocarono delle vere e
proprie ustioni, allora il mostro con uno sforzo
prodigioso ruppe tutte le corde, sbatté a terra
gli uomini che lo trattenevano e in poco
tempo riuscì a guadagnare la via d’uscita.
Stava per aprire la porta della chiesa quando
119 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Berto, con la rapidità di un fulmine, si gettò
sulla grande acquasantiera, posta vicino
all'ingresso, rovesciandola addosso al lupo
mannaro.
La scena fu terribile: parole incomprensibili,
urla, vapori, fumo, contorcimenti, poi
all’improvviso si vide un diavoletto rosso
uscire dal corpo dell’animale e dissolversi
nell’aria.
Lo spettacolo atterrì tutti, anche fra Galdino
che pure non era nuovo a questi avvenimenti.
120 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Quando i presenti si riebbero dallo stupore, si
avvicinarono sospettosi al corpo che giaceva
esanime a terra.
Incredibile! L’essere immondo aveva assunto
sembianze umane, aveva sul volto i segni
della fatica che lo aveva spossato, ma la sua
espressione era distesa e soprattutto era
proprio Tomasso, il pastore, che di lì a poco
riprese i sensi, ignaro di quanto fosse
accaduto.
Tomasso lì per lì si sentì confuso, non capiva
perché si trovasse in quel luogo e perché
attorno a lui ci fosse tutta quella gente che lo
guardava sbalordita, ma poi cominciò a
parlare, a ridere e scherzare come mai era
accaduto, incredulo, lui per primo, di sentirsi
dentro tanta voglia di vivere.
La tensione man mano si sciolse e tutti furono
ben felici di quella conclusione soprattutto per
121 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tomasso che, da allora, a poco a poco,
divenne un gran mattacchione simpatico a
tutti, divenne grande amico di Berto e…
dicono che dopo alcuni anni riuscisse anche a
trovar moglie!
122 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Nelle vallate dei Monti Verdi, tra le rocce che
spuntavano qua e là dal terreno, spesso si
trovavano dei fossili, dei piccoli resti d’animali
o di vegetali che avevano lasciato la loro
impronta sulla pietra, fin da epoche molto
lontane. Questi scoperte avvenivano in posti
diversi, ma, poco distante dal Lago dei Pesci
d’oro, i reperti erano così abbondanti che tutti
avevano finito col chiamare quel luogo
“Campo dei Fossili”.
Berto, Teo e Tobia andavano sempre
volentieri a giocare in quella spianata, si
divertivano a cercare i fossili ed erano assai
orgogliosi quando riuscivano a scoprirne uno
che non avevano mai visto. Così avevano
raccolto una bella collezione di conchiglie e di
pietre sulle quali erano impresse figure di
123 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
strani insetti, ramoscelli, foglie o disegni che
assomigliavano a spine di pesci.
Tutti quei resti – aveva spiegato loro una volta
don Peppino – erano la testimonianza che
milioni e milioni di anni addietro in quei luoghi
esistevano forme di vita molto diverse dalle
attuali e, vista la presenza di numerose
conchiglie, le acque del mare dovevano
bagnare quelle terre dove ora sorgeva la
montagna.
Una volta, durante una di queste interessanti
avventure, Berto vide affiorare dal terreno
l’estremità di una lastra di pietra con
un’impronta insolita, che non assomigliava a
nessuna di quelle conosciute. Chiamò subito
Teo e Tobia perché lo aiutassero a sterrare la
pietra e, mentre scavavano, cominciò a
delinearsi l’immagine di una testa simile a
quella di un grande uccello, ma con le fauci
124 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
lunghe e affusolate e con un’interminabile
schiera di denti grandi e acuminati. La
scoperta si faceva ogni istante più incredibile,
perciò, senza risparmiarsi nella fatica, tutti e
tre cercarono affannosamente di liberare la
pietra dalla terra ma, più scavavano più il
fossile si allargava, si allungava assumendo
dimensioni impensabili. Ad un certo punto i
ragazzi, felici ed emozionati, si guardarono e
capirono che si trattava di uno sconosciuto e
importante animale preistorico. Via via, dopo
la testa apparve il lungo collo, poi il corpo
simile a quello di una grossa oca. Ma proprio
quando pensavano di aver riportato alla luce
l’intero animale, si accorsero che il più doveva
ancora esser fatto, il disegno, infatti, non si
interrompeva anzi a poco a poco lasciava
intravedere una coda che pareva non
125 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
dovesse finire mai e due ali che apparivano
sproporzionate rispetto al corpo.
A quel punto non ce la fecero più, perciò
chiesero aiuto a nonno Gervaso e ad altri
uomini del paese. Dopo alcuni giorni di duro
lavoro, la lastra di pietra con il fossile era
stata completamente ripulita e l’immagine che
si vedeva era davvero straordinaria: una
specie di uccello con tanti denti, delle ali
membranose e una lunga coda appiattita
all’estremità.
Nessuno aveva mai visto né sentito parlare di
un simile animale!
Nonno Gervaso e gli altri abitanti di Borgo
Quercia pensarono di collocare la lastra con il
fossile davanti alla locanda del paese, dove
avrebbe rappresentato una bella attrazione
per i forestieri.
126 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
In paese, dove non si parlava d’altro, tutti
furono d’accordo, così si misero al lavoro e
dopo non molto tempo il fossile poteva essere
ammirato nella facciata della locanda al
centro del paese.
Berto era quanto mai soddisfatto, ma quel
ritrovamento aveva stuzzicato la sua
curiosità, voleva saperne di più su
quell’animale, così pensò di andare a
rovistare nella vecchia biblioteca del curato e
qui, con grande compiacimento, trovò un
intero libro sulla preistoria che illustrava
anche i più importanti animali di quelle
epoche. Con meraviglia apprese che molti
avevano dimensioni enormi, quasi tutti erano
ormai scomparsi da milioni di anni ed
avevano dei nomi stranissimi: mammut,
brontosauri, allosauri, ittiosauri… ad un certo
punto si trovò davanti, senza ombra di
127 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
dubbio, l’illustrazione di quello che lui e i suoi
amici avevano scoperto! Il suo nome era
“Pterodattilo” che significa –spiegava il libro –
“dita alate”. Apparteneva alla classe dei
“Rettili alati” vissuti circa 150 milioni di anni fa.
Ma – si leggeva ancora – questi pterodattili
avevano una curiosa caratteristica: benché
fossero dei rettili, non avevano la pelle a
squame, come i serpenti, le lucertole o altri
rettili odierni, il corpo infatti era ricoperto da
una specie di pelo. Volavano come se fossero
uccelli, però le loro non erano vere e proprie
ali, ma sottili membrane che univano gli arti
superiori a quelli inferiori. Quando erano in
volo, alla ricerca di possibili prede, le loro
dimensioni sembravano enormi ed erano
molto temuti dagli altri animali.
Berto passò ore e ore a leggere quel libro, poi
quando tornò a casa riferì con foga ed
128 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
entusiasmo tutto quanto aveva appreso alla
nonna.
Fu allora che nonna Natalina raccontò a Berto
la storia che le era tornata in mente dopo aver
visto il fossile alla taverna, che nel frattempo
era stata denominata “Taverna dello
Pterodattilo”. Quando lei era giovane, uno dei
vecchi del paese diceva sempre di vedere
sulle grotte alte della montagna un uccello
spaventoso la cui descrizione corrispondeva
esattamente all’immagine del fossile, il
vecchio diceva che emetteva un verso
terrificante e lo descriveva nei particolari ma,
nonostante fosse una persona rispettata,
nessuno lo aveva mai preso sul serio. Nonna
Natalina si mostrava molto colpita e turbata
da questa coincidenza. Berto, al momento le
disse che gli pterodattili non potevano
esistere più, perché la specie si era estinta da
129 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
milioni di anni. Però poi, più pensava al
racconto della nonna, più si sentiva
suggestionato.
E se invece qualche esemplare esistesse
ancora?
L’idea per più notti lo aveva tenuto sveglio a
lungo, alla fine decise di chiedere
delucidazioni al mago Ariberto.
Il mago fu colto di sorpresa dalla domanda
dell’amico, non sapeva proprio rispondere
così su due piedi, ma non si perse d’animo e
infatti rispolverò la sua vecchia sfera magica,
mosse con maestria le dita su di essa
esclamando:
“Sfera veggente sempre sapiente, esiste
ancora l’uccello serpente?”
Lentamente all’interno della sfera il mago e
Berto videro configurarsi l’immagine dello
pterodattilo.
130 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Sì! – gridò soddisfatto Ariberto! – Allora
esiste, esiste ancora e vedo che si trova in
una delle grotte alte della montagna grande!”
La meraviglia e l’entusiasmo, non solo di
Berto ma anche del mago, arrivarono alle
stelle! Ariberto però, intuendo le intenzioni del
ragazzo, si premurò di metterlo in guardia,
perché l’animale rappresentava un bel
mistero, non si sapeva come avesse potuto
sopravvivere e perciò poteva avere dei
comportamenti pericolosi e forse diversi da
quelli che i testi scientifici descrivevano.
Inoltre, continuò Ariberto, non si sarebbe
certamente fatto trovare, a meno che non si
fosse utilizzato un richiamo speciale. Inutile
dire che Berto fu quanto mai insistente nel
voler sapere di più su questo richiamo.
Il mago si fece promettere dal ragazzo che
sarebbe stato prudente e poi prese una bella
131 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
zucca gialla, vi praticò un foro con la
bacchetta magica e, in tono solenne,
pronunciò:
“Zucca lucente, dell’uccello serpente l’urlo
possente!”.
Ed ecco diffondersi, nell’aria un terribile verso
che – spiegò Ariberto – si sarebbe ripetuto
ogniqualvolta si fosse soffiato nel foro della
zucca.
Berto non vedeva l’ora di andare alla ricerca
di quell’animale, perciò ringraziò e salutò il
132 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
mago, promettendogli di tenerlo informato su
quanto sarebbe accaduto.
Una volta tornato in paese, mise subito al
corrente Teo e Tobia e tutti e tre furono
immediatamente d’accordo di partire per la
nuova emozionante avventura.
Il giorno seguente di buon mattino andarono
sulle grotte della montagna grande e
cominciarono a cercare. Per più giorni non
accadde nulla all’infuori del fatto che, ogni
volta che utilizzavano la zucca richiamo, tutti
gli uccelli, gli scoiattoli, i leprotti e tutti gli altri
animali fuggivano terrorizzati. Una sera però,
dopo che Berto ebbe soffiato per l’ennesima
volta dentro la zucca, da un anfratto della
caverna si sentì il tonfo di passi che si
avvicinavano. I tre ragazzi rimasero immobili
in silenzio, finché videro uscire allo scoperto
l’incredibile animale. Era perfettamente
133 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
identico a quello disegnato sulla pietra, con la
differenza che questo era vivo e camminava.
Sul muso aveva un’espressione quanto mai
stralunata, come se si fosse svegliato da
poco o se fosse spaventato e suscitava un
misto di simpatia e di paura.
Quella sera Berto, Teo e Tobia non ebbero il
coraggio di muoversi e lo pterodattilo, che
non si accorse dei tre, dopo aver girato un po’
nei dintorni strappando qualche foglia ed
annusando tra i cespugli, se ne tornò nella
grotta e tutto tornò come prima.
I tre erano rimasti come pietrificati, si
guardavano increduli e incapaci di capire se
veramente avessero visto lo pterodattilo.
Ritornarono più volte sulle grotte e rividero
spesso l’animale ma, pur avendo superato
quasi del tutto la paura, non sapevano con
quale trucco poterlo catturare per portarlo in
134 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
paese, dove avrebbero voluto costruire un
grande recinto per lui.
Berto pensò che l’animale, essendo solo,
sarebbe stato attratto dalla compagnia di un
suo simile. Per esempio, seguendo lo schema
del fossile, avrebbero potuto costruire un
telaio di legno con le proporzioni e la struttura
dello pterodattilo, avrebbero potuto ricoprire il
corpo con della pelle di coniglio e con qualche
sapiente tocco di colore il modellino poteva
essere una buona idea per attirare la curiosità
dello pterodattilo.
Teo e Tobia furono assai felici della trovata di
Berto e si dissero pronti a cominciare subito i
lavori. Dopo qualche giorno il modellino era
completato e faceva una discreta
impressione.
Intanto la notizia del ritrovamento del fossile
si era sparsa rapidamente e in paese, tra gli
135 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
altri curiosi, si erano presentati tre signori che
erano rimasti estasiati per la bellezza e
l’unicità del fossile ed essendo degli scienziati
avevano cominciato a perlustrare la zona. Più
volte avevano notato i ragazzi indaffarati che
facevano la spola tra la taverna e la
montagna grande e avrebbero volentieri
rivolto loro delle domande, ma Berto, Teo e
Tobia erano troppo intenti a preparare la
cattura dell’animale per fermarsi a
chiacchierare con gli estranei.
Il piano di Berto infatti procedeva con
successo : in prossimità delle grotte, su due
rocce sporgenti Berto aveva collocato delle
piccole carrucole sulle quali faceva scorrere
una fune. Su questa i tre avevano attaccato il
finto pterodattilo, tirando la corda da una
parte o dall’altra sembrava veramente che
l’animale volasse.
136 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Prepararono poi una rete che Teo e Tobia
avrebbero gettato dall’alto delle rocce sopra
all’animale se, come speravano, il trucco
avesse funzionato.
Quando tutto fu pronto cominciarono a
soffiare nella zucca e, dopo alcuni giorni di
inutili tentativi, finalmente lo pterodattilo tratto
in inganno dal manichino si avvicinò
incuriosito. Quando giunse nel punto giusto, i
ragazzi gli gettarono addosso la rete. Questi
tentò di fuggire ma, nell’aprire le voluminose
ali, rimase impigliato nella rete e cadde
impotente a terra. Allora fu immobilizzato e
legato con robuste corde non senza fatica,
perché l’animale con la sua orribile bocca
cercava di mordere i tre ragazzi.
A questo punto dovettero chiamare i paesani
che con un carro trasportarono lo pterodattilo
in paese tra lo stupore, la meraviglia e la
137 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
felicità di tutti.
Lo pterodattilo fu provvisoriamente messo in
una grande gabbia.
Quando gli scienziati videro l’esemplare
fossilizzato vivo in carne ed ossa, rimasero
più sbalorditi di tutti e, spiegando agli abitanti
di Borgo Quercia l’esclusività della
fenomenale scoperta, insistettero perché
potessero portarlo nella loro città per studiarlo
e capire, dicevano, la storia e la vita di quegli
esseri scomparsi da millenni e millenni. Berto
e gli amici, insieme a tanti altri, all’inizio non
vollero saperne, ma poi, vuoi perché quegli
studiosi furono molto insistenti, vuoi perché
sapevano bene l’importanza dell’evento,
finirono per acconsentire, seppur a
malincuore e comunque dietro la promessa
che sarebbe stato trattato con riguardo e
nessuno gli avrebbe fatto del male.
138 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Fu subito preparato un carro con una gabbia
per il viaggio, perché l’indomani sarebbero
partiti.
Ma Berto, che non aveva potuto opporsi
come avrebbe voluto, anche per non
sembrare insensibile ai progressi della
scienza, la sera tardi volle tornare a vedere lo
pterodattilo, sentiva il peso di essere stato lui
la causa della cattura e forse, chissà, il
povero animale non avrebbe più assaporato
la libertà. Berto era molto avvilito e si stava
avvicinando pensieroso alla gabbia, quando
delle voci lo riportarono alla realtà: erano due
degli scienziati che sghignazzavano e se la
ridevano sul fatto che a Borgo Quercia erano
tutti creduloni e sprovveduti. Berto si fermò
istantaneamente per capire cosa i due
stessero.dicendo.con.precisione:
“Guadagneremo un sacco di soldi, quando lo
139 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
sezioneremo e ne venderemo dei pezzi a tutti
i musei del mondo!”.
Berto sentì una stretta allo stomaco nel
constatare come l’avidità potesse rendere
malvagi gli uomini. Quei tre, non solo non
erano scienziati, ma non avrebbero esitato ad
uccidere quello splendido e preziosissimo
esemplare. Berto corse subito a chiamare
Teo e Tobia per liberare l’animale prima che
lo portassero via.
Attesero di essere soli e provarono ad aprire
la gabbia ma, siccome era piuttosto robusta e
non avevano le chiavi, non riuscirono a
combinare niente. Allora pensarono di svitare
con dei cacciaviti le legature di ferro che
tenevano la parte superiore della gabbia e ci
stavano riuscendo, quando uno dei tre falsi
scienziati, che aveva finito di mangiare, uscì
per iniziare il turno di guardia. Non poterono
140 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
fare più nulla, nonostante aspettassero fino a
tarda notte che si presentasse il momento
buono.
Al mattino giunse l’ora di mettersi in viaggio e
tutto sembrava perduto, quando Berto,
appostato fuori del paese, soffiò nella zucca
di Ariberto.
A quel richiamo lo pterodattilo, come per
incanto, si svegliò dal torpore e con un balzo
in alto si spinse verso la parte superiore della
gabbia facendo saltare il coperchio che aveva
i fermagli quasi tutti svitati. L’uccello serpente
emise un urlo agghiacciante e cominciò a
volare battendo con forza le sue ali
membranose, prese quota, poi voltandosi
all’improvviso si gettò in picchiata
avventandosi contro i tre scienziati,
mordendoli ovunque e lasciandoli a terra
141 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
doloranti e sanguinanti. Poi si alzò di nuovo e
sparì tra le grotte della montagna grande.
I tre disonesti uomini dimenticarono
completamente l’interesse scientifico e
sparirono di corsa senza farsi mai più vedere!
Anche questa volta a Borgo Quercia furono
tutti felici della conclusione della vicenda.
C’era nell’aria un po’ di tristezza per aver
perduto lo splendido pterodattilo, ma
rimaneva sempre il grande fossile che
campeggiava sulla parete della locanda.
142 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Dopo i rigori dell’inverno, la primavera era
tornata in tutto il suo splendore sulle Terre dei
Monti Verdi, con il tepore del clima era
un’esplosione di colori e di profumi. Berto
amava moltissimo questa stagione perché
poteva tornare alle sue avventure e sfogare
quella carica di vitalità che per mesi aveva
dovuto contenere. Ma c’era anche un altro
motivo che lo rendeva felice: il suo
compleanno! Ogni volta lo attendeva con
grande ansia perché i nonni lo festeggiavano
sempre con tanto amore organizzandogli una
bellissima festa e sempre, nel passato,
avevano saputo sorprenderlo con qualcosa
che lui non si aspettava, perciò quella era una
giornata speciale.
143 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Così anche quell’anno Berto, con largo
anticipo, si era più volte sorpreso a pensare e
a pregustare la festa, immaginando nella sua
fantasia come si sarebbe svolta.
Quando finalmente il giorno arrivò, era una
splendida giornata, sembrava che gli uccelli
partecipassero alla sua gioia, li sentiva più
rumorosi del solito con il loro cinguettio. Berto
si era svegliato di buon mattino e il pensiero
gli era subito andato alle cose buone che
nonna Natalina gli avrebbe fatto trovare per
colazione.
Rimase assai male quando andando in
cucina vide che c’era la solita tazza di latte
con il solito ciambellone. Nonno Gervaso e
nonna Natalina erano sì, di buon umore come
sempre, ma niente auguri, niente festa, niente
di niente di quello che aveva previsto. La
cosa gli sembrò molto strana, impossibile da
144 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
credere, eppure tutto faceva pensare che si
fossero dimenticati del suo compleanno.
Silenziosamente fece colazione ed uscì,
cercando nella sua mente le diverse e
possibili spiegazioni, ma in verità tutte erano
assai poco convincenti. Per strada incontrò i
suoi amici e neanche loro si ricordarono della
sua festa, fu davvero un’altra grande
delusione.
La mattinata tuttavia passò abbastanza in
fretta, ma sembrava che a Borgo Quercia
improvvisamente tutti fossero diventati
smemorati. Eppure solitamente i paesani
erano attenti alle varie ricorrenze, magari un
augurio, una tiratina d’orecchi, ma nessun
compleanno passava inosservato. E dunque,
se quella volta si erano dimenticati di lui,
doveva certamente trattarsi di qualche
sortilegio, concluse Berto.
145 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tutto ciò però lo aveva profondamente
rattristato. Lentamente aveva sentito svanire
l’entusiasmo, si sentiva turbato e aveva
cercato di rimanere solo per non dover
spiegare a nessuno il suo malumore e per
non far vedere i lacrimoni che, nonostante si
sforzasse, ogni tanto non riusciva a
trattenere. Sconsolato, verso l’ora di pranzo
se ne stava tornando a casa, quando,
passando sull’aia a testa bassa e assorto nei
suoi pensieri, sentì improvvisamente il
silenzio rotto da tante voci festose che gli
porgevano gli auguri per il suo compleanno.
Berto si sentì frastornato, per un attimo pensò
di sognare, ma sull’aia era stata allestita una
lunghissima tavolata e sopra c’era ogni sorta
di bontà: affettati, tagliatelle fumanti, arrosti,
contorni, dolci, frutta erano tutte cose vere e
146 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
aspettavano di esser mangiate, ma
soprattutto tutto il paese era là a festeggiarlo!
Nonno Gervaso e nonna Natalina non si
erano smentiti, anche questa volta avevano
saputo sorprendere Berto! Avevano finto di
dimenticare la ricorrenza, proprio per
aumentare la sorpresa e… c’erano riusciti in
pieno!
147 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
E poi… quanti regali! Un cappello con la
piuma, un temperino nuovo, una canna da
pesca, delle scarpe, una fionda speciale
costruita da nonno Gervaso con un raro legno
su cui era inciso il nome di Berto. Nonna
Natalina invece gli aveva lavorato a mano un
bellissimo maglione con dei ricami che
riproducevano delle montagne, un’aquila e un
lupo.
Sull’aia era stato preparato anche l’albero
della cuccagna con tanti premi che tutti si
divertirono a conquistare.
Tra la gioia incontenibile di Berto, i canti e
l’allegria generale si iniziò a mangiare quelle
leccornie. Berto era frastornato e fuori di sé
dalla contentezza.
Le sorprese però non erano che all’inizio.
Infatti anche i suoi amici animali sapevano
della festa: Thor e il suo branco fecero sentire
148 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
fortissimo il loro ululato di buon compleanno.
Uno scoiattolo saltò sulla tavola e si fermò
davanti a Berto, per un attimo comparve
anche Bricco che gli lasciò come regalo un
famoso portafortuna, un bel ciuffo di peli di
tasso legato con un nastro rosso, e subito
dopo sparì. Anche Zac, a modo suo, salutò
Berto volteggiando maestosamente nel cielo
sopra la tavolata.
Ad un certo punto, galoppando su un cavallo
bianchissimo, fece la sua comparsa Ariberto,
accompagnato da Betta. Il mago scese,
abbracciò forte il festeggiato e, muovendo la
sua bacchetta magica, disse:
“Berto, Bertino, gran birichino, ecco a te il mio
pensierino!”
Tra le mille scintille della bacchetta si
materializzò un bellissimo libro con tutte le più
antiche leggende delle Terre dei Monti Verdi.
149 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Berto ringraziò
commosso il mago, questi nel frattempo gustò
alcuni dolcetti, bevve del buon vino e poi,
dopo aver riso di gusto con i festeggianti,
ripartì sul suo cavallo. Intanto, durante la
festa, qualcuno cominciò a ricordare le storie
più divertenti accadute nel paese, e allora
furono matte risate nel ricordare la burla di
Peppetto e Nazzarena, i racconti di Gustavo,
la lezione data ad Arsenio….
150 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
In mezzo a questa atmosfera festosa, però,
c’era qualcosa che turbava la serenità di
nonno Gervaso. Questi, infatti, aveva
convinto Anacleto, che sarebbe dovuto
tornare per ispezionare il bosco, a far
coincidere la visita con il compleanno di Berto
e a farsi accompagnare da Isabella. Il loro
arrivo era atteso per l’ora di pranzo, ma non
se ne era saputo niente, nonno Gervaso era
dispiaciuto per il loro ritardo e cominciava
seriamente a preoccuparsi.
E aveva ragione! Infatti, mentre in carrozza i
due stavano attraversando la gola dei Sassi
Forti, era capitato loro un brutto incidente. Il
volteggiare di Zac, che tanto allietava le
persone radunate sull’aia, incuteva invece un
gran terrore agli animali, possibili prede delle
aquile. Così era accaduto che una coppia di
151 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
serpenti impauriti attraversasse la strada
proprio mentre passava la carrozza di
Anacleto e Isabella. I cavalli, nel trovarsi tra le
zampe quelle bestie, si erano imbizzarriti e,
nell’agitarsi, si erano staccati dalle briglie
facendo rovesciare la carrozza in un dirupo.
Fortunatamente la caduta fu arrestata dalla
presenza di alcuni arbusti però, lentamente e
a tratti, questi cedevano, mentre la
sensazione di essere sospesi nel vuoto aveva
paralizzato padre e figlia. Anacleto cercò di
contenere lo spavento che sentiva dentro di
sé, anzi riuscì anche ad incoraggiare Isabella
dicendole che sicuramente sarebbero riusciti
ad uscire e a salvarsi. In verità, il poveretto in
152 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
cuor suo non ne era affatto sicuro. Per un po’
di tempo, che sembrò un’eternità, rimasero
così, quasi sospesi nel vuoto, finché Zac
dall’alto si accorse del brutto incidente e
allora immediatamente corse a prendere
Berto. Questi, senza fare troppe domande,
salì in groppa all’aquila e dall’alto vide la
terribile scena. Sentì una morsa in mezzo allo
stomaco, ma non c’era da perdersi d’animo e
così si affrettò a cercare una corda. Poi si
recò sul luogo dell’incidente, legò la corda
ben stretta ad un albero e senza esitazione si
lasciò scorrere lungo questa nel precipizio,
quindi la porse ad Anacleto. Questi si fece
abbracciare stretto stretto da Isabella, poi si
assicurò facendosi passare diverse volte la
corda attorno alla vita e sotto le ascelle e…
erano appena usciti dalla carrozza,che questa
precipitò sfracellandosi in fondo al dirupo!
153 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tutti gli altri, intanto, erano accorsi e, in un
baleno, tirarono su tutti e tre. Povera Isabella!
Che spavento! Berto li aveva salvati un’altra
volta ed Anacleto non finiva più di
abbracciarlo e di ringraziarlo, commosso per
la sua prodezza!
Ben presto di lì a poco, la contentezza e la
soddisfazione ebbero il sopravvento sulla
paura e sul ricordo dello scampato pericolo.
Tutti insieme si diressero verso l’aia e intorno
alla tavolata continuarono a mangiare e a
festeggiare.
Berto ovviamente sedette accanto a Isabella,
felice oltremodo per aver ritrovato la cara
amichetta.
Quante storie furono raccontate quel giorno!
La festa si protrasse fino a sera poi, appena
154 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
fu notte, si sentì un sibilo e subito dopo il
rumore di uno sparo: era ancora un’altra
sorpresa! Tanti fuochi d’artificio che
formavano cascate di colori lucenti e che
illuminavano la notte in uno scintillio di luci
gialle, rosse, verdi, arancione che
rischiaravano a giorno tutta l’aia!
Emozionatissima, alla fine dell’ultimo fuoco,
Isabella diede un bacio sulla guancia a Berto.
In quel momento tutto e tutti scomparvero
dalla scena, soli sotto il cielo stellato c’erano
solo lui e Isabella! Questo davvero non lo
aveva previsto, anzi aveva addirittura
superato ogni aspettativa! E tra tutte le
sorprese fu certamente la più gradita e la più
emozionante! Per fortuna era diventato di
nuovo buio e così nessuno poté vedere di che
colore fosse diventato il viso di Berto!
Che compleanno indimenticabile!!!
155 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Appendice
Dopo tante storie anche Francesca Romana
e Marco Fabio si sono cimentati ad inventare
la loro “Storia di Berto” e con un po’ d’aiuto
ecco cosa ne è scaturito.
156 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Nei pressi della “Cascata dei tre salti”, un
luogo poco distante da Borgo Quercia, una
volta vennero trovati i resti di un’antichissima
reggia.
Gli abitanti dei paesi circostanti, incuriositi
dall’insolito fatto e convinti di poter ammirare
chissà quali meraviglie, erano corsi subito a
vedere.
157 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Tra questi c’era anche Berto che già
fantasticava di poter esplorare con Teo e
Tobia quel posto, dove sicuramente si
nascondevano tanti segreti.
Quando però costatarono che della
costruzione non rimanevano che pochi ruderi,
delusi, pensarono tutti che fosse meglio
spazzar via quelle rovine, senza capire
quanto valessero dei resti così antichi.
Fu un noto studioso straniero, John Mc
Zagan, famoso per le sue scoperte e capitato
lì per caso, che ne capì il valore e questi,
dopo aver ottenuto i necessari permessi, volle
con i suoi aiutanti cominciare subito gli scavi.
E c’è da dire che Mc Zagan aveva avuto
proprio fiuto, perché i ruderi nascondevano
ben più di quanto l’apparenza avesse lasciato
immaginare. Infatti, come gli abitanti di Borgo
Quercia appresero man mano che i lavori
158 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
procedevano, vennero alla luce tesori di
notevole pregio: mosaici che raffiguravano
scene di caccia o di festa, vasi di terracotta
dipinti, brocche e piatti d’argento finemente
cesellati e tanti gioielli.
Ma la scoperta più sensazionale fu il
ritrovamento di una stanza funeraria che
custodiva, oltre al corpo di una persona
morta, grandi quantità di oggetti preziosi.
159 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Di queste scoperte la sera, in paese, riuniti
nella “Taverna dello pterodattilo”, tutti
parlavano con grande interesse e con una
certa preoccupazione. Gli abitanti avrebbero
voluto che quei reperti rimanessero a Borgo
Quercia, perché chiunque potesse ammirarli.
Invece di questo Mc Zagan non parlava
affatto e tutta la faccenda era avvolta in un
sospetto silenzio.
Una sera il vecchio Gustavo, che conosceva
molte lingue e perciò capiva abbastanza bene
ciò che gli uomini di Mc Zagan dicevano,
confidò agli altri:
“A me questo studioso e i suoi aiutanti
sembrano molto strani, dai loro discorsi mi
pare che abbiano intenzione di portare tutti i
reperti in un museo della loro regina e questo
per noi sarebbe un grave danno.”
160 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“E no!- Intervenne allora nonno Gervaso –
questo non dobbiamo permetterlo! Noi
abbiamo concesso a Mc Zagan di scavare
per i suoi studi e per il bene dell’umanità, ma
gli proibiremo di portar via qualunque reperto.
Chi è d’accordo con me, domani si faccia
trovare nella piazza, poi insieme andremo ad
informarci direttamente da Mc Zagan per
sapere cosa sta combinando. Tu, Gustavo,
dovrai farci da interprete, sarai perciò attento
a ciò che lo studioso dirà e ci tradurrai tutto.”
Quella sera continuarono ancora un po’ le
discussioni poi, augurandosi la buona notte,
se ne andarono a dormire. La mattina
seguente quasi tutto il paese era radunato
nella piazza e, come stabilito, insieme si
diressero alla “Cascata dei tre salti”. Nei
pressi degli scavi incontrarono Mc Zagan che,
al vedere tutta quella gente, sembrò piuttosto
161 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
infastidito. Ma gli abitanti di Borgo Quercia
non gli diedero scampo, le domande che gli
rivolsero, tramite Gustavo, erano precise e
altrettanto precise dovettero essere le
risposte di Mc Zagan il quale, suo malgrado,
giurò che niente sarebbe stato portato via.
Solo dopo essere stati ripetutamente
rassicurati, nonno Gervaso, Gustavo e tutti gli
altri tornarono soddisfatti in paese.
Ma lo studioso, in verità, non aveva affatto
intenzione di rispettare il giuramento, infatti, i
reperti più preziosi che aveva scoperto nella
tomba erano già ben nascosti e sistemati su
dei carri pronti per partire, non appena fosse
stato possibile.
La stanza funeraria scoperta era imponente,
incuteva un senso di soggezione e di paura.
Sopra la porta d’accesso erano incise delle
iscrizioni in una lingua che neanche lo
162 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
studioso e i suoi aiutanti conoscevano ma,
quelli senza tenerne conto, avevano sfondato
l’uscio e subito erano stati investiti da un
vento gelido. Gli operai accanto alla salma,
tra le altre cose, avevano trovato un
talismano tempestato di pietre preziose,
certamente di un valore inestimabile. Anche
su questo c’erano delle incisioni nella stessa
lingua delle frasi che stavano sopra alla porta,
e pure questo oggetto era stato
accuratamente deposto sul carro. La gente
del paese, ignara di tutto ciò, il giorno
seguente tornò nel luogo degli scavi e Mc
Zagan si premurò di rassicurarli di nuovo per
non avere da loro intralci. Ma, mentre insieme
chiacchieravano, Gioacchino, un uomo molto
curioso, stava per entrare nella stanza
funeraria per dare un’occhiata, ma John, che
li teneva tutti d’occhio, per impedire che
163 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
venissero scoperte le sue macchinazioni,
disse:
“No, no! Non entrare! Per carità, non entrare!
Gli scavi sono delicatissimi e potrebbero
essere compromessi da chi non è esperto!”
Tutti ci credettero e Gioacchino tornò indietro
mortificato ma, a nonno Gervaso e a Berto, la
faccenda puzzò di imbroglio.
Nei giorni successivi, nelle Terre dei monti
verdi, all’improvviso ci fu una violenta
grandinata che distrusse buona parte dei
raccolti, poi, anche se mancava poco alla
primavera, ci fu un’abbondante nevicata che
finì di rovinare tutto. Presto si verificarono
altre inspiegabili disgrazie: il bestiame moriva
per sconosciute malattie, nei campi non
cresceva più niente e tutti si sentivano molto
preoccupati, infelici e non sapevano cosa
fare.
164 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Poiché Berto era solito andare a trovare il
fantasma di re Gedeone e parlare a lungo con
lui, una sera gli raccontò anche gli ultimi fatti
che stavano avvenendo a Borgo Quercia.
“Lo sai che uno studioso ha scoperto
un’antica reggia vicino alla “Cascata dei tre
salti?”
“Che hai detto?…U…una…re…ggia?
Vicino…alla…cascata?”
Ripeté impaurito Gedeone interrompendo il
discorso di Berto.
“Sì, una reggia antica, ma perché sei
spaventato? Che c’è che ti turba?”
Replicò il ragazzo incuriosito.
“Questa è una lunga storia – cominciò a
raccontare Gedeone – che risale alla mia
giovinezza. Zenone era il mio fratello gemello.
A suo tempo nostro padre ebbe molte
perplessità nel decidere a chi spettasse il
165 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
regno dopo la sua morte. Volendo molto bene
ad entrambi, non voleva far torto a nessuno di
noi due, perciò alla fine decise di sottoporci a
delle prove di coraggio e di abilità. Il migliore
avrebbe ereditato il regno. I risultati
stabilirono che il sovrano sarei stato io, ma
nostro padre volle che anche Zenone avesse
un suo piccolo reame, così, vicino alla
“Cascata dei tre salti” fece costruire una bella
reggia tutta per lui.
Zenone però fu accecato dalla gelosia e
divenne mio acerrimo nemico. Fece di tutto
per turbare la mia vita e si temeva, già da
allora, che neanche dopo la morte sarebbe
riuscito a trovare la pace, tanto era furioso.
Per questo, quando morì, fu sepolto in una
bellissima stanza insieme a tutti i suoi oggetti,
tra cui anche un talismano che aveva un
grande potere, poi la sua tomba fu sigillata e
166 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
una scritta sopra la porta, che era stata
murata, raccomandava calorosamente a
chiunque avesse voluto aprirla, di non farlo
per non liberare lo spirito malvagio di Zenone.
Il suo talismano era uguale al mio ma, al
posto del sole, nel suo era incisa una stella.
Di questo oggetto mio fratello si serviva per
mettere in atto le su più terribili malvagità.
Se hanno profanato la
tomba, non so quale
tipo di maledizione
piomberà sul villaggio!
E’ una cosa
gravissima perché lo
spirito di Zenone
liberato è in grado di scatenare terribili
sciagure servendosi della magia nera!”
Il re Gedeone era stato molto chiaro e Berto
finalmente capì da dove provenissero tutte le
167 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
disgrazie che si erano abbattute su Borgo
Quercia.
“Ma, se si tratta di magia – pensò dentro di
sé, dopo che il fantasma era scomparso –
sicuramente Ariberto ne saprà qualcosa!”
Così, senza pensarci su due volte, si
incamminò verso il “Monte ventoso” e dopo
un bel po’ di cammino arrivò al rifugio del
mago.
Come al solito fu accolto da Betta che gli
svolazzò intorno e poi, infilandosi in una
finestra, scomparve all’interno della vecchia
costruzione. Berto allora spinse le massicce
porte del rifugio, salutò Ariberto, assorto nella
lettura di grandi libroni, tra fumi e vapori di
pozioni multicolori che gorgogliavano dentro
ad alcuni pentoloni. Il mago finì di pronunciare
le sue formule magiche e poi disse
amichevolmente:
168 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Salve a te, Berto! Sto mettendo a puntino
una pozione magica, ma, che ti succede? Sei
così serio! Posso aiutarti in qualche modo?”
“Sì! – rispose Berto – vorrei sapere qualcosa
sul re Zenone, sulla sua magia nera e
soprattutto se le sciagure che si stanno
abbattendo su Borgo Quercia sono causate
dalla profanazione della sua tomba!”
“Va bene! Ma…prima… magia, magia a me la
torta piu’ buona che ci sia!” E dopo aver
pronunciato queste parole, apparve una torta
e già dall’aspetto si capiva che era squisita:
era tutta ricoperta di panna e di fragoline di
bosco.
169 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Così, mentre Berto mangiava, il mago
incominciò a parlare:
“Sicuramente le disgrazie del paese sono
dovute alla maledizione di Zenone. Il suo
spirito vendicativo e crudele opera attraverso
la magia nera e la sua potenza gli deriva dal
talismano che probabilmente sarà andato
perduto. Ma, se vogliamo saperne di più,
chiamerò Vento, il mio ippogrifo, che ci
condurrà agli scavi.”
Berto mangiava ancora un po’ di torta,
quando ecco arrivare lo strano uccello.
Ariberto lo accarezzò e gli fece una riverenza,
quindi, rivolgendosi al ragazzo disse:
“Gli ippogrifi sono molto suscettibili, i loro
affilati artigli possono uccidere una persona,
sii gentile con lui e fagli molti complimenti,
non sbattere troppo le palpebre e vedrai che
farai subito amicizia con lui.”
170 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Infatti, con estrema facilità Berto si guadagnò
le simpatie dell’ippogrifo e non ebbe alcun
timore a salire sulla sua groppa insieme al
mago. In pochissimo tempo furono nei pressi
degli scavi, si avvicinarono con aria
indifferente, ma Mc Zagan, ancora una volta
per paura che i suoi imbrogli venissero
scoperti, non fece entrare né Berto né il mago
che si era camuffato assumendo le
sembianze di un uomo qualunque.
“Se non ci fa entrare, faremo da soli!”
Bisbigliò Ariberto nell’orecchio dell’amico,
mentre estraeva dalla bisaccia un liquido
verdognolo. Con il contagocce diede la
pozione magica a Berto, ne bevette un po’
anche lui e… dopo un minuto…olé! Erano
invisibili! Allora tranquillamente si
avvicinarono all’ingresso della tomba ed
entrarono.
171 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Che stupore! E che rabbia nel vedere interi
carri zeppi di reperti che sarebbero dovuti
rimanere al loro posto! Berto capì che
sicuramente tutto era pronto per essere
trasportato in luoghi molto lontani.
“Che bugiardo è questo John Mc Zagan!
Ma… la pagherà cara!”
Esclamò il ragazzo furioso.
I due cominciarono a cercare tra i reperti
situati sul carro e… meraviglia! Ecco spuntare
il talismano! Avevano trovato proprio l’oggetto
che conferiva il potere a re Zenone. Poi dopo
un po’, tra lo stuore e la felicità, Berto gridò:
“Ehi! Questa è una lapide che dovrebbe
essere importantissima per capire tante cose!
Tu saprai certamente interpretare le antiche
iscrizioni!”
E il mago incominciò a leggere:
172 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
“Qui riposa il sovrano, nostro grande re
Zenone, deceduto il dì secondo del mese
nono…dell’anno…ma…l’iscrizione ora
procede al contrario, ci metterò di più,
vediamo…il…ta…lism…ano…dell’astro…..
chi…aro…chiunque osi riportare alla
luce… il talismano…scatenerà sopra di sé
e…sopra queste terre le più…atroci
sciagure…ma…se ciò accadrà e se un
essere benefico riportare la
pace…vorrà…sapere…do…vrà che
neutralizzare potrà la potenza maligna
dello spirito del re… solo con
il…man..tello d’oro…tempestato di pietre
che… una volta…”
L’iscrizione a questo punto diventava
indecifrabile, ma Berto e il mago erano riusciti
a sapere quanto bastava.
173 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
In quel momento la cosa più importante da
fare era trovare il mantello magico e Berto
sapeva già come muoversi, infatti, si rivolse
ad Ariberto dicendogli:
“Mi sembra che tempo fa Gedeone abbia
parlato di un certo mantello, ma non ricordo
bene cosa disse. Se provassimo a chiedere a
lui, certamente ci aiuterebbe!”
“Vento! – urlò Ariberto – Prossima fermata a
Borgo dei fantasmi!”
E via! In groppa all’ippogrifo, dopo aver
sorvolato il Monte ventoso e la Cascata dei
tre salti, arrivarono nella torre dove si
aggirava Gedeone. Berto spinse il pesante
portone, che emise un sinistro cigolio, e
subito si sentì qualcuno che piangeva
disperato.
“Chi è che piange? Sei tu Gedeone? Sono
Berto e con me c’è un amico.”
174 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Disse il ragazzo ad alta voce.
“Sì, sono io, sei ancora tu, Berto?”
Rispose il fantasma con voce malinconica e
cupa.
“Cerco il mantello magico, quello di cui mi hai
parlato tempo fa ma, mi spieghi perché
piangi?”
Chiese insistentemente Berto.
“Non mi va di spiegarlo, ma, se cerchi il
mantello, seguimi, o meglio, segui la
candela!”
Il fantasma prese una
candela, perché essendo
invisibile non avrebbero
potuto capire la direzione
che dovevano prendere, e li
condusse all’ultimo piano
175 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
del torrione, dove c’erano topi e ragnatele…
brrr…proprio come nelle storie da brividi che
raccontava nonna Natalina!
Il fantasma toccò una statuetta e subito nel
muro si aprì un varco.
“Io so che tu, Berto, sei una brava persona e
lo è anche il mago Ariberto, quindi promettete
di non rivelare a nessuno cosa si cela dietro
questa porta. Allora, giurate?”
“Giuro!”
Pronunciarono insieme i due.
Subito davanti agli occhi di Berto
risplenderono montagne di oro e di gioielli: le
ricchezze dell’antico regno delle Terre verdi. Il
fantasma estrasse da un baule una stoffa
dorata, ricamata finemente con un gioco di
pietre preziose.
176 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Era il famoso mantello che, come chiusura,
aveva una bellissima spilla su cui era
raffigurato lo stemma di famiglia, un’aquila in
mezzo a due rami d’alloro e a due spade, che
brillava alla luce della candela, mandando
suggestivi bagliori.
“Questo è il mantello che insieme al mio
talismano può annullare la potenza di
Zenone, ma è necessaria la mia presenza
perché solo io posso indossarlo. Se proprio è
177 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
necessario, nonostante il mio dolore, vi
aiuterò in questa impresa, ma bisogna
aspettare una notte di luna piena.”
“Grazie, Gedeone! – Rispose Berto – Tutti gli
abitanti delle Terre verdi ti saranno grati e in
qualche modo certamente ricambieranno la
tua bontà!”
Gedeone accettò così di collaborare con
Berto e il mago per restituire la pace a quella
gente, ma chiese che fosse mantenuto il più
assoluto riserbo, perché non avrebbe voluto
trovarsi tra la confusione dei curiosi che
certamente sarebbero accorsi, se il piano si
fosse risaputo e poi Mc Zagan e i suoi aiutanti
sarebbero scappati e magari avrebbero
potuto portar via i reperti più preziosi.
Intanto nel paese la vita proseguiva come di
consueto, gli abitanti credevano che Mc
Zagan avrebbe rispettato la promessa, ma
178 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
erano sempre più avviliti perché nuove
sciagure continuavano ad abbattersi su di
loro.
Quando giunse la notte di luna piena, Berto,
Ariberto e Gedeone si riunirono, ma decisero
di far partecipare anche Gervaso, che
sarebbe stato un valido aiuto.
Allo scoccare della mezzanotte, un vento
freddo gelava il sangue, ma tutti e quattro
erano pronti nella Cascata dei tre salti.
Gedeone aveva appeso al collo il suo
talismano e Berto si teneva pronto per dargli il
mantello magico.
Improvvisamente dal rudere uscì una nube di
fumo che in poco tempo assunse le
sembianze di un uomo con la barba lunga, le
occhiaie e il viso scavato, la sua pelle era
così pallida, come la luna.
179 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Il silenzio fu squarciato dalla voce di
Gedeone:
“Fratello!”
“Gedeone?! Sei proprio tu?! Che tu sia
maledetto! Ora finalmente vedremo chi è più
forte! AH! AH! AH!”
Rimbombò la voce crudele di Zenone. E
subito dal talismano partì un fascio di luce
azzurra che stava per colpire Gedeone,
materializzatosi proprio in quel momento. Ma
questi prontamente rivolse verso il fratello il
suo talismano che raffigurava il sole e... allora
si scatenarono lampi e saette dai due
talismani. La lotta fu lunga e faticosa per
entrambi ma, ad un certo punto, Gedeone
fece un cenno a Berto che prontamente gli
lanciò il mantello e… come per magia… la
tempesta si quietò!
180 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
A questo punto Zenone, reso impotente,
scomparì dimenandosi ed urlando, mentre il
suo talismano cadde a terra e subito si
polverizzò.
Gedeone esausto, ma contento, tornò alla
sua torre. Quel problema almeno, era risolto,
anche se la sua disperazione nessuno poteva
alleviargliela.
Nei giorni successivi a poco a poco gli animali
guarirono e le piante tornarono a germogliare,
e i raccolti nei campi furono anche più
abbondanti del solito.
E Mc Zagan con i suoi?
Beh! Di certo non la passarono liscia! Non
appena Berto ebbe raccontato tutta la storia, i
paesani armati di forconi li rispedirono là, da
dove erano arrivati e senza un osso integro!
Tutti i reperti degli scavi furono poi ripuliti e
rimessi al loro posto, a disposizione degli
181 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
scolari e degli studiosi che, da allora,
giunsero sempre più numerosi a Borgo
Quercia!
182 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Dopo l’incontro con i folletti, e soprattutto con
re Bricco, Berto si sentiva particolarmente
felice: aveva scoperto un mondo che gli
sembrava un rifugio ideale ogniqualvolta lo
avesse preso la noia. Era così felice di poter
contare su questa possibilità, che aveva
completamente dimenticato il brutto
scherzetto che quegli esserini gli avevano
giocato. L’occasione per ritornare nel bosco
dei folletti non si fece attendere.
Una mattina, infatti, all’inizio della primavera
Berto come al solito si era preparato per
andare a scuola, ma…si era svegliato di
malumore … i compiti il giorno precedente li
aveva fatti molto in fretta, e poi…non aveva
per niente voglia di essere interrogato, o di
passare la giornata ad ascoltare lezioni di
183 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
grammatica e aritmetica. Come se non
bastasse, quando uscì di casa la mattinata
era molto invitante, troppo invitante, per
essere sprecata a scuola e allora la decisione
di Berto fu veloce e determinata.
“Sarebbe stato molto più istruttivo – pensò –
andare nel bosco e magari ascoltare le storie
vere che Bricco sapeva raccontare con
grande spasso!”
Non gli ci volle molto per convincere anche
Teo e Tobia a marinare la scuola e così,
nascosti gli zaini in un posto ben sicuro,
eccoli di nuovo alla ricerca di altre emozioni.
Quella mattina il cielo era azzurro e terso,
l’aria limpida e fresca, i raggi del sole, che
filtravano tra i rami ancora spogli degli alberi,
colpivano i timidi cespugli dell’erba ancora
ricoperti della guazza mattutina, mandando
mille bagliori. Anche gli animaletti che non
184 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
erano più in letargo allietavano il bosco
mentre uscivano timidamente dalle loro tane,
svegliati dai raggi luminosi.
Berto e i suoi amici si sedettero ai piedi di una
possente quercia le cui radici nodose si
insinuavano nel terreno e riemergevano,
anche ad una certa distanza, per rituffarsi poi
nella terra bruna e umida, odorosa di
muschio. Lì decisero di consumare subito la
merenda che avevano, Tobia, oltre ad un bel
panino col prosciutto, ne aveva anche altri
due di scorta, perché era sempre affamato,
ma, uno di questi, era misteriosamente
scomparso con suo grande rammarico! Berto
e Teo, guardandosi furbescamente, e
ingoiando con indifferenza gli ultimi bocconi,
dissero che non sapevano proprio come
spiegarsi l’accaduto…!!!
185 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Dopo l’abbondante ristorata, i tre amici per
chiamare Bricco ricorsero al rito della
candelina e della formula magica che ormai
ben conoscevano, ed ecco immediatamente
apparire il vecchio e savio folletto con tutti i
suoi compagni.
Bricco fu davvero lieto di rivedere i tre ragazzi
ma, meravigliato, chiese loro anche il motivo
di quella visita ad un’ora così insolita.
I tre arrossirono e cercarono di divagare dal
discorso più volte, ma il folletto non si lasciò
imbrogliare dalle loro chiacchiere e così,
vergognandosi un po’, dovettero confessare
senza scampo la loro marachella. Bricco si
arrabbiò molto e disse che, se la cosa si
fosse ripetuta, avrebbero rischiato di vedersi
spuntare le orecchie d’asino, come era
accaduto ad un certo personaggio!!!
186 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Ma tant’è, ormai erano lì e Bricco, felice in
cuor suo della visita, si sedette tra loro e si
accese la lunga pipa: una folata di fumo
azzurro e un profumo di tabacco invasero
l’aria circostante.
Il vecchio allora cominciò a raccontare un
fatto accaduto nella loro comunità molti anni
addietro.
“Nei pressi della Gola dei Sassi Rossi, molto
tempo fa c’era una miniera di zolfo nella quale
aveva trovato lavoro quasi tutta la gente del
posto, ma poi, quando questa aveva
cominciato a rendere meno, era stata a poco
a poco abbandonata. Le aperture di accesso
erano state sbarrate e con gli anni la
vegetazione le aveva nascoste, ma all’interno
tutte le gallerie e i cunicoli erano rimasti
intatti. Più tardi questo luogo fu scoperto per
caso da noi folletti che lo avevamo poi
187 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
esplorato in lungo e in largo per la curiosità
che ci contraddistingue e per vedere se
potevamo trovarci qualcosa che ci fosse utile.
Durante queste esplorazioni erano accadute
cose assai bizzarre che, all’inizio, nessuno
aveva saputo spiegarsi: alcuni folletti
scomparivano e riapparivano senza che gli
interessati ne avessero consapevolezza, anzi
talvolta questi avvenimenti avevano dato
luogo a grosse baruffe, perché i folletti che
svanivano, poi negavano di essersi allontanati
dal luogo dove, a detta loro, erano sempre
rimasti. Fui io a scoprire l’enigma: nelle pareti
della miniera c’erano delle pietre rosse di
varia grandezza, ma tutte di un particolare
splendore, come se al loro interno fossero
mescolati piccolissimi granelli di brillantini.
Prendendole in mano, davano il potere di
188 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
trasferirsi istantaneamente da un luogo
all’altro e perfino quello dell’ubiquità.
Fu una eccezionale scoperta che ci tornò
assai utile in diverse circostanze. Perciò da
allora le spedizioni nella miniera furono più
frequenti, ogni volta i folletti mi portavano una
bella quantità di quelle pietre, io le esaminavo
e le riponevo scrupolosamente a seconda
della grandezza e del potere che avevano. Di
tanto in tanto, anche io, in qualità di capo
supremo, mi recavo a ispezionare ciò che
accadeva nella miniera e a cercare le pietre.
Durante uno di questi viaggi, mentre a bordo
dell’aquila Zac volavo dal Bosco dei Mille
Folletti alla Gola dei Sassi Rossi, ebbi
l’improvviso impulso di fermarmi nel Campo
dei Tanti Fiori. Non che ci fosse una ragione
particolare per farlo, oltretutto quello era un
luogo ben conosciuto e assai frequentato da
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tutti i folletti per i colori straordinari dei fiori,
per la varietà dei profumi e per la molteplicità
delle erbe che vi si trovavano, ma quel giorno
fu un richiamo improvviso e istintivo a cui non
seppi resistere.
E Zac atterrò in mezzo a quel tappeto di fiori.
Lì, la mia attenzione fu subito attirata da flebili
lamenti e da gemiti soffocati che provenivano
da un posto poco distante. Mi avvicinai
incuriosito e scoprii un animale dalla pelliccia
color dell’oro che respirava a fatica, le sue
gambe erano insanguinate e ancora
imprigionate in una tagliola, probabilmente
nascosta lì da qualche uomo desideroso di
arricchirsi con le pellicce pregiate.
La bestiola era infatti una splendida volpe
dorata ed era attorniata da tre cuccioletti
disperati che le giravano intorno e le
leccavano il muso nel tentativo di farla alzare.
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Capii subito che la volpe era esausta e
rischiava di morire entro pochissimo tempo,
se qualcuno non l’avesse liberata da quel
marchingegno infernale e non avesse
tamponato la ferita.
Ad aprire la molla della trappola ci pensò Zac
che, con il suo robusto becco, riuscì ad
allargarla quel tanto che bastava, però
bisognava curare la ferita e poi pensare
anche ai cuccioli che erano impauriti,
disperati e avevano una gran fame.
191 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Fu questa una delle volte in cui le pietre rosse
si rivelarono particolarmente utili. Infatti, dal
sacchetto di cuoio che avevo appeso al collo,
ne tirai fuori una più lucente e più grande
delle altre, la strofinai forte tra le dita e
pronunciai una formula magica molto
complicata e incomprensibile agli altri.
Immediatamente mi ritrovai al villaggio presso
la dimora della Fata Madre Natura, che
abitava nel cavo di un grande albero un
pochino distante dalle altre casette.
Le spiegai la gravità della situazione e la
necessità di intervenire tempestivamente per
salvare la famigliola di volpi e lei, senza
neanche consultare il suo librone delle ricette
segrete e delle pozioni curative, cominciò
subito a fare i calcoli, a dosare bene la
quantità degli ingredienti necessari per curare
una volpe giovane. In pochissimo tempo il
farmaco fu pronto, lo versò in un’ampollina,
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me la consegnò e mi raccomandò, come
ultima operazione da eseguire, di bendare
bene la ferita con le foglie speciali che lei
stessa mi forniva e che aveva appositamente
preparato.
193 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Nel frattempo alcune follette si erano
generosamente offerte per procurare del latte
tiepido da dare ai cuccioli affamati.
Quando ogni cosa fu pronta, strofinai ancora
la pietra rossa e in un baleno fui trasportato
là, dove giaceva la povera volpe.
Delicatamente lavai la ferita con il liquido
magico, la bendai con le foglie, mentre i
volpettini si erano precipitati sul latte,
divorandolo in men che non si dica.
Ben presto mamma volpe si sentì meglio ma,
date le sue condizioni ancora precarie,
avrebbe avuto bisogno di assistenza continua
per ristabilirsi, per non parlare poi dei cuccioli
che, una volta sazi e rassicurati dall’aspetto
della madre, avevano cominciato a giocare
tra loro facendo un bel baccano saltando da
ogni parte e tormentando anche me,
mordendomi la barba e il cappello.
194 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
C’era inoltre il pericolo che il cacciatore di
pelli andasse a controllare la tagliola e allora
per la volpe non ci sarebbe stato scampo.
Perciò bisognava assolutamente trasferire la
famigliola in un luogo sicuro e tranquillo.
Pensai allora di utilizzare di nuovo il potere
delle pietre rosse ma, quelle che avevo con
me, non erano abbastanza potenti per
trasportare corpi ben più pesanti di quelli dei
folletti. Così, in groppa a Zac, tornai di nuovo
nel bosco, cercai bene nel mio magazzino
una pietra che fosse adatta alla circostanza,
ma nessuna sembrava fare al caso. Allora
volai verso la miniera dove una miriade di
folletti era impegnata nell’estrazione delle
pietre. Due di loro, sudati e con il viso
annerito dalla polvere mi si avvicinarono e mi
porsero la pietra che stavo cercando: non ne
195 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
avevano mai trovata prima una di quelle
dimensioni e di quella brillantezza!
Zac fu pronto a ripartire e in un attimo
arrivammo al Campo dei Mille Fiori, che nel
frattempo cominciava ad essere avvolto in
una leggera nebbiolina bianca, dal momento
che il sole era tramontato da un bel pezzo e
le prime stelle cominciavano a spuntare.
Allora passai la pietra rossa sopra al corpo
della volpe, poi con una bacchetta disegnai
nell’aria un cerchio che conteneva lo
splendido animale dal muso alla coda. Dentro
alla bolla trasparente che subito si formò il
manto della volpe sembrava ancora più
splendido, chissà quanto avrebbe potuto
ricavare quel mercante da una pelliccia dal
colore così caldo e brillante!
Più difficile fu convincere i cuccioli a star fermi
per qualche secondo, perché potessi
196 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
includerli in un’altra bolla. Ma alla fine anche
quest’impresa mi riuscì. Allora pronunciai la
mia oscura formula e… magia! Ecco la volpe
d’oro con i suoi piccoli ritrovarsi nel Bosco dei
Mille Folletti al caldo in una confortevole tana,
accoccolata in un mucchio di fieno morbido.
Lì ricevette tutte le attenzioni di cui aveva
bisogno per rimettersi in forze e finalmente,
dopo molti giorni, poté ripartire con i suoi
volpetti che, nel frattempo, nel villaggio
avevano creato non pochi problemi ai folletti,
terrorizzati dai loro giochi scalmanati e
soprattutto dalla loro…mole.
Quando nel Bosco fu ristabilita la normalità –
raccontò ancora Bricco – pensammo anche a
dare una bella lezione all’avido cacciatore.
Non fu difficile per noi inventare dispetti e
scherzetti che servirono a far desistere il
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mercante dalla sua impresa di cercare pelli
pregiate in quelle valli.”
Scherzi che Berto e i suoi amici ben
conoscevano!!!
Ma intanto la storia di Bricco aveva così
affascinato i ragazzi, che nessuno si era
accorto del tempo che passava. A quell’ora
avrebbero dovuto già essere a casa perché la
scuola era terminata da un bel pezzo!
Nemmeno Tobia aveva sentito i morsi della
fame, come invece normalmente accadeva
quando l’ora di mangiare non arrivava
puntuale!
I tre ragazzi dovettero fare una bella corsa
per arrivare a casa il più presto possibile.
Certo, per giustificare il ritardo non provarono
neanche a raccontare frottole, come avevano
cercato di fare con Bricco, e perciò una bella
sgridata nessuno se la scampò.
198 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Ma in fondo i ragazzi erano bravi e perciò non
ci furono conseguenze pesanti, a patto però
che la storia non si ripetesse più.
199 FabioLametti – Enrica Sonnetti “Le Nuove storie di Berto”
Indice Prefazione….…………….….pag.3
1. Berto nel bosco dei mille
folletti………………………… .pag.4 2. Berto e il fantasma di re
Gedeone……………………… pag.31 3. Berto e il lago dei pesci
d’oro…………………………... pag.56 4. Berto e Zac, l’aquila
reale………………………… .. pag.75 5. Berto e il lupo
mannaro……………………… pag.102 6. Berto e lo
pterodattilo……………………pag.122 7. Il compleanno di
Berto………………………… .pag.142 Appendice
1. Berto e la maledizione di re Zenone………………….… …pag.156
2. Berto e la volpe d’oro………………………… ..pag.182
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